pOpAI, pER LA CREsCITA CuLTuRALE DEL LIBERO COmmERCIO

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pOpAI, pER LA CREsCITA CuLTuRALE DEL LIBERO COmmERCIO
Popai, per la crescita culturale del libero commercio
lamberto cantoni
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Horton Plaza Shopping Mall (San Diego - CA) - Un capolavoro di architettura commerciale post-moderna che ha rivitalizzato il centro della città
Popai, per la crescita
culturale del libero
commercio
Lamberto Cantoni
Dialogare, ascoltare, riflettere a volte ci fa
comprendere quanto possa essere sottile la
regolazione del principio del piacere prodotta dal linguaggio. In questi casi mi trovo parzialmente d’accordo con Theodore
Zeldin (La conversazione, Sellerio Editore
Palermo) nel sostenere che alcune conversazioni possono se non proprio cambiarci la
vita, farci sentire un po’ più in sincronia con
i processi che ci trascinano nel vorticoso
moto che cambia il corso delle cose.
Per quanto mi riguarda, una delle conversazioni a cui facevo riferimento l’ho recentemente avuta a Milano, quando pensavo
di intervistare Daniele Tirelli. In realtà, si è
trattato di un proficuo dialogo che mi reso
evidente quanto sia suggestivo fare esperienza di nuovi modi per parlate delle cose.
Daniele Tirelli è un raro esempio di studioso
che bilancia gli effetti soporiferi della specializzazione con il suo opposto. I suoi libri,
penso in particolare a Pensato & Mangiato
(Agra), sono di una ricchezza culturale ragguardevole. Ascoltandolo argomentare in libertà, si è fatta strada nelle mia mente l’idea
che grazie a conversazioni particolarmente
felici, noi non ci limitiamo a scambiare informazioni o a condividere emozioni, ma
trasformiamo, rimodelliamo le nostre esperienze, prendendo spunto per nuove catene
di pensieri. Come scrive benissimo il già citato Zedlin, “la conversazione non si limita
semplicemente a rimescolare le carte: ne crea
di nuove”.
Proseguì poi gli studi per il dottorato di ricerca con il Prof. Ezio Tarantelli e, dopo la
sua tragica uccisione, con il Prof. Jean Paul
Fitoussi. Successivamente, una serie di circostanze lo spinsero ad interessarsi di marketing e a ricoprire ruoli di dirigente nella
società ACNielsen (oggi, Nielsen Corporation), dove ebbe la possibilità, di coniugare,
per primo, le tecniche econometriche con le
fonti informative che questa multinazionale
americana metteva a disposizione delle più
grandi e moderne aziende orientate al mercato dei beni di consumo.
Prof. Tirelli, quest’anno Lei insegna Stili e
Tendenze di consumo all’Università IULM
di Milano, Consumer and Shopping Behavior all’Università Statale di Milano e Istituzioni di Economia Politica all’Università
di Reggio e Modena. Prima era stato docente di Economia e Statistica all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo…
Dunque ha affrontato il tema del consumo
da molti punti di vista. Nel corso della
sua carriera ha scritto numerosi libri e da
sempre collabora con svariate testate editoriali. Quanto è stato importante l’esperienza di dirigente in una multinazionale
delle ricerche di mercato come ACNielsen
(oggi, Nielsen Corporation) per la sua dimensione di docente/saggista/scrittore?
La definirei una esperienza decisiva dal
momento che ha conferito al mio sguardo
intellettuale una valenza globale pur restando a contatto con il pragmatismo aziendale. Quando arrivai in Nielsen, una grande
“scuola” davvero, mi fecero capire che lo
studio dei processi evolutivi del mercato e
delle oscillanti propensioni dei consumatori, richiedeva oltre a competenze scientifiche, una forte curiosità intellettuale e un
serio lavoro di testimonianza che includeva
il vivere in prima persona luoghi, situazioni e relazioni con eterogenee tipologie di
Prima di presentarvi il resoconto del dialogo/intervista due parole dal sapore biografico. Daniele Tirelli, il presidente dell’associazione POPAI Italia, ha un background
culturale e professionale abbastanza particolare. Laureato in Fisica, fu colto dalla
passione per gli studi economici ed econometrici, incoraggiato dal Prof. Beniamino
Andreatta, figura eminente dell’Università
di Bologna e poi ministro della Repubblica.
