Sentiremo crescere le foreste

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Sentiremo crescere le foreste
INDICE
INTRODUZIONE
1. Ragioni e motivi del libro
2. Contenuti e metodo
PARTE I - Posizioni a confronto e termini del problema - Significati e contenuti
Capitolo 1. Incomprensioni fra fede e scienza: cause storico-culturali
1. Il crollo delle cosmovisioni e dei sistemi politici
2. Conflitti culturali, filosofici e religiosi alle origini della scienza
3. Scienze, teorie, dogmatismi e ideologie
4. L'egemonia culturale dello scientismo
Capitolo 2. Pensiero laico: vecchie chiusure e possibili aperture
1. I "rapporti allargati" fra scienza e cultura
2. Sapere scientifico: dalla "serietà vuota" alla cultura
3. Pensiero laico: chiusure e aperture
4. Riflessioni conclusive
Capitolo 3. Superare lo scientismo laicista
1. Mutamento dei paradigmi scientifici e culturali
2. Complessità, casualità propensiva, caos deterministico
3. Scienze ed epistemologia: nuove consapevolezze
4. Interrogativi perenni, filosofia, pensiero flessibile
Capitolo 4. Etica laicista fra immoralismo e nichilismo
1. Presupposti e principi
2. Errori, lacune, incoerenze
3. Tecnicismo come "terza cultura"
4. Critiche laiche all'etica laicista
5. Pensiero laico: limiti e incoerenze
6. Pensiero laico: nuove aperture
Capitolo 5. Scienza e cultura oggi: la visione cristiana
1. Un nuovo pensiero scientifico
2. Scienza e fede: sfide e collaborazioni
3. Dimensione scientifica e sapienziale
4. Rapporti fra fede, scienze, filosofia, teologia
5. Dialogo fra saperi e compiti della fede
Capitolo 6. Visione cristiana: scienza ed etica oggi
1. Fine dello scientismo e rilancio del tecnicismo
2. Etica laica e cristiana: difficoltà di un dialogo
3. Etica laica: aperture e istanze positive
4. Etica cristiana: verità e dignità della persona
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PARTE II - Nuova cultura scientifica: spirito e contenuti – Scienza 2000, nuovo spirito, nuovo
pensiero – Dimensione e fine umano delle scienze – Cultura tecnoscientifica e umanesimo del limite
Capitolo 7. Astrofisica, cosmologia e condizione umana
1. Stato del cosmo e condizione umana
2. Astrofisica e uomo: luci del cosmo e sguardo "oscuro"
3. Cosmovisioni e modelli cosmologici
4. Scienza viva per insegnamento e cultura
5. Riflessioni conclusive
Capitolo 8. Terra: sistema complesso, pianeta solidale
1. Linguaggio delle pietre, messaggio della vita
2. Scienze della vita, fra vita e catastrofi
3. Emergere della vita vegetale
4. Coscienza riflessiva: unica nella biosfera
5. Consumi e utilizzi nel "pianeta solidale"
6. Riflessioni conclusive
Capitolo 9. Vita ed evoluzione: metafore, ipotesi, teorie, fatti
1. Biologia e metafore
2. Dottrine, teorie, ipotesi, prospettive
3. Evoluzione, evoluzionismo: critiche e confutazioni
4. Sintesi conclusiva: evoluzione, fede, cultura
Capitolo 10. Ambito umano: persone, culture, fini, valori, diritti
1. Unità e diversità umane, origini, eredità genetica
2. Regolazioni: dai viventi alla società
3. Medicina: dal prevenire al predire
4. Economia: i sistemi di relazioni complesse
5. Uomo, umanità, diritti umani
6. Riflessioni conclusive
Capitolo 11. Scienze storiche: memoria, paradigmi, metodi
1. Paradigmi storici: evoluzione, complessità, passato del futuro, futuro del passato
2. Eventi, incidenti, memoria
3. Sistemi tecnoscientifici, costruzioni sociali, esigenze umane
4. Riflessioni conclusive
Capitolo 12. Cibercultura, infoetica, nuova economia
1. Innovazioni, lavoro, valore della persona
2. Culture informatiche fra giusto e ingiusto
3. Terzo settore, non/profitto, economia di comunione
4. Riflessioni conclusive
PARTE III - Percorsi, strumenti del pensiero, risultati – Verità, pluralismo, paradosso, enigmaticità,
senso del tutto
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Capitolo 13. Complessità, schemi logici, paradossi
1. Complessità, eterogeneità, traiettorie e percorsi
2. Scienze dalle certezze all'incertezza
3. Paradossi logici: imparare a imparare
4. Una nuova teoria del linguaggio?
5. Razionalità e ragionevolezza, schemi logici e paradossi
Capitolo 14. Razionalità, ragionevolezza, verità, paradosso
1. Ragione, razionalità, "razionale" e "ragionevole"
2. Razionalità sensata e significativa
3. Scienza, umanesimo, verità
4. Verità e paradosso
5. Riflessioni conclusive
Capitolo 15. Sapienza cristiana e cultura scientifica
1. Scienza: valore euristico e capacità problematizzante
2. Frammentarietà, limiti, significati ultimi
3. Consapevolezza e verità
4. Verità, universalità, mistero
5. Le istanze unificanti
Capitolo 16. Percorsi e traguardi possibili
1. Cultura come unificazione significativa
2. Filosofia: senso di sé nel senso del tutto
3. Scienza: uscire dagli "assoluti relativi"
4. Saperi: chiarezza ed enigmaticità
5. Riflessioni conclusive
RIFLESSIONI E SINTESI CONCLUSIVA
1. Posizioni a confronto e novità emergenti
2. Positività da valorizzare, passi e percorsi
3. Verità, pluralismo, paradosso
4. Cultura scientifica: saperi limitati e vastità inesauribile
5. Umanesimo e cultura scientifica: il paradosso della fede
INDICE
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INTRODUZIONE
1. Ragioni e motivi del libro
Uno dei maggiori fisici contemporanei ha scritto che fede e scienza sono i maggiori doni di Dio
all'umanità1. Perché allora da alcuni secoli il loro rapporto è conflittuale? Forse perché si è parlato
troppo di scienza e scienze, troppo poco di pensiero scientifico, mai di cultura scientifica. In questo
modo si è usata la parola scienza per indicare di tutto: metodi, atteggiamenti, contenuti, risultati,
attività, conoscenze, sapere, persone, esperienza umana, strutture, istituzioni, imprese di ricerca o di
controllo, ecc. Il termine è diventato così vago ed equivoco da perdere il senso. Potremmo distinguere,
almeno, due prospettive. Scienza come insieme di procedimenti volti a scoprire la struttura intelligibile
della realtà osservabile, mediante l'osservazione sistematica, l'elaborazione teorica dei dati osservati e
il controllo sperimentale delle deduzioni teoriche. Scienza come esperienza umana e culturale, che
può arricchire lo spirito, la cultura e dare nuova consapevolezza etico-morale a persone e società2. Per
questa ricerca sulla cultura e sull'umanesimo scientifici, la seconda prospettiva è la più importante.
Riferirò ad essa, quindi, le proposte positive.
La locuzione pensiero scientifico riguarda, invece, le ricerche di storia delle scienze e le riflessioni
epistemologiche e filosofiche sulle scienze. Cultura scientifica indicherà la valorizzazione della
scienza e del pensiero scientifico, come esperienza umana fonte di nuove concezioni dell'uomo, della
vita, della storia e del cosmo più adeguate alle essenziali esigenze umane3. Nell'umanesimo scientifico
distingueremo due aspetti. Dal punto di vista dei contenuti, è una sintesi culturale tra le nuove
prospettive aperte dalla scienza e le perenni esigenze umane. Dal punto di vista delle persone, è la
concezione che riconosce la persona come soggetto capace di valorizzare umanamente i beni di
un'autentica cultura scientifica. Sono aspetti diversi e complementari da distinguere e collegare.
Cultura scientifica e umanesimo scientifico, tuttavia, non esistono ancora come fisionomie e strutture
specifiche. Vanno realizzati, quindi, utilizzando una gran quantità di contenuti e di strumenti di
altissimo valore, già esistenti. I mutamenti del secolo XX consentono di utilizzare anche il pensiero
sulle scienze, culturalmente più significativo di quello delle scienze, perché ha dissipato gli errori ed
equivoci sulla scienza prodotti dallo scientismo.
Il XX secolo ha reso insignificanti e obsoleti i temi più importanti nei secoli XVIII e XIX e ha
radicalmente mutato i termini del confronto fra scienza e fede. Ciò ha svuotato di utilità e interesse
anche le ingenue dispute sui presunti conflitti fra le scoperte scientifiche e le descrizioni bibliche, sul
caso Galilei, l'esistenza di Dio, la creazione, la provvidenza, i miracoli, le guarigioni ecc. Nel secolo
XX sono emersi problemi nuovi ed essenziali per l'umanità, provocati dallo sviluppo tecnoscientifico
sull'ambiente, la bioetica, la bioingegneria, la mente umana, ecc. Egualmente urgenti e importanti sono
i problemi etici, sociali, politici, militari ed economici sollevati dalla globalizzazione e
mondializzazione dell'impresa tecnoscientifica. I nuovi nodi del confronto e del dialogo fra scienza e
fede sono ormai questi. Esigono, però, un nuovo contesto di pensiero e di cultura, più vicino e attento
alle esigenze autentiche di persone e società. Per questo, la tesi del libro è che: a) tale contesto può
essere costituito solo dalla cultura e l'umanesimo tecnoscientifico; b) solo un dialogo serio e
sistematico fra scienze, filosofia, etica, religioni e fede cristiana può condurre ad esso.
Poiché tale contesto e dialogo non esistono, dobbiamo costruirli, valorizzando i molti elementi
positivi del pensiero tecnoscientifico del XX secolo. Ciò significa superare le idee e gli atteggiamenti
errati dei secoli XVII-XIX, tuttora radicati e operanti nelle scuole e università, nei mezzi di
divulgazione e d'informazione e in buona parte degli uomini di scienza e operatori culturali. In sintesi,
è questa la situazione attuale: 1) non esistono né cultura scientifica né umanesimo scientifico; 2) non
sono ancora chiariti i significati, ruoli, fini e valore della scienza; 3) i giudizi attuali sulle scienze
fluttuano fra eccessi di fiducia e sfiducia; 4) vecchi dogmatismi ed equivoci sui rapporti fra scienza,
fede, etica e religione ostacolano tuttora un sistematico dialogo costruttivo. Esistono, quindi, forti
contraddizioni e conflitti fra le possibilità e le potenzialità attuali delle scienze e i residui negativi
ereditati dal passato. Dobbiamo superarli per risolvere i problemi umani, culturali e sociali, sempre più
complessi e urgenti, del presente e del futuro. Questi problemi e i compiti che ne derivano sono
esaminati nelle tre parti del volume.
1
2. Contenuti e metodo
Nella prima parte analizziamo le cause generali, storiche e culturali, dei malintesi che, nei secoli
XVIII-XIX, condussero ai conflitti fra scienza, fede, religione ed etica (cap. 1). Esaminiamo gli
atteggiamenti sviluppati in quei secoli e tuttora presenti nel pensiero laico, che anche oggi provocano
difficoltà (cap. 2). Approfondiamo, poi, le tensioni e contraddizioni esistenti fra le forme più chiuse e
rigide del pensiero laico (scientismo e tecnicismo laicista) e quelle più aperte e flessibili (cap. 3). Ci
soffermiamo sui contrasti fra le posizioni della vulgata etica laicista, criticate da N. Bobbio come
immoraliste e nichiliste e quelle più moderate e responsabili (cap. 4). Rileggiamo in ottica cristiana le
potenzialità positive del pensiero laico quantitativamente minoritario, ma qualitativamente
significativo, profondo e aperto (cap. 5-6). La documentazione di tale pensiero (cap. 2-4) è attinta
soprattutto alla stampa (giornali e periodici) che nel ventennio finale del 1900 ha dato ampia voce ai
maggiori esponenti del laicismo e sostenuto intensamente le posizioni laiciste.
Nella seconda parte esaminiamo i contenuti più originali e innovatori del pensiero scientifico (ciò
che dicono le scienze e ciò che si dice sulle scienze) emersi negli ultimi anni, in iniziative
internazionali e interdisciplinari (1997-2002), che hanno impostato i problemi tecnoscientifici in
nuovo modo. Ascoltiamo i maggiori specialisti delle diverse scienze, sulle più originali e recenti
acquisizioni sull'universo, sulla vita, l'evoluzione, l'ambito umano e i relativi problemi. Essi
sottolineano: l'immensità di quanto ci sfugge, la complessità del reale, la crescente ambivalenza delle
situazioni umane. Le scienze sono: l'astrofisica, la cosmologia e la condizione umana (cap. 7); la terra
come sistema complesso e pianeta solidale (cap. 8); il mondo della vita, fra metafore, teorie e fatti
(cap. 9); l'ambito umano come complesso intreccio di persone, culture, fini, valori e diritti (cap. 10); le
scienze storiche come studio del "passato del futuro" e del "futuro del passato" (P. Ricoeur) (cap. 11);
le nuove scienze del futuro (cibercultura e infoetica) e il nuovo ordine mondiale (cap. 12).
La terza parte analizza i maggiori problemi e indaga i modi più efficaci per avviare la cultura
scientifica, l'umanesimo scientifico e il nuova dialogo fra scienza, etica e fede. Esaminiamo alcuni
modi come: il pensiero complesso, l'analisi degli schemi logici, il paradosso (cap. 13); il pensiero e le
proposte sulla razionalità e la ragionevolezza, il razionale e il ragionevole, la razionalità sensata e
significativa esposti da J. Ladrière (cap. 14); la verità e le potenzialità culturali della scienza e la
fecondità umana e spirituale del "paradosso" nei rapporti fra intelligenza e verità (cap. 15, 16). La
conclusione raccoglie i risultati e scruta l'immagine di un umanesimo e di una cultura tecnoscientifici,
simili a un tessuto vivo, intrecciato dai saperi e dalle attività umane, (scienze, filosofie, tecniche, arti,
lettere, religioni, fede, teologia). Esso genera e trasmette a ogni generazione le migliori domande e
risposte sul mondo, sull'uomo e sulle loro relazioni. Le fibre vitali che lo intessono: ragione, filosofia,
religione e fede, unite insieme possono condurne il conoscere alla Sapienza, il volere all'Amore e
l'agire al Bene, che sono l'essenza di ogni cultura.
1
A. Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, Il Saggiatore, Milano 1999, 147.
2
G. Gismondi, Etica fondamentale della scienza, Cittadella, Assisi 1997.
3
G. Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza. Saperi e cultura nel 2000, Cittadella, Assisi 1999.
2
PARTE I
POSIZIONI A CONFRONTO E TERMINI DEL PROBLEMA
Significati e contenuti
In questa prima parte svolgeremo le riflessioni indicate brevemente nell'Introduzione generale.
Nelle posizioni che dovremo analizzare e valutare abbondano e sovrabbondano contenuti e aspetti
negativi. Non ci soffermeremo, tuttavia, su questi, per concentrare maggiormente l'attenzione sugli
elementi positivi, meno appariscenti ma provvisti di maggiori potenzialità per il confronto e il dialogo.
Il loro valore appare più chiaramente dopo i crolli degli idoli filosofici, i fallimenti degli assoluti
terrestri, la caduta delle ideologie e delle loro verità totali che per alcuni secoli avevano egemonizzato
il pensiero. Al momento attuale, molte delle proibizioni e censure imposte sulla fede, la religione,
l'etica, la trascendenza ecc. sono oggettivamente indebolite.
Permangono agguerriti residui di retroguardie abbarbicate ai vecchi ideologismi: il materialismo
che pretende eguali uomo e animali; il razionalismo e idealismo in cui solo la ragione invera le istanze
ingenue di fede e religione; il positivismo che affida alla scienza ogni verità e soluzione dei problemi;
il marxismo e freudismo che respingono religione e fede come consolazioni, superstizioni, proiezioni,
nevrosi ossessive; l'ateismo sartriano in cui l'uomo è solo una passione inutile; lo strutturalismo ove
l'uomo è pura struttura che rinvia solo a lui stesso; il neopositivismo che dichiara prive di senso tutte le
asserzioni non scientifiche (metafisiche, religiose ecc.). Dopo le catastrofi mondiali del XX secolo,
legate ad alcune di queste forme di pensiero, tale arretratezza appare ancora più drammatica e
incomprensibile. A maggior ragione, appare incomprensibile che uomini di scienza e di cultura
sostengano tali idee o facciano da loro cassa di risonanza, dopo il grande pensiero sulla scienza
espresso da scienziati come Heisenberg, Einstein, Planck ecc. e da filosofi ed epistemologi come
Meyerson, Poincaré, Duhem, Bachelard, Popper, Wittgenstein, von Hayek, Kuhn, Lakatos,
Feyerabend, Laudan ecc. Per il dialogo e il rinnovamento che ci proponiamo è molto importante
cercare di capire questi fenomeni.
3
CAPITOLO 1. INCOMPRENSIONI FRA FEDE E SCIENZA: CAUSE STORICO-CULTURALI
Nell'introduzione abbiamo indicato la mancanza di una cultura e di un umanesimo scientifico. Qui
indagheremo alcune delle cause storico-culturali che, per alcuni secoli, contribuirono a tale mancanza
e fecero sorgere difficili rapporti fra scienza, fede, etica e religione. Essi in buona parte residuano
tuttora. Esamineremo, quindi, fatti e ragioni che, dalla fine del secolo XVI agli inizi del XX, influirono
su entrambi i problemi.
1. Il crollo delle cosmovisioni e dei sistemi politici
Come in ogni altra epoca, anche agli inizi di quella moderna esisteva una visione dell'uomo, della
Terra, della vita e dell'universo, che costituiva la base comune del pensiero scientifico, filosofico,
artistico, religioso ecc. Antichità e medioevo avevano posto l'uomo e la Terra al centro di un universo
limitato. La scienza moderna (astronomia, fisica, chimica, biologia ecc.), improvvisamente, svelava
l'enorme vastità dello spazio e del tempo dell'universo che facevano apparire marginali, periferici e
insignificanti, la Terra, l'uomo e la sua storia. Il crollo dell'antica visione ebbe effetti concettuali ma,
ancor più, esistenziali. Esso avveniva nel tragico contesto politico, sociale e religioso della fine
dell'antica unità dell'Occidente. Crescevano i contrasti e le aspirazioni generali alla libertà, l'autonomia
e l'indipendenza. I nuovi Stati europei nascevano fra guerre e lotte violente. La Chiesa, fino allora una
e indivisa, si divideva in Confessioni sempre più polemiche e in lotta fra loro. Ciò scandalizzava molti
e rendeva pesante l'identità e l'appartenenza religiosa. Riconoscere la vera fede diventava sempre più
difficile. Ci si chiedeva se poteva essere vera una fede così lacerata e lacerante.
Soggettivismo e individualismo rendevano difficile accertare la verità e spingevano a porne in
dubbio l'esistenza. Si sviluppavano il laicismo e la secolarizzazione, mentre i nazionalismi si
esasperavano. Declinavano unità, certezze e sicurezze antiche. In tale smarrimento, la scienza nascente
sembrava la sola via per la ragione. Ben presto, razionalismo e illuminismo ne avrebbero fatto la
forma suprema di conoscenza e verità. Entrambi sostenevano la pura ragione, rivendicavano la piena
libertà di pensiero e azione, lottavano contro ogni rigidezza, rivelazione e dogma. Portavano in sé,
però, ambiguità, errori e lacune. Assolutizzavano la ragione come valore unico e autonomo, ignorando
essenziali distinzioni e riserve critiche. Incuranti dei limiti, ambiguità e incertezze della mente umana,
denunciate dai filosofi, ricorrevano a raziocini superficiali e difettosi. Inoltre: limitavano la verità ai
soli dati accessibili alla pura ragione; consideravano natura, mondo e uomo come macchine formatesi
da sé e governate dalla ferrea necessità (determinismo meccanicista); riducevano Dio a "prima causa
naturale", insignificante per il corso degli eventi (deismo); consideravano religione, diritto, Stato,
economia ecc. elementi puramente naturali, retti da leggi naturali ferree, misurabili e computabili.
L'unica fede consentita era il progresso terreno, illimitato, retto dalle leggi naturali. Esso divenne la
religione della ragione e della scienza. L'individuo, elevato a misura e arbitro di tutta la realtà,
giustificava l'individualismo, relativismo, indifferentismo e scetticismo. La tolleranza, nel contesto di
prolungate guerre fra gli Stati e di accanite lotte fra le chiese diveniva uno dei maggiori valori per la
vita, la religione e l'etica. Il pensiero, però, poneva verità ed errore sullo stesso piano e non avvertiva
che la tolleranza è meno del rispetto della dignità e della verità di ogni persona ed è molto meno
dell'amore per i fratelli, voluto dal Vangelo. Si declassavano le conoscenze etiche e religiose, perché
non verificabili scientificamente, mentre quelle scientifiche erano identificate con la verità.
L'autonomia della ragione era il principio fondamentale rivendicato nei confronti di ogni religione,
fede e Chiesa. Ragione e scienza divenivano le uniche depositarie della verità e Stato e individui le
sole fonti di diritto ed etica. Con questi assoluti si ponevano le basi dello scientismo, tecnicismo,
secolarismo e, soprattutto, degli assolutismi e totalitarismi politici dei secoli seguenti.
2. Conflitti culturali, filosofici e religiosi alle origini della scienza
In questo contesto culturale le scoperte scientifiche crescevano, circondate da crescente interesse ed
entusiasmo. Non si pensava a un dibattito critico, filosofico, etico e teologico sui loro fondamenti,
principi, metodi e risultati. Nella cultura e nella Chiesa gli atteggiamenti si dividevano. Alcuni
diffidavano delle nuove scienze emergenti. Altri cercavano accordi con esse. Il nuovo pensiero
scientifico, ancora immaturo, incorporava errori e ambiguità. Ritenendo di poter fare a meno dei
fondamenti o poterseli dare da sé, finì per dipendere sempre più da filosofie discutibili, che per alcuni
4
secoli, dominarono come "verità totali", sostituendo l'Assoluto trascendente con gli "assoluti terrestri".
La "grande filosofia" cedeva il passo alle "grandi illusioni filosofiche" dell'uomo e della ragione,
elevati a unici artefici di autosalvezza1. Di qui le certezze indubitabili, le riduzioni di ogni realtà
all'immanente, le chiusure di ogni spiraglio di trascendenza, la religione ridotta a prodotto
dell'oppressione o a nevrosi ossessiva, le affermazioni della fede definite nonsensi o assurdità.
Nasceva il repertorio delle idee coagulabili nell'ideologia scientista, da molti operatori scientifici
scambiata per pensiero scientifico.
Individualismo estremo, incontrollato e libertà illimitata indebolivano fede, senso etico e religioso.
In Francia la massoneria, dosando una mistura di ideali umanitari, illuminismo, deismo, senso
dell'occulto e del mistero, affascinava le classi elevate e laicizzava la cultura. Diderot, d'Alembert e i
nuovi dotti formati sulla loro Enciclopedia liquidavano le dispute teologiche con uno spirito scettico,
indifferente e derisore. Voltaire, Rousseau ecc., credevano in un Dio personale, ma combattevano il
soprannaturale, senza valutare le conseguenze della loro opposizione. Si consolidava il laicismo
razionalista, naturalista, individualista, materialista, mosso da una fede incrollabile nel progresso
dell'umanità come ulteriore base di scientismo, tecnicismo e laicismo. J.O La Mettrie (1709-1751)
medico e filosofo illuminista, in un libro di gran successo L'uomo macchina (1748) negava l'anima
spirituale. L'uomo era solo un animale un po' più evoluto e nulla più di una macchina, retta dalle leggi
meccaniche della materia.
Erano le radici del materialismo tecnoscientifico, anche oggi riciclato e riproposto2. Voltaire
inaugurava la polemica laicista, saccente e astiosa, piena di errori e falsità, tanto ricca di brillanti
arguzie, quanto povera di argomenti3. In Germania, razionalismo e illuminismo condizionavano
profondamente fede e pensiero protestante, riducendo drasticamente il coraggio di pensare auspicato
da Kant. Il pensiero, ridotto a sola critica della conoscenza, non lasciava spazio alle dimensioni
profonde della vita. Un superficiale ottimismo terrestre nascondeva le drammatiche profondità
metafisiche dell'esistenza. Ogni invito di Goethe, a indagare l'indagabile e rispettare il non indagabile,
era inascoltato. Kant, sincero credente, s'era impegnato per un mondo spirituale trascendente la
materia. Sostenendo, però, che l'esistenza di Dio è indimostrabile dalla ragione umana, preparava le
basi dell'incredulità. La Germania, malgrado l'enorme ricchezza intellettuale e le sue tradizioni
profondamente cristiane, diffondeva una cultura a-cristiana e a-cattolica, il cui orizzonte culturale era
l'incredulità. Non avversava più dottrine singole o particolari, ma la stessa possibilità della Rivelazione
e della fede.
Sono questi i contesti in cui si svilupparono la ricerca e il pensiero scientifico e si formarono i
nuovi uomini di scienza. Tutti questi equivoci, incomprensioni e contrasti con la religione e la fede,
ben presto sarebbero divenuti vere opposizioni, conflitti e negazioni. La lotta generale a cristianesimo,
fede, Rivelazione e religione, dunque, aveva molteplici cause: conflitti fra confessioni cristiane;
sconvolgimenti del riassetto politico, sociale, culturale e religioso dell'Europa; negazioni e riduzioni
concettuali delle nuove filosofie e forme del pensiero. In un contesto culturale così tormentato, le
scienze moderne, scoprendo i segreti della natura, fino allora ritenuti misteriosi o soprannaturali,
sopravanzavano ogni altro sapere. Le loro osservazioni, analisi, ipotesi, esperimenti, scoprendo le
cause dirette dei fenomeni, sembravano spiegare tutta la realtà. Le ricerche personali scuotevano il
prestigio e minavano la fiducia nell'autorità e nelle tradizioni.
3. Scienze, teorie, dogmatismi e ideologie
Nei secoli XVI-XIX non esisteva né una matura riflessione epistemologica, né una filosofia delle
scienze, né una storia della scienza e delle scienze. Mancavano le consapevolezze raggiunte alla fine
del secolo XIX e nel XX. Nessuno pensava che: le conoscenze scientifiche sono congetture parziali,
provvisorie, sempre dimostrabili false, mai definitivamente vere; nella scienza contano più le domande
e i problemi, che le risposte e le soluzioni; la scienza può rispondere solo ad alcune delle domande che
solleva e deve affidare quelle umanamente più significative agli altri saperi (filosofia, teologia, etica).
Rimaneva difficile riconoscere che: i discorsi scientifici, filosofici e teologici rispondono a prospettive
diverse e operano su basi e livelli diversi. Nessuno degli argomenti scientifici contro la fede rimane
valido a qualche decennio di distanza. Ignari di ciò, filosofi, uomini di cultura e di scienza cadevano in
banali estrapolazioni e generalizzazioni arbitrarie.
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Il sapere scientifico appena nato, privo di una propria storia e ignaro dei fondamentali problemi
epistemologici, si affidava alle filosofie già indicate: razionalismo, positivismo, idealismo,
determinismo, materialismo, evoluzionismo ecc. I limiti e le insufficienze di queste filosofie sarebbero
emersi più tardi, solo di fronte ai problemi sempre più vasti e complessi che non potevano risolvere.
Soltanto nel XX secolo, la riflessione epistemologica avrebbe consentito di distinguere meglio fra
ipotesi, teorie e dati, e discernere le asserzioni scientifiche dai dogmatismi e ideologismi che le
avvolgono. Il moltiplicarsi di ipotesi e teorie scientifiche in lotta fra loro (meccanicismo,
determinismo, indeterminismo, casualità, evoluzionismo ecc.) avrebbe fatto distinguerne le condizioni
di legittimità, coerenza, affidabilità ecc. Si sarebbe cominciato a identificare i dogmatismi scientisti
nascosti nel determinismo, indeterminismo, meccanicismo, materialismo, casualismo, evoluzionismo
ecc. Confusioni fra le ipotesi e le teorie legittime con i dogmatismi e le ideologie arbitrarie, tuttavia,
sono dure a morire e resistono tuttora.
Questi equivoci ed errori spinsero a porre nelle scienze quelle sicurezze e certezze che le divisioni
nella fede e i perenni contrasti filosofici non sembravano più offrire. Sulla scienza si concentrarono le
attese e le speranze di una verità indiscutibile, capace di unire fraternamente l'umanità. Le nuove
scienze, focalizzandosi sempre più sulle cause seconde (leggi naturali) che governano i fenomeni
naturali, sfuocavano e allontanavano la causa prima (Dio). Ciò riduceva l'eccessivo interesse nei suoi
confronti, delle vecchie cosmovisioni filosofiche e religiose. Ben presto Laplace avrebbe definito quel
Dio: ipotesi inutile. I grandi artefici delle nuove scienze erano credenti convinti, come Pascal, Leibniz,
Galilei, Newton ecc., che compresero il verso senso di Dio, irriducibile ai ruoli e ai giuochi delle cause
prime e seconde. Pure Cartesio, il primo grande filosofo moderno, era un sincero credente. Per lui,
tuttavia, Dio era una certezza assoluta e immediata, ma non più la prima. Il sistema filosofico e di
pensiero da lui elaborato era basato sulla diffidenza verso tutto e tutti, ragione e Dio compresi.
Fondava tutto sul dubbio metodico e il pensiero sovrano dell'individuo. A imporsi, quindi, non fu la
sua fede personale ma queste idee decisive per il razionalismo, l'individualismo e gli altri moderni
sistemi di pensiero.
Soggiogati da questo spirito del tempo, operatori scientifici e culturali, mondo accademico e
insegnanti scivolavano nell'incredulità, areligiosità, indifferenza e rifiuto della fede. Alcuni credenti
volevano confutare certe affermazioni scientifiche, ma non avendo gli strumenti per sceverare le
scoperte, teorie e ipotesi legittime, dagli ideologismi errati che le interpretavano, respingevano le une e
gli altri. Con ciò facevano apparire insostenibili anche gli argomenti filosofici e teologici validi. Le
nascenti scienze storiche, compresa la storia ecclesiastica, inclinavano al relativismo scettico sul
passato. Alcuni accettavano le loro riserve, altri rifiutavano pure la storia. In questo clima, cresceva un
mondo culturale estraneo o avverso alla Chiesa, nel quale trovava sempre più credito la credenza nel
conflitto insanabile fra fede e scienza. I concetti di creazione, provvidenza, divinità ecc., venivano
spogliati di ogni senso cristiano e soprannaturale per naturalizzarli e secolarizzarli. La Rivoluzione
francese eliminava ogni espressione cristiana (domeniche, feste, tempi e computo degli anni), principi
etici e valori religiosi, servendosi delle conoscenze scientifiche. Dal secolo XVII al XIX la lotta alla
Rivelazione, alla fede cristiana e alla Chiesa che le custodiva, strumentalizzò ogni affermazione
scientifica, nascondendone gli equivoci, errori, lacune, limiti o difetti. In Inghilterra s'imposero le
filosofie che nelle religioni accettavano solo gli elementi naturali (deismo) e respingevano ogni
Rivelazione.
4. L'egemonia culturale dello scientismo
A livello teorico, l'idea di scienza onnipotente derivò dalla filosofia moderna. Hegelismo e
positivismo, benché assai diversi, concordavano pienamente sull'onnipotenza della scienza. Marx
attinse da essi l'idea di scienza come assoluto, che crea e ricrea la natura e costruì la scienza positiva e
dialettica che supera quella individuale (tesi) mediante la scienza impersonale e oggettiva, ossia la
proprietà collettiva delle macchine (antitesi). L'ultimo termine era il dominio della scienza dialettica
totale, o dottrina marxista (sintesi). La trasformazione marxiana dialettico-positivista della realtà
unendosi all'identificazione pitagorico-galileiana della realtà fisica, con la struttura e l'operare
matematico, diffuse l'immagine della scienza onnipotente4; consolidò la certezza che essa potesse
spiegare e fare tutto; rese superflua e sospetta ogni idea di mistero. Le acquisizioni scientifiche
servirono a confutare i testi biblici, gli eventi miracolosi e le espressioni religiose. Nel XIX secolo,
dogmatismi e ideologie si coagularono nello scientismo, che non era né scienza, né filosofia, ma solo
6
un coacervo d'incoerenze. Solo a XX secolo avanzato si riconobbe che era privo di valore culturale,
filosofico e scientifico. Esso fu il mezzo ideale per combattere fede, religione, metafisica, etica,
tradizioni filosofiche, principi del pensiero e valori dell'azione. Rappresenta, senza dubbio, una delle
pagine più oscure del pensiero moderno.
La prolungata confusione fra scienza e scientismo portò molti scienziati a cooperare con i regimi
totalitari del XX secolo (marxismo, nazismo, comunismo ecc.) che distrussero le basi universali della
vita, del pensiero e della cultura. Le dittature si avvalsero degli uomini di scienza per i loro crimini
politici e la lotta alla Chiesa. Se ne servirono pure le chiese divise per polemizzare fra loro. A fine '800
i protestanti Draper e White, nei loro libri di scienza, indicavano la Chiesa come lorda di sangue e
persecutrice degli uomini di scienza5. I loro toni furono così violenti che pure i "laici" li giudicarono
esempi di vero e proprio furore anticattolico6. Radicalismo ideologico ed esasperazione polemica vi
erano portati agli estremi7. Nei secoli XVII-XIX le comunità cristiane, perdendo l'ambiguo sostegno
degli Stati sempre più ostili, assunsero posizioni difensive, inefficaci e insufficienti. La prova, dura ma
liberante, costrinse a cercare un'adesione sempre più libera e convinta alla fede. Il desiderio di
riconciliare fede e scienza, portò alcuni a sopravvalutare le scienze.
Il Sillabo ne denunciò l'errore, ma i suoi toni di condanna provocarono risentimenti e
incomprensioni. La controversia, che confuta gli errori avversari e l'apologetica, che mostra la propria
ragione, erano sempre meno accette. Non c'era ancora il dialogo in cui gli interlocutori cercano
insieme le buone ragioni reciproche, con rispetto, sincerità, libertà, apertura e senso critico. Lo
avrebbero reso necessario e urgente gli orrori e le tragedie del XX secolo: guerre mondiali, conflitti
ideologici, genocidi, olocausti, stermini nucleari, terrorismo. Le illusioni filosofiche di onnipotenza
scientifica cadevano. Subentravano angosce e timori per la sopravvivenza del pianeta e della specie.
Oggi dobbiamo affrontare insieme, laici e credenti, i crescenti dilemmi sollevati dalle crescenti
conoscenze e innovazioni tecnoscientifiche. Dobbiamo risolvere insieme, credenti e laici, il problema
che coinvolge tutti: porre le immense e crescenti potenzialità tecnoscientifiche a servizio delle
persone, dell'etica, della democrazia politica, dell'evoluzione economica, della comunicazione e
informazione, della conoscenza e formazione scientifica, della libertà di circolazione,
dell'emancipazione intellettuale e politica dei popoli.
1
D. Antiseri, " È finito un secolo con i suoi assoluti", in Vita Pastorale, 40 (2002), 2, 99.
2
Vedi i capitoli 4, 6, 9, 10.
3
L'incredulo Renan ne criticò le falsità e gli errori espressi in ogni campo, come la negazione dell'esistenza
di alfabeto e scrittura ai tempi di Mosè.
4
V. Mathieu, "I due volti della scienza", in Due Culture?, (Atti del Convegno di Studio del Comitato
Cattolico Docenti Universitari, Roma 20-21 maggio 1966), Il Mulino, Bologna 1967, 209-214.
5
J.W. Draper, History of the Conflict between Religion and Science, New York 1874; A.D. White, A History
of the Warfare of Science with Theology in Christendom, New York 1895.
6
L. Bianchi, "Cristianesimo e scienza moderna", in Nuova civiltà delle macchine, 57-60 (1997), 1-4, 208.
7
R. Gruner, "Science, Nature and Christianity", in Journal of Theological Studies, 26 (1975), 81. Sul
soprannaturale la scienza non può affermare o negare nulla. Epistemologi e filosofi (Walsh, Popper, Antiseri),
fisici e matematici (Duhem, Poincaré, Zichichi), storici della scienza (Oakley, Mascall) sottolineano l'importanza
della fede biblico-cristiana per le origini, ispirazioni e sviluppi della scienza. Tutti i maggiori scienziati (Galilei,
Newton, Pascal, Mersenne, Gassendi, Kircher, Poincaré, Einstein, Heisenberg ecc.), furono sempre credenti
convinti.
7
CAPITOLO 2. PENSIERO LAICO: VECCHIE CHIUSURE E POSSIBILI APERTURE
Il breve sguardo storico del capitolo precedente ha rilevato alcune cause storiche, culturali e
concettuali che alterarono la visione della scienza e impedirono la formazione di una cultura e un
umanesimo scientifici. Esse provocarono pure le incomprensioni e i conflitti fra pensiero scientifico e
fede cristiana. Il fatto che tali incomprensioni fossero legate al contesto culturale nel quale si sviluppò
la scienza non significa che esse siano ormai esaurite. Nonostante i grandi mutamenti avvenuti nel
secolo XX, quegli atteggiamenti culturali, per quanto vecchi e superati, operano ancora nella cultura e
nel mondo scientifico di oggi. Gran parte del pensiero laico s'identifica addirittura con essi. In questo
capitolo e nei due prossimi ci soffermeremo su di essi e sulle vie per superarli. Potremo, così
approfondire gli elementi di una cultura e di un umanesimo scientifici più utili ad avviare un nuovo
rapporto fra scienza, etica e fede1.
1. I "rapporti allargati" fra scienza e cultura
In Etica fondamentale della scienza e Scienza, coscienza, conoscenza rilevai le aperture del
pensiero scientifico più rispondenti alle nuove esigenze culturali, etiche2 e interdisciplinari3. Qui
vanno sottolineati i rapporti allargati che le acquisizioni e le innovazioni tecnoscientifiche instaurano
con molteplici soggetti: persone, società ecc., e ambiti: economia, istituzioni, democrazia, ambiente
ecc.4 L'aggettivo "allargati" indica che sempre più numerosi soggetti e ambiti vengono coinvolti dalle
scoperte e dalle innovazioni, che riducono sempre più i confini fra il possibile e l'impossibile. Questi
soggetti comprendono tutte le categorie professionali: operatori scientifici e tecnologici, operatori
culturali, filosofi, pubblicisti, insegnanti, giornalisti, operatori dell'informazione e della
comunicazione, pubblicitari, imprenditori, amministratori, uomini politici, ecc. Anche istituzioni,
culture e popoli diventano soggetti, essendo spinti a reagire in modi diversi. Il modo più obsoleto è la
fede nei successi tecnoscientifici, ritenuti capaci di risolvere ogni problema e trasformare il mondo5.
I soggetti più accorti, tuttavia, addebitano loro pure rischi e responsabilità negative. Cresce in tutti,
comunque, la preoccupazione per la loro crescente invadenza. Valutazioni e giudizi al riguardo, però,
sono sovente legati a errori o equivoci di fondo. Il primo errore è di addebitare astrattamente a scienze
e tecnologie gli errori razionali dei soggetti concreti. Il secondo errore è di confondere la razionalità
scientifica con l'ideologia scientista. Il terzo è di usare i termini generici e astratti di razionalità e
ragione, invece di quelli specifici e concreti di sistemi di razionalità. Il quarto è di trascurare o
dimenticare che intelligenza e ragione operano in molte forme legittime, fra le quali la sapienza, la
saggezza e la ragionevolezza sono gnoseologicamente ed euristicamente superiori ai sistemi di
razionalità6. I quattro errori qui indicati risalgono al razionalismo e allo scientismo dei secoli XVIIIXIX, ai loro dogmatismi sulla razionalità scientifica come unica fonte di conoscenza, verità e certezza
e alle loro pretese d'insignificanza degli altri saperi (metafisica, filosofia, religione, teologia).
In realtà, già nel secolo XX furono riconosciuti: a) il carattere congetturale, parziale, provvisorio e
riduttivo delle conoscenze scientifiche; b) la natura ideologica e afilosofica dello scientismo; c) il
prolungato equivoco fra scientismo e scienza7. Nonostante ciò, i vecchi dogmatismi perdurano nella
cultura contemporanea, impedendo una seria cultura, un umanesimo scientifico e un nuovo dialogo fra
fede, etica e scienza. Queste preclusioni vanno superate, per gestire correttamente i rapporti allargati
fra le innovazioni tecnoscientifiche e i nuovi soggetti e ambiti culturali. Solo così si porrà l'impegno
tecnoscientifico a servizio dell'uomo, della cultura e dell'umanesimo scientifico. Questi compiti non
sono specifici della fede ma, escluso il pensiero cristiano, nessuno sembra rilevare la necessità di
promuoverli. Nessuno, comunque li pone nei termini ampi e profondi in cui li pone la coscienza
cristiana.
Forse se ne occupano pochi, perché contrastano con forti interessi e poteri. In passato gli ostacoli
maggiori venivano dal pensiero forte moderno (razionalismo, positivismo ecc.) e dall'assolutismo
politico. Oggi vengono dal pensiero debole postmoderno (agnosticismo, scetticismo ecc.) e dal suo
assolutismo culturale. Gli eccessi della ragione onnipotente risospingono a quelli della ragione
impotente. Di qui un pensiero sterile, preda dei risentimenti e di un'irrazionalità rinunciataria e
perdente. Dopo l'idolatria di una ragione umana, fonte di ogni verità, si torna a ritenere irraggiungibile
o inesistente la verità. Pensiero moderno e postmoderno mostrano la loro incapacità di attingere la
verità e dominare gli idoli creati da loro stessi. Pensiero forte e debole, convinti di liberare l'umanità
8
mediante la loro ragione secolarizzante e desacralizzante, finiscono col sacralizzare l'immanente,
divinizzare i propri fantasmi, creare gli idoli peggiori. La fede, che essi rifiutano, testimonia da
millenni che solo il tre volte Santo e il suo Logos liberano persone, società e culture da tutti gli idoli, le
assolutizzazioni e le indebite sacralizzazioni 8.
2. Sapere scientifico: dalla "serietà vuota" alla cultura
La storia della salvezza mostra che le culture, per rimanere vitali, non devono legarsi a forme fisse
e che, per progredire, devono superarsi continuamente9. L'apertura e il confronto, orientati dalla verità
e dignità della persona umana, liberano ogni cultura dai suoi limiti di spazio, tempo e contenuto,
rendendola universalmente feconda. Lungo i millenni, Rivelazione, Parola di Dio e fede biblicocristiana hanno sostenuto le capacità di apertura e autosuperamento delle più diverse culture,
rendendole feconde. Nacquero da esse le più importanti sintesi interculturali e le rielaborazioni
universalizzanti della sapienza orientale, del pensiero greco e del diritto romano. L'incontro con la fede
fece emergere i valori profondi, giacenti nei vari patrimoni religiosi, filosofici e culturali. I Padri della
Chiesa, coinvolti nella revisione critica della propria cultura, religione e pensiero, dialogarono con la
filosofia greca e il mondo ellenico. In quest'apertura reciproca, la fede valorizzò la cultura greca e ne
accrebbe i dinamismi universalizzanti, mentre la cultura greca arricchì il pensiero cristiano di nuove
aperture e comprensioni universali.
L'incontro con la fede cristiana è fecondo quando culture e filosofie non si chiudono nelle proprie
particolarità, ma s'incamminano insieme verso una verità più ampia. Ciò vale pure per il dialogo fra
fede e cultura laica. Non si può, infatti, parlare ancora di dialogo con la cultura scientifica, poiché essa
non esiste. La modernità ha prodotto solo l'ibrido ideologico e pseudo-culturale dello scientismo.
Scienza e cultura rimangono tuttora separate e chiuse nei vecchi assolutismi: razionalismo,
positivismo, naturalismo, agnosticismo, naturalismo, relativismo ecc. che impediscono di elaborare
una vera cultura universale. Valorizzando un sempre più approfondito pensiero critico, storico e
filosofico sulle scienze, pensiero biblico-cristiano, teologia, filosofia, etica e scienze potranno
dialogare, confrontarsi, approfondirsi e completarsi. In questo dialogo, l'impegno tecnoscientifico e le
sue acquisizioni e innovazioni possono trovare il loro senso, significato, finalità umane e valore
culturale. Potranno liberarsi, così, dalla loro serietà vuota, vivamente criticata da Jaspers 10. Il primo
passo in questa direzione sta nel superare gli equivoci, contrasti, opposizioni, errori e scetticismi dei
secoli passati, oggi concentrati nelle credenze e nei dogmatismi del laicismo scientista11.
3. Pensiero laico: chiusure e aperture
Per comprendere il termine laicismo scientista dobbiamo chiarire quelli di: laico, laicità e laicismo.
Ciò non è facile, per i loro significati molto diversi. Evangelii Nuntiandi (n. 55) chiama secolarismo il
laicismo, definendolo: visione per cui il mondo si spiegherebbe da sé, senza alcun bisogno di Dio,
ritenuto superfluo o ingombrante. Chiama, invece, secolarizzazione lo sforzo legittimo, compatibile
con la fede e la religione, di scoprire nella creazione e in ogni cosa o evento dell'universo, le leggi che
li reggono con una certa autonomia. In questo modo, laicismo equivale a secolarismo e laicità a
secolarizzazione. In senso stretto, nel linguaggio ecclesiale, i laici sono i credenti battezzati che non
appartengono al clero né allo stato religioso. Nel linguaggio comune i termini diventano ambigui. Nel
linguaggio colto, e in senso storico, il laicismo è l'atteggiamento nato nella seconda metà del secolo
XVI, come reazione dei nascenti Stati europei contro i regimi confessionali e come contestazione delle
classi più elevate agli interventi temporali della Chiesa e ai privilegi dei chierici. In senso filosofico, il
termine ha assunto i significati più diversi: totale autosufficienza della ragione nel costituire la verità e
risolvere ogni problema; esclusione di ogni rivelazione soprannaturale; esaltazione della bontà
integrale della natura; competenza assoluta dello Stato in tutte le questioni pubbliche; religione come
affare puramente privato ecc.12
Poiché questa diversità di significati è causa di equivoci, possiamo assumere i termini laicista e
laicismo per indicare sia il secolarismo definito da Evangelii Nuntiandi che gli atteggiamenti contrari
al cristianesimo e alla religione. Non è possibili precisare maggiormente, poiché diversi laicisti
negano l'esistenza di una concezione laicista, come patrimonio comune e condiviso di contenuti, valori
e significati. Inoltre, molte divergenze e contrapposizioni13 portano a vedere la laicità come:
comportamento storico ostinato e teoricamente superato (G. Rumi); pensiero agnostico, privo di
9
presupposti religiosi, che ridiscute sempre i propri obiettivi (L. Colletti); autonomia delle attività
umane dalle ideologie, senza antagonismo al cristianesimo (N. Abbagnano); spiegazione razionale
della realtà fuori da ogni fede religiosa (G. Galasso); destino umano risolto interamente nel tempo (A.
Schiavone); aconfessionalità statale ispirata alla tolleranza (N. Bobbio). Queste divergenze
conseguono allo svuotamento illuminista che ridusse religione e fede a "residui arcaici della
coscienza". Riducendo solo a questo la religione e la fede, la laicità in quanto loro negazione perse
ogni carattere positivo.
Le definizioni esposte nel paragrafo precedente non sono condivise da tutti i laici. Quelli più aperti
e critici se ne distanziano, ricordando che il laicismo deve provare coi fatti di non essere un'etica del
lassismo e indifferentismo, né una cultura dell'immoralità e nichilismo. Gli rimproverano pure di non
percepire la gravità di questa sfida (N. Bobbio). Ne criticano la mancanza di aperture, le polemiche
superate e di retroguardia e l'incapacità di pensare in grande14. Altri ne deplorano i pensieri mediocri,
piccoli, brevi e parziali, il prevalere del particolare sull'insieme, l'eludere la riflessione critica e
l'appiattirsi in idee ripetitive15. Altri ancora, con più sereno senso critico, ne riconoscono le chiusure,
ambiguità e contraddizioni. Qualcuno nota che la nostra epoca si gioca sull'incontro tra cattolici e laici
e che questi ultimi dovranno fare più strada per arrivare a un obiettivo. Vi è chi ritiene più appropriato
parlare di distanze e differenze, anziché di steccati, come pure di persone che hanno o meno un
atteggiamento religioso, anziché di cattolici e laici. Il dialogo è importante, perché riguarda più il
destino dell'umanità, che il credere o non credere. Sugli effetti sociali e culturali della rivoluzione
tecnologica (informatica e mass-mediale), occorre rifiutare le vecchie illusioni illuministe e positiviste
sul progresso, che non hanno più senso. Infine, mentre il laicismo, come sistema di pensiero che rifiuta
il ruolo dello spirito è del tutto fallito, il messaggio cristiano e religioso conserva la sua validità16.
Altri laici criticano fortemente il vecchio trionfalismo scientista e trovano devastanti le
conseguenze degli sviluppi tecnoscientifici sulla vita, la cultura e il pensiero. S'interrogano, quindi, su:
come liberarci dai pericoli e dai timori delle scoperte; cosa significhi la libertà nelle ricerche degli
scienziati; quanto valgano i controlli, le decisioni politiche e i veti delle commissioni laiche di bioetica
o delle autorità religiose. Per alcuni la scienza è un cammino inarrestabile. Per altri una smisurata
volontà di potenza, priva di preoccupazioni morali. Scienziati e tecnologi sarebbero "figure immorali"
impotenti, perché, volendo dominare il mondo, forzarne i limiti estremi e sostituirsi a Dio, non
possono orientare la scienza, né deciderne il futuro. Il destino dell'Occidente sarebbe guidato
dall'autonomia delle ricerche e dagli sviluppi di una tecnoscienza inarrestabile, segnata da smisurata
volontà di potenza, manipolatrice e profanatrice della realtà. Essa ha tolto all'uomo il centro
dell'universo e ora gli toglie l'identità e l'unità psicofisica. La clonazione è la genesi di un uomo uguale
su tutto il pianeta, voluto dalla scienza17. Altri vedono nella tecnoscienza la potenza nichilista che
svela un universo in preda a caso, caos e non-senso, mostrando l'uomo come specie infima, prodotta
da caso e selezione naturale, in un pianeta insignificante. Queste idee presiedono al tecnicismo e
all'etica laicista. Altri laici accomunano nella critica negativa la filosofia contemporanea, come sapere
desolato, incapace di risolvere i veri problemi, che con la sua scepsi trasforma i perenni interrogativi,
sempre attuali, in enigmi insolubili (L. Colletti)18.
4. Riflessioni conclusive
Questo primo approccio al pensiero laico contemporaneo, collegato alle scienze, mostra che al
vecchio scientismo trionfalista dei secoli passati (laicismo scientista) si aggiungono ora sempre più
frequenti valutazioni, negative ed estreme (laicismo antiscientifico). Entrambe le posizioni,
contraddittorie e non sempre coerenti, sono difese con ragioni che alcuni ritengono scientifiche e
filosofiche e altri respingono decisamente. Entrambe sono opinioni emotive e giudizi non sempre
ragionati, anche se riempiono i maggiori organi d'informazione, causando disorientamento e
confusione. È assai significativo che un importante convegno internazionale Le sfide per la scienza:
l'educazione per il XXI secolo 19, abbia rilevato come la corretta comprensione dei problemi
fondamentali, riguardanti l'attività e la conoscenza scientifica, dovrebbe essere oggetto di
un'educazione di massa, per coinvolgere persone e cittadini, fornendo loro le conoscenze di base e i
criteri necessari a dare o meno un consenso informato ai professionisti della ricerca.
