un incontro “speciale” nella cura del malato (sig.ra

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un incontro “speciale” nella cura del malato (sig.ra
Nadia Prosdocimo
Convegno del 19 Settembre
PERCHE’ SEI UN ESSERE SPECIALE E IO AVRO’ CURA DI TE
Intervento
Famiglie e operatori: un incontro “speciale” nella cura del malato
Rivolgo un saluto particolare ai partecipanti e alle autorità e un sentito
ringraziamento agli organizzatori per le importanti tematiche che sicuramente
emergeranno da questo “speciale” incontro.
Non sono qui come docente ma come persona che ha avuto l’esperienza di accudire
un familiare malato di Alzheimer e come rappresentante di A.V.M.A.D .
Vi ringrazio a nome di tutte le famiglie per l’opportunità di poter condividere, con voi,
pensieri, progetti e aspettative rispetto al grande e gravoso compito che tutti noi
siamo chiamati a svolgere nella cura e nell’assistenza delle persone che sono colpite
da patologie così invalidanti come L’Alzheimer. Noi familiari ci troviamo molto spesso
soli a far fronte a questa malattia subdola, difficile, complicata, perché il nostro caro
gradualmente si trasforma, ci troviamo impreparati a rapportarci adeguatamente
con Lui.
Diversamente dalle altre patologie dove l’individuo, pur sofferente e deteriorato
fisicamente, ti sa comunicare dove ha male, come si sente, se ha appetito o meno, se
gradisce la luce o il buio, con l’Alzheimer questo non succede; siamo costretti ad
interpretare necessità, esigenze, stati d’animo della persona non solo per accudirlo
ma soprattutto per farlo STAR MEGLIO :
PERCHE’ SEI UN ESSERE SPECIALE E IO AVRO’ CURA DI TE
FARLO STER MEGLIO. Questa è la chiave della porta che ci mette in comunicazione
con l ’ammalato di Alzheimer ascoltando i suoi desideri, rispettando i suoi ritmi:
come poter mangiare quando ha appetito, riposare quando ha sonno, capendo i suoi
bisogni per una miglior qualità di vita.
Ma qui è necessario porre un importante interrogativo: all’interno di una istituzione
tutto questo può avvenire?
L’approccio con l’istituzione è carico di grandi aspettative di aiuto, di supporto, di
risposte alle necessità del malato, che non sempre noi siamo in grado di soddisfare,
e proprio per questo anche noi familiari sentiamo il bisogno di essere rassicurati.
Arriviamo con i dubbi, timori, ansie, preoccupazioni e questi stati d’animo sono
espressi in vari modi; alle volte c’è la persona accomodante, qualche altra più
esigente o ansiosa e qui si gioca anche la possibilità di stabilire una buona alleanza
fra operatore e famigliare.
In quell’incontro “ io ti consegno il mio caro, lo consegno in mani esperte, tu sai
come trattarlo, tu ne hai fatto una professione ti sei DEDICATO a questo; io e te
dobbiamo incontrarci e questo deve essere un ” INCONTRO SPECIALE”.
E’ evidente che l’istituzione ha i ritmi suoi, ci sono i turni da rispettare è un
meccanismo con delle regole. Ma si può pensare ad un diverso approccio, a portare
delle piccole modifiche? Far coincidere le esigenze della persona con quelle
dell’istituzione in un quadro più armonico possibile. RIPENSARE, MODIFICARE,
RIVEDERE, SCARDINARE un po’ il concetto di “ Si fa così perché si è sempre fatto così”
e portare un’innovazione positiva a favore della persona. (Esempio della gestione
della giornata e della nottata: accensione luci in faccia, illuminazione “violenta”
all’improvviso, pulizie rumorose, voci, frastuono, ecc.).
E’ importante agire anche sull’ambiente con una visione più olistica introducendo
modalità che possono giovare al malato tanto quanto le cure mediche.
Sicuramente il malato ha bisogno di cure ma anche di MOLTE ATTENZIONI rivolte alla
persona perché STIA MEGLIO per FARLA STAR MEGLIO!!!
Noi familiari abbiamo un legame affettivo profondo con il malato, da figlio da
coniuge. E dalle Istituzioni e da chi ci lavora che cosa ci aspettiamo? Il dialogo con la
famiglia, entrare in sintonia con predisposizione all’ascolto in modo da vedere il
malato con uno sguardo diverso.
Con quel sentimento di partecipazione e solidarietà che si prova nei confronti di chi
soffre.
Sentimento che i latini definivano PIETAS. Da non confondere né con la
commiserazione né il compatimento.
Penso che questa sia la base, la spinta di chi sceglie una professione come la vostra.
Possiamo anche definirla “nobile disposizione d’animo verso l’altro”.Quando noi
arriviamo ai servizi è questa l’immagine che abbiamo dell’operatore perché è nel
sentito comune; ci rivolgiamo alle strutture sapendo che troviamo PERSONE
DEDICATE non solo a curare ma soprattutto a prendersi CURA del malato, persone
che hanno una PREDISPOSIZIONE verso l’altro verso chi soffre. Il nostro è un incontro
che avviene per necessità, per una emergenza, per un disagio, e’ una richiesta di
aiuto, un incontro che porta da parte della famiglia, una grande sofferenza legata al
carico assistenziale, all’impossibilità di accudire nel modo adeguato il proprio caro in
casa, perché spesso ci sono complicanze anche di tipo sanitario.
E’ qui che avviene l’incontro speciale. Perché speciale? Speciale perché la persona
che ti consegno è un pezzo della mia storia, fa parte della mia vita, una vita di ricordi
e di emozioni che la malattia sta sgretolando un po’ alla volta, sta dissolvendo
nell’oblio ciò che si è vissuto assieme. Spesso ci illudiamo che per un miracolo la
malattia non si porti via tutti i ricordi che ci legano al nostro caro. Ma resta
un’illusione, allora cosa ci rimane? Ci rimane la consolazione di poter vivere i pochi
attimi di lucidità e presenza nel migliore dei modi. Vorremmo fermare il tempo per
cristallizzare quello che rimane del rapporto con il nostro caro.
“A te operatore chiedo di aiutarmi a fargli fare nel migliore dei modi questo cammino
della malattia. Tu che sei esperto mi puoi aiutare a capire il perché di certi
comportamenti, i rifiuti, le bizzarrie” . Noi d’altro canto conosciamo intimamente la
persona, gli stati d’animo, le emozioni, le piccole manie, i suoi gusti. Se ci
incontriamo e condividiamo tutto ciò può nascere un’importante alleanza che deve
avere come unico obiettivo:
il BENESSERE della persona.
Ed è in questo incontro che si fonda il nucleo del PRENDERSI CURA non solo del
CURARE.
“ Io operatore entro in sintonia con il famigliare perché mi RACCONTI questa persona
che sono chiamato ad assistere e curare. Io come esperto della malattia ti aiuterò a
capire la sua evoluzione”. Qui ci incontriamo. Diamo significato al curare, diamo
dignità al prendersi cura mediante il riconoscimento della dignità del malato. Di
questo abbiamo bisogno noi familiari, di trovare persone che, come dice Madre
Teresa:
“Dai loro non solo le tue cure ma anche il tuo cuore”.
GRAZIE