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Horton Plaza Shopping Mall (San Diego - CA) - Vista dall’interno con richiami a Piazza delle Erbe di Verona e ad altre estetiche Italiane
soggetti. A cui aggiungerei il duro lavoro di
confrontarsi costantemente con “montagne
di numeri”. Conseguentemente per me iniziò una splendida avventura intellettuale e
professionale. Ebbi infatti la possibilità di
sperimentare e applicare, grazie ai grandi
mezzi e al network internazionale di Nielsen, i modelli più avanzati per analizzare i
microfenomeni dei vari settori di consumo
e per prevederne le tendenze. Naturalmente parlare di marketing significava discutere
anche e soprattutto dell’evoluzione dei circuiti commerciali e distributivi e dunque
ebbi modo di avviare una mia esplorazione delle innovazioni più significative nel
settore commerciale negli Stati Uniti e in
Europa. Negli anni ’80-90 si poteva cogliere il distacco tra la realtà Italiana e il resto
del mondo occidentale, ma lo sviluppo dei
supermercati e degli ipermercati costituiva
un entusiasmante fenomeno di modernizzazione del nostro sistema economico. Questo
processo venne portato avanti nel nostro
paese da notevoli figure di imprenditori indipendenti, ma anche del settore cooperativo. Gran parte del benessere “consumista” di
cui tuttora godiamo è dovuto a quegli uomini, spesso in acerrima concorrenza tra loro.
Allo stesso tempo quel periodo fu caratterizzato da un notevole impegno ad innovare
anche nel settore industriale con la costruzione di marchi che in parte si legavano ad
una tradizione consolidata (Barilla, Ferrero,
Campari, Lavazza, ecc.) e che, per altri versi, costituivano novità che crescevano in dimensione e solidità in un clima di crescita
ininterrotta (Bauli, Rana, Rovagnati, ecc.).
Accanto a questi settori aumentava poi il
numero e la rilevanza delle agenzie di pubblicità che vivevano una loro epoca di grande creatività rafforzando una “scuola italiana” della comunicazione che poi sarebbe poi
confluita nel grande network delle agenzie
internazionali. Oggi mi rendo conto di aver
avuto modo di osservare tutto questo da un
punto di vista privilegiato. Ho sempre considerato la mia attività di docente e di saggista un modo per restituire ad altri individui
la ricchezza cognitiva accumulata nel corso
dei miei viaggi studio e maturata grazie allo
studio dei problemi di aziende che alternavano fasi di impetuosa crescita con momenti di ripensamento, di rimodellamento del
loro assetto…
…Ascoltandola ho come l’impressione di
osservare un mondo imprenditoriale che
non c’è più. Non ho la sensazione che il
fare impresa nel nostro Paese venga vissuto come una reale priorità. Di conseguenza i problemi e le sfide che le aziende
devono affrontare non sembrano attivare
le passioni e le risposte razionali che meriterebbero. La crisi dei subprime (2007)
Retail Visions 9° edizione - Convegno POPAI alla Triennale di Milano
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Il Flagship Store di Toy-R-Us a Time Square a New York City - Il gigantesco store a quattro piani della catena leader nella distribuzione di giocattoli
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Caesar Palace Forum - Lo spettacolare ingresso allo shopping mall (Las Vegas Strip)
sembra avere rivitalizzato gli spiritelli anti
modernisti che la crescita economica anni
ottanta/novanta aveva narcotizzato…
Con gli anni 2000 i mercati che avevano generato la fortuna di tante imprese non ancora del tutto esposte alla concorrenza intraeuropea e internazionale, cominciarono a
mostrare i primi segni di saturazione e di
progressiva segmentazione. La relazione tra
consumatori da un lato e i prodotti e le marche dall’altro è divenuta sempre più complicata. Data l’estrema eterogeneità di beni e
servizi e delle relative scelte individuali, peraltro l’astrazione keynesiana del consumo
aggregato da stimolare con la politica economica e l’intervento dello Stato è divenuta
ancora più inattuale e pericolosa. Per questo il mio interesse si allargò dagli approcci quantitativisti a quelli più qualitativi, sociologi e antropologici. Soprattutto maturai
la consapevolezza che in questa crescente e
scoraggiante complessità, il ruolo svolto dalla moderna distribuzione diveniva sempre
più importante, all’estero in particolare.