A loro volta, questi dovrebbero essere coinvolti nella comunità, anziché blindarsi nel loro sapere,
confinarsi nei laboratori o isolarsi nel loro individualismo. Eviterebbero, così, di lacerarsi fra cinismo
10
e responsabilità. Senza un'ampia base d'informazione e di comprensione, ogni invito all'opinione
pubblica e agli scienziati di riflettere sulle responsabilità e i risultati dell'impegno scientifico, risulta
vano (G. Tognon). Poiché le scelte scientifiche non possono prescindere dalle esigenze e dai bisogni
della gente, occorre stabilire fin dalla scuola un rapporto costruttivo fra studenti e scienza, conferendo
maggior rilievo ai significati umanistici e culturali della conoscenza scientifica, che alle sue
applicazioni (J. Osborne). Inoltre, elementi e criteri significativi come l'oggettività, precisione,
coerenza, apertura al confronto, tensione al continuo miglioramento sottendono la forte valenza etica
che deve ispirare un solido e proficuo legame fra dimensione scientifica e formazione della persona
(J.M. Maldamé)20. Queste affermazioni completano gli elementi positivi emersi in questo capitolo,
riguardo alle culture che, dialogando, progrediscono e originano sintesi vitali, universalmente feconde.
Poiché solo l'uomo elabora, guida e usa il sapere scientifico, la ricerca scientifica è un'attività umana
che coinvolge la responsabilità dei ricercatori e va valutata eticamente. Per questo fede e religione
sono tenute a responsabilizzare l'uomo di fronte al mondo e al suo futuro e a richiamarlo agli usi
positivi e non distruttivi o disumani della scienza21.
1
Vedi i capitoli 5 e 6.
2
G. Gismondi, Etica fondamentale della scienza, Cittadella, Assisi 1997; Id. Fede e cultura scientifica, EDB,
Bologna 1993.
3
G. Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza, Cittadella, Assisi 1999.
4
B. Perrone, "Due frontiere per la scienza: l'impensabile e la vita", Avvenire, 8.11.1996, 18.
5
E. Severino, "La scienza vince perché convince", Corriere della sera, 14.9.1989, 3.
6
Il confronto fra razionalità e ragionevolezza è svolto nel capitolo 14.
7
P.K. Feyerabend, Dialogo sul metodo, Laterza, Bari 1989.
8
J.M Lustiger, "La post-modernità appartiene già agli inizi del cristianesimo", L'Osservatore Romano,
28.3.1990, 5.
9
G. Gismondi, Nuova evangelizzazione e cultura, EDB, Bologna 1993, 133-145; J. Szaszkiewicz, Filosofia
della cultura, PUG, Roma 1988; H. Carrier, Avvenire e cultura, Città Nuova, Roma 1988; A. Ardigò, Dottrina,
culture, senso, EDB, Bologna 1998.
10
G. Ratzinger, "Fede e ragione", L'Osservatore Romano, 19.11.1998, 8.
11
Nomi autorevoli lo hanno esposto nei maggiori organi d'informazione. Cf l'intervista a V. Possenti di L.
Geninazzi, "La svolta dopo gli steccati", Avvenire, 27.12.1995, 16, che rileva nei laici: scarsa conoscenza della
realtà cristiana, comprensione difettosa della Bibbia, visioni della religione limitate, equivoche e lacunose.
12
Cf. "Laicismo", "Laicità", Dizionario delle idee, 598-599.
13
G. Campolielli, Voci dal mondo laico, Dedalo, 1992.
14
V. Possenti, "Gnostici e tolleranti a Babele", Avvenire, 20.6.1992, 3.
15
S. Fiori, "Cercansi grandi idee fra i saldi di fine secolo. Polemiche: Asor Rosa e la sinistra mediocre", La
Repubblica, 6.12.1996, 40-41.
16
L. Geninazzi, "Cari laici, adesso facciamo autocritica", Avvenire, 28.12.1995, 17. (Intervista a F. Adornato
condirettore di Liberal).
17
S. Zecchi, "La clonazione fa paura ma fermare la scienza è impossibile", Il Giornale, 28.10.2001.
18
Intervista di A. Gnoli, "Filosofi addio, cambiamo mestiere", La Repubblica, 30.1.1996, 28-29.
19
Pontificia Accademia delle Scienze, Incontro Internazionale "Le sfide per la scienza: l'educazione per il
XXI secolo", Roma 19-21.11.2001.
20
G. Nicolò, "I progressi della scienza a sostegno della dimensione etica", L'Osservatore Romano,
22.11.2001, 7.
21
A. Marchesi, "Di fronte a interrogativi che non ammettono fughe", L'Osservatore Romano, 16.11.2001, 5.
11
CAPITOLO 3. SUPERARE LO SCIENTISMO LAICISTA
Dai due precedenti capitoli è apparso che l'attività e le conoscenze scientifiche non comportano a
nessun titolo l'ateismo, la non credenza, la negazione di Dio o il rifiuto della religione e della fede.
Negazioni e incomprensioni fra fede e scienza derivarono, agli inizi, dalle circostanze storiche e dai
contesti culturali nei quali le scienze moderne si svilupparono e poi dalle scelte personali e da motivi
ideologici. Ciò spiega perché nel pensiero laico attuale convivano posizioni addirittura opposte, sia
legate ai vecchi schemi di pensiero che aperte alla novità contemporanea. Dopo aver visto gli aspetti
generali, in questo capitolo esaminiamo quelli più specifici della rilettura e dell'interpretazione delle
acquisizioni scientifiche.
1. Mutamento dei paradigmi scientifici e culturali
Anzitutto cerchiamo di capire quali ragioni impediscano oggi, a buona parte del pensiero laicista, di
liberarsi dai vecchi equivoci, errori e confusioni scientiste e dai condizionamenti storici e dagli errori
epistemologici messi in luce nel XX secolo. Allo stato attuale, la ricerca storica e la riflessione
epistemologica non consentono di considerare le asserzioni scientifiche come verità certe e
indiscutibili. Si è dimostrato che: esse sono solo ipotesi parziali, provvisorie, mai definitive e sempre
riformabili; il sapere scientifico non consente un accumulo omogeneo, essendo discontinuo e soggetto
a revisioni continue e profonde; che i risultati più importanti della ricerca non sono le acquisizioni,
sempre riformabili, ma i problemi inesauribili, sempre nuovi, sollevati in continuazione.
Quest'inarrestabile necessità di modificare le conoscenze precedenti conferisce alle scienze quel potere
problematizzante, che ne fonda il valore culturale e umanistico, se valorizzato in una sistematica
riflessione: filosofica, culturale e umanistica. Ricerca e riflessione sono inseparabili e determinanti per
elaborare una cultura scientifica, in continuo dialogo e confronto con filosofia, fede ed etica. Questo
dialogo allarga continuamente gli orizzonti culturali, umanistici, etici, religiosi e teologici delle
ricerche, perché aumenta la vastità dei problemi e la consapevolezza delle zone ancora inesplorate o
inesplorabili dalla scienza. Aumenta pure la sensibilità per le aree e per il significato dell'ignoto.
Questa complessa stratificazione di conoscenze e di problemi, sollevati dalle conoscenze
scientifiche e dalle innovazioni tecnologiche culturalmente più significative, si presta a interpretazioni
divergenti. Pure i laicisti più irriducibili sono costretti ad ammettere che, su di esse, grandi scienziati
di eguale valore esprimono giudizi, idee e conclusioni del tutto opposte (E. Scalfari). Il pensiero
laicista, invece, non si adegua ai rigorosi approfondimenti epistemologici, euristici, ermeneutici e
storici sul linguaggio, che vietano di collocare sullo stesso piano discorsi strutturalmente diversi, come
quello scientifico, religioso e teologico. Essi non sono confrontabili, avendo prospettive, scopi, natura,
competenze e ruoli del tutto diversi. Inoltre, acquisizioni scientifiche e riflessione epistemologica
contemporanea hanno confutato i preconcetti e i dogmatismi deterministi, meccanicisti, razionalisti,
evoluzionisti, casualisti, positivisti, materialisti ecc., che impedivano una corretta comprensione dei
dati scientifici. Tutto questo ha reso arbitrari e incoerenti i presunti contrasti fra le verità di fede sulla
creazione, provvidenza ecc. e le passate asserzioni scientifiche deterministe, meccaniciste ecc. o quelle
odierne su caso e casualità1. Nei prossimi capitoli vedremo come questi errori e le mancanze di senso
critico siano oggi più inammissibili che in passato 2.
Sono gli abbagli di uno scientismo laicista legato non solo ai vecchi errori e dogmatismi scientisti,
ma anche ad errate comprensioni filosofiche, religiose e teologiche. È inconcepibile ormai riproporre
le immagini caricaturali di un Dio tappabuchi dell'ignoranza umana. È una grave scorrettezza
scientifica, epistemologica, filosofica e teologica: a) confondere ipotesi e teorie con dati e fatti; b)
ignorare che ipotesi e teorie sul caso e casualità sono legittime e utili per la ricerca, ma rimangono
sempre congetture parziali e provvisorie; c) confondere o confrontare discorsi, logiche e linguaggi di
tipo totalmente diverso come quelli scientifici, filosofici e teologici. Oggi, l'epistemologia e la storia
delle scienze non consentono più le confusioni e gli errori che nei secoli XVII-XIX alimentarono la
non credenza, l'irreligiosità e l'ateismo. L'attuale scientismo laicista rimane ancora prigioniero delle
vecchie incoerenze di termini e di linguaggio, perché ignora queste acquisizioni o trascura questi
progressi. Altri esempi vengono dalle scienze della religione (dalla storia comparata alla nuova
antropologia), che analizzano le grandi tradizioni religiose e le loro molteplici dimensioni umane,
storiche, culturali ecc., rilevandone l'enorme importanza, complessità e universalità3. Lo scientismo
laicista le ignora completamente, legandosi a termini inappropriati e a concetti riduttivi,
13
approssimativi o prescientifici come: sentimento, intuizione emotiva, paura esistenziale. Inoltre, pone
sullo stesso piano, confonde o contrappone realtà complesse e diverse come cultura, religione, fede,
etica, ragione, ricerca ecc. Per questo trae, poi, conclusioni arbitrarie e irrazionali.
2. Complessità, casualità propensiva, caos deterministico
Fra gli errori e le confusioni relative alle più diverse discipline troviamo le seguenti: ridurre il
discorso religioso a puro sentimento, emozione e paura (errore antropologico, epistemologico,
ermeneutico); confondere gli aspetti scientifici e filosofici di termini e di concetti come determinismo,
indeterminismo, caso, casualità, processi evolutivi (errore linguistico, euristico, epistemologico,
filosofico); presentare libero arbitrio e predestinazione come "cuore della fede" cristiana (errore
teologico e filosofico) ecc. Con simili procedimenti, lo scientismo laicista: trasforma ipotesi e
legittime teorie scientifiche in dogmatismi e ideologie arbitrari; viola fondamentali regole
epistemologiche e linguistiche; travisa le affermazioni teologiche; fraintende termini e concetti
polisemici (con più significati). Attualmente concentra tali errori attorno al caso, ignorando che tale
termine può indicare: fenomeni particolari; ipotesi e teorie scientifiche parziali, provvisorie e sempre
falsificabili; dottrine filosofiche; ideologie. Ignora pure che K. Popper propose di analizzare il caso in
una nuova prospettiva scientifica propensiva, assai diversa dalle precedenti4. Per la scienza di oggi, il
caos è un fenomeno deterministico e non casuale. In ogni caso, nessuna delle ipotesi scientifiche crea
pericoli o difficoltà alla fede. Lo stesso va detto dell'attuale pensiero scientifico, che ritiene
compresenti, nell'universo, molti aspetti antagonisti come: ordine e disordine, determinismo e
indeterminismo, determinismo e caso, caso e caos deterministico, complessità, programma, progetto e
intelligenza.
Simile visione apre gli interrogativi più interessanti per la fede e per la religione. Cercarvi
contraddizioni e conflitti con la fede non ha il minimo senso. Forse, intuendo ciò, il laicismo cerca
d'inventare delle difficoltà nel campo teologico, affermando che per la fede biblico-cristiana Dio è
"costretto" a custodire le leggi che lo condizionano inflessibilmente (Scalfari). A parte la sua plateale
contraddizione, questo enunciato è totalmente falso, perché il Dio biblico-cristiano è amore assoluto,
perfetto, libero, gratuito e generoso. Ritornando al campo filosofico e scientifico, incontriamo un altro
errore insostenibile: far coincidere meccanica quantistica e filosofia kantiana5. Lo scientismo laicista
se ne serve per negare l'intelligibilità della natura. Ritiene, infatti, che se la natura non è intelligibile,
cadano religione, monoteismo e fede cristiana, assieme al loro unico sostegno, il Dio "legislatore-elegge" (E. Scalfari). Questo dogmatismo è privo di ogni riscontro e di ogni prova, sia scientifica che
filosofica, come lo è la perentoria conclusione che: "la mente umana, se sente il bisogno di Dio, non
può pensarlo che come legge: il resto è fanta-religione"6. Quest'opinione personale è solo l'ultimo
anello della lunga catena di errori. Proprio a questo riguardo, già nel 1936, Einstein riepilogava il
pensiero scientifico affermando: "quello che c'è, nel mondo, di eternamente incomprensibile, è che
esso sia comprensibile"7. Comprensibile, si noti bene, è assai più di intelligibile. In campo
epistemologico e filosofico, pure Popper confermava l'intelligibilità del mondo, criticando la pretesa
scientista (non scientifica) di descriverlo in modo esauriente e completo.
Oggi i fisici segnalano che il mondo, dalle strutture più piccole (cuore del protone) alle estensioni
più vaste (insiemi galattici), obbedisce alle stesse leggi rigorose e immutabili, che la scienza capisce
nel loro insieme e descrive come logica della natura o logica del Creato. Nessuno, però, sa dire
perché, fra tutte le logiche possibili, fu "scelta" proprio questa. Il Grande Disegno, quindi, supera la
scienza, così come l'Infinito Assoluto supera la matematica. Inoltre, le differenze fra l'uomo e tutti gli
altri viventi sono molte e grandi. L'uomo è l'unico che: a) sente sempre il bisogno di decifrare
l'inesauribile intelligibilità o logica della natura; b) vi riesce; c) non smette mai d'indagare. Scienze,
logica matematica e logica della natura, quindi, non offrono alcun sostegno né argomento a favore
dell'ateismo e della non credenza. Al contrario, mostrano a tutti, atei, non credenti e credenti, che la
natura è intelligibile8. A questo punto è molto significativo ricordare che, in passato, lo scientismo
laicista, per combattere la fede e la religione, sosteneva l'intelligibilità scientifica assoluta della natura.
Ora, all'opposto, pretende combatterla sostenendo la sua non intelligibilità. È un'altra delle sue
incoerenze e contraddizioni intrinseche, che si aggiunge alle molte già indicate: accumulo acritico di
argomenti eterogenei; omissione delle necessarie distinzioni e precisazioni; non rispetto delle
differenti competenze e prospettive scientifiche, epistemologiche, filosofiche e teologiche; confusione
14
fra scienza e scientismo; negazione del vero sapere scientifico; suoi usi ideologici. Vi ritorneremo
ancora9.
3. Scienze ed epistemologia: nuove consapevolezze
In un ambito culturale più ampio, lo scientismo laicista ignora le acquisizioni scientifiche già
emerse nel secolo XX: la secolarizzazione non è la fine irreversibile della religione; le esperienze del
divino, della religione, del mistero e dell'insondabile non vengono meno; la scienza non può sostituire
filosofia, metafisica, etica e religione; il sapere scientifico non può asserire né negare nulla sui
problemi ultimi dell'uomo. Ignora anche quanto le riflessioni epistemologiche e gnoseologiche hanno
accertato in quattro secoli: più conosciamo e più sappiamo di non sapere; la realtà supera l'ambito
delle scienze e dei loro metodi; il più rimane da conoscere e tuttora ci sfugge; le conoscenze
scientifiche sono particolari, frammentarie, limitate, provvisorie, rivedibili e falsificabili; con la
crescita delle conoscenze crescono le nostre incertezze; le scienze non rispondono ai grandi
interrogativi e alle esigenze di fondo, non mostrano alcun senso globale, né risolvono i dubbi umani
più vitali; i problemi scientifici, logici e matematici di fondo considerati decisivi sono sovente
indecidibili; il XX secolo vide fallire i principi e i metodi riduzionisti e assisté al declinare del
razionalismo e del positivismo.
Chi è insoddisfatto per la fine delle illusioni razionaliste e positiviste e perché non può più
attendersi una conoscenza cumulativa, omogenea, capace di spiegare tutto, è ancora prigioniero dei
vecchi schemi. Va aiutato a capire che il valore culturale e umanistico della scienza risiede nella sua
inesauribile capacità di problematizzare. Gli interrogativi e i problemi che essa solleva sono sempre
importanti e mai banali. Se accettiamo una scienza problematica, attraversata da complessità e
discontinuità, non le chiederemo impossibili verità assolute, ma solo delle rappresentazioni del mondo
un po' più credibili. La loro mutevolezza e labilità cognitiva, che non consente di rispondere agli eterni
interrogativi e ai grandi problemi dell'esistenza, ci spingerà ad apprezzare le altre forme del sapere.
Riconoscendo che nessuna scienza scopre il senso dell'universo o mostra il significato della vita,
riscopriremo il valore di ciò che dicono filosofia, religione e fede.
Sono molti, quindi, i guadagni e i vantaggi di questa nuova situazione, come, ad esempio: non
affidare più alle scienze impossibili verdetti sull'esistenza o meno di Dio; ricordare che nessuna forma
di razionalismo, positivismo, materialismo, agnosticismo, scetticismo e nichilismo è in grado di
affermare, negare o escludere il trascendente; riconoscere che la profondità della realtà e l'enigmaticità
del mondo superano il nostro sapere; interrogare e lasciarci interrogare, senza pregiudizi, su
l'insondabile, il trascendente, l'assoluto, l'eterno e il divino; evitare di scegliere dalla fede e dalle
grandi tradizioni religiose solo le credenze che ci piacciono, separandole dal resto e cadendo in facili
superstizioni, fondamentalismi, occultismi, magie10; diffidare dei confronti diretti fra teorie
scientifiche e credenze, senza le necessarie mediazioni filosofiche. Questi atteggiamenti antiscientifici
e anticulturali li evitiamo facilmente se accettiamo due importanti criteri: scienze e filosofia sono
indispensabili e insufficienti; la ricerca non può nascere senza dati, ma rimane del tutto sterile senza
significati.
4. Interrogativi perenni, filosofia, pensiero flessibile
Nei confronti della filosofia contemporanea, lo scientismo laicista è assai negativo. La accusa di
desolazione e d'incapacità a risolvere i veri problemi (L. Coletti) è un giudizio eccessivo che ne
dimentica i molti aspetti validi. La filosofia analitica, ora in declino, sostenne l'esigenza di
armonizzare gli argomenti razionali ed empirici. L'ermeneutica, tuttora valida, propone una razionalità
filosofica che, a differenza delle scienze, si prefigge una valida comprensione del senso. La filosofia
pratica difende le esigenze etiche indispensabili per la bioetica, la bioingegneria, l'ambiente e
l'economia. La filosofia della comunicazione (Apel, Habermas ecc.), come sintesi fra filosofia analitica
ed ermeneutica, rivendica le condizioni ultime indispensabili al linguaggio, alla comunicazione e
all'argomentazione, che potranno consentire significativi sviluppi11. La filosofia, comunque, esprime
in molti modi diversi l'esigenza di ulteriori aperture agli altri saperi. A ragione, quindi, il pensiero
cristiano ha sempre sostenuto: la necessità della fiducia nell'intelligenza e ragione umana
correttamente intese; l'esigenza di un autentico discorso metafisico, nel cui ambito trovino giusta
collocazione i perenni interrogativi umani12; l'adeguatezza dell'intelligenza alla verità e della verità
15
all'intelligenza; l'utilità di molti termini filosofici tradizionali; la possibilità di asserti globali e assoluti;
la passione per la verità ultima; l'ansia per la ricerca; l'audacia di osare sempre nuovi percorsi 13.
Particolarmente importante è il suo riconoscimento della problematicità delle esperienze e
dell'impossibilità di assolutizzarle, che fa emergere la necessità di un principio trascendente ancorché
non tematizzabile14.
Ai perenni interrogativi riconosciuti da L. Colletti dobbiamo aggiungere, quindi, quelli che J.
Guitton vede emergere proprio nel e dal sapere scientifico: che cos'è la realtà? da dove proviene?
perché vi è qualcosa anziché niente? perché ordine e intelligenza? Nei prossimi capitoli ne
indicheremo numerosi altri 15. Nel concludere, ricordiamo che i richiami al carattere procedurale della
verità, provenienti dalla ricerca scientifica e dai suoi problemi pratici, valorizzano gli aspetti
epistemologici ed euristici ma, ancora di più, quelli ermeneutici, come riflessione sulle condizioni non
epistemologiche della scienza. Lo evidenziarono Heidegger, Wittgenstein, Habermas e H. Arendt. La
ricerca scientifica, liberata dai trionfalismi razionalistici e dalle preclusioni neopositivistiche, può
valorizzare la ricerca delle leggi nate dall'inesauribile esigenza umana d'interrogare il mondo. Ricerca
che genera sempre nuove possibilità cognitive, pur senza raggiungere alcuna definitività e
assolutezza16. Anche quest'aspetto fa emergere le dimensioni umanistiche della scienza, mostrandone
l'inseparabilità dall'umanesimo. Ciò ha fatto auspicare un pensiero flessibile, capace di guardare alle
connessioni, che consenta di collegare le realtà già indagate a quelle emergenti (U. Eco, A. Rosa). Con
tale pensiero, però, siamo agli antipodi dello scientismo laicista le cui idee esaminate in questo
capitolo, se accolte, impedirebbero non solo ogni cultura, umanesimo scientifico e dialogo fra saperi,
ma ostacolerebbero irreparabilmente anche il ruolo e le possibilità della scienza.
1
E. Scalfari, "Se Dio si arrende al caso", La Repubblica, 25.12.1992, 27.
2
Vedi i capitoli 5, 6, 8, 9.
3
G. Gismondi, Scienze della religione e dialogo interreligioso, EDB, Bologna 1994.
4
Popper formulò la teoria delle probabilità propensive, poiché le teorie casuali non spiegano o forzano troppi
fatti. Le possibilità normali, quindi, sarebbero appesantite e quelle uguali un loro caso particolare. La
propensione è intrinseca, dovuta a forze o campi di forze reali, che spingono a ripetersi stabilmente, in modi
matematici misurabili e computabili. Cf. K.R. Popper, "Il futuro ha i dadi truccati", Il Tempo, 4.9.1988, 15-16.
5
D.M. Armstrong, Universals and Scientific Realism, University Press, Cambridge 1990; Cf. E. Runggaldier,
"Il naturalismo filosofico contemporaneo e le sue implicazioni antropologiche", La Civiltà Cattolica, 152 (2001),
III 138: "Nonostante il considerevole successo dell'idealismo kantiano nel corso dell'Ottocento, nella seconda
metà del secolo si diffondono ovunque tendenze naturalistiche incompatibili con il dualismo di Kant"; D.
Papineau, Philosophical Naturalism, Blackwell, Oxford 1993.
6
E. Scalfari, "Ma Giobbe maledisse i capricci del Signore", La Repubblica, 15.1.1993.
7
A. Einstein, The Journal of the Franklin Institute, vol. 221, n. 3, marzo 1936.
8
A. Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, Il Saggiatore, Milano 1999, 75-77, 78, 156,
162-163.
9
Vedi i capitoli 4, 5, 6.
10
È il frequente errore dei credenti senza chiesa. S. Natoli, "Più fede, meno lumi", Avvenire, 12.7.2001, 21.
11
Come vedremo al capitolo 13.
12
E. Berti, "Dopo la scienza e oltre ancora", Avvenire, 3.6.1995, 19.
13
Ne tratteremo specificamente al capitolo 15.
14
Fides et Ratio, 55-56.
15
Vedi i capitoli da 7 a 11.
16
T. Serra, "Scienza e filosofia tra Popper e Gadamer", Il Tempo, 22.10.1995, 17.
16
CAPITOLO 4. ETICA LAICISTA FRA IMMORALISMO E NICHILISMO
1. Presupposti e principi
Analizzando le tesi dello scientismo laicista abbiamo notato le preoccupazioni dei laici più
consapevoli, perché l'etica laicista non si dissolva nel lassismo, indifferentismo, immoralismo e
nichilismo (N. Bobbio). Per esaminare i temi della scienza, quindi, dobbiamo affrontarne anche i
problemi etici. In Etica fondamentale della scienza1 avevo già sottolineato l'urgenza di un'etica
dell'impegno scientifico, ora rilanciata dalle maggiori riviste scientifiche2. Le preoccupa la continua
crescita di comportamenti scorretti, che "erodono l'integrità della ricerca scientifica". Chiamano in
causa: ricercatori, università, istituti di ricerca, centri pubblici ecc. Anziché soffermarci su queste
realtà negative, è preferibile approfondire il problema in un'ottica positiva, rimarcando il contributo
che una valida etica della scienza può dare alla cultura scientifica, all'umanesimo scientifico, a un
approfondito dialogo fra fede e scienza e a tutti gli aspetti della vita umana. Anche a questo proposito,
tuttavia, occorre rimuovere gli ostacoli frapposti da una tenace e diffusa etica laicista. Benché non sia
condivisa da tutti i laici, essa domina i grandi mezzi d'informazione e condiziona l'opinione pubblica,
gli ambienti scolastici e accademici. I suoi promotori adducono a suo favore fantomatici presupposti
dal "fortissimo contenuto scientifico" e filosofico (E. Scalfari).
Ecco i suoi presupposti: l'anima non esiste; la morale è un sentimento biologico fondato solo
sull'istinto di sopravvivenza e la pulsione di solidarietà della specie; l'istinto è filtrato dall'apparato
mentale individuale. La morale è prodotta dalla mente, attraverso immagini e concetti, come
"sovrastruttura culturale" e cioè "abito con il quale veste e canalizza le pulsioni del corpo"3. Suoi
principi fondamentali sono: il pluralismo morale è un dato indiscutibile; fondamento della morale è
solo l'istinto di sopravvivenza di ogni specie e individuo; doveri e imperativi sono imposti dalla
conformazione della mente; il male è solo il prevalere dell'istinto individuale egoistico sulla
sopravvivenza collettiva della specie; la vita non ha alcun senso; di senso della vita non si deve mai
parlare; è solo un bisogno consolatorio frutto dell'orgoglio luciferino di credersi superiori ad api,
formiche, passeri e fili d'erba; l'uomo ne differisce solo per la forma del cervello e per l'idea di dover
morire; anche la religione e la filosofia nascono così4. Vedremo più avanti l'ascientificità e
l'infondatezza di tali idee5.
2. Errori, lacune, incoerenze
La vulgata etica laicista le asserisce perentoriamente, non come opinioni o ipotesi, ma come
indiscutibili verità scientifiche e filosofiche. Lette attentamente, però, si rivelano un mucchio di idee
eterogenee, attinte a epoche e culture diverse e assemblate a viva forza. La pulsione di solidarietà della
specie, come fondamento unico e originario di etica, filosofia e religione non ha alcuna prova
scientifica o filosofica6. Egualmente acritiche e infondate sono le illazioni che: istinto o pulsione della
specie sono la base di tutto; gli apparati mentali (non meglio precisati) sono i suoi filtri (!?); i principi
morali sono solo sovrastrutture culturali. I termini chiave: sovrastruttura culturale, abito, apparato
mentale, immagini e concetti sono prestiti di ambiti disciplinari molto diversi. Così affastellati
risultano ancora più eterogenei e incoerenti. Anche prescindendo da tali ambiguità e confusioni, i
processi descritti non spiegano nulla perché, se esistessero, sarebbero proprio essi da spiegare. Sono,
comunque, frutto di una serie di errori come: confondere espressioni categoriali di sistemi linguistici
diversi7; attribuire alle scienze naturali la soluzione dei problemi filosofici8; descrivere persone e
azioni umane con linguaggi puramente scientifici. Da un punto di vista antropologico è riduttivo e
arbitrario definire la solidarietà come un puro istinto o una pulsione biologica, ignorandone le
dimensioni umane, sociali, filosofiche, morali e teologiche.
Dal punto di vista scientifico, metodologico, epistemologico ed euristico è scorretto ed errato:
ridurre i fenomeni multicausali e concausali a un'unica causa (monocausali); trasferire principi e
logiche da una disciplina all'altra9. Sotto questi aspetti, l'istinto di sopravvivenza, se dimostrabile,
sarebbe solo una delle cause, ma non l'unica e, ancora meno, il fondamento. Ad esso si oppone
l'esistenza dei valori, essenziali per l'etica, che esigono autenticità e fondamenti adeguati10. Quanto al
pluralismo "indiscutibile", è soggetto a tutte le frammentazioni e dispersioni indicate da J. Maritain
che, per evitarle, propose una ragione analogica, capace di esprimere le sue potenzialità nei contesti
filosofici che valorizzano l'analogia dell'essere, del sapere, dell'agire e del fare. Tale analogia
17
armonizza le filosofie dell'essere, della persona, della conoscenza e dell'azione. Centrata sugli aspetti
profondi della persona, la proposta maritainiana, anziché assolutizzare il pluralismo, tende a comporlo
con la verità. Con ciò autentica il personalismo, rivendica l'irrinunciabile tensione veritativa ed evita
l'enfatizzazione trascendentale del soggetto e la dispersione empirica delle individualità. Essa evita
anche il dilemma fra un personalismo sganciato dal pluralismo, ma astratto, e un pluralismo sganciato
dal personalismo, ma conflittuale11.
3. Tecnicismo come "terza cultura"
Fra gli aspetti più negativi della vulgata etica laicista vi sono i suoi interdetti e censure sul senso
della realtà e della vita. Essa li basa sul presupposto che la vita "deve" essere priva di senso, da cui
ricava altri dogmatismi arbitrari: il discorso sul senso è puramente consolatorio; emerge solo in alcuni
momenti; deriva dall'orgoglio luciferino di credersi superiori al resto della natura; l'uomo differisce
dagli altri esseri solo per la forma del cervello e per sapere di morire. Tutto ciò è la base dell'attuale
tecnicismo, ideologia tecnocratica che ricicla gli errori e le contraddizioni del vecchio scientismo e
nega le esigenze umane col pretesto delle innovazioni tecniche12. Il tecnicismo non nasce dalla
tecnologia, ma dalla cultura che la ispira e che esso, a sua volta, condiziona. È per questo che negli
ultimi decenni tenta d'imporre il suo senso di autosufficienza e di onnipotenza, col pretesto di
rimodellare illimitatamente l'uomo e l'ambiente13. L'aggressivo tecnicismo di biotecnologi e
neurobiologi teorizza il primato assoluto della tecnologia, superando in estremismo pure il vecchio
scientismo14. Suoi valori prioritari sono: la ricerca della novità, la creatività tecnologica e la sintesi
esperienziale.
Si considera la nuova cultura del possibile o delle opportunità, più efficace ed efficiente di quella
umanistica e scientifica, che intende soppiantare15. Suoi dogmatismi di fondo sono: 1) non esiste nulla
fuori dell'universo; 2) l'uomo non ha nulla più degli animali; 3) non vi sono principi etici immutabili;
4) scienze e tecnologie sono totalmente libere da ogni responsabilità. Sono le vecchie idee scientiste,
materialiste e positiviste, negatrici di ogni fine, senso, significato e valore. Al riguardo, già Jaspers e
Heidegger avevano rilevato l'errore di considerare i problemi etici e spirituali ingenui e male
impostati, quindi da affrontare solo in termini tecnoscientifici16. Storici e sociologi hanno però rilevato
quali e quante catastrofi abbiano prodotto, nel XX secolo, le vecchie illusioni di costruire persone e
società migliori, per mezzo di scienze e tecniche17. Hanno anche criticato l'esasperato individualismo,
relativismo e sete di onnipotenza del biotecnologismo, ideologia antiscientifica che mina la
convivenza sociale e pregiudica la sopravvivenza della specie. Vanno superati ripensando
profondamente i significati, i fini e i valori della persona e dell'esistenza umana che vengono prima di
quelli del lavoro tecnoscientifico18. In tale senso si muove pure quel pensiero laico che ha
approfondito il dramma dell'uomo, come unica creatura che rifiuta di essere come è e che rivendica
l'ineliminabile esigenza di un mondo non in-sensato.
4. Critiche laiche all'etica laicista
Camus, ad esempio, dimostrò che la finitezza dell'uomo è assai più insopportabile in un mondo
insensato. Provò pure che l'esigenza di senso non è istinto, né consolazione illusoria o arbitraria, ma
l'interrogativo più universale, radicale, intelligente, ragionevole e razionale che l'uomo possa proporsi.
Per questo è alle origini e al centro delle plurimillenarie tradizioni religiose e sapienziali e alimenta
continuamente la riflessione filosofica e la ricerca scientifica19. Nel capitolo precedente abbiamo visto
come essa motivi anche gli scienziati e i filosofi della scienza. Nel XX secolo, le critiche più valide
alla cultura che aveva prodotto gli orrori dell'olocausto mossero proprio dal problema del senso. Fu la
domanda sul senso a mostrare che illuminismo, progressismo razionalista e ottimismo positivista
hanno sprofondato la ragione negli abissi del non senso, portando l'umanità al pessimismo e alla
disperazione20. La scuola di Francoforte addebitò a tale dialettica: le distorsioni e le deviazioni delle
ideologie che privilegiano l'utile e gli interessi sulle persone; lo scientismo positivista; l'illusione che
la scienza risolva tutti i problemi. Horkheimer e Adorno hanno accusato l'ideologia dei lumi di aver
ridotto la ragione a razionalità strumentale, tecnica logica e formalismo, a tutto vantaggio delle
dittature e dei totalitarismi oppressori.
La sua pretesa di ridurre i grandi valori cristiani entro i limiti della pura ragione e dell'immanenza,
sottraendoli al loro contesto originario, li snaturò e capovolse. Il suo rifiuto del soprannaturale e di
18
ogni trascendenza portò all'irrazionalità e ai mostri della ragione. Privando la libertà, l'eguaglianza e la
giustizia, delle loro aperture verticali, le rese modi di oppressione collettiva. Nell'incredibile orrore e
crudeltà dei campi di sterminio, frutto delle ideologie "razionali" moderne, non l'istinto di
sopravvivenza, ma solo il senso etico e l'immolazione per amore, produssero gli episodi di eroismo
morale e spirituale (V. Frankl). I martiri conosciuti (Massimiliano Kolbe, Edith Stein ecc.) e
innumerevoli sconosciuti testimoniano i livelli di dignità e di grandezza umana che la fede può
suscitare nelle estreme condizioni negative. Espressioni altissime di dignità interiore emergono pure
dove fede o religiosità sembrerebbero assenti21. A. Camus forgiò la bellissima formula: "essere più
giusti della condizione più ingiusta che viene imposta". Questa possibilità significativa e misteriosa,
difesa da un uomo rigorosamente laico, confuta ogni pretesa della vulgata etica laicista e della cultura
tecnicista di ridurre la morale umana a puro biologismo etico, mero istinto di sopravvivenza o, peggio
ancora, di fondarla sul non-senso dell'esistenza umana22.
5. Pensiero laico: limiti e incoerenze
Il principio laico che l'uomo differisca dagli altri esseri solo perché sa di morire è confutato da laici
rigorosi e insospettabili. E. Morin rileva come l'uomo, oltre a sapere di dover morire, sia pure l'unico a
credere nella vita oltre la morte23. Altri notano che la lista di ciò che l'uomo sa è immensamente ricca:
sa di sapere e di non sapere; sa di pensare e di saper pensare; sa riconoscere i propri e gli altrui errori;
sa fare; sa di saper fare; sa distinguere fra fare, poter fare e dover fare e i loro opposti; sa pensare e
organizzare il suo futuro, in cui e di cui in buona parte vive. Vedremo ciò al capitolo decimo. Sui
misteri e i problemi del conoscere, l'intelligenza umana si affanna da secoli senza esaurirli. Nessuno,
quindi può ignorare quanto elaborarono l'illuminismo, l'idealismo, il positivismo e il neopositivismo.
Anche le analisi empiriche e lo studio induttivo della materia esprimono gli incessanti tentativi di
risolvere i problemi legati al significato del mondo e della persona. Malgrado ciò, la vulgata etica
laicista e la cultura tecnicista negano ogni differenza sostanziale fra natura e uomo e riducono
coscienza e pensiero a fenomeni puramente materiali e biologici. Negando i fenomeni spirituali non
fanno altro che riciclare le contraddizioni dei vecchi monismi materialisti e le decrepite divinizzazioni
del mondo e della materia24.
Le scienze moderne, però, non consentono tali interpretazioni magiche o sacralizzanti del mondo.
Al riguardo, il pensiero laico, lucido e aperto denuncia apertamente le "ipocrisie" della vulgata etica
laicista, fra le quali: dire di non sapere che cos'è l'uomo e difenderne perentoriamente la dignità; dire
di non sapere che cos'è la natura, ma difendere in modo intransigente l'ambiente; dire di non sapere
che cos'è la vita e indignarsi per la pena di morte; non prendere posizione sulla questione di Dio, ma
non lesinare riconoscimenti e meriti a certe tradizioni religiose. Riconosce, inoltre, che il canone
metodologico laico: "anche se Dio non esistesse", rimuovendo gli interrogativi maggiori e decisivi,
non consente alcun dialogo critico. La verità del vangelo, col suo invito al "giudicate voi stessi",
valorizza veramente le evidenze disponibili a tutti. La cultura laica, invece, fa appello a un'etica
razionale che non esiste. L'evidenza morale, infatti, non si deduce dalla ragione, ma nasce
dall'esperienza di "prossimità" degli esseri umani e dalle attese suscitate dalla presenza dell'altro 25.
Viene stigmatizzata, infine, l'incoerenza laicista, che professa incertezza su tutto, per elevare poi
tale incertezza a dogma indiscutibile e assoluto26. Queste incongruenze la portano all'assurda pretesa
che: "la mente umana, se sente il bisogno di Dio, non può pensarlo che come legge; il resto è fantareligione"27. Invischiata in un labirinto di dogmatismi, negazioni, incoerenze e inconsistenze, la
vulgata etica laicista non riesce più a capire né l'etica, né la religione, né la fede. Non può neppure
impostare correttamente i rapporti fra laicità, libertà e verità. Il suo pensiero "forte" illuminista e la sua
razionalità "liberatrice" non evitarono gli assurdi e gli orrori del XX secolo. Il pensiero "debole"
postmoderno la costringe a un'irrazionalità inconcludente. F. Cardini, al riguardo, nota acutamente: "il
mondo laico non è riuscito ad elaborare nulla di diametralmente opposto al cristianesimo. Bolscevismo
e nazionalsocialismo sono falliti28. Come valida alternativa, il pensiero maritainiano suggerisce una
rilettura critica della modernità che, evitando gli anacronismi del premoderno, gli errori del moderno e
le insufficienze del postmoderno, sia ultramoderna.
L'analogia maritainiana che, come abbiamo visto, aiuta a non assolutizzare il pluralismo,
conciliandolo con l'irrinunciabile tensione veritativa, può pure aiutare a superare le verità impazzite
della modernità, conservandone i guadagni, in un contesto libero da ambiguità secolari e sacrali. Essa
19
potrebbe risolvere le tensioni dell'etica fra: scienza e sapienza, essenza ed esistenza, diritti umani e
legge naturale, persona e sviluppo, arte e bellezza, cristianesimo e cultura. Potrebbe aiutare a cercare
una libertà senza individualismi, distinguendo fra libertà di scelta, libertà di realizzazione e
connessione fra libertà e verità. Il personalismo centrato sulla relazionalità della persona verso se
stessa, gli altri (persone), l'altro (natura) e l'Altro (Dio) sostiene le dimensioni fondamentali della
persona: interiorità, relazionalità, socialità, laboriosità, religiosità ecc., che consentono di vedere la
vita e l'etica come responsabilità verso la propria vocazione personale, comunitaria, spirituale e
attiva29. Sarebbe un banco di prova valido per ogni coscienza, anche quella laica.
6. Pensiero laico: nuove aperture
La vulgata etica laicista intreccia ambiguità, riduzioni, lacune ed errori su vita umana, persone,
fede, religione ed etica. Ciò le nasconde la realtà e il suo senso30. Di qui i suoi contrasti insuperabili,
soggettivismo, assenza di punti di riferimento e di schemi interpretativi condivisi31. In tale contesto il
pluralismo non è una soluzione ma un problema in più. La cultura tecnicista, priva di valide proposte
di senso e di adeguati criteri di valutazione, è incapace di gestire correttamente la crescita esponenziale
di conoscenze e innovazioni. Le potenzialità tecnoscientifiche, quindi, sono sempre più orientate allo
sfruttamento economico e al dominio politico-sociale, contrari alle autentiche esigenze umane. Ciò
continua a creare bisogni artificiali costosi, che aumentano le difficoltà, i disagi, gli squilibri e
l'insoddisfazione di persone, società e culture. L'uomo sente la propria identità ed equilibrio sempre
più minacciati dall'effimero, l'inutile e il banale che produce32.
Se la vulgata etica laicista continua a negare assoluto e trascendente, a eliminare fini, sensi,
significati e valori e interpretare ogni realtà in termini di puro naturalismo e biologismo non risolverà,
ma peggiorerà i problemi di fondo, sprofondando nel temuto indifferentismo, lassismo, immoralismo e
nichilismo. Non può illudersi, quindi, di sottrarre l'impegno tecnoscientifico all'erosione e alla perdita
dell'integrità. L'etica adeguata all'attuale crescita di esigenze e di aspettative mondiali deve porre
l'uomo di fronte alla realtà e ai propri limiti, al suo essere e dover essere, convincerne l'intelligenza,
motivarne la volontà, infondergli speranza. Perché ogni persona possa realizzarsi nell'amore e nel
dono, le si deve offrire il Bene assoluto, il Fine ultimo e la Speranza trascendente. Solo essi fondano i
sensi, i fini, i significati e i valori. Solo essi orientano e sostengono nelle più diverse o avverse
situazioni del mondo e della storia.
1
G. Gismondi, Etica fondamentale della scienza, Cittadella, Assisi 1997.
2
S. Coyaud, "Etica e ricerca: denunce da 'Science' e 'Nature'", in Il Sole – 24 Ore, 16.9.2001, X.
3
R. Righetto (a cura), "Intervista: G. Reale mette a nudo le tesi del direttore di La Repubblica", Avvenire,
28.1.1996, 20; Id., "Disputa sulla morale", ib., 19.
4
E. Scalfari, "Caro vescovo, le parlo dal mondo dei non credenti", La Repubblica, 24.1.1996, 31.
5
Vedi i capitoli 7, 8, 9, 10.
6
E. Runggaldier, Philosophie der Esoterik, Kohlhammer, Stuttgart 1996; Id., "Il naturalismo filosofico
contemporaneo e le sue implicazioni antropologiche", La Civiltà Cattolica, 152 (2001) III, 142, 144.
7
G. Ryle, Dilemmi, Ubaldini, Roma 1968; cf. Runggaldier, "Il naturalismo filosofico", cit., 145.
8
G. Galeazzi, "Promesse della scienza e istanze dell'etica", L'Osservatore Romano, 2.3.2001, 3.
9
Approfondiremo questi punti nel capitolo 10.
10
G. Reale, "Disputa sulla morale. La maschera dell'ateo non sta in piedi" e "Intervista", Avvenire, 28.1.1996,
19-20.
11
G. Galeazzi, "Verità e pluralismo", "Persiste l'esigenza del 'vero fuoco nuovo'", L'Osservatore Romano,
8.12.1995, 3.
12
G. Gismondi, Cultura tecnologica e speranza cristiana, Àncora, Milano 1995, 100-101, 103-105.
13
I. Wilmut, K, Campbell, C. Tudge, The Second Creation. The Age of Biological Control, London 2000.
14
G. Galeazzi, "Promesse della scienza e istanze dell'etica", L'Osservatore Romano, 2-3.11.2001, 3.
20
15
J. Brockman, The Third Culture, Beyond the Scientific Revolution, New York 1995; K. Kelly, "The Third
Culture", in Science, 1998, 992-993.
16
17
Gismondi, Cultura tecnologica e speranza cristiana, cit., 126-127.
B. Latour, "From the World of Science to the World of Research", in Science, 1998, 208, 280.
18
J. Rifkin, Il secolo biotech, Milano 1998.
19
P. Flores D'Arcais, "C'è un uomo in rivolta contro il mondo dell'assurdo", La Repubblica, 30.1.1996, 27.
20
Fides et Ratio 91.
21
A. Rigobello, "Quell'illuminismo distorto che ha sprofondato l'uomo nell'abisso del non senso",
L'Osservatore Romano, 29-30. 9. 1997.
22
A. Rigobello, "Il male nel pensiero contemporaneo", in A. Pieretti (a cura), Giobbe: il problema del male
nel pensiero contemporaneo, Cittadella, Assisi 1996, 196: Anche per Camus il limite è insuperabile e ha valenza
ontologica, si tratta dell'assurdo rapporto fra due realtà per sé positive: l'uomo e il mondo. Di fonte a questo
assurdo, però, Camus non disperde la soggettività nell'apertura estatica, ma l'afferma vivacemente come
coscienza morale: all'uomo è toccata una condizione ingiusta, la rivolta morale di fronte ad essa c'impone di
essere più giusti dell'ingiusta condizione in cui ci troviamo a vivere.
23
E. Morin, "Introduction aux journées thématiques", in E. Morin (a cura), Relier les connaissances. Le défi
du XXI siècle [RLC], Ed. du Seuil, Paris 1999, 10-11.
24
D. Veneruso, "Il percorso del pensiero idealistico da Hegel a Gentile e Croce", L'Osservatore Romano,
16.10.1994, 3.
25
G. Angelini, "Laici, avete troppa ragione", in Avvenire, 29.4.2000, 22, (commento alla critica all'etica laica
di G. Rusconi, La Stampa, 25.4.2000).
26
M. Cecchetti, "Garelli: ma il credente difende i valori di tutti", in Avvenire, 29.4.2000, 22: il giudizio dei
cattolici, improntato a principi che determinano una certa visione del mondo, non comporta alcun fideismo.
27
E. Scalfari, "Ma Giobbe maledisse i capricci del Signore", La Repubblica, 15.1.1993. L'autore ignora che
per la Rivelazione e fede biblico-cristiana: Dio è Amore (1Gv 4,8); crea liberamente, gratuitamente e per puro
amore; sostiene e salva tutto ciò che è contingente, precario, relativo, soggetto a mutamento e morte.
28
"Credenti e non credenti: lo smarrimento annulla le differenze?", Avvenire, 28.12.1995, 17.
29
Galeazzi, "Verità e pluralismo", cit., 3.
30
G. Rossi, "La teologia morale in un mondo che cambia", La Civiltà Cattolica, 152 (2001), III, 213-223.
31
Veritatis Splendor 32.
32
Fides et Ratio 47.
21
CAPITOLO 5. SCIENZA E CULTURA OGGI: LA VISIONE CRISTIANA
1. Un nuovo pensiero scientifico
Dopo aver esaminato i diversi pareri del pensiero laico sulla scienza, presentiamo la visione
cristiana dei rapporti fra scienza e cultura, alla luce dei profondi mutamenti avvenuti, nel secolo XX,
nelle scienze e nella riflessione critica su di esse. Abbiamo già visto che la ricerca offre immagini
limitate e descrizioni parziali e provvisorie della natura. Ora aggiungiamo che il suo oggetto non è la
realtà in sé, ma relativa al modo di indagarla. La scienza, quindi, non esprime l'universo in sé, ma il
nostro rapporto con esso. La conoscenza scientifica è solo una semplice interfaccia tra noi, i nostri
modi di pensare la natura e i nostri metodi di agire su di essa1. Poiché metodo e oggetto sono
inseparabili, ogni intervento scientifico modifica l'oggetto delle ricerche. Per questo si parla sempre
meno di verità scientifiche e sempre più di conoscenze, che non sono mai definitive né esaurienti,
perché vincolate e condizionate dalle scelte della ricerca.
Le verifiche non provano la verità ma la correttezza dei procedimenti seguiti che, però, non ne
escludono altri. K. Popper mostrò che una teoria è scientifica solo se può essere dimostrata falsa dalle
successive ricerche. T. Kuhn rilevò che un modello della realtà (paradigma) vale fino a quando non sia
invalidato da eccezioni e contraddizioni che ne esigono un altro. Questo modo di vedere la scienza
sconcertò molti, spingendoli al relativismo e allo scetticismo. Molto opportunamente, quindi, Fides et
Ratio osserva che la precarietà e la provvisorietà di una conoscenza non ne sopprimono la verità,
perché una verità è sempre tale. Ciò valorizza l'inesauribile vitalità positiva delle scienze e spinge a
sempre nuove ricerche. Indica pure che interpretazioni discordanti tra scienza e pensiero cristiano non
inficiano né l'una né l'altro, ma spingono a ulteriori ricerche, riflessioni e approfondimenti benefici per
entrambi.
Il riconoscimento della parzialità e provvisorietà del sapere scientifico consente di valorizzare
anche gli altri approcci conoscitivi e ad apprezzare, assieme alle esigenze scientifiche, quelle
esistenziali, filosofiche, spirituali, religiose ed etiche. Oggi, il superamento delle preclusioni,
restrizioni, semplificazioni e riduzioni attuate in nome della scienza consente di elaborare un'autentica
cultura scientifica. Questo nuovo orizzonte umano delle scienze, tuttavia, esige dagli operatori
scientifici e culturali di: rispettare l'onestà mentale e professionale; evitare i dogmatismi naturalisti e
gli ideologismi materialisti; non attribuire assolutezza alle loro rappresentazioni ipotetiche e operative;
non ostentare ottimistiche ma inconsistenti sicurezze; riconoscere che ciò che non sanno è molto più di
quanto sanno. Tali comportamenti sono essenziali e confermano un principio chiave dell'umanesimo
scientifico: la struttura del sapere scientifico è un grande atto di fede e di volontà nei compiti della
ricerca, poiché nessun operatore scientifico sa mai, prima, quel che gli riserva il futuro2. Tale principio
aiuta ad approfondire i problemi etici della scienza e le finalità della ricerca3. Vi ritorneremo nel
prossimo capitolo.
2. Scienza e fede: sfide e collaborazioni
Questa nuova visione critica della scienza, agli antipodi del vecchio pensiero scientista, consente
un dialogo fra fede, filosofia e scienza volto ad armonizzare il servizio alla verità e alla vita, proprio
della scienza, col servizio alla verità e alla vita, proprio degli altri saperi. Scienza e filosofia possono
aiutare la fede che, a sua volta, può aiutare scienza e filosofia. Il fine è di evitare o superare:
interpretazioni erronee o superstiziose; dogmatismi e ideologie materialiste e naturaliste; negazioni di
fini, senso, valori e significati; tentazioni di elevare ricerca e scienze a idoli4. Il superamento di questi
elementi, che minacciano la dignità e la vita della persona umana, è decisivo per il mondo attuale. Fine
e ruolo di un attuale dialogo fra fede e scienza è far sì che i continui progressi delle discipline
tecnoscientifiche contribuiscano ad accrescere il patrimonio culturale di un'umanità che aspira a
maggior verità, fraternità e solidarietà5. L'impegno tecnoscientifico, con le sue analisi, con i suoi arditi
tentativi di sintesi e con le sue ricerche innovative, segna profondamente il pensiero e la mentalità
contemporanei e sviluppa le capacità intellettuali e il talento operativo.
Esso va dunque orientato ad accrescere le doti morali e spirituali, poiché valori come la lunga
applicazione, l'austera ascesi della mente e l'onestà personale gli sono intrinseci. I come e perché che
solleva spingono a chiarire sempre più il significato delle conoscenze scientifiche e i loro rapporti con
22
la persona, con la vita e con l'intelligenza umana. Il sapere che emerge dalle molteplici ricerche esige
analisi, interpretazione e, soprattutto, una sempre rinnovata legittimazione razionale, morale e sociale.
