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30/05/2011
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18 maggio 2011
È l'Africa il prossimo Eldorado degli avvocati.
Ecco i nuovi ricchi che attraggono gli studi legali
di Chiara Albanese
Telecomunicazioni, infrastrutture, energia e petrolio. Con un'economia in crescita nonostante la crisi finanziaria
globale e un mercato che deve soddisfare una popolazione di oltre un miliardo di persone, l'Africa offre
opportunità di investimento interessanti per i gruppi occidentali che puntano sullo sviluppo urbanistico e
stradale, lo sfruttamento delle risorse minerarie e che cavalcano il boom delle telecomunicazioni mobili.
Tesoro nascosto per poca informazione
Gli studi legali d'affari seguono i clienti: negli ultimi mesi le firm anglosassoni hanno investito nel Continente
nero rafforzando le alleanze con gli studi locali. «Le scarse informazioni fino a oggi disponibili sull'Africa, hanno
nascosto ai più le opportunità che questo immenso mercato offre» spiega Eugenio Bettella, managing partner
della sede di Padova dello studio tedesco Roedl. Aggiunge che le opportunità sono molte, ma altrettanto elevato
è il rischio di incappare in partner poco affidabili o di vedere vanificato il proprio investimento per l'inosservanza
di norme locali, formalità amministrative o usi e consuetudini locali considerati alla stregua di legge. Proprio i
fronti sui cui sono chiamati a intervenire i legali.
A caccia dei nuovi ricchi: petrolio, tlc, fiori
Ogni Paese offre opportunità differenti. «Nigeria, Angola e recentemente Ghana hanno fatto passi da gigante
grazie all'estrazione di petrolio, attirando l'attenzione degli operatori dell'oil & gas, poi quelli di infrastrutture e
costruzioni, telecomunicazioni e dei servizi strategici sino ad arrivare agli operatori del lusso, con una numerosa
schiera di "nuovi ricchi" che apprezzano brand di forte richiamo. Altri settori sono quello minerario in Mali e in
Zimbabwe, Sudafrica, Ghana e Nigeria», continua Bettella, che negli ultimi mesi si è recato in Africa per studiare
le nuove opportunità di lavoro. «Anche il turismo inizia a giocare un ruolo fondamentale, dal Mozambico alla
Namibia ai atri paesi limitrofi, l'interesse dei governi locali è pari a quello degli investitori internazionali. La terra,
è coltivabile e ricca di minerali e offre importanti opportunità, soprattutto per coltivare fiori e frutta tropicale i cui
costi di realizzino e tempi di trasporto consentono vantaggi non indifferenti e rispetto alla concorrenza
sudamericana».
I Paesi già monitorati
Gli studi internazionali hanno da tempo capito il potenziale del continente.«La Mauritania è critica per i deal locali
perché presenta una legislazione particolare, in Zambia lavoriamo molto su progetti di privatizzazione, in
Botswana puntiamo sul settore minerario e l'Algeria offre opportunità nell'Oil & Mininig» spiega Paul Bugingo,
socio responsabile dell'attività africana dello studio inglese Delton Wilde Sapte, che ha una sede al Cairo e
alleanze locali in 10 paesi. Per mettere il primo piede nella regione, Bugingo sceglierebbe invece la Nigeria o il
Congo, «mercati con opportunità incredibili anche per il peso della popolazione». Nelle due giurisdizioni l'attività
principale riguarda i progetti di partenariato pubblico privato (PPP), co-finanziati dai governi locali e da investitori
privati che in molti casi sono organismi non governativi.
La svolta della Costituzione in Kenya
Per i legali, un mercato interessante è anche il Kenya, che lo scorso 4 agosto ha approvato la nuova carta
costituzionale. Oltre a garantire una maggiore stabilità politica, la Costituzione ha creato commissioni di vigilanza
sull'attività parlamentare con lo scopo di tutelare la trasparenza sugli investimenti stranieri, minacciati da un
elevato tasso di corruzione.
Con una crescita industriale superiore al 5% annuo e con un tasso di elettrificazione fermo al 18%, il Kenya
rappresenta per gli investitori italiani uno sbocco geografico interessante, in particolare nel settore energetico
che raccoglie circa il 60% degli investimenti stranieri. Secondo i dati diffusi dal dipartimento economico e
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commerciale dell'ambasciata italiana a Nairobi, negli ultimi 3 anni le esportazioni italiane verso il Kenia sono
cresciute del 200 per cento.
Le aziende italiane e le partnership obbligatorie
Una delle aziende che ha investito nella regione è Finmeccanica, che ha recentemente inaugurato a Nairobi un
ufficio affidato all'avvocato Francesco Tucillo. A novembre l'azienda ha firmato un contratto per la fornitura e
l'installazione di sistemi radar che copriranno e controlleranno il traffico aereo dell'intero Paese, un accordo che
vale circa 70 milioni di euro. Tra le new entry nel mercato c'è Dla Piper (già presente in Egitto, Ghana, Sud Africa,
Tanziania e Zambia) che ha finalizzato un accordo di collaborazione esclusiva con lo studio keniota Iseme,
Kamau & Maema (IKM). Si tratta della prima alleanza ufficiale tra uno studio keniota e una practice internazionale.
Per operare in questi Paesi gli studi stranieri sono infatti obbligati ad associarsi con strutture locali. Una
opportunità è offerta dall'African legal network (ALN), una rete di studi presente in Botswana, Burundi, Ethiopia,
Kenya, Mauritius, Mozambique, Rwanda, Tanzania, Uganda e Zambia. Tra le firm internazionali che si
appoggiano al network figurano Herbert Smith, Slaughter and May, Allen & Overy, Denton Wilde Sapte, CMS
Cameron McKenna, Jones Day, Freshfields Brukhaus Deringer e Norton Rose.
Studi italiani assenti
Gli studi d'affari italiani mancano per il momento all'appello. «Gli italiani sono a Dubai e in Cina, ma non in Africa,
mercato di cui non hanno ancora inteso le potenzialità soprattutto per quanto riguarda la possibilità di
intercettare il lavoro di ritorno in Italia», osserva John Shehata, avvocato italo-egiziano che in Italia ha collaborato
con gli studi legali Simmons & Simmons e Cba e che si occupa di rapporti commerciali tra Italia e Egitto.«Gli
studi non hanno la lungimiranza di affrontare gli investimenti necessari per entrare nei nuovi mercati, ma i first
mover avranno l'opportunità di costruire rapporti solidi con i gruppi africani che investono all'estero e avere ritorni
importanti in patria», aggiunge Shehata. «Il territorio africano può rappresentare anche un terreno dove
incontrare aziende italiane che dopo aver operato all'estero potrebbero investire i capitali ottenuti in Italia». Un
esempio avviene in Egitto, dove alcuni di quelli che si occupano di infrastrutture, gasdotti e oleodotti, tornano in
Italia per acquistare alcuni beni di ricambio. In Africa infatti i capitali italiani non mancano. In Egitto operano
Italcementi e Bank of Alexandria (controllata di Intesa San Paolo) finanzia la medio impresa italiana.
«L'equazione è semplice» conclude l'avvocato. «In Italia il mercato è saturo. Il Cairo ha 20 milioni di abitanti».
18 maggio 2011
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