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Presidenti:
Carmelo Stornello
Tullio Prestileo
Hotel San Paolo Palace
Palermo, 6 - 7 Novembre 2008
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Relazioni
Orali
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Relazione Orale
“ARCHE’, IL PROBLEMA DEI MINORI”
Mittermair U.*, Barberi E.
Associazione Archè – sede di Roma
L’impegno di Archè per una comunicazione possibile e per l’accoglienza verso “nessuno è lontano” si articola
attraverso progetti nelle scuole per la prevenzione del contagio HIV/AIDS e interventi diretti a bambini e ragazzi
nati sieropositivi HIV per favorirne una migliore qualità di vita.
Affiancamento delle famiglie nel processo di comunicazione della diagnosi HIV ai minori e sostegno ai bambini
e ragazzi nel percorso di consapevolezza della sieropositività; supporto ai ragazzi nel processo di comunicazione
orizzontale (partner-amici); progetti di educazione alla salute e prevenzione HIV/AIDS nelle scuole: tutti momenti nei quali Archè si propone come luogo di ascolto per una comunicazione possibile.
I percorsi educativi con YLWHIV (Youths Living With HIV) - finalizzati al rafforzamento delle abilità di vita
fondamentali (“Life Skills”) – si articolano attraverso colloqui individuali e/o incontri periodici di gruppo utilizzando il metodo del role playing e del focus group, stimolando la produzione di materiale di comunicazione (foto,
cortometraggi) e proponendo attività specifiche in contesti di impegno sociale o in ambiti culturali da esplorare.
Nelle scuole, partendo dall’ascolto di dubbi, paure ed emozioni dei ragazzi, Arché propone brainstorming, role
playing e laboratori espressivi per affrontare tematiche difficili e complesse come sessualità, affettività, rischio,
pregiudizio e responsabilità.
La maggior diffusione di conoscenze scientificamente corrette sull’HIV/AIDS rilevata nelle scuole ci sollecita la
focalizzazione degli interventi educativi sulla percezione del rischio di infezione e sui comportamenti adottati; i
YLWHIV mostrano minor passività, consapevoli di poter essere parte attiva e propositiva di un possibile cambiamento culturale rispetto alla sieropositività, pur non esponendosi.
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Relazione Orale
DIRITTO ALLA SALUTE E PERMESSO DI SOGGIORNO PER GLI IMMIGRATI IRREGOLARI
Vassallo Paleologo F.
Università degli studi di Palermo - Associazione studi giuridici sull’immigrazione (ASGI)
Appare sempre più diffusa la grave problematica del mancato riconoscimento di un titolo di soggiorno, talora con
la emanazione di un provvedimento di espulsione, e della possibile esclusione dall’assistenza sanitaria e da altre
forme di assistenza in Italia, di alcune categorie di cittadini extracomunitari, ai quali in precedenza veniva pacificamente riconosciuto, un permesso di soggiorno per salute o per cure mediche. Si tratta di una esclusione che,oltre a
presentare evidenti aspetti discriminatori, può determinare gravi conseguenze rispetto alla tutela della salute individuale e collettiva, apparendo sotto diversi profili in contrasto con i principi della Costituzione italiana, con la Carta
Europea dei diritti fondamentali, e con la normativa vigente in materia di immigrazione e protezione internazionale.
Ci riferiamo, alla grave problematica dell’accesso alle cure essenziali “ancorché continuative” previste dall’art.35 del T.U. sull’immigrazione n.286 del 1998, per i cittadini extracomunitari di fatto soggiornanti in Italia
ma privi di permesso di soggiorno. Per quanto riguarda il significato della dicitura «cure essenziali ancorché continuative» la legge vigente, alla luce della Circolare del Ministero della Sanità, n.5 del 24 marzo 2000, propone la
seguente interpretazione: «le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose
nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi
per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti)».
I. Accesso alle cure essenziali
Come è noto, è garantita da tempo la tutela del diritto alla salute per i cittadini extracomunitari irregolarmente
soggiornanti sul territorio italiano dall’art. 35, comma 3, del Testo Unico sull’immigrazione (decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286). Recenti disposizioni riguardanti cittadini di nazionalità rumena o bulgara non hanno modificato questo impianto normativo relativo ad immigrati extracomunitari, neppure intaccato dalla legge n. 189/2002.
La prevalente giurisprudenza ordinaria ed amministrativa è tuttora orientata nel senso di riconoscere un permesso
di soggiorno e l’effettivo accesso alle cure esenziali agli stranieri irregolari affetti da patologie riconducibili a
quelle che richiedono “cure essenziali” per la salute o per la vita della persona, anche se l’art. 19 del T.U. sull’immigrazione non richiama espressamente la necessità di questo tipo di cure tra le cause di inespellibilità.
In base alla normativa primaria vigente oggi in Italia, in accordo con l’art. 32 della nostra Costituzione, va dunque
garantito agli stranieri extracomunitari irregolarmente presenti sul territorio non solo l’accesso alle cure “urgenti”,
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ma altresì il diritto alle cure “essenziali, ancorché continuative”(1), nonché ai programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute pubblica.
L’art. 35, comma 4 del Testo Unico 286/98 precisa che tali prestazioni “sono erogate senza oneri a carico dei
richiedenti qualora privi di risorse economiche sufficienti”. E’ opportuno ricordare che la circolare del Ministero
della Salute n°5 del 24 marzo 2000 sopra richiamata, ha inequivocabilmente e dettagliatamente confermato, nel
senso dianzi esposto, l’ampia portata della norma citata.
Evidente appare allora la distanza tra tali previsioni e le forti limitazioni all’accesso all’assistenza sanitaria,
per la quale non può che risultare condizione essenziale la libertà di circolazione sul territorio, poste con
provvedimenti emessi dalle questure con i quali si dispone la espulsione di cittadini extracomunitari affetti
da gravissime malattie , in qualche caso già in precedenza titolari di un permesso di soggiorno per motivi di
salute, sulla base dell’assunto che il rilascio di tale tipo di permesso di soggiorno sarebbe stato consentito solo
nel caso di donne in stato di gravidanza, come peraltro espressamente previsto dalla vigente normativa ( art.
19 T.U. n.286/98).
Tali limitazioni stanno producendo conseguenze molto gravi in termini di tutela della salute individuale e collettiva, in particolare per coloro che necessitano di cure essenziali (anche a carattere continuativo), per patologie
assai diverse, come stati psicotici, epatite, diabete, AIDS, che non potrebbero essere adeguatamente curate nei
paesi di provenienza. Si rileva inoltre come il mancato rilascio di un titolo di soggiorno, anche per le conseguenze
sul piano anagrafico e, più in generale, amministrativo, potrebbe compromettere l’accesso all’assistenza sanitaria
con conseguenze negative anche a livello di tutela della salute pubblica (si pensi ad esempio alle vaccinazioni e
alla profilassi e cura delle malattie infettive).
L’interpretazione restrittiva adottata dagli uffici delle Questure, sulla scorta di una recente giurisprudenza della
Corte di Cassazione, oltre che contrastare con quanto precedentemente riconosciuto in questi casi, si pone in contrasto con l’art. 32 della Costituzione italiana, che sancisce la tutela della salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività e prevede la garanzia di cure gratuite agli indigenti.
La Corte costituzionale ha affermato che le previsioni contenute nell’art. 35 del Testo Unico 286/98 (con riferimento alle cure non solo urgenti ma anche essenziali) costituiscono attuazione del “nucleo irriducibile” del
diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione, da riconoscersi ad ogni individuo, diritto fondamentale
della persona, rispetto al quale non sono ammessi bilanciamenti con altri valori, quali il contenimento della spesa
pubblica, né discriminazioni, in ragione della regolarità o meno del soggiorno (confronta la sentenza della Corte
costituzionale n. 252 del 2001). Del resto, non sembra inutile ricordare che, con riferimento al diritto alla salute,
la stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’articolo 35, riconosce il diritto di “ogni individuo”
di “accedere alla prevenzione e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalla legislazioni e prassi nazionali”, aggiungendo che “nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito
un livello elevato di protezione della salute umana”.
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Si sottolinea infine come la mancata garanzia dell’accesso all’assistenza sanitaria a tutti i minori che vivano con
genitori affetti da gravi patologie, ma ai quali venga rifiutato un permesso di soggiorno, rappresenti una violazione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge
176/91, che stabilisce “il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile e di beneficiare di servizi
medici e di riabilitazione” e l’obbligo per lo Stato di “garantire che nessun minore sia privato del diritto di avere
accesso a tali servizi” (art. 24), “senza distinzione di sorta ed a prescindere[…] dalla loro origine nazionale, etnica
o sociale, dalla loro situazione finanziaria […] o da ogni altra circostanza” (art. 2).
Il Tribunale amministrativo della regione Lazio, con sentenza del 27 giugno 2005 ( in Diritto, immigrazione
e cittadinanza, 2006, I, p. 186) , nel caso di un immigrato irregolare affetto da una grave patologia epatica di
tipo B, ha accolto il ricorso da questi presentato contro un provvedimento del Questore di Roma che negava il
rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche, richiamando la precedente sentenza della Corte Costituzionale del 17 luglio 2001. Il TAR Lazio ha espressamente ribadito che lo straniero irregolarmente presente gode
comunque di un “nucleo irriducibile di tutela della propria salute, quale diritto fondamentale della persona”, concludendo che dal complessivo quadro normativo italiano “ non può che discendere il diritto dello straniero, anche
se entrato o rimasto irregolarmente in Italia, di ottenere, per il tempo necessario ad effettuare cure mediche
d’urgenza, o che non potrebbe ricevere nel paese d’origine, un permesso di soggiorno idoneo a regolarizzare la situazione di inespellibilità, sancita dalla Corte Costituzionale nella sentenza richiamata”. Nello stesso
senso successive sentenze del Tribunale amministrativo della Regione Liguria nel 2006, e della Regione Sicilia.
Va poi ricordato come la spesa relativa ai titolari di codice STP costituisca una percentuale assai esigua
della spesa sanitaria complessiva: nel 2004, ad esempio, le spese per ricovero ospedaliero per titolari di STP
sono state pari allo 0,34% della spesa complessiva per ricoveri e lo 0,12% sulla spesa corrente sanitaria
dell’anno in considerazione.
Al di là della formulazione dell’art. 19 del T.U. sull’immigrazione occorre ricordare che l’art. 5.6 del Testo Unico
prevede la possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno atipico per motivi umanitari.
Il permesso per motivi umanitari e’ rilasciato, ai sensi dell’art. 5, co. 6 D. Lgs. 286/1998, quando il soggiorno dello straniero debba essere autorizzato per “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da
obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”, dunque anche oltre i casi tipici risultanti dall’art. 19,
co. 1 D. Lgs. 286/1998, quando lo straniero non possa essere allontanato per un motivo legato al riconoscimento
effettivo dei suoi diritti fondamentali . E’ inutile sottolineare, nel caso che qui ci interessa, la presenza di evidenti
obblighi costituzionali dello Stato italiano ( articoli. 2, 3 e 32 della Costituzione), tendenti a garantire il diritto alla
salute della persona immigrata, seppure in una condizione di soggiorno irregolare, e quelli di tutta la collettività.
Il rilascio del permesso per motivi umanitari e’ disciplinato dall’art. 11, co. 1, lettera c-ter DPR 394/1999,
che lo prevede “nei casi di cui agli articoli 5, comma 6 e 19, comma 1, del testo unico, previo parere delle
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Relazione Orale
Commissioni territoriali per il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero acquisizione dall’interessato di
documentazione riguardante i motivi della richiesta relativi ad oggettive e gravi situazioni personali che non
consentono l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale” . Il parere delle Commissioni territoriali per
il riconoscimento dello status di rifugiato non costituisce quindi un passaggio obbligato (ovvero), quando sia comunque possibile acquisire dall’interessato ( in questo caso dal medico e dalla struttura pubblica che lo assistono)
congrua documentazione “ riguardante i motivi della richiesta relativi ad oggettive e gravi situazioni personali che
non consentono l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale”.
E’ evidente come nella norma regolamentare siano contemplate due situazioni diverse e alternative: il rischio di persecuzione e l’esistenza di gravi motivi, di carattere qualsiasi, atti a precludere la possibilità di allontanamento come
appunto i gravi motivi derivanti da una situazione clinica che impone cure essenziali per la salute della persona.
La prassi recentemente adottata dalle Questure tendenti a privare di un qualsiasi titolo di soggiorno persone affette da
gravi patologie, peraltro già titolari in passato di permessi di soggiorno per motivi di salute, comminando in qualche
caso provvedimenti di espulsione, e limitandosi poi a non mettere in esecuzione il provvedimento di allontanamento,
non può precludere la possibilità che queste stesse persone richiedano ed ottengano dalla stessa Questura il rilascio
di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ex art. 5.6 del Testo Unico n. 286 in materia di immigrazione.
Si sottolinea che questo tipo di permesso di soggiorno costituisce un tipo di autorizzazione al soggiorno temporaneo sul territorio dello Stato affatto diversa dai permessi di soggiorno per richiesta asilo, per asilo o per protezione
internazionale, pure previsti dalla vigente normativa, recentemente novellata per la implementazione nel nostro
ordinamento delle direttive comunitarie in materia di asilo e di protezione internazionale ( da ultimo con il decreto
legislativo 25 del 2008).
L’ art. 32, co. 3 D. Lgs. 25/2008 ribadisce peraltro la persistenza di una importante valenza autonoma e residuale dell’art. 5.6 del Testo Unico sull’immigrazione, specificando che “nei casi in cui non accolga la domanda di
protezione internazionale e ritenga che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario, la Commissione
territoriale trasmette gli atti al questore per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo
5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.”. Sono evidenti due cose: i motivi umanitari ravvisati
dalla Commissione non sono relativi a persecuzione (tanto che la stessa Commissione ha appena respinto la domanda di protezione internazionale); chi decide se i motivi umanitari sussistono o meno, e se sono sufficientemente gravi, e’ il questore, non la Commissione. In definitiva, il rilascio del permesso di soggiorno ex art. 5.6 del
Testo Unico sull’immigrazione è atto di competenza del Questore e non della Commissione territoriale deputata
decidere sulle richieste di asilo o di protezione internazionale.
Si potrebbe tuttavia ritenere che il rilascio del permesso di soggiorno ex art. 5.6 abbia un contenuto discrezionale,
con la conseguenza che su specifica istanza di parte la Questura potrebbe anche esprimere un diniego. Occorre
però ricordare che non spetta ad uffici amministrativi la valutazione dello stato di salute delle persone, o, peggio,
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una valutazione difforme delle certificazioni mediche. Un corretto esercizio della discrezionalità amministrativa,
altrimenti censurabile, non può prescindere dalla certificazione medica e anzi sostituirsi ad essa, o andare a ricercare le possibilità di cura al di fuori del territorio italiano.
Si può quindi concludere che il Questore e l’Ufficio immigrazione della Questura , ove non ritengano più
concedibile o rinnovabile il permesso di soggiorno per cure mediche nei termini e delle tipologie fin qui
applicati, non solo possano, ma siano tenuti ad applicare in modo appropriato l’art. 5.6 del T.U. n. 286 del
1998 e l’art. 11, co. 1, lettera c-ter DPR 394/1999, in conformità a quanto rilevato dal Giudice Costituzionale che afferma il carattere di diritto fondamentale del diritto alla salute, come confermato anche dalla
costante giurisprudenza amministrativa.
In questo modo, lo straniero extracomunitario che per motivi di salute, come nel caso di fondato timore di rischio per la vita e per la salute a seguito del rimpatrio forzato, ritenga di rientrare nella fattispecie protetta dalle
disposizioni citate potrà chiedere il rilascio del permesso direttamente al questore, senza passare attraverso una
procedura di asilo o di protezione sussidiaria del tutto inappropriata, inutile e potenzialmente assai dannosa, per
sé e per gli altri, si pensi ai casi di trattenimento nei centri di accoglienza per richiedenti asilo ( CARA), atteso
il grave rischio per la vita derivante dall’interruzione di terapie essenziali, ancorché continuative, e per il grado
elevato di infettività della patologia che lo affligge (ci riferiamo ovviamente allo straniero che non lamenti alcun
rischio di persecuzione o di danno grave in caso di rimpatrio forzato).
In caso di necessità di cure essenziali ancorché continuative, lo straniero irregolarmente presente potrà fare
richiesta di un permesso di soggiorno ex art. 5.6 del Testo Unico sull’immigrazione, di propria iniziativa o
nel momento in cui dovesse prospettarsi un provvedimento di allontanamento. Il permesso dovrebbe essere
rilasciato se sulla base di una idonea certificazione medica sussistano “motivi gravi” impeditivi dell’esecuzione
di misure di allontanamento forzato. La richiesta di permesso di soggiorno ex art. 5.6 del Testo Unico sull’immigrazione n. 286 del 1998 non potrà essere comunque respinta solo sulla base del fatto che lo straniero non si sia
rivolto direttamente, preventivamente, agli uffici di polizia o non sia stato inviato dalla Commissione territoriale.
Appare dunque evidente che ove gli uffici delle Questure non vogliano più rilasciare – come in passato - un permesso di soggiorno per cure mediche, al di fuori dell’ipotesi delle donne in gravidanza e con figli fino al sesto
mese dalla nascita, dovranno comunque rilasciare agli immigrati irregolarmente presenti nel territorio nazionale
ma per i quali sia certificato da un medico la necessità di “cure essenziali” un permesso di soggiorno per motivi
umanitari ai sensi dell’art. 5.6 del Testo Unico sull’immigrazione n. 286/1998.
Solo in questa maniera sembra possibile garantire il diritto alla salute come diritto di tutti gli individui presenti sul
territorio, cittadini e immigrati, anche se irregolari. Peraltro questo principio, sancito anche dalla Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo (New York, 10 dicembre 1948) era già delineato nell’articolo 32 della Costituzione italiana, nel quale il diritto alla salute veniva agganciato non alla cittadinanza, ma all’individuo e alla sua sfera
inviolabile di tutele e di prerogative.
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Relazione Orale
APPROCCIO ALLA PERSONA STRANIERA: L’ ESPERIENZA DEL NATIONAL FOCAL POINT ITALIANO
NELLA PREVENZIONE DELL’INFEZIONE DA HIV
Luzi A.M.*, Colucci A., Gallo P.
Istituto Superiore di Sanità, Roma
Introduzione
Numerosi studi mostrano una sorta di “fragilità sociale” della persona straniera, che nell’ambito dell’infezione
da HIV si traduce spesso in minori opportunità di ricevere informazioni, in un ritardo di accesso al test e in una
diagnosi di infezione da HIV in fase avanzata con conseguente impossibilità di usufruire di cure precoci.
Al fine di fornire risposte appropriate ai bisogni di salute delle popolazioni non italiane è indispensabile avvalersi
di un approccio multidisciplinare, che veda la collaborazione integrata tra operatori con differenti professionalità,
cooperanti all’interno di Reti nazionali e internazionali, che condividano obiettivi, metodologie e azioni.
Tale approccio, raccomandato dalle politiche sanitarie europee e italiane, è pienamente condiviso dall’Istituto
Superiore di Sanità che, dal 1997, coordina la Rete italiana National Focal Point (NFP), costituitosi nell’ambito
del Progetto Europeo AIDS & Mobility.
Il NFP, grazie al contributo di 60 esperti di strutture pubbliche e del privato sociale, presenti in regioni del Nord,
Centro e Sud Italia, costituisce un’esperienza innovativa e un punto di riferimento importante nell’ambito della
ricerca, della prevenzione, del counselling e della formazione.
Obiettivi specifici
- Individuare i bisogni e gli aspetti di criticità riguardanti la salute delle popolazioni straniere in riferimento
all’infezione da HIV e all’AIDS
- Favorire la diffusione di informazioni relative all’infezione da HIV e migliorare la qualità e l’efficacia dei
programmi di promozione della salute rivolti a questo target
- Stimolare la collaborazione integrata tra le Organizzazioni Non Governative, le Associazioni di Volontariato,
le Comunità dei migranti e le Istituzioni Pubbliche presenti in Italia
Riassunto dei risultati
L’attività di ricerca, finora realizzata, ha permesso di definire le caratteristiche socio-demografiche e comportamentali di alcuni gruppi di popolazione straniera.
L’attività di prevenzione è svolta prioritariamente con il Ministero della Salute nell’ambito di campagne informativo-educative. In particolare nell’VIII Campagna per la lotta contro l’AIDS un apporto significativo è stato dato
per la messa a punto e per la distribuzione di depliant rivolti a persone straniere prodotti in otto differenti lingue
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Relazione Orale
(italiano, inglese, francese, romeno, spagnolo, arabo, cinese e russo).
L’attività di informazione generalizzata attuata con la distribuzione del depliant ha reso necessario attivare presso
l’Unità Operativa “Telefono Verde AIDS” un Servizio di Counselling Telefonico Transculturale. Questo Servizio avviato a fine 2006 grazie ad un finanziamento del Ministero della Salute, ha richiesto il coinvolgimento
di consulenti e di mediatori linguistico-culturali, formati per rispondere alle persone straniere che non parlino la
lingua italiana.
Nell’ambito dell’attività di formazione/aggiornamento, alcuni esperti del National Focal Point italiano sono
coinvolti nella progettazione e nella conduzione di percorsi formativi su tematiche riguardanti la legislazione
sanitaria, gli aspetti epidemiologici e clinici, nonché quelli comunicativo-relazionali.
Conclusioni
È auspicabile che l’esperienza del National Focal Point prosegua e si ampli nel tempo anche con l’apporto di
strutture presenti in regioni non ancora rappresentate nella Rete e con il contributo prezioso dei referenti delle
comunità di stranieri. Il fine è quello di elaborare risposte adeguate alle esigenze sanitarie della persona straniera,
di identificare modelli per la riorganizzazione dei servizi in funzione delle sue necessità, di migliorare la qualità
della relazione tra operatore italiano e persona straniera, di implementare un approccio multidisciplinare che si
può realizzare solo attraverso un lavoro di equipe e di rete per rendere più omogenea l’offerta dei servizi e individuare buone prassi nella prevenzione e nella cura dell’infezione da HIV.
Componenti del National Focal Point italiano
Mario AFFRONTI Policlinico “P. Giaccone”, Palermo - Francesco ALBERICI e Alessandra DONISI Ospedale G. da Saliceto, Piacenza - Rosa BRANCATELLA Ospedale Sandro Pertini, Roma – Margherita BUSSO MI.SA,. Torino - Stefano BUTTÒ Istituto Superiore di Sanità, Roma – Giuseppina
CASSARÀ Migrazione e Salute, Palermo - Anna COLUCCI Istituto Superiore di Sanità, Roma - Lucio COSCO Ospedale Pugliese Ciaccio, Catanzaro
- Pia COVRE Comitato Diritti delle Prostitute, Azzano (PN) - Anna D’AGOSTINI Istituto Superiore di Sanità, Roma – Stefania D’AMATO Ministero
della Salute, Roma - Ivan DAL CONTE Ospedale Amedeo di Savoia, Torino – Rossella DI BACCO U.O. AIDS, Roma – Giorgio DELL’AMICO Arcigay Nazionale Immigrazione, Modena - Alfio DI MAMBRO Associazione Archè, Roma - Issa EL HAMAD e Maria Chiara PEZZOLI Spedali Civili,
Brescia - Luca FORNARI e Vincenzo CRISTIANO ALA, Milano - Anna Rosa FRATI Ministero della Salute, Roma – Esoka Eseme FRANKLYN
Ospedale Umberto I Mestre (VE) – Ngab GADJI Ambulatorio Medico Immigrati ANLAIDS, Perugia - Pietro GALLO Istituto Superiore di Sanità,
Roma - Salvatore GERACI Caritas Diocesana di Roma, Roma - Vincenzo GUADAGNINO e Vincenzo PISANI Università “Magna Graecia”, Catanzaro - Rosaria IARDINO Network Persone Sieropositive Italia ONLUS, Roma – Raffaele LELLERI Arcigay Nazionale Salute, Bologna - Daniela
LORENZETTI Azienda ASL RM/A, Roma - Anna Maria LUZI Istituto Superiore di Sanità, Roma(Coordinatrice NFP italiano) - Mara MANGHI e
Marina GRECI Centro per la Salute della Famiglia Straniera, AUSL, Reggio Emilia - Rodolfo MAYER Università degli Studi “Sapienza”, Roma - Michela MARTINI IOM, Roma – Antonella MONASTRA ASL/6, Palermo - Aldo MORRONE, Ottavio LATINI e Luigi TOMA IRCCS San Gallicano,
Roma - Fulvia MOTTA Caritas Diocesana di Roma, Roma - Pierfranco OLIVANI NAGA, Milano – Fabrizio PAOLONI, Ospedale SS. Filippo e Nicola
di Avezzano, (AQ) – Fulvio VASSALLO PALEOLOGO Diritti dei Migranti, Palermo - Rosanna PARADISO TAMPEP, Torino - Nicola PETROSILLO
INMI L. Spallanzani,IRCCS Roma - Tullio PRESTILEO Ospedale Casa del Sole e Pisani, Palermo – Enzo RAISE Ospedale SS. Giovanni e Paolo e
Ospedale Umberto I, Venezia - Giovanni REZZA Istituto Superiore di Sanità, Roma - Enrica ROSA Istituto Superiore di Sanità, Roma - Giulia SCARAVELLI Istituto Superiore di Sanità, Roma – Gaetano SCOTTO e Alessandra TARTAGLIA Ospedali Riuniti, Foggia - Angela SPINELLI Istituto
Superiore di Sanità, Roma - Laura SPIZZICHINO U.O. AIDS ASL RM/E, Roma - Rudi VALLI Istituto Superiore di Sanità, Roma - Alberto VITO
Ospedale “Cotugno”Napoli - Stefano VOLPICELLI Lega Italiana Lotta AIDS CEDIUS, Milano - Vincenzo VULLO e Miriam LICHTNER Università
degli Studi “Sapienza”, Roma.
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Relazione Orale
PRESENTAZIONE CLINICA E RISPOSTA AD HAART NEL PAZIENTE STRANIERO CON HIV: EVIDENZE
QUADRI CLINICI PECULIARI?
El-Hamad I., Pezzoli M.C., Ricci A., Cristini G.
Dipartimento di Malattie Infettive - Brescia
Gli immigrati attualmente presenti in Italia rappresentano complessivamente circa il 7% della popolazione totale e, tra i problemi di salute di questa popolazione, l’infezione da HIV/AIDS costituisce una problematica di
crescente interesse scientifico. La conoscenza degli aspetti epidemiologici e clinici di tale infezione rappresenta
un presupposto essenziale per un migliore approccio assistenziale e preventivo al migrante HIV positivo. Stabilire quando, dove e come l’infezione da HIV sia stata contratta dagli immigrati è spesso difficile: molti degli
immigrati sono inconsapevoli del loro sierostato per HIV e la diagnosi viene spesso posta in fase si conclamata
sintomatologia o durante la gravidanza. Infatti, numerosi studi evidenziano che in Europa gli stranieri HIV-positivi accedano alle strutture sanitarie con un sistema immunitario più compromesso, con livelli di linfociti T CD4
significativamente più bassi e sovente con stadi di malattia da HIV più avanzati rispetto agli autoctoni. Diversi fattori possono concorrere a spiegare questo fenomeno: il rischio di stigmatizzazione e la discriminazione, la paura
di deportazione, la minor conoscenza sull’infezione da HIV, la ridotta percezione del rischio, i diversi significati
che l’HIV riveste nelle diverse culture, la carenza di campagne e materiale informativo multilingue, la scarsità
di operatori sanitari in grado di comprendere lingue e culture diverse e, infine, la carenza di mediatori culturali e
facilitatori linguistici nelle nostre strutture.
Al momento di eseguire la diagnosi di HIV nei migranti, non deve essere sottovalutata l’evenienza di infezione
da subtipi virali diversi dall’HIV-1 B, che notoriamente è il virus prevalente e ampiamente diffuso nei nostri paesi
occidentali. Non pochi pazienti stranieri provengono da paesi in cui sono diffuse le infezioni da subtipi di HIV-1
non B o da virus HIV-2. In Portogallo, ad esempio, il 5% del totale dei casi di AIDS è rappresentato da soggetti,
prevalentemente immigrati, affetti da infezione da HIV-2, mentre altri studi su popolazioni selezionate di soggetti
HIV-positivi mostrano percentuali di infezioni da HIV-1 non B variabili dal 4-5% fino al 97-98. La rilevanza dei
diversi subtipi di HIV si estrinseca a livello di progressione di malattia e di trasmissibilità materno-fetale dell’infezione, ma soprattutto in termini di difficoltà diagnostiche, efficacia delle terapie antiretrovirali, monitoraggio
virologico e interpretazione dei test geno-fenotipici di resistenza. Sebbene vi siano numerosi tests molecolari
introdotti in commercio per la quantificazione dei livelli plasmatici di HIV-1 RNA, nessun test è ancora stato
approvato per la misurazione della carica virale di HIV-2. Pochi laboratori hanno sviluppato diversi metodi “casalinghi”, ma nessuna di queste tecniche è ampiamente utilizzabile per l’uso clinico di routine, così che emerge
la difficoltà di monitoraggio della viremia di HIV-2, soprattutto in relazione alla valutazione dell’efficacia della
terapia antiretrovirale e dell’insorgenza eventuale di fallimento virologico. Risulta quindi essenziale, nei pazienti
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immigrati, la ricerca sistematica dei diversi subtipi di HIV ed in particolare di HIV-2, per poter effettuare una
diagnosi corretta e pianificare al meglio le scelte terapeutiche.