Ogni scienza deve interrogarsi continuamente su se stessa, il suo significato, i suoi fini e i suoi rapporti
con la verità e con gli altri saperi. La cultura attuale, incline a deviazioni antiscientifiche e irrazionali,
necessita di conoscenze valide e legittime. Il pensiero cristiano, sostenendo che la verità esiste e che la
ragione, nonostante i suoi limiti e le sue possibilità di errore, può conoscerla, svolge un ruolo positivo
fondamentale. Il senso della verità, infatti, è necessario per tutelare la libertà, la giustizia e dignità
delle persone, delle culture e della società. Ne difende, quindi, l'avvenire6.
La fede cristiana annuncia che l'uomo è capace di accogliere tutta la verità e che ogni autentica
ricerca della verità converge alla gloria del Creatore, che è la Verità e la luce suprema per tutti gli
uomini. Per questo pone l'accento sulla responsabilità morale degli uomini di scienza verso la pace, la
crescita storica e sociale dei popoli, lo sviluppo delle culture, la salvaguardia dell'ambiente e del
creato. Il continuo invito al dialogo e alla responsabilità nasce dalla consapevolezza delle dimensioni
filosofiche, etiche e teologiche dell'impegno scientifico, sempre legato alle esigenze de: lo sviluppo, la
pace, l'ambiente, l'alimentazione, la qualità della vita, la bioetica, la salute, il senso della morte, i
rapporti fra scienza e cultura, le conseguenze della ricerca a fini di guerra, ecc. L'esigenza di
armonizzare ricerche, studi specializzati e dialogo fra i saperi deriva dalla consapevolezza che la
scienza e la religione sono forze vive, essenziali alla soluzione dei problemi posti dallo sviluppo
integrale. Un impegno tecnoscientifico orientato al servizio dell'uomo fa sì che i desideri di libertà e di
dignità e la volontà di rendere la terra più abitabile, fertile e fraterna non siano più utopie. Solo una
cultura che riconosca il vero fine dell'uomo può sviluppare e orientare un impegno tecnoscientifico al
suo servizio7.
3. Dimensione scientifica e sapienziale
Il pensiero cristiano sottolinea le molteplici espressioni dell'intelligenza: sapienza, saggezza,
ragionevolezza, filosofia, etica ecc., che possono correggere e integrare i limiti, unilateralità e
frammentarietà del sapere scientifico. Esse sono indispensabili per orientare le sempre nuove teorie e
ipotesi sul mondo, la vita e l'uomo, verso una possibile ricerca di senso, anziché favorire solo dubbi,
negazioni, scetticismo, indifferenza e nichilismo8. Negare ogni senso, rinunciare a ogni domanda su di
esso, chiedersi se ha ancora senso interrogarsi sul senso, significa chiudere la ragione in se stessa,
ripiegarla su funzioni puramente strumentali e, in definitiva, vanificarla. La ragione strumentale,
avulsa da ogni ricerca della verità, diviene succube di un potere tecnoscientifico votato a fini
meramente utilitaristici, disumani e potenzialmente distruttori. La dimensione sapienziale del pensiero
è necessaria per evitare tali esiti. Essa aiuta gli operatori scientifici a trascendere, come persone, i
limiti delle loro specializzazioni, per aprirsi alle dimensioni globali della ricerca, facendosi carico dei
problemi umani ed etici, dei fini, della fondatezza, dei valori e dei limiti del loro sapere. Ciò comporta
le coscienza dei valori ultimi e il riconoscimento del senso integrale della persona.
La filosofia come saggezza racchiude già un inizio di sapienza, capace di superare alcuni limiti del
pensiero: il fenomenismo imprigionato nei dati empirici, lo scientismo chiuso nell'idolatria delle
scienze e il pragmatismo privo di sensibilità etica. La sapienza, tuttavia, raggiunge il vero fine ultimo
dell'uomo e dell'umanità, mediante la Rivelazione. Questa offre riferimenti e orientamenti che
pongono l'intelligenza e la ricerca in un contesto di verità integrale, mostrando il rapporto che unisce
libertà e verità. Indica, quindi, agli uomini di scienza, che il fine ultimo del conoscere e dell'agire
tecnoscientifico non si riduce al dominio illimitato della natura, in una prospettiva di pura immanenza.
Consiste, invece, in una sapienza, che unisce l'intelligenza e l'amore nel servire tutta la creazione,
partecipando alla perfezione creatrice divina. La sintonia fra la legge evangelica, morale e naturale
consente di agire in modo conforme al fine ultimo dell'esistenza. Invita (vocazione) lo scienziato a
orientare scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche al vero fine dell'uomo, alla pace e alla
fraternità9.
4. Rapporti fra fede, scienze, filosofia, teologia
Così intesi, i rapporti fra scienze, filosofia, etica e teologia sono determinanti per orientare
l'impegno tecnoscientifico a giuste scelte e decisioni socioculturali. Chiesa, istituzioni scientifiche e
strutture accademiche, quindi, devono andare oltre le incomprensioni passate che hanno offuscato i
23
loro rapporti e superare ogni separazione, isolamento e ostilità. La situazione attuale, per certi aspetti è
capovolta. Oggi le maggiori accuse d'incoerenza intellettuale, assenza di valori, chiusura e
incomprensione, sono indirizzate al mondo tecnoscientifico. Alla comunità tecnoscientifica e
accademica si addebita di: separare la verità dai valori e la cultura tecnoscientifica da quella
umanistica; non perseguire ciò che è importante per il progresso di tutti; non operare per una maggiore
unità; non valorizzare la diversità ma omologare e omogeneizzare. Al mondo tecnoscientifico viene
richiesto un salto di qualità, che non può venire solo dal suo interno, ma esige il dialogo e la
collaborazione di tutte le forze culturali. Le discipline scientifiche, ad esempio, fanno conoscere i
componenti animati e inanimati dell'universo, i loro intricati processi, le loro complesse strutture e le
loro relazioni. Non possono, però, valorizzarli, per ricavarne una più profonda comprensione
dell'uomo e del suo ruolo unico nella creazione.
Questa elaborazione supera le loro competenze, capacità e metodi. Spetta agli altri saperi, dai quali
l'ottengono dialogando. Le tecnologie costruiscono tutto ciò che occorre per vivere, investigare,
viaggiare, comunicare, curare ecc. Da sole, però, non sanno scegliere e decidere ciò che migliora,
peggiora o distrugge le persone, l'umanità e l'ambiente. Ciò supera le loro competenze, capacità e
metodi. Devono rivolgersi agli altri saperi, dialogare con i diversi corpi sociali e con il potere politico.
Non vanno sottovalutati, quindi, i desideri e le esigenze di convergenza emergenti nei diversi ambiti
disciplinari. I fisici cercano l'unificazione di tutte le forze, inclusa la gravità. I biologi molecolari
indagano come tutti gli organismi terrestri si basino sulle stesse componenti dei geni e proteine da essi
codificate. Sociologi e psicologi rilevano le esigenze di mutua comprensione e l'esistenza d'interessi
comuni. Sono indici di un nuovo orizzonte culturale, nel quale il dialogo fra saperi può: integrare
prospettive e visioni unilaterali; cercare basi comuni alle diverse discipline; chiarire competenze e
limiti reciproci; approfondire la comprensione dei diversi punti di vista.
In questo contesto è possibile dialogare sull'identità dell'uomo e chiedersi dove stia andando
l'umanità, lasciando affiorare, in modo sempre più ampio e a livelli sempre più profondi, le domande
d'importanza vitale, che emergono dal centro e ai confini dell'impegno tecnoscientifico, esigendo un
interscambio fra scienza, filosofia, religione ed etica. In tale confronto, scienza e religione non sono il
presupposto l'una dell'altra. La religione non si fonda sulla scienza, né la scienza è un'estensione della
religione. Entrambe hanno origini, principi, modi di procedere e conclusioni propri e diversi.
Rispettando la propria diversità potranno affrontare insieme i reciproci interrogativi più importanti,
quali: sanno i rappresentanti delle scienze e delle religioni valorizzare culturalmente e religiosamente
le acquisizioni frammentarie e provvisorie del sapere scientifico? sono disponibili le comunità
scientifiche e le grandi religioni a costruire insieme una cultura scientifica più umana e aperta ai
"perenni interrogativi sempre attuali"? intendono religioni e comunità scientifiche dialogare
sistematicamente e in profondità per progredire nella comprensione e nel rispetto delle loro autonomie
e distinzioni? come si può completare la creazione, rispettando la sua fragile bontà, bellezza e vita, per
vincere ogni forza di dissoluzione e morte?
5. Dialogo fra saperi e compiti della fede
Tutti i saperi possono contribuire a ricavare, dal caos dei dati, una comprensione umanistica e
culturale comune. Il sapere scientifico ne esprime i modelli e le strutture intelligibili. Il sapere
filosofico, le colloca in un contesto di comprensione umanistica e culturale più ampia ed elevata.
L'etica, la spiritualità e la religione orientano tale comprensione ai significati più elevati e al loro senso
globale. Fede e pensiero cristiano trovano qui molteplici compiti. Il primo è orientare questi
insostituibili coefficienti di cultura al rispetto della dignità, della libertà e della responsabilità di
persone e di comunità e all'autenticità e alla verità delle culture. Il secondo compito è l'impegno
affinché le acquisizioni scientifiche e le innovazioni tecnologiche arricchiscano il patrimonio culturale
dell'umanità. Terzo compito è verificare: l'attendibilità umana dell'intelligenza scientifica della natura;
il significato dei problemi sollevati; il valore antropologico delle loro soluzioni. Il quarto è vedere la
ricerca scientifica e la riflessione filosofica come segni dei tempi da vagliare per esplicitare le
potenzialità della fede cristiana.
Sono impegni difficili ma essenziali. Dal capitolo settimo al decimo vedremo i numerosi spunti di
riflessione culturale e umanistica offerti dalle scienze contemporanee: cosmologia, astrofisica, scienze
della Terra, scienze della vita e scienze dell'uomo. Essi s'incrociano positivamente con molti temi
24
significativi della fede, quali: presente e futuro della creazione; antropologia teologica; significato
della persona umana come immagine di Dio; implicazioni cristologiche ed escatologiche
dell'immensità, complessità e futuro dell'universo. Si tratta di nuove sfide che stimolano la fede
cristiana ad approfondire sempre più il senso e valore ultimo della realtà, per valorizzare le
potenzialità umanistiche e culturali delle nuove scoperte. Teologia e pensiero cristiano dovranno
orientare gli operatori scientifici e culturali a una più ampia e corretta comprensione delle realtà prime
ed ultime. A questo fine si dovranno compiere alcuni passi.
Il primo passo è riconoscere che le conoscenze scientifiche non possono sostituire né accantonare
le riflessioni filosofiche e teologiche. Il secondo è valutare criticamente il proprio lavoro, con
equilibrio, senza fretta né superficialità. Il terzo passo è accettare le responsabilità morali inerenti alla
propria persona e alla propria attività professionale tecnoscientifica. Compiendo insieme questi passi,
la fede può purificare l'impegno scientifico dalle idolatrie e dai falsi "assoluti", illuminarlo sul senso, il
valore e la dignità della persona e della sua vita e orientarne le decisioni e le scelte etiche. La scienza
può purificare la religione da errori, superstizioni, conoscenze obsolete o inadeguate. Tale
collaborazione valorizza la loro reciproca identità e autenticità, evita che la fede scada in
pseudoscienza e la scienza degeneri in teologia inconscia10. Gli aspetti etico-morali di questi impegni
saranno approfonditi nel prossimo capitolo.
1
W. Heisenberg, Natura e fisica moderna, Milano 1957, 20, 24-25.
2
Heisenberg, Natura e fisica moderna, cit., 54-55; E. Cantore, L'uomo scientifico. Il significato umanistico
della scienza, EDB, Bologna 1988; G. Gismondi, Umanesimo scientifico e pensiero cristiano, IPAG, Rovigo
1982.
3
A. Rigobello, "Quel limite 'verticale' che apre gli orizzonti della scienza", L'Osservatore Romano,
25.5.2000, 3.
4
G. Nicolò, "Rafforzare il fecondo rapporto tra fede e scienza", L'Osservatore Romano, 25.5.2000, 4.
5
Gaudium et Spes 53.
6
Ex Corde Ecclesiae 4.
7
Ex Corde Ecclesiae 7; Giovanni Paolo II, "Discorso alla plenaria della Pontificia Accademia delle scienze",
29.10.1990, L'Osservatore Romano, 29-30.10.1990, 7.
8
Fides et Ratio 81.
9
G. Cottier, "L'esigenza di riscoprire la dimensione sapienziale", L'Osservatore Romano, 25.5.2000, 3.
10
Giovanni Paolo II, "Lettera al Direttore della Specola Vaticana", 1.6.1988, L'Osservatore Romano,
26.10.1988, 7.
25
CAPITOLO 6. VISIONE CRISTIANA: SCIENZA ED ETICA OGGI
Nei capitoli precedenti abbiamo visto che le concezioni scientiste, tecniciste e laiciste, che riducono
l'uomo a mera materialità naturale e lo pongono al livello di ogni altra specie, hanno dato esiti
disastrosi. Abbiamo visto pure la necessità di superare tali visioni mediante una nuova cultura
dell'impegno tecnoscientifico, che esprima le vere finalità e i valori della ricerca scientifica e
dell'innovazione tecnologica, e ne orienti eticamente le scelte. Abbiamo visto, infine, che gli errori del
tecnicismo attuale continuano e accentuano quelli scientisti.
1. Fine dello scientismo e rilancio del tecnicismo
Essi sono emersi maggiormente negli ultimi decenni del 1900, col declino dello scientismo. Ci
soffermeremo solo su alcuni esempi più significativi. Alla fine degli anni '80, il premio Nobel J.
Lederberg criticò alcuni aspetti del progetto di mappatura del genoma umano, troppo tecnologici,
ascientifici e non esenti da errori. Biasimò pure l'aspetto imprenditoriale troppo centralizzato, i
finanziamenti enormi (mille miliardi di dollari di allora), la loro erogazione a pochi centri. Riteneva
che ciò impediva o scoraggiava l'impegno scientifico per ricerche più essenziali. Proponeva, quindi, di
ripensarne le premesse e studiare modi più validi e meno costosi, poiché non si sapeva se il genoma
individuale resti costante in tutte le sue cellule, a parte quelle germinali. Giudicava, infine, false le sue
premesse e ingiusto "venderlo" come l'ultima parola in bio-medicina1.
Negli anni '90 il tecnicismo riprese le idee che la scienza produce solo conoscenze buone e che solo
gli altri le usano male, per applicarle alla tecnica "produttrice" solo di strumenti buoni. Fu facile
mostrare che in tutto il secolo XX l'impresa tecnoscientifica aveva addestrato schiere di ricercatori
professionali, fisici, chimici, biologi, ecc., e costruito centri di ricerca, laboratori, università ecc., per
creare il mortifero arsenale Atomico, Biologico, Chimico. Le scienze e le tecnologie più avanzate
rinnovano continuamente il magazzino mondiale degli orrori, loro opera integrale: gas asfissianti, armi
che bruciano, straziano e infettano i corpi, fanno piangere e impazzire; esplosivi sempre più potenti e
sofisticati; bombe all'uranio, plutonio, napalm, defolianti, propellenti per missili ecc. Per celebrare i
loro trionfi, scientismo e tecnicismo si rifiutano di rallentare ricerche e innovazioni e accettano laute
ordinazioni belliche2.
Molti operatori scientifici hanno negato la condizione umana degli embrioni umani, per poterli
manipolare e sfruttare liberamente, inventando la cosiddetta fase o periodo "preembrionale" (14 giorni
dal concepimento). Non volendo ostacoli, insisterono che spettava solo alla scienza pronunciarsi su di
essa. Altri uomini di scienza, alla fine, dimostrarono che tale fase non è mai esistita, è solo un'opinione
del tutto infondata scientificamente, ma economicamente assai remunerativa. Ritornava valido il
principio etico che nessun motivo (progresso scientifico, sviluppo economico, aspettative di salute
ecc.), ideologia e logica parziale può prevalere sulla dignità dell'essere umano. La vita umana va
tutelata dall'inizio alla fine con adeguate norme giuridiche, rifiutando ogni rischio di eliminarla3.
Un altro esempio recente è il tentativo di alcuni neurobiologi di fondare una neurofilosofia della
persona, naturalistica, omologata ai risultati delle scienze, negatrice di realtà e concetti fondamentali
come: sostanza, identità personale, ecc. Escludono che un soggetto perduri nel tempo con la propria
identità e che si possano distinguere le azioni intenzionali e responsabili dai semplici comportamenti.
Negando alla ragione umana l'intenzionalità, ossia la facoltà dell'universale che si esprime nella
volontà, essi eliminano ogni ragionevolezza pratica e la stessa possibilità di conoscere per agire4.
Questi pochi esempi, scelti fra molti altri, sono sufficienti per capire che il nuovo tecnicismo
riproduce, peggiorandoli, gli errori del vecchio scientismo. Nel capitolo quarto si è visto che l'etica
laicista li adotta e fa propri a tutti gli effetti.
2. Etica laica e cristiana: difficoltà di un dialogo
Di fronte a questi fatti è giusto chiedersi se sia possibile un vero dialogo fra visione cristiana e
laica, soprattutto in campo etico. Fra i contenuti fondamentali della fede cristiana vi è la condizione
spirituale, che rende la persona umana, unica e irripetibile. Vi è il fine dell'esistenza cristiana e il
valore supremo dell'etica, come amore totale, assoluto e illimitato a Dio, che spinge a immolare la
propria vita anche per i nemici. Un'esigenza morale così ampia e intensa esige un fondamento
adeguato, che solo la grazia e la fede in Cristo possono dare. La cultura attuale, però, in particolare
26
laica, non accetta il discorso sul fondamento, inteso come struttura ineliminabile di ogni essere e
pensiero. Il fondamento adeguato di ogni realtà, e di se stessi, diviene così il problema essenziale per
ogni persona. L'esperienza mostra che vi è una totale diversità fra porre o no Dio a fondamento
dell'etica. Per chi non crede o non accetta alcun fondamento, tutto si relativizza in un'etica
dell'indifferenza. Dal secolo XVIII a oggi, una prima conferma venne dall'individualismo
liberale/liberista, sempre più teso al puro egoismo e più volte sfociato in esso (R. Bodei).
Nel secolo XX un'altra conferma è venuta dall'etica laica che, allontanatasi dai valori cristiani,
inaridì progressivamente tutte le ricchezze etiche dell'affettività, della sessualità, della famiglia, dei
rapporti privati, della vita pubblica ecc. Ciò ha reso evidente che la morale laica del: "anche se o come
se" Dio non esistesse è del tutto inefficace e impotente. La mancanza di ogni fondazione veritativa
mostra l'inautenticità delle sue proposte, che hanno impoverito l'etica pubblica e privata e impedito di
educare uomini veramente etici e maturi. I suoi fallimenti confermano che solo la verità e l'etica
cristiana possono riscattare ciò che è negativo e fondare etiche civili capaci di rigenerare la società
civile e politica (C. Ruini). Le etiche laiche, inoltre, razionalistiche e ideologiche, sono molto lontane
dalla realtà. Non possono sanare le morali infelici, intrise di violenza e avidità, come quelle del sangue
e della roba espresse da individui, gruppi, famiglie, categorie ecc. (G. Rumi). Ciò spiega l'alienazione
e il disorientamento che invadono le società secolarizzate, rendendole sempre più incapaci di tutelare
la dignità inalienabile della persona, della vita e della libertà.
Ecco perché occorrono etiche "alte", adeguate al contesto autentico della persona umana (D.
Rosen)5. L'etica cristiana, quindi, deve esigere che il mondo laico riconosca il primato costitutivo delle
persone, soggetti spirituali aperti alla realtà universale. Deve pure esigere che le etiche della
convinzione e della responsabilità riconoscano la relazione della libertà personale, con la libertà
ontologica reale, che si richiama a una libertà originaria. Se si prescinde da tale relazione positiva non
si può attuare alcuna libertà effettiva. Ciò rende irrinunciabile la dimensione inscindibilmente
personale e comunitaria della persona, con tutte le sue implicazioni ed esigenze. A tal fine, cultura ed
etica cattolica devono approfondire la grande tradizione metafisica, nel contesto della libertà dei
soggetti6. Cultura ed etica laica, avendo rifiutato tale tradizione e non avendo avanzato proposte
complessive di senso, incontrano le maggiori difficoltà oggettive per superare i dogmatismi atei, i
postulati irreligiosi e i pregiudizi contro la fede (V. Possenti).
3. Etica laica: aperture e istanze positive
Abbiamo già sottolineato che alcuni laici non condividono lo scientismo e il tecnicismo e temono
l'immoralismo e il nichilismo annidati nell'etica laicista. Le loro posizioni più serene, critiche e
motivate sono utili per superare le difficoltà sopra accennate. Sono anche significative per dialogare
con la fede e il pensiero cristiano. Ci soffermiamo, quindi, su alcune, più importanti e promettenti.
Esemplare, ad esempio, è il pensiero dell'economista marxista C. Napoleoni (1988) sull'etica
immanentista, che considera Dio un postulato non dimostrabile della ragione e omette ogni riferimento
alla morale religiosa. Essa, diceva, può giungere al massimo al rispetto dell'altro, da vedere come fine
e non come mezzo. Tale rispetto, però, non basta, perché l'altro non è solo una "persona" ma un
"fratello", che va amato come tale. Giudicava sbagliata, quindi, la norma laica della convivenza, che
vede nella libertà dell'altro il limite della mia libertà. Sosteneva, invece, che la libertà dell'altro è la
condizione della mia, perché se l'altro non è libero, non lo sono neppure io.
Riconosceva, inoltre, che queste affermazioni superano di gran lunga quelle delle visioni laiche.
Napoleoni apprezzava pure il senso cristiano del peccato originale, come scelta originaria per il male,
dalla quale l'uomo deve riscattarsi con una continua lotta. Tale lotta supera di molto quella abituale fra
bene e male, proprio perché è aggravata dalla scelta originaria per il male. Rimarcava, quindi, che col
peccato d'origine l'uomo, creato in stato di grazia, non solo ha espulso e messo da parte Dio, ma ha
rinunciato radicalmente a se stesso. Per questo, ogni allontanamento di Dio, e i continui tentativi di
Dio di avvicinarsi, si svolgono sotto il segno di quella rinuncia originaria dell'uomo a se stesso che, fin
dagli inizi dell'umanità, condiziona tutto il resto (trasmissione del peccato). Allontanando Dio, l'uomo
rinunzia a se stesso, alla sua natura creaturale e al suo essere soprannaturale. Rinunciando al faccia a
faccia con Dio, rinuncia a se stesso. Non vedendo Dio, non vede più neanche se stesso 7. Sono
veramente riflessioni di gran rilievo e spessore. Una lettura così lucida e profonda di fondamentali
27
verità cristiane, da parte di una persona rigorosamente laica, invita la coscienza credente a riflettere e
interpellarsi attentamente.
Benché alquanto rara nel pensiero laico, rimane altamente significativa, invitando a non escludere
mai la possibilità di una sua corretta comprensione degli enunciati di fede. Un altro esempio di
posizioni laiche aperte al confronto, al dialogo e ricche di suggerimenti lo avevamo visto nel secondo
capitolo. Riguardo alle cose, F. Adornato sottolinea il valore di un criterio a carattere soprattutto
spirituale. Teme però le condizioni del tipo: "non si chieda ai cattolici di rinunciare alla loro identità"
(C. Ruini). Pensa che, riferite all'ambito dottrinale, potrebbero divenire pregiudiziali insuperabili.
Avanza, quindi, una proposta per evitare questa eventualità. Vi sottolinea che nella Chiesa vi è la
dottrina e anche sue diverse interpretazioni, frutto delle tante battaglie culturali al suo interno. Ciò
dovrebbe consentire ai cattolici di comprendere le esigenze laiche, per le leggi che riguardano tutti i
cittadini e che devono tener conto dei diversi valori presenti in una nazione8. Questa proposta ha un
interessante riscontro nel pensiero del Vescovo P. Rossano, quando fu promulgato il nuovo Codice di
Diritto Canonico (1983).
Riguardo all'annuncio cristiano e le sfide della cultura contemporanea, egli sottolineava la
distinzione, espressa nel libro terzo, tra sostanza della fede e dottrina cristiana, per cui la "sostanza"
va proposta "integralmente e fedelmente" (can 760) ed esige "l'assenso di fede", mentre la "dottrina"
va proposta "in modo conforme alla condizione degli uditori e adattato alle necessità dei tempi" (can
769) e richiede un "religioso ossequio dell'intelletto e della volontà" (can 750-752). Rossano
sottolineava l'importante distinzione teologica fra assenso di fede e religioso ossequio che il Codice
non separa, perché la dottrina è come l'alone che avvolge la sfera luminosa della sostanza, ossia la
parte esteriore della fiamma che entra in contatto con l'atmosfera, risolvendosi in luce e calore.
Notava, infine, che dalla Pentecoste in poi, l'annuncio cristiano accolse sempre le sfide delle culture
contemporanee che interpellavano sia il mistero di Cristo che la dottrina della Chiesa. I cristiani
seppero svilupparle lungo i secoli, proprio sotto lo stimolo e l'incontro con le diverse culture9. Come si
vede, vi è una notevole sintonia fra le osservazioni di Adornato e di Rossano.
4. Etica cristiana: verità e dignità della persona
Alcune delle posizioni laiche finora esaminate sembrano consentire un dialogo costruttivo con la
visione cristiana su diversi temi culturali ed etici 10. Ci soffermeremo solo su quelli riguardanti la
cultura e l'etica tecnoscientifica. Già in Etica fondamentale della scienza sottolineai che, per elaborare
una valida etica dell'attività tecnoscientifica, a tutt'oggi inesistente, occorre superare le forme di
riduzionismo, materialismo, naturalismo e biologismo ecc. sostenute dallo scientismo. Nei primi
quattro capitoli abbiamo visto che, svuotatosi lo scientismo, esse vennero assunte dall'etica laicista e il
tecnicismo ne fece un suo caposaldo. Esse negano le istanze fondamentali dell'etica cristiana della
centralità della persona umana e dell'inscindibile collegamento fra conoscenza, amore e azione. Queste
sole consentono di superare i due errori di fondo del riduzionismo laicista: la riduzione dell'amore a
sentimento privo di valore cognitivo; la negazione dei rapporti fra il valore, la responsabilità e
l'originario Bene fondante. Tali errori sprofondano l'etica laica nel naturalismo e nel biologismo e la
conducono al nichilismo. E. Runggalder ha giustamente notato che il naturalismo laicista non è solo
metodologico e semantico ma, prima di tutto, ontologico.
P. Janich critica le pretese naturaliste di sottrarre concetti e metodi del conoscere e dell'agire a una
critica filosofica della conoscenza, per affidarli solo allo svolgimento storico delle scienze empiriche.
Esse riducono arbitrariamente l'uomo a un semplice organismo individuale e il suo agire a una mera
prestazione organica. In ciò è smentito e confutato da tutte le culture, che riconoscono la responsabilità
dell'azione umana. Esse testimoniano che l'uomo è un soggetto, che sa agire all'altezza culturale del
proprio tempo e che riconosce le relazioni e gli obblighi reciproci verso i suoi contemporanei. Pure
l'attribuzione reciproca di meriti e colpe dimostra che l'agire umano differisce totalmente da un
semplice comportamento organico. L'etica dell'impegno tecnoscientifico trova significative indicazioni
nelle concezioni dell'agire come prestazione culturale, che consentono di superare il naturalismo etico,
poiché esigono di: 1) definire il concetto di azione; 2) valorizzare la filosofia del linguaggio come
importante applicazione della teoria dell'azione; 3) considerare le scienze come agire dell'uomo; 4)
analizzare criticamente le applicazioni delle scienze naturali all'uomo; 5) verificare ciò che una scienza
naturale può dire sull'uomo che elabora una scienza naturale dell'uomo.
28
Pure queste esigenze confermano l'impossibilità di affidare alle scienze la guida e la soluzione dei
problemi filosofici ed etici, poiché si unirebbero in uno stesso soggetto i ruoli di giudicante e
giudicato, facendo dipendere il giudizio dall'oggetto da giudicare11. Sotto ogni aspetto, dunque le
pretese scientiste, tecniciste ed etico-laiciste, risultano illegittime e insostenibili. La complessità dei
problemi analizzati in questo capitolo mostra che per affrontare i problemi morali dell'impegno
tecnoscientifico non basta un dialogo o confronto limitato ai credenti e agli uomini di scienza. Occorre
un confronto assai più ampio sui possibili significati del sapere scientifico e delle diverse acquisizioni
scientifiche. Gli operatori scientifici dovranno discuterne fra loro, per offrire, poi, le eventuali
conclusioni all'approfondimento critico e alla riflessione filosofica e antropologica. Solo a questo
punto si potrà procedere all'analisi e ai giudizi etici. Tale dibattito scientifico, filosofico ed etico, esige
onestà intellettuale e deontologica, nella piena libertà e rispetto sia delle risultanze scientifiche che
delle esigenze morali.
In questo confronto fra scienze, filosofia ed etica, la fede ha ruoli e compiti insostituibili: 1) non
schierarsi nelle discussioni filosofiche e teoriche sull'inizio nella vita umana; 2) considerare suo
compito prioritario la riflessione sulla "verità" dell'uomo, il senso, il valore e il fine della sua persona, i
suoi traguardi, le sue scelte e le sue decisioni; 3) rileggere le conclusioni delle scienze, secondo tale
concezione della persona umana; 4) collocarsi al livello pratico dei comportamenti morali corretti da
seguire12. In tutto ciò deve difendere sempre, in modo chiaro e inequivocabile, la dignità e la vita di
ogni persona. In costante dialogo con essa l'impegno tecnoscientifico può esplorare le vie che
consentono di migliorare la qualità della vita umana e dell'ambiente naturale, rispettando
integralmente il destino ultimo dell'uomo e del creato.
1
J. Lederberg, "Sforzo utile ma inquietante", Corriere della sera, 11.4.1989, 21.
2
G. Sermonti, "La scienza nel magazzino degli orrori", Il Tempo, 23.8.1990, 7.
3
M. Ponzi, "Il dilemma delle cellule staminali: per il bene di tutti gli esseri umani?", L'Osservatore Romano,
16.11.2001, 5: sul (Congresso Internazionale sulle Cellule Staminali, Pontificio Ateneo Regina Apostolorum,
Facoltà di Bioetica, Roma 12-14.11.2001).
4
G. Galeazzi, "Promesse della scienza e istanze dell'etica", L'Osservatore Romano, 2-3.11.2001, 3.
5
Interventi in: E. Maraone, "Patti chiari sulla morale", Avvenire, 7.6.1997, 19.
6
C. Ruini, "Un Dio anche per i laici", Avvenire, 7.6.1997, 19.
7
"La questione di Dio e la ricerca di una nuova etica laica" (Conversazione fra R. La Valle e C. Napoleoni,
1988), Avvenire, 27.7.2001, 22.
8
L. Geninazzi, "Cari laici, adesso facciamo autocritica", Avvenire, 28.12.1995, 17.
9
P. Rossano, L'annuncio cristiano di fronte alle sfide della cultura contemporanea, (Prolusione al Congresso
di studiosi e cultori del diritto, sul nuovo Codice di Diritto Canonico).
10
Qui Napoleoni e Adornato, Rumi e Abbagnano (cap. 2°), Givone e altri (cap. 14°).
11
G. Galeazzi, "Promesse della scienza e istanze dell'etica", L'Osservatore Romano, 2-3.11.2001, 3.
12
Veritatis Splendor 84.
29
PARTE II
NUOVA CULTURA SCIENTIFICA: SPIRITO E CONTENUTI
Scienza 2000: nuovo spirito, nuovo pensiero
Nella prima parte abbiamo visto le condizioni per una rilettura critica della scienza (pensiero sulle
scienze)1 finalizzata a elaborare una nuova cultura tecnoscientifica, un'etica della scienza2 e un dialogo
fra i saperi3. In questa parte analizzeremo il nuovo spirito, pensiero e contenuti emergenti nei diversi
ambiti disciplinari, attingendo a importanti e recenti iniziative di ricerca, di riflessione e di dialogo
interdisciplinare svolte insieme da credenti e laici. Nel 1997 la rivista Nuova Civiltà delle Macchine
pubblicò le relazioni del convegno Oltre la pietra. Modelli e tecnologie per capire la preistoria e degli
incontri su Scienza, filosofia e teologia4. L'Editoriale sottolineava che: "i diversi ambiti di ricerca
(scienza, filosofia, teologia) non sono eliminativi ma coesistono rispondendo, ciascuno, a
un'ineliminabile istanza critica di Homo Sapiens, costretto, per sopravvivere, sia a chiedersi che cos'è
la propria vita e il mondo in cui si svolge, sia ad interrogarsi sugli strumenti di tale conoscenza, che a
cercare un "senso" alle sue vicende esistenziali su cui impende la morte"5. Nel 1998 a Parigi nelle
giornate tematiche sulle "sfide del XXI secolo" dirette da E. Morin, su incarico del governo francese,
scienziati e docenti universitari di tutte le discipline scientifiche e umanistiche sottolinearono:
l'isolamento e l'incomunicabilità dei saperi; la necessità di una nuova cultura scientifica; la necessità di
nuovi modi e traguardi educativi per interessare i giovani alla ricerca. Il fine era di far capire la
condizione umana organizzando le conoscenze anziché accumulando nozioni6.
Dimensione e fine umano delle scienze
Nel 1999 a Parigi, nel Dictionnaire d'histoire et philosophie des sciences 7, duecento specialisti di
scienze, storia delle scienze, epistemologia e filosofia della scienza, approfondivano le dimensioni
umane, spirituali e culturali della scienza. Ribadivano la necessità di criticare sempre i presupposti e le
convinzioni, correggere gli errori, analizzare gli insuccessi e i fallimenti e superare i dogmatismi. Nel
2002 a Roma, nel Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede8, oltre cento specialisti hanno esposto
in prospettiva interdisciplinare i maggiori problemi dei saperi, i temi di più viva attualità scientifica e i
punti tuttora aperti. Vi troviamo idee laiche costruttive, pochi pregiudizi e polemiche, grande distanza
da ogni vulgata laicista, scientista e tecnicista. E. Morin, con una critica rigorosamente laica,
rimprovera al pensiero scientifico e all'insegnamento di trascurare l'elemento più importante di ogni
cultura: la comprensione della persona umana come unico essere che riunisce in sé natura e cultura.
Ricorda che l'uomo non è solo l'unico vivente che sa di morire, ma che crede nella vita oltre la morte.
Scienza e cultura non sanno affrontare questi massimi problemi dell'esistenza, nonostante la massima
evidenza del carattere aleatorio, contingente e accidentale (o catastrofico) del cosmo, della Terra, della
vita, della specie umana e di ogni uomo 9.
Cultura tecnoscientifica e umanesimo del limite
Nei prossimi capitoli esamineremo le conoscenze scientifiche parziali, provvisorie e mai decisive.
Vedremo come l'importanza delle scienze risieda nelle loro domande sempre più ampie e specifiche,
alle quali esse non possono rispondere, ma devono affidare agli altri saperi. Pure la filosofia, che
dovrebbe rispondervi, solleva ulteriori domande sempre più vaste e profonde, che giungono ai
"perenni interrogativi umani". Da scienze e filosofie, quindi, emerge l'insopprimibile richiesta di un
senso assoluto e l’interrogazione che solo fede e religione possono trasformare in autentica
invocazione10. Se questo è il vertice, alla base rimane la necessità di organizzare conoscenze e saperi
per inserirli in contesti sempre più ampi ove impegno scientifico, problemi filosofici, etici e religiosi
s'intrecciano strettamente.
I maggiori esperti presentano i problemi più attuali di: astrofisica, cosmologia e condizione umana
(cap. 7); scienze della terra, come sistema complesso e pianeta solidale (cap. 8); scienze della vita
(cap. 9); scienze dell'ambito umano (cap 10); scienze storiche (cap. 11); nuove discipline del futuro,
cibercultura e infoetica (cap. 12). Della propria scienza ciascuno espone soprattutto: i ripetuti
insuccessi; i nodi irrisolti; il di più che sfugge; l'incertezza e provvisorietà di ciò che si crede di sapere;
la crescente complessità del reale; l'ambiguità di ogni comprensione. Tutti sono convinti che è
30
essenziale far conoscere agli studenti questi aspetti ineliminabili della ricerca, fin dal primo momento
della loro formazione. Quante più scuole e formatori lo faranno, tanto più si avranno persone capaci di
problematizzare, interrogare, interrogarsi e affrontare insuccessi, senza presunzioni, illusioni o
delusioni. Oggi, sfide, rischi, situazioni complesse, presenti e future, vanno affrontate in questo spirito.
1
G. Gismondi, Critica ed etica nella ricerca scientifica. Dalla critica delle scienze all'umanesimo scientifico,
Marietti, Torino 1978, 341; Id., Fede e cultura scientifica, EDB, Bologna 1993; E. Cantore, Scientific Man. The
Humanistic Significance of Science, ISH Publications, New York 1977.
2
G. Gismondi, Etica fondamentale della scienza, Cittadella, Assisi 1997.
3
G. Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza, Cittadella, Assisi 1999.
4
Nuova Civiltà delle Macchine, 15 (1997) n. 1-4.
5
Editoriale, in Nuova Civiltà delle Macchine, pp. 4-6.
6
E. Morin, "Introduction aux journées thématiques", in E. Morin (a cura), Relier les connaissances. Le défi
du XXI siècle [RLC], Ed. du Seuil, Paris 1999, 10-11.
7
D. Lecourt (a cura), Dictionnaire d'histoire et philosophie des sciences, PUF, Paris 1999.
8
Dizionario Interdisciplinare di Scienze e Fede, Urbaniana University Press – Città Nuova, Roma 2002, 2
vv., pp. 2600, a cura di G. Tanzella-Nitti, A. Strumia, 305 lemmi interdisciplinari, 100 specialisti internazionali,
antologia filosofica, scientifica e Magisteriale.
9
Morin, "Introduction", cit., 12-15.
10
D. Antiseri, "È finito un secolo con i suoi assoluti", in Vita Pastorale, 40 (2002), n. 2, 99.
31
CAPITOLO 7. ASTROFISICA, COSMOLOGIA E CONDIZIONE UMANA
La cosmologia è uno degli ambiti scientifici più ricchi di problemi e di discussioni. L'universo non
appare più identico in ogni luogo (omogeneo) e in ogni direzione (isotropo), ma caotico e in
evoluzione. I suoi costituenti nascono, vivono e muoiono, sovente in modo violento. I suoi problemi
specifici incrociano sempre più ambiti paralleli, punti di contatto e interpretazioni che sfumano in
filosofia e teologia1. Prendiamo come esempio le nuove acquisizioni e la teoria del Big Bang. Per
alcuni la confermano e l'arricchiscono, per altri non cambiano nulla, per altri ancora la contraddicono
fino a farla riscrivere. Chi avrà ragione? Lo stesso avviene per i modelli cosmologici degli ultimi
decenni. Per alcuni vanno liquidati, per altri è troppo presto per trarre conclusioni. Le discordanze,
comunque, sono normali. Ve ne furono e ve ne saranno sempre. Sono esse che fanno la scienza
entusiasmante2.
1. Stato del cosmo e condizione umana
Vi è la sensazione che cominci una stagione ricca di sorprese. Le nuove conoscenze stimolano
riflessioni originali sull'universo. Cosmologi e astronomi hanno a che fare con un mondo nuovo,
gigantesco, di cui siamo solo un'infima parte e che è pure in noi. Ce ne distinguiamo e distanziamo per
la cultura, il pensiero, la coscienza e lo spirito. Questo complesso rapporto, che c'inserisce nel mondo e
ce ne distingue, va sempre tenuto presente. Queste idee, così lontane dallo scientismo, dal tecnicismo e
dal laicismo, non sono di teologi, ma degli scienziati. Vengono dalla loro ricerca scientifica. Sollevano
interrogativi di vasto respiro. Rivestono valore fondamentale per la cultura, l'umanesimo scientifico, il
pensiero filosofico, etico e teologico3. È normale, oggi, che gli operatori scientifici traggano dalle loro
conoscenze domande che trascendono l'ambito scientifico e le sue capacità di risposta. Fisici,
astronomi e cosmologi sanno che le conoscenze del cosmo comportano gran parte di fantasia e di
sogno. Al centro delle supernove si è creata la meraviglia del pulsar, agglomerato di neutroni
d'inconcepibile densità, che gira vertiginosamente su sé, circondato da un campo magnetico
d'incredibile intensità, che emetterà per millenni tutta la gamma dei fotoni. Al centro delle galassie e a
concentrazioni di materia, decine di miliardi maggiori di quelle dei pulsar, si generano i quasar,
ancora più prodigiosi nell'emettere fotoni. Li vedono, senza poterne spiegare i meccanismi. Indagano
fenomeni a enormi distanze, del tutto diversi da quelli riproducibili nei nostri laboratori. Il mondo
quantico, infinitamente piccolo, è difficilissimo da osservare per trovarne le leggi. Eppure ne
otteniamo importanti applicazioni per semiconduttori e informatica4.
2. Astrofisica e uomo: luci del cosmo e sguardo "oscuro"
Gli astrofisici hanno altrettanto da dire. Uniscono astronomia e fisica, perché senza fisica
l'astronomia è senza testa e senza astronomia la fisica è senz'ali. Non intendono dominare la natura ma
conoscere il visibile e l'invisibile. Chi accetta la teoria del Big Bang, figlia della relatività generale e
dell'astronomia unita alla fisica nucleare, dice che essa "grida verso di noi". Vale a dire che l'idrogeno
e l'elio sono originari e che le stelle sono i crogioli termonucleari che hanno fuso tutti gli altri
elementi, dal carbonio all'uranio. Fra le stelle e tutte le altre forme del cielo vi è un legame genetico,
materiale e storico. Si dà un senso all'universo, ipotizzandolo come cosmo, ossia cole reale ordine
dietro l'apparente disordine. L'universo s'espande su livelli consecutivi. L'evoluzione è invisibile nel
primo milione d'anni, e visibile nei quindici miliardi di anni successivi. Il tempo zero è del tutto
inaccessibile. È l'epoca opaca, accessibile solo alla teoria (o pensiero). Quella trasparente (15 miliardi
di anni-luce) è accessibile all'osservazione5. In gergo teatrale è un "dramma cosmico in cinque atti".
Atto Zero: nulla nasce dal nulla o, per trasgressione quantica, l'esistenza è impossibile. Non è
proibito pensarlo, poiché esistono energie positive, come l'energia di massa, ed energie negative, come
l'energia potenziale, gravitazionale, che potrebbero compensarsi. Stando così le cose, la creazione
sarebbe gratuita, legittima e non violerebbe nessuna sacrosanta regola della conservazione. Tutto va
detto al condizionale, con estrema prudenza e ipotizzando che l'universo sia quantico, relativista o che
le leggi preesistano a materia e spazio-tempo. Sono tutte cose non da poco! Passiamo all'Atto Primo:
era del caos quantico o fuoriuscita dalla nebbia dello spazio-tempo. Attimo di opacità totale (la cifra è
10-43 di secondo), deserto dello spirito che separa dalla "follia" del "tempo zero". Senza di esso, il
discorso spetta solo alla teologia, poiché la Creazione è inaccessibile alla scienza. Dal punto di vista
32
logico, lo zero è un attimo in un tempo che non esiste ancora. Dal punto di vista fisico, lo zero è troppo
preciso per essere quantico e non eviterebbe la catastrofe concettuale. Nessuna durata inferiore a 10-43
di secondo può avere un senso fisico.
Essa, rispetto all'età dell'universo, è immensamente meno d'un batter d'occhi. Quest'infinitesima
frazione di secondo, impenetrabile al pensiero è quasi un'eternità, perché vi avvennero più cose che in
tutti i 15 miliardi dei nostri anni. Atto secondo: era del vuoto, insensibile all'espansione dello spazio.
Ne accelera l'espansione che cessa quando la densità d'energia del vuoto si annulla a favore
dell'irraggiamento. Il potere passa, allora, dal vuoto alla luce. Atto terzo: era irraggiante. È la catena
fisica che la Bibbia descrive in "Genesi": vuoto-luce-materia. In 10-32 di secondo, al vuoto segue l'era
della luce, che dura circa 1 milione d'anni, poi quella della materia, che dura più di 10 miliardi d'anni.
Atto quarto: era delle stelle, madri dei nostri atomi, che consentono l'esistenza della nostra specie
mortale e pensante. Atto quinto e ultimo: era del sole. Il grande dramma cosmico si conclude. Sole,
meravigliosa incubatrice, i cui atomi parlano, ai nostri, il linguaggio della luce. Cielo, sempre brillante
di luci e notte mai scura. Scurissimo è solo il nostro sguardo6.
L'astrobiologia è la nuova scienza che studia l'universo bio-amichevole che ha contribuito al
sorgere della vita (principio antropico). Suo principio base è che, nella storia del cosmo, nulla è
insignificante. Ne scandaglia le profondità, quindi, per capire i delicati passaggi dalle molecole
organiche alle biomolecole di un organismo vivente. La principale proprietà della vita è elaborare
informazioni. Essa, però, non può essere spiegata né con le leggi fisiche né con le affinità chimiche,
poiché le reti neurali biologiche, anche nei compiti relativamente semplici, sono immensamente più
efficienti di quelle artificiali. Per questo si pensa a un principio di organizzazione più alto. L'uomo,
comunque lo si chiami, autocoscienza, mente, intelligenza ecc., è l'unico a porsi di fronte all'universo e
a chiedersi il come e perché. Questo problema è enorme. Ad ogni modo, l'intenzionalità è la
caratteristica indubitabile del comportamento intelligente, la cui componente soggettiva supera
l'indagine scientifica (G. Basti). Essa legittima la domanda se quest'universo è il risultato del piano
creativo di un sapiente "Architetto" (E. Sindoni)7.
3. Cosmovisioni e modelli cosmologici
Alcuni cosmologi sostengono che il discorso della fisica è in gran parte ideologico, speculativo,
privo di esperimenti, con pochissime misure esatte. Sarebbe un miscuglio di concetti, idee e fantasie.
La risposta dei fisici è feroce. La cosmologia si riduce solo a tre fatti: la notte è nera; siamo immersi
nelle radiazioni elettromagnetiche; lo spettro luminoso emesso dalle galassie tende sistematicamente al
rosso. Tutto il resto è solo parole. Dalla scuola secondaria, la cosmologia insegnata è solo una sfilza di
assiomi e regole divulgati come dati stabili e definitivi. Ciò è riprovevole per la cultura e per la
scienza8. Anche la fisica ha il problema dei "modelli". Per vederne uno nuovo si dovette attendere il
secolo XIX. Newton scrisse la storia dei punti materiali sottomessi a forze. Maxwell raccontò la storia
di quelle forze. Per facilitare l'apprendimento delle nuove nozioni, fu introdotta l'immagine del fluido.
Nel 1905 Einstein notò che Newton e Maxwell hanno ragione, ma i loro modelli si contraddicono.
Modelli e fatti non parlano tra loro allo stesso modo. I fisici, affascinati dall'estetica del modello,
prendono per giusti i modelli più eleganti, in base al tacito principio, epistemologicamente aberrante,
"troppo bello per essere falso".
Il modello della relatività generale descrive il comportamento globale dell'universo e ne espone la
"storia". Quello di Newton non lo può. La "storia" del cosmo non è semplice. Esige molti modelli:
fisica nucleare, particelle, termodinamica. Per scrivere una cosmogonia coerente, dovremmo farli
comunicare fra loro. Non potendo, ci limitiamo a dire: "anche se non sono veri, sono ben trovati"9.
Posizioni così contrastanti, su fatti di tanto rilievo, creano problemi insolubili alla ricerca e
all'insegnamento. Aumentano i problemi di cui non si sa dare soluzione né spiegazione: le concezioni
scientifiche su spazio, tempo, universo, Terra, evoluzione, posto dell'uomo nell'universo ecc., sono
state radicalmente sconvolte; le visioni scientifiche del mondo, compresa l'attuale, non seguono
percorsi lineari, ma incroci e intrecci di tradizioni diverse; le acquisizioni scientifiche, divulgate come
prodigi, sono solo congetture parziali, provvisorie, sempre dimostrabili false. Nonostante ciò, i risultati
scientifici rimangono frutti ammirevoli di quell'ingegno umano che cerca di rendere accessibili oggetti
inaccessibili.
33
Occorre una cultura scientifica che aiuti i giovani a operare, non malgrado ma, mediante questa
realtà10. Il pensiero moderno occidentale, etnocentrico e narcisistico, ha trascurato i molteplici apporti
di: Babilonesi, Egizi, Persiani, Indiani, Cinesi, Greci, Romani, Arabi ecc. confluiti nelle conoscenze
moderne. Tutto il grande edificio dei saperi umani, comprese le scienze attuali, poggia su conoscenze
fragili, parziali e provvisorie. Gli insegnanti, consapevoli della fragilità razionale degli adolescenti,
devono accertare il valore culturale e umanistico dei modelli scientifici che tentano di descrivere le
trasformazioni cosmiche: grande esplosione (Big Bang), grande collasso (Big Crunch), esplosione del
sole, cosmo preda del caos ecc. Essi sono analoghi a quelli della creazione dal nulla, o di altri aspetti
delle grandi tradizioni spirituali, filosofiche, metafisiche, sapienziali e religiose dell'umanità. Filosofia,
pensiero cristiano e teologia, avendo già affrontato tali problemi, possono offrire utili prospettive e
validi criteri di discernimento11.
4. Scienza viva per insegnamento e cultura
I fisici che uniscono ricerca e insegnamento, confermano le difficoltà e i dissensi. Balibar muove
alcune critiche generali: non si valorizzano culturalmente e didatticamente le trasformazioni
conseguenti alle conoscenze fisiche del XX secolo; non si indica il significato né delle nuove
acquisizioni, né delle possibili applicazioni; non si indicano mai le questioni dibattute e i problemi
irrisolti o emergenti; non si spiegano gli importanti concetti recenti di interdisciplinarità, complessità,
tutto e parti, auto-organizzazione e razionale12. Non è certo che l'interdisciplinarità possa fare
progredire conoscenze, comprensione e insegnamento. Neppure la complessità, poiché ogni problema
ha difficoltà proprie che una teoria universale non risolve in modo rigoroso. La presenza di forme di
auto-organizzazione non implica che tutti i sistemi dinamici si auto-organizzino. Si può conoscere il
tutto senza le parti e viceversa. L'unica certezza è che ai giovani di oggi s'insegnano le scienze del XIX
secolo, senz'alcun cenno ai loro problemi irrisolti e le realtà inspiegate13.
Agli studenti si presentano scienze morte e statiche, mentre crescono le ricerche vive e dinamiche
su molti problemi da risolvere: origini della vita, fluttuazioni spaziali, turbolenze atmosferiche, fratture
e attriti della crosta terrestre, teoria dei sistemi dinamici (i crolli in Borsa), unificazione di gravitazione
ed elettromagnetismo, dinamiche delle dune desertiche, problemi del caso e dei fenomeni aleatori ecc.,
Lévy-Leblond va ancora più a fondo. Sono le scienze, ad essere arcaiche e senza spessore storico e
culturale. Assai più e prima dell'insegnamento. La fisica, in particolare, nonostante le sue immense
capacità tecnologiche, non offre alcuna comprensione profonda dei propri concetti. Le sue migliori
teorie, ad esempio i quanti, sono epistemologicamente insoddisfacenti. Non progredisce perché non si
occupa della propria storia. Whitehead notava che ogni sapere che dimentica la sua storia e i suoi
fondatori, si condanna a non comprendere neppure il proprio presente14.