La conseguenza fu l’accettazione da parte mia, nel 2003, dell’incarico di presidente
dell’associazione POPAI che, a quel tempo,
stava ridefinendo la propria missione. Enfatizzava, cioè, il proprio ruolo di propulsore
di una cultura internazionale del MarketingAt-Retail. Con questo termine si intende
l’insieme delle attività dedicate dai punti di
vendita alla relazione con la propria clientela.
C’è stato un tempo non lontano da noi dove
individui animati da grandi passioni hanno
costruito ciò che oggi piace a tutti definire
il Made in Italy. Tuttavia questo mondo vibrante di passione professionale, di entusiasmo creativo, di grande impegno lavorativo
forse non è mai riuscito ad assicurare un
posizionamento e un riconoscimento adeguato all’apporto fornito al nostro sistema
economico e sociale e perché no, anche culturale. Il contesto Italiano ha evidenziato
con l’avvio del nuovo secolo tutti i limiti e i
vincoli che derivano dalla sua storia lunga,
complessa e tormentata. Il retaggio di una
radicata “mentalità anticapitalista” si sarebbe rivelato molto più resistente di quanto
si immaginava. Quell’ulteriore trasformazione della nostra società e della nostra
economia che sarebbe stata necessaria per
mantenersi all’altezza della sfida europea
e della moneta unica continuò e continua
tuttora a trovare potenti ostacoli. Con la
crisi e le complessità della globalizzazione
dei mercati, i costi di una mentalità statalista, burocratica nel senso peggiore della parola, incline alla demagogia e all’auto
assolvimento, non si sono fatti attendere.
Mentre l’occidente che conta sta cavalcando l’uscita dalla crisi, noi arranchiamo in
coda, incapaci di cambiare passo. Invece di
arrotolarci le maniche come la generazione
del dopoguerra e porre il lavoro e il risparmio al primo posto, prima abbiamo biasimato l’espansione dei consumi e invocato la
“decrescita felice”, poi abbiamo cominciato
a piagnucolare perché qualcuno (non si sa
chi) rilanci i consumi e l’economia.
…C’è chi sostiene che una delle conseguenze strutturali della crisi più profonda
mai attraversata dall’occidente, al netto
delle guerre, è che nulla ritornerà come
prima.
Anche il marketing e il Retail stanno subendo cambiamenti irreversibili. Per non
parlare dei clienti/consumatori… Questo
significa che il modo di comunicare del
mondo del commercio deve essere completamente ripensato…
…Qual’è la sua lettura della crisi e come
ha cambiato il suo approccio scientifico e
intellettuale?
Attenzione! A me piace riassumere la questione con le due definizioni di libertà di
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Whole Foods - interno dello store di Madison (Wisconsin)
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Whole Foods: iInterni dello store di San Mateo (California)
Edeka (Dusseldorf): interno dello store con torrefazione e vendita di caffé
Isaiah Berlin: noi godiamo della “libertà da”
fame, freddo, malattie, ecc., ma soffriamo la
“libertà di”, che si trasforma nel “dovere di”
scegliere tra tante marche alimentari, assicurazioni, vacanze, auto, tra tanti vestiti,
ristoranti, libri, spettacoli, …Per questo la
definizione di “cliente” non deve essere confusa con quella di “consumatore”. Il consumo di un prodotto avviene a casa o in altri
luoghi e solo raramente nel punto di acquisto. Viceversa lo stesso individuo, quando
si trasforma in cliente decide dove recarsi
a comprare, egli, già in partenza, opera una
selezione di ciò che è disponibile sul mercato e che potrà acquistare. E non dimentichiamo che nella nostra società i prodotti e i
servizi si contano a decine e decine di milioni. S’inverte allora un paradigma fondamen-
tale dell’economia. Oggi è l’offerta che crea la
domanda. Ogni visita a un punto di vendita
si tramuta in un processo di esplorazione.