La gestione dell’infezione HIV nel migrante appare complessa in quanto deve tenere conto non solo delle peculiarità virologico-cliniche, ma anche delle difficoltà linguistico-culturali e delle difficoltà di accesso alle strutture
sanitarie, che ancora oggi denota una disparità associata alla razza/etnia, allo stato giuridico e alle condizioni
socioeconomiche. Basti pensare che in Italia, nel 70% circa dei casi, negli immigrati la diagnosi di AIDS coincide
con la diagnosi di infezione da HIV e che un recente studio condotto dal gruppo di studio della sotto commissione
Migrazione della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (SIMIT) ha evidenziato che gli immigrati irregolari/clandestini hanno un significativo minor accesso alle terapie antiretrovirali rispetto agli immigrati regolari e a
tutti i soggetti iscritti al SSN. Vale la pena ricordare, a questo proposito, che in Italia l’attuale normativa permette
l’assistenza agli immigrati regolari a parità di condizioni con il cittadino italiano e agli immigrati irregolari/clandestini per tutte le cure urgenti o essenziali, tra cui la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive, tramite
l’assegnazione del codice STP (Straniero Temporaneamente Presente).
Sul piano clinico, vi sono numerose evidenze di una differente proporzione e tipologia delle patologie markers
di AIDS tra pazienti autoctoni e soggetti immigrati, come ad esempio il maggiore riscontro di tubercolosi e di
nefropatia HIV-correlata in questi ultimi. Inoltre, l’espansione pandemica dell’infezione da HIV e la grande
mobilità umana, che hanno permesso contatti tra popolazioni appartenenti a regioni geograficamente molto distinte tra loro, hanno reso possibile la coinfezione dello stesso individuo da parte di varianti diverse di HIV ed ha
permesso il fenomeno della ricombinazione tra diversi virus. Per tale motivo, di fronte al migrante HIV positivo,
vanno tenute in considerazioni la presenza di diversi subtipi di HIV, i diversi pattern di resistenza, le differenze
farmacogenomiche e farmacocinetiche ed i tassi di aderenza alle terapie antiretrovirali.
Il trattamento dell’infezione da HIV nel migrante segue essenzialmente le stesse indicazioni proposte per il soggetto autoctono, tuttavia devono essere tenute in considerazioni alcune peculiarità, tra cui la presenza di diversi
subtipi di HIV e diversi pattern di resistenza, differenze farmacogenomiche e farmacocinetiche e, infine, differenze in termini di aderenza alle terapie antiretrovirali. Tutti questi aspetti possono incidere notevolmente sull’efficacia e tossicità delle terapie e quindi sul controllo della malattia e rappresentano sicuramente dei potenziali
elementi di difficoltà nella gestione terapeutica dell’infezione da HIV nel soggetto immigrato.
La presenza di resistenze primarie ai farmaci antiretrovirali potrebbe essere maggiore nei soggetti che hanno acquisito l’infezione nei paesi d’origine, sia per uno scorretto o inappropriato uso dei farmaci nei loro paesi, sia per
l’acquisizione di subtipi diversi di HIV. Mentre diversi studi mostrano come la presenza di resistenze primarie in
immigrati con HIV-1 B sia ancora limitata e comunque paragonabile a quella riscontrata nella popolazione autoctona, molto più importante sembra invece il ruolo svolto dalla presenza di subtipi virali diversi dall’HIV-1 B. E’
noto che i farmaci della classe degli NNRTI non siano efficaci sul virus HIV-2, come pure non sono efficaci alcuni
farmaci tra i PI, come ad esempio il fosamprenavir, e altre nuove molecole, come l’enfuvirtide. Se si considerano
invece i subtipi di HIV-1 non B, i problemi maggiori probabilmente sono rappresentati dalla presenza di polimorfismi naturali e mutazioni primarie che possono determinare pattern di resistenza ai farmaci antiretrovirali almeno
in parte diversi rispetto a quanto riconosciuto per l’HIV-1 B, con implicazioni importanti a livello di discordanza
degli algoritmi di interpretazione dei test di resistenza in relazione ai diversi subtipi. In aggiunta, è possibile che i
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Relazione Orale
profili farmacocinetici delle diverse molecole antiretrovirali in uso attualmente, la riposta clinica e viro-immunologica e la tossicità farmacologica possano essere influenzati da mutazioni enzimatiche presenti su base genetica
in diversi backgrounds etnici. Differenze su base genetica si sono riscontrate a livello di diversi enzimi deputati al
trasporto e metabolismo dei farmaci, in particolare a livello del sistema del CytP450 e del sistema della glicoproteina-P. Ad esempio, la variante allelica Cyp2B6 TT del sistema del CytP450 è associata ad una ridotta clearance
di efavirenz: tale variante è diffusa soprattutto nei neri e, meno, negli ispanici e negli asiatici e determina concentrazioni di farmaco maggiori in queste popolazioni rispetto ai caucasici, con possibili ripercussioni sia sugli effetti
collaterali, in particolare a livello del sistema nervoso centrale (SNC), sia sull’efficacia terapeutica. Viceversa, la
variante MDR-1 TT, che codifica per il sistema della glicoproteina-P, sembra essere associata ad un ridotto rischio
di tossicità epatica da nevirapina. A livello renale, invece, differenze genetiche della proteina di trasporto hOAT1
sul tubulo prossimale, determinate da un particolare polimorfismo nucleotidico (R50H) presente nei neri, determinerebbero un minor uptake di tenofovir, con conseguenti maggior concentrazioni e potenziale maggior rischio
di nefrotossicità del farmaco nei neri rispetto ai caucasici. Questo aspetto è sicuramente meritevole di studi più
approfonditi allo scopo di evitare la sovrapposizione con la nefropatia HIV-correlata, che è una condizione pressoché esclusiva della popolazione nera. Infine, anche la reazione da ipersensibilità all’abacavir si manifesta meno
frequentemente nei neri rispetto ai caucasici, a causa della prevalenza di particolari varianti genetiche del sistema
HLA, che rappresenta una delle due vie determinanti la tossicità del farmaco. In sintesi, differenze in termini di
farmacogenomica e di farmacocinetica possono influenzare quindi la diversa efficacia delle terapie e, soprattutto,
la discontinuazione dei regimi prescritti a causa della presenza di loro maggiori effetti collaterali; se da una parte
sono necessari ulteriori studi per convalidare e valutare l’effettivo ruolo di questi fattori, dall’altra è essenziale
tenerli in considerazione nella scelta dei regimi terapeutici più appropriati nei nostri pazienti immigrati, in cui
potrebbe essere utile un più frequente utilizzo dei tests di farmacocinetica. Altri due aspetti di particolare importanza in ambito di predisposizione genetica, sono il riscontro, nei soggetti neri sani, di aumentata prevalenza di
obesità e insulino-resistenza e maggior rischio cardiovascolare da un parte, di un Body Max Index (BMI) e di una
densità ossea maggiore dall’altra, rispetto alla popolazione “bianca”. Ovviamente, alla luce dei noti problemi di
alterazioni metaboliche e di rischio cardiovascolare correlati alle terapie antiretrovirali, questa predisposizione
genetica non deve essere sottovalutata.
Infine, l’efficacia a lungo termine del trattamento può essere inferiore negli immigrati in relazione ad una minor
aderenza e ad un maggiore tasso di perdita al follow-up. Secondo i numerosi studi condotti in questo campo,
risultano essere fattori determinanti in tale senso il grado di consapevolezza dell’infezione da HIV, le condizioni
socio-economiche e il livello di integrazione degli immigrati nel tessuto sociale. Almeno teoricamente, si possono identificare dei fattori aggiuntivi, negli immigrati rispetto agli autoctoni, che potrebbero influire sul grado di
aderenza: barriere linguistiche, differenze culturali e religiose, alta mobilità territoriale, ampia quota di soggetti
clandestini, disoccupazione/lavoro precario, minor conoscenza della malattia e delle terapie, rigidità degli orari
nelle strutture, frequenti ritorni nei paesi di origine. Tutti questi aspetti costituiscono sicuramente importanti barriere che spesso si frappongono tra gli operatori sanitari ed il paziente immigrato. Tuttavia è stato dimostrato che
l’acquisizione, negli immigrati, di una maggior conoscenza e consapevolezza della malattia e del suo trattamento,
aumenti significativamente l’aderenza e riduca le differenze con la popolazione autoctona in termini di fallimento
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Relazione Orale
terapeutico. Gli interventi della mediazione linguistica e interculturale all’interno delle strutture sanitarie, l’organizzazione di poliambulatori specialistici, la formazione transculturale degli operatori sanitari coinvolti nella
gestione della HAART nei pazienti immigrati, il supporto psicologico nell’ambito dell’etnopsichatria, unitamente
a schemi semplificati di terapia antiretrovirale e alla somministrazione supervisionata dei farmaci in specifiche
situazioni ed in sottogruppi selezionati di immigrati, potrebbero migliorare il livello di compliance alla terapia.
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Relazione Orale
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Relazione Orale
PROGETTO PR.I.S.H.M.A: STUDIO PROSPETTICO MULTICENTRICO NAZIONALE DI VALUTAZIONE DI
PREVALENZA, INCIDENZA, FATTORI DI RISCHIO E DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI DI HIV IN MIGRANTI ED
ANALISI DELLA AVIDITÀ ANTICORPALE
Pezzoli M.C.2, Scarcella C.2, Vassallo F.2, Speziani F.2, Grassi E.2, El-Hamad I.1,2, Scolari C.2, Ricci A.1 , Bergamaschi V.1, Vullo V.3, Lichtner M.3, Prestileo T.4, Affronti M.5, Cassarà G.5, Suligoi B.6, Luzi A.M.6, Colucci A.6, Gallo
P.6, Regine V.6, Buttò S.7, Bernasconi D.7, Cacciani L.8, Baglio G.8, Cristini G.1, Carosi G.1
1
Dip Inf Brescia, 2ASL Brescia, 3Dip Inf Univ La Sapienza Roma, 4UOC Mal Inf Osp Casa del Sole Palermo,
5
Univ Palermo, 6Dip MIPI-ISS, 7Centro Naz AIDS-ISS, 8Ag San Pub Lazio
Metodi
Studio prospettico longitudinale multicentrico rivolto a migranti extracomunitari di età ≥18 anni. Per tutti i
soggetti, inclusi con modalità random tra il 08/01/2007 e il 31/03/2008, sono stati raccolti i dati demografici e
i fattori di rischio per l’infezione da HIV e successivamente sottoposti al test di screening per HIV. Ai soggetti
HIV- è stato consigliato di ripetere l’esame dopo 6 mesi. Per definire il presunto luogo di infezione è stato analizzato il tempo di permanenza in Italia in rapporto all’epoca di infezione, valutata mediante la determinazione
dell’indice di avidità anticorpale su siero (sistema AxSYM ½ gO-Abbott). Per i soggetti HIV+ è stata valutata
la distribuzione di varianti di HIV-1 non-B (cEIA), in relazione alle diverse aree di provenienza, alla permanenza in Italia e ai risultati del test di avidità.
Risultati
Lo studio è stato proposto a 2178 soggetti, di cui 1832 (84,1%) hanno di fatto eseguito il test per HIV. Dei 1832
soggetti testati, 12 sono risultati HIV+ (prevalenza 0,7%). Le caratteristiche principali dei soggetti HIV+ erano:
sesso femminile 75%, origine dall’Africa sub-sahariana 83,4%, religione cristiana 91,7%, età mediana di 26,9
anni ed epoca migratoria mediana di 25,4 mesi. 10 soggetti riferivano rapporti eterosessuali occasionali e 5 rapporti commerciali; l’uso del condom è stato regolare solo nel 33,3% dei casi. All’analisi univariata, le variabili
associate ad un maggior rischio di HIV sono state: la promiscuità sessuale (p = 0,000), la provenienza dall’Africa
sub-Sahariana (p = 0,000) e un livello di scolarità elementare (p=0,000). All’analisi multivariata, i fattori significativamente correlati al rischio di essere HIV+ sono stati, oltre alla promiscuità sessuale, la provenienza dall’Africa sub-Sahariana. Bisogna comunque considerare la bassa attendibilità sia dell’analisi univariata che dell’analisi
multivariata, in quanto entrambe sono basate su un campione di HIV+ rappresentato da 12 soggetti, numero
statisticamente non sufficiente per permettere conclusioni certe. Il luogo presunto di acquisizione dell’infezione
è risultato essere il paese d’origine in 1/4 soggetti (25%), portatore di subtipo non B, mentre per il 75% dei casi
(3/4, dei quali 1 con subtipo non B) non è stato possibile stabilire il luogo d’infezione. L’incidenza di HIV nei
180 soggetti osservati dopo una media di 8,1 mesi è risultata pari a zero. Non è stato possibile, invece, calcolare
l’incidenza dell’infezione da HIV mediante l’utilizzo dell’indice di avidità anticorpale, in quanto nessuno dei 4
soggetti HIV+ sottoposti al test aveva un’infezione identificata come recente.
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Relazione Orale
Commento
La prevalenza dell’infezione da HIV registrata nella nostra popolazione di studio è stata pari allo 0,7%, in contrasto con quanto riportato da diversi autori in studi condotti su casistiche di immigrati più o meno selezionate in
altri Paesi d’Europa, che mostrano prevalenze più elevate. Questa differenza è evidentemente influenzata dalla
minor “selezione” della popolazione nel nostro studio. I nostri dati evidenziano come i fattori di rischio per l’infezione da HIV siano quelli classici (promiscuità sessuale, rapporti commerciali, uso non costante del condom),
ma anche la provenienza dall’Africa sub-sahariana. Quest’ultimo fattore può dipendere dalla più elevata diffusione di tale patologia nei paesi di origine, ma anche dalle condizioni di vita nel paese di approdo. Anche i dati
relativi alla definizione del presunto luogo di acquisizione dell’infezione e dei subtipi di HIV non permettono al
momento conclusioni definitive: un solo soggetto ha sicuramente acquisito l’infezione nel suo paese di origine,
mentre un altro soggetto ha un’infezione da HIV-1 subtipo D, che orienta verso un’infezione acquisita nel Paese
di origine ovvero in Italia probabilmente tramite rapporti sessuali tra soggetti all’interno delle comunità di immigrati. Infine, nella nostra coorte di 180 soggetti, l’incidenza di HIV è stata pari a zero dopo un follow up medio
di circa 8,1 mesi; tuttavia, l’esiguità del campione, la brevità del periodo di osservazione e l’assenza di infezioni
considerate recenti secondo il test di avidità anticorpale, non consentono al momento di trarre indicazioni conclusive in questo ambito.
Progetto finanziato nell’ambito del VI Programma Nazionale Ricerca sull’AIDS - ISS.
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Relazione Orale
IL POLIAMBULATORIO PER CITTADINI STRANIERI DI EMERGENCY A PALERMO: REPORT DI 2 ANNI DI
ATTIVITÀ
Mercadante F.
Poliambulatorio Stranieri Emergency - Palermo
17.658 prestazioni erogate, 127 protesi odontoiatriche, 615 paia di occhiali……l’impegno di 80 volontari, più
di 10 ore al giorno per 5 giorni a settimana.
Due anni di lavoro possono essere riassunti e raccontati anche solo così, ma per noi che ci siamo dentro da prima
del 3aprile 2006, quando preparavamo e allestivamo nei più piccoli dettagli questo bellissimo spazio che l’asl 6 di
palermo ci ha messo a disposizione, sono fatti di nomi, facce, voci, grandi emozioni e grandi sofferenze.
Hanno il nome dei più di 4.054 pazienti, provenienti da più di 60 paesi, che da qui sono passati, di quelli che non
abbiamo visto più e di quelli che ancora su noi fanno affidamento.
Medicina di base e orientamento socio-sanitario
Abbiamo cominciato col servizio di medicina di base, affiancato da quello di orientamento socio-sanitario. L’idea
è stata quella di rilevare, per ciascun utente, da una parte il bisogno di salute e dall’altra la possibilità di accesso
al ssn in relazione alla situazione amministrativo-burocratica.
La legislazione in merito all’assistenza sanitaria per il cittadino straniero, contenuta nella legge Turco-Napolitano
e immodificata nella successiva bossi-fini, prevede la possibilità di accesso alle cure anche per i cittadini extracomunitari irregolarmente presenti sul territorio nazionale.
Grazie alla possibilità, concessaci dalla asl di usufruire del ricettario regionale, la nostra idea si è trasformata in
concreta possibilità di dare risposta al bisogno di salute dei nostri assistiti.
La collaborazione coi servizi del sistema pubblico in generale e della asl6 in particolare, cui i pazienti vengono
inviati soprattutto per indagini strumentali e di laboratorio, per poi tornare da noi a proseguire l’iter terapeutico, dopo un primo periodo di adattamento reciproco, è ormai un sistema rodato. Anche i più bravi e disponibili
operatori del servizio pubblico infatti, spesso mancano, loro malgrado, degli strumenti minimi per rispondere
alle esigenze di questi nuovi cittadini, a cominciare dalla conoscenza delle molteplici lingue da questi parlate e
di quel poco tempo e pazienza in più necessari per vincere la diffidenza ed instaurare un utile rapporto medicopaziente.
Non a tutti è immediatamente comprensibile che a chi parte svantaggiato bisogna dare qualcosa in più e non in
meno per arrivare allo stesso risultato.
Per questo, oltre alla presenza dei mediatori culturali, è diventato prezioso ed irrinunciabile per noi il lavoro dei
tanti volontari che accompagnano i pazienti ad eseguire consulenze ed indagini specialistiche per affiancarli, ma
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Relazione Orale
soprattutto per mostrargli il “percorso”, così da poterli rendere prima possibile autonomi e soprattutto parte attiva
del proprio percorso di salute.
Dopo due anni, possiamo sicuramente affermare che le patologie di più comune riscontro sono assolutamente
sovrapponibili a quelle della popolazione italiana. D’altronde, anni di letteratura sull’argomento indicano chiaramente che questi pazienti non sono affetti da malattie esotiche.
Le patologie di più comune riscontro sono piuttosto:
• patologie dell’apparato osteo-articolare, dovute per lo più a condizioni di lavoro spossanti;
• patologie dell’apparato cardiovascolare, in particolare ipertensione, specialmente nei pazienti di origine africana;
• patologie dell’apparato gastroenterico, spesso di origine psicosomatica, ma altrettanto legate a cattiva alimentazione,
quali gastriti e coliti;
• patologie del metabolismo, prime tra tutte il diabete, molto diffuso tra i pazienti originari dell’area del bangladesh
e dell’india;
• patologie di interesse ostetrico-ginecologico, spesso mal gestite proprio per problemi di relazione medicopaziente;
• patologie allergiche a carico di diversi organi e apparati, quali asma, riniti, dermatiti;
• non di rado tumori e forme precancerose.
Non meno rari i problemi dovuti ad inadeguati o errati interventi medici precedentemente subiti, per lo più nei
paesi d’origine; nonché lesioni e mutilazioni traumatiche, conseguenze di guerre e torture subite nei paesi da cui
sono stati costretti a fuggire.
Si tratta per lo più di malattie che non comportano grave rischio per la vita nell’immediato, ma che, se male o per
niente curate, comportano un alto rischio di gravi conseguenze a medio e lungo termine .
Pediatria
Lo stesso servizio è stato da subito garantito anche ai più giovani dei nostri pazienti grazie al supporto dei pediatri
che si sono avvicendati in questi due anni. Per la maggior parte dei nostri piccoli assistiti l’intervento del pediatra
si limita a controlli di routine, assistenza nello svezzamento e orientamento per gli screening e le vaccinazioni
periodicamente indicati nella prima infanzia, nonché alla cura delle normali malattie intercorrenti in questa fascia
d’età.
Molti di loro sono seguiti da noi fin dalla pancia della mamma. Le mamme dei neonati e piccoli lattanti attualmente seguiti, sono per lo più nostre pazienti da tempo, di cui abbiamo seguito la gravidanza fin dal primo test. Non di
rado abbiamo condiviso con le pazienti la difficile decisione da prendere in occasione di gravidanze indesiderate,
e le abbiamo sempre aiutate e sostenute nelle loro scelte senza intrometterci. Ma il coraggio di queste donne ci
ha spesso stupiti anche all’ultimo momento, quando sembrava che la decisione fosse irrevocabilmente presa e
che E.,G.,S.,F. non sarebbero mai arrivati. Quando D. ha cambiato tre volte idea, finchè una sera è entrata con gli
occhi gonfi e mi ha detto “lascio”, io stavo zitta per la paura di non avere capito e lei ha sfoggiato il migliore dei
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Relazione Orale
suoi meravigliosi sorrisi e ha detto “lascio bambino, che dici?”, “dico che questa sarà femmina”. E. ha quattro
mesi, è bellissima, ed è sempre vestita di rosa. Quando l’abbiamo portata a casa e suo fratello F., perplesso in
preda alle normali gelosie di un bimbo quando arriva un nuovo fratellino, mi ha chiesto cos’era il braccialetto
di plastica che ancora aveva alla caviglia, gli ho detto che era l’etichetta che c’è su tutte le cose nuove e che si
toglie quando si è sicuri di non volere restituire l’acquisto, lui ci ha pensato un po’, si è allontanato e poco dopo
è tornato con le forbici.
Di G. il papà dice che è figlio di Emergency, ma io rispondo che non è così, è figlio della sua bravissima mamma
e del suo eccezionale papà. Fra poco sarà il suo compleanno, “come la Emergency ”dice il suo papà, ma lui di
anni ne farà uno soltanto.
Dal canto mio, penso che ciascuno di questi bellissimi bambini da solo sarebbe valso l’impegno di questi due
anni, che ognuno dei loro sorrisi vale tutta la fatica e la dedizione.
Ma non tutte le storie dei nostri piccoli nipotini sono fatte di sorrisi. Per alcuni di loro siamo costantemente in
apprensione. Come il piccolo S., bengalese, occhietti neri e svegli, che a causa della gravidanza mal seguita della
mamma, è nato prematuramente, troppo piccolo allora ma anche adesso, cardiopatico e periodicamente affetto da
patologie dell’apparato digerente e respiratorio.
C. e A., diversi per sesso ed età, ma accomunati, oltre che dalla nazionalità rumena, da una grave forma di tetraplegia spastica, causata da manovre improprie al momento del parto con conseguente ipossia prolungata e
lesione neurologica irreversibile.
Per loro i percorsi all’esterno del poliambulatorio non sono sempre stati facili, scegliamo i migliori specialisti del
ssn e i volontari che li accompagnano, con tutte le difficoltà logistiche del caso, è proprio a questi bimbi speciali
che sono più affezionati.
Odontoiatria
Fin dall’inizio abbiamo attivato il servizio di odontoiatria. Nei due box odontoiatrici più di venti dentisti si alternano in turni regolari per garantire 35ore settimanali di lavoro.
Due bravissime assistenti, sempre presenti, assicurano la continuità e l’uniformità del servizio, il monitoraggio
dei protocolli terapeutici stabiliti, nonchè la manutenzione e la sterilizzazione dell’attrezzatura.
Le prestazioni garantite sono : estrattiva, endodonzia, igiene, ricostruttiva e fornitura di protesi “sociali”.
La scelta di offrire un servizio che nel sentire comune, e purtroppo anche ella pratica, è considerato un lusso riservato a chi ha sufficienti risorse economiche, ha da subito scandalizzato molti.
Ma questo ha rinforzato la nostra scelta, che se da una parte ha dato risposte concrete a molti, dall’altra ha ribadito
in maniera tangibile, il concetto, fondante per Emergency, che non esistono esseri umani di serie b, e che l’assistenza sanitaria di alto livello, a 360 gradi, è un diritto irrinunciabile di ogni essere umano.
Credo di non esagerare nel dire che la fornitura delle protesi è stata, nella maggior parte dei casi, tassello indispensabile di un percorso di ricostruzione di intere esistenze.
Difficile per noi dimenticare uno dei primissimi casi, una nostra assistita africana , che da noi è arrivata nel momento più cupo delle sua difficile esistenza, alla quale un piccolo scheletrato (protesi) ha ridato il sorriso che la
violenza sembrava averle negato per sempre. Anche se l’ultima volta che l’ho vista, seppur tra i sorrisi, piangeva,
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Relazione Orale
ma piangevamo tutti, perché si faticava a riconoscere in quella donna ben curata la creatura devastata che aveva attraversato pochi mesi prima la nostra porta per la prima volta. Sapevamo che da Palermo doveva andare via, ma ha
deciso di fidarsi di noi ed è rimasta il tempo necessario per mettere apposto il suo ginocchio disastrato, assestare la
terapia per l’asma e la rinite allergica che le rendevano faticoso ogni respiro e per la protesi parziale superiore che
le ha ridato le possibilità di sorridere, ma non certo la voglia. Quella la trovata da sola, aveva bisogno di qualcuno
che l’aiutasse a ricominciare la salita e che le ricordasse il suo diritto/dovere a prendersi cura di se .
Oculistica
L’ambulatorio di oculistica, ha cominciato a lavorare con un paio di mesi di ritardo rispetto agli altri. Attivo
mediamente una volta a settimana, si avvale della collaborazione di quattro oculisti, e prevede la fornitura degli
occhiali per tutti quei pazienti che non sono in condizioni di provvedere autonomamente.
Questa branca medica è stata scelta per due ordini di ragioni. Il primo era quello di personalizzare un percorso
che all’interno delle ssn restava il più delle volte incompleto a causa di problemi di mediazione linguistica ma
anche economici: se è facile intuire come la necessità di correzione ottica sia strettamente legata alla disponibilità
economica, è meno immediato capire quanto la cattiva comunicazione possa inficiare la buona riuscita di una
visita oculistica. Ci è capitato infatti di visitare pazienti che pur essendo riusciti ad eseguire un controllo presso
un ambulatorio pubblico e aver dato fondo ai proprio risparmi per comprarsi gli occhiali prescritti, non avevano
risolto il problema. A un controllo più accurato presso il nostro ambulatorio, in presenza del mediatore, si è semplicemente capito che durante la visita precedente il paziente non era riuscito a capire le domande del medico e
quindi a dargli risposte adeguate.
L’altro ordine di ragioni è più strettamente medico. Infatti la correzione ottica è solo uno dei possibili problemi
riscontrabili in corso di visita oculistica. L’occhio è infatti bersaglio di numerose patologie, spesso nelle fasi più
avanzate di queste, tra le più comuni la retinopatia diabetica e il glaucoma in soggetti ipertesi. Molte diagnosi di
diabete e ipertensione, in fase già avanzata, sono state poste proprio a seguito di una visita oculistica, in soggetti
poco o niente medicalizzati. Non sempre è stato agevole fargli capire che l’origine del problema e soprattutto
l’irreversibilità del danno. In un caso da una ptosi palpebrale si è risaliti ad un tumore del timo, il paziente è stato
poi operato per l’asportazione del tumore stesso e adesso sta bene… e dire che J. non sapeva nemmeno di avere
una cosa chiamata timo.
Altre specialità
A cadenza mono o bi-settimanale sono presenti un dermatologo, un otorinolaringoiatra, un cardiologo, una psicologa, uno psichiatra, un infettivologo ed un diabetologo della asl .
La presenza di questi non ha ovviamente lo scopo di creare un servizio parallelo a quello pubblico per segregarvi
i pazienti stranieri, ma è piutttosto dedicato a quei pazienti che per ragioni burocratiche (come i neocomunitari)
o linguistiche siano impossibilitati ad accedervi e utile ad effettuare screening di primo livello e fare da punto di
riferimento stabile per strutturare invii quanto più possibile mirati al ssn per le indagini di secondo livello.
In particolare le patologie dermatologiche e infettive riscontrate sono per lo più sovrapponibili a quelle della
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Relazione Orale
popolazione generale, ma anche spesso legate alle precarie condizioni di vita cui sono relegati la maggior parte
dei nostri assistiti.
La collaborazione con la ASL per il monitoraggio e la cura delle malattie infettive ha dato ottimi risultati in
particolare per la diagnosi e cura di malattie quali la tubercolosi, la sifilide, le epatiti croniche e le cirrosi da virus
(HBV, HCV) e l’infezione da HIV/AIDS.
Soprattutto questa ultima è comunemente fonte di discriminazione anche per i nostri connazionali, discriminazione che assume proporzioni esasperate se si aggiunge a quella purtroppo diffusa nei confronti di stranieri, ancor
più se sprovvisti di permesso di soggiorno. Queste considerazioni derivanti dalla pratica clinica quotidiana hanno
messo in evidenza la necessità di interventi specifici. Tra questi, si segnala l’importante esperienza relativa all’adesione al Progetto HIV/AIDS counselling per persone straniere, promosso ed organizzato dal National Focal
Point e dall’Istituto Superiore di Sanità.
La difficoltà di agganciare e curare adeguatamente questi pazienti è ulteriormente moltiplicata dal significato che
assume per persone provenienti da aree dove la malattia è endemica e rappresenta univocamente una condanna a
morte, mancando del tutto la possibilità di cura.
Trasformare il terrore in fiducia è stato spesso un percorso accidentato, che ha comportato un lungo lavoro di
squadra. Il primo paziente ivoriano che da noi ha scoperto di esserne affetto, adesso segue diligentemente la terapia antiretrovirale e l’infezione è sotto controllo. A più di un anno dalla diagnosi continua a lavorare e studiare e
a progettare il futuro. Viene spesso anche per piccoli problemi intercorrenti indipendenti dalla sua malattia e per
accompagnare amici e conoscenti.
L’assistenza psicologica/psichiatrica è la più recente delle nostre esperienze. Solo da pochi mesi infatti, circa due
volte al mese, una psicologa (volontaria ANLAIDS) e uno psichiatra, incontrano in appuntamenti programmati
pazienti per cui i tentativi di invio alle strutture pubbliche, per lo più territoriali, non hanno ottenuto i risultati auspicabili e soprattutto quelli per cui i nostri medici di base, dopo spesso lunghi e infruttuosi iter diagnostico-terapeutici,
in accordo col paziente, hanno deciso di tentare un percorso diverso da quello “biologico”in senso stretto.
Sicuramente troppo presto per trarne un bilancio, certo che in alcuni casi l’intervento di questi specialisti è stato
risolutivo.
Neocomunitari
Il gruppo più numeroso tra i nostri assistiti è costituito da cittadini di origine rumena. In buona parte donne, sopra
i trenta anni che lavorano come badanti presso famiglie italiane, in genere senza contratto di lavoro, per poche
centinaia di euro al mese.