S. Toulmin e I. Prigogine vanno al fondo di questi problemi. Per Toulmin, distacco e freddezza
nella ricerca scientifica sono solo luoghi comuni delle visioni tecniciste, deterministe e meccaniciste,
dei tempi di Cartesio e Galilei. I fenomeni complessi e gli aspetti statistici di oggi esigono visioni più
ampie. La fisica è necessaria per capire la filosofia, ma solo se inserita in una storia aperta alle
prospettive sociali ed ecologiche. Per più di trecento anni la razionalità scientifica si espresse in modi
semplicistici e riduttivi, estremamente pericolosi per agire direttamente sul mondo e sull'uomo, come
avviene oggi. Non si può più lasciarle l'ultima parola. Filosofia, teologia ed etica devono riportarla alle
visioni più ampie e integrate, ingiustamente abbandonate dal XVII secolo.
5. Riflessioni conclusive
Sono molti gli elementi, emersi in questo capitolo, utili alla cultura e all'umanesimo scientifico.
Vengono tutti dal pensiero sulle scienze e delle scienze15. Rivediamo i principali: passioni ed emozioni
non contaminano la scienza, essendone un elemento strutturale; possono però spingerla in direzioni
opposte; le visioni dell'universo e dell'uomo (meccanicismo, determinismo, necessità, caso ecc.) non
sono descrizioni ma interpretazioni di vario tipo (culturale, filosofico, ideologico, religioso); la
creatività scientifica nasce dall'esigenza di conoscere e comprendere sempre più l'universo; ogni nuova
acquisizione aumenta la complessità della realtà e la coscienza dei nostri i limiti. Approfondendo
queste idee, Prigogine ha rilevato che la nuova immagine scientifica del mondo restituisce ciò che la
scienza moderna aveva eliminato: colori, finalità, intelligenza, progetto, unicità e dignità dell'uomo
ecc. L'uomo antico e medievale si pensava al centro dell'universo tolemaico, ma la rivoluzione
34
copernicana ve lo tolse. Si credeva un essere unico, ma la visione darwiniana ne fece un animale come
gli altri. Si credeva depositario della ragione, ma l'analisi freudiana lo mostrò dominato dall'inconscio.
Di tutto ciò scientismo e laicismo fecero il loro "manifesto universale" per lo sradicamento e
l’alienazione dell'uomo.
Negli ultimi decenni, però, quelle idee furono rovesciate. La scienza ha riportato di nuovo al
centro, non più geometrico ma logico, dell'universo, l'uomo detronizzato e ridotto a punto
insignificante negli infiniti spazi siderali. Oggi ne fa addirittura il traguardo di un'evoluzione iniziata
15-20 miliardi d'anni prima. Emergono la complessità e l'irreversibilità del cosmo e dell'uomo. La
cosmologia ricerca significato, intenzionalità e destino della nostra esistenza di "virtude e
conoscenza"16. Nella modernità: il tempo perse d'importanza nel mondo materiale; la fisica non
ammise più incertezze; le sue leggi divennero inderogabili; l'universo fu deterministico; l'uomo
divenne una macchina obbligata; Dio decadde ad autocrate onnipotente e onnisciente, per finire ipotesi
inutile. Da qualche decennio, la freccia del tempo e la direzione irreversibile sono rientrate nella fisica,
costretta a misurarsi con i fenomeni irripetibili e imprevedibili. L'universo ha assunto la dimensione
storica ed esistenziale ritenuta esclusiva dell'uomo. Essa è essenziale per capire e spiegare differenze e
varietà.
La nuova scienza ha superato i dilemmi scientisti e laicisti fra un mondo meccanico, determinista,
estraneo all'uomo, o un mondo aleatorio, anarchico, caotico, inconoscibile all'uomo. Essa ha
imboccato la terza via, la porta stretta di un mondo che ha delle possibilità. Proprio come l'esistenza
umana. Tramontano l'automa estraneo e il caos casuale per lasciare il posto a un mondo autonomo. La
scienza e la ricerca diventano molto più interessanti. Sgombrato il campo dalle certezze immobili del
laicismo e dello scientismo, il sapere scientifico ritrova le salutari incertezze e insicurezze di ogni
conoscenza umana. La nuova immagine scientifica dell'universo non contrasta più con quella di un
Creatore, Padre di figli liberi e adulti, che lascia andare per proprio conto, per maturare e diventare
sempre più liberi, autosufficienti e responsabili. In un universo non più rigidamente determinato, ma
aperto all'imprevedibile, al caso, agli spazi e ai tempi coi quali interagire, pure la libertà e la dignità
umane crescono in ogni dimensione17.
1
M. Maggi, "Le più recenti scoperte della cosmologia non contraddicono la teoria del Big Bang",
L'Osservatore Romano, 9-10.12.1989, 3.
2
M. Gargantini, "Il Big Bang? È sempre vecchio" (Intervista a D. Macchetto, Direttore Associato di Space
Telescope Baltimore), Avvenire, 19.2.1995, 17.
3
J. Labeyrie, Introduction à l'état actuel du monde, in E. Morin (a cura), Relier les connaissances. Le défi du
XXI siècle [RLC], Ed. du Seuil, Paris 1999, 19-21, 22-23. Climatologo, fondatore del Centro delle basse
radioattività, pioniere dell'applicazione delle tecniche di fisica nucleare allo studio dei climi. Opere principali:
L'Homme et le Climat, Denoël, Paris 1985 (ried. 1993).
4
Labeyrie, Introduction à l'état actuel, cit., 24-25.
5
M. Cassé, Le cosmos: conceptions et hypothèses, RLC 26-28. Astrofisico, ricerche ai centri CEA, Saclay e
Istituto d'Astrofisica di Parigi. Opere principali: Théories du ciel, Payot, Paris 1999; (in coll.) Dictionnaire de
l'ignorance, Albin Michel, Paris 1998; Du vide et de la création, Odile Jacob, Paris 1993; (in coll. con J.C.
Carrière, J. Audouze), Conversation sur l'invisible, Belfond, Paris 1989; Nostalgie de lumière, Belfond, Paris
1987.
6
Cassé, Le cosmos, cit., 29-32.
7
M. Gargantini, "Le stelle stanno a pensare", Avvenire, 27.9.1998, 19.
8
P. Nardone, Théories cosmologiques et enseignement des sciences, RLC 33-35. Prof. di metodologie
speciali di scienze fisiche, univ. di Bruxelles; ricercatore all'unità di ricerche cosmologiche RGGR. Opere
principali: ( in coll. con E. Gunzig), The Origin of Structure in the Universe, NATO ASI, Série C, vol. 393,
1992.
9
P. Nardone, Théories cosmologiques, cit., 36-38.
10
P. Lena, Notre vision du monde: quelques réflexions pour l'éducation, RLC 39-44. Prof. univ. Paris VII;
membro de l'Institut de France, Académie des Sciences, ricercatore associato all'Osservatorio di Parigi. Opere
principali: (in coll. con M. Serres, N. Farouki), Figures de science, Le Pommier, Paris 1999; (id.) Le Tresor.
35
Dictionnaire des sciences, Flammarion, Paris 1997; (in coll. con I. Catala, Y. Quéré), Graines de science, Le
Pommier, Paris 1999; La main à la pâte, Flammarion, Paris 1996; (in coll. con P. Léna) Les sciences du ciel,
Flammarion, Paris 1996.
11
Lena, Notre vision du monde, cit., 45-46.
12
S. Balibar, La physique à l'échelle humaine, RLC 47-50. Direttore di ricerche al CNRS; Dir. lab. di fisica
statistica alla Scuola Normale Superiore; membro del Consiglio Nazionale dei Programmi. Opere principali: (in
coll. con C. Guthmann, H. Lambaré, P. Roche e altri), "Quantum Cavitation in Superfluid Helium", in J. Low
Temp. Phys., 1995, 101, 271; (in coll. con R.H. Torii), "Helium Crystals Under Stress: the Grinfeld Instability",
in id., 1992, 89, 391; in coll. con E. Rolley, E. Chevalier, C. Guthmann), "The Stepped Surface of Helium 4
Crystals", in Phys. Rev. Lett., 1994, 72, 872.
13
Balibar, La physique à l'échelle humaine, cit., 51-53.
14
J.M. Lévy-Leblond, Peut-on enseigner la physique moderne?, RLC 54-56. Prof. di fisica ed epistemologia
all'univ. di Nizza; dirige le collezioni scientifiche delle Ed. Du Seuil, e la rivista Alliage. Opere principali: Aux
contraires, Gallimard, Paris 1996; La pierre de touche, Gallimard, Paris 1996.
15
G.M. Pace, "Intervista a S. Toulmin", La Repubblica, 29.6.1992, 35.
16
P. Benvenuti (Direttore di Space Telescope), "E quindi uscimmo a riveder le stelle", Corriere della sera,
10.4.1990, 23.
17
M. Blondet, "L'universo non finirà mai di stupire" (intervista a I. Prigogine), Avvenire, 6.6.1992, 15; G.V.
Coyne, "Il Dio che si rivelò ai nostri antenati ci sta ancora svelando il grande mistero della sua realtà",
L'Osservatore Romano, 25.5.2000, 3.
36
CAPITOLO 8. TERRA: SISTEMA COMPLESSO, PIANETA SOLIDALE
Abbiamo visto quanto siano discordi fisici, astrofisici e cosmologi su l'origine, l'organizzazione, la
complessità e il divenire dell'universo. Sullo studio interdisciplinare del nostro pianeta, "sistema
complesso" organizzatosi a partire dal caos, sembra esserci un po' meno disaccordo. La sua unità
complessa sollecita approcci che passino dalle parti al tutto e dal tutto alle parti. Questa diversità di
prospettive, fra scienze del cosmo e scienze della Terra, evidenzia bene le ricorrenti contraddizioni,
dicotomie e problemi aperti entro e fra i diversi ambiti del sapere scientifico. Essi rendono arduo
elaborare la cultura scientifica e l'umanesimo scientifico1.
1. Linguaggio delle pietre, messaggio della vita
Il geologo Mattauer apre l'elenco delle difficoltà, notando che la rivoluzione nelle scienze della
Terra nacque, dopo il 1970, dall'alternarsi di idee, teoremi semplicisti, regressi, incertezze e
interrogativi. Prende a esempio la tettonica delle placche e il suo modello di pressione con spinte
laterali, senza sprofondamenti, ma con slittamenti. Fondato su sperimentazioni semplicistiche, esso
doveva essere abbandonato per molte ragioni. Non lo fu, perché piaceva il suo aspetto "quantitativo".
La tendenza "quantitativa" spinge a proporre modelli numerici semplicistici, abbandonando le
osservazioni sul terreno, che esigono tempo e fatica. I geologi sanno ricostruire storie ed evoluzioni
della durata di decine o centinaia di milioni d'anni, ma sono esclusi, a favore dei teorici, ignari di
geologia2. Manuali e testi sono scritti solo per apparire aggiornati. Ignorano la geologia e le scienze
della terra, che mostrano l'età e la storia di ogni pietra. Ciò fa perdere i contatti con la realtà3.
Per il biochimico Commeyras, l'avvenimento più straordinario nella storia della vita fu la prima
autoriproduzione, da cui nacque il mondo vivente. Sarebbe avvenuta sulla terra, ma si può pensare,
senza alcuna prova, anche avvenuta altrove. Oggi la vita sembra data dalla collaborazione di un
centinaio di molecole "predisposte". Sono oggetti, separati dal resto del mondo, da membrane dotate di
estrema semplicità molecolare e di estrema complessità funzionale. Come? Fred Hoyle risponde:
certamente nessun aereo supersonico nasce da un deposito di ferraglie devastato da un uragano. Il
principio di continuità evolutiva esige che la vita sia nata progressivamente. Ecco, allora, l'immagine:
una macchina molto semplice, capace di evolvere spontaneamente verso una crescente complessità,
prima di autoriprodursi. È l'ipotesi LUCA, abbreviazione inglese di: antenato comune di tutti gli
organismi viventi4. Vi si oppongono, però, troppe varianti. Sarebbe più ragionevole ipotizzare più
antenati anziché uno. Poiché nulla è sicuro, si possono fare tutte le ipotesi, anche le più straordinarie5.
2. Scienze della vita, fra vita e catastrofi
Rocchia, fisico specializzato in scienze del clima e dell'ambiente e nelle ricerche sull'impatto dei
meteoriti nelle ere geologiche, boccia i manuali scolastici. Sono pieni di splendide illustrazioni e di
pessimi contenuti: un miscuglio di dati vecchi e discordi e di pure ipotesi. Vi domina la catastrofe
cosmica della fine del Cretaceo. Negli anni 1950-1960, i testi di geologia e stratigrafia non davano
molti particolari su di essa. Verso il 1980 i geochimici rilevarono, nei sedimenti marini in cui si
osserva la crisi del plancton, un'anormale presenza d'iridio, che fu attribuita all'impatto di un asteroide
o di una cometa. Alla fine degli anni 1990 si evidenziarono tre fenomeni dai tempi diversi: un regresso
marino (un milione d'anni?); fra il prima e il dopo un'intensa attività vulcanica (650 mila anni?); una
collisione cosmica con effetti immediati, a termine lungo ma non ancora bene valutato. Tutto ciò è
pienamente modificabile.
Il limite Cretaceo-Terziario (CT) sarebbe caratterizzato da: 1) tre eventi geologici bene identificati
(regressione marina, vulcanismo, collisione cosmica); 2) scomparsa di una parte delle specie del
plancton, coincidente con la collisione cosmica; 3) estinzione di piccoli gruppi d'individui (ammoniti,
dinosauri), molto probabilmente per la catastrofe cosmica; 4) scomparse o declini progressivi, per
vulcanismo o regressione marina. L'ipotesi 1) è la più solida. Della 2) non si conoscono bene i
meccanismi. Della 3) mancano i dati paleontologici. La 4) è la più incerta. Non si sa perché alcune
specie scomparvero e altre sopravvissero, né se paleontologi e biologi possono offrire utili elementi.
Occorrono, comunque, correlazioni temporali più precise. Coincidenze di un milione d'anni o di
cent'anni non sono la stessa cosa. Nessuno, però, ammette facilmente che le proprie ipotesi risultino
provvisorie.
37
L'evento cosmico del limite CT fu uno scandalo paleontologico: metteva in dubbio il dogmatismo
gradualista. Eppure, già G. Cuvier (1769-1832) aveva ipotizzato che la Terra e le forme viventi
fossero sconvolte da catastrofi universali. Il gradualismo lo negò, per sostenere la sparizione graduale
delle specie. Il limite CT dice che non siamo isolati nell'universo e che la terra si muove in un
ambiente complesso, molto frequentato e pericoloso. I dati paleontologici indicano un cambiamento
brusco, una discontinuità, un'evoluzione brutale, non darwiniana, da cui saremmo derivati. È
un'ulteriore conferma che le conoscenze scientifiche importanti sono pochissime e sempre
modificabili6.
3. Emergere della vita vegetale
Oggi il vecchio naturalismo è sostituito dalla biologia molecolare e dalla manipolazione genetica.
Mentalità e osservazioni naturaliste sono in ribasso. Nel XX secolo, in Francia, almeno 50.000 fra
istitutori, preti e farmacisti, riconoscevano una pianta. Oggi non sono nemmeno 5.000. In biologia
domina la genetica. La pianta importa meno del suo genoma. L'approccio fondato sull'intuizione
immediata, emotiva, riguardante la bellezza è estraneo al mondo scientifico. Nulla impedisce, però, di
guardare un fiore da più punti di vista: descrittivo, botanico, genetico ed estetico. Le scienze della
natura devono educare a scoprire pure la bellezza. Gli approcci neo-darwiniani, oltre alla successione
dei fiori, spiegano ben poco. L'ecologia del paesaggio e le trasformazioni degli ecosistemi mostrano
l'utilità dei musei e degli orti botanici, che aiutano a capire i rapporti fra mondo vegetale e
alimentazione, medicine, tutela della salute, valore psicologico dei parchi e dei giardini. Gli studenti
dovrebbero conoscere la verità fondamentale che le piante sono sulla Terra da più di 450 milioni
d'anni e possono fare totalmente a meno di noi, mentre noi non sopravviveremmo neppure un istante
senza di esse. Dovrebbero sapere che la natura ci precede e ci accompagna. Dovrebbero apprendere i
legami che ci legano alle piante. Si dovrebbero insegnare loro le tecnologie per proteggerle, prima di
quelle per manipolarle e distruggerle7.
4. Coscienza riflessiva: unica nella biosfera
Nella storia delle scienze, tre momenti aiutano a capire l'umanità, che è l'unica specie della biosfera
dotata di coscienza riflessiva. Il primo momento è indicato dal concetto di biosfera del bio-geochimico russo W. Vernadsky (1926), per il quale l'uomo, fondando le società tecnoscientifiche,
divenne una forza geologica planetaria, capace di provocare un salto evolutivo. Queste le conseguenze
per la ricerca scientifica: 1) spostamento radicale dell'osservatore terrestre, rispetto al proprio pianeta;
2) creazione di un nuovo oggetto globale di studio, con proprietà globali irriducibili alle parti; 3)
necessità di generalizzazione empirica transdisciplinare, per unificare biologia, geologia e chimica in
una biogeografia che studi le interazioni reciproche e il concetto di biosfera; 4) elaborazione di un
operatore centrale, l'energia geochimica della vita nella biosfera, che mostra la vita come
moltiplicazione permanente di esseri diversi; 5) migrazione biogenica degli elementi chimici nella
biosfera; 6) studio dell'estremo aumento della pressione della vita, provocato dall'apparizione
dell'uomo sapiens e faber che, dopo millenni, sconvolge la struttura della biosfera.
Nel secondo momento fu elaborato il concetto di biodiversità (1986). Le sue maggiori idee sono: 1)
i vari livelli di biodiversità: genetica (geni entro una stessa specie), specifica (specie), ecosistemica
(interdipendenze di ogni ecosistema), biosferica (totalità delle specie della terra); 2) l'erosione violenta
subita dai primi tre livelli (crolli delle dimensioni ecosistemica e specifica della foresta tropicale); 3)
l'importanza del crollo genetico per le manipolazioni dei viventi (nuove tecniche di allacciamento dei
geni, fusione cellulare ecc.); 4) la sesta grande crisi di estinzione biologica della vita sulla Terra; 5)
l'esclusiva e specifica responsabilità dell'uomo per la sesta crisi; 6) la brutale irruzione del fenomeno
sulla scena scientifica; 7) l'urgenza di decisioni, secondo il principio responsabilità di H. Jonas, per
arrestare l'irreversibile scomparsa delle specie8.
Nel terzo momento (1996), il geologo olandese P. Westbroeck propose una geofisiologia o abbozzo
di una nuova scienza della Terra, con i seguenti principi: 1) la parte esterna della terra è un sistema di
tre strati orizzontali (atmosfera, litosfera e idrosfera) interagenti, su cui interagisce fortemente il biote
o insieme degli esseri viventi; 2) scopo della geofisiologia è di elaborare un modello semplice, preciso
e coerente, del comportamento d'insieme del sistema e in particolare delle interazioni biotiche; 3)
l'immensa diversità dei viventi nasconde la duplice realtà di uniformità/semplicità, che emerge dalla
38
loro complessità; 4) potrebbe esservi una relazione fra scala dei tempi e spazi dei modelli:
nanosecondi per le molecole, giorni-anni per gli individui, anni-secoli per gli ecosistemi, migliaia di
anni-centinaia di milioni di anni per la biosfera; 5) il metabolismo dell'alga unicellulare Emiliana
Huxley consente di affinare i modelli climatici per studiare il passato e il futuro della biosfera.
Queste acquisizioni mostrano la necessità di: attuare un approccio storico ai concetti scientifici;
articolare scale differenti di tempo e di spazio; creare relazioni fra le diverse discipline; tener conto dei
rapporti fra umanità e ambiente nell'insegnamento e nella formazione. Evidenziano pure la mancanza
d'insegnanti preparati in tale senso e di tempo per prepararli. Poiché il tempo manca comunque,
andrebbe impiegato nel modo migliore per non delegittimare la scienza9.
5. Consumi e utilizzi nel "pianeta solidale"
Passando dall'ambito naturalistico a quello culturale, si ritrova l'ideologia positivista del progresso
umano, sociale e culturale che, applicata allo sviluppo tecnoscientifico ed economico, creò le società
industriali del produttivismo e del consumismo. B. Commoner le ritiene funzionali alle società tanto
capitaliste che socialiste. I danni provocati dal loro sviluppo illimitato, in un mondo di risorse limitate,
mostrano da almeno quarant'anni, che la scienza non è necessariamente sinonimo di sviluppo, come lo
sviluppo economico non lo è di progresso sociale e culturale. Ne sono prova l'artificioso
invecchiamento tecnologico, causa di sprechi, e la mancanza di riciclaggi. Consumo e utilizzo non
s'equivalgono. Consumiamo il pane che mangiamo e il carbone e il petrolio che bruciamo, perché li
distruggiamo. Utilizziamo, invece, acqua e metalli, perché possiamo riciclarli. È indispensabile
riciclare, quindi, per mantenere disponibili le quantità ed evitare di contaminare suolo e falde
freatiche. Ogni prodotto riciclabile contiene materie prime rinnovabili, che non sono prodotte ma
vanno sfruttate. Pure carbone e petrolio sono risorse rinnovabili, se utilizzate come materie prime per
la chimica.
La chimica organica aumenta notevolmente i materiali forniti dalla natura, per cui le molecole di
sintesi vanno riciclate, anziché seppellite nelle discariche10. Non-riciclare è inquinare, riciclare è
trasformare i rifiuti in ricchezza. Il riciclaggio, però, interferisce con i bassissimi prezzi dei prodotti
del terzo-mondo. Più di centocinquanta anni fa, il padre della chimica moderna, Mendeleïev,
sosteneva che bruciare carbone è come bruciare biglietti di banca. Cento anni fa Arrhenius, autore
della teoria degli ioni, disse lo stesso del petrolio. Economisti e geografi propongono delle assurdità,
poiché non sanno nulla delle scienze sperimentali. L'aumento di rendimenti, dovuto allo sviluppo
dell'agricoltura moderna teorizzato dagli economisti, non risponde a verità. La pretesa di coltivare e
allevare qualsiasi cosa, come, dove e quando si vuole, o d'industrializzare agricoltura e allevamento,
ecologicamente dipendenti, è assurda. Gli inconvenienti aumentano con le dimensioni delle aziende.
Occorre superare il produttivismo meccanicista e dare la priorità alle condizioni sociali e di vita dei
popoli. Nel XX secolo, fu il culto scientista e positivista del gigantesco e del grandioso ad alimentare
assolutismi, totalitarismi e dittature (Hitler, Stalin, Mussolini, Mao ecc.)11. Nelle scuole la geografia
umana è ancora legata alle diversità locali e regionali del XVIII secolo. Il mondo, invece, ormai è
cambiato, divenendo un sistema universale in cui tutto è mondializzato: economia, ecologia, trasporti,
mobilità umana, migrazioni, informazioni, pensiero, arti, scienze, tecniche ecc. Lo sono anche i
pericoli. La geografia deve presentare le realtà e i cambiamenti (mobilità, standardizzazione,
mondializzazione ecc.) che fanno del suo oggetto un sistema anziché una combinazione. Pur
conservando il suo rapporto con le scienze naturali, deve valorizzare maggiormente quelle umane e
sociali. Unendo natura e cultura deve cogliere il difficile equilibrio fra territori (realtà regionali e
locali) e pianeta solidale (sistemi intercontinentali e mondiali)12.
Deve sottolineare più i dubbi che le certezze. Deve far sapere agli studenti che le teorie e gli
approcci seguiti fino al 1960 sono ormai cambiati, superati e che la ricerca, come dimostrò Bachelard,
è un cammino costellato di continui errori da correggere. Non si devono trasferire i contenuti degli
articoli scientifici nei manuali scolastici, perché vi farebbero apparire le diverse teorie come verità
definitive o assolute. L'insegnamento, invece, deve risvegliare lo spirito critico degli allievi, abituarli a
valutare, a evitare giudizi azzardati, a separare il vero dal falso, a scoprire gli errori13. La formazione,
tenendo conto delle loro diversità personali e attitudinali, deve prepararli ad armonizzare:
osservazione, curiosità, rigore, rispetto dei fatti, chiarezza nel descriverli, precisione nel presentarli.
39
Deve anche abituarli al lavoro di gruppo, alla riflessione d'insieme, allo scambio e aiuto reciproco.
Sono queste le esigenze etiche ed epistemologiche della vera ricerca14.
6. Riflessioni conclusive
Le scienze della Terra si presentano altamente complesse e alquanto caotiche, non consentendo
ancora una sintesi dei loro contenuti. Contribuiscono, però, in modo significativo alla cultura
scientifica e all'umanesimo scientifico: sottolineando la condizione magmatica dei problemi del
pianeta; collocandosi al centro del rapporto fra natura e cultura; esplicitandone le implicazioni e
articolazioni. Per fare ciò devono indicare: le esigenze del pianeta solidale e ciò che vi si oppone; la
necessità di nuovi approcci ai vecchi condizionamenti; l'esigenza di far comunicare le discipline e i
modi di superare la loro incomunicabilità. Tutto questo ci porta al drammatico crocevia delle
contraddizioni fra vecchio e nuovo, che si annida nello spirito e nei metodi di ogni scienza. Percepire
tutto ciò, e guardare con coraggio alle enormi difficoltà da affrontare, e all'immenso cammino da
compiere, può aiutare ad accendere nuove speranze e suscitare nuove energie.
1
G, Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza, Cittadella, Assisi 1999, 169-179; E. Morin (a cura), Relier
les connaissances [RLC], Ed. du Seuil, Paris 1999, 125.
2
M. Mattauer, Ce que disent les pierres, RLC 61-63. Prof. di geologia univ. Montpellier II; già Presidente
della Società Geologica di Francia. Opere principali: Ce que disent les pierres, Éd. Pour la science, Paris 1999;
Monts et merveilles, Hermann, Paris 1984; Les Déformations des matériaux de l'écorce terrestre, id., 1973;
Structure et Dinamique de la lithosphère, id., 1972.
3
Mattauer, Ce que disent les pierres, cit., 64-65.
4
LUCA = Last Universal Common Ancestor o "ultimo universale e comune antenato".
5
A. Commeyras, La Terre, matrice de la vie, RLC 66-79. Prof. di chimica e Direttore del laboratorio di
organizzazione molecolare ed evoluzione dei materiali fluorati all'univ. Montpellier II. Opere principali: (in coll.
con H. Collet, L. Garrel, I. Beuzelin), "N-carbamoil-aminoacid solid-gas nitrosation by NO/Nox: a new route to
oligopeptides via a-aminoacid N-carboxyanhydride: prebiotic implications", in Journal of Molecular Evolution,
1999, v. 48, 638-645; (in coll. con J. Taillades), "L'origine de la vie ou l'émergence d'un moteur moléculaire
permanent, évolutif et le rôle clé du monoxyde d'azote", in Sciences chimiques. Lettres de départements
scientifiques du CNRS, n. 56, 1996; (in coll. con J. Moutou, G. Taillades) "Equilibrium of a-aminoacetonitrile
formation from formaldehyde, hydrogen cyanide and ammonia in aqueous solution: industrial and prebiotic
significance", in Journal of Physical Organic Chemestry, v. 8, 1995, 721-730.
6
R. Rocchia, La limite Crétacé-Tertiaire: le retour du catastrofisme dans les sciences de la vie, RLC 80-89.
Fisico, Commissario per l'energia nucleare; dirige la ricerca sui fenomeni d'impatto dei meteoriti nelle ere
geologiche, Laboratorio di scienze del clima e dell'ambiente, CNRS Gif-sur-Yvett.
7
J.M. Pelt, Émergence de la vie végétale, RLC 90-93. Farmacologo, botanico, Prof. di biologia vegetale e
crittogamia all'univ. di Nancy. Dal 1972 prof. di botanica e fisiologia vegetale all'univ. di Metz, Fondatore
dell'Istituto Europeo di Ecologia. Missioni scientifiche in Afganistan, Togo, Dahomey, Costa d'Avorio, Marocco
ecc. Opere principali: (in coll. con M. Mazoyer, T. Monod, J. Girardon), La plus belle Histoire des plantes, Ed.
du Seuil, Paris 1999; La cannelle et le Panda, Fayard, Paris 1999; Plantes et aliments transgéniques, id., 1998;
Plantes en péril, id., 1997; L'Homme re-naturé, Ed. du Seuil, Paris 1990; Le Tour du monde d'un écologiste,
Fayard, Paris 1990; Drogues et Plantes magiques, id., 1983; (in coll. con J.P. Cuny), La prodigieuse Aventure
des plantes, id., 1981; La Médecine par les plantes, id., 1981; Les Plantes. Amours et civilisations végétales, id.,
1981.
8
J.P. Deléage, Biosphère et biodiversité: Quels enjeux?, RLC 94-96. Fisico, storico delle scienze, Prof. univ.
di Orléans, Direttore Dipartimento: ambiente, tempo, spazio, società. Principali opere recenti; Wladimir
Vernadsky, pensatore della biosfera. Introduzione alla riedizione di "La Biosfera", Diderot, Paris 1997; Une
histoire de l'écologie, Ed. du Seuil, Paris 1994.
9
Deléage, Biosphère et biodiversité, 96-98. Cf. C. Aubertin, F.D. Vivien, Les Enjeux de la biodiversité,
Economica, Paris 1998; V. Havel, Il est permis d'espérer, Calmann-Lévy, Paris 1996; W. Vernadsky, La
Biosphère, Félix Alcan, Paris 1929, rééd. Diderot, Paris 1997; P. Westbroek, Géophysiologie: esquisse d'une
nouvelle science de la Terre, Collège de France, Paris 1996.
10
V. Labeyrie, Les conséquences écologiques des activités techno-industrielles, RLC 100-103. Prof. emerito
di univ. Entomologo, specializzato in fisiologia ed etologia della riproduzione, Consigliere per l'ecologia
40
dell'OCDE, Presid. della commissione dell'ambiente dell'UNESCO. Più di 300 articoli su riviste internazionali di
entomologia ed etologia.
11
Labeyrie, Les conséquences écologiques, cit.,104-111.
12
A. Frémont, La planète solidaire, RLC 112-115. Già Prof. univ. di geografia e Rettore alle Accademie di
Grenoble e Versailles. Opere principali: La Région, espace vécu, Flammarion, Paris 1999; France, géographie
d'une société, id., 1997; Europe entre Maastricht et Sarajevo, Recius 1996.
13
R. Blanchet, Connaissance de la Terre et éducation, RLC 116-118. Prof. in scienze naturali e geologia
univ. di Parigi, specializzato in ricerche e pubblicazioni in geodinamica (tettonica delle montagne e oceanica),
campagne di ricerca oceanologica in Jugoslavia, Italia, Grecia, Cordigliere americane, Caraibi, Ovest-Pacifico,
Asia Sudest.
14
G. Gismondi, Etica fondamentale della scienza, Cittadella, Assisi 1997, 200-211; Blanchet, Connaissance
de la Terre, cit.,119-120.
41
CAPITOLO 9. VITA ED EVOLUZIONE: METAFORE, IPOTESI, TEORIE, FATTI
I problemi della vita si sono rivelati cruciali pure per la scienza. Dalle prime teorie sull'evoluzione
alle ultime della biogenetica essi sono diventati sempre più complessi. Sono cresciuti anche i conflitti
fra scienza e fede, che ora non si concentrano più sulle teorie dell'evoluzione ma sui casi difficili
provocati dal crescente tecnicismo della bioingegneria. L'accento si sposta sulle difficoltà, i conflitti
interni e la scarsa coerenza fra le scienze biologiche. Il concetto di vita è rifiutato da molti biologi
come troppo problematico. Vi è polemica sull'interpretazione genetica di ogni organizzazione vivente
e la parte d'autonomia "epigenetica" propria degli individui umani. La teoria dell'evoluzione è il nodo
gordiano, tuttora insoluto, per gli uomini di scienza e nel pensiero scientifico 1. I maggiori specialisti
hanno dibattuto molto questi aspetti, e altri, importanti per la cultura, per l'umanesimo scientifico e per
il nuovo dialogo.
1. Biologia e metafore
H. Atlan ricorda che la nozione di programma genetico è la metafora più diffusa, nell'attuale
biologia, per dare un nome a meccanismi finora mal conosciuti. Venne, però, presa alla lettera e spinta
all'estremo, per avviare il progetto del genoma umano. Servì a far credere che decifrare un genoma
fosse come leggere un manuale d'istruzioni. Leggendo il lungo programma si dovevano capire i
meccanismi che portano alle malattie. Qualcuno sperava di decifrare tutto. Ciò mostra i limiti e i
pericoli delle interpretazioni letterali delle immagini e delle metafore scientifiche. Oggi si auspica una
metafora diversa, che sottolinei meglio, i sottili giochi d'interazioni della genetica. Purtroppo, alle
metafore informatiche adottate in biologia non si applicano i criteri relativi ai significati
dell'informazione2. In questo modo, si trasmettono messaggi e si fanno funzionare programmi, senza
occuparsi dei loro significati. Nel nostro caso, l'idea di un programma scritto nei geni, in forma di
nucleotidi di ADN, si basa sul falso presupposto che ogni sequenza binaria sia un programma. Non si
ammette che possa trattarsi di una sequenza aleatoria, senza significato. Potrebbe pure non essere
aleatoria o non costituire un programma ma dei dati.
Si dovrebbe, quindi, giustificare la distinzione fra programma e dato che ci si è sforzati di
eliminare. Nelle macchine di Turing, una sequenza binaria può essere trattata o come programma o
come dato, perché la teoria si riferisce ad artefatti (macchine funzionanti). Tale teoria è valida nel caso
di artefatti o algoritmi aventi un significato, ad esempio: svolgere il compito assegnato dal
programmatore. Non è valida, invece, per descrivere oggetti naturali, di cui non si suppone il fine.
Senza addentrarci in dettagli troppo tecnici, la distinzione fra programma e dati permette un'alternativa
fra il ruolo dell'uno e quello degli altri. Se gli ADN sono un programma, il meccanismo cellulare fa da
interprete dei programmi. Se gli ADN sono dati, tale meccanismo fa da programma che tratta tali dati.
Si tratta sempre di metafore, ma la seconda mette in discussione la prima, assunta acriticamente per
designare meccanismi sconosciuti e non identificati. È questo che impedisce di progredire nella ricerca
dei meccanismi. La nuova metafora sposterebbe l'interesse verso la ricerca dei processi epigenetici e
l'analisi dei meccanismi regolatori dell'espressione genica.
Neppure essa, però, va presa alla lettera. I fenomeni di ereditabilità epigenetica oggi appaiono
anomalie, forse perché poco studiati3. Per Atlan, tutte le idee fallaci derivano dal fatto che il gene, pur
non essendo ancora un vivente, è ritenuto capace di spiegare la vita. Considerando gli ADN molecole
portatrici d'informazione, si aggiunge all'ambigua nozione di vita, quella ancora più ambigua di
informazione. È anche errato dire che i geni sono l'essenza della vita, poiché i geni ADN non sono che
molecole. Ammesso che si possa parlare di essenza della vita, essa risiederebbe, semmai, nei sistemi
dinamici che costituiscono le reti biochimiche, mediante le quali gli stati funzionali si mantengono,
trasformano e trasmettono. T. Huxley, all'apice del vitalismo (1878), definì il germe materia
potenziale vivente. Se oggi interpretassimo così il genoma, dimenticheremmo che esso, ridotto alle
molecole di ADN, è solo un pezzetto di materia, struttura, ma non vivente. Attribuendogli le proprietà
misteriose, un tempo attribuite alla vita, ne faremmo un feticcio4. Non esiste materia vivente. Esistono
solo sistemi viventi (Morin).
42
2. Dottrine, teorie, ipotesi, prospettive
J. Gayon nota che, fra tutte le teorie biologiche, quella dell'evoluzione è la più unificatrice. Il suo
oggetto, l'unità del mondo vivente, non ha precedenti nella storia. Nonostante ciò, essa rimane una
teoria storica, che non può essere trattata come quelle fisiche, chimiche ecc. Nonostante la sua
capacità di previsione molto debole, si attribuisce un'immensa ambizione esplicativa. È una dottrina
teorica, nel senso antico del termine, di argomento che suscita universale curiosità popolare. Gli
errori didattico-pedagogici commessi nell'insegnarla, fondamentali e causa di enormi confusioni, sono
tre: 1) parlare di fatto evolutivo, senza precisare; 2) fermarsi sempre al dibattito del 1800; 3) farle dire
ciò che non può dire. Anche distinguendo fra fatto e meccanismi, rimane rischioso parlare di fatto
evolutivo. È una generalizzazione eccessiva, che accumula idee troppo diverse sulla storia della vita.
Anche volendo ammettere una storia delle specie, bisogna immaginare molteplici schemi e scenari.
Essi, però, non dicono assolutamente niente sulle cause e sul destino delle specie.
Ogni dimostrazione: discendenza con modifiche (schema darwiniano), modifiche senza origine
comune (trasformismo puro), assenza di modifiche e origine comune (fissismo in senso stretto),
fissismo con estinzioni (catastrofismo), fissismo con estinzioni e sostituzioni (creazionismo), solleva
enormi problemi metodologici. Ciò significa che l'evoluzione è un'idea complessa, priva di evidenza
empirica 5. I fenomeni di estinzione sono i più facili da stabilire, se si possiedono dati paleontologici.
L'osservazione diretta di estinzioni attuali sarebbe un forte argomento. La modifica graduale delle
specie, invece, è un'ipotesi delicata, molto difficile da verificare per il passato. L'origine comune di
forme appartenenti a dati gruppi, è una pura congettura. La comparazione delle specie e la biologia
molecolare la rendono appena plausibile. Se si generalizza, diviene metodologicamente molto
problematica. Pure l'origine della vita è pura congettura. Tutto ciò indica che il preteso fatto
dell'evoluzione è solo un puro schema, un miscuglio di poche prove indirette con molte ipotesi
generalizzatrici.
Gayon rileva che, nel 1930, la genetica delle popolazioni pose fine alle inconcludenti polemiche
del 1800 su ortogenesi, neolamarckismo, mutazionismo, ultradarwinismo ecc. Ci si chiese, allora, a
quali condizioni e in che misura le forze di mutazione, di selezione, di migrazione ecc., possano
modificare la struttura di una popolazione. Si chiarì il concetto di specie biologica e si indagarono i
modi di speciazione. Da queste ricerche nacque la teoria sintetica dell'evoluzione, che fa parte della
modificazione genetica graduale di specie e speciazione (teoria della microevoluzione). Non ha più
senso lottare pro o contro Darwin. Occorre, invece, trasmettere, con più rigore e molta modestia, ciò
che sappiamo dei meccanismi di modifica delle specie e della speciazione. La storia della biosfera non
si riduce alla somma di storie evolutive delle specie. Bisogna combattere la tendenza a estrapolare
perché, anche se i fenomeni evolutivi fossero controllati dalla selezione naturale, non ne sarebbero
determinati.
La storia delle modificazioni delle specie deve tenere conto di molti fenomeni (variazione genetica,
selezione, speciazione ecc.). Tutto ciò offre indicazioni utili per l'insegnamento. L'evoluzione non può
essere il punto di partenza per insegnare biologia. Nel 2000, non si possono costringere gli studenti a
pensare in termini di dibattiti e di categorie del 1800. Occorre subito: dire che è solo un'ipotesi molto
generalizzatrice; rilevare che le acquisizioni scientifiche ed epistemologiche del XX secolo non
consentono più di fermarci al XIX; sottolineare che le spiegazioni micro-evolutive hanno portata
limitata e sono inadeguate per molti problemi; dare più spazio al suo aspetto di "teoria"; curare una
presentazione decente dei meccanismi microevolutivi, banalizzati dalla teoria sintetica; indicare con
validi esempi i limiti di queste spiegazioni; spiegare che essendo un insieme complesso di ipotesi,
modelli, metodi, dati, ecc., non si può pensare in termini di "tutto o niente"6. Se Darwin ebbe un
merito, fu quello di aprire e non di chiudere un campo7.
3. Evoluzione, evoluzionismo: critiche e confutazioni
Riguardo alle violente polemiche che accolsero le teorie dell'evoluzione e quelle attuali sui suoi
aspetti generali e particolari, J.D. Vincent sottolinea il valore del linguaggio che separa radicalmente
l'uomo dall'animale. Le filosofie che ne fanno un'espressione della ragione, o una catena di
cause/effetti slegati dal qui e ora, dimenticano che la parola è sempre un atto destinato a un soggetto
che deve accoglierla. Il linguaggio umano scaturisce da un insieme di sensazioni portatrici di senso e
43
di sentimenti. Quanto alla vita, è assolutamente impossibile definirla una cosa, essendone l'esatto
contrario: un processo dinamico in continuo divenire. Attribuire all'animale un mondo umano è un
antropomorfismo. L'animale percepisce solo fatti. Non sa di sapere. L'uomo, all'opposto, è un soggetto
che vive in un mondo che gli appartiene e sa definire. Grazie all'epigenesi, lo spazio extracorporeo è,
per il corpo: creatore, ordinatore e prodotto8.
Di qui le molte critiche alla teoria dell'evoluzione: non è scientifica; è un miscuglio ideologico di
progressismo, utilitarismo, opportunismo, strumentalismo ecc.; il binomio mutazione-selezione è un
dogmatismo indimostrato; in più di un secolo non si è scoperta la minima traccia degli anelli mancanti
(creature intermedie: balena incipiente, mezzo pipistrello, semi-uccello). L'assenza di prove della loro
esistenza ha fatto coniare la metafora scherzosa del paleo-felino che entra nella caverna, nella quale
esplode in gatto, tigre, giaguaro, leopardo ecc., che ne escono fuori, nella loro forma completa,
miagolando, ruggendo e sbuffando. Altri notano che vero originario è l'uomo, che precede di almeno 5
o 10 milioni d'anni la scimmia che, quindi, è derivata9. I veri specialisti sono sempre più critici e cauti.
Al contrario, i divulgatori dei mass-media, gli autori dei libri di testo e gli insegnanti di vario ordine e
grado, si abbandonano a dogmatismi, ideologismi e fantasie, che non hanno proprio nulla di scienza.
Fanno derivare l'uomo dalla scimmia per privilegiare la bestialità e negare la responsabilità etica. Il
farlo rifuggire da se stesso, però, non dà alcun utile. È assai meglio riconoscerne l'originalità e
invitarlo a cercare se stesso, tendendo sempre ad essa. Se le critiche e le riserve culturali all'evoluzione
sono tutt'altro che secondarie, quelle mosse a livello scientifico ed epistemologico sono le più severe.
Per i fisici e i matematici, in particolare, la teoria dell'evoluzione biologica: 1) è priva delle basi
matematiche indispensabili per ogni teoria scientifica; 2) non può calcolare né predire tempi esatti; 3)
non consente né osservazioni, né prove o esperimenti riproducibili, né studi sotto controllo diretto; 4)
adduce soltanto fenomeni accaduti una volta sola e irriproducibili. Inoltre, la sua ascientificità è
aggravata da: anelli mancanti; estinzioni e sviluppi inspiegabili; comparse e scomparse improvvise;
aspetti misteriosi e miracolosi ecc. Non consente né equazioni, né strutture matematiche, né leggi
fondamentali, né logiche e prove sperimentali.
L'accumulo di ipotesi fragili e di congetture lacunose e indimostrabili non le permette di raggiunge
nemmeno il livello minimo di scientificità. Comunque, qualunque livello riuscisse a raggiungere, non
potrebbe mai contraddire le esigenze scientifiche sollevate dalla elettrodinamica quantistica (Quantum
Electro Dynamics o QED) di un'Intelligenza Personale, Ordinatrice e Programmatrice. I problemi
metascientifici sollevati dalla QED non si possono eludere ed esigono un discorso ulteriore ad altri
livelli: metafisico, religioso e teologico10. Ad essi gli evoluzionisti non possono opporre nulla. Di
conseguenza: dare per scontata l'evoluzione biologica della specie umana dalle altre forme di materia
vivente è una mistificazione scientifica; usarla per porre in dubbio o negare la Trascendenza è una
mistificazione filosofica e culturale; utilizzarla per negare valori e realtà trascendenti è una
mistificazione scientifica, filosofica e culturale. In tutti questi casi si oppongono arbitrari dogmatismi
scientisti (e non scientifici) a istanze legittime della vera scienza, della ragione e della fede.
4. Sintesi conclusiva: evoluzione, fede, cultura
Questo capitolo ha indicato solo le confutazioni, le critiche, le riserve e le cautele di carattere
rigorosamente scientifico mosse oggi alle teorie dell'evoluzione. Non si tratta, quindi, né di malintesi
né di conflitti fra scienza e fede. La fede non c'entra nulla, perché il suo discorso si muove su piani del
tutto diversi. Esso, come fede nella creazione, annuncia il progetto salvifico di Dio e l'inizio della sua
storia di salvezza: Dio crea il mondo liberamente, per amore e con sapienza, senza bisogno di aiuto
alcuno. Come fede nella provvidenza annuncia che Dio non abbandona mai le sue creature, ma le
sostiene sempre e le orienta alla perfezione ultima cui le ha destinate. Le verità di fede su origini,
fondamento e fine ultimo trascendente della creazione vanno intese nel loro vero senso, per cui i
problemi teologici dell'origine designano tutt'altra cosa che quelli scientifici e filosofici sugli inizi11.
La fede rivela che origine, fondamento e fine ultimo di tutto è l'amore inesauribile e l'intelligenza
infinita di Dio.
La scienza si limita agli inizi osservabili, per i quali elabora le sue teorie (fissiste, evoluzioniste,
ecc.), e ai meccanismi immanenti per i quali formula molte ipotesi (necessità, caso, probabilità,
determinismo, indeterminismo, relatività, caos, disordine, ordine, complessità, progetto ecc.). Le
ipotesi e teorie scientifiche possono essere innumerevoli. Esse, comunque, non vanno mai confuse,
44
equivocate o paragonate alle verità di fede sulla creazione. Non vanno neppure confuse o estrapolate
con le interpretazioni e le speculazioni sulla necessità, fato, cieco destino o caso. Spetta alla filosofia
riflettere criticamente su di esse. La fede considera l'aspetto trascendente della creazione come azione
di Dio. L'evoluzione ne descrive la storia e gli aspetti puramente immanenti12. La fede riconosce la
presenza e l'azione di Dio nella storia e può guardare all'evoluzione dell'universo e della vita, come a
uno dei molti modi possibili di tale presenza e azione. La fede non può legarsi a nessuna scoperta e
acquisizione scientifica che, essendo parziale, provvisoria e mutevole, descrive sempre e solo gli stadi
passeggeri di conoscenze sempre incomplete.
La fede esercita su di esse il suo discernimento critico illuminato dalla Rivelazione, per valutarne i
vantaggi e i limiti, riguardanti le sue esigenze. La teoria casuale piace a molti credenti. Al settimo
capitolo notammo che essa fa vedere un Creatore/Padre, che invia dei figli adulti, in una realtà
soggetta a ogni imprevisto e aperta a sempre nuovi spazi. Interagendo in essa, li aiuta a crescere
sempre più liberi e responsabilmente autosufficienti. I rischi di questa visione sono di trasformare Dio
in un Signore del caso, capriccioso e arbitrario, o di dare un'interpretazione eccessiva, distorta o
conflittuale alla libertà e autonomia dell'uomo. Anche la teoria deterministica piace a molti credenti.
Esprime la grandezza divina mediante una creazione orientata, intimamente e fin dagli inizi,
all'emergere dell'uomo, al suo incontro con Dio e a tutta la ricchezza del suo divenire. La sua difficoltà
sta nel conciliarla con una libertà che sorga nel suo seno.
Questi due esempi mostrano come le scienze della vita sollevino problemi attuali e appassionanti e
offrano idee che possono essere arricchenti e folgoranti, ma anche disordinate e contrastanti. Per
elaborarne un umanesimo e una cultura scientifici occorre un pensiero duttile, capace di formulare
nuovi concetti, calibrarli, sfumarli e aprirli, se necessario, al paradosso13. Forse alcuni ricercatori e
operatori scientifici non troveranno facile esercitarsi in tali riflessioni o accettare le responsabilità
etiche relative alle loro ricerche e ai loro impegni professionali. Li invitiamo solo a non escluderle. R.
Naquet e gli altri specialisti sottolineano le gravi distorsioni e gli abusi dei divulgatori e dei mezzi
d'informazione a danno della verità scientifica e della corretta informazione. Ecco allora due domande:
le riflessioni e le responsabilità sopra indicate su cultura, umanesimo ed etica della scienza non
aiuterebbero a superare la ricerca del sensazionale, che contrasta radicalmente la serietà dello spirito
scientifico e l'eccessiva o disordinata informazione, che danneggiano la scienza e la conoscenza? Vera
cultura scientifica e informazione seria e corretta non potrebbero correlarsi?14
1
E. Morin (a cura), Relier les connaissances [RLC], Ed. du Seuil, Paris 1999, 125.
2
H. Atlan, "ADN: programme ou données?", RLC 127-130. Medico, biologo, specializzato in biologia
cellulare, biofisica e intelligenza artificiale; Prof. di biofisica alle univ. di Parigi VI e Gerusalemme, Direttore
studi dell'EHESS, membro del Comitato Nazionale di Etica della Scienza e della Salute. Opere principali:
Questions de vie. Entre le savoir et l'opinion, Éd. Du Seuil, Paris 1994; Les Théories de la complexité. Autour de
l'oeuvre d'Henry Atlan, Id., 1991; Tout, non, peut-être. Éducation et vérité, id., 1991; A tort et à raison.
Intercritique de la science et du mythe, id., 1986; Entre le cristal et la fumée. Essai sur l'organisation du vivant,
id., 1979; L'Organisation biologique et la Théorie de l'information, Hermann, Paris 1972
3
Atlan, "ADN: programme ou données?", cit., 131-134.
4
Atlan, "ADN: programme ou données?", cit., 135-139.
5
J. Gayon, "Enseigner l'évolution", RLC, 140-143. Storico e filosofo della scienza, Prof. all'univ. Paris-VII,
membro de l'Institut Universitaire de France, membro del Comitato Nazionale di Storia e Filosofia della
Scienza, redattore capo della Revue d'histoire des sciences. Principali opere recenti: (in coll. con J.J.
Wunenburger), Le Paradigme de la filiation, L'Harmattan, Paris 1995; (in coll. con C. Debru, F. Picard), Les
Sciences biologiques et médicales en France, 1920-1950, CNRS, Paris 1994; (in coll. con J.J. Wunenburger),
Les figures de la forme. Philosophie biologique et théorie esthétique, L'Harmattan, Paris 1992; Darwin et
l'Après-Darwin. Une histoire de l'hypothèse de sélection naturelle, Kimé, Paris 1992.
6
Gayon, "Enseigner l'évolution", cit., 143-144.
7
Gayon, "Enseigner l'évolution", cit., 144-145.
8
J.D. Vincent, "Les passions et l'humain", RLC, 146-149. Prof. a Institut Universitaire de France e univ.
Paris-XI (medicina), Direttore Institut A. Fessard CNRS (Gif-sur-Yvette). Principali opere recenti: La vie est une
45
fable, Odile Jacob, Paris 1998; La chair et le diable, id., 1996; Biologie des passions, id., 1994; Celui qui parlait
presque, id., 1993; Casanova. Contagion du plaisir, id., 1990.
9
C. Quaranta, Intervista a G. Sermonti, Il Tempo, 11.5.1999, 15; G. Sermonti, "Evoluzione per salti", Il
Tempo, 23.4.1994, 19; Id., "L'evoluzione fa paura a qualcuno?", Il Tempo, 28.9.1989, 19.
10
A. Zichichi, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, Il Saggiatore, Milano 1999, 81-83, 92.
11
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 279-280, 295-296, 301-302, 314.
12
L. Plateaux, "Il creazionismo", in C. Montenat, L. Plateaux, P. Roux, La creazione nell'evoluzione, Borla,
Roma 1987, 7.
13
Cf capitoli 14 e 15.
