in ascolto di padre arsenio - Suore di Maria Consolatrice
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in ascolto di padre arsenio - Suore di Maria Consolatrice
Vita nello Spirito con PADRE ARSENIO La fede, esperienza dell’incontro Salì al cielo … Di nuovo verrà nella gloria. e il suo regno non avrà fine. IL CIELO PER I CRISTIANI Che cosa affermiamo quando noi cristiani parliamo di cielo? Qual è il senso cristiano della parola “cielo”? Di certo non è un “luogo”, uno spazio fisico dove Dio vive e siede sul suo trono. Il cielo è una realtà spirituale, interiore. San Giovanni Crisostomo diceva infatti: «A che mi serve il cielo se io stesso non divengo cielo?» . Per la fede cristiana il cielo non è al di fuori del mondo, un “altro mondo”, ma è la dimensione spirituale e profonda di tutte le cose. Dentro l’uomo il cielo è ciò che chiamiamo il suo spirito, la sua anima. Ma nella sua libertà l’uomo può cadere e scegliere di vivere solo ciò che è terrestre, scegliere cioè di “abbassare lo sguardo” e credere solo in ciò che à materiale, terreno, umano. Con la sua venuta Cristo ci ha rivelato “il cielo sulla terra”, una vita cioè rivolta verso l’alto, verso Dio, verso tutto ciò che è buono, bello, vero. Per la fede cristiana dire che “Cristo è salito al cielo” significa affermare che l’umanità è stata unita alla verità celeste: ritorna a Dio, all’unica vera vita. Significa affermare che, non parliamo solo di Cristo salito al cielo, ma anche di noi. Se crediamo in Cristo, se siamo con I lui, allora anche noi siamo in cielo, o almeno la nostra fede, il nostro spirito, il nostro amore è diretto verso il cielo, verso Cristo, verso Dio. Riconosciamo il cielo come la nostra vera vita, e in questo riconoscimento la nostra vita terrena diventa ricca di senso e si riempie di gioia, perché in Cristo è diventata un movimento verso l’alto e si è trasformata in una ascensione. LA FEDE CI LIBERA DALLA PAURA Per le prime generazioni di cristiani dire “E di nuovo verrà nella gloria” significava professare la fede nella seconda venuta di Cristo, quindi visse il tempo come l’attesa di una realtà gioiosa: “Vieni Signore Gesù!” (Ap 22, 20); “Venga il tuo regno”. Progressivamente, lungo i secoli, questa gioia è come se si fosse trasformata in paura, paura dell’ultimo giudizio. Adesso non temiamo quasi più il giudizio di Dio. Ormai la nostra “attesa” si è trasformata in paura della morte. II La paura La vita dell’uomo oggi è quasi totalmente permeata dalla paura: paura dell’ignoto, paura dell’infelicità., paura di soffrire, di morire. La vita fa paura come anche la morte!. L’uomo desidera disperatamente liberarsi da questa paura, senza riuscirci, e allora cerca di attenuarla, dimenticarla, negarla a se stesse. Si sforza di evitare di pensarci. Ma il fondamento della fede sta proprio nel fatto che Cristo è venuto a liberarci da questa paura, presente in ogni aspetto della vita umana. La fede stessa è una vittoria sulla paura Cristo ha vinto la morte con la sua morte e con la resurrezione ci ha aperto il mammino verso la vita eterna. Se noi crediamo in Cristo e, credendo lo amiamo, non ci può essere posto nel nostro animo per la paura: essa è come il buio messo in fuga Per il credente la paura denota una mancanza di fede e di amore in Cristo, perché “nell’amore non c’è timore, anzi l’amore perfetto scaccia il timore, e chi teme non è perfetto nell’amore” (1Gv 4,18).dalla luce della fede. Il timore del Signore Il timore di Dio non è la paura, non proviene dall’errata conoscenza di Dio ma, al contrario, dalla conoscenza della sua santità. Quando di fronte a Dio proviamo venerazione, stupore, sentimenti della nostra indegnità, allora stiamo sperimentando il timore di Dio. Succede quando intravvediamo ciò che è “troppo bello”, “troppo grande e meraviglioso” e nella luce di questo incontro scopriamo la piccolezza della nostra vita. Si tratta allora di un timore che nasce dalla luce e dalla gioia e cresce nella nostra anima in misura della nostra vicinanza a Dio. È questo timore che ci spinge a desiderare la purificazione di noi stessi. III Quindi il timore di Dio non viene dalla paura del castigo, perché questa paura non spinge all’amore ma allontana da esso. Invece è l’amore che fa nascere la nostalgia del bene, dell’integrità e della vita autentica. VERRÀ A GIUDICARE Ma non sarà il giudizio del padrone bensì il giudizio dell’Amore. Sarà l’amore stesso che giudicherà le nostre anime: “Quelli che nella vita presente saranno entrati liberamente e volontariamente nella Verità della luce divina attraverso il pentimento, si troveranno ad essere accusati e giudicati, ma nella profondità del loro cuore sperimenteranno la dolcezza della Misericordia divina che non condanna mai, ma purifica e perdona; questi riconosceranno e godranno della luce del volto di Dio. Quelli invece che nella vita presente non avranno voluto entrare nella luce, a questi la luce divina rivelerà tutto quello che era nascosto. Allora apparirà allo scoperto quello che sono, perché la luce divina svelerà tutto contro la volontà. Per questi l’Amore divino diventerà un tormento. Nessuno alla fine sarà privato di questa luce e di questo Amore, ma per quelli che comprenderanno di aver peccato contro