Nel gennaio del 2007, con l’ingresso della Romania nella Comunità Europea, i rumeni presenti sul territorio italiano
senza un titolo di soggiorno, da un giorno all’altro, si sono trasformati da clandestini in cittadini comunitari. Contrariamente a quanto si potesse immaginare, questo passaggio è stato tutt’altro che un vantaggio per i nostri nuovi
concittadini europei. Hanno infatti acquisito la libertà di circolazione ma non i diritti di cittadinanza, ed hanno contemporaneamente perso le tutele garantite agli extracomunitari, in primis il diritto all’assistenza sanitaria.
Per il 2007 si è prorogata l’assistenza solo per chi ne usufruisse già dal 2006, ma a gennaio del 2008 il problema
si è drammaticamente riproposto anche per loro.
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Relazione Orale
Nessuna cura, se non quelle per le urgenze che comportino imminente rischio di vita, è più garantita per queste
persone all’interno del SSN. O meglio, resta sempre la possibilità di pagare per intero tutte le prestazioni : da 700
a 1200 euro per un intervento di interruzione volontaria di gravidanza, da 900 a 1500 euro per un parto naturale
(salvo complicazioni ovviamente), da 8000 a 15000 euro per l’asportazione di un tumore maligno….
Solo a fine febbraio 2008, il Ministero della Sanità ha emanato una circolare, recepita dalla regione Siciliana nel
maggio 2008, con la quale è stato identificato un codice per Europei Non Iscritti (ENI) che, con le stesse modalità
del codice STP, garantisce l’assistenza sanitaria a questa popolazione.
Nuovi ambulatori
Grazie al supporto della asl 6, tra febbraio e marzo, si è provveduto a ristrutturare l’ampio spazio attiguo all’ambulatorio, già a nostra disposizione e adibito in questi due anni a magazzino, decisamente eccedente rispetto alle
nostre necessità.
Da questo abbiamo ricavato due nuovi ambulatori, una piccola farmacia ed un magazzino adeguato alle nostre
esigenze.
I due nuovi ambulatori sono stati attrezzati per essere dedicati uno a visite cardiologiche e diabetologiche, l’altro
al nuovo servizio di ostetricia e ginecologia.
Cardiologia e malattie del metabolismo
Data l’alta percentuale di pazienti affetti da queste patologie, ci è sembrato utile immaginare uno spazio dove i
nostri cardiologi e gli specialisti delle patologie dismetaboliche della asl potessero assicurare una presenza stabile
in giorni stabiliti per la diagnosi e il monitoraggio periodico delle patologie di loro competenza.
L’attrezzatura si limita ad un elettrocardiografo, una bilancia con altimetro ed alle macchinette per la misurazione
della glicemia, queste ultime utili soprattutto per istruirne all’uso i pazienti.
Esami di laboratorio, radiografie, ecocardiogrammi….. vengono ovviamente prenotati ed effettuati presso gli
ambulatori della asl che si trovano a poche centinaia di metri da noi. Il che ci permette di ottenere una buona compliance anche coi pazienti che, per diverse ragioni, hanno bisogno di più lunghi periodi per acquisire l’autonomia
necessaria per gestire la propria patologia.
Ginecologia e ostetricia
Assolutamente per caso, sicuramente un bel caso, il 3 aprile, a due anni esatti dal primo giorno di attività del poliambulatorio, abbiamo avviato l’ambulatorio di ginecologia e ostetricia.
Stessa aria calda, stesso profumo di zagara in giardino, che ora si unisce a quello della lavanda che abbiamo piantato al nostro arrivo ed è cresciuta fino quasi ad ostruire il vialetto d’ingresso.
Infondo i compleanni sono fatti per crescere e questo mi sembra veramente un bel modo di crescere.
L’ambulatorio è attrezzato per l’esecuzione di ecografie, monitoraggio del battito fetale e prelievi per pap-test.
Anche in questo caso gli esami di laboratorio e di secondo livello, nonché gli interventi e ovviamente i parti
verranno eseguiti presso gli ospedali e gli ambulatori con i quali abbiamo in questi due anni stabilito rapporti di
reciproca collaborazione.
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Relazione Orale
Tra le prime otto pazienti, quattro rumene e quattro africane. Tra le diagnosi: una gravidanza in stato avanzato, un
problema di infertilità ricondotto alla presenza di un fibroma che verrà presto asportato, il primo controllo postpartum per la mamma del più giovane dei nostri pazienti.
Quando si comunica l’appuntamento per le visite ginecologiche si chiede alle pazienti, senza distinzioni per paese
d’origine o religione, se per loro la presenza di un medico uomo possa rappresentare un problema; le risposte fin
ora per le circa quaranta visite effettuate o già fissate, sono state tutte negative, solo in un paio di casi le pazienti
hanno chiesto se fosse possibile farsi accompagnare da un’amica, a prescindere dal sesso del medico. La risposta
che più mi ha colpito è stata quella di una donna marocchina, già nostra paziente da alcuni mesi, che ha detto
“l’importante è che sia lì da voi”.
Quello di Palermo è forse l’unico progetto di Emergency attivo in una realtà che offre ai pazienti valide alternative.
L’idea che tanti abbiano scelto noi, o meglio, il nostro modo di prenderci cura di loro, mi rassicura quando mi
chiedo se stiamo lavorando nella giusta direzione.
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Relazione Orale
MANAGEMENT CLINICO DELLE DETENUTE STRANIERE CON MST
Cassarà G.
La migrazione dei popoli è un fenomeno che si perpetua nel tempo e strettamente legato alla storia dell’umanità,
connesso sia alla libera scelta dell’individuo, sia a fattori agenti contro la libera volontà individuale come nel caso
di deportazioni, riduzione in schiavitù,guerre.
Alla base della scelta della migrazione c’è spesso una ragione concreta, come, la ricerca di terre più fertili rispetto
a quella di appartenenza, il miglioramento della propria situazione economica, la ricerca di un lavoro o il mero
senso dell’avventura e dell’esplorazione.
In Europa, il fenomeno della migrazione è ormai di notevole entità e proporzionale al divario socioeconomico che
esiste rispetto ai diversi paesi da cui provengono gli immigrati, tanto da spingere i governi della UE ad assumere
iniziative protezionistiche sull’immigrazione e regolamentarne gli afflussi in modo più o meno severo. Ma, nonostante le normative di restrizione sull’immigrazione, queste non solo non hanno di fatto contribuito a limitarne i
flussi, ma hanno soprattutto creato una nuova tipologia di reato, quale è l’immigrazione clandestina.
In Italia, così come negli altri Paesi europei, negli ultimi anni si è delineato un nuovo fenomeno, quello del traffico di esseri umani. La povertà, la disoccupazione, la carenza di educazione e il mancato accesso alle risorse che
caratterizzano i paesi in via di sviluppo, rappresentano le vere cause della “tratta”.
Le donne, la cui fragilità sociale e culturale in questi paesi è ancora più forte, sono maggiormente soggette a
divenire vittime della tratta proprio per la caratterizzazione femminile della povertà e della marginalità sociale e
lavorativa.
Quasi sempre a cadere nella rete dei trafficanti sono persone convinte di giungere in Italia per lavorare o minori
venduti da famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà.
Sempre più donne, sempre più giovanissime, decidono di affrontare questi viaggi “della speranza” spinte dalla
miseria e dall’impossibilità di progettare un futuro in luoghi distrutti dal terrore delle guerre e delle persecuzioni
politiche e religiose e attratte dal miraggio di raggiungere la bella e libera terra d’Italia, vista magari per televisione.
Aumentano gli sbarchi in Sicilia, sempre più donne, sempre più richiedenti asilo, sempre meno maghrebini. Nel
2007 da gennaio a fine settembre sono giunti in Italia 14.200 immigrati; nello stesso periodo del 2008 ne sono
arrivati 23.600, con un aumento del 60%. All’aumento degli sbarchi corrisponde quello delle vittime (387 solo
nel primo trimestre del 2008) a cui bisogna aggiungere un numero imprecisato di dispersi causati dai numerosi
naufragi che quotidianamente avvengono nel Mediterraneo e di cui si rinvengono solo alcuni cadaveri. Secondo
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Relazione Orale
stime ufficiali, dal 1994 al 2007 nel Canale di Sicilia vi sono stati 927 morti, 2430 vittime,1.503 dispersi.
Nel 2008 è aumentato il numero di donne sbarcate sulle nostre coste; il sesso femminile rappresenta l’11 % degli
immigrati giunti attraverso sbarchi nel 2008, contro l’8% del 2007. La maggior parte di coloro che arrivano attraverso gli sbarchi proviene dalla Somalia, dalla Nigeria, dal Ghana, dal Burkina Faso, dalla Costa d’Avorio, dal
Togo, tutti luoghi dove esiste una forte repressione politica o una stato di guerra civile. Si tratta di migranti che
per sfuggire a tutto questo hanno affrontato il deserto del Sahara, imbattendosi nella violenza dei contrabbandieri al confine tra Sudan e Libia e successivamente nelle sopraffazioni della polizia libica, responsabile di arresti
indiscriminati e di deportazioni disumane. La tappa forzata in Libia diventa sempre più lunga in attesa di trovare
posto in una delle imbarcazioni che attraversano clandestinamente il Mediterraneo a danno dell’unico patrimonio
che queste persone portano con sé: la salute. Le violenze ed abusi sessuali subiti dalle migranti durante il viaggio
fanno sì che sia sempre più frequente la presenza di donne giovanissime che sbarcano a Lampedusa in gravidanza
o con patologie sessualmente trasmesse acquisite durante i mesi di sosta forzata in Libia. La tratta di donne al
fine di prostituzione coinvolge giovani provenienti dalle regioni più povere dell’Africa e dell’Europa Orientale,
attraverso organizzazioni criminali internazionali che praticano lo sradicamento delle vittime dal proprio contesto
familiare e affettivo attraverso la violenza fisica e psicologica, con l’inganno ed il ricatto. Lo sfruttamento viene
perpetuato nel paese di destinazione attraverso una vasta rete criminale ed i profitti della prostutuzione alimentano
altri traffici illeciti come quello degli stupefacenti. Il reclutamento delle albanesi avviene spesso attraverso veri e
propri rapimenti al ritorno da scuola o dal lavoro oppure queste ragazze vengono raggirate con finti matrimoni e
“vendute” dai genitori per ingenti somme come anticipo dei guadagni futuri de così condotte in Italia. Vengono
condotte in Italia clandestinamente e qui rinchiuse, sorvegliate, violentate, usate come proprietà privata e avviate
con la forza alla prostituzione per strada. Il reclutamento delle nigeriane avviene attraverso la costrizione e la
violenza psico-fisica spesso attraverso donne (madam o maman) che fanno da intermediarie con l’organizzazione
criminale e agiscono facendo ricorso a riti woodoo e contando sulla fragilità e la superstizione delle vittime.
Perché milioni di per-sone scappano dalle loro terre, dai loro affetti, dalla loro cultura, per andare in Paesi come
l’Italia, di cui non conoscono nemmeno la lingua e la precisa collocazione geografica? Che cosa cercano, qual è
il loro progetto migratorio? Esuli, rifugiati politici, torturati, lavoratori, donne, bambini e anche anziani, cosa sperano di trovare in Italia? Non sappiamo o non vogliamo rispondere a molti di questi interrogativi, poiché solo da
poco tempo abbiamo cominciato ad approcciare il fenomeno migratorio dal punto di vista socio-politico, religioso, antropologico, culturale e clinico e sicuramente non sempre dal punto di vista del sud del mondo o dal punto
di vista delle donne che fuggono da lì. Quali siano i sentimenti, le emozioni, le speranze e il dolore che portano
con sé nell’affrontare questo viaggio, sembra importare poco o almeno a pochi. Sicuramente chi migra spesso
non sa che ad attenderlo sono luoghi che qualcuno con grande fantasia e ipocrisia chiama Centri di Accoglienza,
che in realtà si chiamano Centri di permanenza temporanea e che più realisticamente dovrebbero chiamarsi Centri di detenzione. La natura strettamente detentiva di quelli che ancora molti chiamano “Centri di Accoglienza”,
dovrebbe essere sottolineata, anche per graduare poi le forme di tutela degli immigrati che vi vengono rinchiusi,
così come ha evidenziato più volte l’A.S.G.I. (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), descrivendo la
drammatica situazione dei Centri di Permanenza Temporanea. Ma i Centri sono utilizzati, in modo sempre più
spregiudicato, come luogo di transito di coloro che hanno scontato un periodo di detenzione. “Inutile” perché
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Relazione Orale
molto spesso gli immigrati che hanno scontato lunghe pene detentive non sono ancora identificati, né potranno
esserlo nel periodo breve di 30 o 60 giorni al Centro di Permanenza Temporanea. Quindi, in realtà, questa diventa
una sanzione ulteriore, che si aggiunge alla pena già scontata. Tantissimi stranieri in questi giorni stanno diventando irregolari, quindi passibili di internamento nei Centri di permanenza temporanea, perché i requisiti per il
rinnovo del permesso di soggiorno sono diventati molto rigorosi e subordinati esclusivamente ad un contratto di
lavoro. Tutto questo sta rendendo di nuovo esplosiva la situazione dei Centri di Permanenza Temporanea, con
piena violazione dei diritti fondamentali, il diritto d’asilo, il diritto alla difesa, il diritto alla salute. Ciò che avviene dentro questi “luoghi-non luoghi” è una deprivazione esistenziale e giuridica dei migranti. In pratica esiste
un diritto per gli italiani, un altro per gli stranieri regolari, un altro ancora per gli stranieri privi di permesso di
soggiorno. La libertà personale degli stranieri irregolari è sottratta al controllo del magistrato perché nei C.T.P.
spesso non si ha la possibilità di contattare un interprete né un avvocato nè possibilità di comunicazione con
l’esterno. Sempre più frequenti i decreti di espulsione che vedono protagonisti sieropositivi HIV o malati di
AIDS ma soprattutto di donne dedite alla prostituzione e hiv +. La negazione di un corretto follow-up clinico
e della terapia antiretrovirale, che si configura con il provvedimento di espulsione, costituisce un pericoloso
atteggiamento che mette a repentaglio la vita di queste persone e, in ultima analisi, nega ragioni umanitarie
che possono essere invocate per la permanenza in Italia di persone con condizioni psico-fisiche già duramente
provate. Tali limitazioni stanno producendo conseguenze molto gravi in termini di tutela della salute individuale e collettiva, in particolare per coloro che necessitano di cure essenziali anche a carattere continuativo, per
patologie a carattere infettivo, come epatite, diabete,AIDS, che non potrebbero essere adeguatamente curate
nei paesi di provenienza. Il mancato rilascio di un titolo di soggiorno, potrebbe compromettere l’accesso all’assistenza sanitaria con conseguenze negative anche a livello di tutela della salute pubblica. Ad essere detenute
nei cpt sono spesso donne immigrate trovate senza permesso di soggiorno. Numerose donne, che stavano per
essere ammesse al permesso per protezione sociale, dopo mesi di contatti faticosi, fatti dalle unità di strada,
sono state arrestate e accompagnate in posti dove sono indifendibili. Si tratta di prostitute, vittime di tratta, rastrellate per le strade ed accompagnate in cpt, con possibilità minime di difesa: cinque giorni di tempo, termine
per il ricorso e per provare l’inserimento, anche parziale, in un percorso di recupero sociale. L’articolo 18 del
Testo Unico prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale al fine di “consentire
allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad
un programma di assistenza ed integrazione sociale” L’articolo 18 è stato unanimemente riconosciuto, sia in
sede nazionale che internazionale, come una efficace normativa di contrasto del fenomeno legato al traffico di
esseri umani. Negli ultimi due anni in molte città d’Italia sono stati sospesi i finanziamenti ministeriali per il
rinnovo di progetti che da tempo operavano per il supporto dell’articolo 18 attraverso il lavoro efficace di out
–reaching con le unità di strada e con dimore protette dove accogliere le vittime per permettere il loro reinserimento sociale e lavorativo. Solo da qualche mese in città come Palermo sono ricomparsi, dopo circa 2 anni di
inoperatività, i progetti legati all’articolo 18, ma l’interruzione temporale di questa importante rete tra i servizi
ha danneggiato molto del lavoro portato avanti a fatica per anni, interrompendo quel rapporto di fiducia che si
era riuscito a stabilire con le donne straniere. Fatto sta che nel 2008 sono ricomparsi numerosi casi di pazienti
giovanissime dedite alla prostituzione, giunte ai servizi sanitari per migranti della nostra città in stato di AIDS
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Relazione Orale
conclamato, in assenza di precedenti test per HIV e senza essere mai state informate da operatori socio-sanitari
sui rischi delle patologie sessualmente trasmissibili.
I motivi di arresto e carcerazione degli stranieri in Italia, così come nel resto d’Europa, sono prevalentemente
connessi alla produzione ed al traffico illecito di sostanze stupefacenti e rappresentano circa il 40% delle cause di
detenzione. Negli ultimi dieci anni si assiste ad un parallelo, costante e regolare incremento in questo tipo di reati,
rispetto al corrispondente aumento nelle presenze di stranieri in carcere in Italia. I meccanismi sociali che stanno
alla base di questo fenomeno sono legati all’isolamento socio-culturale in cui vivono molti immigrati, facilitato
anche dalle scarse conoscenze linguistiche, dalla mancanza di risorse amicali e di un nucleo familiare. Ogni immigrato porta con sé un progetto, spesso confuso e irrealistico. Il fallimento di questo percorso può spingere alla
tossicodipendenza, all’emarginazione e alla criminalità. Si realizza la condizione necessaria per la connessione
a gruppi marginali devianti, nel cui contesto può facilmente essere già presente un circuito di spaccio. La stretta
contiguità con questi circuiti, potranno facilmente condurre verso l’uso di sostanze stupefacenti e la tossicodipendenza.
E’ stato calcolato che tra l’inizio dell’uso delle sostanze stupefacenti e l’entrata in carcere esiste un tempo di latenza che mediamente corrisponde a 8 – 10 mesi e che il 54% degli stranieri che usano droga vedono una struttura
sanitaria pubblica per la prima volta in carcere.
Il carcere acquista quindi l’occasione di divenire “carcere assistenziale”, configurandosi paradossalmente come il
primo ambiente di contatto con il mondo dei servizi, dove il diritto alla salute incontra il livello minimo di risposta
istituzionale.
Cogliere questa potenzialità del carcere e cercare di conoscere lo stato di salute di pazienti stranieri detenuti
provenienti da territori a forte rischio per patologie a trasmissione parenterale, come la tossicodipendenza e la
prostituzione, diviene premessa indispensabile per delineare nuovi percorsi sanitari dedicati ad una popolazione
tanto eterogenea e complessa.
Appare quindi accertato che la droga e la dipendenza rappresentano un frequente motivo di arresto della persona straniera che poi ritroviamo in carcere. La scarsità di mezzi di sostentamento, l’isolamento socio-culturale,
l’inizio dell’uso di alcol e/o droghe, l’inevitabile coinvolgimento nei sottoboschi della devianza metropolitana,
favoriscono la commissione di reati, gli arresti, la detenzione e la successiva espulsione dal paese ‘ospite’.
Nonostante le lacune dell’attuale sistema di rilevamento, si può notare una profonda differenza nella distribuzione sul territorio nazionale dell’epidemia da HIV in carcere che, analogamente a quanto accade nel resto della
nazione, colpisce con maggior violenza le regioni del nord, con la Lombardia che ha una media di presenze giornaliere di 500 sieropositivi negli Istituti Lombardi (media di accettazione dei test del 21%). L’analisi disaggregata
dei dati ci consente inoltre di evidenziare che la percentuale di sieropositività tra gli extracomunitari è inferiore
all’1% e anche il confronto tra tossicodipendenti evidenzia un gap tra popolazione italiana ed extracomunitari.
Un altro aspetto da considerare, ormai non più una novità, è l’aumento dei casi sintomatici che rappresentano
ormai la maggioranza dei sieropositivi in carcere.
Per quanto riguarda l’infezione da HIV, l’AIDS e le Malattie Sessualmente Trasmesse (MST), l’estrema vulnerabilità delle popolazioni migranti, come la lontananza dai luoghi di origine,la povertà,i lavori a rischio, l’emarginazione, rende gli interventi di prevenzione e di informazione estremamente importanti.
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Relazione Orale
I fattori di correlazione tra le migrazioni e le mst sono spesso legate alle condizioni di vita nel paese ospite:
- solitudine e assenza del partner
- povertà, promiscuità, alcolismo
- abusi sessuali, prostituzione, tossicodipendenza
- clandestinità, con scarso accesso alle strutture sociali e sanitarie ed alle azioni di prevenzione ed educazione.
La mobilità umana rappresenta un fattore di rischio per MST-HIV indipendente dalla provenienza e dalla destinazione dei soggetti. ( J. Decosas. Lancet, 1995)
Prevalenza ed incidenza delle MST /HIV negli immigrati non riflette l’area geografica di provenienza, ma è diretta conseguenza delle condizioni di degrado sociale in cui si trovano a vivere nel paese ospite.
Scarsissimi sono i dati ufficiali disaggregati per sesso e per provenienza relativi alla situazione italiana. Non disponiamo di alcuna informazione di fonte istituzionale differenziate per genere, in relazione alle fasce di età di
prima infezione, alle sopravvivenze, all’accesso alle cure, ai servizi di screening e di terapia, ai farmaci, alla salute mentale, all’aderenza alla terapia, alla qualità della vita. Eppure è risaputo che la trasmissione dell’infezione
da HIV da uomo a donna è da 3 a 18 volte più frequente di quella da donna a uomo
Anche se con le nuove terapie antiretrovirali potenti si può ridurre significativamente la carica virale plasmatica
di HIV, non è costante la concomitante scomparsa di HIV dal liquido seminale. Mediante rapporti sessuali è possibile la trasmissione di ceppi di HIV resistenti alle terapie antiretrovirali.
La presenza di malattie sessualmente trasmesse (vaginiti batteriche, fungine, herpes genitale, infezione da Chlamydia, da Trichomonas, sifilide, gonorrea ecc.) aumenta il rischio di contrarre l’infezione da HIV.
La frequenza con cui le donne accedono per la prima volta al test per la ricerca degli anticorpi anti HIV è significativamente minore che per gli uomini. La prima diagnosi di infezione da HIV nelle donne avviene in una fase
dell’infezione significativamente più avanzata rispetto agli uomini.
A determinare questa situazione gravissima concorrono diverse concause, fra cui la quasi totale assenza di un’informazione mirata alle donne italiane e straniere, e l’incapacità dell’organizzazione sanitaria e delle altre istituzioni di prendere consapevolezza del fatto che il benessere delle donne sia influenzato da una complessa rete di
variabili non solo biologiche ma anche cliniche, psicologiche, sociali, e etiche.
La depressione, che secondo alcuni dati riferiti alla popolazione in generale colpirebbe le donne in misura doppia rispetto agli uomini, pare avere influenze significative anche sul destino e sulla genesi dell’infezione da HIV.
Infatti, in un ampio studio di coorte americano più della metà delle donne seguite presentava sintomi di tipo depressivo. Altri studi, poi, evidenziano un’incidenza maggiore di depressione nelle donne con infezione da HIV
rispetto agli uomini HIV.
La sindrome lipodistrofica, significativamente associata all’assunzione di terapia antivirale, è caratterizzata da
prevalente accumulo di tessuto adiposo o da combinazione di accumulo in alcuni distretti corporei e perdita in
altri. Essa sembra più frequente nelle donne. L’impatto della lipodistrofia sull’immagine corporea e sulla qualità
della vita possono essere profondamente diversi fra i sessi.
La donna con infezione da HIV mostra un maggiore rischio e una maggior gravità di infezioni e neoplasie genitali, legate anche a coinfezioni da HPV.
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Relazione Orale
Per quanto riguarda l’accesso alle cure, la discrepanza fra sessi, anche tra l’utenza straniera così come per quella
italiana diminuisce in presenza di un numero rilevante di operatrici sanitarie donne.
Di sostanziale importanza risulta:
• Favorire l’accesso ai servizi di diagnosi e cura delle donne straniere attraverso una informazione mirata e idonea a superare barriere di ordine sociale e culturale con particolare riferimento alle aree di criticità.
• Prestare particolare attenzione all’attività di informazione e prevenzione rivolta alle donne straniere detenute
per le quali diviene necessaria la presenza di mediatrici culturali.
• Garantire che l’informazione venga rivolta anche alle donne che si trovano in maggior difficoltà in relazione
alla condizione di irregolare presenza sul territorio.
• Promuovere programmi di prevenzione che permettano di entrare in contatto con le donne straniere tenendo
conto degli stili di vita e delle attività che svolgono, costruendo modalità di prevenzione in rapporto sia all’identità che al contesto.
• Applicare l’art. 19 l. 40/98 con riferimento a donne malate (HIV, AIDS, gravi patologie ) colpite da provvedimento di espulsione o da respingersi allo Stato di provenienza ogni qualvolta venga rappresentata una possibile persecuzione nel paese d’origine in ragione della condizione personale di salute.
• Promuovere un’attività informativa con riferimento alla possibilità di avvalersi di strumenti normativi che
consentano di rimanere nel territorio nazionale.
Non è raro che le straniere, una volta arrestate e detenute in carcere o in un cpt, perdano qualsiasi diritto alle cure
con antiretrovirali, proprio per paura di rendere manifesta la propria sieropositività in ambiente detentivo o per
impossibilità ad esprimere il proprio stato di malattia in mancanza di figure professionali deputate alla mediazione culturale.
Per poter immaginare un management corretto delle MST e dell’HIV in carcere e nei CPT per le detenute straniere sarebbe auspicabile un lavoro di rete “dentro” e “fuori” le strutture penitenziarie che metta in connessione questa particolare ed eterogenea popolazione con le strutture sanitarie preposte alla tutela della salute dei migranti.
Il lavoro svolto in questi anni insieme a medici, avvocati, mediatori culturali ed a onlus di tutta Italia ci ha permesso spesso di superare il muro di silenzio che avvolge coloro che non avendo possibilità di rivendicare i propri
diritti, diventano detenuti “invisibili”, perdendo anche il diritto a tutelare la propria salute.
Ma si tratta troppo spesso di una rete le cui maglie sono tenute solamente dalla caparbia volontà di operatori e professionisti che impiegano tempo ed energie per tutelare la salute e la dignità di persone, che, indipendentemente
dall’avere o meno di un permesso di soggiorno, hanno diritto alla salute anche in carcere o in un cpt.
La cura delle donne straniere con infezione da HIV o con patologie sessualmente trasmissibili non può iniziare al
riscontro occasionale di sieropositività, magari in carcere ma deve iniziare a monte con programmi di counselling
specifici ritagliati su un’utenza particolare e difficile come quella delle migranti.
Di sicuro, sensibilizzare le figure sanitarie e gli organi pubblici ad osservare un approccio di genere per un corretto inizio e gestione della terapia antivirale, potrebbe essere un valido punto di partenza così come progettare
corsi di formazione specifici per l’approccio ad un utenza femminile, per operatori ed operatrici sanitarie, medici
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Relazione Orale
specialisti e mediatrici culturali
Il nodo cruciale rimane sempre quello di garantire la presenza di mediatrici culturali, formate ad hoc per il counsellig rivolto alle donne straniere con infezione da HIV+ o con rischio per altre MST, sia nei centri sanitari e che
nei centri di detenzione.
Tale presenza potrebbe essere di grande utilità anche per fornire il necessario supporto psicologico e di informazione alle donne HIV+ in gravidanza o che desiderano intraprenderla.
La prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse deve necessariamente partire da “fuori”, dalla strada attraverso il lavoro (e non il volontariato) di operatrici out reach e mediatrici culturali al fine di accrescere nelle donne
che si prostituiscono, fiducia nei servizi sanitari e di promuovere una rete tra servizi di assistenza sanitaria, sociale
e giuridica, coinvolgendo le stesse operatrici nella preparazione del materiale informativo specifico (tradotto nelle
lingue richieste) sulla prevenzione HIV/MST rivolto alle prostitute contenente dati sulle vie di trasmissione delle
infezioni (HIV, epatite C, etc.), sui diversi metodi di contraccezione, sugli effetti collaterali delle varie droghe e
sui rischi per la salute.
Ancora grandi sforzi vanno fatti per indurre nella pratica medica ed assistenziale una particolare attenzione alla
dignità e ai diritti delle donne che si prostituiscono con l’obiettivo di promuovere la loro salute e la loro sicurezza
e di facilitare ed incrementare l’accesso delle donne con infezione da HIV ai servizi per lo screening e la cura
dell’infezione. Per raggiugere tali obiettivi sarebbe auspicabile inserire all’interno dei corsi di laurea, di specializzazione e di aggiornamento la necessaria attenzione per un approccio di genere al tema donne salute.
La cura delle donne straniere con malattie sessualmente trasmissibili non dovrebbe iniziare o bloccarsi al momento del loro ingresso in un centro di detenzione sia esso carcere o cpt. Il fatto che il carcere rappresenti addirittura
il primo momento di incontro con il sistema assistenziale, secondo un “paradigma dello svantaggio”,ci dovrebbe
fare riflettere sulle enormi lacune che di fatto il nostro sistema presenta in materia di prevenzione e di offerta efficace di assistenza e cura per tutte le donne che si trovano in una posizione di profonda emarginazione sociale ed
economica, nonostante norme che garantiscono il diritto alla salute indipendentemente dalla condizione giuridica
nel nostro paese (almeno finora!!)