14
R. Naquet, "Éthique et science de la vie", RLC, 150-157. Specializzato in neuroscienze, Direttore emerito
della ricerca al CNRS, membro del Comitato dei Programmi Scientifici del CNES, presidente del Comitato Etico
per le Scienze della Vita del CNRS, membro dell'Accademia per le Scienze (biologia umana e scienze mediche).
Ricerche principali su: epilessia (1960, 1965, 1997); epilessia e animali (1966, 1996, 1997); sindromi nervose
dell'alta pressione (1969); etica e scienze della vita (1993-1996).
46
CAPITOLO 10. AMBITO UMANO: PERSONE, CULTURE, FINI, VALORI, DIRITTI
Più ci si avvicina al mondo dell'uomo, più cresce la complessità dei problemi, più la ricerca chiede
approcci transdisciplinari, che coinvolgano natura e cultura, preistoria e storia, scienze della terra,
della vita e dell'uomo. Nessun uomo di scienza è specializzato in tutti i campi e ognuno ha bisogno del
lavoro altrui. Giustamente, quindi, le giornate tematiche hanno fatto dialogare paleontologia,
preistoria, medicina, scienze umane e diritto.
1. Unità e diversità umane, origini, eredità genetica
Nella paleontologia, le recenti acquisizioni sulla distribuzione geografica degli ominidi rettificano
ampiamente le conoscenze precedenti 1. Nel passato si ricorse a diverse teorie. Oggi domina la biologia
molecolare, ma l'uomo impone il proprio essere, simbolico e religioso per eccellenza. Ne parlano i
ritrovamenti di tombe, le offerte funerarie per il viaggio nella "vita futura" risalenti, almeno, a 100.000
anni fa. L'uomo ha sempre unito in sé pensiero religioso e angoscia metafisica. Non inventò il fuoco,
ma l'utilizzò e addomesticò, circa 400.000 anni fa. Appuntì e affilò ai due lati utensili di pietra, circa
1.200.000 anni fa in Africa e 600-700.000 anni fa in Europa2. Se si vuole definire l'uomo con
l'apparire degli utensili, il problema è di definire gli utensili che, in gran numero, apparvero circa
2.500.000 anni fa. All'Homo habilis occorsero tutti i caratteri e le condizioni anatomiche necessarie ad
articolare il linguaggio e inventare gli utensili. Assai prima di 1.800.000 anni fa, tuttavia, prima che
Homo habilis scomparisse completamente, apparve l'Homo erectus. I metodi per datare ossa e fossili
sono molti e vanno calibrati in modo interdisciplinare, integrando ricerca paleontologica e storica,
ricerche di gruppo, confronti e discussioni su metodi e dati3.
Ormai le discipline che riguardano l'uomo vanno pensate e insegnate diversamente. È
inammissibile che alla storia dei resti dell'uomo non si colleghi la storia sociologica, etnografica,
culturale e linguistica. Non si possono affidare a una sola disciplina argomenti transdisciplinari. La
storia delle antiche culture va insegnata fin dall'inizio della scuola, facendone conoscere tutti gli
aspetti. Nei programmi scolastici dell'educazione di base, va inserito un minimo di scienze umane. Gli
studenti devono sapere subito che: ciò che non si sa è molto più di quel che si sa; le scienze non
dicono le cose proprio come sono; dovendo spiegare fenomeni sconosciuti, bisogna azzardare molte
ipotesi; quanto media e televisione mostrano come se fossero allora presenti in diretta, è pura finzione;
la divulgazione fa apparire veri, avvenimenti lontanissimi, fantastici e totalmente inventati 4.
2. Regolazioni: dai viventi alla società
È necessario insegnare l'epistemologia già nelle scuole, per preparare i giovani ad affrontare la
realtà. Devono sapere che i paradigmi scientifici elaborati dal XVI secolo a oggi, sono stati
abbandonati o stanno per esserlo. Nulla è più limitato e precario dei "modelli" o dei "sistemi" di
razionalità, di logica, di causalità lineare e degli approcci analitici. Il secolo XX sconvolse le nozioni
di spazio, energia, tempo, materia ecc. Mostrò che l'energia può diventare materia, il tempo contrarsi,
lo spazio curvarsi, il caos organizzare, la velocità essere relativa, l'elettrone, a seconda degli
osservatori, essere onda e/o particella. Le visioni del mondo, le idee e le forme di pensiero insegnate a
scuola sono presto superate. Il sapere scientifico è paradossale, contraddittorio, complesso, sempre
rivedibile. Tutto l'opposto di come è insegnato a giovani che dovranno affrontare realtà inaspettate.
Nessuna conoscenza è costante, omogenea, ordinata e immutabile. Poiché ai giovani non piace sentir
parlare di regolazione, non è facile presentare loro quest'idea essenziale. Eppure funzioni, sistemi e
meccanismi di regolazione sono essenziali per tutti gli organismi viventi, fra cui l'uomo. Senza di essi
è impossibile gestire le situazioni impreviste. Offrono, quindi, elementi utilissimi per capire i problemi
psicologici e sociali, il funzionamento di società, di istituzioni, di imprese, ma anche della memoria e
della comprensione.
Sono così necessari che si dovette ideare la fisionica o scienza dei nuovi approcci ai processi
complessi, ottimizzando i processi di regolazione. Essa fa scoprire le meraviglie del nostro corpo,
composto da incredibili architetture e da innumerevoli micromeccanismi altamente complessi, di cui i
giovani non hanno la minima idea. Per loro, il corpo è un ammasso di organi disparati. Invece, solo per
ripartire l'acqua che assorbe, esso gestisce una rete di distribuzione di 5 miliardi di capillari, 160
milioni di piccole arterie e 500 milioni di piccole vene. Controlla più di 950 chilometri di tubature in
47
modo che non vi sia mai troppa acqua, né troppo poca, in nessuna parte del corpo 5. La meraviglia è
che in tale processo nulla è ordinato a priori, poiché ogni organo ha esigenze diverse e competitive. Ad
armonizzarle sono le interazioni e gli scambi d'informazioni fra le varie parti. Siamo un sistema di
anelli retroattivi, le cui regolazioni mettono in moto meccanismi d'incredibile finezza. Ogni
meccanismo fa intervenire moltitudini di reazioni chimiche regolate. Lo studente non deve conoscerle
tutte, ma capire la dinamica dei processi e prendere coscienza dell'incredibile organizzazione che ci
costituisce. La rivista La Recherche ha previsto che le meraviglie dei nanotubi saranno le tecnologie
più avanzate del terzo millennio6.
Il bello, invece, è che i viventi li hanno già perfezionati da più di tre miliardi e mezzo di anni.
Poiché le reti di comunicazione hanno vantaggi e limiti, il vivente non le fa mai lottare fra loro, ma
perfeziona le possibilità di ogni metodo, giostra abilmente, ne ricava un sistema ideale. Le principali
regolazioni, tuttavia, sono determinate dall'ambiente esterno, col quale il vivente comunica
perennemente. Ciò aumenta il significato e il valore di questa concertazione interna estremamente
perfezionata, di questa organizzazione del corpo umano. Queste grandi regolazioni, che sfidano tutti i
nostri modi di pensare, sono un'ottima base per introdurre gli studenti al pensiero complesso.
Imparano, così, che ogni fenomeno è prodotto da cause multiple o reti casuali e che, sovente, l'effetto
retroattivo agisce sulla causa per amplificarla o inibirla (feedback positivo o negativo). Ciò costringe a
ripensare tutti i nostri paradigmi. L'organizzazione vivente: non si conforma a rigidi comandi, ma
apprende e trasforma continuamente i suoi processi, per raggiungere i suoi obiettivi e scegliere nelle
situazioni incerte; apprende i suoi processi e li trasforma continuamente per raggiungere i suoi
obiettivi. Regolazione e organizzazione sono i grandi concetti per la ricerca e per l'insegnamento di
oggi e di domani7.
3. Medicina: dal prevenire al predire
Per le persone umane, E. Baulieu considera la longevità, o durata del tempo in cui si vive e
l'invecchiamento, o alterazione della qualità della vita. L'uomo vive più a lungo, dopo il periodo
riproduttivo, della maggioranza delle specie. In alcune zone la sua vita si allunga sempre più e la sua
speranza di vita aumenta di un anno ogni quattro. Non è serio cercare un gene specifico della
longevità, poiché è superstizioso pensare di regolare la longevità in anticipo. Paradossalmente, la
materia vivente dura più di quella inanimata. Dal punto di vista biomedico, invecchiando, il peso dei
muscoli e delle ossa diminuisce rispetto alle strutture grasse. Far funzionare i muscoli, quindi, è
benefico. Negli anziani, il cortisolo, ormone dello stress, è sovente più elevato, causando alterazioni
del funzionamento cerebrale e deficit immunitari. La vita più lunga comporta disfunzioni come: minor
memoria, depressione, disturbi del sonno, malattia di Alzheimer. Le loro correlazioni con modifiche
ormonali sono sempre più evidenti, ma non è corretto attribuire tutto solo agli ormoni. Essi,
comunque, operano a diversi livelli del sistema di organizzazione cerebrale, dell'ipofisi e del resto
dell'organismo. Un composto misurato nel sangue, la DHEA, che ha effetti tonici, riparatori, stimolanti
ecc., diminuisce del 90%, con l'età.
Di qui molte domande finora senza risposta: si possono ristabilire i livelli "giovanili" degli ormoni?
Riuscirvi, migliora la salute, soprattutto mentale? Ne deriva una maggiore longevità a livello personale
e sociale? Quale sarebbe la massima valorizzazione personale, familiare e sociale di anziani in perfette
condizioni fisiche e mentali?8 Gli animali vivono soprattutto nel presente, mentre gli insetti sociali e i
vertebrati superiori (mammiferi e uccelli) vivono parzialmente nel passato, memorizzando le loro
esperienze. Essi non scelgono, eseguono soltanto. Le facoltà psichiche dell'uomo, al contrario,
permettono di prevedere e organizzare il futuro e fanno vivere, per gran parte, in esso. È un altro dei
molti caratteri essenziali che lo differenziano dagli animali. L'evoluzione progressiva delle società
umane si basa su previsione e previdenza. Esse preoccupano costantemente, permettendo di migliorare
continuamente le condizioni di vita. Alla medicina preventiva, che considera soggetti potenzialmente
già malati, si aggiunge quella predittiva, relativa a soggetti ancora sani. Essa analizza i fattori innati,
relativi al patrimonio genetico e quelli acquisiti, relativi all'ambiente, per evitarne l'incontro
patologico9.
48
4. Economia: i sistemi di relazioni complesse
R. Passet, presentando l'economia, ricorda che è un'attività multidimensionale nella quale nessun
elemento è indipendente dagli altri. Per trasformare il mondo e soddisfare efficacemente i bisogni
umani, essa deve destreggiarsi fra biosfera da trasformare, sfera economica che elabora tale
trasformazione e sfera umana che ne è il suo fine. Anch’essa, come tutte le altre scienze, poggia su
convenzioni semplificatrici e rappresentazioni soggettive, che dovrebbero raffigurare la realtà in modo
attendibile. Essa, però, codificò le condizioni e la cultura del XVIII-XIX secolo, che coltivavano
l'illusione di una scienza universale e atemporale, ignoravano la natura, i limiti della biosfera, le zone
di saturazione dei bisogni umani e confondevano il più col meglio. Di qui le sue ipotesi e teorie
discutibili e ormai superate, mentre il gioco dei meccanismi economici da allora è assai mutato.
Oggi l'informatica e l'accresciuta importanza dei fattori intellettuali, determinano quasi tutti i costi
dell'impresa al momento di creare i processi produttivi. Il sistema funziona a costi globali costanti,
cioè a costi unitari decrescenti, in rapporto ai volumi di produzione. Più dei fattori produttivi, quindi,
contano le strutture integrate di capitale e di lavoro, tanto unite da non lasciar più distinguere la
rispettiva produttività. Il costo marginale, nozione base del calcolo economico, perde ogni significato.
Di conseguenza il mercato non regola più, ma amplifica gli squilibri. Il prodotto nazionale, come bene
collettivo, e la scomparsa della produttività del singolo fattore fanno della ripartizione un problema di
giustizia distributiva anziché commutativa. Ciò esige nuovi criteri. Lo scambio internazionale avviene
sempre meno fra nazioni e sempre più fra imprese transnazionali. La scienza economica, per
progredire, anziché accumulare nozioni deve cambiare le sue prospettive divenendo
multidimensionale e transdisciplinare (T.S. Kuhn).
Il lavoratore non è più una semplice forza-lavoro, ma un soggetto psico-sociale, preoccupato del
senso e inserito in un contesto umano. Il soggetto non è più un individuo, ma una persona portatrice di
valori che la superano. Solo ciò che la trascende dà valore e senso alla sua esistenza. Occorre, quindi,
rispettarne i fini, la responsabilità, il senso etico e l'esigenza di giustizia. Se i mezzi diventano fini, la
società si disgrega, con costi umani e sociali elevatissimi. L'economia, come tutte le scienze, è
un’interrogazione parziale del mondo, che non può fondare né valori, né concezioni globali del
mondo, della vita e dell'uomo. Il fine della vita e della morte non si può esaurire nella crescita
quantitativa e unidimensionale. L'impegno personale esige lo sviluppo qualitativo e pluridimensionale.
L'attuale teoria economica, disincarnata e formalista, è ormai vecchia. Ne occorre una che veda
l'economia come sistema di relazioni complesse, incluso e correlato con altri sistemi prioritari di
relazioni complesse10.
5. Uomo, umanità, diritti umani
Queste riflessioni ci riconducono ai diritti umani. Delmas-Marty nota che il termine di umanità non
si trova in alcun manuale introduttivo al diritto, mentre quello di uomo appare solo in qualcuno.
Nell'ambito giuridico sono entrambi neonati. L'idea giuridica di umanità è apparsa con la nozione di
diritti dell'uomo e si è affermata con quella di crimini contro l'umanità e di patrimonio comune
dell'umanità. I diritti, riconosciuti a ogni persona come diritti dell'uomo, emersero molto lentamente,
sembrando sovversivi. Apparvero dopo la seconda guerra mondiale, con la Dichiarazione universale
(1948), in seguito agli atti di barbarie che il diritto di allora non impedì, ma sovente legittimò. La
Dichiarazione convalidò, implicitamente, l'idea di umanità. Essa indica, in forma positiva, la famiglia
umana, in forma negativa, l'interdizione dei trattamenti disumani. Nella gerarchia dei diritti, la vita
non è al vertice.
Si può uccidere in caso di guerra e di legittima difesa. Alcuni ammettono tuttora la pena di morte.
Unico diritto protetto in senso assoluto è la dignità, intesa come "dignità della famiglia umana". Nel
diritto internazionale, il crimine contro l'umanità apparve la prima volta nello statuto del tribunale di
Norimberga (1945). Nel diritto internazionale interno, i giuristi hanno rinunciato a definire il valore da
proteggere, enumerando i comportamenti che considerano crimini contro l'umanità, da punire come
tali. A Norimberga furono: assassinio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione e atti disumani
contro popolazioni civili11. Poco dopo fu aggiunto il genocidio, poi l'apartheid. Nel 1993-94, dopo i
crimini di Rwanda e Jugoslavia, furono aggiunti: pulizia etnica, stupri generalizzati, altre forme di
49
violenza sessuale come la prostituzione forzata. Definire i crimini contro l'umanità è veramente
difficile, ma necessario. Essi riguardano l'individuo in quanto membro di un gruppo.
La persona appartiene necessariamente a un gruppo, ma non può essere identificata con esso.
Alterità, singolarità e appartenenza alla comunità umana sono fondamentali. La dichiarazione
dell'UNESCO considera il genoma umano patrimonio dell'umanità. Il patrimonio è un'eredità del
passato, che attraversa il presente e si trasmette alle generazioni future. L'idea di patrimonio comune
dell'umanità è potenzialmente ricca, ma solleva molti problemi. Il processo di ominizzazione giuridica,
infatti, è lento e difficile, perché chiama in causa categorie giuridiche tradizionali (diritto nazionale,
internazionale, comparato, diritti personali, diritto dei beni) e lo stesso pensiero giuridico. Finora il
diritto era identificato con lo Stato, unificato e stabile. L'umanità ora esige assai di più. Occorre un
diritto a vocazione universale, quindi universalizzabile, superiore agli Stati, pluralista, evolutivo.
Dobbiamo prepararci e preparare i giovani a soddisfare queste esigenze12.
6. Riflessioni conclusive
In questo capitolo, le scienze dell'ambito umano hanno indicato un lungo percorso: dai reperti,
attrezzi, utensili e fossili, attraverso ai meccanismi di regolazione del corpo, salute, età, economia e
diritto, fino ai diritti, fini e valori umani. Esse indicano ciò che resta da fare, migliorare e completare
per una sempre migliore conoscenza dei meccanismi di regolazione umana, sociale e culturale, per la
loro attuazione e per la loro garanzia. Mostrano che i tempi sono maturi per sviluppare i fondamenti
antropologici e le basi morali della Dichiarazione dei diritti dell'uomo (1948) in un sistema di valori
universalmente condiviso. La continua espansione dell'edificio giuridico dei diritti e delle libertà
dell'uomo lo richiede. Esso potrebbe far superare le opposizioni e gli inconvenienti del pluralismo
etico, esaminati nel quarto capitolo. Quanto espresso da De Lumley-Woodyear sull'ineliminabile
carattere simbolico-religioso dell'uomo, potrebbe valorizzare culturalmente i dati delle scienze
naturali, completandoli con quelli delle scienze umane: storia, sociologia, etnografia, antropologia
culturale, linguistica ecc.
Verso questa prospettiva confluiscono tutti gli aspetti della vita umana: storia dei resti umani e
delle culture, carattere simbolico, religioso e culturale dell'uomo, dimensioni specifiche della
coscienza, del pensiero, della libertà, del diritto e della responsabilità. La valorizzazione di queste
dimensioni esige un riconoscimento, un fondamento e prelude a un discorso sulle basi trascendenti,
indispensabili per consolidare i valori, i diritti e le esigenze emergenti dai costumi, dall'ethos e dal
tessuto sociale. Queste basi, nel pensiero cristiano, fondano e collegano la dignità, i diritti e i doveri
delle persone alla loro condizione creaturale di "immagine e somiglianza" di Dio. Essa li garantisce
dalle manomissioni di poteri e interessi. Fede, religione, senso morale e rispetto della libertà religiosa
diventano, quindi, criteri di coerenza per ogni società e cultura. Garantiscono anche la maturità e
libertà, che sistemi giuridici, sociali ed economici devono sforzarsi di tutelare sempre più 13.
1
M. Brunet, "Origines et environnement des premiers hominidés", in E. Morin, Relier les connaissances
[RLC], Ed. Du Seuil, Paris 1999, 165-168. Prof. univ. di Poitiers, Dir. lab. di geobiologia, biocronologia e
paleontologia umana del CNRS. Opere principali: "Les inattendus de la paléontologie", in Pour la science, n.
230, 1996; (in coll. con A. Beauvilain, Y. Coppens, E. Heintz e altri), Découverte au Tchad du premier
australopithéque connu à l'ouest de la Rift Valley, CNAR 1995; Id., Australopithecus bahrelghazali. Une
nouvelle espèce d'hominidé ancien de la région de Koro Toro (Tchad), Paris, Académie des Sciences, 332, Iia.
2
H. De Lumley-Woodyear, "Hominidés et hominisation", RLC 169-175. Prof. al Muséum National
d'Histoire Naturelle, Direttore dello stesso e del laboratorio di preistoria del Musée de l'homme e dell'Institut de
Paléontologie humaine (Monaco). Principali pubblicazioni recenti: L'homme premier. Préhistoire, évolution,
culture, Odile Jacob, Paris 1998; Le Grandiose et le Sacré. Gravures rupestres protohistoriques et historiques de
la région du mont Bigo, Édisud, Aix-en-Provence 1995
3
De Lumley-Woodyear, "Hominidés et hominisation", cit., 176-178.
4
A. Langaney, "Hérédité, génétique: unité et diversité humaines", RLC 179-184. Genetista, biologo, prof.
all'univ. di Ginevra, prof. al Musée de l'homme di Parigi. Principali opere recenti: La Philosophie… biologique,
Belin, Paris 1999; La Plus Belle Histoire de l'homme, Éd. Du Seuil, Paris 1998; Tous parents, tous différents,
Musèe de l'homme, Paris 1995; Le Sauvage central, R. Chabaud, Paris 1991; Les Hommes, A. Colin, Paris 1987;
Le sexe et l'innovation, Éd. Du Seuil, Paris 1987.
50
5
A. Giordan, "Les grandes régulations du corps humain", RLC 185-188. Agrégé de biologie, prof. a l'univ. di
Ginevra, Direttore del Laboratorio di Didattica ed Epistemologia delle Scienze di Ginevra. Opere principali: Le
Corps humain, la première merveille du monde, J.C Lattès, Paris 1999; Apprendre, Belin, Paris 1998; Une
éducation scientifique à l'école maternelle, Z'Editions, Nice 1997; Maitriser l'information scientifique et
médicale, Delachaux, Paris 1990; Psychologie génétique et Didactique des sciences, P. Lang, Berne 1989;
Histoire de la biologie, 2 vol., Lavoisier, Paris 1987; L'Éducation relative à l'environnement. Principes
d'enseignement et d'apprentissage, UNESCO, Paris 1986; Quelle éducation scientifique pour quelle société?,
PUF, Paris 1978; Une pédagogie pour les sciences expérimentales, Centurion, Paris 1978
6
Giordan, "Les grandes régulations", cit., 189-191; Id., "La physionique", La Recherche, n° 284, février
1996.
7
Giordan, "Les grandes régulations", cit., 192-197; Comme un poisson rouge dans l'homme, Payot, Paris
1995.
8
E.E. Baulieu, "De la longévité humaine", RLC 198-201. Medico, prof. di biochimica a l'univ. di Paris-Sud,
prof. di fondamenti e principi della riproduzione umana al Collège de France, Cofondatore e Dir. dell'unità di
ricerca 33 all'INSERM, membro della Accademie delle Scienze di Francia e degli Stati Uniti. Principali opere
recenti: Contraception, contrainte ou liberté, Odile Jacob, Paris 1999; (in coll. con P. Kelly), Hormones,
Hermann, Paris 1990; The Abortion Pill, Simon & Shuster, New York 1990; Génération pilule, Odile Jacob,
Paris 1989; Les Hypercorticismes surrénaliens, Masson, Paris 1955.
9
J. Ruffié, "Biologie humaine et médecine prédictive", RLC, 202-203. Dott. in medicina e in scienze, prof. di
Antropologia fisica al Collège de France, Research Professor al Medical Center, univ. di New York, membro
della Académie des Sciences e Académie de Medicine. Opere principali: (in coll. con J.C. Sournia), La
Transfusion sanguine, Fayard, Paris 1996; Naissance de la médecine prédictive, Odile Jacob, Paris 1993; Le
Sexe et la Mort, id., 1986.
10
R. Passet, "Économie: de l'unidimensionalité à la transdisciplinarité", RLC 204-208. Prof. di scienze
economiche univ. Paris-I (Panthéon-Sorbonne). Principali opere recenti: L'Économique et le Vivant, Economica,
Paris 1996; Une économie de rève, Calmann-Levy, Paris 1995; (in coll. con J. Theys), Héritiers du futur.
Rapport du groupe de prospective Environnement et Aménagement du territoire, Éd. De l'Aube, Paris 1995. Cf.
G. Gismondi, G. Gismondi, Il lavoro: fine di un modello o nuova era?, San Paolo, Cinisello B. 2001, 49-70,
105-116.
11
M. Delmas-Marty, "Accession à l'humanité en termes juridiques" RLC 209-213. Prof. univ. Paris-I
(Panthéon-Sorbonne), membro de l'Institut Universitaire de France. Principali opere recenti: (in coll. con H.
Atlan, M. Augé, N. Fresco e altri), Le Clonage humain, Éd. Du Seuil, Paris 1999; Trois Défis pour un droit
mondial, id., 1998; (in coll. con C. Lucas de Leyssac), Libertés et Droits fondamentaux, id., 1996; Vers un droit
commun de l'humanité. Conversation avec Philippe Petit, Textuel, Paris 1996.
12
Delmas-Marty, "Accession à l'humanité", cit., 213-216.
13
Giovanni Paolo II, "La dimensione trascendentale è la fonte autentica della dignità e dei diritti inviolabili
di ogni persona", L'Osservatore Romano (Supplemento n. 9), 12.1.1989, nn. 4, 6, 7.
51
CAPITOLO 11. SCIENZE STORICHE: MEMORIA, PARADIGMI, METODI
Nell'ascoltare le scienze dell'universo, della Terra, della vita e dell'uomo, la dimensione storica ci
ha accompagnato in modo discreto e costante. Ora appare direttamente, come espressione
significativa, ineliminabile dalle relazioni umane: economia, demografia, politica, costume e vita
quotidiana. Essa contestualizza tutto ciò che è umano, mediante idee e visioni attinte a molte
discipline1. Vivendo nella storia, non possiamo comprenderci fuori o senza di essa. Il nuovo spirito
scientifico, tuttavia, ci dice che anche storici e storiografi sono storicizzati. Le loro riflessioni e
ricerche non sono mai neutre, retroagiscono sulla storia e richiedono cautela e senso critico.
1. Paradigmi storici: evoluzione, complessità, passato del futuro, futuro del
passato
Gli storici confermano questa realtà. A. Burguière nota che in Francia, negli anni 1880, i
repubblicani, preso il potere, instaurarono l'imperialismo della storia, ispirandosi a una complicata
mistura ideologica di scientismo, onnipotenza del metodo e progressismo illuminista. La storia
unificava tutti i fenomeni culturali di un'umanità avviata a un unico destino. L'evoluzionismo, invece,
imitò l'escatologia e la teologia della storia, secolarizzandole in teleologia del progresso e della civiltà.
Gli storici si posero al centro dei processi e della comprensione, per guidare il cammino dell'umanità.
In Francia, la loro egemonia impose i modelli di rappresentazione nazionale del secolo XIX e impedì
alle scienze sociali di entrare nelle scuole e nell'università2. Gli storici francesi presero da Marx la
lotta di classe, attribuendo portata universale alla sua dialettica emancipatrice, come teoria generale
della storia. Si cercò anche di spiegare mediante le origini ciò che non si poteva spiegare per via
sperimentale. Simili modelli di sviluppo dell'umanità e della storia venivano imposti agli studenti
come modelli del loro sviluppo personale.
Le guerre mondiali smentirono tutte le ideologie del progresso, dell'evoluzione e del continuo
sviluppo storico dell'umanità. Non si doveva più leggere il passato alla sola luce del proprio presente.
Si criticò il carattere ipotetico e relativo di ogni ricostruzione: sia di quelle volontariste,
psicologizzanti e casualiste, che di quelle deterministe e marxiste, per guardare i diversi livelli di
temporalità e realtà, articolati secondo epoche e problemi. La percezione della complessità, infine,
spinse a concentrare l'attenzione sui movimenti eterogenei della storia, sull'insieme dei tempi brevi e
lunghi e sui fenomeni retroattivi. Si cercano nel futuro le riprese di un passato aperto e aleatorio, per
valorizzare l'impegno responsabile dell'uomo3. Per P. Ricoeur, la storia raccontata, spiegata e
interpretata come successione di date è estranea a ciò che gli uomini fanno e subiscono (cultura). Le
categorie temporali, implicite o esplicite, che concatenano i fatti e combinano insieme le cause e le
ragioni non fanno parte del tempo vissuto e dei racconti ordinari. Producono solo costruzioni
complicate, esotiche, estranee a spazio e tempo.
Egli, in particolare, critica: gli avvenimenti staccati dalla loro base narrativa e visti nell'ottica
naturalista; le serie ripetitive che contrastano l'unicità e l'irripetibilità degli avvenimenti; le epoche che
pongono persone e generazioni in orizzonti temporali più vasti, divisi in durate brevi, medie e lunghe;
le strutture che approfondiscono il senso di rottura (rottura di una struttura)4. Il passato chiuso,
ineluttabile e determinato provoca malessere. L'ideologia storicista relativizza tutto. Spiegare ogni atto
sensato, solo con la sua collocazione storica, porta a un rovinoso scetticismo, che distrugge l'impegno
morale e civile. Tale scienza storica: sconvolge gli abituali quadri di riferimento temporale della
coscienza personale e collettiva; rende estranei i mondi storici lontani; relativizza e distrugge
l'immutabile. Bisogna, quindi, riconciliarla con la memoria individuale e collettiva, che consente una
relazione col passato. La memoria, per quanto imperfetta, è la prima apertura al passato. La domanda
di storia, quindi, affonda le radici nella memoria. La testimonianza è la struttura fondamentale che
assicura il passaggio dalla memoria alla storia.
Trasferisce le cose viste in cose dette. Si basa sulla relazione fiduciosa e critica e sul confronto
delle testimonianze rivali. Nella tappa successiva si archiviano le tracce documentarie, che prendono il
posto delle tracce mnemoniche, con una seconda mediazione fra memoria e storia: quella delle
generazioni successive, o coesistenti nella stessa porzione di presente. Questa memoria
transgenerazionale assicura la transizione tra la memoria individuale e collettiva e la storia degli
storici. Un'altra tappa successiva, a ritroso delle rotture operate dalla storia, è il sentirsi debitori verso i
52
propri predecessori, per ciò che se ne eredita. Questo smentisce l'idea di un futuro aperto e di un
passato chiuso e determinato. Per chi viveva, il passato aveva un futuro fatto di opzioni, progetti,
timori, attese, sogni, che sembrano inadempiuti a chi viene dopo. Esso, comunque, è incancellabile, ci
fa debitori e c'interpella. Dobbiamo, quindi, riconoscere un non-storico, un super-storico e un transstorico, sotto i quali poniamo le nostre invarianti (nascere da un uomo e da una donna, avere fratelli e
sorelle ecc.). Transtorico significa che non è storia solo ciò che ci separa dal passato e ce lo rende
estraneo, ma anche quello che ci avvicina a ciò da cui la storia sembra allontanarci 5.
2. Eventi, incidenti, memoria
Fanno parte della storia anche gli eventi legati al clima. Le Roy Ladurie ricorda i pessimi risultati
agricoli causati dal freddo e dall'umidità (piccola era glaciale), alla fine del regno di Luigi XIV (16871701). Fénelon rileva la fame, le carestie con alta mortalità, la carenza di viveri, l'estrema miseria e la
disoccupazione che resero la Francia un ospedale desolato (1694 e 1789)6. L'eruzione vulcanica di
Tambora (Indonesia, 1815-1817) provocò un inverno fuori stagione. Simili eventi, imprevisti e
imprevedibili, non sono rari7. La storia vista dalle società coloniali (periferie) ne aggiunge altri. Gli
Amerindi, al contrario degli Europei, considerano un "evento", non ciò che è unico, singolo e
irripetibile, ma ciò che si ripete secondo i cicli del calendario. Per gli storici messicani tempo cristiano
e tempo indio si potrebbero arricchire reciprocamente8. Nel XVI secolo il Messico sviluppò notevoli
espressioni culturali e artistiche: sistemi di scrittura, calcoli del tempo, musiche, sculture, pitture e
letterature, che scomparvero agli inizi del XVII secolo.
Gli storici occidentali ignorarono quella ricchezza culturale, per incomprensione, indifferenza,
visione etnocentrica delle realtà passate e concezione lineare e determinista del tempo. Interpretano il
tempo in base alle ideologie: perfezione dei singoli (illuminismo), società senza classi (marxismo),
perfezione della specie (evoluzionismo), leggi storiche fisse (determinismo). Per questo trascurano
quanto appare accidentale, incerto, aleatorio, non prefabbricato, indeterministico. Ciò impedisce loro
di capire che la realtà e la storia comportano incertezze e soggiacciono a interazioni difficili da
rilevare. I. Prigogine, in Leggi del caos, sottolinea che Popper, con l'immagine di "orologi e nuvole"
illustra bene il contrasto fra l'ossessione per i modelli scientifici precisi (orologi) e il timore per la
complessa fluidità, mutevolezza e dinamismo della realtà (nuvole). La realtà supera tutti i modelli e
impone esigenze inderogabili: riconoscere i limiti storici, culturali e geografici di ogni visione del
tempo e del passato; ripensare tutti i rapporti fra le varie scienze; dialogare con storici e storie extra
europee. Chi non lo fa rimane schiavo dei propri etnocentrismi9.
Per F. Dosse, solo nel XX secolo gli storici abbandonarono le pretese di senso e di continuità,
spostando l'attenzione dai determinismi strutturali alla diversità e agli eventi irriducibili e irripetibili.
Le azioni "situate" trovarono posto nel nuovo rapporto fra storia e memoria. Le scienze umane
cercarono di uscire dal causalismo di quelle sperimentali, per valorizzare la loro specificità umana di
discipline interpretative. Fra il 1950 e il 1975 il paradigma strutturalista delle scienze umano-sociali
considerò "ideologiche" le idee che la verità scientifica sia accessibile ma nascosta e che la realtà si
raggiunga solo espropriando i soggetti. Negli anni 1980, lo strutturalismo fu spodestato dal paradigma
storicista, che riabilitava la parte esplicita e riflessa dell'azione, contestava la pretesa criticità della
competenza scientifica, sostituiva i sospetti e le denuncie, con l'ascolto degli attori. Il conflitto fra
spiegare e comprendere fu superato dall'ermeneutica di Ricoeur, volta a esplorare le potenzialità dei
due poli, anziché insistere sulle dicotomie fra scienze naturali e dello spirito.
L'interpretazione, collocata tra il vissuto e il concetto, consentì di spiegare di più, per comprendere
meglio. L'atto interpretativo si poneva fra un senso comune rivalutato e una dimensione
epistemologica liberata da preclusioni e rigidezze scientiste10. La coscienza ermeneutica si colloca fra i
due poli del movimento critico: quello kantiano, del distanziamento (prospettiva esplicativa), e quello
della comprensione e appartenenza (prospettiva aperta a nuovi mondi). L'approccio di Ricoeur
all'avvenimento consente una triplice complementarità: della critica interna ed esterna delle fonti; della
ripresa degli schemi causali che possono renderne conto; delle tracce dell'avvenimento nella coscienza
collettiva, che danno luogo a un evento significativo. Lascia aperto, invece, il problema del rapporto
fra memoria e storia, per evitare sia eccessive separazioni che quasi-identificazioni. Poiché la storia
può svolgere pure un ruolo di responsabilità per il presente, è utile rivisitarne le possibilità, partendo
dal passato per pensare al futuro 11.
53
3. Sistemi tecnoscientifici, costruzioni sociali, esigenze umane
Secondo F. Caron, la storia delle scienze e delle tecniche ci rende più cauti e critici verso i
progressi tecno-scientifici. Inoltre, non si limita più ai singoli settori specifici, ma descrive le
interrelazioni e le interdipendenze del sistema tecnoscientifico. I concetti d'interdipendenza e di
sistema tecnico si mostrano gli unici per analizzare e comprendere i mutamenti globali.
L'interdipendenza è già emersa per le tecnologie elettriche (1880-1900) e informatiche (1960-1980).
Saturata la tecnologia del vapore, l'energia elettrica provocò migliori rendimenti, libertà di ubicazione,
nuove applicazioni, maggior organizzazione e disciplina. Saturata la meccanografia, l'informatica
consentì di: adeguare i sistemi tecnici alle esigenze della società di massa; risolvere i problemi di
gestione e regolazione di reti e flussi di persone, risorse, merci e informazioni. La scienza
professionale ha mutato le relazioni tra sviluppi scientifici e innovazioni tecnologiche. Il rapporto fra
ricerca e applicazioni divenne sempre più stretto, fino a sviluppare la ricerca, nel mitico modello
giapponese, nei luoghi di produzione12.
Dal 1970, la scienza fornì direttamente alle industrie mezzi, dati e conoscenze per i processi
produttivi. La ricerca di base avviene sempre più nelle industrie, che intensificano i rapporti con
università e centri di ricerca. La tecnologia, tuttavia, non è solo interdipendenza, perché ingegneri e
ricercatori progettano le costruzioni sociali e le nuove società. Ad esempio: la società dei consumi di
massa, fu costruita per aumentare il numero di prodotti, aumentando i consumatori13; l'illuminazione
elettrica rispose a esigenze di sicurezza e d'igiene e di modelli inediti di vita; le tecnologie
informatiche risposero a esigenze di cultura e di comunicazione. La tecnologia, dunque, unisce
costruzione sociale e del sociale. Le sue strategie e innovazioni aggressive mutano rapidamente i
prodotti e i servizi, sconvolgono i modi di produzione e le pratiche culturali, cambiano radicalmente i
materiali (chimica, elettronica, energia, bio-tecnologia ecc.).
Ogni settore dipende dai suoi risultati. Nel XX secolo, la società fu tecnologizzata espandendo
quattro sottosistemi: quotidiano; reti; processi produttivi; armamenti. Le tecnologie del quotidiano
sono punto di arrivo delle reti tecnologiche su grande scala. Le tecnologie informatiche consentono di
gestire reti e decisioni in tempo reale. L'elettronica consente di estremizzare la continuità.
L'integrazione di robot e controlli informatici realizza la produzione flessibile di massa. L'integrazione
delle funzioni ottimizza le attività dell'impresa. L'attenzione ai crescenti bisogni e l'utilizzazione dei
risultati della ricerca fa sorgere nuove tecnologie. Le scelte iniziali e i percorsi imposti dalle tecniche
provvedono al loro sviluppo. Il sistema tecnoscientifico sfrutta i risultati di una ricerca di massa, che
indaga tutte le utilizzazioni possibili. All'inizio le conoscenze determinano le scelte degli operatori, poi
subentrano i meccanismi d'interazione e di retroazione positiva.
4. Riflessioni conclusive
Lo sviluppo della tecnoscienza, all'apparenza irreversibile, rimane comunque una costruzione
sociale e un fattore di cambiamento sociale, dipendente dagli sviluppi delle conoscenze scientifiche e
dalla volontà di rispondere ai bisogni reali o immaginari di una società in movimento. La sua
razionalità: approfondire le conoscenze scientifiche e migliorare la produttività dei fattori, può servire
ad accrescere il reddito e/o il benessere dei cittadini. Le sue scelte politiche sono soggette ai gruppi di
pressione. Dalla metà del XX secolo appare sempre più coinvolta nei rischi, grandi catastrofi,
degradazione degli spazi naturali, inquinamento atmosferico, effetto serra, esaurimento delle risorse
non rinnovabili, scomparsa delle identità culturali, persistente e crescente miseria di massa ecc. Per
questo ci s'interroga sulla sua legittimità. Le preoccupazioni per l'avvenire del pianeta, la specie,
società e culture sono giuste. Urgono nuove soluzioni14. Le riflessioni di H.I Marrou sulla fatica dello
storico, per superare ogni idea di dominare, dirigere e guidare l'umanità, valgono anche per gli
operatori tecnoscientifici, richiamati alla consapevolezza "di non poter conoscere tutto e non essere
qualcosa più di un uomo che accetta con semplicità il fatto di non essere Dio. Nel suo piccolo
specchio, si riflette solo una conoscenza parziale, limitata, non di rado oscura". Sapere di non sapere è
la vera sapienza che fa percepire: l'immensità di quanto ci sfugge; la complessità della realtà; la tragica
ambivalenza delle situazioni umane. Ricordare le possibilità e le eventualità, assieme alla precarietà, le
incertezze e i limiti, è il modo prezioso per avanzare con coraggio e umiltà, sapendo soffrire e
continuando a sperare15.
54
1
E. Morin, Relier les connaissances [RLC], Ed. Du Seuil, Paris 1999, 287. Gli autori rispecchiano
soprattutto la situazione francese.
2
A. Burguière, "De l'histoire évolutionniste à l'histoire complexe", RLC 289-291. Direttore École des hautes
études en sciences sociales (EHESS), membro del Comitato di Direzione degli Annales, per storia e scienze
sociali. Principali opere: Paysages et Paysans, Nathan, Paris 1992; Marc Bloch aujourd'hui. Histoire comparée
et sciences sociales, EHESS, Paris 1990; (in coll. con J. Revel), Histoire de France, 4 vv., Éd. du Seuil, Paris
1989-1994; Regards sur la France, La Documentation française, Paris 1989; Histoire de la famille, 2 vv.,
Armand Colin, Paris 1987; Dictionnaire des sciences historiques, PUF, Paris 1987; Bretons de Plozévet,
Flammarion, Paris 1976.
3
Burguière, "De l'histoire évolutionniste", cit., 291-296.
4
P. Ricoeur, "Le passé avait un futur", RLC 297-298. Filosofo, prof. nelle univ. di Francia (Parigi), Stati
Uniti (Chicago) e altre. Delle sue opere ricordiamo: Le Temps raconté, Éd. du Seuil, Paris 1991 (1985); Temps et
Récit: t. 1, L'Intrigue et le Récit historique, id., 1991 (1983); t. 2, La Configuration dans le récit de fiction, id.,
1991 (1984); La Métaphore vive, id., 1997 (1975); De l'Interprétation. Essai sur Freud, id., 1995 (1965).
5
Ricoeur, "Le passé avait un futur", cit., 299-304.
6
Ciò non si estese alle zone meridionali, dal clima più dolce e mite. E. Le Roy Ladurie, "Histoire du climat,
histoire événementielle", RLC 305-307. Prof. al Collège de France e univ. Paris-VII, membro de l'Académie des
sciences morales et politiques. Opere principali: Saint-Simon, le système de la Cour, Fayard, Paris 1997;
L'Historien, le Chiffre et le Texte, id., 1997; Histoire du climat depuis l'an Mil, Flammarion, Paris 1990 (1967).
7
Le Roy Ladurie, "Histoire du climat", cit., 308-310.
8
S. Gruzinski, "Événement, bifurcation, accident et hasard. Regards sur l'histoire depuis les périphéries de
l'Occident" RLC 311-312. Archivista, paleografo, prof. e dir. di studi a École des hautes études en sciences
sociales (EHESS); dir. ricerche CNRS. Opere principali: La pensée metisse, Fayard, Paris 1999; Histoire de
Mexico, Id., 1996; La Guerre des images, id., 1990; La Colonisation de l'imaginaire, id., 1988.
9
Gruzinski, "Événement, bifurcation, accident et hasard", cit., 313-316.
10
F. Dosse, "La méthode historique et les traces mémorielles" RLC 317-320. Storico, prof. univ. ParisXNanterre, IUFM Versailles, Institut politique de Paris, coanimatore rivista Espaces-Temps. Opere principali:
Paul Ricoeur, le sens d'une vie, La Découverte, Paris 1997; L'Empire du sens. L'humanisation des sciences
humaines, id., 1995; Histoire du structuralisme, t. 1, Le Champ du signe, 1945-1966, t. 2, Le Chant du cygne,
1967 à nos jours, id., 1991-1992; L'instant éclaté. Entretien avec Pierre Chaunu, Aubier, Paris 1994; L'Histoire
en miettes. Des Annales à la Nouvelle Histoire, La Découverte, Paris 1987.
11
Dosse, "La méthode historique", cit., 321-326.
12
F. Caron, " Histoire contemporaine et développements technoscientifiques" RLC 327-329. Prof. di storia
contemporanea univ. Paris-IV Sorbonne, fondatore del Centre de Recherche en Histoire de l'Hinnovation. Opere
principali: Les Deux Révolutions industrielles du XX siècle, Albin Michel, Paris 1997; L'Histoire des chemins de
fer en France, t. 1, 1740-1883, Fayard, Paris 1997; Histoire économique de la France, XIX-XX siècle, Armand
Colin, Paris 1995; La France des patriotes, Fayard, Paris 1985; Histoire de l'exploitation d'un grand réseau. La
Compagnie des chemins de fer du Nord, des origines à la nationalisation, Mouton, Paris 1973.
13
G. Gismondi, Il lavoro. Fine di un modello o inizio di una nuova era?, San Paolo, Cinisello B. 2002, 150-
151.
14
Caron, " Histoire contemporaine et développements technoscientifiques", cit., 330-332, 334-339.
15
H.I. Marrou, La conoscenza storica, Il Mulino, Bologna 1975, 275-276.
55
CAPITOLO 12. CIBERCULTURA, INFOETICA, NUOVA ECONOMIA
Il capitolo precedente ha rilevato i complessi rapporti fra storia, eventi naturali, economici, sociali,
tecnologie e scienze. Qui l'attenzione si focalizza maggiormente sulle scienze, le tecnologie e il futuro.
P. Quéau, ingegnere specializzato in problemi informatici, ipotizza le nuove possibilità e analizza le
loro probabili conseguenze. Definisce i fenomeni emergenti, con due nuovi termini: cibercultura e
infoetica. Il primo è più importante per la nostra riflessione. Ciber indica le nuove tecnologie
riguardanti l'informazione e la comunicazione. Cibercultura significa: cultura che nasce da e su
Internet. I suoi sostenitori pensano che i nuovi modelli mentali e i loro strumenti (simulazione
numerica, realtà virtuale ecc.) insegnino a gestire le nuove forme di complessità e creino nuove
espressioni di pensiero, che mostrino la natura e superino i limiti degli attuali schemi mentali. È ciò
che dovremo verificare.
1. Innovazioni, lavoro, valore della persona
Cibercultura non significa solo risorse dell'informazione e inesauribile possibilità di navigare in
esse. Include pure l'idea di cultura per governare tutto ciò che riveste una dimensione globale,
mondiale, planetaria o universale. Vuole fornire le soluzioni dei problemi mondiali e globali del nostro
tempo. Forse metterà in causa gli attuali modelli di società e di organizzazione sociale. La società
mondiale dell'informazione comporta una rivoluzione non solo tecnica ma culturale, sociale,
economica e politica. Cultura significa quindi: modi diversi di guardare la realtà e risolverne i
problemi. La cultura ciber, però comporta un pensiero astratto e matematico, modelli quantitativi,
schemi puramente numerici e rappresentazioni virtuali. Di qui la preoccupazione per le limitazioni e le
riduzioni esercitate sull'uomo. A farne le spese sarebbero le sue dimensioni più profonde, gli aspetti
indicibili e tutto ciò che non si può ridurre a numero e a modello. Si distinguono due tipi
d'intelligenza: collettiva e del collettivo. La prima indica l'intelligenza astratta, posta a disposizione di
tutti. La seconda indica la persona concreta, che esercita la propria intelligenza in contatto con la
collettività. Poiché la rete delle reti (Net) non è una persona, tali termini sono ambigui. È molto più
significativo il termine noosfera (sfera dello spirito) di Teilhard de Chardin. Meglio dire, dunque, che
la cibercultura potrebbe far emergere la noosfera1.
Società dell'informazione, comunque, non significa maggior cultura, perché l'informazione non è
conoscenza e la conoscenza non è cultura. Al contrario, la sua astrattezza esclude la cultura, perché le
relazioni di tipo globale accentuano l'individualismo e l'esclusivismo. La nuova cultura, invece, deve
sviluppare ruoli che valorizzino l'umanità dell'uomo. La cultura del lavoro non si centra più sul
sostentamento, ma sull'espressione e l'espansione delle persone2. L'essere vi prevale sull'avere,
avvantaggiando l'economia, che ha bisogno di una pace, impossibile senza la giustizia. Solo pace e
giustizia sociale garantiscono condizioni globali, favorevoli all'attività umana. Oggi è più difficile
realizzarle perché aree e territori sono vincolati alla storia e alla geografia, mentre ciberspazio, paradisi
fiscali e bolle speculative ne sono totalmente svincolati. Si sottraggono a ogni responsabilità e
controllo, dispongono di maggiori mezzi tecnologici e finanziari, traggono vantaggio dall'insufficienza
delle leggi. Persino i diritti d'autore e i copyright avvantaggiano i più forti anziché gli autori.
La volontà di brevettare il genoma umano conferma l'avidità del mercato per tutto ciò che è
pubblico. Occorre, quindi, un ambito pubblico aperto, al quale i cittadini possano partecipare, come
membri del proprio Stato e del mondo. Occorrono leggi che rendano effettivo il diritto di accedere
all'informazione, poiché libertà d'informazione e d'espressione sono complementari. Hannah Arendt
notava che il pubblico non è più l'ambito della virtù, divenuta una funzione del privato. Di
conseguenza: la ricerca della virtù è divenuta un affare personale privato; la ricerca dell'interesse
privato è la preoccupazione pubblica dominante; le persone, avendo in comune solo interessi
particolari, mettono insieme la somma dei propri egoismi. Questi rapporti vanno capovolti3. Una
cultura universale standardizzata, impoverita e alienante non può farlo. Occorre una cultura
dell'universale, che fa dell'universale la categoria del pensiero e dell'azione. Essa esige un'etica
dell'universale, adeguata alla società mondiale dell'informazione. La cibercultura dovrebbe divenire il
loro luogo di attuazione. In questo senso l'infoetica indicherebbe l'etica da attuare nella società
mondiale dell'informazione, fondata su valori collaudati: dignità delle persone, solidarietà, giustizia,
eguaglianza ecc.
56
2. Culture informatiche fra giusto e ingiusto
L'accesso all'informazione, come fattore fondamentale di lotta alla povertà, l'ignoranza e
l'esclusione sociale va regolato. Per un giusto equilibrio fra creazione e utilizzazione delle idee, oltre al
copyright occorre un copyleft. Esso significa che gli autori di opere intellettuali (scrittori, studiosi,
ricercatori scientifici ecc.) accettano la libera e gratuita diffusione delle proprie idee, rinunciando ai
benefici finanziari, purché sia riconosciuta e garantita la loro proprietà morale e nessuno se ne
appropri. Per attuare queste innovazioni non bastano gli strumenti tecnici, ma occorrono i
rinnovamenti culturali. Dobbiamo chiederci, allora: Per il XXI secolo quale cultura dobbiamo
costruire? Qual è il posto della persona umana in un mondo sempre più preda di congegni e di logiche
astratte? Che s'intende per bene comune? La lunga esperienza storico-culturale dell'umanità mostra
che solo una cultura centrata sulla verità, la dignità e l'autenticità di ogni persona può soddisfare le
esigenze umane.
Vanno considerate persone, tuttavia, anche i più poveri e sprovveduti. Il bene comune comporta il
fine culturale ed etico dell'attenzione prioritaria ai soggetti più sprovveduti e sfavoriti. La cibercultura,
come cultura di governo, deve governare in tal senso, perché il ciber è solo il timone e la rotta la
stabilisce l'uomo. Nessuna rotta è migliore di quella che va verso l'altro 4. N. Rouland, giurista, pone il
diritto a fianco della cultura e dell'etica. Egli avverte che educare al diritto gli adolescenti, che
considerano le regole estranee alla loro vita, è uno dei compiti più difficili. Occorre partire dai valori
comuni. La libertà sottolinea il diritto di ciascuno a vedere rispettati i propri valori e le proprie scelte.
Il diritto la armonizza alla vita sociale, mediante gli accordi necessari. La solidarietà come
contrappeso alle ingiustizie, entra nei fini del diritto, che a volte può essere ingiusto, e l'ingiustizia non
è mai un valore5.
È, quindi, importante cambiarlo e renderlo più giusto. Inoltre, non sempre fornisce le migliori
soluzioni, per cui è necessario vigilare ed essere critici nei suoi confronti. Oggi il valore dei diritti
umani appare anche ai giovani. Sono, quindi, un buon punto di partenza per attuare la giustizia, la
solidarietà e la libertà, Essi mostrano che l'inevitabile aspetto repressivo del diritto, è solo l'espressione
negativa di esigenza positive e necessarie: rispettare e proteggere ognuno; inserire la tolleranza nel
contesto del rispetto, dell'amicizia e della comprensione; governare la diversità, anziché negarla o
impedirla. Ciò è particolarmente importante in una convivenza sempre più multietnica, multiculturale
e multireligiosa. Dobbiamo, quindi, prepararci e preparare al fatto che ogni cultura può incontrare,
dover accettare o scegliere forme molto diverse dalle proprie o da quelle in cui i suoi membri attuali
sono nati o cresciuti6. È essenziale comprendere perché i valori, che a noi sembrano naturali, non lo
sembrino a tutti, sempre e dappertutto.