Ogni giorno io posso scoprire qualcosa di
nuovo che può soddisfare le mie necessità
più sottili o addirittura suscitare bisogni di
cui non ero consapevole. …e tutto è regolato meravigliosamente dal meccanismo stupefacente del mercato (quando è libero si
intende).
Solo gli incompetenti possono pensare che i
clienti/consumatori siano strettamente condizionati dalla pura comunicazione pubblicitaria. Il ruolo dei punti di vendita è molto,
molto più importante. Questo è il messaggio
della nostra associazione. Vogliamo rendere
noto, in modo approfondito e ordinato, tutto ciò che viene sviluppato con successo dai
concertato di tante competenze trasforma la
banalità dell’acquisto in un momento spesso indimenticabile della vita quotidiana di
tanti consumatori. E migliaia di decisioni
simili sono quelle che plasmano lo standard
di vita di miliardi di persone e la loro cultura popolare che, alla fine, condiziona anche
la “cultura alta”, la politica e la geopolitica.
Sì! l’aver osservato il comportamento delle
classi medie nella nuova Cina consumista
voluta da Deng Tsiao Ping mi fa stare più
tranquillo sul futuro rispetto alle esaltate e
furibonde parate della Cina comunista di
Mao Zedong. Mi sento più tranquillo quando debbo raccontare io alle mie studentesse
cinesi “griffate” un po’ di storia della Rivoluzione Culturale. Il consumismo e la condivisione dei gusti è un grande fattore aggregan-
“negozi” più innovativi ed avanzati in ogni
parte del mondo. Per fare un esempio, spieghiamo come per comprendere la genialità
e la rilevanza di un punto di vendita come
il flagship di Toy R Us in Time Square (NY)
si debba decodificare tutto ciò che lo circonda. Come in una matrioska, si deve partire dal macro-contenitore di Manhattan, in
cui si trova il catino magico e sfolgorante di
Time Square, in cui troviamo il grande magazzino di giocattoli che ospita assieme alle
attrazioni per l’intrattenimento dei bambini,
gli shop tematici delle varie marche, ognuno
dei quali allestisce continuamente scenografie fantastiche attorno agli espositori davanti
ai quali si materializza l’atto finale dell’acquisto. Questa è una delle tanto citate “consumer experience” che attraverso il lavoro
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con la deriva populista della “sostenibilità”. Che ruolo svolge Popai tra queste narrazioni i cui effetti simbolici fatalmente si
ripercuoteranno sulle significazioni del
commercio?
te popoli diversi, più della logorrea utopista.
Dunque mi piace paragonare il mondo del
commercio a una foresta pluviale, ricchissima di biotopi e di animali diversi che
convivono pur in un ambiente altamente
competitivo. Ecco, POPAI lavora intensamente per documentare e spiegare l’origine, lo sviluppo e le prospettive delle infinite attività commerciali che fioriscono non
più solo negli USA, ma anche in paesi sino
a ieri considerati arretrati, come Cina, Dubai, Egitto, Brasile, Russia, ecc. paesi dove
le classi medie crescono impetuosamente e
alimentano la crescita economica attraverso
ciò che, con termine spregiativo, in Italia,
gran parte della cultura dominante ha chiamato consumismo.
Proprio a proposito di consumismo voglio
illustrare un mio modo di intendere il nostro rapporto con il “consumo” a detta di alcuni eccessivo, a detta di altri ancora scarso
e mal distribuito.
A mio parere possiamo dividere le varie nazioni in due grandi campi (con tutte le ovvie
sfumature). Da un lato esistono le “democrazie di consumatori” gli Stati Uniti e i paesi che li emulano e dall’altro le “socialdemocrazie” tra cui l’Italia. Le seconde sono
nazioni dove la “sovranità del consumatore”
viene dopo la preoccupazione per il sociale:
l’occupazione dei lavoratori addetti, la difesa delle professioni, la pianificazione statale dei luoghi, ecc. Sono nazioni dove vige il
…Anche le ideologie critiche nei confronti del capitalismo dei consumi hanno
cambiato pelle. Oggi i discorsi sul “consumismo” entrano in dissolvenza incrociata
Walgreens - Flagship Store di Chicago (Illinois)
principio della protezione dei consumatori
da parte dello stato e della conciliazione degli interessi di chi offre e di chi domanda.