D’altro canto la detenzione per queste donne rappresenta troppo frequentemente un momento di totale interruzione di percorsi terapeutici già intrapresi, magari tra mille difficoltà di natura organizzativa in relazione alle profonde differenze culturali sul concetto stesso di salute e di cura. Poche, troppo poche, sono coloro che in carcere
riescono a mantenere un legame con le strutture sanitarie ed assistenziali che le hanno sostenute fuori, e sempre
questo legame nasce da vincoli di fiducia interpersonale creati a fatica con gli operatori sanitari, con i mediatori
culturali, con i volontari che operano nelle unità di strada. Difficilmente si instaura spontaneamente tra operatori
sanitari dentro e fuori il carcere una sinergia tale da permettere una continuità terapeutica efficace per gli stranieri
così come avviene per gli italiani. L’etiopatogenesi di questa “malattia del sistema” è sicuramente da ricondurre
a fattori di natura culturale, ma anche in parte a problematiche di natura organizzativa derivanti per esempio dalla
estrema facilità con cui i detenuti di origine straniera vengono trasferiti in strutture carcerarie lontane dal luogo
dell’arresto o inviate immediatamente in centri di permanenza temporanea in attesa dell’espulsione dal territorio
nazionale, negando ogni possibilità ai migranti di far valere i propri diritti in caso di note patologie croniche che
ne determinerebbero l’inespellibilità.
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Relazione Orale
“Il carcere comporta una patologia di sistema, al momento ineluttabile, rappresentata dal presunto bene che contiene fisicamente, con le regole della detenzione, il male, vero o presunto, per lo più in chiara contrapposizione,
spesso con distacco, non raramente con disprezzo, lasciando poco spazio all’umanizzazione della pena”
In una logica interculturale sarebbe auspicabile un passaggio da “servizi per gli stranieri” a “servizi interculturali per utenze multiculturali” (*)
“L’accoglienza di nuovi cittadini è un’opportunità di rivitalizzazione del Paese e una moderna forma di cooperazione tra Stati ricchi e poveri. In quest’ottica è assolutamente necessaria un’opera di alfabetizzazione antropologica ed etnografica delle figure professionali impegnate nel settore“
(Umberto Nizzoli)
Bibliografia
• Sandro Libianchi - Detenzione, stranieri e tutela della salute in carcere
• Migranti tra mobilità e carcere - A.Sbraccia
• Il divenire della Medicina Penitenziaria attraverso la conoscenza dello stato di salute della popolazione detenuta. V. De Donatis(*)
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Relazione Orale
INFORMED CONSENT AND MINORS: HIV TESTING IN ITALIAN LEGISLATION
Argo A.*, Triolo V. *, Zerbo S. *, Bonifacio A. * Sortino C.*, Procaccianti P. * Prestileo T. **
*Department of Biotechnology and Legal Medicine - Section of Legal Medicine - University of Palermo, Italy
**U.O.C. of Infection Diseases Hospital “Casa del Sole & Pisani” - ASL 6, Palermo, President of ANLAIDS Italy,
section of Sicily.
Introduction
AIDS is a clinical disease related to Human Immunodeficiency Virus (HIV) infection. In the last 20 years this
infection has had a high and progressive diffusion. The estimated number of adults living with HIV worldwide in
2007 was 30-34 million. Children under 15 years was 2.5 million [2.2–2.6 million]. In the same year the number of deaths due to AIDS was about 2 million. Every day, over 6800 persons become infected by HIV and over
5700 persons die of AIDS, mostly because of inadequate access to HIV prevention and treatment services.
Generally, the HIV antibodies tests (ELISA plus RIBA methods) are used to reveal the infection.
In most European Countries this a volunteer test (eg. Austria, Denmark, France, Belgium)1; in Italy today the
implementation of the test is governed by the act 135/90.
The art. 5 of this act states that the conduct test is volunteer and the informed consent is obligatory; but nothing
is said about the child’s consent of the child.
Art. 5: “None can be subjected to analysis for determine HIV infection without his consent, if not for the clinical
need in his interest. The analysis of HIV infection are permitted, as part of epidemiological programs, only when
the samples is anonymous …. The communication of the results of tests for direct or indirect HIV infection can be
provided only to the same person”.
Therefore, the test must be absolutely voluntary and the informed consent is very necessary. Also, the informed
consent isn’t obligatory for “clinical necessity and the interest of the patient”. However, it isn’t clear what are
the need clinics.
In this paper, we treat the issue of consent about the test for HIV and particularly for “minor” person (in our system, the minor person is less than 18 years).
About the consent
The Italian Constitution establishes the Right to health and the voluntary nature of care.
Also, the deontological Italian code (C.D.) of physicians (art. 33, 35), December 2006, establish that all medical
treatment is always volunteer.
The art. 33 c.d. states that “the physician should provide to the patient the most appropriate information for diagnosis, prognosis, the prospects and possible alternative diagnostic-therapeutic and foreseeable consequences of
the choices. The physician must assess the his capacity of understanding, in order to promote maximum partici-
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Relazione Orale
pation in decision-making and adherence to the proposed diagnostic-therapeutic. […]”.
The art. 35 c.d. states that “the physician should not perform diagnostic and / or therapeutic activities without the
explicit and informed consent of the patient. … “.
The Oviedo Convention for the Protection of Human Rights and dignity of the human being (Convention on Human Rights and Biomedicine - 4 April 1997) has been ratified in Italy with the act 28 march 2001 n° 145. This act
(art. 5) states that “a medical intervention cannot be made only after informed consent of the patient. Adequate
information must to make about the purpose and nature of the intervention and its consequences and its risks.
[…]”.
In conclusion, the quality and not quantity of information it is always a priority; also the informed consent is
always obligatory.
The minor’s consent
In the case of minors (art. 37 c.d.), the consent must be expressed always by the legal representative; also the
physician (art. 38 c.d.) must consider the will of the child in relation to his age, his ability to understand and his
maturity.
The art. 37 c.d. states that “in the case of minor … the consent to diagnostic and therapeutic interventions must
be expressed by the legal representative … the physician is obliged to provide adequate information to the child
and to consider his will, in relation to the age, the comprehension and the maturity of the subject …”.
The Oviedo Convection states also (art. 6) that “when, in accordance with the act, a minor does not have the capacity to consent to an intervention, this can not be done without the permission of his representative, authority
designated by act. The opinion of a child is considered as an increasingly important determinant, depending on
the child’s age and level of maturity”. This act does not exclude the consent of the child, but it is not explicit.
Significant differences are found in Spanish and French legislation in reference to the consent of minors2. The art.
9 (paragraph 3) of Act 41/2002 stipulates the need for prior consent of the legal representative when the child is
emotionally and intellectually capable of understanding the scope or nature of medical treatment. We note that
this act refers to no only intellectual nature, but also emotional conditions.
The Spanish legislator also distinguish minors of 12 years for which the consent of the authorized representative
is required, and greater than 16 years or emancipated minors, for which the consensus the legal representative is
not required. However, in the case of risk the physician must informed the legal representative.
The children between 12 and 14 years not have the right to choose for themselves.
It is very important the role of physician; this must assess the ability of the child.
In the French legislation3, Art. L. 1111-5 Code de la Santé publique, the authorization to care by authorized representative isn’t necessary if the treatment is required to the health of the child. Also, the child have right to express
dissent to treatment.
In America the children have the possibility, regardless of age, to take decisions about the HIV antibody test and
they have the right not to inform their parents.
Particularly, in New York State the capacity to consent to an HIV test is determined without regard to age. Informed consent for minors varies, depending upon the minor’s situation.
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The capacity to consent is defined in the Public Health Law as the “ability, determined without regard to the
individual’s age, to understand and appreciate the nature and consequences of a proposed health care service,
treatment, or procedure, or of a proposed disclosure of confidential HIV related information, as the case may be,
and to make an informed decision concerning the service, treatment or disclosure”. (Public Health Law Section
2780.5). Clearly, the minor may not have this capacity to decide; in this case, it is necessary the parental consent.
The physician should conduct an individualized assessment of minor’s ability to understand the nature and consequences of HIV testing and his results.
Also the new guidelines published in September 2006 by Centres for Disease Control and Prevention (CDC)4
address the voluntary HIV testing indifferently to persons ages 13 to 64.
Them, parental consent is not needed to tests minors for HIV and the result are delivered to minor, not to parents.
This recommendations establish that HIV testing must to be informed and voluntary, but the specific written consent to HIV testing is not necessary.
The general consent to medical care should be sufficient also to HIV testing and “prevention counselling should
not be required as a part of HIV screening programs in health-care settings”.
We believe that the specific written consent is very important to strengthen the relationship between physician and
patient, as such the pre-counselling is very need to choice of the patient.
The specific information is indispensable especially in cases of negative results.
Without specific information about the implication of negative result, the patient could believe that they are not
at risk. The HIV antibodies testing are positive after about six months by infection; in this time the result could
be false negative.
In addiction, the informed consent can to avoid potential liability in malpractice.
Even in the Californian legislation the children have the full right to allow some treatments without the information of parents or legal representatives Cal. Health and Safety Code * 121020). In this case, however, the minor
must be greater than 12 years. It not need to assess their ability to understand.
The health care provider is not permitted to inform a parent or legal guardian without minor’s consent. The provider can only share the minor’s medical records with the signed consent of the minor. (Cal. Health & Safety Code
** 123110(a) and 123115(a)).
In 1988, the Florida Legislature adopted HIV/AIDS legislation5. This legislation is based on nationally accepted
public health guidelines, including education for a wide variety of individuals, testing requirements, significant
exposures and confidentiality of HIV test. No person can perform an HIV test without first obtaining the informed
consent of the test subject or his or her legal representative.
The physician may examine and treat a minor for HIV without parental consent. The Florida Law forbids telling
parents of the minor’s HIV test results without the minor’s consent. However, the provider must assess whether
the minor has the capacity to understand the risks and benefits of the test or treatment.
Consideration
In Italy, however, the child is not allowed to decide without the consent of parents; although the deontological
code establishes the obligation of physician to take account the will of the child. The “taken into account the will”
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Relazione Orale
does not authorise to inform the child without the parents.
We believe that it should recognize exceptions, as already in special conditions such in the acts of the interruption
of pregnancy (act n.° 194/1996) and contraception (act n.° 194/1978).
Those acts establish that the physician should take only will of minor patient, after preliminary assessment the
maturity of the child and his age.
In Italy the voluntary interruption of pregnancy is regulated by the act n.° 194/1996. The art. 12 establish that the
woman lesser that 18 years have the right to interruption pregnancy in the first 90 days also without the consent
of parents, but with the authorization of the Court.
The act 194/78 in art. 2 about the contraception in the minors states that “the administration … the drugs in order
to responsible parenthood is also allowed to minors”. This art. does not explain whether it is necessary to inform
the parents, but the consent of parents isn’t obligatory.
This acts therefore recognize the right to the child to consent. We believe that this right should be recognized also
to HIV antibody test; particularly, because issues of children’s consent is lack in the act 135/90.
The making of HIV antibody test connect to the much personal sphere of a child; therefore it should require special protection.
First of all, we must make a distinction between large (years-hold <14) and small children (years-hold 14-18). To
decide even without parental consent is possible only for large minors.
Them, the procedure should be divided into several moments.
It should need a preliminary meeting to minor information about the test currently available, the risks associated
with testing, the significance of the results.
This time is a pre-counselling; it is very important moment in order to make aware the child for an informed
choice.
Also, at the first meeting the physician should evaluate the degree of maturity and understanding of the child, in
order to determine whether or not it is capable of making decisions to performing the tests without the parents.
The physician must evaluate (see also reference the Spanish act L. 41/2002) the psychological, cultural, social
and economic factors6. It is need also investigating possible alternatives for the child and the consequences of the
information to the parents or legal representative.
The physician should assess also the emotional ability of the patient to receive information in the case of a positive test.
It is also possible that in non-emergency cases may be useful conducting more meetings with child.
If it is necessary the parent’s consent, it may be disagree between their and the son particularly about the prophylaxis. In this case, the physician should consider the will of minor or/and require Court authorization (Judge
child).
The next time, in case of positive test, the physician should conduct further evaluation in order to assess whether
or not the patient is able to make decisions to follow treatment. It may be necessary the support of the parents
from the therapy.
The alone minor may be unable to manage treatment and any complications of therapy.
In any case (positive or negative results), the doctor should provide information about possible contagion to other
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Relazione Orale
persons and about prevention of future infections.
In conclusion, about consent to HIV antibodies testing of children, we think that the minor should have the right
to consent especially when they are more than 14 years-old.
However, the physician must inform the minor about testing risks, results and sexual education; he may decide to inform his parents if the child is not able to take future decisions in the case of a positive result of HIV antibodies test.
The removal the required parental consent may be advantageous.
For example, in the Connecticut Department of Public Health during the period October 1, 1991, through September 30, 1993 is conducted the investigation to assess the change in use of HIV testing after removal of the parental
consent7. This investigation noted that the number of minors receiving antibody tests increased after removal of
parental consent requirement.
The Authors revealed that States that impose barriers to testing on minors need to re-examine their efforts. In
addition, imposing barriers to minors reduce the control of epidemic infection in an at risk population.
However, it is always necessary an extensive counselling and prevention education.
In conclusion, the actual Italian law about the minor consent for us is unsatisfactory. The international experience
can be useful to change or supplement the current Italian act.
References
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Scienze Umane Editrice, Milano, 1996.
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XXVI, 2004: 1160-1183.
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4. Department of Health and Human Services Centers for Disease Control and Prevention, “Revised Recommendations
for HIV Testing of Adults, Adolescents, and Pregnant Women in Health-Care Settings”, Morbidity and Mortality
Weekly Report September 22, 2006 / Vol. 55 / No. RR-14.
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6. Tilmans-Cabiaux C., “L’autonomie, une valeur-principe universelle? Exame de cas cliniques concrets en périnatologie », J Inter Bioétique, vol. 18, n.° 3, (2007) : 25-34.
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Public Health, vol. 87, n.° 8 (1997): 1338-1341.
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adults”. Applied Developmental Psycology 22 (2001): 257-273.
9. Codice di Deontologia Medica, Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli odontoiatri,
2006.
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research participation”. Social Science & Medicine 65 (2007): 2105-2115.
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Journal of Adolescent Health 16 (1995): 185-190.
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Relazione Orale
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creating solutions”. Curr Probl Pediatric Adolesc Health Care October (2002): 320-339.
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Medicine 65 (2007): 2272-2283.
15. Hanssens C., “Legal and Ethical Implications of Opt-out HIV testing”. CID 45 (2007), suppl. 4: S232-S239.
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Indice
Posters Gruppo A
Posters Gruppo B
Posters Gruppo C
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Elenco Posters • Gruppo A
Sessioni 1 (Epidemiologia), 6 (Terapia antiretrovirale HAART), 7 (Coinfezione HIV/virus epatotropi),
8 (Infezioni opportunistiche e patologia neoplastica nelle persone con HIV)
A1
A2
A3
A4
A5
A6
A7
A8
A9
A10
A11
A12
A13
“DURABILITY” DEGLI INIBITORI DELLA PROTEASI DI “PRIMA GENERAZIONE”: DUE CASI CLINICI
F. Iebba, F. Di Sora, A. Tarasi, F. Montella
INIBITORI DELLA PROTEASI E LIVELLI DI OPG/RANKL NEGLI OSTEOBLASTI UMANI
M. Borderi, D. Gibellini, L. Tampellini, C. Biagetti, F. Vescini, M.C. Re, F. Chiodo
DEPLEZIONE DELL’INFEZIONE LATENTE DA HIV IN VIVO: NUOVI APPROCCI TERAPEUTICI
R. Marino, S.N. Bertuccio
INCIDENZA DI HLA-B*5701 IN UNA COORTE DI PAZIENTI HIV-POSITIVI PROVENIENTI PREVALENTEMENTE
DALLA SICILIA ORIENTALE
G.F. Pellicano’, G. Sturniolo, M. Santoro
IPERSENSIBILITA’ ALLA NEVIRAPINA: STUDIO DI INCIDENZA DELL’ALLELE HLA-DRB1*0101 IN PAZIENTI
SICILIANI HIV-POSITIVI
G.F. Pellicano’, G. Sturniolo, M. Santoro
EFFETTO SULL’ADERENZA ALLA TERAPIA ANTIRETROVIRALE (HAART) DI UN SERVIZIO SOCIO-EDUCATIVO
(SSED) PER L’ACCOMPAGNAMENTO DI PERSONE MULTIPROBLEMATICHE CON INFEZIONE DA HIV
E. Barchi, G. Corradini, S. Artoni, C. Grimoldi, L. Laganà, C. Casali, A. Campari
SINDROME DA IMMUNORICOSTITUZIONE (IRIS) ASSOCIATA A SVILUPPO DI SARCOMA DI KAPOSI
A. Oliva, L. Erario, R. Gianfreda, R. Marocco, V. Belvisi, J. Marafini, L. Tacconi, C.M. Mastroianni
LESIONI CEREBRALI MULTIPLE OCCUPANTI SPAZIO IN AIDS: NON SOLO TOXOPLASMA MA ANCHE CMV
S. Antonelli, L. Coppolaro, P. Roselli, M.P. Sciotti
VACCINI ANTI-HIV A VLPs ESPRIMENTI GP120 OTTIMIZZATE
M. Tagliamonte, L. Buonaguro, M.L. Tornesello, F.M. Buonaguro
ASPETTI MORFOLOGICI E FUNZIONALI ALLO STUDIO IN RM CON SPETTROSCOPIA DI UNA LEUCOENCEFALOPATIA MULTIFOCALE PROGRESSIVA (PML) ATIPICA, INSORTA COME PRIMA PATOLOGIA IN UN
PAZIENTE CON INFEZIONE DA HIV MISCONOSCIUTA
R. Manfredi, R. Lodi, C. Tonon, G. Marinacci
ECCEZIONALE CASO DI INFEZIONE DA HIV NON PROGRESSIVA A LUNGO TERMINE. DIECI ANNI DI MONITORAGGIO CLINICO-LABORATORISTICO IN ASSENZA DI EPISODI DI VIREMIA PLASMATICA DETECTABLE
R. Manfredi, S. Sabbatani
RAPIDA E GRAVE ATEROGENESI A CARICO DEI GROSSI VASI IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV. L’INFETTIVOLOGO ED IL CHIRURGO VASCOLARE
R. Manfredi, S. Sabbatani
LIPOMATOSI ED INFEZIONE DA HIV TRATTATA CON ANTIRETROVIRALI (HAART). CLINICA, EVOLUZIONE
E POTENZIALI CORRELATI PATOGENETICI
R. Manfredi, L. Calza
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40
A14 RINNOVATA RIMBORSABILITA’ DEI FARMACI IPOLIPIDEMIZZANTI IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
TRATTATA CON ANTIRETROVIRALI (HAART)
R. Manfredi
A15 EPATOTOSSICITA’ DEGLI INIBITORI NON-NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRIPTASI INVERSA DI HIV. NON VI
SONO CORRELAZIONI TRA TOSSICITA’ CONNESSA ALL’IMPIEGO DI NEVIRAPINA, SESSO FEMMINILE, E
CONTA DI LINFOCITI CD4+ RELATIVAMENTE ELEVATA
R. Manfredi, L. Calza
A16 CARCINOMA GASTRICO ED INFEZIONE DA HIV, CON ESITO FAVOREVOLE DOPO UNDICI ANNI DI
FOLLOW-UP. CASO CLINICO E REVISIONE DELLA LETTERATURA
R. Manfredi, S. Sabbatani, G. Fasulo
A17 SIFILIDE IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV. ASSENZA DI SIGNIFICATIVE INTERFERENZE VIROLOGICHE ED
IMMUNOLOGICHE
R. Manfredi, S. Sabbatani, L. Calza
A18 ADENOCARCINOMA PROSTATICO ED INFEZIONE DA HIV. PRESENTAZIONE ANOMALA, ED ESITO RAPIDAMENTE MORTALE CONNESSO A COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA
R. Manfredi, S. Sabbatani
A19 NUOVE POSSIBILI ASSOCIAZIONI TRA MALATTIA DA HIV E TUMORI SOLIDI. ADENOCARCINOMA DELLA
VESCICA IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
R. Manfredi, S. Sabbatani, L. Calza
A20 ADENOCARCINOMA SQUAMOSO ED ACTINOMICOSI DEL RINOFARINGE. IMPLICAZIONI DIAGNOSTICHE
E TERAPEUTICHE IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
R. Manfredi, S. Sabbatani, C. Fulgaro, G. Latini, M. Burzi
A21 KALA-AZAR VISCERALE CON DISSEMINAZIONE CUTANEA IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV. UN PERCORSO
DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DI GRANDE COMPLESSITA’
R. Manfredi, B. Passarini
A22 INFEZIONE DA HIV, TERAPIA ANTIRETROVIRALE, E GINECOMASTIA
R. Manfredi, L. Calza
A23 RUOLO DELL’INFEZIONE DA HIV E DI ALTRI FATTORI DI RISCHIO, NELL’AMBITO DELLA RIEMERGENZA
DELLA TUBERCOLOSI
R. Manfredi, S. Sabbatani, L. Calza
A24 INFEZIONE DA HIV, TERAPIE ANTIRETROVIRALI (HAART), E DANNO PANCREATICO. FATTORI DI RISCHIO
ED ASPETTI CLINICO-TERAPEUTICI
R. Manfredi, L. Calza
A25 INFEZIONE DA HIV MULTIRESISTENTE AGLI ANTIRETROVIRALI DISPONIBILI. RIDOTTA FITNESS DI HIV IN
CORSO DI TERAPIA “PONTE” PRATICATA CON SOLA LAMIVUDINA
R. Manfredi, L. Calza
A26 INASPETTATA DESELEZIONE DI MUTAZIONI GENOTIPICHE MAGGIORI DI TIPRANAVIR DURANTE TRATTAMENTO DI SALVATAGGIO CON IL TIPRANAVIR STESSO, PUR IN ASSENZA DI UN BACKGROUND TERAPEUTICO OTTIMIZZATO
R. Manfredi, S. Sabbatani, C. Fulgaro
A27 GRAVE REAZIONE INDESIDERATA ALL’ABACAVIR: NEUTROPENIA FEBBRILE
L. Calza, N. Dentale, B. Piergentili, N. Rosseti, D. Pocaterra, R. Manfredi
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A28 NECESSITA’ DI OSPEDALIZZAZIONE IN AMBIENTE INFETTIVOLOGICO E DISPONIBILITA’ DI POSTI-LETTO.
IL PESO DELL’INFEZIONE DA HIV NEL TEMPO
R. Manfredi, L. Calza
A29 MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE IN DONNE HIV POSITIVE VENEZIANE: FOLLOW-UP DI 6 ANNI
F. Ebo, A. Barelli, P. Brugnaro, E. Raise
A30 STRUCTURED PARTICLES FOR ANTIGEN PRESENTATION
L. Buonaguro, M.L. Tornesello, F.M. Buonaguro
A31 L’EMBOLIZZAZIONE PARZIALE DELL’ARTERIA SPLENICA NEL TRATTAMENTO DELL’IPERSPLENISMO NELLA
CO-INFEZIONE HIV/LEISHMANIA. PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO
R. La Rosa, A. Basile, A. Montineri, L. Larocca, F. Fatuzzo
A32 PRESENZA DELL’ALLELE HLA-B*5701 NEI SOGGETTI AFFETTI DA INFEZIONE DA HIV RESIDENTI NELLA
PROVINCIA DI CATANIA
R. La Rosa, A. Montineri, L. Larocca, F. Fatuzzo
A33 IL BISOGNO DI CURE ODONTOIATRICHE NELLE PERSONE HIV+
A.P. Sparaco, M. Ghezzi, G. Donati, K. Andriella, V. Rania, E. Gabrielli, M. Galli
A34 L’ASSISTENZA AI BAMBINI CON AIDS: NUOVI MODELLI
A. Guarino, A. Giannattasio
A35 NEOPLASIE HIV E NON HIV-CORRELATE IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
M. Dalessandro, V. Gorgoretti, P. Zingariello, F. Vignale, K. Falasca, F. Alemanno, P. Ripani, C. Ucciferri,
E. Pizzigallo, J. Vecchiet
A36 VALUTAZIONE DELLA MASSA OSSEA CON OSTEOSONOGRAFIA FALANGEA IN PAZIENTE HIV+
K. Falasca, S. Porfiri, M. Dalessandro, C. Ucciferri, P. Mancino, V. Gorgoretti, P. Zingariello, F. Alemanno,
P. De Remigis, J. Vecchiet
A37 CONFRONTO DELLE CAUSE DI MORTALITÀ HIV/AIDS-CORRELATA IN DUE DIFFERENTI PERIODI STORICI
F. Vignale, M. Dalessandro, P. Zingariello, V. Gorgoretti, K. Falasca, P. Mancino, C. Ucciferri, P. Ripani,
F. Alemanno, E. Pizzigallo, J. Vecchiet
A38 RUOLO DELLE ADIPOCHINE NEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE NEI PAZIENTI HIV INFETTI
C. Ucciferri, K. Falasca, P. Mancino, F. Alemanno, E. Pizzigallo, J. Vecchiet
A39 STRATEGIE TERAPEUTICHE PER UNA GRAVE IPERTRIGLICERIDEMIA IN PAZIENTE HIV+
K. Falasca, C. Ucciferri, P. Mancino, P. Ripani, V. Gorgoretti, F. Alemanno, J. Vecchiet
A40 INSOLITA PRESENTAZIONE DI UN CASO DI TUBERCOLOSI (TBC) GENITO-URINARIA IN UNA PAZIENTE
HIV+
P. Zingariello, F. Vignale, M. Dalessandro, M. Di Carlo, C. Ucciferri, V. Gorgoretti V, Falasca K, Pizzigallo
E, Vecchiet J.
A41 MIGLIORARE LA COMPLIANCE ALLA TERAPIA ANTIRETROVIRALE NEL BAMBINO HIV POSITIVO
S. Barzon, O. Rampon, C. Novello, S. Oletto, C. Giaquinto
A42 ANDAMENTO DELLA MORBILITA’ HIV-CORRELATA NELL’ERA DELLE TERAPIE ANTIRETROVIRALI AD
ELEVATA ATTIVITA’
R. Manfredi, L. Calza
A43 TEST IMMUNOLOGICI NELLO SCREENING DI INFEZIONE DA M. TUBERCOLOSIS IN PAZIENTI HIV POSITIVI
I. Sauzullo, F. Mengoni, M. Lichtner, R. Rossi, G. d’Ettorre, C. D’Agostino, C.M. Mastroianni, V. Vullo
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
42
A44 LA RESISTENZA PRIMARIA AGLI ANTIRETROVIRALI NELLE DINAMICHE EPIDEMIOLOGICHE DEGLI ANNI
2002-2007
A. Lai, M. Franzetti, C. Riva, I. Caramma, M. Violin, A. Oliva, V. Micheli, A. Capetti,
P. Meraviglia, M. Galli, G. Casazza, C. Balotta
A45 ANALISI DELLE MUTAZIONI DI HIV-1, ASSOCIATE A FARMACORESISTENZA, NEL PLASMA, NEI MONOCITI
CIRCOLANTI E NEI LINFOCITI CD4+
O. Turriziani, A. Boni, F. Falasca, M. Bucci, F. Graziano, G. d’Ettorre, I. Mezzaroma,
C. Fimiani, P. Maida, L. Zaffiri, V. Vullo, G. Antonelli
A46 IL RUOLO DELL’IMMUNO-RICOSTITUZIONE NELL’INSORGENZA DI LESIONI ATEROMASICHE SUBCLINICHE
F. Ingrassia, V. Antonicelli, M. D’Annunzio, C. Bellacosa, A. Gadaleta, A. Volpe, F. Perilli, Lillo, P. Maggi
A47 RISCHIO DI LESIONI CARDIOVASCOLARI IN PAZIENTI SIEROPOSITIVI IN TRATTAMENTO ANTIRETROVIRALE
M. D’Annunzio, V. Antonicelli, F. Ingrassia, C. Bellacosa, A. Gadaleta, A. Volpe, F. Perilli, Lillo, P. Maggi
A48 CASO CLINICO: STENOSI SERRATA ESOFAGEA IN ADOLESCENTE HIV+
E.R. Dalle Nogare, A. Sanfilippo, A. Ficalora, F. Di Lorenzo, T. Prestileo, P. Barbaccia
A49 COINFEZIONE HIV-HPV: ASPETTI CITOLOGICI, MOLECOLARI ED IMMUNOLOGICI
G. Mancini, G. d’Ettorre, A. Carducci, A. Ciardi, A. Pierangeli, M. Indinnimeo, G. Antonelli, V.Vullo
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
43
Elenco Posters • Gruppo B
Sessioni 2 (Prevenzione), 3 (Condom), 10 (Cure Care Advocacy: esperienze nei paesi del sud del
mondo)
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CO-INFEZIONE HIV/HBV IN BURKINA FASO, AFRICA OCCIDENTALE
F. Castelli, V. Pietra, J. Simporé, S. Pignatelli, D. Sorgho, S. Rouamba, S. Bigoni, S. Odolini, E. Focà, M.
Filisetti, F. Schumacher, M. Puoti
L’INTEGRAZIONE DI ONG E SANITA’ PUBBLICA: UN MODELLO OPERATIVO
F.M. Buonaguro, M.L. Tornesello, L. Buonaguro
L’IMPORTANZA DI UN APPROCCIO PREVENTIVO ALLARGATO AL NUCLEO FAMILIARE: L’ESPERIENZA DEL
PROGETTO KENTO-MUANA NELLA REPUBBLICA DEL CONGO
F. Bisio, E. Blasi Vacca, L. Di Stefano, L.M. Miguel, B. Bruzzone, M. Mikulska, A. Mularoni, A. Ventura,
F.A. Mayinda Mboungou, A.C. Nzagou, E. Malfatto, E. Repetto, C. Barnardini, J. Goma , C. Mekoura,
E. Bahouna, J. Massamba, F. Uberti, G. Icardi, S. Ratto, C. Viscoli
LE ATTIVITA’ DEL LABORATORIO PEDAGOGICO
G. Del Bene, C. Laffi
LA PREVENZIONE FRA I GIOVANI NELLE SCUOLE
G. Del Bene, C. Laffi
IL SERVIZIO TELEFONICO DEL GVMAS – GRUPPO DI VOLONTARIATO EPR MINORI E ADULTI SIEROPOSITIVI HIV+ UN ANNO DI ATTIVITA’: INFORMAZIONE – PREVENZIONE E SOSTEGNO
G. Gavazzeni, A.M. Dagnoni, D. Mainieri, E. Zambon
IL COUNSELLING TELEFONICO NELLA PREVENZIONE DELL’INFEZIONE DA HIV – ANLAIDS SEZIONE
LOMBARDA
D. Mainieri, G. Gavazzeni, A. Dagnoni, E. Zambon
ACTIONS TO SUPPORT THE EVIDENCE-BASED HIV PREVENTION STRATEGY AMONG MIGRANT
POPULATION IN ITALY: RISK FACTORS IN RECEIVING COUNTRY
M. Martini, M.G. Pompa, S. D’amato, E. Forcella, G. Baglio
QUESTIONNAIRE ON HIV FOR MIGRANT IN RECEIVING COUNTRY: THE CASE STUDY OF ITALY
M. Martini, M.G. Pompa, S. D’amato, E. Forcella, G. Viola, G. Baglio
EVIDENCE-BASED HIV/AIDS PREVENTION STRATEGY FOR MIGRANTS IN ITALY
M. Martini, L. Di Pasquale
CONDOM. ANCORA (MI)SCONOSCIUTO. E’ NECESSARIO INTERVENIRE
T.S. Prestileo, A. Sanfilippo, F. Di Lorenzo, E. R. Dalle Nogare, A. Ficalora
MALTREATMENT AS AN EDUCATIONAL SYSTEM?