3. Terzo settore, non/profitto, economia di comunione
I problemi messi in luce in questo capitolo esigono impostazioni nuove e più adeguate, della realtà
economica e delle scienze che la indagano. È ormai emersa l'importanza del terzo settore, del non
profitto e dell'economia di comunione. Quest'ultima si differenzia dal terzo settore, perché riguarda
imprese commerciali che operano dentro il mercato, vivono la cultura d'impresa, producono beni e
servizi in modo efficiente, economico e rispettano le regole della concorrenza. La sua ispirazione di
fondo è la dottrina sociale cristiana, in particolare la Centesimus Annus. S. Zamagni pone tra i suoi
principi fondativi e regolativi, l'uso del mercato, come mezzo per realizzare politiche di
redistribuzione del reddito e della ricchezza. Tale idea è rivoluzionaria, perché capovolge il principio
rigoroso, invalso da circa 150 anni, che solo il mercato produca ricchezza e solo lo Stato la
ridistribuisca. L'economia di comunione, invece, usa il mercato sia per produrre che per ridistribuire e
perequare reddito e ricchezza.
Il fatto è che gli strumenti tradizionali per ridistribuire e perequare non funzionano più. L'economia
di comunione subentra ad essi, ricongiungendo produzione e redistribuzione, come strumento per
ridurre le diseguaglianze, in una nazione e fra nazioni. Essa, inoltre, inserisce nella logica di mercato
l'esigenza di tener conto di come si producono i prodotti e si erogano i servizi. Ai suoi inizi l'economia
di comunione ha guardato solo all'offerta, ora guarda anche alla domanda, per attuare un nuovo
modello di consumo. Di qui il terzo aspetto: la necessità d'inserirsi nel potere esercitato dal basso
(governance), dalla società civile transnazionale, per surrogare il potere esercitato dall'alto
57
(government), dagli Stati transnazionali. Ciò al fine di costituire un punto di riferimento, per orientare
le relazioni economiche globali, ossia fissare gli standard della qualità e dei modi di transazione.
Per la sua novità, l'economia di comunione, non può essere né giustificata dai, né forzata nei
modelli e le categorie di pensiero della scienza economica corrente (benessere, assistenza, principio di
efficienza di Pareto). Deve rifondarli, assieme al paradigma degli ultimi centoventi anni, subentrato a
quello precedente, che durava da cent'anni. Il paradigma fordista ebbe successo perché commisurato
alle esigenze del modello sociale fordista. Poiché quel modello è finito e i bisogni sociali sono diversi,
occorre un nuovo paradigma. Esso deve riscrivere la teoria economica, partendo da altri fondamenti e
principi. La categoria fondamentale del nuovo paradigma non è più la libertà di scegliere solo fra
alternative determinate da altri, ma di proporre e scegliere fra alternative proprie. Il paradigma
attuale, obsoleto e invecchiato, va superato, conservandone gli strumenti tecnici ancora utili. In questo
modo si può contribuire a una cultura nuova e a un'economia più umana7.
4. Riflessioni conclusive
Il progetto dell'economia di comunione concorda col nuovo concetto di sviluppo, elaborato da
Amartya K. Sen (Nobel per l'economia 1988). In esso i fini e gli obiettivi della politica economica non
si limitano alla crescita del reddito (sviluppo economico), ma comprendono la salute, la longevità, il
grado d'istruzione, la partecipazione alla vita sociale ecc. (sviluppo umano). Sen introduce, come
esigenza essenziale della cultura economica, la qualità della vita, che va migliorata in tutto il pianeta.
Essa confligge con i fini e gli obiettivi individualisti della politica dei consumi, seguita dalle grandi
istituzioni economiche mondiali e disastrosa per comunità e ambiente8. Già nel Settecento gli
economisti "mediterranei", come scopo dell'economia, ponevano la felicità. Essa includeva la
socialità, poiché non si è mai felici da soli. Il Genovesi vi aggiunse pure la gratuità9. L'economia
classica ridusse gli "altri" a mezzi o vincoli, dimenticando che, invece, sono dei soci dai quali dipende
il nostro stesso realizzarci10. Occorre, quindi, una nuova antropologia di comunione, centrata
sull'uomo, visto non più come egoista, puro produttore e consumatore, ma come persona aperta al
dono, capace di elargire e di condividere.
Questo non è un progetto di beneficenza, di filantropia, di assistenzialismo ecc. Si tratta, sono,
infatti, di porre al centro e a fine di ogni attività e realtà, la persona, la dimensione del dono e le
reciproche relazioni di comunione e unità11. Se l'attuale scienza economica non può convalidare tutto
ciò, deve almeno riconoscere spazi e ambiti in cui le motivazioni umane, la sfera relazionale e la
ricerca di significati intrinseci all'attività svolta, possano produrre effetti positivi per la società e le
imprese. Sono valori che diventano potenti risorse ideali, morali e relazionali. Persona significa assai
più di individuo12. L'Occidente ha il merito di aver visto l'uomo come individuo, e il limite di non
averlo riconosciuto come persona13. Da tempo, la teoria e la razionalità economica, centrate
sull'individuo, perdono di efficienza. Non basta più massimizzare la propria utilità, né idolatrare il
mercato. Arrow, Sen e altri, introducono nelle analisi del comportamento economico la dimensione
sociale e la tensione alla realizzazione personale14.
L'economia di comunione pone al suo centro non i risultati, ma i modi di produrre e di lavorare.
Ciò le consente di mobilitare la tenacia, l'unità interna e la solidarietà con l'esterno, che permettono
alle imprese di superare le crisi, le divisioni, i conflitti e le defezioni. Assieme all'autodeterminazione
(profonda convinzione personale), all'autorealizzazione (gioia del compito svolto) e all'esigenza di
soddisfare i bisogni della società circostante, tali valori sono insostituibili e decisivi per le singole
imprese e per l'economia globale. In questo contesto, le maggiori sfide sono: mantenersi sempre fedele
all'origine, avvalendosi della propria esperienza, fantasia, fatica, immaginazione, ecc. (sfida culturale);
trovare sempre nuovi capitali e articolati sistemi per gestire gli interlocutori aziendali (sfida
finanziaria); stringere alleanze con altri soggetti, aventi diversa matrice culturale e altri obiettivi (sfida
strategica). Tali sfide le risolveranno non i mezzi puramente teorici, ma le persone che si aprono, si
donano l'un l'altra, cercano le soluzioni condividendo solidalmente la loro esperienza, creatività e
fantasia15. La posta in gioco è assai elevata poiché qui, alla cultura e all'umanesimo scientifico, si
aggiungono pure la cultura e l'umanesimo economico.
58
1
P. Quéau, "Ciberculture et info-ethique", in E. Morin (a cura), Relier les connaissances [RLC], Ed. du
Seuil, Paris 1999, 369-370. Allievo de l'Ècole Polytechnique, ingegnere de l'Ècole Nationale Supérieure des
Télécommunications, direttore della Division Information et Informatique de l'UNESCO, direttore delle ricerche
a l'Institut National de l'Audiovisuel, co-presidente del Comitè de Programmes d'Imagina. Opere principali: Le
Virtuel. Vertus et vertiges, Champ-Vallon-INA, Paris 1993; Metaxu. Théorie de l'art intermédiaire, id., 1989;
Éloge de la simulation. De la vie des langages à la synthèse des images, id., 1986.
2
G. Gismondi, Il lavoro. Fine di un modello o nuova era?, San Paolo, Milano 2001.
3
Quéau, "Ciberculture et info-ethique", cit., 373-377.
4
Quéau, "Ciberculture et info-ethique", cit., 378-384.
5
N. Rouland, "Initiation juridique des lycéens" RLC, 385-387. Prof. di diritto, univ. Aix-en-Provence,
Marseille-III, membro dell'Institut Universitaire de France. Opere principali: Introduction historique au droit,
PUF, Paris 1998; (in coll. con J. Poumarède, S. Pierre-Caps), Droit des minorités et des peuples autochtones, id.,
1996; Aux confins du droit. Anthropologie juridique de la modernité, Odile Jacob, Paris 1991; Anthropologie
juridique, PUF, Paris 1988
6
Rouland, "Initiation juridique des lycéens", cit., 388-389.
7
S. Zamagni, "Economia e relazionalità", in V. Moramarco, L. Bruni (a cura), L'economia di comunione
(EDC), Vita e Pensiero, Milano 2000, 57-63.
8
V. Araujo, "Quale uomo e quale società per l'Economia di Comunione", EDC, 35-36.
9
Fra 800 e 900 si occuparono di felicità: Verri, Paoletti, Muratori, Ortese, Bianchi, Palmieri, Vasco ecc.
Migliore bibliografia sulla felicità: D. Bidussa (a cura), Felicità pubblica e dottrine economiche in Italia (fra il
XVIII e XIX secolo), Fondazione Feltrinelli, Milano 1998. P. Verri, Discorso sulla felicità (1ª ed. 1763), a cura
di N. Raffaelli, Le Monnier, Firenze 1973; A. Genovesi, Lezioni di economia civile (1ª ed. 1765), Silvestri,
Milano 1820 2 vv.; S. Sismondi, Nuovi principi di economia politica (1ª ed. 1819), a cura di P. Barucci, Isedi,
Milano 1974; G. Ortes, "Lettere al Conte Francesco Algarotti e al Sig. Auditore Michele Ciani, (1747-1786)", in
Scrittori classici italiani di Economia Politica, Collezione "Custodi" [1804-16], Milano, tomo XXIV.
10
L. Bruni, "Quale visione dell'economia?", EDC, 39-41.
11
V. Araujo, "Quale uomo e quale società per l'Economia di Comunione", cit., 36.
12
B. Gui, "Teoria economica e motivazioni ideali", EDC, 55.
13
G. M. Zanghì, Per una cultura rinnovata. Alcune piste di riflessione, "Nuova Umanità", n. 119, 511-513.
14
V. Moramarco, "Motivazione per il conferimento della laurea", EDC, 8.
15
M. Molteni, "Conclusione", EDC, 114-115.
59
PARTE III
PERCORSI, STRUMENTI DEL PENSIERO, RISULTATI
Verità, pluralismo, paradosso, enigmaticità, senso del tutto
Nella seconda parte abbiamo analizzato le novità emergenti nei diversi ambiti scientifici, che
sollevano i problemi e offrono i contenuti da valorizzare nell'umanesimo scientifico e nella cultura
scientifica. In questa terza parte esaminiamo, invece, gli strumenti, le vie e i percorsi che possono
condurre alla loro elaborazione. Il capitolo tredicesimo approfondisce le proposte avanzate, al
riguardo, su strategie, metodi di apprendimento e d'insegnamento, modi di affrontare la complessità e i
suoi problemi. Nel capitolo quattordicesimo esaminiamo il pensiero di J. Ladrière rivolto a collegare la
razionalità ristretta, formale e strumentale delle scienze, alla ragionevolezza, come espressione della
vita, dello spirito e del pensiero umano, intesi nel loro senso più ampio. L'esigenza di rendere sensata e
significativa la razionalità tecnoscientifica chiede di affrontare alcuni temi, pertinenti e ricchi di
significato, come la verità storica, la verità incarnata e le grandi potenzialità del paradosso. Nel
capitolo quindicesimo approfondiamo i modi per: superare gli atteggiamenti che riducono il valore
culturale e umanistico dei saperi; espandere le istanze unificanti che consentono di valorizzarli. Nel
capitolo sedicesimo esaminiamo le condizioni che rendono possibili, anche se non facili né immediati,
i traguardi della cultura e dell'umanesimo scientifico. Esploriamo anche gli itinerari che portano ad
essi: la caduta e il superamento degli assoluti relativi, l'emergere della vastità illimitata e
dell'enigmaticità, che fanno riaffiorare, dall'interno del sapere scientifico, le insopprimibili domande
ultime e gli interrogativi sul senso di sé nel senso del tutto. Questi argomenti ci preparano ed
introducono alle "Riflessioni” e “Sintesi Conclusiva" della nostra ricerca.
60
CAPITOLO 13. COMPLESSITÀ, SCHEMI LOGICI, PARADOSSI
Nei capitoli precedenti, il problema della complessità è emerso, praticamente, in quasi tutte le
richieste avanzate dagli esperti degli ambiti disciplinari esaminati. Da alcuni fu indicato come via
obbligata o preferenziale per rinnovare il pensiero e l'insegnamento delle scienze. In questo capitolo ne
vedremo le questioni da risolvere e le proposte per affrontarle.
1. Complessità, eterogeneità, traiettorie e percorsi
In primo luogo gli specialisti rilevano la necessità di superare le forme degli schemi logici
decontestualizzati e delle decomposizioni analitiche finora in atto, che ridurrebbero e ottunderebbero
le capacità cognitive. Alcuni suggeriscono nuovi modi di approccio e di apprendimento, come: la
teoria del linguaggio, le scienze dell'argomentazione, il pensiero paradossale ecc. Essi sottolineano
che, per venticinque secoli, fu chiamato invenzione ciò che ora diciamo modellizzazione sistemica e
che rappresenta i fenomeni nel loro contesto. Secoli di razionalismo e positivismo, tuttavia,
emarginarono: gli aspetti sistemici; le domande sulla validità, sulla correttezza e sulla legittimità di
quanto appreso; le responsabilità etiche del pensiero 1. La necessità di questi elementi è stata
rivendicata dagli sviluppi tecnoscientifici del XX secolo. La complessità costituisce una sfida, un
problema assai serio che ne solleva molti altri, un'occasione di riflessione. Non è, quindi, una
soluzione. Nell'uso comune, i termini complesso e complessità non sono sempre intesi in senso
positivo. Sovente vengono confusi con complicato e complicazione, che sono assai diversi.
Riconoscere un insieme complesso significa vederne i costitutivi eterogenei, inseriti in una storia
aperta ai rischi futuri. E. Morin usò il termine pensiero complesso per indicare l'unione di universalità
e singolarità.
Per gli operatori scientifici, la complessità del mondo emerge elaborando una comprensione del
disordine, in cui i fenomeni sono un tessuto non scomponibile. Per affrontare la complessità occorre
un pensiero sistemico, che organizza le conoscenze ricorrendo all'analisi e alla sintesi2. Il termine
macroscopio indica un elaboratore che studia la dinamica delle evoluzioni, mediante le simulazioni.
Approcci analitici e sintetico-sistemici sono complementari. Solo i secondi, però, cercano la visione
globale e le interazioni e confrontano il funzionamento dei modelli con la realtà. La sistemica, quindi,
organizza le conoscenze in quadri di riferimento più ampi, al fine di capirle, per agire più
efficacemente. In questo modo crea una cultura della complessità, che consente anche di riflettere
criticamente sui saperi. Essa è importante per la cultura scientifica, poiché aiuta a collegare le
conoscenze, per costruire edifici di senso. In questo modo salva la coerenza del discorso scientifico,
facendone emergere le gerarchie collegate o antagoniste3. Il pensiero complesso: riabilita la pluralità,
l'eterogeneità, la normalità dei conflitti e delle alterazioni; valorizza il tempo e la storia per la
comprensione dei fenomeni; legittima l'incertezza concedendole un giusto spazio.
A tal fine preferisce i fenomeni e le situazioni multireferenziali, che privilegiano più prospettive, a
quelli multidimensionali, che preferiscono l'omogeneità. La complessità comprende la prospettiva
sistemica, che sfocia nell'ingegneria e nei modelli di coerenza logico-matematica, e quella bio-socioantropologica, che si riferisce al vivente e coinvolge la temporalità, l'intenzionalità e il senso, con i
problemi che ne derivano. Le letture di tali realtà sono molteplici, dando luogo a ermeneutiche
conflittuali che conducono a un'epistemologia della testimonianza e dell'intersoggettività, significativa
per le scienze umano-sociali. Pensando sempre nuove interazioni si producono effetti di senso, che
eccedono il già noto e fanno emergere il nuovo. In questo modo il pensiero complesso offre nuove
possibilità pure per la teoria e la prassi educativa. Al riguardo è illuminante fare un confronto fra
traiettorie e percorsi. Una traiettoria interrotta prima del termine fallisce. Un percorso, invece, può
essere interrotto e ripreso ogni momento, senza gravi danni. I percorsi formativi, quindi, rispondono
meglio delle traiettorie alle esigenze degli insegnanti e degli studenti, soprattutto se intendono lavorare
insieme. Gli studenti possono seguirli secondo i propri ritmi. Le traiettorie, più vincolate, rispondono
all'esigenza di gestire i flussi. Nelle une e negli altri, quindi, i successi e gli insuccessi hanno un valore
diverso.
61
2. Scienze dalle certezze all'incertezza
Le prospettive complesse sono valide per imparare, se si guarda al passato, per scoprire un futuro
ancora inesistente ma legato al presente. Agli insegnanti esse richiedono competenza nella propria
disciplina e nei suoi problemi epistemologici, storici ed etici. Devono, infatti, collegare le conoscenze
e le discipline, in funzione delle loro differenze storiche, antropologiche ed epistemologiche. Occorre
mutare le scienze, perché l'idea di conoscenza scientifica è mutata rispetto ai secoli XVIII-XIX4.
Allora, vi dominavano quattro principi volti a cercare la verità, l'ordine e le leggi. Il principio di ordine
indicava il mondo come un'immensa macchina determinista (Laplace), povera, ripetitiva, senza novità.
Il principio di separazione separava realtà, oggetto conosciuto e soggetto conoscente (Descartes)
portando allo specialismo. Il principio di riduzione spiegava gli insiemi solo con le loro componenti
elementari. Il principio della logica classica sopravalutava le logiche induttive e deduttive, riduceva
tutto alla causalità lineare e respingeva tutto ciò che la contraddiceva.
Le realtà complesse emergendo hanno mostrato l'inconsistenza di questi principi. Il caos e il
disordine del cosmo presentano un mondo che si organizza e integra, disintegrandosi, e una
cooperazione fra disordine e principio d'ordine. Ordine, disordine e organizzazione non sono in lotta
ma in rapporto reciproco. Questa interazione dialogica di nozioni antagoniste, contraddittorie ma
complementari, confuta drasticamente le idee di evoluzione, di progresso continuo, di sviluppo
ascendente e di razionalità storica. Essa lega insieme: caso, caos, determinismi, tumulti, turbolenze,
catastrofi e fattori accidentali di ogni genere. Il principio di totalità, fa porre riproduzione, movimento,
autorganizzazione, relazioni con l'ambiente ecc. nelle categorie di: emergenza, qualità, proprietà
specifiche e tutto organizzato.
L'emergere del disordine valorizzò l'incertezza e le idee epistemologiche di Whitehead, Bachelard e
Popper: a) la scienza non offre certezze assolute; b) i dati valgono solo entro limiti e condizioni
spazio-temporali molto ristrette; c) le teorie non sono mai certe, ma sempre falsificabili. Le scienze
pluridisciplinari (cosmologia, astrofisica, scienze della Terra, ecologia, ecc.) mostrarono che
“complessità” oltre a significare legare insieme significa anche tessere insieme. Tale tessuto di
interazioni, retroazioni, disordine e aleatorietà, provoca inevitabili incertezze e contraddizioni. Se
queste sono insuperabili, le rispettive teorie sono dette complementari (Niels Bohr per corpuscoli e
onde).
3. Paradossi logici: imparare a imparare
Paradossi logici emergono ovunque: in fisica quantica, nello studio dei viventi, nei fenomeni
sociali ecc. I tempi brevi fanno vedere gli individui ma non la specie; i tempi lunghi attuano l'opposto.
Lo stesso avviene per società e persone. In tali casi si devono accettare e unire istanze contraddittorie e
irriducibili. L'aritmetica (teorema di Gödel) presenta la contraddizione delle proposizioni
"indecidibili", nei sistemi complessi formalizzati. La logica va superata, per pensarla e porla a servizio
del pensiero, senza svuotarla. Nel prossimo capitolo vedremo che la razionalità deve "servire"
l'intelligenza, la ragionevolezza e la sapienza, ma non viceversa. Sono invalidate alcune basi della
scienza moderna come: semplificazione, riduzione, separazione, coerenza logico-formale. Al
contrario, bisogna collegare, contestualizzare e globalizzare. La razionalità non s’identifica più con la
divisione e la separazione5.
Per questo anche l'insegnamento scientifico risulta inadeguato. Non serve insegnare a risolvere
equazioni, a manipolare materiali e ad acquisire capacità, senza indicarne gli scopi, i significati e il
valore. Queste critiche colpiscono al cuore la scienza positivista, che poneva la fisica a modello di
tutte le scienze e accettava solo fatti osservati e leggi matematiche. La scienza è inseparabile
dall’umanità, la storia e la cultura. Limitare il pensiero scientifico solo a osservazioni e calcoli è
riduttivo. Far derivare i processi tecnici dalle leggi scientifiche porta alla ragione strumentale6. Questo
scientismo e tecnicismo impedirono di capire che: 1) la fecondità scientifica non nasce dalle semplici
osservazioni di fatti, ma da idee che le superano ampiamente; 2) le teorie non si riducono al puro
calcolo, ma si alimentano al pensiero critico che ne corregge le pretese evidenze, sperimentali e
concettuali.
Bachelard sottolineò che il pensiero scientifico tende a dividersi anziché unirsi, perché progredisce
solo per revisioni e correzioni. Ogni avanzamento fa rettificare i presupposti ereditati dalle altre forme
62
di pensiero. I contenuti filosofici dei concetti scientifici, quindi, vanno insegnati con le scienze. Per
Lecourt le discipline tecnologiche non sono subordinate, poiché esprimono un pensiero e un'attività
razionale specifici. Occorre rivederne lo statuto epistemologico, intellettuale e sociale, perché:
l'innovazione è un esempio tipico di creazione di valori su cui riflettere; il pensiero tecnico aiuta a
capire il senso dell'anticipare e prevedere il futuro, anziché subirlo come prolungamento del presente7.
Bisogna insegnarlo agli studenti perché imparino ad imparare e agli insegnanti perché diventino degli
esperti delle strategie e dei metodi di apprendimento 8.
4. Una nuova teoria del linguaggio?
H. Meschonnic rileva la necessità di una teoria del linguaggio, come riflessione sullo statuto della
lingua e delle lingue, per le pratiche sociali, le rappresentazioni della società, le scienze umane, la
letteratura, la filosofia e l'arte. Abbiamo già visto l'importanza delle metafore per le scienze della vita.
Meschonnic la estende a tutte le scienze, anche quelle naturali9. La teoria del linguaggio studia le idee
di segno, ciò che si pensa del senso e ciò che si fa col senso, nelle diverse culture e nelle varie
situazioni del linguaggio. Essa studia pure: le posizioni fondamentali; i conflitti storici fra realismo e
nominalismo; gli attuali effetti dell'ermeneutica; le teorie e la pratica della traduzione; la propaganda;
la pubblicità, la comunicazione ecc. Tutto ciò al fine di capire le specificità del linguaggio e
riconoscerne la storicità10. La storicità mostra che il linguaggio è conosciuto solo mediante le sue
rappresentazioni culturali, storicamente situate, sovente interessate a mantenere un certo ordine di
cose. Il linguaggio viene dal passato, ma porta in sé novità imprevedibili. Arte del linguaggio e forme
della letteratura sono il luogo in cui si realizza la storicità radicale. La teoria del linguaggio cerca di
eliminare le frontiere fra scienze umane, letteratura, lingua e filosofia. Come teoria d'insieme, che
riguarda e ingloba tutte le discipline, differisce sia dall’interdisciplinarità che dalla transdisciplinarità.
Non intende, tuttavia, essere una superscienza sociale, come la linguistica degli anni 1960, ma una
teoria critica, che unisce le scienze umane, perché si modifichino l'una con l'altra. In particolare,
esamina criticamente la potenza e l'impotenza del segno, cosa che linguistica e filosofia non hanno mai
fatto. A tal fine distingue sei modelli linguistici differenti, costituiti secondo la stessa omologia: un
elemento mutevole e un altro che, pur essendo solo una parte, vale simbolicamente per il tutto. Studia
la situazione del significante e del significato nel paradigma linguistico, riprodotta da altri paradigmi:
antropologico (voce e scritto), filosofico (cosa e parola), teologico (Antico e Nuovo Testamento),
sociale (individuo e società) e politico (maggioranza e minoranza). Poiché il segno non rende conto
delle molte attività del linguaggio, la teoria del linguaggio mostra il continuo, che nasconde
l'articolazione del segno e ne svela la storicità radicale e la continuità fra lingua e cultura. In questo
modo essa è un osservatorio e una forza d'intervento intellettuale. Punta alla comprensione della storia
e del presente delle società, passando attraverso la critica delle separazioni classiche fra sensibile e
intelligibile, emozione e concetto. Sviluppa il pensiero del continuo, iniziato da Humboldt e attua un
dibattito assente nel pensiero contemporaneo, volto a occupare spazi, più che a dialogare11.
5. Razionalità e ragionevolezza, schemi logici e paradossi
Queste proposte su complessità, nuovi apprendimenti e teoria del linguaggio, pongono i problemi
delle scienze in prospettive assai più ampie delle attuali. Non possono ancora risolverli, tuttavia, non
raggiungendo ancora il livello profondo dell'umanesimo e della cultura. Dovremo, quindi, aggiungervi
ulteriori proposte, volte a inserire la razionalità scientifica nel più ampio contesto della
ragionevolezza. Ciò è necessario, se vogliamo renderla significativa per l'umanesimo, la cultura
scientifica e il dialogo con l’etica e la fede. Nel prossimo capitolo approfondiremo ciò che J. Ladrière
ha proposto su razionalità e ragionevolezza. Esamineremo pure le possibilità di un dialogo volto a
superare i dilemmi fra verità e pluralismo culturale, espressi da alcune domande cruciali, quali: ferma
restando l'idea di verità, come riconoscere pari dignità alle posizioni irriducibili alle proprie? fermo
restando il pluralismo culturale, come salvare l'idea di verità e delle affermazioni fondamentali, senza
ridurre il dialogo a un gioco di opinioni e di punti di vista? Esamineremo, infine, la funzione maieutica
del paradosso nei confronti degli schemi logici. Il paradosso, infatti esplica tutta la sua potenza,
quando la condizione umana entra in gioco con la sua provocazione radicale. Essa lacera tutti gli
schemi logici, facendone emergere le chiusure e le contraddizioni che li rendono strumenti
d'inautenticità, di perdita o di negazione di senso. Emergono, allora, altre domande: Esiste un
63
paradosso supremo, capace di richiamare tali schemi all'autenticità umana, spirituale e culturale e
aprirli all'ulteriorità, all'inatteso e al gratuito? Può esso aiutarli a recuperare autenticità e senso?
Soprattutto: Può la fede cristiana costituire tale paradosso?
1
J.L. Le Moigne, "Complexité et système", in E. Morin (a cura), Relier les connaissances [RLC], Ed. du
Seuil, Paris 1999, 435-441. Ingegnere, prof. di Scienza dei sistemi, univ. di Marsiglia; specializzato in
Ingegneria dei sistemi tecnici, economici, sociali, Sistemica della complessità, Epistemologia, Storia delle
scienze dell'ingegneria. Opere principali: (in coll. con E. Morin), L'intelligence et la complexitè, L'Harmattan,
Paris 1999; Le constructivisme, v. I Les Fondements, v. II Les Épistémologies, ESF, Paris 1995; Les
Épistémologies constructivistes, PUF, Paris 1995 (ried. 1999); La Modélisation des systèmes complexes, Dunod,
Paris 1990 (ried. 1999); La Théorie du système général, théorie de la modélisation, PUF, Paris 1977 (ried.
1996); Les Systèmes de décision dans le organisations, PUF, Paris 1974; Les Systèmes d'information dans les
organisations, PUF, Paris 1973.
2
J. Ardoino, "La complexité" RLC 442-444. Prof. univ. di Parigi VIII; presidente dell'Associazione
Nazionale per lo sviluppo delle scienze umane applicate. Opere principali: (in coll. con R. Lourau), Les
Pédagogies institutionelles. Pédagogues et pédagogies, PUF, Paris 1994; L'approche multiréférentielle en
formation et en sciences de l'éducation, PUF, Paris 1993; Éducation et politique, hommes et organisations,
Gauthier-Villars, Paris 1977 (ried. 1999); (in coll. con J. Deperetti), Penser l'hétérogène, Desclée de Brouwer,
Paris 1998.
3
J. De Rosnay, "Concepts et opérateurs transversaux", in E. Morin (a cura), Relier les connaissances [RLC],
Éd. du Seuil, Paris 1999, 397-402. Dott. in scienze, specializ. in tecnologie avanzate e applicazioni teoria dei
sistemi, dir. strategie a Cité des Sciences e Industrie de la Villette, Information Scientifique de l'Académie des
sciences, dir. ricerche in biologia e informatica a Institut Pasteur e Massachussets Institute of Technology (MIT),
dir. scientifico Société Européenne Développement des Entreprises (SEDE). Opere principali: (in coll. con H.
Reeves, Y. Coppens, D. Simonet), La Plus Belle Histoire du Monde, Éd. du Seuil, Paris 1996; L'Homme
Symbiotique, id., 1995; Le Cerveau planetaire, id., 1986; Les Chemins de la vie, id., 1983; Le Macroscope. Vers
une visione globale, id., 1975; Les Origines de la vie, id., 1966.
4
Ardoino, "La complexité", cit., 444-450.
5
E. Morin, "Les défis de la complexité" RLC 451-452, 453-457.
6
D. Lecourt, "La scientificité", RLC 420-423. Prof. di filosofia univ. Paris-VII e USA, Canadà, Messico,
esperto diritti dell'uomo all'UNESCO, membro CNRS, Académie Européenne des Sciences e Centre d'Études et
de Prévision du ministère de l'Interieur, fondatore Collège International de Philosophie. Opere principali:
Dictionnaire d'histoire et philosophie des sciences, PUF, Paris 1999; Contre la peur, ib., 1999; Déclarer la
philosophie, id., 1997; Prométhée, Faust, Frankenstein. Fondements imaginaires de l'éthique, LGF, Paris 1998;
Les Infortunes de la raison, Vents d'ouest, Québec 1994; A quoi sert donc la philosophie? Des sciences de la
nature aux sciences politiques, PUF, Paris 1993; L'Amérique entre Bible et Darwin, id., 1993; Bachelard, le jour
et la nuit, Grasset, Paris 1974; Pour une critique de l'épistémologie, Maspero, Paris 1972; L'Épistémologie
historique de Gaston Bachelard, Vrin, Paris 1969.
7
Lecourt, "La scientificité", RLC 424-425.
8
G. Lerbet, "Transdisciplinarité et education", RLC 426-429. Prof. di psicologia sperimentale e genetica
univ. di Tours e François-Rabelais, specializzato in teorie della complessità applicate all'educazione. Opere
principali: L'Autonomie masquée, L'Harmattan, Paris 1998; Pédagogie et systémique, PUF, Paris 1997; Les
Nouvelles Sciences de l'éducation, Nathan, Paris 1995; Systèmes, Personnes et Pédagogie. Une nouvelle voie
pour l'éducation, ESF, Paris 1993; Approche systémique et Production de savoir, L'Harmattan, Paris 1993;
Éducation démocratique. Introduction à une pédagogie psychosociale de la formation permanente, Champion,
Paris 1978; Piaget, Éd. Universitaires, Paris 1971.
9
Cf. cap. 9.
10
H. Meschonnic, "Plan d'urgence pour enseigner la théorie du langage", RLC 430-431. Prof. di linguistica
univ. Paris-VIII. Opere principali: Poétique du traduire, Verdier, Paris 1998; (in coll. con G. Dessons), Traité du
rythme. Des vers et des proses, Dunod, Paris 1998; De la langue française, Hachette, Paris 1997; Politique du
rythme, Politique du sujet, Verdier, Paris 1990; La Rime et la Vie, id., 1990; Le Langage Heidegger, PUF, Paris
1990; Modernité, Modernité, id., 1988; Les États de la poétique, PUF, Paris 1985; Critique du rythme.
Anthropologie historique du langage, Verdier, Lagrasse 1982; Le Signe et le Poème, Gallimard, Paris 1975;
Pour la poétique, 5 vv., id., 1973-1978.
11
Lerbet, "Transdisciplinarité et education", cit., 432-434.
64
CAPITOLO 14. RAZIONALITÀ, RAGIONEVOLEZZA, VERITÀ, PARADOSSO
Nei capitoli precedenti abbiamo esaminato le analisi critiche e le proposte dei maggiori specialisti
di scienze del cosmo, della Terra, della vita, del genere umano, della storia, dell'economia e della
cultura. Esse indicavano l'urgenza di sostanziali mutamenti nel modo di pensare, d'insegnare e di
utilizzare le scienze e di forme più adeguate alle nuove esigenze delle persone e dei grandi mutamenti
di società e di culture. Ponevano pure in discussione i maggiori aspetti dell'attività scientifica: principi
e criteri di fondo, conoscenze, contenuti, metodi, progetti di ricerca, percorsi formativi, modelli e
strumenti operativi ecc. In breve, chiedevano a tutto il mondo scientifico e all’insegnamento: maggiore
apertura mentale e sensibilità sociale, più alto senso di responsabilità etico-morale, modelli e strumenti
di pensiero più efficaci. Come abbiamo visto, l'umanesimo scientifico e la cultura scientifica appaiono
il percorso unico, o almeno privilegiato, per riconoscere i fini, i significati e i valori autentici della
scienza e ricollegare la razionalità tecnoscientifica alle sue originarie radici di ragionevolezza,
saggezza e sapienza. In tale prospettiva, in questo capitolo affronteremo alcuni punti nodali, come i
rapporti fra razionalità e ragionevolezza e fra verità e paradosso.
1. Ragione, razionalità, "razionale" e "ragionevole"
Riguardo ai rapporti fra razionalità e ragionevolezza, J. Ladrière ha criticato i moderni processi di
razionalizzazione, per i loro effetti negativi ed insuccessi. Egli sottolinea la dicotomia della ragione
che: instaura il mondo effettivo in cui si trova; critica tale mondo al quale un'esigenza ispiratrice e
giudicante la rende estranea. Tale contrasto solleva l’esigenza di: organizzare un'oggettività di seconda
istanza, non riducibile a quella naturale; criticarla in nome di una radicalità ispirata a una referenza
ultima; verificare l'articolazione di questi due momenti nell'azione concreta. Anzitutto va superato il
dualismo kantiano fra ragione teorica (razionale) e ragion pratica (ragionevole), distinguendo i tre
significati della razionalità: percorso dimostrato idoneo in base a criteri validi (metodi); proprietà
della realtà che avvolge il soggetto che pensa e agisce (costituzione intima delle cose); ambito
oggettivo costituito dagli oggetti tecnici e dalle costruzioni teoriche (mondo tre di Popper).
Quest’ultimo è indicato col nome di razionale, per sottolinearne la specificità, l'oggettività e
l'indipendenza1. Esso esprime una realtà di razionalità esteriore e diversa dalla natura. Il significato di
razionalità, come carattere fondamentale di questo sostantivo, solleva i maggiori problemi per la
cultura scientifica e l'umanesimo scientifico. La continua crescita della sua potenza ne fa un processo
orientato e orientante, che sviluppa reti crescenti di sistemi interconnessi, sempre più complessi e
funzionanti in modo autonomo.
Occorre, quindi, riflettere sulla natura del razionale e sulle sue relazioni col ragionevole per
chiarire se la sua crescita sia ingovernabile o governabile mediante libere decisioni. Il razionale (nome
e realtà) è un processo di costruzione e autocostruzione sempre in atto, di un mondo costruito, ma
radicalmente distinto dal mondo naturale, che si auto-organizza. L'auto-organizzazione del mondo
naturale ha alcune analogie con l'autocostruzione (o razionale), da cui si distingue, per la propria
radicale spontaneità, che lo fa avvolgere su di sé e per l'incessante schiudersi della propria forza
immanente. Mentre il mondo naturale non può prendere le distanze da se stesso, il mondo costruito lo
può, perché tematizza espressamente il suo schema costitutivo, per renderlo più efficace. La
costruzione unisce diverse parti, per raggiungere gli effetti operativi previsti. Un'ispirazione può essere
imprecisa, ma una costruzione no, perché deve produrre congegni operativi precisi che, nelle macchine
informatiche, hanno la loro immagine più significativa. Carattere essenziale del razionale è l'ambito in
cui gli oggetti funzionano, secondo le proprie risorse e i programmi loro imposti. L'automazione è la
riflessività che ne rafforza l'autonomia. L'autonomia implica il funzionamento indipendente dalle
intenzioni di chi lo ha concepito. L'efficacia implica l'effetto finale, ottenuto in modi e tempi
predefiniti. Questo carattere operativo trasforma le persone in operatori.
Il sistema del razionale restringe i significati, rinviando tutto all'orizzonte operativo della macchina,
sprovvista della volontà intellettuale che anima il pensiero e ne è animata. Per la macchina, il
significato di un risultato particolare è la sua utilizzazione in un funzionamento ulteriore. Per il
pensiero, il significato di un risultato particolare è il suo contributo a un progetto di comprensione
particolare, per una comprensione più profonda e universale, che dà senso ad esso e allo stesso
pensare. Identificato il razionale come universo autonomo, passiamo alla domanda centrale di una
teoria della ragione: che cosa significa questo "razionale" per la persona umana? O, più
66
esplicitamente: la funzione dell'uomo è di limitarsi a costruire un ambito operativo sempre più
indipendente da lui, o di precisarne la natura e il significato, in rapporto alla sua specificità umana?
Con tale domanda la ragione si pone in causa da sé, scoprendosi come data a se stessa e, poi, come
compito del proprio instaurarsi. La persona, interrogandosi sulla natura e sul fine della ragione,
s'interroga sul significato del razionale e viceversa. Di qui l'ulteriore domanda: la ragione (o meglio:
l'intelligenza o, meglio ancora: la persona) deve limitarsi a costruire il razionale o è chiamata a una
costruzione più radicale, in cui possa riconoscere la sua autenticità prioritaria e raggiungere una più
profonda comprensione di se stessa?
2. Razionalità sensata e significativa
Posto così il problema per la ragione, quello sul razionale si può formulare così: come reinserire il
razionale in ciò che è significativo per la persona, ossia nell'ambito del senso? A questo riguardo va
sottolineato che la creatività delle istituzioni del razionale (calcolo, matematica, tecnica,
organizzazione ecc.) rinvia solo a se stessa e a nient'altro. La vera creatività originaria, invece, è la
stessa esistenza, che costituisce il presupposto di ogni azione. Il senso s'instaura, quindi, con un gesto
non arbitrario, ma ragionevole, in cui ragionevole indica il principio costitutivo degli atti e delle
istituzioni, in cui la razionalità riceve le sue figure concrete. Esso conferisce alla ragione: dinamismo,
orientamento, finalità e responsabilità. Esso è il presupposto dell'azione efficace, iscritta
nell'originario, che è la fonte e la radice di tutte le imprese del razionale.
La realtà del ragionevole, quindi, è di essere il principio d'ispirazione e d'attrazione, che lo iscrive
nella propria verità, che lo abita e lo supera. Il ragionevole non esegue alcun piano, ma sollecita ciò
che è presente, come qualcosa che deve sempre essere inserito nell'ordine dei fini. Questa inevitabile
indeterminazione esige un principio di determinazione, come mediazione necessaria alla sua efficacia.
Il ragionevole conferisce alle azioni particolari il loro significato concreto. Pure le mediazioni
partecipano all'eccedenza del ragionevole e devono essere omogenee ad essa. Il razionale, invece,
diviene mediatore del ragionevole, come mediazione dei suoi atti. L'atto media il ragionevole in
quanto genera il razionale. Il razionale rivela le richieste del ragionevole, perché il ragionevole è già
presente, come esigenza, nel razionale (suo orizzonte) e perché questo rapporto con l'orizzonte del
ragionevole lascia una traccia nell'efficacia delle oggettività razionali.
Il razionale assume il suo significato autentico iscrivendosi nel ragionevole, come orizzonte
finalizzante dell'esistenza. Il ragionevole è tale per il suo rapporto con l'orizzonte dei fini, che
determinano l'eticità dell'azione. L'ambito dei fini è il luogo della libertà, come compimento integrale
della vocazione dello spirito. L'orizzonte del giudizio ragionevole, quindi, è la finalità etica. L'uomo
realizza la libertà, nella solidarietà col cosmo, nella dipendenza dalle leggi del mondo e nella
possibilità di determinare se stesso in modi voluti e in parte non voluti. Il ragionevole è ricettività e
risonanza di valori, più che apprensione di forme. In questa percezione giudicante è in gioco il
rapporto ai fini e quindi all'esistenza stessa. In tale rapporto non emerge un oggetto da contemplare,
ma un'esigenza da assumere. Per passare dal percorso razionale del pensiero scientifico e dell'azione
tecnica alla responsabilità dell'azione, vi è un lungo cammino e una continuità, in cui il primato spetta
alla ragione in rapporto al suo fine (ragione pratica)2.
3. Scienza, umanesimo, verità
Abbiamo visto che l'attuale attività scientifica trascura l'approfondimento della dimensione
culturale e umanistica, la corretta comunicazione e la dimensione educativa. In questo modo
impoverisce anche la vita quotidiana e sociale, sempre più collegate all'impegno scientifico.
Giustamente, quindi, la fede cristiana sottolinea che ricerca scientifica, sapere e cultura sono doni da
comunicare. Lo esige la carità intellettuale, espressione della sapienza che è dono dello Spirito Santo3.
Essa, come energia propulsiva, orienta la professionalità scientifica al servizio di tutto l'uomo e di ogni
uomo, la rende attenta e sensibile alle esigenze della vita civile e sociale. Il pensiero cristiano pone in
ciò il vero progresso che deve animare la formazione e l'insegnamento. Essi devono attuare quella
comunione spirituale e intellettuale fra insegnanti e studenti, che la specializzazione e la funzionalità
sempre più spinte (specialismo e funzionalismo) ostacolano.
Per questo Fides et Ratio (n. 5) sottolinea che le moderne tecnologie d'interconnessione e
comunicazione devono aiutare l'intelligenza a non chiudersi negli orizzonti sterili e riduttivi delle
67
visioni pragmatiche, se si vuole che la cultura scientifica contribuisca a sviluppare le componenti
culturali indispensabili alla: libertà e dignità dell'uomo; formazione di una retta coscienza; etica della
responsabilità; promozione e progresso di gruppi e società e allo sviluppo sostenibile di tutti i Paesi.
Nella scienza, la competizione delle idee è preziosa, se fa spingere lo sguardo oltre i confini della
conoscenza attuale, fino alle soglie del mistero. In questo modo, ogni conoscenza, per quanto piccola e
frammentaria, si apre al Tutto che la trascende. Questo è il nucleo generatore e l'energia propulsiva di
ogni autentica cultura, che rende ogni conoscenza un nuovo passo verso una maggiore verità. Per
questo la fede cristiana è sempre attenta alle nuove conoscenze e agli interrogativi fondamentali da
esse suscitati nella mente e nel cuore umano. Le sue risposte illuminano e rafforzano la ragione,
avviandola alla piena verità, che è Dio 4.
Quest'insistente richiamo del pensiero cristiano alla verità, riguarda un problema delicato, sul quale
il pensiero laico formula questo dilemma: se si conserva l'idea di verità, si salva il fondamento delle
nostre affermazioni sul piano logico, morale, politico ecc., ma si rende difficile o impossibile
riconoscere pari dignità alle posizioni irriducibili alle nostre e dialogare con esse. Se, invece, si
abbandona l'idea di verità, si può accettare il pluralismo culturale, ma non si evita il rischio di ridurre
tutto a un gioco arbitrario di opinioni e di punti di vista. S. Givone supera quest'alternativa,
all'apparenza senza sbocco, sottolineando che la verità, pur essendo sempre e soltanto storica, rimane
comunque verità, da cui partire per mettere in questione e giudicare gli idoli del proprio tempo. Dire
che è storica non significa dire che è figlia del suo tempo ma, al contrario, che essa è nella storia e che
ne facciamo esperienza solo nella storia5.
4. Verità e paradosso
La verità, quindi, costituisce una riserva di significati, in forza della quale, nelle situazioni inedite o
sconcertanti, riconosciamo ciò che è giusto o no, tollerabile o no. Essa si da a riconoscere, qui e ora, in
una situazione determinata. Non è mai puramente umana, ma è solo dove batte un cuore umano. La
verità è storica e, tuttavia, è verità, non mezza-verità. Al riguardo, la nozione di verità, religiosa o
rivelata, è molto chiarificatrice. L'illuminismo vide un'alternativa irriducibile fra la verità, di
pertinenza della ragione, e la religione, legata alla rivelazione trascendente, perché ignorava che la
verità ci trascende e che noi possiamo solo riconoscerla. Essa, però, ci appare verità, solo se ci si
rivela, se diviene verità per me. Ciò fa splendere uno dei maggiori paradossi cristiani. Gesù ha detto:
"Io sono la verità" (Gv 14,6). Ma come può la verità, universale per definizione, stare tutta in un
soggetto, in una persona? La risposta è razionale e filosofica prima che religiosa: la verità sta solo
nella persona. Essa non è se non incarnata6. È l'inevitabile paradosso che la verità cristiana porta in sé,
facendo scoprire nel paradosso l'operazione mentale più consona all'autenticità del pensare, perché si
radica nella potenza dialettica del pensiero, ponendo in luce la sua pluralità di livelli.
Lo sconcertante confronto fra essi fa cogliere quegli aspetti profondi della realtà, che rimangono
celati all'uso ordinario della ragione7. A ragione S. Kierkegaard definì il paradosso: "passione del
pensiero"8. L'esperienza tecnoscientifica ha manifestato chiaramente fino a che punto il pensiero può
essere sminuito col ridurlo a formalismo logico, appiattirlo in esercizi meccanici, emarginarlo dal
mondo della vita. Sul piano strettamente speculativo, Kierkegaard vide il paradosso come centro
focale, che s'iscrive nella relazione ontologica tra finito e infinito e nella relazione teologica fra Dio e
l'uomo, situandosi alla "radice" stessa dell'essere. L'analisi di quest'aspetto diviene un'interrogazione
radicale sul pensiero stesso. Il paradosso segna in modo inequivocabile i limiti della ragione, della
filosofia e della teologia. Il dramma della filosofia trascendentale fu risolto in direzioni opposte. In
Nietzsche finì nel disagio radicale. Molti autori, invece, sottolineano come Kierkegaard liberò
l'interpretazione religiosa da ogni riduzionismo logico e storicista. Per lui il paradosso, come figura
logico-gnoseologica o dialettico-retorica, o come struttura interna dell'argomentazione che limita la
ragione stessa, stimola tuttora la passione per la conoscenza e dà luogo a una vivace creatività
espressiva (Lübcke, Penzo).
Sul piano ontologico mette in luce l'intrinseca contraddittorietà dell'esistenza umana e la tensione
tra finito e infinito (Melchiorre, Ringleben, Modica). Sul piano teologico, diventa categoria fondante
nella stessa realtà di Cristo, ossia l'Incarnazione (Tilliette, Forte, Giannatiempo, Fischer). A livello
sociopolitico e di cristianità, esprime il conflitto del singolo con l'ordine stabilito (Nicoletti, Spera,
Thurnher, Ferrarotti). Poiché ogni schema logico, chiudendosi, provoca l'inautenticità, deve essere
68
lacerato attraverso le sue stesse contraddizioni e spingendo fino al limite la sua perdita di senso. Solo il
salto gratuito e paradossale nella fede fa recuperare integralmente e radicalmente il significato. La
funzione maieutica del paradosso, quindi, è di scuotere e richiamare radicalmente. Un eccesso di
paradossi potrebbe alimentare evasioni estetistiche. Una seria riflessione sul paradosso costitutivo
della condizione umana e della fede cristiana, invece, costituisce sempre un fecondo richiamo
all'autenticità spirituale.
5. Riflessioni conclusive
All'inizio del capitolo abbiamo visto che, per elaborare una cultura scientifica, è necessario
recuperare fini, senso, significati e valori della scienza, ricollegando il razionale all'originaria
ragionevolezza, saggezza e sapienza del ragionevole. J. Ladrière ha mostrato, oltre alla necessità,
anche i modi per riportare il razionale nell'ambito del ragionevole inteso come ciò che è significativo
per la persona e sta all'origine di tutte le imprese della ragione. Il ragionevole, in cui risuonano i
valori, è l'orizzonte finalizzante dell'esistenza, abitato dalla propria verità che lo supera, luogo della
libertà responsabile e della solidarietà universale (etica). Oggi, reinserire il razionale nel suo luogo
originario, il ragionevole, è il compito più radicale della ragione. Per esprimerci nei termini usati nella
nostra ricerca, diremo che il compito più radicale della ragione è vincolare il discorso scientifico a
quello sulla verità e collegare l'azione tecnica alla responsabilità etica. Riguardo al nodo fra verità e
pluralismo, S. Givone ha approfondito il paradosso della verità che ci trascende, che noi possiamo solo
riconoscere e che ci si presenta soltanto storicamente, ossia incarnata in una persona. Se il paradosso
significa passione del pensiero e della conoscenza, che impedisce di ridurre il pensiero a formalismo,
di appiattirlo nella meccanicità, di alienarlo dal mondo della vita e di chiuderlo negli schemi logici che
lo rendono inautentico, costituisce un vero richiamo alla genuinità e all'autenticità spirituale.
Rivelazione e fede propongono il paradosso supremo della verità come persona. Cristo è Persona,
Verità Incarnata, Incarnazione. Se, come tale, è il costitutivo che fonda l'autenticità dell'uomo, non
può fondare anche l'autenticità del suo impegno scientifico e tecnico?
1
J. Ladrière, "Le rationnel et le raisonnable", RLC 403-404. Filosofo, prof. emerito univ. Louvain, membro
de l'Institut International de Philosophie, Académie Internationale de Philosophie des Sciences e Académie
Royale des Sciences de Belgique. Opere Principali: Vie sociale et Destinée, J. Duculot, Gembloux 1973; La
Science, le Monde et la Foi, Casterman, Tournai 1972; L'Articulation du sens. Discours scientifique et parole de
la foi, 2 vv., Éd. du Cerf, Paris 1984; Les Limitations internes des formalismes. Étude sur la signification du
théorème de Gödel et des théorèmes apparentés dans la théorie des fondements des mathématiques, Jacques
Gabay, Paris 1992 (1957)
2
Ladrière, "Le rationnel et le raisonnable", cit., 405-419.
3
Summa Theologica, II-II, q. 45, a. 3.
4
Fides et Ratio 2, 5, 16; Giovanni Paolo II, "Discorso alla Libera Università Internazionale di Studi Sociali,
Guido Carli, 17.11.1998, L'Osservatore Romano, 18.11.1998, 5.
5
Cf. Fides et Ratio, 47-51; vedi il cap. 15.
6
S. Givone, "La verità? Sta sempre nella persona", Avvenire, 8.9.1996, 17.
7
A. Rigobello, "La funzione maieutica del paradosso", L'Osservatore Romano, 6-7.8.2001, 3.
8
M. Nicoletti, G. Penzo (a cura), Kierkegaard. Filosofia e teologia del paradosso, Morcelliana, Brescia
2001.
69
CAPITOLO 15. SAPIENZA CRISTIANA E CULTURA SCIENTIFICA
Nel capitolo precedente abbiamo analizzato il pensiero di J. Ladrière sul ragionevole e sul
razionale. Il primo è apparso abitato da una verità che lo supera come: luogo dei sensi, dei significati e
dei valori; fonte delle imprese dell'intelligenza; orizzonte finalizzante dell'esistenza; luogo della libertà
responsabile e solidarietà universale. Così inteso, è il luogo originario del razionale, che è una sua
costruzione e l’insieme delle mediazioni che gli sono indispensabili. Reinserire il razionale nel
ragionevole significa connettere il discorso scientifico alla verità e congiungere l'azione tecnica alla
responsabilità etico-morale. È questo il compito più radicale e difficile della ragione. Per attuarlo può
soccorrersi il paradosso di quella verità che ci trascende, che noi possiamo solo riconoscere e che si
presenta soltanto storica e incarnata. Forse è meglio dire, che la verità storica e incarnata in una
persona, impedisce di ridurre il pensiero umano a puro formalismo, di appiattirlo nella meccanicità, di
estraniarlo dal mondo della vita, d'imprigionarlo negli schemi logici, di renderlo inautentico. È ora il
momento di ampliare e approfondire la domanda con la quale avevamo concluso: Se il paradosso della
Verità incarnata in una Persona storica è il costitutivo fondante dell'autenticità dell'uomo, può esserlo
anche per l'autenticità e genuinità di scienze e tecnica?