Ovviamente le democrazie dei consumatori
rivelano un dinamismo e anche un’etica superiore alle socialdemocrazie, a prezzo delle
durezze derivanti dalla responsabilizzazione
degli individui. Un semplice esempio: per
molti Italiani una “farmacia” come Walgreens dove i farmaci non prescritti sono a libero servizio, dove si vendono birra e vino,
dove si possono mangiare snacks come nei
supermercati, dove si può comprare tabacco o prodotti contro il tabagismo, …è un
inconcepibile abominio. Impensabile è anche ritenere che si possa permettere che un
warehouse-club come Costco possa vendere
grandi confezioni di analgesici (e altri farmaci da banco) da 750 pillole a 5 dollari,
senza la tutela del farmacista. Mostruosamente antisociale è considerare l’istruzione superiore come un servizio di consumo,
soggetto alle regole di mercato, anche se il
sistema privato produce un flusso incomparabile di scoperte scientifiche e di alte
competenze professionali. L’istruzione deve
essere pubblica. Inammissibile è che la sia
la popolazione delle piccole cittadine a decidere se porre qualche vincolo all’apertura
dell’ennesimo supermercato e non una commissione di burocrati che risponde solo al
potere politico. E così via.
POPAI ha svolto il proprio ruolo documentando alla business community Italiana i
vantaggi di un commercio libero di evolvere
e di innovare. Ha introdotto nozioni come
shop-entertainment descrivendo i punti di
vendita tesi non solo a servire meticolosamente i clienti, ma a farli anche divertire.
Ha illustrato la nuova tendenza del greenretail responsabile ed eco-compatibile. Ha
presentato per prima lo sviluppo eclatante
del digital-signage, ovvero di nuove forme
di comunicazione onnipresente ed interattiva che trasformano la monotonia di am-
bienti interni ed esterni pensati da un’elite
di “arbitri del gusto”, in luoghi divertenti e
sorprendenti grazie alle tecniche di grafica
e motion graphics digitali. E poi gli impatti
delle nuove forme di pagamento basate sulle nuove tecnologie, dei programmi fedeltà,
delle ibridazioni tra comparti diversi come
il retail e la ristorazione, insomma tutto ciò
che può rendere più soddisfatto il clientesovrano.
Insomma in un paese che sembra ripiegarsi
culturalmente sempre più su se stesso e sulle
sue visioni di breve periodo, abbiamo cercato di dare respiro attraverso meeting ed
eventi di taglio internazionale con speaker
di grande immagine e spessore professionale. Inoltre abbiamo organizzato per i nostri
manager associati dei viaggi di studio negli
Stati Uniti, UK, Francia, Germania, dove,
grazie al network di POPAI International,
abbiamo potuto approfondire la conoscenza delle catene distributive più avanzate di
quei paesi: Whole Foods, Wegmans, Costco,
WalMart, Target, …vere e proprie accademie delle tecniche distributive e del customer service…
Il commercio è una delle attività che maggiormente contribuiscono al progresso di
una nazione, ma oggi sembra che in Italia
sia stato dimenticato come le grandi bellezze di cui disponiamo siano sempre state legate a queste attività: Venezia, Firenze, Pisa,
Genova, Napoli, Milano, …non furono forse città di grandi mercanti amanti dell’arte e
del bello?
Ecco una buona ragione dunque per insistere nell’impegno di diffondere questa cultura
del conoscere e del fare.
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POPAI NEL MONDO
Soci: 1.520 (presenti in 19
Paesi)
Alimentari
POPAI in italia
Popai Italia si è affermata come la più importante associazione nazionale
che promuove la cultura del punto di vendita nella sua globalità.
Soci:
218
Giro d’affari: 170 miliardi
Dipendenti:
120.000
Il network di Popai offre ai propri associati la possibilità di utilizzare
canali di informazione, comunicazione e interazione per sviluppare
know how, networking e business nella community del marketing &
Agenzie di Comunicazione
Distribuzione
Editori
Credito
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