S. Salerno, I. Gonzales, T. Prestileo
LE ATTIVITA’ DELLA CONSULTA NAZIONALE DI LOTTA ALL’AIDS NEL BIENNIO 2006/08
F. Crespi
REALIZZAZIONE DI PROGETTI NAZIONALI
F. Crespi
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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B15 VIVERE “ALLA NORMALE”. CONOSCERE, PARTECIPARE, AFFRONTARE L’INFEZIONE DA HIV. KIT DIDATTICO
MULTIMEDIALE PER LA COMUNICAZIONE CON MADRI SIEROPOSITIVE AFRICANE
S. Oletto, C. Novello, B. Ghiringhelli, O. Rampon, C. Giaquinto
B16 L’IMPATTO DELL’INFEZIONE DA HIV NELL’ASSISTENZA ALLE FAMIGLIE MIGRANTI
S. Oletto, B. Ghiringhelli, O. Rampon, C. Giaquinto
B17 GLI ADOLESCENTI ED IL RISCHIO HIV: SCARSE CONOSCENZE, FAME DI INFORMAZIONE
S. Sebastianelli, A. Riva, C. Massaccesi, R. Giachi, S. Moccheggiani, A. Costantini, L. Butini, M. Montroni,
G. Scalise
B18 INDAGINE SUL RISCHIO HIV FRA GLI STUDENTI UNIVERSITARI DI ANCONA
C. Massaccesi, S. Sebastianelli, A. Riva, A. Costantini, L. Butini, M. Montroni, G. Scalise
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Elenco Posters • Gruppo C
Sessioni 4 (Counselling), 5 (Mediatori linguistico-culturali), 9 (Infezione da HIV/AIDS nei migranti
e negli stranieri: esperienze italiane)
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SORVEGLIANZA E CONTROLLO DELLE MALATTIE INFETTIVE TRASMISSIBILI NELLA POPOLAZIONE IMMIGRATA IRREGOLARE DELL’ULSS 6 DI VICENZA
M. Conforto, C. Facchin, P. Colussi, M. Girardi, G.P. Pellizzer
ANALISI DEI BISOGNI DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE IMMIGRATA IRREGOLARE ALL’INTERNO
DELL’ULSS 6 DI VICENZA
M. Conforto, C. Facchin, P. Colussi, M. Girardi, G.P. Pellizzer
ASSISTENZA PSICOLOGICA DELLE PERSONE SIEROPOSITIVE, MALATI DI AIDS E FAMILIARI
M. Porcorosso, O. Zecchini
STRUMENTI E STRATEGIE DI PREVENZIONE HIV&AIDS RIVOLTE AI MIGRANTI IN ITALIA
M. Martini, L. Di Pasquale, E. Forcella, S. D’Amato, M.G. Pompa
IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DI IMMIGRATI PER CONTRASTARE L’HIV/AIDS
M. Martini, Y. Jimenez, R. Greco Tonegutti, S. D’Amato, M.G. Pompa
PRISMA: PROGETTI DI INTERVENTO PER UNA STRATEGIA MODULARE AIDS: GLI STRANIERI
M. Marini
STUDIO SOCIOCOMPORTAMENTALE A SUPPORTO DI UNA STRATEGIA DI PREVENZIONE HIV/AIDS
RIVOLTA AI MIGRANTI
M. Martini, E. Forcella, S. D’Amato, G. Viola, G. Baglio, M.G. Pompa
PROSTITUZIONE DI STRADA A ROMA E HIV: DONNE UOMINI E TRANSESSUALI DI NAZIONALITA’
STRANIERA. DIFFUSIONE DELL’INFEZIONE E INTERVENTI POSSIBILI
L. Spizzichino, P. Gattari, S. Venezia, R. Bonomo, P. Pierro, N. Orchi, M. Giulianelli, M. Zaccarelli
IMMIGRATI, DIRITTI E SALUTE
T. Prestileo, V. Vullo, F. Crespi
INFEZIONE DA HIV, POVERTA’ E MALATTIA
G. Cassarà, T. Prestileo
SCREENING PER MST IN UNA COORTE DI STRANIERI OSSERVATI PRESSO L’AMBULATORIO
PER STRANIERI DI EMERGENCY A PALERMO
F. Mercadante, T. Prestileo
ATTIVITA’ DI SOCIALIZZAZIONE ORGANIZZATE DALL’ASSOCIAZIONE ONLUS “SIEROPOSITIVO.IT “ A
ROMA E A MILANO
R. Borsini, T. Speranza, A. Albanese, G. Di Palma, F. Ferrario, C. Zareschi
INFEZIONE DA HIV E COMPLIANCE: IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE. CASE REPORT
T. Prestileo, G. Cassarà, A. Sanfilippo, A. Ficalora, F. Di Lorenzo, E.R. dalle Nogare
RICERCA DI STRATEGIE EFFICACI PER LA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE CON BAMBINI E GENITORI
IMMIGRATI SIEROPOSITIVI
S. Oletto
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
46
C15 RICERCA SULLE MOTIVAZIONI CHE ALLONTANANO DALL’ACCESSO AL TEST DI SCREENING: IMPORTANZA
DELL’INCOERENZA DELLE INFORMAZIONI FORNITE IN ITALIA SULL’INFEZIONE DA HIV
M. Oldrini, P. Pezzotta, L. Cosmaro, A. Olivieri
C16 VALUTAZIONE DI UN INTERVENTO DI HIV/AIDS COUNSELLING RIVOLTO A PERSONE STRANIERE
A. Colucci, P. Gallo, M. Bellani, T. Prestileo, N. Arena, R. Giannici, F. Mercadante, S. Oueslat, S. Salerno,
M. Lichtner, V. Vullo, M.A.G. Calero, G. Ceccarelli, K.A.J. Dussey-Comlavi,
P. Ricco, P. Ferri, R. Galipò, A. Nicastro, D. Mainieri, M. Moroni, N. Benchennouf, A. Campiotti, B. Cappelli,
C.G. Gulap, S. Negri, A.M. Luzi
C17 ARCHE’, IL PROBLEMA DEI MINORI
U. Mittermair, E. Barberi
C18 PROGETTO PR.I.S.H.M.A: STUDIO PROSPETTICO MULTICENTRICO NAZIONALE DI VALUTAZIONE DI
PREVALENZA, INCIDENZA, FATTORI DI RISCHIO E DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI DI HIV IN MIGRANTI ED
ANALISI DELLA AVIDITÀ ANTICORPALE
M.C. Pezzoli, C. Scarcella, F. Vassallo, F. Speziani, E. Grassi, I. El-Hamad, C. Scolari, A. Ricci, V. Bergamaschi,
V. Vullo, M. Lichtner, T. Prestileo, M. Affronti, G. Cassarà, B. Suligoi, A.M. Luzi, A. Colucci, P. Gallo, V.
Regine, S. Buttò, D. Bernasconi, L. Cacciani, G. Baglio, G. Cristini, G. Carosi
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
47
Posters Gruppo A
Epidemiologia
Terapia antiretrovirale HAART
Coinfezione HIV/virus epatotropi
Infezioni opportunistiche e patologia
neoplastica nelle persone con HIV
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
48
Posters Gruppo A • A1
“DURABILITY” DEGLI INIBITORI DELLA PROTEASI DI “PRIMA GENERAZIONE”: DUE CASI CLINICI
Iebba F.*, Di Sora F., Tarasi A., Montella F.
U.O.S. Immunologia Clinica, Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata, Roma
Caso clinico 1
Paziente di sesso femminile, 50 anni, HIV-1 positiva dal 1993, fattore di rischio: emotrasfusioni. HBV ed HCV
negativa. CD4+ pre-terapia (dicembre 1993): 79 cellule/microlitro (8%). Stadiazione CDC: B3 (candidiasi orale).
Gennaio 1994: inizio terapia antiretrovirale (TARV) con zidovudina. Maggio 1996: prescrizione dell’attuale
schema terapeutico con indinavir non boosterato, lamivudina e zidovudina. La paziente ha eseguito la TARV con
assoluta regolarità e senza eventi indesiderati per tutto il follow-up. La carica virale (HIV-RNA) si è mantenuta
sempre “non rilevabile” ed i linfociti T-CD4+ sono progressivamente aumentati in percentuale ed in numero assoluto
(Settembre 2008: 28% = 350 cellule/microlitro).
Caso clinico 2
Paziente di sesso maschile, 56 anni, sieropositivo per HIV-1 dal 1988, ex tossicodipendente. Coinfezione da HCV.
CD4+ pre terapia (ottobre 96): 17 cellule/microlitro (2%). Stadiazione CDC: A3. Novembre 1992: inizio TARV
con zidovudina. Ottobre 1996: prescrizione dell’attuale TARV con Ritonavir (cp 100 mg, 6 cp x 2 volte/die),
lamivudina e zidovudina. Anche questo paziente, durante il follow-up, ha eseguito la TARV con assoluta regolarità e
senza eventi indesiderati. La carica virale (HIV-RNA) si è mantenuta sempre “non rilevabile”; i linfociti T-CD4+
sono progressivamente aumentati in percentuale ed in numero assoluto (Aprile 2008: 10% = 519 cellule/microlitro).
Entrambi i pazienti, nonostante la nostra proposta di “semplificazione” del regime terapeutico hanno preferito
continuare la TARV in atto.
Commento
I due casi clinici sopra riportati dimostrano il determinante ruolo dell’aderenza nel condizionare la “durability”della
TARV di prima linea e la possibilità, in casi selezionati, di proseguire per molti anni con un regime terapeutico
basato su inibitori delle proteasi (PI) di “prima generazione” mantenendo un’ottimale risposta clinica, immunologia e virologica.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
49
Posters Gruppo A • A2
INIBITORI DELLA PROTEASI E LIVELLI DI OPG/RANKL (OSTEOPROTEGERINA/RECEPTOR ACTIVATOR
OF THE NUCLEAR FACTOR KAPPAB (NF-kB) LIGAND) NEGLI OSTEOBLASTI UMANI
Borderi M.1, Gibellini D.2, Tampellini L.1*, Biagetti C.1, Vescini F.3, Re M.C.2, Chiodo F.1
1
Istituto di Malattie Infettive, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Bologna
2
Dipartimento di Medicina Clinica e sperimentale, sezione di Microbiologia Alma Mater Studiorum Università
di Bologna, Bologna
3
Unità di Endocrinologia, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Bologna
*email: [email protected]
Obiettivi dello studio
L’associazione tra perdita di densità minerale ossea (BMD) e terapia con inbitori della proteasi (PI) è stata evidenziata in numerosi studi e sembra avere una differente eziologia a seconda delle specifiche molecole.
Materiali e Metodi
È stato effettuato un test in doppio ceco esponendo per 24 ore una linea di osteoblasti umani immortalizzata a
livelli di plasmatici subottimali, terapeutici e tossici di ciascun PI: Indinavir 1 µg/mL, 5 µg/mL, 25 µg/mL, Ritonavir
0.4 µg/mL, 2 µg/mL, 10 µg/mL, µg/mL, Fosamprenavir 1.4 µg/mL, 7 µg/mL, 35 µg/mL, Tipranavir 1 µg/mL,
5 µg/mL, 25 µg/mL, Atazanavir 0.6 µg/mL, 3 µg/mL, 15 µg/mL, Lopinavir/r 0.8 µg/mL, 4 µg/mL, 20 µg/mL, and
Darunavir 2 µg/mL, 6 µg/mL, 30 µg/mL, rispettivamente. In corso i test con Nelfinavir e Saquinavir. Osteoprotegerina (OPG) e Receptor Activator of the Nuclear factor Kappa B (NF-kB) Ligand RANKL quantificati con test
ELISA (Peprotech and R&D). Analisi statistica: t di Student a 2 code.
Riassunto dei risultati
Abbiamo osservato un cambiamento in tutti i valori rispetto al basale e tra i differenti dosaggi. FPV
(OPG 5.36961 µg/mL, RANKL 0.301362 µg/mL) e ATV (OPG 5.477401 µg/mL, RANKL 0.464873 µg/mL)
hanno mostrato i migliori risultati.
Conclusioni
Questo studio ha evidenziato dopo esposizione a PI: variazioni di OPG e RANKL rispetto al basale; un’evidente
associazione tra PI e livelli di OPG e RANKL; differente effetto per ogni; i migliori risultati da FPV e ATV.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
50
Posters Gruppo A • A3
DEPLEZIONE DELL’INFEZIONE LATENTE DA HIV IN VIVO: NUOVI APPROCCI TERAPEUTICI
Marino R., Bertuccio S.N.
P.O. “G. Iazzolino” U.O. Malattie Infettive - Piazza Fleming - Vibo Valentia
Obiettivi
La ricerca di nuovi approcci terapeutici che, oltre ad agire sul livello ematico di HIV-RNA possano agire riducendo
la quantità di HIV-DNA provirale nei santuari è d’obbligo.
Metodi
Rifacendoci ad un ormai celebre lavoro americano del 2005, pubblicato su Lancet, dal titolo “Depletion of latent
HIV-1 infection in vivo: a proof-of-concept study”, abbiamo attuato una terapia ARV comprendente l’acido valproico, un inibitore della cromatina-istone deacetilase (HDAC inhibitor) che impedisce la trascrizione di HIVDNA e di fatto la produzione di nuovi virus infettanti. Alla terapia classica antiretrovirale abbiamo anche associato
l’enfuvirtide quale potenziamento della terapia stessa. Il gruppo del trial era composto da 4 pazienti dell’età di
59 anni, 51 anni, 44 anni, 38 anni, eterosessuali, sesso maschile, ex tossicodipendenti. I primi 3, in terapia ARV
in media da 7 anni, HIV-RNA non determinabile da > 2 anni, conta CD4 > 500 cell/µL, sono inquadrabili come
pazienti experienced, mentre l’ultimo, il più giovane, è un naive entrato nel trial ad un anno dalla infezione acuta
da HIV e trattato con ARV durante la stessa. Tutti i pazienti avevano utilizzato lo schema classico di trattamento
(2 NRTI+1PI) ed allo start erano in terapia di semplificazione con 3 NRTI (AZT+3TC+ABC) da 4 anni i primi
3 pazienti, da 6 mesi il più giovane. Allo start del trial, alla ARV è stato aggiunto l’ENF e a 4 settimane l’HDAC
sotto forma di valproato di sodio cpr da 500mg, 1 cpr x 2, sino ad arrivare a livelli ematici di 700-1000 mg. I livelli
di HIV-DNA provirale nei PBMC (Real time-PCR) sono stati rilevati allo start del trial e dopo 6 mesi di terapia,
nel contempo alle altre indagini viro-immunologiche e bioumorali di routine.
Risultati
I primi tre pazienti che all’inizio del trial si presentavano rispettivamente con; 1° paz. HIV-DNA: 18 copie/10°
cellule, 2° paz. HIV-DNA: 235 copie/10° cellule, 3° paz. HIV-DNA: 221 copie/10° cellule, hanno avuto, a 6 mesi
dall’inizio del trial, un decremento del DNA provirale superiore al 40%, con rispettivamente; <10 copie per il
1° paz., 165 copie per il 2° paz., 142 copie per il 3° paz. Il paziente 4°, che ha iniziato terapia ARV durante la
fase acuta (Sindrome simil-mononucleosica), pur ottenendo una rapidissima risposta virologica (HIV-RNA <50
copie/ml) già nel primo mese di terapia, non si è avvantaggiato, né della terapia precoce ARV, né della terapia
ARV potenziata con HDAC+ENF, passando da un valore iniziale di HIV-DNA : 130 copie/10° cellule ad un valore
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
51
Posters Gruppo A • A3
finale di 278 copie/10° cellule. Tutti i pazienti alla fine del trial presentavano V.L. di HIV-RNA <50 copie/ml e
conta CD4 > 500 cells/µL. Nessun effetto collaterale della terapia aggiuntiva.
Conclusioni
Se da una parte una terapia ARV che prenda in considerazione solo farmaci che agiscano prima dell’integrazione e della trascrizione di HIV, può far pensare ad una completa rivoluzione terapeutica (eradicazione del
virus), dall’altra sappiamo che la terapia precoce in un paziente in fase acuta è assolutamente imbelle davanti
alla devastante infezione degli organi linfoidi di tutti gli apparati. La discordanza tra le caratteristiche clinicheterapeutiche tra i primi tre pazienti e l’ultimo potrebbero spiegare la differenza dei risultati.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
52
Posters Gruppo A • A4
INCIDENZA DI HLA-B*5701 IN UNA COORTE DI PAZIENTI HIV-POSITIVI PROVENIENTI PREVALENTEMENTE
DALLA SICILIA ORIENTALE
Pellicano’ G.F.*, Sturniolo G., Santoro M.
U.O.C. di Malattie Infettive AOU Policlinico “G. Martino” di Messina
Obiettivi specifici
Nei pazienti con infezione da HIV le reazioni avverse a farmaci di tipo B, imprevedibili e dose dipendenti, sono
riportate circa 100 volte più frequenti rispetto alla popolazione generale. Le reazioni avverse rappresentano una
delle principali cause di discontinuità della terapia.
Oggigiorno ci possiamo affidare allo studio di fattori genetici che possono definire più sicure strategie di trattamento. Tuttavia è verosimile che il potere predittivo possa variare in popolazioni di diverso retroterra genetico,
patrimonio ereditato, come quello delle nostre regioni, da molteplici popolazioni e dominazioni che si sono susseguite nel corso dei millenni quali Elimi, Sicani e Siculi, dai Bruzi, Calcidesi, fino ai Greci (Ioni e Dori), Romani,
Barbari, Vandali, Goti, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini, Spagnoli e Borbone.
Materiali e metodi
Nella nostra esperienza il test di tipizzazione genomica HLA-B*5701 è stato eseguito su prelievo ematico con
metodica polymerase chain reaction sequence-specific oligonucleotide typing (PCR-SSO reverse – reazione a
catena della polimerasi) su un centinaio di pazienti hiv-positivi afferenti al nostro centro, di razza caucasica e di
entrambi i sessi.
Riassunto dei risultati
Abbiamo riscontrato una positività al HLA-B*5701 pari a circa il 10%, concretamente maggiore rispetto al 5-8%
segnalato da altri autori di studi nazionali e internazionali.
Conclusioni
Cosa non trascurabile che nonostante l’alto tasso d’incidenza della positività al HLA-B*5701 l’aver eseguito in
maniera preventiva tale screening, ed escludendo i pazienti positivi all’allele dall’assunzione di Abacavir, ci ha
consentito di ridurre di fatto allo 0% la HSR nel nostro centro; pazienti che avrebbero corso indubbiamente un
rischio esponenzialmente maggiore rispetto ad una popolazione di diversa etnia.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
53
Posters Gruppo A • A5
IPERSENSIBILITA’ ALLA NEVIRAPINA: STUDIO DI INCIDENZA DELL’ALLELE HLA-DRB1*0101 IN
PAZIENTI SICILIANI HIV-POSITIVI
Pellicano’ G.F.*, Sturniolo G., Santoro M.
U.O.C. di Malattie Infettive AOU Policlinico “G. Martino” di Messina
Obiettivi specifici
La farmacogenetica si avvale di studi genetici in grado di predire la risposta “individuale” ai farmaci per esempio
“resistenza al farmaco” o “evento avverso”. La conoscenza dei geni responsabili dell’efficacia e della tossicità dei
farmaci potrebbe permettere ai clinici di predire la dose appropriata e/o il farmaco giusto per ciascun individuo,
riducendo il rischio di effetti collaterali o inefficacia secondaria a reazioni tossiche, intolleranza e ipersensibilità.
Senza dubbio le reazioni avverse da farmaci (ADR) rappresentano un problema clinico rilevante. Sarebbe
auspicabile che la predizione genetica del trattamento antiretrovirale in termini di efficacia e tossicità determinerà
un gruppo di pazienti, “gli eletti” che con la stessa diagnosi avranno dal trattamento farmacologico maggiore
beneficio e nessuna tossicità.
Materiali e metodi
Nella nostra esperienza il test di tipizzazione genomica HLA-DRB1*0101 eseguito su prelievo ematico con
metodica polymerase chain reaction sequence-specific oligonucleotide typing (PCR-SSO reverse - reazione a
catena della polimerasi) su un centinaio di pazienti hiv-positivi afferenti al nostro centro, di razza caucasica, di
entrambi i sessi; test che sembrerebbe essere associato ad un aumento di rischio di manifestare una reazione di
ipersensibilità a nevirapina specialmente se ad alto numero di CD4.
Riassunto dei risultati
Abbiamo riscontrato una positività al HLA-DRB1*0101 pari a circa il 10%, sovrapponibile quindi ai dati della
letteratura nazionale e internazionale.
Conclusioni
Una più efficace e sicura somministrazione dei farmaci può consentire di realizzare risparmi notevoli. I costi per
i farmaci “sprecati” e per trattare le reazioni avverse ai farmaci sono di notevole entità e la speranza è che la
farmacogenetica possa incidere su di essi.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
54
Posters Gruppo A • A6
EFFETTO SULL’ADERENZA ALLA TERAPIA ANTIRETROVIRALE (HAART) DI UN SERVIZIO SOCIO EDUCATIVO
(SSED) PER L’ ACCOMPAGNAMENTO DI PERSONE MULTIPROBLEMATICHE CON INFEZIONE DA HIV
Barchi E.,* Corradini G., Artoni S., Grimoldi C., Laganà L., Casali C., Campari A.
U.O. Malattie Infettive ASMN Reggio Emilia, Servizio Sociale (SS) AUSL e Comune di Reggio Emilia,
Cooperativa Cores
Obiettivo
Valutare l’impatto della presa in carico da parte di un SSED sulla aderenza alla HAART di persone multiproblematiche.
Materiali e metodi
Dal 2000 opera a Reggio Emilia un SSED, con 3 educatori a tempo pieno e la supervisione di equipe multiprofessionale, per aiuto a domicilio, accompagnamento ai controlli clinici, risocializzazione, pratiche casa e pensione,
ricerca lavoro, etc di sieropositivi con autonomia limitata o terminalità, uso di sostanze e/o di alcool, patologie
psichiatriche, isolamento sociale, segnalati da UO Malattie Infettive, SS, SERT, Servizi psichiatrici, volontari, famigliari. Sono stati valutati regolarità alle visite, ritiro farmaci, % HIV RNA < 50 copie/ml in 50 pazienti seguiti dal
gennaio 2003 al dicembre 2007; in 32 già in trattamento, è stata confrontata l’aderenza alla HAART con quella
del periodo precedente la presa in carico.
Risultati
I 50 pz (34M, 16 AIDS; 7 terminali, 11 extracomunitari, età mediana 39 aa) sono stati seguiti per una mediana
di 23 mesi, 18 erano in cura al SERT, 3 al CSM, 5 ad entrambi i servizi. Nei 40 pz in HAART (non terminali) si
è osservata regolarità ai controlli > 80% nell’85%, ritiro farmaci > 80% nel 67%, HIV-RNA < 50 copie alla fine
follow nel 70% vs 32,5% all’ingresso (p<0,01 Chi2). Nei 32 pz già in terapia, il confronto tra prima e dopo la
presa in carico ha evidenziato: regolarità ai controlli 82,1% vs 50%, regolarità ritiro farmaci 59,3% vs 28,1%,
HIV-RNA < 50 copie 62,5% vs 34,3% (p <0,05 Chi2). HIV RNA < 50 copie al termine vs all’ingresso è stato
riscontrato in 10 vs 5 dei 15 pazienti con abuso di sostanza o alcool, in 24 vs 10 dei 30 con grave disagio socio
economico, in 7 vs 3 dei 9 extracomunitari. Al 31 12 2007, 10/50 pz sono deceduti, 18 erano ancora in carico, 22
dimessi.
Conclusioni
La gestione da parte del SSED si associa ad un aumento della regolarità alle visite e al ritiro dei farmaci ed una
maggiore efficacia della HAART anche in sieropositivi con dipendenza attiva da sostanze e grave disagio socio
economico.
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Posters Gruppo A • A7
SINDROME DA IMMUNORICOSTITUZIONE (IRIS) ASSOCIATA A SVILUPPO DI SARCOMA DI KAPOSI
Oliva A., Erario L., Gianfreda R., Marocco R., Belvisi V., Marafini J., Tacconi L., Mastroianni C.M.
UOC di Malattie Infettive, Ospedale SM Goretti, Sapienza Università, Polo Pontino, Latina
La sindrome da immunoricostituzione è stata ben descritta per patogeni quali Mycobacterium tuberculosis,
M. avium, Cryptococcus neoformans, CMV, Pneumocystiis carinii. Descriviamo un caso clinico di un soggetto
HIV/HCV positivo con lue sierologica che ha iniziato terapia ARV con CD4>350cell/mmc e che ha sviluppato il
sarcoma di Kaposi a distanza di due mesi dall’inizio della terapia.
Uomo, di 26 anni, omosessuale. Nel 2005 e nel 2006 effettuava test per la ricerca degli anticorpi anti-HIV, risultati
entrambi negativi. Nell’Ottobre 2007 primo test HIV positivo. I valori viroimmunologici alla diagnosi: CD4+ 355
cell/mmc; HIV-RNA: 107000 cp/ml. Quadro clinico: asintomatico. Il test di resistenza mostrava un quadro
genotipico compatibile con acquisizione di ceppo resistente. Nel gennaio 2008, presa visione del test di resistenza,
si intraprendeva terapia con FTC/TDF/LPV/r, con buona aderenza del paziente ed in assenza di effetti collaterali
di nota. Nei due mesi successivi, a fronte di un miglioramento dei parametri viro-immunologici conseguenti
alla terapia ART (CD4+: 447 cell/mmc; HIV-RNA: <40cp/ml), il paziente notava la comparsa di lesioni cutanee
di colore violaceo a carico degli arti inferiori e del palato, clinicamente suggestivi per sarcoma di Kaposi. La
diagnosi veniva confermata istologicamente. Una EGDS escludeva una localizzazione viscerale. Attualmente il
paziente deve essere sottoposto a chemioterapia sistemica con doxorubicina lipososomiale. Recentemente, anche
il sarcoma di Kaposi è stato inquadrato nell’ambito della sindrome da immunoricostituzione: lo sviluppo di KS
o il peggioramento di lesioni già presenti dopo inizio della terapia ART rappresenta infatti la conseguenza di una
abnorme reazione infiammatoria immunomediata agli antigeni di HHV-8 preesistenti.
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Posters Gruppo A • A8
LESIONI CEREBRALI MULTIPLE OCCUPANTI SPAZIO IN AIDS: NON SOLO TOXOPLASMA MA ANCHE CMV
Antonelli S., Coppolaro L.*, Roselli P., Sciotti MP.
Unità Operativa Complessa Malattie Infettive P.O. Vasto (CH) - ASL 03 -Lanciano-Vasto.
La comparsa di gravi infezioni opportunistiche come prima manifestazione di un’infezione da HIV rappresenta
una percentuale elevata dei nuovi casi di HIV (30 -50%).
Descriviamo il caso clinico di una donna di 40 anni, nata in Brasile e residente da 10 anni in Italia, trasferita
presso la nostra U.O. da altro nosocomio per “stato soporoso, positività di primo riscontro del test anti-HIV,
presenza alla TC cranio di numerose lesioni nodulari in sede frontale e temporo-parietale bilaterale con edema
perilesionale”. Obiettivamente la paziente presentava oltre allo stato soporoso, deficit del VII nervo cranico di sx
e deficit stenico dell’arto inferiore sx. La TC cranio con mdc evidenziava l’impregnazione delle lesioni nodulari e
la RMN dell’encefalo confermava la presenza delle multiple lesioni nodulari con edema perilesionale. Gli esami
viroimmunologici documentavano grave immunodepressione (CD4 <50/mmc, HIV-RNA 997.000 copie/ml). Inizialmente la paziente è stata trattata in maniera empirica con terapia antiedemigena, cotrimoxazolo, fluconazolo e
terapia antibiotica ad ampio spettro ed ha iniziato precocemente la terapia antiretrovirale (AZT/3TC +LPV/r). La
ricerca del CMV DNA, risultata positiva su liquor e siero, ha consentito successivamente di formulare la diagnosi
di “encefalite da CMV” e di iniziare terapia con ganciclovir per via endovenosa ottenendo il progressivo miglioramento delle condizioni cliniche e la graduale regressione dei deficit neurologici. Alla RMN encefalo di controllo
effettuata dopo 30 gg permaneva un’unica lesione in sede frontale sinistra che mostrava impregnazione ad anello
dopo mdc. La terapia soppressiva cronica è stata continuata con valganciclovir per via orale. A distanza di 2 anni
la “lesione frontale sx” si mantiene invariata, la paziente è in buone condizioni cliniche e non presenta sintomatologia neurologica, il recupero viroimmunologico è stato graduale con valori attuali di CD4 > 200/mmc.