1. Scienza: valore euristico e capacità problematizzante
Possiamo affrontarla con una certa serenità, perché gli elementi raccolti nei capitoli precedenti
trovano ispirazioni e suggerimenti di riflessione in Veritatis Splendor e Fides et Ratio. La seconda, in
particolare, rileva che la scienza aiuta l'uomo a conoscere meglio la realtà, se stesso e la sua unicità. In
quanto interrogativo sempre aperto sulle realtà del mondo, dell'uomo e della sua esistenza, essa fonda
l'umanesimo scientifico, come illimitata esigenza di ricerca, di problematizzazione e di riflessione. Ciò
significa, quindi, un incessante cammino verso la verità intesa nel suo senso più ampio1. Esigenza di
problematizzazione e cammino verso la verità sono anche gli elementi di fondo di un'autentica cultura
tecnoscientifica2. Esigono, tuttavia, un progetto o architettura che li valorizzino, assieme ai dati
emergenti da ogni sapere3. L’esperienza degli ultimi quattro secoli ha mostrato che: le continue
domande sollevate dalla ricerca scientifica non possono essere sottoposte ad alcun limite; esse
finiscono sempre col sollevare ulteriori domande sul senso, il significato, i fini e il valore di quanto
scoperto. Se non sono arbitrariamente rimosse, censurate o interdette per ragioni ideologiche esse
provocano discussioni articolate e complesse che esigono risposte adeguate.
Un fenomeno culturale di tale vastità e profondità, non è stato valorizzato da nessuno degli
atteggiamenti finora esaminati: razionalismo, positivismo, scientismo moderno, pluralismo
indifferenziato e pensiero debole postmoderno. Non lo è stato perché le loro negazioni, prive di
proposte positive, hanno svalutato le conoscenze scientifiche, privandole del loro valore culturale e
umanistico. Il pensiero maritainiano, invece, riconosciuto giustamente come ultramoderno, sottolinea
che tutto quanto diviene oggetto di conoscenza, diventa parte della nostra vita4. Fides et ratio vi
aggiunge che ogni verità raggiunta, benché parziale, in quanto verità, è universale. Essa, quindi,
costituisce un passo verso la piena verità, che si manifesta nella rivelazione ultima di Dio5. Simili
affermazioni consentono di valorizzare le conoscenze scientifiche, nel loro giusto senso umanistico e
culturale. Esse mettono bene in luce che la parzialità e provvisorietà di ogni acquisizione scientifica,
rilevata dall'epistemologia, non ne elimina i caratteri di verità e universalità, perché ciò che è vero, lo è
per tutti e per sempre6. Le conoscenze scientifiche, quindi, come espressioni della retta ragione (recta
ratio) possono essere inserite nel patrimonio spirituale dell'umanità.
La condizione per non offuscarne né ostacolarne la ricerca della verità ultima è di non degradare la
loro insuperabile parzialità a una ricerca unilaterale della realtà, che renderebbe loro impossibile
raggiungere la verità. Riguardo all'uomo, ad esempio, non si può ignorare che è persona, soggetto
chiamato a una verità che lo trascende. Egli, quindi, non è valutabile con criteri puramente pragmatici
e sperimentali. Anche l'errata opinione che tutto vada dominato dalla tecnica va superata7. Umanesimo
e cultura scientifica si possono elaborare soltanto lasciando aperta la riflessione sui problemi
dell'ultimità. Solo essa, in definitiva, fa superare l'insormontabile handicap della parzialità e della
provvisorietà delle conoscenze scientifiche, perché solo essa valorizza i loro frammenti di verità,
collegandoli alle domande radicali sul senso e il fondamento ultimo della persona e della vita. Ciò
evita che la loro frammentarietà si disgreghi ulteriormente o si vanifichi nell'effimero 8.
70
2. Frammentarietà, limiti, significati ultimi
È necessario annotare brevemente i ruoli, le competenze e le responsabilità che Fides et ratio
riconosce a intelligenza, mente, conoscenza, ragione, filosofia, scienze, Rivelazione e fede, per
elaborare il sapere, l'umanesimo e la cultura. Rivelazione, fede, scienze e filosofia sono ordini distinti
per principio e per oggetto. Scienze e filosofia operano nello spazio della conoscenza umana, sempre
segnata dalla frammentarietà e dai limiti, senz'altro confine della loro finitezza. Loro contesto è la
ragione naturale (percezioni sensibili, esperienze, solo intelletto). Rivelazione e fede riguardano le
verità ultime sulla vita umana e i destini ultimi della storia e del cosmo. Loro contesto è la
comunicazione interpersonale fra Dio e la persona, invitata ad aprirsi liberamente alla verità che le è
donata e ad esprimerne nella propria vita il senso e il valore. Solo la fede svela l'inscindibile unità fra
la realtà e il suo significato e ne fa cogliere la profondità del mistero, essenziale per la vita dell'uomo 9.
Contesto, spazio e regno della fede sono la libertà, il senso profondo e la comunione interpersonale.
Nei loro termini, la Rivelazione e la fede propongono all'uomo le verità universali e ultime, che
allargano gli spazi della sua mente e della sua conoscenza, spingendolo a non fermarsi mai.
Queste prospettive evidenziano bene le strettoie e gli auto-imprigionamenti dell'immanentismo
scientista e tecnicista, che ingabbiano la ragione e le sue capacità critiche. Solo la fede e il
discernimento evangelico possono liberarla. La luce teologale, inoltre, consente le aperture e gli
approfondimenti necessari a raggiungere l'origine di tutta la realtà sensibile10. I principi indicati in
Fides et Ratio valgono per la gnoseologia, l'euristica e l'epistemologia: 1) la conoscenza umana è un
cammino senza soste; 2) nessuna persona può raggiungere da sola tutte le conoscenze; 3) il mondo è
governato da una sovrana trascendenza e un provvido amore. Senza di essi non possiamo raggiungere
conoscenze essenziali, né assumere atteggiamenti giusti verso noi stessi, gli altri e l'ambiente. Con essi
possiamo valorizzare ogni acquisizione scientifica e filosofica e inserirla nell'orizzonte di
significazione della persona come essere in relazione con se stesso, gli altri, l'universo e Dio.
Rivelazione e fede ci liberano da ogni preclusione preconcetta, rigidezza mentale, illusione e pretesa di
trovare un senso puramente terreno per la nostra esistenza11.
3. Consapevolezza e verità
Per Fides et Ratio i risultati delle scienze, negli ultimi secoli, hanno favorito il progresso
dell'umanità12. Restano, tuttavia, da sviluppare gli aspetti umanistici e culturali della ricerca, centrati:
sull'interesse per la verità di ciò che appare; sul giudizio della realtà oggettiva delle cose; sul
discernimento del vero dal falso. Essi, uniti alla consapevolezza che la vera conoscenza è sapere di
non sapere, possono orientare le persone ai valori, alla verità dei valori e al valore della verità. Anche
questo è possibile solo se l'uomo riconosce come fondamento ultimo quell'Assoluto che dà senso a
ogni cosa, compresa la ricerca. Attingere, oltre all'universale, anche l'assoluto, l'ultimo, l'origine e il
fondamento supera le capacità di ogni acquisizione scientifica. Anche la riflessione filosofica ha
bisogno di essere aiutata da altre forme di conoscenza ed esperienza, espresse nelle tradizioni culturali,
religiose e familiari, negli itinerari esistenziali e nell'autorità dei maestri di umanità e di spirito. Sono
esse che alimentano e tengono vivo il desiderio di raggiungere la certezza della verità.
Esse indicano, inoltre, i limiti della ricerca scientifica: limitatezza della ragione, incostanza,
incoerenza e pressione d'interessi estranei. Ne rilevano anche le potenzialità: fiducia di raggiungere la
verità; perseveranza negli insuccessi; consapevolezza del diverso valore delle varie acquisizioni. Tali
limiti e potenzialità accomunano l'impegno scientifico alla ricerca delle verità ultime, per quella sete di
verità, profondamente radicata nella natura umana che, essendo unica, non può mai essere del tutto
vanificata. Fides et Ratio indica le varie forme di verità e le vie per raggiungerle: verità del vissutoquotidiano, raggiungibili con le evidenze immediate; verità scientifiche, raggiungibili con le conferme
sperimentali e i confronti intersoggettivi; verità filosofiche, raggiungibili con la riflessione speculativa
e i confronti critici sul pensiero; verità religiose, raggiungibili nelle esperienze personali e nelle
relazioni comunitarie delle grandi tradizioni religiose13.
È fondamentale rivalutare le tradizioni per valorizzare la natura sociale e culturale della persona.
Le tradizioni sono insostituibili per elaborare e trasmettere cultura, saggezza e sapienza. Esse
accolgono ogni persona alla nascita, l'accompagnano e la formano per tutta la vita. Senza tradizioni,
nessun operatore scientifico saprebbe fare ricerca o vagliare i risultati e le scoperte. Nessun filosofo
71
può creare da solo i tesori della saggezza e della sapienza umana. Ogni persona, operatori scientifici
compresi, parte da una quantità immensa di conoscenze, che apprende dalle tradizioni e sopravanzano
quelle che potrà acquisire personalmente. Per il loro interscambio vitale e continuo con le persone, le
tradizioni non sono meri ricordi del passato, ma patrimoni culturali vivi, per tutta l'umanità. Sono le
radici più autentiche dei nostri pensieri e le più originali per i progetti futuri, rendendo possibile la
cultura e l'umanesimo scientifico 14.
Fides et Ratio fonda l'affidabilità delle conoscenze e dei saperi sui rapporti personali di fiducia, che
ci fanno accedere alla verità. I termini: fiducia, fedeltà, fidarsi, affidarsi ecc. provengono dalla stessa
radice. Ognuno può e/o deve fidarsi e affidarsi alla verità testimoniata dagli altri. Qualunque metodo e
prova esige la reciproca fiducia. Tra persone, la fiducia è molto più significativa della pura razionalità.
Essa è indispensabile per garantire la certezza e autenticità di ogni conoscenza e di ogni verità, da
quelle parziali e provvisorie delle scienze, a quelle ultime e decisive sul senso ultimo della vita e
sull'Assoluto15.
4. Verità, universalità, mistero
Poiché la ricerca della verità può assumere un carattere elitario, l'enciclica respinge l'idea di una
verità riservata a pochi. Essa è aperta e destinata a tutti. L'elitarismo cognitivo fu introdotto nella
scienza dal razionalismo, l'illuminismo e il positivismo che, rigettando le altre forme di sapere e
idolatrando la razionalità scientifica, condussero alla diffidenza fino alla vanificazione della ragione16.
Fides et Ratio ne critica la sfiducia e ne indica le conseguenze: scetticismo agnosticismo; nichilismo;
perdita del senso metafisico ed etico-morale; fideismo acritico nei progetti ideologici politico-sociali;
resa ai totalitarismi che opprimono l'umanità. Aderendovi, gli uomini di scienza: smarriscono i
riferimenti etici che presiedono alle ricerche sulla persona e la vita umana; cedono alle logiche del
mercato e del profitto; soccombono agli assolutismi ideologici e politici; cadono nelle logiche
strumentali e demiurgiche17. La cultura scientista, infatti, ha portato al culto dell'effimero, del fugace e
del provvisorio, mentre il suo crollo ha provocato scetticismo e nichilismo. La ragione strumentale,
dell'utilità pratica, del profitto e del potere hanno spinto le persone e le culture all'angoscia verso tutto
ciò che viene prodotto e lo stesso produrre. Da questi vicoli ciechi non fanno uscire né
l'individualismo, né il pensiero debole, né quanti ritengono la ragione incapace di cercare e riconoscere
verità universalmente valide. L'unica soluzione possibile, ricorda Fides et Ratio, sta nel riconoscere
che la verità è una, anche se le sue espressioni portano l'impronta della storia18.
Nessuna forma storica di conoscenza, tuttavia, può pretendere di possedere tutta la verità, né di
spiegare pienamente l'essere umano, il mondo e il rapporto dell'uomo con Dio19. Scienze e filosofia,
senza sostituirsi né combattersi, possono contribuire ad approfondire il mistero dell'uomo e aiutare la
ragione ad acquisire una coerente conoscenza del mondo e dell'uomo. Le loro acquisizioni sono utili al
pensiero cristiano e alla teologia per approfondire l'oggetto della Rivelazione e della fede. Consentono
pure ai credenti e alla Chiesa di esercitare il discernimento evangelico, la riflessione critica e svolgere
il dialogo interreligioso e interculturale20.
5. Le istanze unificanti
La Rivelazione apprezza la legittima autonomia della ragione, che invita a non rinunciare mai alla
capacità d'interrogarsi e dialogare, ma anche a non arrogarsi alcuna assolutezza o esclusività
conoscitiva. Riconoscendo la legittima autonomia della ragione, la fede aiuta l'intelligenza a superare
sia la frammentarietà e le chiusure del suo sapere, che lo smarrimento e la vanificazione del senso,
conseguenti al moltiplicarsi delle prospettive di ricerca. In questi modi, Rivelazione e fede
contribuiscono a quella visione unitaria e organica dei saperi che è uno dei più urgenti e difficili
compiti attuali. La crescente settorialità, frammentazione e isolamento, di conoscenze prive di
connessione sistematica, ha portato a chiedersi se abbia ancora senso una domanda sul senso21. La fede
deve esercitare la propria istanza critica su quest'eclissi del senso, sul pensiero ambiguo, scettico e
nichilista, sulle chiusure nell'immanenza e sulla conoscenza strumentale priva di passione per la verità.
Il pensiero cristiano cura queste malattie mortali per l'intelligenza: rilevando le possibilità e i limiti del
sapere e del potere tecnoscientifico; unificando e orientando i saperi e l'agire umano, al loro fine,
valore e senso ultimo; contrastando gli esiti disumani e distruttivi di certe razionalità
tecnoscientifiche22.
72
Esso, inoltre, smaschera e denuncia tutti i modi di ridurre il valore culturale delle conoscenze e di
annullare il significato umanistico dei saperi, come: negare il valore delle forme di conoscenza diverse
dalle scienze positive; ridurre i valori a semplice prodotto emotivo; ammettere solo la pura fattualità;
proporre il progresso tecnoscientifico come valore unico o supremo; considerare moralmente
ammissibile tutto ciò che è tecnicamente fattibile; delegittimare, come irrazionali o immaginarie, le
domande sul senso della vita; ignorare o negare i temi filosofici dell'ultimità; considerare infondati e
irrazionali i grandi interrogativi sull'esistenza; rimuovere dall'orizzonte umano i problemi etici
fondamentali; negare senso e valore a sofferenza, sacrifici, vita e morte; fomentare l'illusione di poter
dominare pienamente il proprio destino, mediante le sole conquiste tecnoscientifiche23.
Fides et ratio, evidenzia i seguenti contributi dei saperi alla cultura e umanesimo scientifico. La
critica epistemologica, verificando l'attendibilità delle conoscenze e del sapere scientifico, ne
arricchisce l'eredità e ne apre la strada all'elaborazione culturale e alle forme di saggezza umanistica.
La capacità delle scienze di comunicare con tutte le culture ed esserne recepite, ne mostra il valore
cognitivo universale, da utilizzare in ogni specifica cultura. La ricerca scientifica e le sue acquisizioni
costituiscono vere sfide etiche, sociali, politiche ed economiche per la cultura mondiale e le culture
particolari. L'inserimento delle acquisizioni tecnoscientifiche in un contesto di valori morali e
sapienziali valorizza il senso umanistico e culturale della ricerca. Ciò consente una crescente
conoscenza dell'universo nel suo insieme, dell'immensa varietà delle sue componenti e della
inesauribile ricchezza delle sue strutture. Il sapere tecnoscientifico, quindi, non finendo mai di
analizzare le realtà umane, sociali e cosmiche, offre contributi insostituibili allo sviluppo dell'umanità.
Gli interrogativi che solleva incessantemente, infine, rinviano a qualcosa ulteriore e aprono l'accesso
all’ignoto e al Mistero24. Il valore e l'utilità di tutti questi elementi risulterà maggiormente nel
prossimo capitolo e nella sintesi e riflessione conclusiva.
1
Fides et Ratio 1; G. Gismondi, Critica ed etica nella ricerca scientifica, Marietti, Torino 1978, 339-359.
2
G. Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza. Saperi e cultura nel 2000, Assisi 1999, 158-177.
3
G. Gismondi, Fede e cultura scientifica, Bologna 1993, 141-155; 205-213.
4
Cf. cap. 4.
5
Fides et ratio 1, 2, 5, 27; cf. G. Gismondi, Etica fondamentale della scienza, Assisi 1998, 200-211.
6
Fides et ratio 25, 27; cf. Gismondi, Fede e cultura scientifica, cit., 69-88.
7
Fides et ratio 5; cf. G. Gismondi, Cultura tecnologica e speranza cristiana, Milano 1995.
8
Fides et ratio 4, 6; Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza, cit., 173-177.
9
Fides et ratio 9-13; cf. G. Gismondi, Umanesimo scientifico e pensiero cristiano. Le potenzialità
umanistiche della scienza, Rovigo 1982, 259.
10
Fides et ratio 14-15, 22.
11
Fides et ratio 18, 20-21, 23.
12
Cap III.
13
Fides et ratio 28-29; Gismondi, Umanesimo scientifico e pensiero cristiano, cit., 236, 255.
14
Fides et ratio 37, 85; cf. Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza, cit., 170-171.
15
Fides et ratio 32-36; cf. G. Gismondi, Teologia fondamentale I. Temi e problemi della fede, Roma 2000,
54, 102.
16
Cf. cap. 1; G. Gismondi, Religione fra modernità e futuro, Assisi 1998, 53-81; Id., Scienza, coscienza,
conoscenza, cit., 145-146.
17
Fides et ratio 38-46; cf. Gismondi, Cultura tecnologica, cit., 179-182.
18
Cf. cap. 14.
19
Fides et ratio 47, 48-51.
20
Fides et ratio 61, 69-77; G. Gismondi, Scienze della religione e dialogo interreligioso, Bologna 1994.
73
21
Cf. capp. 2-4.
22
G. Gismondi, "Scienza, filosofia e teologia come istanze critiche", in Nuova Civiltà delle Macchine, 15
(1997) 1-4, 193-207; Fides et ratio 79-81, 85-86.
23
Fides et ratio 88-91.
24
Fides et ratio 96-98, 106.
74
CAPITOLO 16. PERCORSI E TRAGUARDI POSSIBILI
Le proposte e i dati segnalati nei capitoli precedenti consentono le prime conclusioni non solo sui
caratteri e i dinamismi della cultura, ma anche sui suoi contenuti e le sue funzioni. Quanto ai
contenuti, intendiamo la cultura come patrimonio dei beni che precedono l'uomo e alimentano
l'umanità, sempre ampliato da nuove conoscenze acquisite e dai nuovi modi di pensare e di agire che
le accompagnano. Le sue funzioni sono: riattualizzare le grandi esperienze spirituali vissute;
ricondurre a unità le diverse conoscenze che emergono; valorizzare in modi unitari le molteplici
espressioni dell'intelligenza e le varie manifestazioni dello spirito umano. Queste definizioni
evidenziano bene anche i caratteri e i dinamismi della cultura tecnoscientifica, riferiti ai diversi aspetti
della realtà, della vita e del pensiero. Sono gli aspetti che qui approfondiamo.
1. Cultura come unificazione significativa
Abbiamo visto più volte, infatti, l'esigenza di convogliare a unità le molteplici espressioni delle
scienze e di fare comunicare le specializzazioni. Al capitolo tredicesimo è emersa la nuova teoria del
linguaggio come proposta per sviluppare i modi di: eliminare le frontiere fra scienze, filosofia,
letteratura arte; cercare le specificità della comunicazione e della traduzione; studiare le metafore
operanti nelle diverse scienze ecc. Il tutto rivolto a favorire una maggior comprensione. Essa dovrebbe
aiutare a elaborare i lessici e le regole che consentono ai linguaggi specializzati di comunicare fra loro
e con quello generale della cultura. Alla condivisione delle conoscenze essenziali e all'interscambio
delle capacità conoscitive non basta, però, una semplice trasmissione di informazioni scientifiche e
ancora meno la divulgazione. Occorre, quindi, affrontare il problema a livelli più profondi, per
esaminare le esigenze prioritarie collegate alla dimensione umana. Ciò richiede di sviluppare una
visione culturale dell'uomo, piena e autentica, nella quale le prospettive scientifiche sono solo
complementari. La parzialità e provvisorietà del sapere scientifico non consente un’adeguata
comprensione dell'uomo, della vita e del cosmo.
In ogni ambito scientifico si è visto, infatti, che le ricerche non attingono mai i significati nascosti,
più vasti e profondi, che la mente percepisce e chiede d'indagare. Per questo la locuzione ricerca
continua significa che: la realtà è inesauribile e presenta infiniti aspetti; nelle scienze tutto è sempre
rivedibile (ipotesi, teorie, metodi, modelli, logiche ecc.); nessuna acquisizione scientifica è definitiva,
esauriente, esente da errori. Questi limiti e fallibilità intrinseca non sono esclusivi della scienza, ma
propri e intrinseci all'uomo. Da millenni, Sapienza biblico-cristiana e saggezza filosofica hanno
approfondito questa realtà. La scienza immette nella cultura i suoi caratteri specifici: la razionalità
rigorosa che la rafforza, ma anche l'irrigidisce e l'impoverisce; la parzialità e provvisorietà delle sue
conoscenze che l'arricchisce, ma anche l'indebolisce. Tale duplicità diviene ambiguità se le manca una
dimensione umanistica, che la sostenga e la completi nel ricercare e approfondire la verità.
Dimensione scientifica e umanistica non s'identificano, non devono né possono unificarsi, ma devono
e possono integrarsi. Per riuscirvi devono rivolgersi entrambe alla loro comune radice che ne fonda la
dignità e la grandezza: la comprensione dell'uomo nella sua interazione col mondo.
Poiché la cultura esige capacità di sintesi, di dialogo e di collaborazione, è essenziale educare ad
essi lo spirito umano. È egualmente essenziale educarlo a riconoscere i fini e i valori, per ordinarli
secondo le loro gerarchie. La cultura, infatti, non è una somma di risultati, di conoscenze, di metodi
ecc., bensì la ricerca e l'elaborazione dei significati e dei principi unificatori e ordinatori, in base al
fondamento unificante, unico e autentico, di una corretta concezione dell'uomo. È l'uomo l'orizzonte
unificatore della cultura poiché, riunendo in sé la condizione di soggetto e di oggetto, unifica ricerche,
domande e risposte. Da sempre, la sua ricerca e le sue domande risalgono, di grado in grado, fino a
quelle ultime sull'Assoluto origine e fine. Per questo, per ogni umanesimo e cultura è indispensabile
riconoscere il fondamento che dà il senso e la piena ragione dell'uomo, fondato in Dio e nel mondo.
Come si è visto, l'unità del fondamento non ostacola, ma rafforza le molteplici diversità e valorizza i
loro significati profondi. Ciò spiega perché scienze, filosofia e teologia, isolandosi non possano
comprendere i diversi significati e il senso globale dell'esistenza del mondo, dell'uomo e delle loro
reciproche relazioni. Per giungervi devono dialogare tutte insieme.
75
2. Filosofia: senso di sé nel senso del tutto
In questo percorso, la filosofia non può sottrarsi alla necessità di riflettere sul mondo, sull'uomo e
sul sapere scientifico elaborato da l'uomo, con l'uomo e per l'uomo. È questo il suo modo specifico di
aiutare la cultura a esprimere il suo carattere genuinamente umano, che precede gli altri: umanistico,
religioso, scientifico, tecnico, artistico, specializzato ecc. Ciò la rende indispensabile e confuta le
critiche e le riserve laiciste che abbiamo esaminato nei precedenti capitoli1. Solo la filosofia, infatti,
può proporre il problema, centrale ed esclusivo, del senso di sé nel senso del tutto, ove il sé, come
problema centrale dell'uomo, comporta quello dell'Assoluto. Il problema del sé, infatti, è autentico
solo come problema dell'Assoluto. Quanto alla realtà, la filosofia è teoria della realtà, come visione
del tutto e come significato totale. Per questo può parlare di essenze, come significato intelligibile
della realtà, mentre nessuna scienza lo può fare. Per questo può assumere molteplici aspetti e svolgere
ruoli complementari. Quando riflette sulla totalità della realtà è metafisica. Quando pensa il significato
e il valore della scienza è filosofia della scienza. Quando studia concetti generali (esperienza,
movimento, causa ecc.), utili a capire la natura, è filosofia della natura, che è ben diversa dallo studio
della natura, particolareggiato, delle scienze.
Rispetto alla scienza, i ruoli della filosofia sono: problematizzare l'intera esperienza umana,
irriducibile ai termini parziali e frammentari della ricerca scientifica; fare emergere il non/sapere
intrinseco a ogni sapere; evidenziare il di più che si ignora ed è strutturato in ciò che si crede di
conoscere; mostrare gli aspetti più rilevanti di ogni conoscenza scientifica e della realtà, che
rimangono oscuri; tenere sempre vivo il senso dell'incognito e dell'ulteriore, sempre legati a ogni
nuova acquisizione scientifica. Rispetto all'uomo, i ruoli della filosofia sono: chiedersi perché l'uomo
non si appaghi mai di ciò che conosce e perché a ogni nuova conoscenza del finito provi più intensa
l'esigenza dell'infinito; riflettere sul perché il mistero si avverta, perché esso esista, perché la scienza,
che dovrebbe ridurre, semplificare e superare tutto ciò che è sconosciuto e misterioso, non possa mai
eliminare del tutto il mistero; pensare perché ogni nuova acquisizione sollevi più ampie incognite e
nuovi misteri. Tutto ciò coinvolge il senso e il valore dell'esistenza umana, che include anche i limiti e
la fallibilità delle capacità umane e cognitive. La riflessione filosofica sui fondamenti della scienza ha
dissolto le mitologie sette/ottocentesche che facevano delle scienze e delle tecniche i demiurghi capaci
di risolvere tutti i problemi umani.
Essa ha mostrato, soprattutto, che la scienza può trattare molti problemi (universo, natura, vita,
uomo ecc.), ma non il problema di se stessa. Questo le rimane precluso. Ogni scienza (psicologia,
sociologia, storia ecc.) può assumere le scienze come oggetto di ricerca, ma può farlo solo nella
prospettiva scientifica, che è limitata, parziale e provvisoria. Solo la filosofia può attuare la riflessione
totale, perché, per definizione, è l'unica che può porsi nella prospettiva del tutto e può mettere in
discussione tutto, a partire da se stessa. Essendo l'unico sistema di razionalità ad attuare la criticità
radicale e la problematizzazione totale, essa sola può interrogarsi e pronunziarsi su ciò che è la realtà,
la sua essenza, il suo senso, il suo fine e valore. Come filosofia della cultura e filosofia della scienza, è
suo specifico compito elaborare il sapere scientifico in cultura. La filosofia della scienza, esplicitando i
caratteri che rendono possibili le sintesi scientifiche, mostra le correlazioni fra conoscenze diverse e
contrastanti. Attualmente, le distinzioni dei ruoli finora indicate diminuiscono i rischi che filosofia e
scienze si sostituiscano a vicenda. Occorre comunque vigilare per non ricadere nei vecchi ibridi
pseudofilosofici e pseudoscientifici dello scientismo.
3. Scienza: uscire dagli "assoluti relativi"
La filosofia, quindi, è chiamata a valorizzare e sviluppare le potenzialità umanistiche e culturali che
la scienza tiene in sé, inutilizzate, nonostante Pauli le avesse già indicate nel 1955: scoprire la realtà
profonda delle cose, che sfugge alla percezione immediata; affinare sistematicamente le esperienze e i
concetti della vita quotidiana; formulare i problemi in modo rigoroso. Esse sono possibili perché lo
spirito che è nell’uomo e l'oggetto percepito, che è fuori dell’uomo, appartengono alla stessa realtà e
all'identico ordine cosmico. Sono queste le capacità positive, con le quali la scienza può migliorare la
cultura, assai più che con le scoperte parziali e le conoscenze provvisorie. Tali potenzialità
umanistiche e culturali non furono mai valorizzate, in seguito ai cosiddetti assoluti della scienza, che
inserivano il pensiero scientifico nella categoria del: tutto o niente. Ne è un chiaro esempio il concetto
di rigore razionale, elaborato per circoscrivere le realtà indefinite, mediante precise operazioni
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metriche. Queste, invece, risultarono soggette a ineliminabili fluttuazioni ed errori, mostrando che tale
rigore è irraggiungibile. Tale assoluto cadde, infine, e molti altri subirono la stessa sorte. Solo
l'assoluto del pieno controllo razionale dell'universo non cadde, impedendo di capire che i controlli
scientifici sono sempre e solo parziali e provvisori.
Non cadendo, regalò alla scienza la brillantissima idea dell'assolutezza del relativo, ideale per
trasformare il pensiero scientifico nell’ideologia scientista, con tutti i suoi assurdi e contraddizioni.
Essa, ha condizionato la scienza moderna, ma perdura tuttora in forme più sfumate e sofisticate. Le
idee degli assoluti della scienza e dell’onnipotenza della scienza si creano alibi a vicenda2.
Attualmente aumentano gli operatori scientifici che avanzano riserve, soppesano i termini, controllano
le asserzioni, diventano sempre più cauti. Molti, però, continuano a fare affermazioni incontrollate,
esorbitanti e irragionevoli, a estrapolare i risultati e i significati delle ricerche e ad alterarne forme e
contenuti. Tutto ciò infrange l'onestà e correttezza professionale e inganna i profani, spingendoli
esigere da scienze e tecniche i risultati e le prestazioni che un tempo si chiedevano alla magia. Le
esigenze di assoluto sono legittime e proprie dell'uomo che, senza di esse, non sarebbe più tale. Tutto
in lui esige l'assoluto: intelligenza, ragione e volontà. Nella persona, quindi, si radicano tanto
l'aspirazione all'incondizionato, quanto le pretese di autofondazione e di dominio tecnoscientifico della
realtà. La prima dovrà essere sempre riscattata e difesa dalle deformazioni scientisti e tecnicisti. Nel
capitolo quattordicesimo analizzando i rapporti fra ragionevolezza e razionalità abbiamo visto i modi
in cui la legittima esigenza di assoluto può essere mutata in un’indebita pretesa di assolutezza. È
importante conoscerli per contrastarli.
4. Saperi: chiarezza ed enigmaticità
Tutta la nostra riflessione mostra che la scienza aspira necessariamente e lecitamente
all'assolutezza, intesa come ideale puramente teorico e come obiettivo al quale accostarsi
indefinitamente, senza mai poterlo raggiungere (asintoto). Se si dimentica o si ignora tale
impossibilità, si cade nell'illusione e pretesa di potervi riuscire. Nel primo capitolo abbiamo visto che
essa si lega alla visione dell'universo come "libro scritto in caratteri matematici", e all'idea che la
realtà sia intrinsecamente matematica (Galilei). Dominare le relazioni matematiche significava
decifrare tutti i misteri della realtà e impadronirsi del potere di creare. Le trasformazioni radicali,
compiute mediante scienze e tecniche, consolidarono l'illusione dell'onnipotenza della scienza.
Occorse molto tempo, e molte catastrofi, per capire che la scienza onnipotente sarebbe diventata una
ragione puramente strumentale capace di distruggere l'uomo e la natura. Per recuperarne l'autentico
valore umano e culturale, bisogna liberarla dai deliri di onnipotenza e finalizzarla di nuovo al servizio
dell'uomo. Tra i falsi assoluti, il capitolo tredicesimo ha indicato la specializzazione, prima carta
vincente, poi fonte di crescenti difficoltà, infine ridimensionata dalla complessità.
La specializzazione non basta più a fare avanzare la scienza, che esige sempre nuove intuizioni,
perché è priva della potenza intellettuale necessaria a produrre le grandi sintesi3. La cultura scientifica,
infatti, non assomiglia agli anelli di una catena o ai rami di un albero, ma a un tessuto continuo, senza
separazioni, le cui maglie sono: scienze, filosofie, tecniche, arti, lettere, religioni, teologia, che
s'intrecciano l'un l'altra, formando un tessuto totale. È in tale intreccio e tessuto che emergono gli
incessanti interrogativi umani sul mondo, l'uomo e le sue relazioni col mondo. Sono essi il patrimonio
culturale che le scienze trasmettono alle nuove generazioni, che conta assai più delle risposte e dei
risultati, sempre parziali, provvisori e mutevoli. Sono tali interrogativi, che la filosofia collega
all'incondizionato e all'assoluto autentico, a costituire l’ambito essenziale dell’umanesimo e della
cultura4.
La filosofia deve sempre sostenere il sapere scientifico nell’interrogarsi, riconoscere i propri limiti
quantitativi, scoprire quelli qualitativi. Deve sempre ricordare alla cultura che tutti gli aspetti singoli e
parziali del reale, messi insieme, non ne costituiscono la totalità e che nessuna fallibilità e parzialità
può appagare l'esigenza umana di certezze e totalità. Ciò significa ricordare anche che: le domande
sull'origine e il significato ultimo dell’universo superano ogni approccio scientifico; nessuna indagine
scientifica può esaurire lo sconfinato mistero dell'uomo e del mondo, dominarne l'ampiezza, decifrarne
l'enigmaticità; in questa vastità ed enigmaticità, possono avventurarsi solo la filosofia, la metafisica, la
religione e la fede. Vastità ed enigmaticità sono pure il banco di prova di ogni persona che deve
scegliere se negarle, subirle come ineluttabili e insuperabili o accettarle. Chi, libero da prevenzioni e
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preclusioni, continua la ricerca, può anche trovare Dio e varcare la soglia del mistero. Il salto
qualitativo della fede non elimina gli inesauribili interrogativi della vastità ed enigmaticità, ma li
illumina, introducendoci nella sfera ove la libertà di Dio e dell'uomo sono piene e sovrane.
5. Riflessioni conclusive
Questo cammino verso l'umanesimo scientifico, la cultura scientifica e i traguardi e percorsi per
raggiungerli, delineati nei precedenti capitoli e definiti in questo, non sono inaccessibili. Gli assoluti
terrestri che li impedivano sono caduti. Termina l’idolatria della ragione illimitata e assoluta,
dell’immanenza totale, dell’assoluta autonomia dell'uomo e dell’onnipotenza tecnoscientifica. I
disumani idoli filosofici e ideologici del XX secolo non egemonizzano più la cultura e la scienza.
Ritorna l'unico, vero Assoluto trascendente5. Oggi la continua crescita delle potenzialità
tecnoscientifiche desta più timori e preoccupazioni che speranze. Essa ripropone le domande cui
scienze e tecniche non danno risposta. Laicismo e culture secolari non sanno rispondere agli
interrogativi sul male, la sofferenza innocente e il senso ultimo della vita. Vorrebbero negare il diritto
di proporli, ma nessuna censura può proibirli, né impedire la crescente percezione che le risposte vi
sono, ma non sono né scientifiche, né puramente filosofiche.
Occorre una filosofia più critica, consapevole dei propri limiti, egualmente rigorosa e coraggiosa
nel rivendicare la ragione ragionevole e assumersi tutti i rischi dei nuovi itinerari del pensiero. La
storia mostra che pienamente sensibile a tali esigenze può esserlo solo una filosofia illuminata dalla
fede. Anche all'uomo del XXI secolo essa può proporre le sue risposte, nel pieno rispetto della criticità
e del rigore razionale. La fede, infatti, ricorda all’uomo che il senso ultimo del tutto non è una
costruzione umana, né la salvezza viene dalle mani dell'uomo. A tutti, però, è dato cercarli, invocarli e
trovarli perché: "chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto" (Mt 7,8; Lc 11,10).
Avanzando insieme su questo percorso, i traguardi dell'umanesimo scientifico e della cultura
scientifica, forse, non sono né inaccessibili, né irraggiungibili.
1
Cf cap. 4-6, 15.
2
Cf cap. 1, e quanto detto, in vari capitoli, sul "tecnicismo".
3
G. Bernardini, "La fisica odierna e alcuni suoi aspetti culturali", in Due Culture?, (Atti del Convegno di
Studio del Comitato Cattolico Docenti Universitari, Roma 20-21 maggio 1966), Il Mulino, Bologna 1967, 53-68;
"Discussione", 84.
4
V. Mathieu, "I due volti della scienza", in Due Culture?, cit., 9.
5
D. Antiseri, "È finito un secolo con i suoi assoluti", in Vita pastorale, 40 (2002), 2, 98-99.
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RIFLESSIONI E SINTESI CONCLUSIVA
1. Posizioni a confronto e novità emergenti
Le domande di fondo che hanno accompagnato tutta questa ricerca erano: È possibile elaborare un
umanesimo scientifico e una cultura scientifica? Quali elementi li ostacolano e quali li favoriscono?
Come dovrà svolgersi il dialogo fra pensiero cristiano e cultura scientifica? Abbiamo cercato le
risposte, iniziando dalle principali cause storico-culturali dei malintesi e dei conflitti fra scienza, fede,
religione ed etica che, dal XVII al XIX secolo, resero impossibile una cultura scientifica (cap. 1). Esse
si sono esaurite, ma alcuni loro strascichi sopravvivono nell'attuale tecnicismo, tardo riciclaggio di
scientismo, che eleva l'innovazione tecnologica ad "assoluto". I suoi "dogmi intoccabili" sono: 1)
esiste solo l'universo; 2) l'uomo non è nulla più degli animali; 3) non vi sono principi etici immutabili;
4) scienze e tecnologie non sono mai responsabili. Alcuni biotecnologi e neurofilosofi la chiamano
cultura tecnologica o del possibile o delle opportunità. In realtà, è solo un'ideologia aggressiva, che
vorrebbe modificare l'uomo e l'ambiente. Sotto l’apparenza di novità ricicla contenuti superati,
contraddice le acquisizioni più recenti e significative delle scienze, difende vecchie posizioni dei
secoli passati (cap. 1, 2, 4). Stupisce, perciò, che uomini di scienza sostengano tali idee, utili ormai
solo a profitti economici e privilegi politici di certe multinazionali della ricerca.
Essa si accoda alle ideologie che, per secoli, hanno frainteso il sapere scientifico, hanno ignorato
l'umanesimo scientifico e impedito il sorgere della cultura scientifica. Coscienza e pensiero cristiano
devono continuare a opporvisi e accoglierne le sfide, per sottolineare gli elementi positivi della scienza
e farne risaltare i valori autentici. In questa ricerca abbiamo affrontato le tesi più rigide e chiuse del
laicismo, per rilevarne le critiche e riserve che esse suscitano nei laici più avveduti e consapevoli. Essi
denunciano l’arretratezza, insostenibilità e degenerazioni immoraliste e nichiliste, insite nell'etica e nel
pensiero laico (cap. 3-4), e avanzano proposte significative per l'approfondimento e il dialogo col
pensiero cristiano (cap. 5-6). Sviluppandole si potrebbero superare i vecchi pregiudizi, interdetti e
censure contro la fede, la Rivelazione, la religione, l'etica, la trascendenza ecc.
L'elemento più positivo della ricerca viene, comunque, dalle acquisizioni di grande valore culturale
presentate nella seconda parte da scienziati e docenti di ogni ambito culturale. Si è esaminato il
pensiero più aggiornato: dell’astrofisica, della cosmologia e sulla condizione umana (cap. 7); sulla
terra come sistema complesso e pianeta solidale (cap. 8);sul mondo della vita con le sue metafore,
teorie e fatti (cap. 9); sui complessi intrecci, di persone, culture, fini, valori e diritti dell'ambito umano
(cap. 10); sulle scienze storiche come studio del "passato del futuro" e del "futuro del passato" (P.
Ricoeur) (cap. 11); sulla cibercultura e infoetica, come scienze del futuro nel nuovo ordine mondiale
(cap. 12). Gli specialisti di queste discipline non si sono limitati a informarci sullo stato attuale delle
loro conoscenze, ma hanno insistono sul valore culturale degli elementi ormai comuni a ogni scienza,
quali: la crescente complessità del reale; l’immensità di quello che ci sfugge; l’aumentata ambivalenza
delle situazioni umane. In base a queste consapevolezze essi ci hanno invitato a valorizzare la novità,
l'originalità e la complessità dei problemi emergenti in ogni ambito scientifico e disciplinare. Ci hanno
proposto nuovi principi di ricerca e più efficaci criteri di soluzione. Hanno incoraggiato a pensare in
nuovi modi e ad accogliere con cautela i risultati di ogni ricerca.
2. Positività da valorizzare, passi e percorsi
Fra gli aspetti positivi del nuovo atteggiamento scientifico, dobbiamo rilevare una più accentuata
sensibilità degli operatori scientifici per le esigenze sociali, per le future sorti del pianeta e per il
destino dell'umanità e delle generazioni future. Essi guardano con maggior senso critico
all'individualismo, al relativismo, alla sete di onnipotenza di certi progetti tecnoscientifici e si
preoccupano per gli atteggiamenti che erodono l'integrità e la credibilità della ricerca scientifica (cap.
2, 4). Cercano pure d’individuare le loro responsabilità per le cause di degrado della convivenza
sociale e dei pericoli per la sopravvivenza della specie (cap. 5, 6, 9). Gli autori analizzati riconoscono
che i fini e i valori umani devono precedere e accompagnare ogni progetto tecnoscientifico (cap. 13,
14). Auspicano, quindi, una riflessione previa e sistematica sui loro significati. La loro attenzione alla
persona, come soggetto di fini e di valori, spinge a collegare le nuove prospettive scientifiche alle
esigenze umane che per secoli furono al centro della riflessione filosofica, etica e religiosa. Con questo
non siamo più alle premesse dell'umanesimo e della cultura scientifica, ma già all'interno dei loro temi
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specifici, che il pensiero cristiano considera essenziali per la coscienza cristiana e le sue esigenze di
fondo, quali: orientare il pensiero e ordinare l'attività tecnoscientifica al servizio della verità, del fine,
della dignità e del valore della persona umana; basare tale orientamento e ordinamento sul suo
fondamento trascendente, spirituale, sapienziale ed etico.
In questo contesto si può parlare dell’inizio di un reale dialogo, che porti al cuore del tema. Nella
terza parte, quindi, la nostra ricerca si è focalizzata sulle vie, i percorsi e gli strumenti necessari per
risolvere i problemi già emersi o emergenti. In essa abbiamo approfondito i passi e le logiche che
portano alle soluzioni. Qui i ricercatori, che sono pure docenti e formatori, hanno insistito che il primo
passo, per ogni formazione scientifica e umanistica, fin dagli inizi, non può essere l’insegnamento
delle solo conoscenze, contenuti o metodi. È essenziale, invece, che gli studenti apprendano: i ripetuti
insuccessi delle scienze, con le loro cause e ragioni; i nodi irrisolti; il più che sfugge; l'incertezza e la
provvisorietà di quanto si crede di sapere; l'ambiguità di ogni comprensione; la crescente complessità
del reale. È questo l'unico modo per formare vere persone, educare cittadini e addestrare operatori
scientifici e culturali capaci di problematizzare, interrogare e interrogarsi criticamente, evitare
presunzioni e illusioni, affrontare delusioni, insuccessi, sfide e rischi propri delle situazioni complesse
in cui si svolge l'impegno scientifico (cap. 7-12). Il secondo passo lo abbiamo desunto non più dagli
operatori scientifici, ma dal pensiero sulle scienze (epistemologia, filosofia della scienza) e dalle
filosofie che sottolineano la necessità di collegare le conoscenze scientifiche e i relativi problemi al
più ampio contesto dei saperi (filosofia, etica, religione, teologia) per organizzarlo e costituire in un
"reticolo culturale".
Ciò può avvenire solo mediante un dialogo a tutto campo che, per la sua profondità ed estensione,
parta dai sensi, fini e valori, primi e parziali, per estendersi fino a quelli ultimi e assoluti. In questo
itinerario occorrono filosofie che: non pongano limiti preconcetti; non rinuncino ai propri ruoli e alla
propria identità; diano risposte che, pur non definitive né esaustive, giungano fin dove l'interrogazione
può divenire invocazione e orazione. A questo punto, solo la fede, la religione e la teologia si rendono
adeguate. Poiché questo cammino esige strumenti appropriati, abbiamo approfondito la proposta di J.
Ladrière, volta a riconciliare e ricongiungere la razionalità scientifica e tutto ciò che essa crea (il
razionale), con la ragionevolezza, ossia ciò che determina il significato autentico della vita e del
pensiero, perché collegato all'orizzonte degli ultimi fini (il ragionevole). La ragionevolezza: determina
il fine dell'esistenza e l'eticità di ogni azione; è il principio dell'ispirazione; è l'ambito di attuazione dei
valori, della libertà, della finalità etica, della vocazione integrale, dello spirito e dell'esistenza stessa.
Alla ragionevolezza, come espressione più ampia, sensata e significativa della persona e
dell’intelligenza umana, la razionalità tecnoscientifica deve tutto. Senza di essa, degenera e si dissolve
(cap. 14).
3. Verità, pluralismo, paradosso
La proposta basilare di Ladrière, come si è visto, tocca un problema che inquieta la coscienza laica:
Riconoscendo la verità non s’impediscono la tolleranza, il pluralismo e la libertà? Sorge, allora, un
dilemma ritenuto insuperabile. O si privilegia la verità, salvando il fondamento delle diverse
affermazioni sul piano logico, morale, politico ecc., ma rendendo difficile o impossibile riconoscere
pari dignità alle posizioni irriducibili alle nostre. Oppure, si abbandona l'idea di verità, salvando il
pluralismo, ma riducendo tutto a un gioco arbitrario di opinioni e di punti di vista. Abbiamo trovato la
risposta in Fides et Ratio (cap. 15) e S. Givone (cap. 14). Per la prima la verità, per quanto parziale,
provvisoria e storica, rimane sempre e comunque verità. Per il secondo essendo noi nella storia, solo in
essa facciamo esperienza della verità, senza che ciò la renda "figlia del suo tempo". La verità rimane
una, ma le sue espressioni portano l'impronta della storia. Posto così, il problema non ostacola né il
vero pluralismo, J. Maritain, (cap. 4), né l'autentica tolleranza, ispirata al rispetto e all'amore, C.
Napoleoni, (cap. 6). Rimane il problema cruciale di liberare il pensiero dalla schiavitù dei formalismi
logici e degli usi meccanici della ragione (logicismi). Una risposta viene dalle riflessioni di
Kierkegaard sulla capacità del paradosso di mettere in questione tutti gli idoli concettuali del proprio
tempo (cap. 14). Sono tutte proposte da valorizzare criticamente, perché l'avventura tecnoscientifica
degli ultimi secoli ha mostrato quanto i logicismi possano impoverire il pensiero, appiattire le idee,
alienare l'uomo dalla sua autenticità e pienezza, dalla vita e dal mondo.
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Se i formalismi logici rendono inautentico tutto ciò che imprigionano nei loro schemi, i paradossi,
al contrario, lo liberano, restituendolo alla sua autenticità. La loro funzione maieutica è di scuotere
radicalmente l’intelligenza e le coscienze. Consentono, quindi, di lacerare fino in fondo il pensiero
"logicizzato" e, mediante le sue stesse contraddizioni, portare ai suoi ultimi limiti la sua perdita di
senso. Questa loro capacità ne fa degli strumenti efficaci, ma difficili e rischiosi. Il loro eccesso
potrebbe spingere ad evasioni estetistiche, mentre una sana applicazione alla riflessione sul costitutivo
della condizione umana, può riportare a una feconda autenticità spirituale. Se guardiamo alla fede
cristiana come al paradosso più potente e sconvolgente per la ragione umana, vediamo che solo essa
può recuperare tale ragione, nel modo più integrale e radicale, al significato autentico della persona,
della vita, del sapere e della cultura (cap. 14). Si è visto che ciò vale per tutti gli itinerari e tutte le linee
di pensiero (saperi) analizzate in questa ricerca. Pur partendo da punti differenti e procedendo per
sentieri diversi si può confluire verso il traguardo comune di liberare dai condizionamenti storici e
logici e armonizzare fra loro persona e saperi. Tutto vi può essere coinvolto: intelligenza, volontà,
mente, conoscenza, ragione, filosofia, scienze, religione, fede, teologia ecc.
4. Cultura scientifica: saperi limitati e vastità inesauribile
Questo percorso è soltanto ai suoi inizi. Va, quindi, sviluppato sistematicamente, rispettando e
valorizzando ogni ruolo e ogni contenuto. Scienza e filosofia, nel loro ambito, non hanno altro limite
che la loro finitezza. La fede apre la libertà umana agli spazi illimitati dei sensi profondi, della
comunione interpersonale e delle verità universali e ultime, che dilatano gli orizzonti vitali di ogni
persona. I saperi umani, relazionandosi a questi ambiti e orizzonti, ove il conoscere si apre alla
Sapienza e il volere risuona all'Amore e al Bene totale, possono esprimere il loro valore e la loro
potenza vitale, senza snaturarsi (cap. 15). Tutto ciò, infatti, appartiene già all'umanesimo e alla cultura
tecnoscientifici. Bisogna solo precisarne e arricchirne ulteriormente l'immagine, di tessuto unico,
intrecciato da molte maglie (scienze, filosofie, tecniche, arti, lettere, religioni, fede, teologia). Non si
tratta, quindi, di una stoffa inerte, ma di un tessuto vivo che, di generazione in generazione, trasmette
vitalmente domande e tentativi di risposta, sul mondo, sull'uomo e sulle loro relazioni. Le sue forze
vitali: fede, religione e filosofia, valorizzano il patrimonio emergente dalle scienze (razionale) e lo
intrecciano al mondo dell'uomo e all'ambito dell'incondizionato e dell'assoluto autentico (ragionevole),
essenziali per ogni cultura (cap. 16).
È questa la cultura che, nell'incontenibile crescita della dimensione tecnoscientifica, può orientare
persone e saperi a comprendere che: nella ricerca delle regole e dell'ordine, che è in noi e fuori di noi,
rimane sempre da comprendere qualcosa in più di ciò che riusciamo a scoprire; nessuna conoscenza
parziale e provvisoria può appagare l'esigenza umana di totalità e certezza; nessun sapere umano può
esaurire lo sconfinato mistero dell'uomo e del mondo, né dominare tutta la sua ampiezza, né decifrare
la sua enigmaticità; le prospettive religiose e metafisiche sulle prime origini, il fine ultimo, la vastità
ed enigmaticità del tutto non sottraggono nulla alle scienze, ma ne allargano l'ambito di esperienza, di
pensiero e di cultura; per la ricerca scientifica e la riflessione filosofica la vastità inesauribile e
l'enigmaticità sono i limiti ultimi, mentre per la persona umana sono un decisivo e ineluttabile banco
di prova. Di fronte a queste consapevolezze non vi è altra scelta che negarle, subirle, accettarle o
valorizzarle. Vogliamo accoglierne la sfida, superando prevenzioni e pregiudizi e continuare la ricerca
oppure preferiamo arrestarci? Di fronte alla soglia dell'ignoto o del mistero vogliamo varcarla o
fermarci? Tutti dobbiamo scegliere e decidere, riconoscendo, però, che qui siamo in quella sfera delle
libertà piene e sovrane, di Dio e dell'uomo, che solo la fede illumina totalmente.