l’amore la sofferenza sarà infinita. Tremendo, infatti, è il dolore del cuore che riconosce di non aver amato Chi da sempre, in ogni circostanza della vita, in ogni caduta, non ha mai smesso di amarti”. Dunque attendiamo Cristo “con timore e con fede” perché sappiamo che in Lui ci è accordato il perdono dei peccati, che la misericordia di Dio è infinita. “Un pugno di sabbia nel mare immenso, ecco cos’è il peccato in confronto alla misericordia di Dio” (Isacco di Ninive) perciò una sola lacrima di autentico pentimento, di vero amore, è più forte di tutti i peccati IV E IL SUO REGNO NON AVRÀ FINE Dobbiamo ritrovare il senso gioioso e vittorioso di queste parole del Credo. Il Regno di Dio è la pienezza della vita, della gioia, della conoscenza, è il trionfo della vita divina in noi. Per questo noi possiamo pregare perché il regno venga, desiderarlo, amarlo, come il tesoro ultimo e più alto che ci è concesso. Il regno di Dio è prima di tutto in Cristo stesso, nell’amore di Cristo, nella sua obbedienza, nel suo sacrificio completo, nel- V la sua vittoria. Per noi, il regno di Dio è l’amore per Cristo, come senso, contenuto e compimento della vita. Questa vita che è Lui, Luce degli uomini (Gv 1,4), ci è stata data, possiamo vivere di essa; è il regno di Dio in noi. Dunque il regno è la vita di Cristo in noi, è la nostra vita in Dio, in Cristo, nella gioia di essere partecipi di Lui. Cadiamo, siamo peccatori, ci allontaniamo da queste realtà, e tuttavia non possiamo dimenticarle completamente. Allora ci pentiamo, torniamo, e di nuovo questo amore divino, questa luce, si impadroniscono di noi: “Il suo regno non avrà fine” perché come dice Gesù “questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo” (Gv 17,3). Di questo regno, di questa gioia eterna ci parla il Credo. Dagli scritti di padre Arsenio Gesù sempre con noi Gesù li aveva amati tanto [i suoi discepoli], Gesù si era mostrato con essi così indulgente ed affezionato, Gesù era stato il loro amico, il loro maestro, il loro benefattore, il loro padre; ed ora da questo caro Gesù avrebbero dovuto separarsi. […] Eppure quella separazione non sarebbe stata che corporale e sensibile. Poiché quando il Salvatore asceso al cielo avrebbe collocata l'adorabile sua umanità sul trono della gloria, avrebbe dimenticato i suoi discepoli che aveva scelti per la conquista del mondo? No, certamente. Dall'alto del suo splendore li avrebbe seguiti nella laboriosa loro missione, li avrebbe assistiti nelle fatiche del loro apostolato; sarebbe stato con essi con il suo Spirito e con la divina sua forza per sempre. APCL, P 391/25 f.75v. VI “Preziosa è la morte dei Santi” [Chi ] vede Dio come amico, può ripetere con S. Teresa: “Non temo la morte perché ho un giudice amico...”. E l’anima sua dirà: “Ecco lo Sposo che viene”… Ma perché questa morte così dolce a me pure avvenga, mi guarderò in avvenire da ciò che me la può rendere amara e farò tutto ciò che me la può rendere soave. Datemi grazia voi, o Signore, poiché da solo nulla posso, solo in voi posso ogni cosa. Oh quanto è felice chi al punto di morte può dire con il Salvatore: “Consummatum est”; tutto ciò che mi fu imposto, tutto l’ho adempito. Ora vengo da voi, o Mio Dio. Vado al Padre il quale mi ama, la di cui gloria unicamente ho sempre cercato. Una tale anima può anche meritamente dire: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”; ovvero con S. Stefano: “Accogli il mio spirito”. Un tale spirito, un'anima tale è sempre bene ricevuta; in Paradiso è sempre la benvenuta. APCL, P 390/15, f. 6v. La tenerezza di Dio verso i peccatori Il più delle volte il peccatore non pensa affatto alla sua sventura, e sta i giorni, le settimane, i mesi e talora persino gli anni senza muoversi a ricercare quel Dio che ha perduto, così è Dio stesso che aspetta con ansia, che anzi ricerca e richiama a sé il povero peccatore. […] Sono davvero ineffabili i mezzi con cui egli ne va in cerca, sono inesprimibili le voci tenerissime con cui a sé lo chiama […]. Dio non lascia di correre dietro al povero peccatore e di ripetergli con la più viva insistenza: Convertiti, convertiti al Signore, Dio tuo. APCL, P 391/25, ff. 108v. VII Far sempre vedere come Egli è buono Nelle tue prediche, istruzioni, esortazioni, e in ogni opera a bene delle anime, abbi sempre di mira la gloria di Dio, […] e insieme far amare il Signore più che sia possibile da coloro che già sono in sua grazia, e ciò mostrando quanto Egli fu ed è buono con noi, […]. Di modo che anche parlando dei suoi castighi, far sempre vedere come fu ed è buono con noi all’averceli finora risparmiati, e così ottenere non solo che Iddio sia temuto, ma che sia altresì amato, il che è assai importante. APCL, P 391/18, f. 48r. Dio ci dà il suo Regno Il fare la volontà di Dio, il servire a Dio è lo stesso che procurare il nostro bene, il nostro interesse spirituale ed eterno. Poiché Iddio è tal padrone che paga i suoi agenti, i suoi lavoranti con un prezzo abbondante oltre ogni dire. Ci dà tutto il suo regno. Che bontà, che grandezza! Lo serviamo noi da veri suoi figliuoli, ed ecco il regno suo, il Paradiso, è nostro: egli ce lo ha detto, ce l’ha promesso… una vita eterna sempre felice, sempre contenta. APCL, P 391/11, f. 9r. VIII