Conclusioni
Nella diagnosi differenziale delle lesioni encefaliche multiple occupanti spazio nel paziente con AIDS deve essere considerata anche l’encefalite da CMV. Tale infezione opportunistica può presentarsi con quadri radiologici di
periventricolite, di encefalite diffusa o, meno frequentemente, con lesioni cerebrali occupanti spazio.
Ministero della Salute HIV AIDS – Dati epidemiologici
CNS manifestations of Cytomegalovirus infections: diagnosis and treatment CNS Drugs 2002;16(5):303-15
Microglial nodular encaphalitis and ventriculoencephalitis due to cytomegalovirus infection in patients with AIDS: two distinct clinical patterns. Clin
Infect Dis 1998 sep.;27(3):504-8
Cerebral mass lesion due to cytomegalovirus in a patient with AIDS: case report and literature review Rev Inst Med Trop Sao Paulo 2003;45(6):333-7
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Posters Gruppo A • A9
VACCINI ANTI-HIV A VLPs ESPRIMENTI GP120 OTTIMIZZATE.
Tagliamonte M.*, Buonaguro L., Tornesello ML., Buonaguro FM.
Ist. Naz. Tumori “Fond. G. Pascale”, Napoli – Italia
In questi anni, nel nostro laboratorio è stato sviluppato un modello vaccinale contro l’HIV-1 basato su Virus-Like
Particles (VLPs) esprimenti una gp120 appartenente alla clade A di HIV-1, che ha mostrato in un sistema murino
l’efficace induzione sia di anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro che di linfociti con attività citotossica specifica
per epitopi di HIV-1.
L’obiettivo dello studio è stato quello di sviluppare differenti molecole ricombinanti della glicoproteina di
membrana gp120 di HIV-1, fusa con sequenze segnali e/o regioni trans-membrana eterologhe, per ottimizzare la
presentazione di tali molecole sulla superficie delle VLPs e aumentarne l’immunogenicità con induzione di titoli
anticorpali più alti.
A tale scopo, la gp120 è stata amplificata mediante PCR, escludendo la sequenza segnale autologa, e clonata nel
vettore pMelBac a valle della sequenza segnale della Mellitina delle api (HBMSS). La molecola ricombinante
HBMSS-gp120 è stata poi subclonata nel transfer vector pFastBacDual, necessario per la successiva trasposizione
del gene ricombinante nel DNA del Baculovirus. Inoltre, al fine di ottenere VLPs ricombinanti con gp120 più
stabilmente legate alla membrana, si è posto a valle della proteina env un mini gene sintetico codificante per il
dominio della trans-membrana della gp64 del Baculovirus.
Il primo bacmide ricombinante, contenente la gp120 fusa con la sequenza segnale della Mellitina, è stato ottenuto
in cellule competenti DH10Bac™ mediante trasposizione sito-specifica. La corretta trasposizione della glicoproteina
ricombinante di HIV-1 nel Bacmide è in corso di valutazione mediante PCR.
*Vincitrice di una Borsa di Studio ANLAIDS per l’anno 2008.
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Posters Gruppo A • A10
ASPETTI MORFOLOGICI E FUNZIONALI ALLO STUDIO IN RM CON SPETTROSCOPIA DI UNA
LEUCOENCEFALOPATIA MULTIFOCALE PROGRESSIVA (PML) ATIPICA, INSORTA COME PRIMA
PATOLOGIA IN UN PAZIENTE CON INFEZIONE DA HIV MISCONOSCIUTA
*Manfredi R.1, Lodi R.2, Tonon C.3, Marinacci G.1
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi;
2
Servizio di RM con Spettroscopia, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi;
3
Dipartimento di Neurologia,Università di Bologna
1
Introduzione
La PML rappresenta una patologia opportunistica neurologica non ancora completamente investigata.
Caso clinico
In un paziente (p) quarantenne, l’infezione da HIV veniva rilevata alla comparsa di alterazioni neurologiche
prevalentemente motorie (disartria, disturbi della coordinazione, oftalmoparesi), in assenza di un’apprezzabile
immunodeficienza (linfociti CD4+ 564/µL), e con una viremia di HIV limitata a 24.000 copie/mL. Una combinazione anti-retrovirale di estrema potenza veniva immediatamente intrapresa con lamivudina-abacavir-lopinavir/ritonavir, con successiva aggiunta di efavirenz ed enfuvirtide. Elevati livelli liquorali del Polyomavirus JC
(11.668 genomi/µL), confermavano la diagnosi di PML, parallelamente alle alterazioni di neuroimaging (TCRM), ed elettroencefalografiche. Nonostante l’approccio terapeutico che otteneva una rapida negativizzazione
della replicazione di HIV, livelli di linfociti CD4+ costantemente >700 cellule/µL, e la scomparsa del virus JC
dal liquor dopo un mese di trattamento, il quadro neurologico peggiorava rapidamente con ulteriori anomalie
motorie (disfagia, paresi di tronco-arti, alterazioni sfinteriali), mentre non comparivano anomalie rilievanti sul
versante cognitivo, fino all’exitus occorso dopo soli 5 mesi per insufficienza respiratoria. Uno studio di RM-spettroscopia comprendeva un esame di spettroscopia del protone (1H), ed una valutazione della diffusione dell’acqua
e dell’anisotropia: con tali tecniche morfologiche-funzionali-metaboliche,venivano rilevate molteplici anomalie
prevalentemente della sostanza bianca sottotentoriale (tronco encefalico, strutture ponto-bulbari), reperti non
caratteristici della PML.
Conclusioni
Una PML può rappresentare il primo evento diagnostico di AIDS in p ignari dell’infezione da HIV e può evolvere rapidamente con un quadro clinico atipico (alterazioni motorie nettamente prevalenti), anche in presenza di
linfociti CD4+ >500 cellule/µL,e di una rapida caduta della viremia di HIV ed JCV, grazie ad una potente terapia
anti-retrovirale. Le alterazioni neuroradiologiche del p sono state implementate da valutazioni specialistiche di
RM-spettroscopia, per cui le evidenze di letteratura finora disponibili sono limitate.
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Posters Gruppo A • A11
ECCEZIONALE CASO DI INFEZIONE DA HIV NON PROGRESSIVA A LUNGO TERMINE. DIECI ANNI DI
MONITORAGGIO CLINICO-LABORATORISTICO IN ASSENZA DI EPISODI DI VIREMIA PLASMATICA
DETECTABLE
*Manfredi R., Sabbatani S.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
Non è ancora definito se l’equilibrio viro-immunologico rilevato nei pazienti (p) HIV-positivi “long-term non
progressor” abbia durata prolungata o indefinita, o rappresenti l’estremità di una variabilità gaussiana. Tali p sono
attivamente studiati, onde comprendere i meccanismi della latenza dell’infezione.
Caso clinico
Una p quarantenne, asintomatica, è seguita dall’età di 23 anni per infezione da HIV. Nel corso dei monitoraggi
trimestrali, la viremia di HIV è sempre rimasta inferiore della soglia di rilevabilità (<200 copie/mL fino al 2003,
<40 copie/mL dal 2004), in assenza di “blip” viremici, mentre la conta dei T-linfociti CD4+ è stata compresa tra
597-794 cellule/µL (percentuale compresa tra il 28-36%), in concomitanza con un’espansione della popolazione
di linfociti CD8+ contenuta tra il 52-56%. I valori persistentemente indosabili di viremia non hanno mai consentito l’effettuazione di test di resistenza.
Discussione
Nella nostra p seguita dall’età di 23 anni, un’infezione da HIV-1 ripetutamente confermata con Western-Blot non
si è mai accompagnata ad una viremia di HIV-1 dosabile, né ad una qualsivoglia compromissione della conta dei
linfociti CD4+, in presenza di un’espansione della popolazione CD8+. Rodés [AIDS 2004;18:1109] ha riportato
cinque “long-term non-progressor” con viremia persistententemente negativa per 6 anni (1997-2003), dimostrando una
riduzione della replicazione virale connessa alla presenza di virus R5 ed alla mutazione R77Q del gene “vpr”. Sul
versante immunologico, Rodés notava una ridotta espansione della popolazione CD8+ in questi 5 p. Casi clinici
come quello osservato, sebbene non rapppresentativi della popolazione dei p HIV-positivi, sarebbero meritevoli
di approfonditi studi viro-immunologici, onde reperire informazioni sul network che sottende una così prolungata
latenza dell’infezione da HIV.
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Posters Gruppo A • A12
RAPIDA E GRAVE ATEROGENESI A CARICO DEI GROSSI VASI IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV.
L’INFETTIVOLOGO ED IL CHIRURGO VASCOLARE
*Manfredi R., Sabbatani S.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
Un’accelerata aterogenesi è fenomeno crescente tra i pazienti (p) con infezione da HIV, trattati con antiretrovirali
(HAART).
Caso clinico
Un p cinquantenne con infezione da HIV nota da 4 anni, da 19 mesi era in trattamento HAART. Con l’eccezione di una
moderata dislipidemia (colesterolemia massima 255 mg/dL, LDL 147 mg/dL, trigliceridemia massima 474 mg/dL),
controllata dalla somministrazione alternata di statine/fibrati, non risultavano fattori di rischio cardiovascolare
(anamnesi familiare rmuta, non tabagismo, ipertensione arteriosa, diabete mellito, soprappeso). Undici mesi dopo
l’inizio dell’HAART (19 mesi fa), in presenza di viremia HIV soppressa e di una conta di T-linfociti CD4+ pari
a 253 cellule/µL, la comparsa di dolore addominale con palpazione di massa pulsante portava alla una conferma
ultrasuonografica-TC di aneurisma aortico toraco-addominale tipo III, e ad intervento di posizionamento di
endoprotesi. Sette mesi più tardi, un improvviso, lacerante dolore addominale dovuto alla rottura di aneurisma
aortico addominale-sovrarenale, richiedeva immediato reintervento e posizionamento di una seconda endoprotesi
tra il precedente graft toracico ed il tratto protesico aortico sovrarenale, con rivascolarizzazione delle arterie renali
e della mesenterica superiore. Come monitorato da studi ultrasuonografici, doppler, TC, e RMN, non intervenivano
complicazioni e sequele. L’HAART veniva proseguita favorevolmente, continuando gemfibrozil per l’ipertrigliceridemia.
Discussione
Aneurismi aortici e dei grossi vasi sono stati descritti aneddoticamente in corso di infezione da HIV (circa
30 casi finora riportati), ma la necessità di un doppio intervento dopo rottura di aneurisma aortico già sottoposto
elettivamente a chirurgia vascolare, non ha precedenti. L’aumentata aspettativa di vita dei p HIV-positivi, le
frequenti anomalie dismetaboliche, e la disfunzione endoteliale aterogenica, rappresentano fattori di rischio per
un’aumentata morbilità a carico dei grossi vasi. Le linee-guida di chirurgia vascolare non differiscono da quelle
della popolazione generale.
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Posters Gruppo A • A13
LIPOMATOSI ED INFEZIONE DA HIV TRATTATA CON ANTIRETROVIRALI (HAART). CLINICA, EVOLUZIONE,
E POTENZIALI CORRELATI PATOGENETICI
*Manfredi R., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
Dal 1996, a seguito della disponibilità dell’HAART, sono emersi sindrome lipo-distrofica ed anomalie dismetaboliche.
Accumuli localizzati di tessuto adiposo possono presentarsi come adiposità viscerale diffusa, come lipomastiaginecomastia, e come “gibbo di bufalo”, mentre il ruolo della lipomatosi resta a tutt’oggi discusso.
Pazienti-Metodi
In 22 pazienti su >700 trattati con HAART dall’anno 2006 (oltre il 3% dei casi),18 uomini e 4 donne, di età 36-59
anni, sono comparsi lipomi multipli (3-40 diverse lesioni, confermate ultrasuonograficamente), con prevalente
coinvolgimento di tronco ed arti superiori-inferiori, associate in genere a fastidio locale.
Risultati
Tra i pazienti coinvolti, la durata della sieropositività per HIV risultava compresa tra 32-116 mesi. I nostri 22
pazienti avevano assunto 4-16 linee terapeutiche: quasi tutti gli analoghi nucleos(t)idici e gli inibitori delle proteasi
erano stati usati, mentre un non-nucleosidico era stato somministrato in soli 7 pazienti. Alla diagnosi di lipomatosi, tutti i pazienti avevano in corso un’HAART contenente inibitori delle proteasi da 14-76 mesi. Mentre
la situazione virologica-immunologica si manteneva favorevole, si riscontrava un ampio spettro di anomalie
dismetaboliche e di alterazioni tipiche della lipodistrofia: un’evidente lipoatrofia in ben 16 pazienti, associata ad
adiposità centrale in 14 casi. Ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, ed iperglicemia venivano rilevate in 18, 12,
e 3 pazienti. Il follow-up successivo al riscontro di lipomatosi (10-78 mesi), era caratterizzato dall’insorgenza di
ulteriori lesioni in 13 casi (59,1%), e da stabilizzazione in 9, in assenza di regressione spontanea. Sei pazienti su
22 (27,3%), si sottoponevano a chirurgia plastica, con risultati soddisfacenti e nessuna recidiva.
Discussione
L’incidenza di lipomatosi non è stata segnalata in incremento in corso di infezione da HIV, anche in epoca di
HAART. Sul versante patogenetico, la frequente associazione con alterazioni clinico-metaboliche merita indagini
epidemiologiche-patogenetiche, volte ad investigare eventuali correlazioni, e ad identificare eventuali strategie
preventive.
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62
Posters Gruppo A • A14
RINNOVATA RIMBORSABILITA’ DEI FARMACI IPOLIPIDEMIZZANTI IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
TRATTATA CON ANTIRETROVIRALI (HAART)
*Manfredi R.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
I significativi progressi raggiunti grazie ai regimi HAART sono minati dall’incrementato rischio di patologie
dismetaboliche-cardiovascolari, conseguenti per lo più all’impiego degli stessi antiretrovirali. Dal novembre
2004, la modificazione della “nota 13” ad opera dell’AIFA, ha escluso la rimborsabilità dei farmaci ipolipidemizzanti in prevenzione primaria.
Metodi e Risultati
Dal 2004, le modalità prescrittive degli ipolipidemizzanti del 2004 si basavano su tabelle di rischio o su uno score
calcolabile attraverso appositi software, sviluppati per la popolazione generale, ma che non tenevano conto di variabili
specifiche dei pazienti (p) HIV-positivi in terapia HAART. Nella nostra coorte, la prevalenza di ipertrigliceridemia
e di ipercolesterolemia supera il 30% ed il 20%, mentre una dislipidemia mista è presente nel 25% dei casi.
Applicando il software previsto per la popolazione generale, meno del 10% di questi p dislipidemici
raggiunge una soglia >20% di incorrere in un evento vascolare maggiore nel successivo decennio:questa distorsione è dovuta all’età media più bassa, alla frequente mancanza di dislipidemia familiare, di diabete conclamato,
e di ipertensione farmacologicamente trattata. Di conseguenza, dal novembre 2004 oltre il 90% dei p HIV-positivi
dislipidemici ha perso il diritto al rimborso di statine, fibrati, ed acidi grassi omega-3.
Discussione
Le raccomandazioni Ministeriali emanate del 2004 hanno ignorato la situazione dei p HIV-positivi trattati con
HAART, esposti a rischio vascolare, nonostante l’età relativamente giovane e l’assenza di molteplici fattori di
rischio “tradizionali”. Nel medio-lungo periodo, molti benefici indotti dall’HAART rischiavano di venire vanificati
dalla mancata rimborsabilità dei farmaci ipolipidemizzanti. L’attuale ripristino del regime di rimborsabilità per
statine, fibrati, ed acidi grassi polinsaturi, anche nella profilassi primaria del rischio vascolare in p HIV-positivi
trattati con HAART, rappresenta una presa di coscienza e sana una contraddizione epidemiologica, clinica, di
sanità pubblica, e farmaco-economica, protrattasi per oltre due anni.
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63
Posters Gruppo A • A15
EPATOTOSSICITA’ DEGLI INIBITORI NON-NUCLEOSIDICI DELLA TRASCRIPTASI INVERSA DI HIV. NON
VI SONO CORRELAZIONI TRA TOSSICITA’ CONNESSA ALL’IMPIEGO DI NEVIRAPINA, SESSO FEMMINILE,
E CONTA DI LINFOCITI CD4+ RELATIVAMENTE ELEVATA
*Manfredi R., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
Alcuni recenti report hanno incentrato la loro attenzione su una potenziale accresciuta tossicità epatica a carico
dell’inibitore non-nucleosidico della trascriptasi inversa di HIV (non-nucleoside reverse transcriptase inhibitor,
NNRTI) nevirapina nelle pazienti di sesso femminile con difese immunitarie buone, come dimostrato da una
conta di T-linfociti CD4+ superiore a 250 cellule/µL (specialmente in corso di gravidanza) [FDA advisory on
nevirapine. AIDS Treat News 2005;409:7].
Metodi e Risultati
Nell’ambito di uno studio osservazionale in aperto effettuato su 742 pazienti HIV-positive consecutive trattate
con un regime antiretrovirale comprendente un NNRTI (nevirapina oppure efavirenz), introdotto in pazienti naïve
per tutte le terapie antiretrovirali, versus soggetti pretrattati con 2-10 diverse linee terapeutiche (ma ancora naïve
per tutti gli NNRTI), non abbiamo osservato alcun incremento significativo di tutti i parametri di epatotossicità
nel gruppo trattato con nevirapina, sulla base delle due principali variabili considerate (sesso femminile versus
sesso maschile, e conta di linfociti CD4+ superiore a 250 cellule/µL, versus conta di CD4+ inferiore a 250 cellule/µL al momento dell’introduzione del farmaco NNRTI). Le donne in stato di gravidanza sono state escluse dallo
studio, in quanto il NNRTI efavirenz è notoriamente controindicato in tale circostanza.
Conclusioni
I regimi terapeutici antiretrovirali contenenti nevirapina risultano in genere maggiormente epatotossici rispetto
a quelli contenenti efavirenz, ed un ruolo fondamentale viene giocato dall’eventuale coesistenza di patologie
croniche epato-biliari. In base alla nostra esperienza, non sono stati però rilevati fattori di rischio aggiuntivi relativi
al sesso femminile e alla compresenza di una conta di linfociti CD4+ relativamente elevata (superiore a 250
cellule/µL).
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Posters Gruppo A • A16
CARCINOMA GASTRICO ED INFEZIONE DA HIV, CON ESITO FAVOREVOLE DOPO UNDICI ANNI DI
FOLLOW-UP. CASO CLINICO, E REVISIONE DELLA LETTERATURA
*Manfredi R., Sabbatani S., Fasulo G.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
Presentiamo un raro caso clinico di adenocarcinoma gastrico associato ad infezione da HIV, sottoposto a chirurgia
radicale nel 1998 in un paziente di 37 anni, HIV-positivo da 10 anni, ed il cui follow-up ha ormai raggiunto 11
anni liberi da malattia.
Caso clinico
Un inatteso, severo calo ponderale ed un’esofago-gastro-duodenoscopia, permisero la diagnosi precoce di un
adenocarcinoma antrale gastrico ulcerativo, immediatamente sottoposto a gastrectomia-omentectomia subtotale.Sia la diagnostica per immagini, sia gli esami istopatologici esclusero un’infiltrazione loco-regionale. La
prosecuzione di un’adeguata terapia antiretrovirale manteneva soppressa la replicazione virale, e permetteva un
incremento della conta dei T-linfociti CD4+ (>600 cellule/µL dal 2000). Nel corso dei successivi anni di follow-up,
il nostro paziente si sottoponeva a periodici esami strumentali, che confermavano la guarigione della patologia
neoplastica.
Discussione
I tumori HIV-associati coinvolgono organi e sedi non elencati nell’ormai “antiquata” lista delle patologie definenti l’AIDS conclamata, il cui ultimo aggiornamento risale al 1993. Una disamina della letteratura ci ha permesso di rilevare soltanto 9 casi di adenocarcinoma gastrico in soggetti HIV-positivi, 7 occorsi in epoca pre-HAART,
gravati da un’evoluzione rapidamente fatale, e due casi riportati in era HAART, trattati favorevolmente con terapia
chirurgica, sebbene i report disponibili non forniscano dettagli circa complicazioni, sequele, sopravvivenza.
Un’insorgenza precoce della malattia ha rappresentato la regola: età alla diagnosi compresa tra 37-50 anni. Comprendendo nella casistica anche il nostro paziente, in soli 2/10 casi la diagnosi è stata precoce (early gastric
cancer), beneficiando quindi di chirurgia elettiva-radicale. Per le rilevanti implicazioni diagnostiche differenziali
con patologie organiche e/o funzionali che complicano la malattia da HIV, anche il carcinoma gastrico dovrebbe
essere considerato dai clinici che trattano pazienti affetti da HIV/AIDS, a seguito dell’incrementata frequenza di
tumori solidi apparentamente non correlati direttamente all’AIDS.
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Posters Gruppo A • A17
SIFILIDE IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV. ASSENZA DI SIGNIFICATIVE INTERFERENZE VIROLOGICHE
ED IMMUNOLOGICHE
*Manfredi R., Sabbatani S., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
L’esistenza di influenze reciproche tra infezione da HIV e sifilide (patologie spesso co-rappresentate), rappresenta
un capitolo patogenetico e clinico non ancora chiarito.
Pazienti e Metodi
A seguito della recente recrudescenza delle malattie a trasmissione sessuale (MTS) in corso di infezione da HIV,
dall’anno 2001 abbiamo in corso uno studio osservazionale prospettico sulla nostra coorte comprendente >1.000
soggetti HIV-positivi. Ottantacinque pazienti (59 omo-bisessuali maschi, e 26 eterosessuali, di età compresa tra
19-61 anni), sono stati diagnosticati come nuovi casi di sifilide (secondaria in 48 casi, primaria-latente nei restanti).
Risultati
Tutti i pazienti sono stati esaminati e trattati sulla base di protocolli diagnostico-terapeutici standardizzati, e seguiti
per i successivi 12-24 mesi. Erano disponibili parametri virologici-immunologici relativi a ≥6 mesi precedenti la
diagnosi di sifilide, e ≥12 mesi successivi a tale riscontro. Tutti i pazienti tranne 6 ricevevano già un’HAART. Nel
corso del periodo di osservazione (≥18 mesi), non si evidenziava alcuna variazione significativa dei parametri di
laboratorio virologici-immunologici dell’infezione da HIV nei soggetti co-infetti da sifilide.
Discussione
Si era ipotizzato che il danno quantitativo-funzionale a carico dell’immunità cellulo-mediata della malattia retrovirale potesse giocare qualche ruolo nel modificare decorso ed espressione della sifilide. In corso di lue sono
state inoltre documentate alterazioni delle migrazione e della clearance cellulari, anomalie del network citochinico,
ed un’accelerata-accentuata apoptosi delle cellule linfoidi. Un’infezione non-opportunistica quale la sifilide non
sembra influenzare significativamente il decorso della malattia da HIV, specialmente in corso di HAART. Pur
concordando con l’allarme relativo all’epidemiologia delle MTS nei soggetti HIV-positivi o esposti all’infezione
da HIV, la sifilide non sembra modificare il decorso laboratoristico dell’infezione da HIV. Soltanto studi
prospettici caso-controllo, potranno fornire risposte circa possibili interazioni bidirezionali di natura patogeneticaclinica, tra HIV e sifilide.
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Posters Gruppo A • A18
ADENOCARCINOMA PROSTATICO ED INFEZIONE DA HIV. PRESENTAZIONE ANOMALA, ED ESITO
RAPIDAMENTE MORTALE CONNESSO A COAGULAZIONE INTRAVASCOLARE DISSEMINATA
*Manfredi R., Sabbatani S.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
L’adenocarcinoma prostatatico rappresenta un evento raro in pazienti di età <55 anni, riportato in circa 15 casi in
corso di infezione da HIV. Non si è quindi in grado di valutare se l’infezione da HIV ne possa costituire un fattore
predisponente.
Caso clinico
Un carcinoma prostatico diagnosticato già in fase metastatica interveniva in un paziente di 53 anni HIV-positivo,
ospedalizzato per segni-sintomi aspecifici: scadimento generale, febbre, faticabilità, dispnea, ed anemizzazione.
Per l’eccellente assetto immuno-virologico (conta dei T-linfociti CD4+ >500 cellule/µL, e viremia sempre
contenuta, tali da non aver mai richiesto un trattamento antiretrovirale), non venivano sospettate patologie HIVcorrelate. Ad un dolore all’anca sinistra si associavano disuria-pollachiuria: un’infezione urinarie veniva esclusa.
Soltanto tramite studio istopatologico del midollo osseo si identificava un quadro metastatico da adenocarcinoma
della prostata, in quanto anche i livelli plasmatici di PSA/PSA-free erano modestamente alterati. Metodiche di
imaging quali un’ultrasuonografia addominale-pelvica ed un esame TC, permettevano di delineare una massa disomogenea espansiva endopelvica, che determinava compressione della vescica, e coinvolgeva l’ultima vertebra
lombare, ampie porzioni del bacino, e le epifisi femorali prossimali. Una scintigrafia scheletrica evidenziava
molteplici aree di ipercaptazione con interessamento cranico, di vertebre cervicali, dorsali, lombari, e sacrali,
delle ossa pelviche, e delle porzioni superiori dei femori. Nonostante i tentativi terapeutici, l’exitus subentrava 7
settimane dopo la diagnosi, a seguito di un’inattesa, fulminante coagulazione intravascolare disseminata (CID).
Discussione
La presentazione iniziale del tutto aspecifica del carcinoma prostatico (che mimava quella di altre patologie
focali-sistemiche), e la complicazione finale, ad esito rapidamente fatale (CID), pongono problematiche di
diagnostica differenziale di tale patologia e di evolutività in corso di infezione da HIV, mentre la rapida metastatizzazione (invasività locale, ossea multipla, ed interessamento del midollo osseo con anemizzazione), che
precedeva segni-sintomi locali, nonché la tumultuosa evoluzione finale (CID), necessitano di estrema attenzione
clinica.
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Posters Gruppo A • A19
NUOVE POSSIBILI ASSOCIAZIONI TRA MALATTIA DA HIV E TUMORI SOLIDI. ADENOCARCINOMA
DELLA VESCICA IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
*Manfredi R., Sabbatani S., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
L’epidemiologia delle neoplasie solide HIV-associate è ancora incerta, in quanto l’attuale sistema di notifica di
AIDS consente di evidenziare le patologie strettamente correlate all’AIDS al momento della prima diagnosi di
malattia conclamata, mentre le affezioni non considerate associate fino all’ultima revisione (datata 1993), e le
patologie insorte in soggetti già denunciati per AIDS non vengono registrate su base nazionale. Ne deriva un’ampia
sottostima, soprattutto relativa ai tumori non considerati HIV-correlati fino al 1993. Tra le neoplasie solide, i
carcinomi vescicali rappresentano un’evenienza estremamente rara: soltanto tre i casi aneddotici riportati.
Caso clinico
La nostra esperienza relativa a tre casi di adenocarcinoma vescicale a cellule transizionali, papillifero, diagnosticati
in fase G2, presenta punti in comune: interessava soggetti di sesso maschile nella quinta decade di età, in assenza
di fattori di rischio specifici, ed in concomitanza di un’infezione da HIV rilevata da soli 2-4 anni, e pienamente
controllata dall’HAART sul versante virologico-immunologico. Mentre una recidiva singola ha interessato i
primi due pazienti e ha richiesto un trattamento chirurgico endoscopico e chemioterapico locali, le molteplici
ricorrenze e l’avanzamento dello stadio di malattia verificatisi nel terzo paziente (stadio G3), ha reso necessaria
una cistectomia radicale. Anche in quest’ultimo caso la neoplasia è stata controllata, e tutti e tre i pazienti sono
liberi da malattia da 16-28 mesi.
Discussione
Nonostante la frequenza relativamente rara dell’adenocarcinoma vescicale in corso di infezione da HIV, tale
affezione merita un’adeguata sorveglianza. Come premesso, soltanto tre casi sono riportati in letteratura, due
dei quali insorti nell’era pre-HAART. I clinici che si occupano di gestione dell’infezione da HIV e gli urologi
dovrebbero essere sensibilizzati verso tale opzione diagnostica, in presenza di segni-sintomi sospetti (ematuria
franca…), al fine di evitare ritardi diagnostico-terapeutici.
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Posters Gruppo A • A20
ADENOCARCINOMA SQUAMOSO ED ACTINOMICOSI DEL RINOFARINGE. IMPLICAZIONI DIAGNOSTICHE
E TERAPEUTICHE IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
*Manfredi R.1, Sabbatani S.1, Fulgaro C.1, Latini G.2, Burzi M.3
1
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna;
2
Otolaringologia, Ospedale Maggiore “A. Pizzardi”, Bologna;
3
Radiologia, Ospedale Maggiore “A. Pizzardi”, Bologna
Introduzione
Le neoplasie solide presentano un incremento di frequenza in epoca di HAART, e le problematiche di diagnostica
differenziale sono esarcerbate dalla concomitanza di superinfezioni, soprattutto se da microorganismi atipici.
Caso clinico
Un raro episodio di associazione tra actinomicosi ed adenocarcinoma squamoso del rinofaringe è occorso in un
paziente HIV-positivo che negli anni precedenti aveva assunto l’HAART con insufficiente compliance, cosicché
un recupero immunitario soddisfacente (T-linfociti CD4+ >400 cellule/µL), contrastava con la permanenza di
viremia dosabile. D’interesse, la concomitanza di una serie di fattori di rischio locali e specifici per patologie
infettive e neoplastiche, tra cui tabagismo, abuso inalatorio di cocaina, ed un’attività semi-professionale di
ricerca di funghi e tartufi, che richiede un sistematico annusamento di materiale contenente terriccio e polvere.