5. Umanesimo e cultura scientifica: il paradosso della fede
Ora conosciamo il valore e i rischi dell'umanesimo scientifico e della cultura scientifica. Sappiamo
che il rapporto fra scienza, fede ed etica avviene ormai in nuovi orizzonti e scenari. I grandi mutamenti
del XX secolo, storici, culturali e scientifici hanno dissolto le utopie dei secoli XVII-XIX e, con esse,
anche i presunti conflitti fra scienza e fede. Nel XXI secolo, emerge come soggetto principale
l'impresa tecnoscientifica che subordina tutto: persone, umanità e ambiente. Essa solleva problemi
globali e mondiali: etici, religiosi, sociali, politici, militari, economici ecc. I nodi del confronto ormai
sono lì. Saranno incontro o scontro? Prevarrà il conflitto o il dialogo? La scelta cristiana è per
l'incontro e il dialogo, che esigono un nuovo contesto culturale, più vicino alle esigenze delle persone
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e della società. È questo ciò che chiamiamo umanesimo e cultura tecnoscientifica. La nostra tesi era
che: solo un dialogo serio e sistematico fra impegno tecnoscientifico, filosofia, etica, religione e fede
cristiana può costruire un umanesimo e una cultura tecnoscientifici, che consentano di affrontare
costruttivamente le grandi sfide per l’umanità del presente e del futuro. La ricerca l'ha confermata,
raccogliendo molti elementi e contenuti di ottima qualità già disponibili.
Essi provengono dall'attuale pensiero delle scienze e sulle scienze, dalla migliore riflessione
filosofica e metafisica del passato e del presente, dal pensiero, dottrina e teologia cristiana. Non sono
elementi isolati né statici. Essi avanzano, con processi dinamici e autonomi, su percorsi e tragitti
diversi, che occorre fare convergere. Nuovo spirito e nuovi atteggiamenti affiorano nei più diversi
settori della ricerca e del pensiero. Reali anche se non ancora espliciti, né ben percepiti. Per questo non
tutti gli operatori scientifici e culturali, i ricercatori, gli insegnanti e gli studenti li conoscono o li
accettano. Non sono neppure ben definiti gli itinerari, i percorsi, i modelli e gli strumenti di pensiero,
indicati in queste pagine. Dobbiamo renderli tali, mediante un rigoroso pensiero critico (itinerari,
percorsi, processi, modelli, logiche ecc.) e una forte azione organica (vedere, identificare, esplicitare,
sviluppare, trasformare), valorizzando ciò che già esiste. Un vecchio aforisma dice che "sentiamo
cadere l'albero, ma non sentiamo crescere la foresta". Per costruire l’umanesimo e la cultura scientifica
dobbiamo rovesciarlo. Dobbiamo imparare a "sentire crescere le foreste". Vi possono riuscire persone
libere da pregiudizi e inibizioni e aperte ai paradossi. Nell’immenso orizzonte della inesauribile
vastità ed enigmaticità, tuttavia, solo il paradosso della fede in Cristo può illuminarci e orientarci.
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PICCOLO LESSICO INTERDISCIPLINARE
Accademismo, atteggiamento conforme o relativo alle dottrine platoniche o a quelle successive
dell'Accademia.
Agnosticismo, atteggiamento per cui è inconoscibile tutto ciò che non si può sottomettere ai metodi delle
scienze positive.
Alterità, ciò che non è l'io, l'essere o il porsi come altro (cf. ipseità).
Analisi del linguaggio, complessi di elaborazioni scientifiche o filosofiche sul linguaggio, per rimuoverne
oscurità e ambiguità e chiarirne i significati, relativi a innumerevoli scuole, teorie e tendenze.
Antropocentrismo, teoria filosofica per cui solo l'uomo è centro di tutta la realtà.
Antropologia dualistica, spiega la persona e i suoi atti mediante elementi e principi opposti e irriducibili.
Antropologia religiosa, scienza delle religioni volta a comprendere l'uomo come soggetto dell'esperienza
del sacro, di cui studia le tracce, esprimenti il suo rapporto con la "Realtà assoluta", che trascende
questo mondo e vi si manifesta.
Antropologia, insieme di discipline scientifiche e filosofiche aventi per oggetto l'uomo, la sua vita e i suoi
caratteri.
Apologetica, parte della teologia fondamentale che dimostra la razionalità dei preamboli della fede e la
credibilità e ragionevolezza di questa.
Aporia, aporetica, difficoltà o incertezza insuperabile.
Asintotico, asintoto, termini matematici. Il primo indica la proprietà o il comportamento d'una funzione,
al tendere delle variabili all'infinito. Il secondo indica, per una curva che si estende all'infinito, una
retta la cui curva si avvicina quanto si vuole, allorché un punto si allontana indefinitamente sulla
curva.
Asintoto, matematica, per una curva che si estende all'infinito, retta cui la curva si avvicina quanto si
vuole, allorché un punto s'allontana indefinitamente sulla curva.
Assioma, principio generale, indimostrabile, che fa da premessa a un ragionamento, teoria, ecc.
Assoluti relativi, realtà relative e contingenti proposte, in modo indebito e contraddittorio, come
“assoluto”, dalla modernità.
Assolutismo etico, esistenza di valori assoluti e norme inderogabili.
Attrattore, elemento che attrae, orienta, seleziona, facilita.
Attrazione, nel 1700, in chimica, ipotesi sull'esistenza di forze repulsive e attrattive fra particelle
omogenee (atomi), per spiegare i fenomeni chimici.
Avalutativo, che descrive senza giudicare.
Big Bang, grande esplosione dalla quale, secondo alcune teorie cosmologiche, ha avuto origine l'universo.
Biologismo, biologista, riduzione di tutta la realtà umana ai soli fenomeni biologici.
Biosfera, a) insieme delle parti della terra abitate da organismi viventi; b) insieme degli organismi viventi
nella biosfera.
Biote, insieme degli esseri viventi.
Biotico/a, relativo/a al biote.
Caos, termine con cui oggi si indica, genericamente, la natura globale dei sistemi complessi. Il suo studio,
riguardante le situazioni complesse di ogni settore scientifico, ha origini recenti e può essere
considerato lo studio dei processi anziché degli stati e il tentativo di superare ulteriormente il vecchio
determinismo.
Categoriale, che concerne le categorie, ossia le diverse relazioni che si possono stabilire fra le idee.
Cibercultura, cultura che nasce da e su Internet.
Cibernetica, scienza delle macchine capaci di governarsi, disciplina che si propone la realizzazione di
macchine capaci di autoregolarsi, cioè di comportarsi come se si proponessero un fine e fossero dotate
di memoria cosciente.
Cognitiviste (etiche) che si basano-su o producono conoscenze razionali.
Complessità, caratteristica qualitativa di un sistema (v. sistema).
Complesso (pensiero), pensiero che considera insieme l’universalità e la singolarità.
Complessologi, studiosi o esperti della complessità.
Comportamentiste (etiche), che si limitano all'esame dei dati osservabili del comportamento esterno,
scartando ulteriori approfondimenti (antropologici, ontologici ecc.)
Connaturalità (conoscenza per) modo pratico di conoscere le leggi del comportamento umano e i precetti
della legge naturale.
Consequenzialiste (etiche), per cui sono prioritarie o fondanti le conseguenze delle azioni.
Contenutiste (etiche), per cui sono prioritari o fondanti i contenuti delle azioni.
Contestualiste (etiche), per cui sono prioritari o fondanti i contesti delle azioni.
Contrattualismo, dottrina filosofica, politica, economica e giuridica dei secoli XVI-XVIII, fondata sui
principi del contratto sociale, per il quale le società e i loro legittimi poteri nascono dall'accordo di
individui liberi e indipendenti.
Contrattualiste, convenzionaliste (etiche), i cui valori, principi, leggi sono frutto di patti, convenzioni
contratti.
Cosmologia, dottrina scientifica o filosofica che studia l'universo; filosofia della natura.
Criticismo, corrente filosofica volta a indagare criticamente la natura, possibilità, estensione e i limiti del
pensare e agire umani.
Decisioniste (etiche), che fanno dipendere fini, significati e valori solo dai giudizi o dalla volontà del
soggetto.
Deduttiviste (etiche), che deducono razionalmente fini, significati, valori, principi e norme.
Definizioniste (etiche), che definiscono fini, significati, valori, principi e norme.
Demarcazione (principio di), criteri che indicano i limiti di competenza e validità della scienza.
Deontologia, insieme di doveri inerenti a categorie particolari (professioni).
Deontologiche (etiche), che considerano come base e fondamento il dovere.
Descrittiviste (etiche), che descrivono, senza definire.
Determinismo, dottrina scientifica, epistemologica e filosofica che attribuisce ogni fatto alla necessità
causale, escludendo ogni libertà e caso. Può assumere significato fisico, psicologico e metafisico.
Dialettica, arte del ragionare; processo per cui le realtà contrarie si sviluppano risolvendosi in un
momento superiore.
DNA, Sigla dell'acido deossiribonucleico, che si trova nel nucleo delle cellule ed è portatore dei fattori
ereditari.
Economia civile, economia che ha come principio regolativo il principio di reciprocità, che la distingue
tanto dall'economia di mercato, che ha come unico fine il profitto, che dall'economia pubblica o
statale, basata sulla coazione.
Economismo, economicismo, dottrine che assegnano all'economia un posto preponderante nell'insieme
delle attività umane; considerazione dei problemi umani secondo finalità o prospettive esclusivamente
economiche.
74
Ecosistema, insieme di esseri viventi, ambiente ecc. in relazione fra loro.
Edonismo, filosofia o atteggiamento che pone il piacere a fine dell'azione umana.
Entropia, in un sistema fisico, è la perdita irrecuperabile di energia utile, dovuta alla sua trasformazione in
calore. Il suo aumento è indice di crescita del disordine e di diminuzione dell'efficienza del sistema.
Epicicli, circoli immaginari che nell'antico sistema tolemaico rappresentavano il moto dei pianeti.
Epigenesi, teoria per la quale tute le parti di un nuovo individuo si formano ex-novo nel corso dello
sviluppo embrionale, non essendo contenute come tali nell’uovo.
Episteme, insieme delle conoscenze positive e delle teorie scientifiche che caratterizzano una data epoca,
con sfumature relative ai loro presupposti, tesi fondamentali, proposte interpretative, ecc.
Epistemologia o filosofia della scienza, disciplina che riflette criticamente sui fondamenti, i principi, i
metodi, il linguaggio, l'attendibilità, l'oggettività, l'esattezza, la veridicità, ecc. della conoscenza
scientifica.
Ermeneutica, scienza delle norme che permettono di scoprire e interpretare il senso autentico di un testo.
Nel pensiero moderno: metodo del comprendere, proprio della filosofia (storicismo, fenomenologia),
che istituisce continue correlazioni fra il sé e l'essere, in un processo che va dalla totalità delle
manifestazioni umane alle sue parti e viceversa. Nella filosofia moderna, in senso più generale, teoria
dell'interpretazione.
Escatologia, parte della teologia che studia il destino finale dell'uomo e del mondo.
Eteronomia, ragione per la volontà, che il soggetto non deriva da sé ma da fuori.
Eudemonismo, eudemonistico, dottrina morale che ripone il bene nella felicità.
Euristica, arte o tecnica di ben promuovere o condurre la ricerca filosofica e scientifica. Nella ricerca
scientifica: metodi o procedimenti che favoriscono la scoperta di nuovi risultati.
Evoluzione, teoria secondo la quale gli organismi attualmente viventi sarebbero progressivamente derivati
da forme più semplici nel corso di un processo di centinaia di milioni d'anni. Pone due ordini di
problemi irrisolti: sue prove; meccanismi che presiedono ad essa.
Falsificabile delle affermazioni scientifiche, che non possono mai essere provate definitivamente vere, ma
solo false.
Fattuali (proposizioni), relative a una data realtà di fatto.
Fede, in senso generale, adesione, consenso, assenso, affidamento, fiducia, fedeltà di una persona a e in
un’altra persona. In senso specifico. In senso specifico, teologico, gli stessi atteggiamenti verso il DioAmore e Verità infiniti, donatosi e rivelatosi all’umanità nella storia della salvezza e in Gesù Cristo
Salvatore. Soltanto Dio non può ingannarsi né ingannare. Ogni fede risposta in altre persone o cose è
insostenibile e inconsistente.
Feedback, v. retroazione.
Fenomenologico (metodo), modo di considerare l'oggetto, rispettando la verità nascosta nella sua realtà
(intenzionalità), da svelare ed articolare nelle sue categorie.
Finis operis, fine della cosa in sé, distinto dal fine del soggetto che la compie.
Finitezza, finitudine, condizione di ciò che è imperfetto e incompiuto.
Fisicismo, pretesa di una spiegazione esclusivamente fisica di tutte le realtà.
Fisiciste (etiche), che privilegiano le ragioni fisiche e naturalistiche.
Fisionica, scienza dei nuovi approcci ai processi complessi, ottimizzando i processi di regolazione.
Fondazionale, che riguarda i fondamenti decisivi e ultimi (razionali o teologali).
Fondazionali (etiche), che si pongono il problema dei loro fondamenti (razionali o teologali).
Formaliste (etiche), che fanno esclusivo riferimento al metodo o alla forma.
75
Genoma, corredo cromosomico base di un individuo, insieme dei geni portati da un gamete.
Genomico, relativo al genoma.
Giustificabile, che può essere provato o dimostrato vero.
Gnoseologia, disciplina filosofica che, in senso largo, comprende tutto il complesso delle ricerche intorno
ai problemi della conoscenza e, in senso stretto, studia le condizioni di validità delle nostre
conoscenze.
Habitus, abitudine, disposizione o innata o naturale o acquisita.
Holismo, cf. Olismo.
Hume (principio di), principio che nega la possibilità di ricavare dall'analisi dei fatti qualsiasi evidenza di
nessi necessari.
Idealismo, teoria che riduce l'oggetto della conoscenza a rappresentazione o idea.
Ideocrazia, forma di governo fondata sull'imposizione di una ideologia.
Illuminismo, movimento filosofico culturale del XVIII secolo, che si proponeva di risolvere tutti i
problemi della vita e del sapere, mediante la sola analisi razionale.
Immanentismo, dottrina che risolve tutta la realtà nella coscienza e nell'al di qua, negando ogni
trascendenza.
Inculturato, inculturazione, termine con due significati diversi. Nel linguaggio ecclesiale indica il
processo di radicamento della chiesa nelle culture dei popoli e l'integrazione dei valori culturali nel
cristianesimo. Nel linguaggio antropologico indica il processo formativo mediante il quale un
individuo viene introdotto, formato ed educato nell'ambito di una cultura particolare.
Indecidibili, proposizioni di cui non si può dire con certezza se siano vere o false.
Indeterminismo, fisica, filosofia, concezione per cui gli eventi non sono legati da alcun rapporto
deterministico di causa-effetto.
Infoetica, etica da attuare nella società mondiale dell’informazione.
Intellettualismo, filosofia che considera i fattori intellettivi preminenti su quelli volitivi (si oppone a
volontarismo v.).
Intenzionaliste (etiche), che puntano sull'intenzione cosciente del soggetto agente.
Intenzionalità, caratteristica della coscienza e della ragione, che tende a qualcosa come a suo specifico
oggetto.
Interdisciplinare, a) tendenza a considerare discipline e scienze in reciproca connessione metodologica e
culturale; b) interazione fra discipline, che va dalla semplice comunicazione di idee, all'integrazione
reciproca di concetti direttivi, teorie della conoscenza, metodi e procedure.
Interezza, totalità, integrità, integrità morale.
Intersoggettività, relazione e scambio, critico e cosciente, fra persone.
Ipercomplessità, modalità più elevata di complessità, propria dei sistemi umani e sociali.
Ipseità, carattere dell'io, sia in senso positivo che negativo (cf. alterità).
Irrazionalismo, a) gnoseologico o metodologico: giudica la ragione incapace o inadeguata a chiarire la
ricchezza dell'esperienza o il senso ultimo della realtà; b) metafisico o assoluto: considera la realtà
assurda o senza fini.
Logos, in filosofia: ragione intesa come a) causa e sostanza del mondo; b) attività propria dell'uomo. In
teologia: Figlio di Dio, seconda persona della Trinità, Verbo, Verbo Incarnato.
Lulliano (razionalismo), scienza basata sui principi e fondamenti di tutte le scienze e ritenuta capace di
unificare tutto il sapere e risolvere tutti i problemi.
Macro-etica, etica universale della responsabilità universale.
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Macroscopio, elaboratore che studia la dinamica delle evoluzioni mediante le simulazioni.
Maritainiano, che riguarda aspetti del pensiero del filosofo francese J. Maritain (1882-1973).
Meccanicismo, in fisica, epistemologia, filosofia: visione del mondo, nata con Cartesio e accettata da
Newton, che spiegava la realtà in termini di moto locale di oggetti elementari. Superata da ricerche e
teorie fisiche più recenti, è stata abbandonata.
Metaetica, analisi del significato delle affermazioni e dei termini morali.
Metafisica: a) indagine razionale di ciò che è al di là dell'esperienza, per cogliere il senso più profondo
della realtà, manifestandone le ragioni supreme; b) parte della filosofia che, analizzando a fondo
criticamente l'esperienza, giunge ai fondamenti e principi essenziali della realtà.
Metascientifico, che supera l'ambito, la logica e il metodo delle scienze.
Modelli, (scienze, tecnologia), in senso generale, insiemi di ipotesi e complesse costruzioni ideali,
intuitive e creative, con le quali si rappresenta l'oggetto di una ricerca. Hanno le stesse finalità delle
teorie, per rendere deducibili i fenomeni e classificarli in un contesto più ampio. Rivestono pure
portata pratica, consentendo livelli di analisi teorica sempre più astratta: astraggono dagli obiettivi
immediati, per esplorare l'ambito delle loro possibilità (1° livello); verificano se ciò che è attuato da un
sistema naturale può essere eseguito da un sistema tecnico (2° livello); creano sistemi per studiarne le
possibilità di applicazione (3° livello).
Modello di simulazione, metodo che ricostruisce, semplificando i dati reali, un modello ideale di problemi
o situazioni da confrontare con la realtà.
Modello matematico, insieme di relazioni quantitative, usate per formulare (e verificare) teorie che
descrivono in modo semplificato un certo numero di fenomeni.
Monismo, dottrine per cui l'universo è un'unica sostanza (o essere, atto, processo).
Morte termica, fine dell'universo causata dall'entropia (v.).
Multidisciplinare, approccio di più scienze o discipline a un determinato problema o oggetto d'indagine.
Giustapposizione, senza interazione, delle discipline. Informazioni attinte alle varie discipline senza
verifiche specifiche.
Nanotubi, capillari di dimensioni infinitesime che presiedono a tutti i processi dell’organismo vivente. Le
ricerche sulle tecnologie del nanotubi saranno le più avanzate del terzo millennio.
Naturalismo, tendenza ad assolutizzare la natura come: a) primo principio assoluto (metafisica); b)
principio e norma di un dato ambito (etica, antropologia ecc.); c) teoria o filosofia che considera come
unica realtà i fenomeni e le leggi naturali.
Neghentropia, (v. sintropia) nome dato da Brillouin al concetto di "sintropia" introdotto da Fantappié.
Neopositivismo, corrente che affida alla filosofia l'analisi del linguaggio comune e scientifico.
Neotenia, formazione delle sinapsi neuronali nel cervello umano.
Nichilismo, filosofia che nega verità e valori.
Noosfera, ambito o sfera dell'intelligenza (esseri umani).
Normative (etiche), volte a identificare e definire norme.
Noumeno, nella filosofia di Kant, ciò che può essere oggetto della conoscenza razionale pura, si oppone
al fenomeno, inteso come oggetto della conoscenza sensibile.
Numero irrazionale, che non può essere espresso esattamente né con un intero né con una frazione: in
genere indica valori non misurabili con l'unità di misura (es. p = 3, 141592653...).
Occamismo, sviluppi del pensiero di Occam, come: a) critica negativa o negazione sistematica di
universalità, necessità, intelligibilità, dover essere, metafisica, spiegazioni, cause, principi ecc.; b)
accettazione della sola conoscenza intuitivo-intellettiva del singolare concreto.
77
Oggettivismo, a) riconoscimento dell'esistenza e validità universale degli oggetti; b) enfatizzazione
dell'oggetto e svalutazione del soggetto nel processo conoscitivo; c) vecchia dottrina positivista, che
considerava i "fatti" e la loro verifica empirica come unico criterio per accertare la verità scientifica o,
anche, ogni verità.
Oggettiviste (etiche), che enfatizzano l'oggetto rispetto alla persona.
Olismo, olistico, teoria (scienza, epistemologia, filosofia) per cui gli organismi e i sistemi rappresentano
un tutto avente caratteristiche superiori e diverse dalla semplice somma delle parti.
Ontologia, parte della filosofia che studia le modalità fondamentali dell'essere in quanto tale, al di là delle
sue determinazioni particolari; scienza filosofica di ciò che è, filosofia che studia l'essere.
Ontologico, che riguarda o concerne l'essere in quanto tale.
Organizzazione, combinazione di relazioni fra componenti o individui da cui è prodotta, mantenuta e
trasformata un'unità complessa (sistema), dotata di qualità sconosciute a livello di componenti o
individui.
Oxoniense, relativo al movimento filosofico di Oxford (v. analisi del linguaggio).
Paradigma, insieme di presupposti, consci o inconsci, alternativi nel tempo; quadro di riferimento per
opinioni, ipotesi, metodi leggi e teorie scientifiche; modello di acquisizioni scientifiche ed
epistemologiche cui fanno capo tradizioni e progetti di ricerca.
Paradosso, in fisica legge il cui enunciato, pur essendo esatto, sembra errato. Nel pensiero in generale,
giudizio contrastante opinioni diffuse e condivise, ma invalide e incapaci di resistere a una seria
critica. In questo caso il p. esprime verità altissime che ribaltano pregiudizi e ignoranza (ad es.
affermazioni socratiche, verità cristiane, logica del Vangelo, discorso della Montagna ecc.).
Parallasse, spostamento apparente di un punto rispetto a un altro, situato a distanza diversa
dall'osservatore.
Pensiero debole, pensiero postmoderno che rifiuta fini, significati e valori certi, dimostrazioni cogenti,
ragioni evidenti ecc.
Personalismo, primato dei valori spirituali della persona.
Phronesis, prudenza, saggezza pratica.
Phronesis, prudenza, saggezza pratica.
Pluralismo, a) unità del mondo, in cui si concreta l'esperienza che non esclude molteplici prospettive di
analisi ontologica e logica; b) insieme dei termini non privilegiabili di una pluralità originaria. Solo a)
è teoreticamente legittima.
Positivismo, indirizzo filosofico della seconda metà del secolo XIX che, fondando la conoscenza sui fatti
e rigettando ogni forma di metafisica, intendeva estendere il metodo delle scienze a tutti i settori del
pensiero umano (a volte questo concetto viene denominato pure fisicismo e fisicalismo).
Pragmatismo, filosofia per cui la funzione fondamentale dell'intelletto non è la conoscenza, ma il domino
efficace della realtà.
Prescrittive (etiche), che non si limitano a descrivere ma prescrivono valori e norme.
Principio antropico, cosmologia, constatazione che l'evoluzione dell'universo sembra finalizzata
all'emergere della vita intelligente e, in particolare, dell'uomo.
Proporzionaliste (etiche), ricavano i criteri del giusto dalla proporzione fra effetti buoni e cattivi.
QED abbr. ingl. per elettrodinamica quantistica.
Razionalismo, atteggiamento che assume a riferimento esclusivo ed assoluto la ragione umana.
Realismo critico, in epistemologia e filosofia, dottrina che riconosce alle cose un'esistenza reale,
indipendente dall'attività del soggetto.
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Realismo esistenziale, filosofia che affronta l'atto di esistere come intelligenza decisa a non rinunciare a
se stessa.
Relativismo, teoria che nega l'esistenza di principi e valori assoluti, in senso parziale (relativismo
parziale) o totale (relativismo totale) o considera i fenomeni solo in relazione con altri.
Relazionale (antropologia), che sottolinea soprattutto le relazioni della persona con Dio, il prossimo,
l'universo.
Retroazione (feedback), processo per cui l'effetto dell'azione di un sistema (meccanismo ecc.) si riflette
sul sistema stesso per variarne o correggerne il funzionamento.
Ricerca operativa, applicazione di strumenti e metodi scientifici e matematici ai progetti e usi di un
sistema complesso, per consentire decisioni corrette.
Ricerca, termine con numerose significati: a) pura, perseguita per il puro piacere intellettuale o desiderio
di conoscere; b) di base, orientata verso i problemi; c) tattica, orientata verso un obiettivo; d) di
sviluppo, finalizzata ad adattare tattiche riguardanti la produzione e il consumo su larga scala; e)
operazionale; riguardante l'applicazione di metodi, tecniche e strumenti scientifici alle operazioni di
un sistema.
Riduzionismo, a) tendenza della scienza moderna a scomporre nelle sue parti elementari un oggetto o
problema e a studiare il tutto in funzione di esse; b) ideologia scientista che nega come irrilevante e
insignificante tutto ciò cui non si può applicare il metodo scientifico; c) ideologia scientista che
propone per ogni scienza i modelli metodologici e concettuali propri della fisica (fisicismo,
fisicalismo).
Rigorismo etico, esigenze eccessive e intransigenti.
Scientismo, ideologia moderna, infondata, avente molteplici espressioni e contenuti: a) la scienza (o solo
essa) può conoscere tutta la realtà e spiegarla mediante i suoi principi e i suoi metodi; b) le conoscenze
scientifiche (o solo esse) sono sicure, credibili, oggettive, incontrovertibili, vere; c) ciò che non può
essere indagato scientificamente è inesistente o irrilevante o privo di senso, ecc.; d) solo il metodo
scientifico può scoprire la verità, ecc.
Scienza dei sistemi o sistemistica, studio dei sistemi viventi, socioeconomici e materiali, considerati come
entità concettuali o fisiche costituite da elementi interrelati.
Secolarismo, concezione del mondo in cui questo si spiega da sé, senza alcun ricorso a Dio; attribuzione
di ogni potere all'uomo, congiunta alla negazione di Dio.
Secolarizzazione, a) legittimo sforzo di scoprire in ogni cosa o evento dell'universo le norme regolatrici
poste dal Creatore; b) estensione del secolarismo alla vita pubblica personale e sociale.
Semantica, studio del significato delle parole; nella logica contemporanea parte della semiotica che
analizza il rapporto fra segno e referente, al di fuori delle implicazioni psicologiche o sociologiche del
linguaggio.
Semantico, che riguarda il significato delle parole; che riguarda o interessa la semantica.
Sensismo, teoria o filosofia per cui ogni conoscenza, anche intellettuale, proviene solo dall'esperienza
sensibile.
Significazione (criterio di), filosofia, principio del neopositivismo, per il quale le proposizioni linguistiche
non riportabili a proposizioni scientifiche erano prive di senso. Fu abbandonato perché, oltre ad altre
difficoltà, era autocontraddittorio.
Simulazione, metodi con i quali i calcolatori studiano (simulano) tutte le circostanze e varianti possibili di
problemi estremamente complicati, come se fossero "in condizioni di laboratorio".
Sinapsi, connessione fra due cellule nervose o fra una fibra nervosa e la placca motrice.
Sintropia, secondo L. Fantappié, processo per il quale un sistema, anziché degradare, tende a forme
sempre più organizzate ed efficienti.
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Sistema, aggregato organico e strutturato di parti fra loro interagenti, che gli fa assumere proprietà che
non derivano dalla semplice giustapposizione delle parti (v. organizzazione).
Sistemico, riguardante i sistemi.
Situazionalità, prevalere assoluto e totale (o relativo e parziale) di circostanze e situazioni, nel giudizio.
Soggettivismo, teoria o filosofia che riduce tutta la realtà al soggetto pensante.
Soggettiviste (etiche), ispirate o legate al soggettivismo.
Spaesamento metafisico, condizione del pensiero moderno, privato di ogni quadro fondativo, teologico,
metafisico e antropologico.
Strutturalismo, teoria e metodologia delle scienze umane, che considera la struttura degli elementi come
un sistema d'interrelazioni formalmente definite a partire da un insieme di dati empiricamente
accertati.
Tecnicismo, prevalenza o esclusivismo del fattore tecnico sui fattori che originariamente ispirano
un'attività umana; tendenza a risolvere nella tecnica tutto il mondo umano o tutta la realtà.
Tecnoscientismo, atteggiamento che unisce tecnicismo e scientismo.
Teleologiche (etiche), volte a rendere conformi gli atti umani: a) col fine ultimo e sommo bene
dell'uomo; b) con i fini perseguiti e i valori intesi dall'agente; c) col massimo di bene e il minimo di
male.
Teo-cosmologica (etica), che desume i suoi criteri solo dalla natura elevata ad assoluto.
Teofania, esperienza o manifestazione del Dio personale (monoteismo).
Teonomia partecipata, a) fruizione della legge eterna, ricevuta come libero dono; b) lineamenti della
natura divina di Cristo che, attraverso la santificazione, la giustizia e la vita buona, risplendono in tutti
gli uomini di buona volontà.
Teoria unitaria, fisica, teorie relativistiche che si propongono di riportare a un principio unico i fenomeni
gravitazionali e i fenomeni elettromagnetici, costruendo un unico modello geometrico dei due campi.
Il modello così costruito dovrebbe consentire un'interpretazione completa e unitaria, di tutti gli enti e
fenomeni gravitazionali ed elettromagnetici. A tutt'oggi, però, non si sa quale ne sia il valore e
significato fisico.
Tolleranza, atteggiamento pratico che, pur condannando per principio modi di pensare o agire giudicati
erronei, li lascia sussistere per vari motivi (rispetto della coscienza e libertà altrui, convenienza pratica,
minor male ecc.).
Transdisciplinare, approccio tra varie scienze o discipline, più avanzato e complesso di quello
interdisciplinare, volto a mettere in comune la totalità dei principi di base di ogni scienza, per
ritrovarne il fondamento unificante.
Trascendentale, in senso moderno: condizione a priori della conoscenza, forma ideale o principio, ciò per
cui nella coscienza soggettiva esistono le condizioni di ogni realtà. In senso antico: nozione estesa
quanto quella di essere (vero, buono, bello).
Trascendente, ciò che è al di là di ogni contenuto di conoscenza o di ogni forma di essere.
Ultimità, caratteristica di ciò che è ultimo, finale, decisivo, conclusivo.
Ultramoderno (pensiero), pensiero che intende: a) affrontare i problemi irrisolti; b) superare i limiti, le
lacune le incoerenze e i dilemmi insolubili del pensiero moderno e postmoderno
Umanesimo del limite, riflessione che tematizza la condizione umana di finitezza, finitudine,
imperfezione e incompiutezza.
Umanologia, dottrina chiusa-su o visione esclusivamente centrata-ne l'uomo.
Universaliste (etiche), che ammettono valori e norme valide per tutti.
Utilitarismo, teoria o filosofia che pone alla base delle scelte e delle decisioni umane solo ciò che è utile.
80
Valori (etica dei), che si fonda-su e tende-a i valori.
Valutativa, che esprime un giudizio di valore.
Verità, ciò che corrisponde esattamente a ciò che è, ossia a una determinata realtà. La verità esprime un
rapporto, un confronto, una conformità di pensiero e di parola con un fatto, una realtà o un essere.
Verità (etica della), etica che fa dipendere la bontà dell'agire dalla conoscenza intesa come fine ultimo.
Veritativo, che riguarda o esprime la verità.
Virtù (etica delle), che fa dipendere la bontà dell'agire umano dalle virtù morali del soggetto che agisce.
Volontarismo, filosofie che sostengono il primato della volontà sull'intelletto e sulle capacità razionali (si
oppone a intellettualismo v.).
Vortici gravitazionali, (immaginati da Cartesio), sistema di moti vorticosi che doveva spiegare i fenomeni
e la struttura del mondo, a cominciare dal moto dei pianeti. La teoria, dopo un grandioso successo
scientifico, fu del tutto abbandonata.
81
INDICE ONOMASTICO ( o DEGLI AUTORI CITATI)
(Il primo numero indica il capitolo, il secondo numero indica il paragrafo, la lettera “n.” la nota del
capitolo a fondo pagina)
Abbagnano N., 2.3
Adornato F., 2.3; 6.4
Angelini G., 4, n.24
Antiseri D., 1, n.1, n.7; 16, n.5
Apel K., 3.4
Araujo V., 12, n.8; n.11
Ardigò A., 2, n.9
Ardoino J., 13, n.2, n.4
Arendt H., 3.4
Armstrong D.M., 3, n.5
Arrhenius S., 8.5
Atlan H., 9.1; 9, n.2, n. 3, n.4
Aubertin C., 8, n.9
Augé M., 10, n.11
Bachelard G., 8.5, 13.2, 13.3
Balibar S., 7.4
Barucci P., 12, n.9
Basti G., 7.2
Baulieu E., 10.3, 10, n.8
Bernardini G., 16, n.3
Berti E., 3, n.12
Beauvilain A., 10, n.1
Beuzelin I., 8, n.5
Bianchi L., 1, n. 6
Bidussa D., 12, n.9
Blanchet R., 8, n.13
Bloch M., 11.1
Bobbio N., 2.3, 4.1
Bohr N., 13.2
Brunet M., 10, n.1
Bruni L. 12, n.7; n.10
Burguière A., 11.1, 11, n.2; n.3
Campolielli G., 2, n.13
Camus A. 4, n.21
Cantore E., 5, n.2
I
Caron F., 11.3, 11, n.12; n.14
Carrier H., 2, n.9
Cassé M., 7, n.5
Cecchetti M., 4. n.25
Chaunu P., 11, n.10
Collet H., 8, n.5
Colletti L., 2.3, 3.4
Commeyras A., 8, n.5; 8.1
Commoner B., 8.5
Coppens Y., 10, n.1; 13, n.3
Cottier G., 5, n.9
Coyaud S., 4, n.2
Cuny J.P., 8, n.7
Darwin C., 9.2
De Lumley-Woodyear H., 10, n.2; n.3; 10.6
De Rosnay J., 13, n.3
Debru C., 9, n.5
Déléage J.P., 8, n.8; n.9
Delmas-Marty M., 10.5; 10, n.11; n.12
Deperetti J., 13, n.2;
Descartes (Cartesio) R., 1.3, 7.4, 13.2
Dessons G., 13, n.11
Diderot D., 1.2
Dosse F., 11.2, 11, n.10; n.11
Draper J.W., 1.4
Duhem P., 1, n.7
Eco U., 3.4
Einstein A., 1, n.7
Febvre L. 11.1
Ferrarotti F., 14.5
Feyerabend P.K., 2, n.7
Fiori S., 2, n.15
Fischer S., 14.5
Forte B., 14.5
Frémont A., 8, n.12
Fresco N., 10, n.11
Galasso G., 2.3
Galeazzi G., 4, n.8, n.10, n.13; 6, n.4, n.11
II
Galilei G., 1.3, 1, n.7, 7.4
Gargantini M., 7, n.2; n.7
Garrel L., 8, n.5
Gassendi P., 1, n.7
Gayon J., 9.2, 9, n.5, n.6, n.7
Geninazzi L., 2, n.16; 6, n.8
Giordan A., 10, n.5, 6,7
Giovanni Paolo II, 5, n.7; n.10; 10, n.13; 14, n.6
Girardon J., 8, n.7
Gismondi G., 2, n.2, n.3, n.9; 3, n.3; 4, n.1, n.15; 5, n.2; 8, n.1; 8, n.14; 10, n.10; 11, n.13; 12,n.2;
15, nn. 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 13, 14, 15, 16, 19, 21
Givone S., 14.4; 14, n.8
Gnoli A., 2, n.18
Gödel K., 13.2
Goethe J.W., 1.2
Gruner R., 1, n.7
Gruzinski S., 11, n.8; n.9
Gui B., 12, n.12
Guitton J., 3.4
Habermas J., 3.4
Heidegger M., 3.4, 4.3,
Heintz E., 10, n.1
Heisenberg W., 1, n.7; 5, n.1, n.2
Hitler A., 8.5
Horkheimer M., 4.4
Hoyle F., 8.1
Huxley T., 9.1
Janich P., 6.4
Jaspers K., 4,3
Jonas H., 8.4
Kant E., 1.2
Kelly P., 10, n.8
Kierkegaard S., 14.5
Kircher A., 1, n.7
Kuhn T.S., 5.1, 10.4
La Mettrie J.O., 1.2
La Valle R., 6. n.7
Labeyrie J., 7, n.3
III
Ladrière J., 13.5, 14.1, 14.6; 14, nn. 1, 2, 3, 4;
Langaney A., 10, n.4
Laplace P.S., 1.3, 13.2
Latour B., 4, n.16
Le Moigne J.L., 13, n.1
Le Roy L., 11.2
Le Roy-Ladurie E., 11, n.6; n.7
Lecourt D., 13.3, 13, n.7, n.8
Lederberg J., 6.1, 6, n.1
Leibniz G.W., 1.3
Lerbet G., 13, n.9; n.12
Lévy-Leblond J.M., 7.4
Lourau R., 13, n.2;
Lucas de Leyssac C., 10, n.11
Lustiger J.M., 2, n.8
Macchetto D., 7, n.2
Maggi M., 7, n.1
Maldamé J.M., 2.4
Mao Tse Tung, 8.5
Maraone E., 6, n.5
Marchesi A., 2, n.21
Marrou I. H., 10, n.15 11.4
Marx K., 1.4, 11.1
Mascall E.L., 1, n.7
Mathieu V., 1, n. 4; 16, n.4
Mattauer M., 8.1; n.2; n.3
Maxwell J.C., 7.3
Mazoyer M., 8, n.7
Melchiorre V., 14.5
Mendeleïev D., 8.5
Mersenne M., 1, n.7
Meschonnic H., 13.4, 13, n.11
Molteni M, 12, n.15
Monod T., 8, n.7
Moramarco V., 12, n.7; n.14
Morin E. 4, n.22, 7, n.3; 8, n.1; 9.1, 10, n.1; 11, n.1; 13.1; 13, n.1: 13, n.1, 5, 6
Moutou J., 8, n.5
Mussolini B., 8.5
IV
Napoleoni C., 6.3; 6, n.7
Naquet R., 9.4, 9, n.14
Natoli S., 3, n.10
Newton I., 1, n.7, 7.3
Nicoletti M., 14.5, 14, n.10
Nicolò G., 2, n.20; 5, n.4;
Nietzsche F.W., 14.5
Oakley K.P., 1, n.7
Ortes G., 12, n.9
Osborne J., 2.4
Papineau D., 3, n.5
Pascal B., 1.3, 1, n.7
Passet R., 10, n.10
Pelt J.M., 8, n.7
Penzo G., 14.5
Perrone B., 2, n.4
Petit Ph., 10, n.11
Picard F., 9, n.5
Pieretti A., 4, n.21
Pierre-Caps S., 12, n.5
Plateaux L., 9, n.12
Poincaré H., 1, n.7
Ponzi M., 6, n.3
Popper K., 1, n.7, 2.2, 3, n.4, 5.1, 11.2, 13.2
Possenti V., 2, n.11, n.14, 6.2
Poumarède J. 12, n.5
Prigogine I., 7.4, 11.2
Quaranta C., 9, n.8
Quéau P., 12.1, 12, n.1, n.3, n.4
Raffaelli N., 12, n.9
Ratzinger G., 2, n.10
Reale G., 4, n.3, n.9
Reeves H., 13, n.3
Renan J.E., 1, n. 3
Ricoeur P., 11.2; 11, n.5, n.10
Rifkin J., 4, n.17
Righetto G., 4, n.3
Rigobello A., 4, n. 20, n. 21; 5, n.3; 14, n.9; n.11
V
Rocchia R., 8, n.6
Rosa A, 2, n.15, 3.4
Rosen D., 6.2
Rossano P., 6.4, n.9
Rossi G., 4, n.29
Rouland N., 12.2, 12, n.5; n.6
Rousseau J.J.,1.2
Ruffié J., 10, n.9
Ruini C., 6.2, 6.3,
Rumi G., 2.3, 6.2
Runggaldier E., 3, n.5; 4, n.6; 6.4
Ryle G., 4, n.7
Scalfari E., 2.1, 2.2, 4.1
Sen A.K., 12.4
Sermonti G., 6, n.2; 9, n.9
Serra T., 3, n.16
Severino E., 2, n.5
Simiand F., 11.1
Simonet D., 13, n.3
Sindoni E., 7.2
Sismondi S., 12, n.9
Sournia J.C. 10, n.9
Stalin G., 8.5
Szaszkiewicz J., 2, n.9
Taillades G., 8, n.5
Teilhard de Chardin P., 12.1
Theys J., 10, n.10
Tognon G., 2.4
Toulmin S., 7.4
Veneruso D., 4, n.23
Vernadsky W., 8.4
Vincent J.D., 9.3, 9, n.8
Vivien F.D., 8, n.9
Voltaire F.M., 1.2
Westbroeck P., 8.4
White A.D., 1.4
Whitehead A.N., 7.4, 13.2
Wittgenstein L., 3.4
VI
Wunenburger J.J., 9, n.5
Zamagni S., 12.3; 12, n.7
Zanghì G.M., 12, n.13
Zecchi S., 2, n.17
Zichichi A., 1, n.7, 3, n.8; 9, n.10
VII
INDICE ANALITICO O DEI CONTENUTI
(Il primo numero indica il capitolo, il secondo numero indica il paragrafo, la lettera n. il n. della
nota a fondo pagina)
Abissi del non senso 4.4
ADN 9.1
Agnosticismo 2.1
Alternative predeterminate 12.3
Alzheimer 10.3
Anelli mancanti 9.3
Apartheid 10.5
Apologetica 1.4
Apparato mentale 4.2
Arsenali ABC (Atomici, Biologici, Chimici) 6.1
Asintoto 16.4
Assenso di fede 6.4
Asserti globali e assoluti (possibilità) 3.4
Assolutezza del relativo 16.3
Assoluti della scienza 16.3
Assoluti terrestri 1.2, 16.5
Assolutismo 1.1
Astrobiologia 7.2
Autodeterminazione e autorealizzazione 12.4
Auto-imprigionamenti della ragione 15.2
Autonomia della ragione 1.1
Auto-organizzazione 7.4
Autosalvezza 1.2
Bestialità 9.3
Big Bang 7.2
Big Crunch 7.3
Biodiversità 8.4
Biogeografia 8.4
Biosfera 10.4
Bolle speculative 12.1
Caos quantico 7.2
Carità intellettuale 14.4
Causa prima 1.3
Cause seconde 1.3
Centesimus Annus 12.3
i
Centro geometrico dell’universo 7.5
Centro logico dell’universo 7.5
Cibercultura 12.1
Codice di Diritto Canonico 6.4
Complementarità 13.2
Complessità 7.4
Complessità e complicazione 13.1
Comprensione dell’uomo e interazione col mondo 16.1
Comunismo 1.4
Connessione fra libertà e verità 4.5
Conoscenza scientifica come interfaccia 5.1
Consapevolezza e verità 15.2
Consumo e utilizzo 8.5
Controversia 1.4
Copyright e Copyleft 12.2
Coraggio di pensare 1.2
Coscienza ermeneutica 11.2
Coscienza riflessiva 8.4
Cosmogonia 7.3
Cosmologia 7.1
Costruzione sociale e del sociale 11.3
Creazione 9.4
Creazione tecnologica 4.3
Crescita quantitativa e sviluppo qualitativo 10.4
Crimini contro l’umanità 10.5
Cultura del possibile 4.3
Cultura dell’universale 12.2
Cultura della complessità 13.1
Cultura delle opportunità 4.3
Cultura tecnicista 4.6
Cultura tecnoscientifica 12.4, 15.1
Decomposizioni analitiche 13.1
Deismo 1.3
Deserto dello spirito 7.2
Determinismo (meccanicista) 1.1, (materialista) 1.3, 11.2
DHEA 10.3
Dialogo 1.4
Dichiarazione dei diritti dell’uomo 10.6
ii
Dignità della famiglia umana 10.5
Diritti dell’uomo 10.5
Dogmatismi 1.3
Dogmatismo gradualista 8.2
Dottrina cristiana 6.4
Dottrina della Chiesa 6.4
Dubbio metodico 1.3
Economia di comunione 12.3
Economisti mediterranei 12.4
Epigenesi 9.3
Epistemologia 1.3
Era del sole 7.2
Era del vuoto 7.2
Era irraggiante 7.2
Ermeneutica 3.4
Esasperazione polemica 1.4
Essere in relazione 15.2
Estetica del modello 7.3
Etica dell’impegno tecnoscientifico 6.4
Etica dell’universale 12.2
Etica fondamentale della scienza 6.4
Etica razionale 4.5
Etiche alte 6.2
Evangelii Nuntiandi 2.3
Evidenza empirica 9.2
Evoluzionismo 1.3, 10.1, 11.1
Fatto e meccanismi 9.2
Fatto evolutivo 9.2
Fattori innati e acquisiti 10.3
Fede biblico-cristiana 2.2
Feedback (positivo e negativo) 10.3
Fenomenismo 5.3
Fides et Ratio 5. 1, 14.4, 15.1, 15.2, 15.3, 15.4, 15.5
Filosofia della comunicazione 3.4
Filosofia della natura 16.2
Filosofia della scienza 1.3, 16.2
Filosofia pratica 3.4
Fisionica 10.2
iii
Fondamenti 1.2
Fondamento ultimo 15.1
Fondamento unificante 16.1
Genetica delle popolazioni 9.2
Genoma umano 9.1
Grande Disegno 3.2
Grandi catastrofi 11.4
Homo erectus 10.1
Homo habilis 10.1
Idea complessa 9.2
Idealismo 1.3
Identificazione pitagorico-galileiana 1.4
Ideologia dei lumi 4.4
Ideologia storicista 11.1
Ideologismi 1.3
Illuminismo 1.1, 11.2
Imperialismo della storia 11.1
Indecidibili (problemi) 3.3
Indifferentismo 1.1
Individualismo 1.1
Infoetica 12.1
Inizi osservabili 9.4
Integrità della ricerca scientifica 4.1
Intelligibilità e non intelligibilità 3.2
Intenzionalità 7.2
Interazioni dialogiche 13.2
Interdipendenza 11.3
Interprete dei programmi 9.1
Interrogativi perenni 5.4
Invarianti 11.1
Istanze critiche 15.5
Istanze unificanti 15.5
Laicismo 1.1, 2.3
Laicismo antiscientifico 3.4
Laicismo scientista 2.3, 3.4
Laicità 2.3
Laico (pensiero) 2.1
Laico 2.3
iv
Leggi del caos 11.2
Leggi fondamentali 9.3
Libertà di realizzazione 4.5
Libertà di scelta 4.5
Limite Cretaceo-Terziario (CT) 8.2
Logica del creato 3.2
Logica della natura 3.2
Logica matematica 3.2
Longevità e invecchiamento 10.3
LUCA (abb. ingl. Di: Antenato comune di tutti gli organismi viventi) 8.1
Macroscopio 13.1
Marxismo 1.4, 11.2
Materia potenziale vivente 9.1
Materialismo tecnoscientifico 1.2
Meccanismi immanenti 9.4
Medicina preventiva e predittiva 10.3
Memoria 11.1
Memoria transgenerazionale 11.1
Metafisica 16.2
Metafore 13.4
Mistero 1.4, 15.5
Modellizzazione sistemica 13.1
Mondo autonomo 7.5
Mondo come automa estraneo 7.5
Mondo come caos casuale 7.5
Mondo insensato 4.3
Mondo quantico 7.1
Morali infelici 6.2
Multireferenzialità e multidimensionalità13.1
Naturalismo 2.2, 8.3
Naturalismo metodologico 6.4
Naturalismo ontologico 6.4
Naturalismo semantico 6.4
Nazismo 1.4
Neo-darwiniani (approcci) 8.3
Neurobiologia, neurofilosofia 6.1
Non-profitto 12.3
Non-storico, super-storico, trans-storico 11.1
v
Noosfera 12.1
Noosfera 12.1
Nuovo modello di consumo 12.3
Nuovo pensiero scientifico 1.2
Onnipotenza del metodo 11.1
Onnipotenza della scienza 16.3
Opacità totale 7.2
Origini 9.4
Origini e cause 11.1
Paleo-felino 9.3
Peccato originale 6.3
Pensiero complesso 13.1
Pensiero debole 2.1
Pensiero flessibile 3.4
Pensiero forte 2.1
Pensiero sistemico 13.1
Persona e soggetto 15.1
Pianeta solidale 8.5
Positivismo 1.3
Potere esercitato dal basso (governance) 12.3
Potere esercitato dall’alto (government) 12.3
Pragmatismo 5.3
Preembrionale (fase) 6.1
Prestazione culturale 6.4
Principio di continuità evolutiva 8.1
Principio di ordine 13.2
Principio di responsabilità 8.4
Principio di separazione 13.2
Processo di ominizzazione giuridica 10.5
Programma genetico 9.1
Progressismo illuminista 10.1
Propensività 3.2
Proprietà specifiche 13.2
Pulsar 7.1
QED (abb. ingl. di Elettrodinamica quantistica) 9.3
Quasar 7.1
Ragione analogica 4.2
Ragione e rapporti allargati 2.1
vi
Ragione e razionalità 14.1
Razionale e ragionevole 14.1, 14.2, 14.3, 14.6
Razionalismo 1.1, 1.3
Razionalità e ragionevolezza 13.5
Razionalità sensata e significativa 14.3
Regolazione 10.2
Regolazione del corpo e umana 10.6
Regole di fondo 15.2
Religioso ossequio 6.4
Retta ragione (recta ratio) 15.1
Ricerca continua 16.1
Ricerca della novità 4.3
Ricerca di massa 11.3
Riciclare e non-riciclare 8.5
Riduzionismo (o riduttivismo) laicista 6.4
Rigore razionale 16.3
Rwanda 10.5
Salto evolutivo 8.4
Sapere desolato 3.3
Sapere di non sapere 15.2
Scetticismo 1.1, 2.1
Schemi logici decontestualizzati 13.1
Schemi logici e paradossi 13.5
Scientismo 1.1, 1.4
Scientismo laicista 3.1
Scienza applicata e applicazioni 13.3
Scienza come congettura 1.3
Scienza onnipotente 1.4
Scienza problematica 3.3
Scienziato (vocazione) 5.3
Scuola di Francoforte 4.4
Secolarizzazione 1.1
Senso (interrogazione sul) 5.2
Sillabo (Il) 1.4
Simulazioni 13.1
Sintesi esperienziale 4.3
Sistema tecnico 11.3
Sistemi di razionalità 2.1
vii
Sistemi viventi 9.1
Soggettivismo 1.1
Sostanza della fede 6.4
Sovrastruttura culturale 4.2
Storia e avvenimenti 11.1
Storia e memoria 11.1
Storia e serie ripetitive 11.1
Storia e strutture 11.1
Storia e testimonianza 11.1
Storia ed epoche 11.1
Stratificazione delle conoscenze 3.1
Tecnicismo 1.1
Tecnologizzazione del quotidiano 11.3
Tecnoscienza 11.4
Teorema di Gödel 13.3
Teoria casuale 9.4
Teoria del linguaggio 13.4, 16.1
Teoria della realtà 16.2
Teoria deterministica 9.4
Teoria generale della storia 10.1
Teoria sintetica dell’evoluzione 9.2
Territori e pianeta solidale (equilibrio fra) 8.5
Terzo settore 12.3
Testimonianza 11.1
Tolleranza 1.1
Totalitarismo 1.1
Traiettorie e percorsi 13.1
Trascendenza 1.2
Trattamenti disumani 10.5
Universo bio-amichevole 7.2
Vecchio e nuovo scientismo 6.1
Verità dell’uomo 6.4
Verità delle scienze 15.3
Verità e incarnazione 14.6
Verità e paradosso 14.5
Verità incarnata 14.5
Verità totali 1.2
Visione dell’uomo 1.1
viii
Vissuto quotidiano 15.3
Vitalismo 9.1
Vulgata etica laicista 4.2, 4.3, 4.6
ix