Sebbene sia stata condotta una tempestiva valutazione con l’ausilio di tecniche di TC, RM, e rinoscopia a fibre
ottiche con biopsie multiple e studi istopatologici, la diagnosi finale di una duplice patologia infettiva-neoplastica
veniva confermata soltanto a seguito di un intervento chirurgico demolitivo, e dei successivi studi anatomopatologici. Nonostante una corretta terapia antiinfettiva, e un trattamento combinato radioterapico-citotossico,
una rapida disseminazione di molteplici lesioni tumorali secondarie a livello encefalico portava rapidamente a
morte.
Conclusioni
La diagnostica per immagini ed istopatologica della duplice patologia sofferta dal paziente,e la successiva evoluzione
terapeutica e clinica, vengono discusse sulla base delle evidenze di letteratura. Per quanto è noto, non sono stati
finora riportati casi di associazione di actinomicosi ed adenocarcinoma interessanti il medesimo distretto
nasofaringeo, sia in pazienti HIV-positivi, sia in soggetti non HIV-infetti. I clinici che prestano assistenza a pazienti
con tali fattori di rischio non dovrebbero trascurare una possibile, duplice patologia (infettiva-tumorale), in presenza di lesioni espansive rinofaringee.
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Posters Gruppo A • A21
KALA-AZAR VISCERALE CON DISSEMINAZIONE CUTANEA IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV. UN
PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DI GRANDE COMPLESSITA’
*Manfredi R.1, Passarini B.2
1
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna;
2
Clinica Dermatologia, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
Nelle regioni endemiche, il kala-azar (leishmaniosi viscerale), si comporta come un’infezione opportunistica. La
disseminazione cutanea resta tuttavia un’evenienza rara.
Caso clinico
Un episodio atipico di kala-azar HIV-associato esordiva con un’eruzione cutanea maculo-papulosa diffusa. La
malattia, diagnosticata grazie all’istopatologia cutanea, presentava decorso prolungato, per mancata risposta al
trattamento di scelta, l’amfotericina B liposomiale (lAmB), e nonostante un assetto immunologico soddisfacente
(T-linfociti CD4+ >500/µL), mantenuto grazie all’HAART. Fuorviante anche la negatività degli esami sierologici
per kala-azar, nonostante la relativa immunocompetenza. Soltanto trattamenti prolungati di seconda linea, con
pentamidina e.v. per 12 settimane, e paromomicina orale per 7 settimane, portavano a guarigione il kala-azar viscerale e la disseminazione cutanea, in assenza di tossicità, e di recidive nei successivi 9 mesi.
Discussione
La diagnosi differenziale della disseminazione cutanea del kala-azar comprende innumerevoli patologie, cosicché
una biopsia cutanea con istopatologia rappresenta una scelta obbligata, poiché la sierologia può dimostrarsi
inaffidabile. Sorgono dubbi anche sul trattamento di scelta del kala-azar HIV-associato. Da circa un decennio
la lAmB si è dimostrata efficace e sicura, ma casi di fallimento sono stati occasionalmente riportati. Nel nostro
episodio, si è reso necessario un trattamento prolungato pentamidina-paromomicina, dopo molteplici fallimenti
della lAmB. Sebbene nei pazienti HIV-positivi l’HAART possa far recuperare un’efficiente risposta immunitaria
giocando un importante ruolo adiuvante, questo non ha riguardato il nostro paziente, in cui soppressione virologica
e conta dei linfociti CD4+ >500 cellule/µL, erano già presenti prima della disseminazione del kala-azar. Anche
in epoca di HAART, i clinici che trattano pazienti con un’infezione retrovirale controllata, non dovrebbero trascurare
eruzioni cutanee aspecifiche, che entrano in diagnostica differenziale con diversissime patologie. Sul fronte terapeutico, si rendono necessari studi randomizzati per individuare il trattamento ottimale del kala-azar, vista
l’incrementata incidenza di questa associazione patologica, nelle regioni endemiche dei Paesi in via di sviluppo.
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Posters Gruppo A • A22
INFEZIONE DA HIV, TERAPIA ANTIRETROVIRALE, E GINECOMASTIA
*Manfredi R., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
La ginecomastia rappresenta un evento indesiderato recentemente riscontrato in corso di infezione da HIV trattata
con HAART.
Pazienti e Metodi
Attraverso uno studio trasversale su ≈1.000 pazienti in terapia HAART, abbiamo identificato tutti i casi di
ginecomastia successivi a ≥12 mesi di HAART, al fine di valutare le possibili correlazioni con variabili cliniche,
laboratoristiche, e terapeutiche (ivi compresi gli eventi avversi dell’HAART). Tutti i pazienti affetti da ginecomastia
vera (distinta dalla c.d. lipomastia attraverso ultrasuonografia), sono stati considerati valutabili, mentre sono stati
esclusi soggetti con altre condizioni predisponenti.
Risultati
Ventisette pazienti HIV-positivi su 671 valutabili, hanno sviluppato una ginecomastia vera, in età tra 12-63 anni.
Nove pazienti su 27 non avevano mai ricevuto trattamenti comprendenti inibitori delle proteasi (IP), mentre
combinazioni basate sull’inibitore non-nucleosidico efavirenz apparentemente favorivano la comparsa di ginecomastia in 9 soggetti naïve per IP, e peggioravano questo disturbo in 4 pazienti che abbandonavano gli IP passando
ad efavirenz. Nel complesso dei regimi HAART, tra i diversi analoghi nucleosidici la stavudina risultava il farmaco
più frequentemente impiegato, assunto per una durata maggiore (p<.01). Uno studio ormonale non evidenziava
alterazioni significative, salvo in un paziente, che mostrava lievi alterazioni di FSH, LH, e testosterone, con prolattinemia normale. D’interesse che nella totalità dei 27 pazienti con ginecomastia, concomitasse una qualche forma
di sindrome lipodistrofica, mentre ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, ed iperglicemia venivano rilevate rispettivamente in 21, 16, e 7 pazienti. Nel corso del follow-up (8-46 mesi), non si osservava un miglioramento spontaneo
della ginecomastia. A causa della persistenza di iperestesia-dolorabilità locale, tre pazienti ricorrevano alla chirurgia.
Conclusioni
La ginecomastia rappresenta una problematica sottostimata in corso di infezione da HIV ed HAART. La frequente associazione tra sviluppo di ginecomastia ed altre alterazioni su base morfologica-dismetabolica favorite
dall’HAART, suggerisce di indagare sull’esistenza di vie patogenetiche comuni.
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Posters Gruppo A • A23
RUOLO DELL’INFEZIONE DA HIV E DI ALTRI FATTORI DI RISCHIO, NELL’AMBITO DELLA RIEMERGENZA
DELLA TUBERCOLOSI
*Manfredi R., Sabbatani S., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
La tubercolosi è ancor oggi gravata da elevati indici di morbilità-mortalità, per le modificazioni dello scenario
epidemiologico, la frequenza di affezioni concomitanti, e la diffusione di farmaco-resistenze. Le recenti, profonde
modificazioni occorse a carico dei fattori predisponenti (incremento dell’età, malattie concomitanti, immunosoppressione iatrogena, alcolismo, farmacodipendenze, fenomeni migratori, e pandemia da HIV), giocano un ruolo chiave.
Pazienti e Metodi
Nell’ambito di 202 pazienti seguiti per tubercolosi dall’anno 1996, abbiamo confrontato i 114 soggetti italiani
con gli 88 immigrati da Paesi extra-Europei e in via di sviluppo, in relazione a numerosi fattori di rischio, tra cui
l’infezione da HIV.
Risultati
Rispetto agli immigrati,i residenti in presentavano una frequenza più elevata di infezione da HIV/AIDS (34,2%;
p<.001), ed un prevalente coinvolgimento polmonare-pleurico rispetto a quello linfoghiandolare disseminato (p<.01).
Inoltre, i pazienti nativi presentavano uno spettro più ampio di condizioni predispondenti (età più avanzata,
anamnesi di tubercolosi, patologie croniche polmonari, cardiache, epatiche, o renali, diabete, affezioni neoplastiche,
e collagenopatie; p<.02), mentre gli stranieri mostravano un’aumentata frequenza di fattori di rischio generici
(basso reddito, problematiche socio-economiche, tabagismo, abuso di alcool-droghe; p<.03 rispetto agli italiani).
La nostra esperienza relativa agli ultimi 11 anni evidenzia due differenti pattern della malattia tubercolare: i pazienti nativi sono hanno età più avanzata, frequenti comorbidità, e fattori di rischio specifici per tubercolosi, una
maggiore frequenza di infezione da HIV, ed un predominante coinvolgimento respiratorio, mentre gli immigrati
sono più giovani ed altrimenti sani, e tendono a sviluppare forme extrapolmonari.
Conclusioni
La già presente consapevolezza del personale sanitario rispetto al mutato scenario epidemiologico-clinico della
tubercolosi, deve essere implementata al fine di ottenere diagnosi rapide ed intraprendere terapie precoci, strategie
che consentono di ridurre il rischio di trasmissione-disseminazione dell’infezione. L’auspicata, progressiva integrazione degli immigrati nell’ambito della popolazione residente, potrebbe però condurre ad un aumentato rischio di
diffusione della malattia tubercolare,soprattutto tra la popolazione locale, mediamente più anziana e vulnerabile.
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Posters Gruppo A • A24
INFEZIONE DA HIV, TERAPIE ANTIRETROVIRALI (HAART), E DANNO PANCREATICO. FATTORI DI
RISCHIO ED ASPETTI CLINICO-TERAPEUTICI
*Manfredi R., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
In epoca HAART, gli aspetti epidemiologico-clinici delle alterazioni pancreatiche in corso di malattia da HIV
sono mutati.
Pazienti e Metodi
Abbiamo esaminato la frequenza, i fattori di rischio, e le variabili clinico-terapeutiche delle alterazioni pancreatiche
in uno studio osservazionale prospettico caso-controllo di 1.081 pazienti, seguiti per ≥12 mesi.
Risultati
Rispetto ai 646 controlli, i 435 pazienti (40,2%), che lamentavano ≥1 episodi di alte razioni enzimatiche pancreatiche, presentavano durata della sieropositività ed esposizione ad inibitori delle proteasi (IP) più prolungata, conta dei
T-linfociti CD4+ <200/µL più frequente, più frequenti diagnosi di AIDS, patologie croniche epatiche-biliari, ed ipertrigliceridemia, mentre non si osservavano correlazioni con la somministrazione e la durata dell’HAART in sé. Tra i
435 pazienti esaminati, alterazioni laboratoristiche elevate-protratte eventualmente associate a segni di coinvolgimento
d’organo, si presentavano in 166 casi (38,2%), e correlavano con la somministrazione di didanosina, stavudina, lamivudina, pentamidina, cotrimoxazolo, anti-micobatterici, antiblastici, abuso di alcool-droghe, infezioni opportunistiche,
patologie epato-biliari, regimi antiretrovirali contenenti IP, ed ipertrigliceridemia. Non si rilevavano però differenze
tra i 46 soggetti con evidenza clinico-strumentale di coinvolgimento pancreatico, ed i restanti 120 pazienti asintomatici. Sebbene un’andamento ricorrente delle alterazioni enzimatiche riguardasse il 69,6% dei pazienti, soltanto nel
30,1% si rendeva necessario modificare le terapie concomitanti. Una pancreatite acuta interveniva in soli 9 soggetti
sui 46 sintomatici (19,6%). La somministrazione di gabesato e/o octreotide per 2-4 settimane (praticata in 79 casi su
166:47,6%), conseguiva vantaggi significativi in termini laboratoristici, clinici, e di imaging nell’82,3% degli episodi, con indici di successo migliori con l’impiego combinato dei due farmaci (gabesato mesilato+octreotide). Si riscontrava anche una significativa tendenza alla riduzione delle ricorrenze, ed una migliorata tollerabilità dell’HAART.
Conclusioni
Studi epidemiologici-patogenetici sono indispensabili per valutare le alterazioni pancreatiche in corso di infezione
da HIV trattata con antiretrovirali. Anche le indicazioni alla scelta di farmaci (gabesato, octreotide), in pazienti
HIV-positivi, necessita di approfondimento.
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73
Posters Gruppo A • A25
INFEZIONE DA HIV MULTIRESISTENTE AGLI ANTIRETROVIRALI DISPONIBILI. RIDOTTA FITNESS DI HIV
IN CORSO DI TERAPIA “PONTE” PRATICATA CON SOLA LAMIVUDINA
*Manfredi R., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
I pazienti HIV-positivi infettati da ceppi multiresistenti, insensibili anche alla lamivudina, beneficiano della
prosecuzione di monoterapia con lamivudina, rispetto alla prosecuzione di una combinazione, o ad una
interruzione terapeutica [Castagna, AIDS 2006;20:795-803], poiché ceppi a ridotto tasso replicativo vengono
selezionati dalla persistenza della mutazione M184V lamivudino-indotta [Gianotti, JMedVirol 2008;80:201-8].
Riportiamo l’andamento di trattamenti con sola lamivudina in pazienti multiresistenti.
Metodi e Risultati
Sei pazienti la cui infezione era trattata da 13.4±6.2 anni, con l’impiego di 8.1±4.7 linee terapeutiche, fallivano
ripetutamente per estese resistenze genotipiche, coinvolgenti tutte le tre classi antiretrovirali comunemente
impiegate. Fenomeni di tossicità erano compresenti: sindrome lipodistrofica, dislipidemia, ed insulino-resistenza
rispettivamente in cinque, tre, e due pazienti. Al momento dell’inizio della sola lamivudina, la viremia mediana
era 32,000 copie di HIV-RNA/mL, mentre la conta mediana dei T-linfociti CD4+ era 348 cellule/µL. Nel corso
del follow-up, protrattosi per 7-22 (media 7.3±3.1) mesi, non intervenivano fatti clinici HIV-correlati, le tossicità
farmaco-relate regredivano, e soprattutto non si rilevavano modificazioni significative dei markers virologiciimmunologici. Una viremia fluttuante caratterizzava tutti i casi, con una mediana al termine del follow-up di
42.500 copie/mL, mentre non si rilevava una caduta della conta dei linfociti CD4+ (mediana al termine dell’osservazione pari di cellule/µL). Due-quattro mutazioni per gli inibitori nucleos(t)idici, e due-sei mutazioni per gli
inibitori delle proteasi, venivano deselezionate durante il follow-up. Questi pazienti sono ora in condizione di
riprendere combinazioni contenenti nuove classi terapeutiche, vista la possibilità di “ottimizzare” il background.
Conclusioni
Nelle situazioni in cui un’estesa farmaco-resistenza non lascia opzioni residue, il ricorso estremo a monoterapia
con lamivudina, praticata con stretto monitoraggio in pazienti clinicamente stabili con assetto virologicoimmunologico non compromesso, rappresenta una scelta non rischiosa. Lo sfruttamento degli effetti della
lamivudino-resistenza sulla fitness virale rappresenta un approccio terapeutico di frontiera, in questi pazienti di
gestione estremamente complessa.
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Posters Gruppo A • A26
INASPETTATA DESELEZIONE DI MUTAZIONI GENOTIPICHE MAGGIORI DI TIPRANAVIR DURANTE
TRATTAMENTO DI SALVATAGGIO CON IL TIPRANAVIR STESSO, PUR IN ASSENZA DI UN BACKGROUND
TERAPEUTICO OTTIMIZZATO
*Manfredi R., Sabbatani S., Fulgaro C.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
L’importanza delle singole mutazioni indotte da inibitori della proteasi (IP), è stata tradotta in uno “score”, che
nel caso del tipranavir (T), è stato validato come misura dell’attività farmacologica in pazienti (p) pre-trattati con
altri IP.
Caso clinico
Un p in terapia antiretrovirale da 17 anni, subiva numerosi fallimenti. A seguito di viremia aumentata (55.000 copie/mL), e di caduta dei T-linfociti CD4+ (208 cellule/µL), diveniva indispensabile modificare la terapia in corso. Si
documentava una completa resistenza multi-classe, salvo T, di cui si evidenziava limitata attività, per uno “score”
mutazionale pari a +7. Nonostante non fossero possibili modificazioni del background nucleos(t)idico, e il p
rifiutasse enfuvirtide, 6 settimane oltre la viremia di HIV si riduceva a 80 copie/µL, mentre la conta dei linfociti
CD4+ aumentava (335 cellule/µL). Entro i 3 mesi, si otteneva soppressione virale, ma 4.5 mesi dopo l’introduzione
di T/ritonavir senza background “ottimizzato”, la ricomparsa di viremia detectable (125 copie/mL), consentiva un
nuovo test di resistenza, che soprendentemente dimostrava un profilo mutazionale diverso per T, di cui aumentava
l’attività sulla base del ricordato “score”, ridottosi da +7 a +4. Due mutazioni principali (I54V-M36I) scomparivano,
mentre emergeva la I84V, associata a 3 mutazioni minori. Rassicurato dal buon andamento, il p accettava di
aggiungere enfuvirtide. Dopo altri 3 mesi, la viremia tornava undetectable, ed i CD4+ restavano stabili (323345/µL).
Conclusioni
Nel p riportato, nonostante un profilo mutazionale sfavorevole, e l’iniziale, mancato uso di altri farmaci attivi,
l’aggiunta del solo T risultava efficace, ed un lieve rimbalzo viremico consentiva di apprezzare un’aumentata
suscettibilità a T. La reversione di mutazioni-chiave di T in un p in terapia di salvataggio non “ottimizzata”, non
ha finora riscontro, ed incoraggia il dibattito sul ruolo di ciascuna mutazione del gene della proteasi, e sull’applicazione di “score” mutazionali per i diversi IP.
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Posters Gruppo A • A27
GRAVE REAZIONE INDESIDERATA ALL’ABACAVIR: NEUTROPENIA FEBBRILE
Calza L., Dentale N., Piergentili B., Rosseti N., Pocaterra D., *Manfredi R.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
L’ipersensibilità all’abacavir (A) comprende reazioni allergiche che coinvolgono il 7-8% dei pazienti (p), entro
le prime 6 settimane, con manifestazioni cliniche proteiformi, che nella stragrande maggioranza possono essere
prevenute da un test genetico di screening per l’allele HLA-B*5701, che possiede valore predittivo negativo
~100%.
Caso clinico
Una p caucasica modificava l’HAART per lipoatrofia, interrompendo stavudina-didanosina per A-lamivudina,
mentre proseguiva lopinavir/ritonavir. All’epoca dello switch, il laboratorio mostrava una conta leucocitaria di
6.150 cellule/µL, CD4+ ~700 cellule/µL, e viremia undetectable. Tre settimane dopo, la p sviluppava iperpiressia, e
7 giorni oltre, si aggiungevano eritema-edema al volto, tronco, ed arti. Subito dopo l’ospedalizzazione, l’HAART
veniva interrotta, ma comparivano leucopenia, neutropenia severa (80 cellule/µL), ed anemizzazione. Per la
profonda neutropenia complicata da iperpiressia, si iniziavano levofloxacina e filgrastim. Febbre e rash si risolvevano
dopo 4 giorni, i livelli di emoglobina si correggevano entro 8 giorni, mentre la conta dei neutrofili rientrava nella
norma dopo 12 giorni, soltanto dopo somministrazione di filgrastim a 600 µg/die, poiché la risposta inziale a 300
µg/die era stata inzialmente trascurabile. La p veniva dimessa con tenofovir-emtricitabina-lopinavir-ritonavir, e
nel corso del follow-up (>6 mesi), i parametri ematologici si mantenevano normali, mentre la ricerca dell’allele
HLA-B*5701 risultava positiva.
Conclusioni
Gli episodi di agranulocitosi in corso di trattamento con A sono finora soltanto due, insorti rispettivamente dopo
5-7 settimane, ed in associazione a rash in un caso, e a febbre e disturbi gastrointestinali nel secondo paziente
[AIDS 1999;13:1420-AIDS 2001;15:2464]. Per essi è stata ipotizzata un’ipersensibilità immunomediata, oppure una mielo-soppressione attribuibile all’incorporazione del metabolita di A “carbovir trifosfato” nelle cellule
midollari. Nel nostro caso, un’agranulocitosi potenzialmente letale è comparsa 4 settimane dopo l’introduzione
di A, associandosi ad iperpiressia, rash, ed anemizzazione, manifestazioni coerenti con quelle descritte in corso
di ipersensibilità all’A, ed in presenza di positività della ricerca dell’HLA-B*5701, resasi successivamente
disponibile.
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Posters Gruppo A • A28
NECESSITA’ DI OSPEDALIZZAZIONE IN AMBIENTE INFETTIVOLOGICO E DISPONIBILITA’ DI POSTILETTO. IL PESO DELL’INFEZIONE DA HIV NEL TEMPO
*Manfredi R., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
Nonostante la modificazione della storia naturale dell’infezione da HIV, il potenziale di ospedalizzazione delle
Divisioni di Malattie Infettive (DMI) resta inadeguato.
Pazienti e Metodi
Dal 2000 sorvegliamo l’andamento delle richieste di ospedalizzazione nella nostra DMI, ed il relativo esito.
L’infettivologo consulente valuta pazienti con malattie infettive, per definire la necessità di ricovero e/o isolamento,
e deve ricercare un posto-letto adeguato in caso di indisponibilità.
Risultati
La frequenza di ospedalizzazioni fuori dalla nostra DMI è discesa dall’anno 2000 (34,3%), al 2001 (26,9%), e
2002 (12,9%), stabilizzandosi però nel 2003-2007 al 12,2% (p<.0001 versus l’anno 2000). Tra i 641 pazienti non
accettabili dalla nostra DMI, non si osservavano nel tempo differenze epidemiologiche-cliniche, e l’infezione da
HIV rimaneva la patologia prevalente (296 pazienti:46,2%). In caso di patologie infettive non diffusive, i pazienti
venivano accettati presso altri Ospedali cittadini, mentre le patologie contagiose richiedevano trasferimenti verso
altre DMI. Fino al maggio 2002, l’altra DMI cittadina accettava >30% di tali pazienti, ma l’unificazione in una
singola DMI portava al persistere nel tempo della necessità di trasferimenti presso Ospedali distanti 40-115 Km,
con frequenza stabilizzatasi ~13% nell’ultimo quinquennio. Tra i 296 pazienti HIV-positivi non accettabili presso
la nostra DMI, il 29% trovava un posto-letto presso l’altra DMI (fino al 2002), il 58% presso il nostro Policlinico,
il 3% presso Ospedali provinciali, ed il 10% era trasferito in altre province.
Conclusioni
Le DMI giocano un ruolo-chiave nel processo assistenziale ospedaliero, nonostante si rendano necessari costanti
aggiornamenti basati su patologie prevalenti e risorse disponibili. La mancanza di posti-letto adeguati rappresenta
una problematica rilevante, soprattutto in presenza di patologie severe, quando un trasferimento può incidere
sullo stato di salute e sull’isolamento. La malattia da HIV rappresenta ancora un frequente motivo di ospedalizzazione presso le DMI.
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Posters Gruppo A • A29
MALATTIE SESSUALMENTE TRASMESSE IN DONNE HIV POSITIVE VENEZIANE: FOLLOW-UP DI 6 ANNI
Ebo F., Barelli A., Brugnaro PL., Raise E.
Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale SS. Giovanni e Paolo e Ospedale dell’Angelo, Venezia
Obiettivi specifici
Evidenziare se in due gruppi di donne HIV+ (gA) e HIV- prostitute (gB) vi sono ceppi diversi di HPV, lesioni
diverse, se il condom viene usato.
Materiali e metodi
Abbiamo seguito i due gruppi per 72±6 mesi; il gA ha un’età media di 42.9±3 anni e il gB di 29±4 anni. Le
pazienti hanno affermato l’uso del condom. Riassunto dei risultati: abbiamo riscontrato Ureaplasma urealyticum
nel 23% del gA e nel 48% del gB (p<0.01); dopo l’eradicazione riappariva nel 5.6% del gA e nel 26% del gB
(p<0.01); Gardnerella vaginalis nell’11.3% del gA e nel 24% del gB (p<0.01); dopo l’eradicazione riappariva nel
3.7% del gA e nel 12% del gB. Trichomonas vaginalis era presente nel 3.7 % del gA e nell’8% del gB (p<0.01).
HPV risulta nel 37% del gA e nel 41% del gB; HPV-LG nel 35% del gA e 3.6% del gB (p<0.01) e HPV-HG nel
55% del gA e nel 96% del gB (p<0.01). Nel gA coesistevano HPV-LG e HPV-HG nel 10%. Abbiamo riscontrato
6% di H-SIL e 30% di L-SIL nel gA, 0% di H-SIL e 16% di L-SIL nel gB; CIN 1 nel 6%, CIN 2 nel 10%, VIN
2 nel 2%, VIN3 nel 2% del gA.
Conclusioni
Nel gA prevale HPV-LG mentre nel gB prevale HPV-HG; la citologia rileva meno L-SIL e nessuna H-SIL nel gB,
probabilmente per la minore età del gB. L’uso del condom non è continuativo, data la presenza e la reinfezione
con Ureaplasma urealyticum e Gardnerella vaginalis.
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Posters Gruppo A • A30
STRUCTURED PARTICLES FOR ANTIGEN PRESENTATION
Buonaguro L.1,2, Tornesello M.L.1, Buonaguro F.M.1
1
U.O.C. Biologia Molecolare e Oncogenesi Virale & Centro di Referenza AIDS, Ist. Naz. Tumori “Fond. G.
Pascale”, Napoli – Italia
2
Univ. Maryland School of Medicine, Dept of Medicine, Infectious Diseases, Institute of Human Virology,
Baltimore, Maryland
Traditional antiviral vaccines have relied on attenuated or chemically inactivated live viruses. However, the
potential safety problems related either to incomplete inactivation procedure or to reversion of attenuated vaccine
strains result in growing concerns for their use in human vaccinations. Virus-like particles (VLPs) are a subunit
vaccine, based on the expression of virus capsid proteins, which spontaneously assemble in particles structurally
similar to native virus particles, without viral genetic material. Thus, VLPs represent a non-replicating, non-infectious
particulate antigen delivery system able to present conformationally structured viral proteins to the immune
system. VLPs have been produced from enveloped and non-enveloped viruses, regardless of whether the particle
structure is based on single or multiple capsid proteins, and have been shown to elicit an effective B-cell-mediated
as well as T-cell-mediated immune response. We have developed a HIV-1 vaccine model based on HIV-1 Pr55gag
VLPs (HIV-VLPs), produced in a baculovirus expression system and presenting a gp120 molecule from an Ugandan
HIV-1 isolate of the clade A (HIV-VLPAs). The HIV-VLPAs show the induction in Balb/c mice of systemic and
mucosal neutralizing antibodies as well as CTL, by intraperitoneal as well as intranasal administration. The
HIV-VLPs efficiently induce maturation and activation of MDDCs which show an enhanced Th1- and Th2-specific
cytokine production. Moreover, the VLPs have been used to validate an ex vivo immune “morphogenomic”
strategy to screen the immune effectiveness of preventive/therapeutic vaccines. The versatility of the presentation
system, together with the strong immunogenicity, make the VLP approach a highly valuable tool for vaccination
strategies.
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Posters Gruppo A • A31
L’EMBOLIZZAZIONE PARZIALE DELL’ARTERIA SPLENICA NEL TRATTAMENTO DELL’IPERSPLENISMO
NELLA CO-INFEZIONE HIV/LEISHMANIA. PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO
La Rosa R.*, Basile A.°, Montineri A., Larocca L., Fatuzzo F.
Unità Operativa complessa di Malattie Infettive, Presidio Ospedaliero Ferrarotto di Catania
°Unità Operativa Complessa di Radiologia, Presidio Ospedaliero Ferrarotto di Catania
La leishmaniosi viscerale (LV) nei paesi del mediterraneo è una zoonosi provocata dal protozoo Leishmania
infantum. Nei paesi del sud dell’Europa i casi di LV sono aumentati in seguito alla crescita del numero di pazienti
immunocompromessi causati dalla diffusione dell’infezione da HIV, dai disordini linfoproliferativi, dai trapianti
e dalle chemioterapie. La storia naturale delle co-infezioni HIV/Leishmania, nonostante la disponibilità di
trattamenti per la leishmaniosi e per l’infezione da HIV, è caratterizzata da un’alta frequenza di recidive, da
un considerevole aumento di volume della milza con conseguente pancitopenia. Nei pazienti affetti da LV la
pancitopenia è dovuta al blocco midollare determinato dalla leishmania, alla ridotta sopravvivenza di eritrociti,
leucociti e piastrine, all’emolisi autoimmune ed all’ipersplenismo. L’ipersplenismo gioca il ruolo più importante
nel determinismo della pancitopenia attraverso il sequestro e la distruzione degli elementi corpuscolari del sangue
con conseguente aumento del volume plasmatici. In numerose patologie, cirrosi epatica con ipertensione portale, porpora trombositopenica idiomatica, sferocitosi ereditaria, l’embolizzazione dell’arteria splenica è una procedura
impiegata per il trattamento dell’ipersplenismo secondario. Presentiamo il caso di un paziente di 39 anni, maschio,
affetto da co-infezione HIV/Leishmania con splenomegalia e severa pancitopenia trattato con embolizzazione
parziale dell’arteria splenica (PSE). La splenectomia elettiva è la procedura elettiva nel trattamento dell’ipersplenismo
nei pazienti immunocompromessi affetti da VL. Poiché in questi pazienti la splenectomia può essere causa tra
l’altro dell’insorgenza di gravi sepsi, in questo report verrà analizzata l’efficacia e la sicurezza della PSE.
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Posters Gruppo A • A32
PRESENZA DELL’ALLELE HLA-B*5701 NEI SOGGETTI AFFETTI DA INFEZIONE DA HIV RESIDENTI NELLA
PROVINCIA DI CATANIA
La Rosa R.*, Montineri A., Larocca L., Fatuzzo F.
Unità Operativa complessa di Malattie Infettive Presidio Ospedaliero Ferrarotto di Catania
Introduzione
L’abacavir è una guanosina, inibitore nucleosidico della trascrittasi inversa, approvato per il trattamento dell’HIV
in combinazione con altri farmaci antiretrovirali, da quasi 9 anni. Studi effettuati per verificare la sicurezza del
farmaco lo hanno associato con una reazione di ipersensibilità (ABC HSR- Abacavir Hypersensivity) caratterizzata da febbre, rash, cefalea e sintomi gastrointestinali, che tipicamente insorgono nelle prime 6 settimane
dall’inizio della terapia. È stato inoltre accertato che la reazione è più severa alla riesposizione al farmaco. Due
studi indipendenti hanno stabilito un’associazione tra ABC HSR e l’allele HLA-B*5701 del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) di classe I. Due trials clinici complementari e indipendenti (Predict-1 e Shape),
presentati nel luglio 2007, hanno confermato l’associazione tra HLA-B*5701 e ABC HSR. Attualmente studi
osservazionali che utilizzano lo screening per HLA-B*5701 supportano l’idea che lo screening genetico ridurrà
significativamente sia le reazioni da ipersensibilità immunologicamente mediate sia i falsi positivi nelle diagnosi
cliniche.
Obiettivo
L’obiettivo di questo studio ricercare la presenza dell’allele HLA-B*5701 nei soggetti affetti dall’infezione da
HIV nati in Sicilia al fine:
a) di conoscerne la prevalenza;
b) di stabilire l’importanza dello screening dei pazienti al momento della diagnosi dell’infezione da HIV;
c) di garantire la sicurezza della terapia con abacavir.
Tutti i pazienti anti-HIV positivi dell’ambulatorio della UOC di Malattie Infettive dell’Ospedale Ferrarotto di
Catania saranno sottoposti allo screening per la ricerca dell’allele HLA-B*5701.
Materiali e Metodi
Il test sarà effettuato mediante metodica PCR. Il test dà un risultato positivo sia in presenza dell’allele HLAB*5701 che di HLA-B*5708 e HLA-B*5514, verrà pertanto effettuata un’analisi di secondo livello con reverse
dot blot per i campioni risultati positivi. Al momento.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A32
Risultati preliminari
Al momento 102 su 186 pazienti sono stati sottoposti al test. In cinque è stata riscontrata la presenza dell’allele
HLA-B*5701. I pazienti risultati positivi provenivano:
a) un paziente dallo Sri Lanka (un solo paziente proveniva dallo Sri Lanka nella casistica esaminata);
b) un paziente proveniva dal Senegal (tre pazienti provenivano dal Senegal nella casistica esaminata);
c) tre pazienti provenivano dalla provincia di Catania
(96 pazienti provenivano dalla provincia di Catania nella casistica esaminata).
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Posters Gruppo A • A33
IL BISOGNO DI CURE ODONTOIATRICHE NELLE PERSONE HIV+
Sparaco A.P., Ghezzi M., Donati G., Andriella K., Rania V., Gabrielli E.,Galli M.
Obiettivi specifici
L’HAART ha nettamente aumentato l’aspettativa di vita dei soggetti HIV+, parallelamente è cresciuto il bisogno
di assistenza odontoiatrica cui è però spesso difficile accedere. Abbiamo indagato la richiesta di assistenza
odontoiatrica delle persone HIV+, il grado di soddisfazione ottenuto, la disponibilità di presa in cura da parte dei
dentisti.
Materiali e metodi
Tra maggio 2005 e febbraio 2006 sono stati somministrati questionari consecutivamente a 600 pazienti osservati
presso la clinica di Malattie Infettive dell’A.O. ’L. Sacco’-Milano ed a 100 medici/dentisti operanti nell’area
metropolitana milanese.
Risultati
Il 55% ritiene le condizioni della propria bocca insoddisfacenti ed un ostacolo alla vita di relazione.
L’88% è convinto che il trattamento odontoiatrico possa migliorare la qualità di vita.
Il 39% ha sperimentato il rifiuto della presa in cura.
Il 32% non ha informato il proprio dentista dello stato di sieropositività.
Nei dentisti l’atteggiamento prevalente è la delega dei soggetti HIV+ a strutture “dedicate”; il 78% rivendica la
libertà di scelta se curarli o no.
Conclusioni
La limitata disponibilità di strutture pubbliche e private e l’attitudine di una parte dei dentisti rappresentano una
significativa limitazione all’accesso alle cure odontoiatriche. L’esclusione delle persone sieropositive dalle cure
può avere riflessi negativi sulla gestione clinica e l’autostima dei pazienti e sulla salute pubblica per la mancata
informazione ai dentisti sullo stato di infezione.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A34
L’ASSISTENZA AI BAMBINI CON AIDS: NUOVI MODELLI
Guarino A., Giannattasio A.
Dipartimento di Pediatria, Università Federico II, Napoli
L’infezione da HIV, se trattata adeguatamente, consente oggi una sopravvivenza lunga. I bambini sieropositivi
vivono in condizioni cliniche soddisfacenti, senza le manifestazioni cliniche della malattia ed i continui ricoveri
ospedalieri che caratterizzavano la vita dei pazienti pediatrici con HIV negli anni ’90. L’infezione da HIV si è
trasformata, quindi, da una malattia fatale in pochi anni ad una malattia cronica.
Nella gestione del bambino con HIV sono emersi nuovi problemi quali la comunicazione della diagnosi, la necessità di
assumere correttamente i farmaci necessari per tenere sotto controllo la malattia, l’inserimento nel mondo sociale,
scolastico e successivamente lavorativo.
Da sempre, per i suoi complessi aspetti, l’assistenza alla persona sieropositiva o malata di Aids ha richiesto un
approccio multidisciplinare con l’infettivologo o l’immunologo pediatra al centro della gestione clinica, con il
doppio ruolo di esperto e di coordinatore (e quindi di responsabile) dell’assistenza del bambino, considerato nella
sua globalità. Le strategie assistenziali considerano i sintomi clinici, i dati di laboratorio, i complessi parametri
viro-immunologici che guidano la classificazione dell’infezione e la terapia antiretrovirale, ma anche le paure, i
bisogni quotidiani e la dimensione relazionale ed affettiva del bambino e della sua famiglia. L’approccio all’AIDS
si e’ profondamente modificato nel tempo e in modo crescente richiede una stretta integrazione tra diverse
dimensioni: il punto di vista biomedico, infatti, si deve confrontare e correlare agli aspetti somatici, psichici,
sociali ed etici della persona. L’AIDS e’ un perfetto esempio della visione approccio bio-psico-sociale della malattia.
Secondo i dati del Registro Italiano per l’Infezione da HIV in Pediatria, in Italia sono stati segnalati fino al 2004
un totale di 7176 bambini con fattori di rischio per infezione da HIV. Di questi, sono attualmente viventi e
seguiti circa 1350 bambini con infezione da HIV, con un’età media di 15 anni. Il numero di bambini con infezione
da HIV che diventano adolescenti e poi adulti è destinato a crescere e si pone in modo crescente il problema del
riferimento dei pazienti seguiti in pediatria alla cura da parte di infettivologi degli adulti. La situazione dei bambini con AIDS è peculiare, considerato che la loro storia quasi sempre iniziata alla nascita, la durata della malattia e
la riservatezza necessaria per i delicati aspetti della patologia hanno creato un rapporto stretto e spesso esclusivo
tra pazienti e medici dei centri di riferimento, un rapporto che per la sua origine e storia appare difficile da
interrompere o anche solo modificare.
Allo scopo di ridisegnare il modello delle cure del bambino/adolescente con HIV, nel maggio 2008 si è tenuto a
Siracusa un workshop congiunto tra esperti di AIDS pediatrico e degli adulti, sulla “gestione clinica e assistenza
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A34
globale del bambino con infezione da HIV, dalla nascita all’adolescenza”. Nel corso del workshop e’ emerso
chiaramente che gli aspetti infettivologi ed immunologici sono cambiati, pur restando peculiari nel bambino
rispetto all’adulto. Sono emersi nuovi problemi e, in particolare gli effetti collaterali metabolici e cardiovascolari
a medio e lungo termine delle terapie antiretrovirali. Infine, sempre più attenzione richiedono le problematiche
psichiche e di inserimento nel sociale di tali pazienti.
Per ciò che riguarda quest’ultimo punto, non ci sono attualmente risposte chiare basate su modelli stabiliti e valicati
di tipo assistenziale. Una risorsa preziosa per rispondere ai crescenti problemi di inserimento dell’adolescente con
infezione da HIV in un contesto sociale adeguato e funzionale alla gestione della sua malattia, e’ rappresentata
dal volontariato e dalle associazioni. D’altro canto, questa stessa risorsa può risultare inefficace o addirittura
rischiosa sul piano clinico-psicologico per il paziente e la sua famiglia se non adeguatamente integrata con
l’attività medica.
Alcune esperienze fatte in contesti psico-sociali in connessione con il volontariato si configurano come veri e propri
trials clinici, che rischiano di non essere sostenuti dai criteri di rigore sostanziale e formale che sono richiesti dalla
“buona pratica clinica”. E’ quindi necessario nell’ambito di un modello assistenziale “multidisciplinare” definire
ruoli e responsabilità, tenendo presente che la responsabilità ultima del bambino con HIV sul piano assistenziale deve
restare al medico. E’ necessario rivalutare le modalità assistenziali e definire gli interventi di supporto psicologico
e di sostegno sociale, alla luce della sperimentazione adeguata, e rigorosa degli interventi e della validazione di
modelli assistenziali.
E’ importante utilizzare bene il volontariato, coordinandone e controllandone il ruolo, che può offrire preziose
opportunità nella gestione dell’adolescente sieropositivo, senza le inevitabili restrizioni e limiti del sistema sanitario.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A35
NEOPLASIE HIV E NON HIV-CORRELATE IN CORSO DI INFEZIONE DA HIV
Dalessandro M. *, Gorgoretti V., Zingariello P., Vignale F., Falasca K., Alemanno F., Ripani P., Ucciferri C.,
Pizzigallo E., Vecchiet J.
Clinica Malattie Infettive Università “G. D’Annunzio” – Chieti
Introduzione
Durante l’era HAART, l’incidenza delle neoplasie HIV-correlate è diminuita significativamente, mentre alcuni
studi recenti hanno suggerito che l’incidenza delle altre neoplasie non associate all’immunodepressione sembra
essere in aumento e più elevata rispetto alla popolazione generale. Fattori di rischio alla base di questo nuovo
capitolo della gestione dei pazienti (pz) HIV+ sembrano essere l’aumento della sopravvivenza dei pz HIV+ in
HAART, la presenza di coinfezioni con i virus EBV, HPV, HCV-HBV, la potenziale oncogenicità sia del virus
HIV stesso che della terapia HAART.
Scopo
Descrivere i casi di neoplasie sia HIV che non correlate osservate a partire dal 1996 nella popolazione HIV+ in
cura presso il Day Hospital della Clinica di Malattie Infettive dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti.
Materiali e Metodi
I dati raccolti sono stati desunti dalla consultazione delle cartelle cliniche presenti a partire dal 1996 fino al
settembre 2008. Per ogni pz sono stati individuati i principali dati epidemiologici e viro-immunologici correlati
all’infezione da HIV al momento della diagnosi di neoplasia, la presenza di coinfezioni ed infezioni opportunistiche
sviluppate durante la terapia antineoplastica, le recidive presentate, le cause di morte.
Risultati
I casi di neoplasie diagnosticati nel periodo considerato sono stati complessivamente 12. Abbiamo suddiviso tale
casistica in due periodi: dal 1996-2002 (gruppo A) e dal 2003-2008 (gruppo B). Nel primo gruppo vi sono stati
3 casi di tumore HIV-correlati (un linfoma non Hodgking -NHL- e 2 sarcoma di Kaposi -SK-) ed un caso di
linfoma di Hodgking (HL). Al momento della diagnosi di neoplasia, l’età media dei pz era di 43.3±17.8 aa, 3
erano maschi, 2 avevano acquisito l’infezione da HIV attraverso rapporti eterosessuali, un pz era emofilico ed uno
tossicodipendente, 3 pz appartenevano allo stadio C3 ed un pz a B2 secondo i CDC, 2 pz erano late presenters
mentre negli altri 2 pz la malattia era stata acquisita in media da 13 aa), 2 pz erano coinfetti con HCV. Il valore
medio dei linfociti CD4+ era di 167±284 cellule/mmc (13.5%), in un solo pz l’HIVRNA plasmatico era < 400
copie/ml. Nel gruppo B sono stati diagnosticati 3 casi di tumore HIV-correlati (2 NHL, 1 SK) e 5 casi di tumori
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A35
non correlati all’immunodeficienza (1 carcinoma epidermoidale della lingua, 2 epatocarcinomi, 1 ca. polmonare,
1 corioncarcinoma). L’età media è stata di 44.3±12.1 aa, 6 erano maschi, 5 riferivano di aver contratto l’infezione
da HIV attraverso rapporti eterosessuali e 3 attraverso l’uso di sostanze stupefacenti ev, 4 pz appartenevano allo
stadio C3, 2 pz a C2, 1 pz a B3, 1 pz a B2, 2 pz erano late presenters e 6 avevano una diagnosi di infezione da HIV
in media da 14 aa, 3 pz erano HCV+ ed uno HBV+. Il valore medio dei linfociti CD4+ era di 181±191 cellule/mmc
(11.8%), in 3 pz l’HIVRNA plasmatici era < 50 copie/ml. Distinguendo i casi di tumore AIDS-definenti (6) da
quelli non (6), si osserva che nel primo gruppo 4 pz erano late presenters mentre nel secondo i pz le neoplasie
sono state diagnosticate in pz “cronici”.
Conclusioni
Sebbene la HAART abbia comportato un incremento dell’immunità cellulo-mediata nella popolazione HIV+,
in letteratura è ampliamente descritto un aumento dei casi di tumore non correlati all’infezione da HIV. I nostri
dati confermano tale affermazione e sottolineano come nei pz HIV+ “cronici” sia importante porre attenzione
allo sviluppo di tumori non associati alla malattia da HIV, mentre nei pz late presenters i tumori AIDS-definenti
rimangono associati al grave immunodeficit e alla attiva replicazione virale di HIV.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A36
VALUTAZIONE DELLA MASSA OSSEA CON OSTEOSONOGRAFIA FALANGEA IN PAZIENTE HIV+
Falasca K.*, Porfiri S.1, Dalessandro M., Ucciferri C., Mancino P., Gorgoretti V., Zingariello P., Alemanno F.,
De Remigis PL., Vecchiet J.
Clinica di Malattie Infettive e 1Clinica Ortopedica – Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento. Università
“G. d’Annunzio” Chieti-Pescara;
2
Centro Regionale per lo studio della Tiroide – PO “SS Annunziata” Chieti
Introduzione
E’ sempre più frequente, circa il 67% dei casi, osservare un’associazione tra osteopenia/osteoporosi e infezione
da HIV. La maggior parte degli autori ritiene che l’HIV stesso svolga un ruolo di primo piano: infatti, la perdita di
densità minerale ossea (BMD) si osserva in 2/3 dei pazienti con infezione da HIV naive per terapia antiretrovirali
(TARV), a volte tende a migliorare sotto TARV.
Stiamo conducendo uno studio osservazionale per stimare la prevalenza di patologie ossee nella nostra coorte di
pazienti, afferenti alla Clinica di Malattie Infettive di Chieti.
Materiali e Metodi
Valutando i dati preliminari, abbiamo analizzato pazienti HIV+ di sesso maschile, popolazione a bassa incidenza
per patologie ossee, in HAART da più di 12 mesi (7 ± 4 anni). Sono stati valutati i parametri: viro-immunologici;
antropometrici ed la densità minerale ossea utilizzando una osteosonografia falangea, analizzando i valori dello
Z-score, T-score e del UBPI, considerato un indice di rischio di frattura (se < 0.39). Abbiamo definito
l’osteopenia e l’osteoporosi, in accordo con i criteri della WHO, normalizzando i valori per età e in particolare
con valori soglia del T-score: normale > -1; osteopenico da -1 a – 3.2; osteoporotico < -3.2.
Risultati
Sono stati inclusi 27 pazienti maschi con età di 43.8 ± 8.6 anni, peso corporeo di 70.3 ± 9.3 Kg ed un BMI
di 23.2 ± 2.4. Dal punto di vista viro-immunologico 85% ha mostrato una viremia negativa e CD4% di 25 ± 9,
inoltre 8 erano in uno stadio A del CDC, 12 in uno stadio B e 7 in uno stadio C. Lo Z-score è stato di -0.77 ± 1.3,
il T-score è risultato di -0.44 ± 1.4 ed infine UBPI di 0.71 ± 0.17. Osteopenia e osteoporosi sono risultati presenti
rispettivamente nel 44% e nel 7.4% dei pazienti, per cui il 51,8% dei nostri pazienti ha mostrato un’alterata densità
ossea. L’UBPI è risultato patologico nell’11.1% dei casi. Infine l’analisi di correlazione secondo Spearman ha
mostrato che l’UBPI è risultato statisticamente correlato il valore percentuale dei CD4 (r=0.16 e p=0.007) e con
gli anni di TARV (r=0.36 e p=0.04).
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A36
Conclusioni
Questi dati dimostrano, al pari di altre coorti, l’alta prevalenza di osteopenia nei pazienti HIV+ e il ruolo
predittivo dell’UBPI, indice di rischio per frattura ossea, associato con le condizioni viro-immunologiche dei
pazienti. Infatti tanto maggiore è il rischio di fratture tanto maggiore è il numero di anni di TARV e quindi dei
CD4%. Questa tecnica non invasiva, semplice e poco costosa come l’osteosonografia falangea quantitativa,
permette di controllare i cambiamenti della massa ossea in questa popolazione fortemente a rischio.
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Posters Gruppo A • A37
CONFRONTO DELLE CAUSE DI MORTALITÀ HIV/AIDS-CORRELATA IN DUE DIFFERENTI PERIODI STORICI
Vignale F. *, Dalessandro M., Zingariello P., Gorgoretti V., Falasca K., Mancino P., Ucciferri C., Ripani P.,
Alemanno F., Pizzigallo E., Vecchiet J.
Clinica Malattie Infettive Università “G. D’Annunzio” – Chieti
Introduzione
I casi di morte e di patologie AIDS-correlate sono diminuiti durante l’era HAART e sono tutt’oggi caratterizzati
da una minore incidenza. Tuttavia, le cause attuali di morte nei pazienti HIV+ rimangono ancora di non facile
definizione a causa della continua evoluzione della patologia stessa.
Obiettivi
Descrivere le cause di morte che si sono verificate nella popolazione HIV+ in cura presso la Clinica di Malattie
Infettive dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti.
Materiali e Metodi
I dati epidemiologici, clinici, viro-immunologici e le cause di morte verificatesi tra i nostri pazienti (pz) HIV+
sono stati ricavati dalla consultazione delle cartelle cliniche presenti sia in reparto che in Day Hospital tra il 19982002 (gruppo A) e tra il 2003-2008 (gruppo B).
Risultati
Nei due gruppi si sono verificati rispettivamente 6 decessi su 80 pz (7.5%) (4 pz erano maschi; età media pari a 39 aa;
4 pz avevano contratto l’infezione attraverso l’uso di sostanze stupefacenti ev, e 2 per via sessuale; 4 pz appartenevano allo stadio C sec. CDC) e 8 decessi su 105 pz ( 7.6%) (5 pz maschi; età media pari a 38 aa; 2 pz avevano
contratto l’infezione attraverso l’uso di sostanze stupefacenti ev, e 6 per via sessuale; 7 pz appartenevano allo
stadio C sec. CDC). Nel gruppo A 2 pz sono deceduti a causa di cirrosi epatica HCV-correlata, un pz per infarto
del miocardio, un pz per localizzazione polmonare in corso di sarcoma di Kaposi, un pz per neurotoxoplasmosi
ed un pz per una tossicità mitocondriale in corso di terapia HAART. Nel gruppo B sono stati riscontrati 4 decessi
correlati alla diagnosi di neoplasie (2 linfomi non Hodgking ad alto grado di malignità, 1 carcinoma ovarico, 1
carcinoma della lingua) e 4 morti per complicanze da infezioni opportunistiche maggiori (una PML, una malattia
disseminata da CMV associata a neurotoxoplasmosi, una criptococcosi disseminata ed una tubercolosi miliare).
Il tempo medio tra la diagnosi di infezione da HIV e di morte è stato nei due gruppi rispettivamente di 3,6 aa e
di 4,5 aa. Il tempo medio tra la diagnosi di malattia causa di morte e la morte è stata di 2,2 aa nel primo gruppo
e di 0,9 aa nel secondo. Il valore medio dei linfociti CD4+ al momento della morte nel gruppo A è stato pari a
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Posters Gruppo A • A37
170±117 cellule/mmc e solo in 2 pz l’HIVRNA era < a 400 copie/ml; nel gruppo B il valore medio dei linfociti
CD4+ è stato di 37±29 cellule/mmc con 3 pz con viremia < 50 copie/ml.
Conclusioni
Mentre il numero dei casi di morte tra i pz HIV+ dei due gruppi è sostanzialmente equiparabile (7.5% vs 7.6%),
negli ultimi 5 anni si è registrato un aumento dei casi di incidenza e di mortalità per neoplasie sia AIDS che non
AIDS correlate e di decessi imputabili ad uno stadio molto avanzato di malattia. Tale dato è il risultato di numerosi
fattori che includono l’essere late presenters, il grave immunodeficit al momento della diagnosi della patologia
causa di morte, la co-diagnosi di infezione da HIV e della malattia causa del decesso. I nostri dati ribadiscono
l’importanza di pervenire ad una precoce diagnosi di infezione da HIV e di introdurre precocemente la HAART
al fine di favorire una rapida e sostenuta immunoricostituzione, che potrebbe in parte proteggere dalla più rapida
progressione della malattia. Inoltre, nella nostra casistica, si è potuto constatare un incremento dei casi di infezione
contratti per via sessuale a dispetto di una riduzione dell’incidenza delle infezioni correlate alla tossicodipendenza,
in linea coi dati epidemiologici presenti in letteratura.
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Posters Gruppo A • A38
RUOLO DELLE ADIPOCHINE NEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE NEI PAZIENTI HIV INFETTI
Ucciferri C.*, Falasca K., Mancino P., Alemanno F., Pizzigallo E., Vecchiet J.
Clinica di Malattie Infettive – Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento. Università “G. d’Annunzio” ChietiPescara
Recenti studi hanno dimostrato che la proteina C reattiva (PCR), IL-6, l’adiponectina e IL-18 possono contribuire
indipendentemente al rischio cardio-vascolare (RCV) sia nei pazienti HIV- che nei pazienti HIV+.
Scopo del nostro studio è stato di valutare il ruolo delle adipochine e in particolare di leptina, adiponectina e
ghrelin in pazienti HIV+ in terapia antiretrovirale suddivisi in base al RCV.
Materiali e Metodi
Sono stati studiati 54 pazienti HIV+, in terapia antiretrovirale stabile da più di 12 mesi, seguiti presso la Clinica
di Malattie Infettive di Chieti. Tutti i pazienti sono stati sottoposti allo score del rischio secondo Framingham per
stimare la probabilità di eventi cadiovascolari a 10 anni. Sulla base di questo score i pazienti sono stati divisi in 2
gruppi: A) pazienti con un RCV “elevato” e B) pazienti con RCV “basso”. Per ciascun paziente sono stati valutati
i parametri: viro-immunologici (CD4, CD8, HIV-RNA e anni di terapia antiretrovirale); metabolici (colesterolo
totale, HDL, LDL, trigliceridi, pressione arteriosa, microalbuminuria, glicemia a digiuno, insulinemia e calcolo
dell’indice di insulino-resistenza -HOMA); infiammatori (PCR, cistatina-C, beta-2-microglobulina, IL-18 e IL-6);
antropometrici (indice di massa corporea –BMI; rapporto vita/fianchi –WHR; spessore del tessuto adiposo
addominale distinto in totale –TAT- , viscerale –VAT- e sottocutaneo –SAT- con scansione TC al livello L4-L5) ed
infine le adipochine (leptina, adiponectina e ghrelin).
Risultati
I due gruppi di pazienti sono risultati omogenei per sesso, età, e caratteristiche viro-immunologiche. I pazienti del
gruppo A, rispetto al gruppo B, hanno mostrato livelli statisticamente più alti di colesterolo totale, trigliceridemia,
colesterolo LDL, pressione arteriosa sistolica, glicemia, insulinemia e indice HOMA, inoltre hanno mostrato più
elevati livelli di cistatina-C, microalbuminuria e di BMI, WHR, TAT e VAT. Inoltre è emerso che i pazienti con
più alto RCV hanno livelli statisticamente più alti di IL-6, IL-18, leptina, mentre l’adiponectina è risultata
statisticamente più alta nel gruppo con RCV basso (Tabella 1). Infine dall’analisi delle correlazioni è emerso che i
nostri pazienti HIV+ mostrano una correlazione positiva tra il VAT e i livelli di leptina (r=0,20 e p=0.007) e IL-18
(r=0.34 e p=0.01) e una correlazione negativa tra VAT e adiponectina (r=-0.03 e p=0.01).
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Posters Gruppo A • A38
Conclusioni
I nostri dati mostrano che i pazienti HIV+ con un RCV aumentato mostrano un aumento dei livelli lipidemici e del
tessuto adiposo viscerale. Questo aumentato rischio è associato a valori elevati di IL-18, ghrelin e leptina e valori
bassi di adiponectina. Alla luce di tutto questo è possibile affermare che, anche nei pazienti HIV+ le adipochine
e l’adiposità viscerale rappresentano un importante markers di RCV, come già evidenziato nella popolazione HIV-.
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Posters Gruppo A • A39
STRATEGIE TERAPEUTICHE PER UNA GRAVE IPERTRIGLICERIDEMIA IN PAZIENTE HIV+
Falasca K., Ucciferri C., Mancino P., Ripani P., Gorgoretti V., Alemanno F., Vecchiet J.
Clinica di Malattie Infettive – Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento. Università “G. d’Annunzio” ChietiPescara
Introduzione e Obiettivi
Negli ultimi anni crescente interesse è rivolto ai dismetabolismi dell’assetto lipidico e glucidico, che si presentano
soprattutto in corso di trattamenti antiretrovirali con inibitori delle proteasi. Da ciò deriva una continua ricerca
di eventuali strategie terapeutiche volte a trattare questi disturbi senza alterare il successo viro-immunologico
ottenuto con la TARV. Spesso la presenza di una grave ipertrigliceridemia determina una modifica del regime
terapeutico antiretrovirale.
Descriviamo il caso di un paziente maschio, caucasico, di anni 40, HIV+ (gruppo C2 per la presenza di encefalopatia
HIV correlata), in terapia antiretrovirale con AZT + 3TC + ATV/r dal 2002 con importante ipertrigliceridemia. È
stato sottoposto ad un trattamento prima dietetico e poi farmacologico.
Case report
Giunge presso la nostra struttura per la comparsa di disturbi focali neurologici (deficit motorio dell’arto superiore
destro). All’ingresso mostra un buon compenso viro-immunologico (CD4 475 cell/mmc; CD4/CD8 0,86;
HIV-RNA <50 copie/ml), una fibrosteatosi epatica documentata ecograficamente ed una alterazione del profilo
lipidico che il laboratorio ha così documentato: colesterolo totale 204 mg/dl, colesterolo HDL 24 mg/dl, trigliceridi
298 mg/dl, colesterolo non-HDL 180 mg/dl. Si instaura rapidamente un trattamento dietetico che tuttavia non
consente di migliorare i livelli lipidici. Per il persistere della condizione di dislipidemia con il raggiungimento
di livelli di trigliceridi pari a 740 mg/dl, per la giovane età del paziente e per evitare l’esposizione ad uno stato
favorente l’aterogenesi in un soggetto con alterazioni encefaliche, si decide di intraprendere un trattamento per
la dislipidemia senza modificare la TARV. Pertanto il paziente inizia terapia con rosuvastatina 10 mg/die ed acidi
grassi polienoici 3g/die. Già dopo il primo mese si ottiene: riduzione del colesterolo totale del 14,6 % (188 mg/dl),
una riduzione del colesterolo non-HDL del 24,9 % (145 mg/dl), un aumento del colesterolo HDL del 59,3%
(43 mg/dl) ed una riduzione dei trigliceridi del 73,9% (193 mg/dl). Non vi sono state alterazioni dei livelli di
CPK, né delle transaminasi. Il paziente ha effettuato un ulteriore controllo dopo due mesi mostrando una sostanziale stabilità dei valori metabolici.
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Posters Gruppo A • A39
Conclusioni
Noi abbiamo quindi pensato di utilizzare gli effetti positivi della rosuvastatina, dimostrati nei pazienti non infetti,
utilizzando un basso dosaggio, in associazione con i benefici effetti sui trigliceridi e sul rischio cardiovascolare
degli acidi grassi nel tentativo di ottenere una riduzione dei livelli di trigliceridemia maggiore di quella riportata
in Letteratura. Senza modificare il trattamento antiretrovirale che il paziente effettuava abbiamo ottenuto livelli
soddisfacenti per quanto riguarda l’assetto lipidico. L’associazione farmacologica di rosuvastatina ed acidi grassi
polienoici ha consentito di ottenere una risposta dei valori di trigliceridi e di colesterolo HDL superiore a quella
ottenuta da altre associazioni utilizzate nei pazienti non infetti evitando i rischi, sopratutto di miopatie, connessi
al trattamento migliore consigliabile in questo caso (statina + fibrato). Tale associazione, come evidenziato in
Letteratura, non ha mai consentito di ottenere una riduzione così marcata dei livelli di trigliceridi, né soprattutto
un aumento così marcato dei livelli di colesterolo HDL.
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Posters Gruppo A • A40
INSOLITA PRESENTAZIONE DI UN CASO DI TUBERCOLOSI (TBC) GENITO-URINARIA IN UNA PAZIENTE
HIV+
Zingariello P.*, Vignale F., Dalessandro M., Di Carlo M., Ucciferri C., Gorgoretti V., Falasca K., Pizzigallo E.,
Vecchiet J.
Clinica di Malattie Infettive università “G. d’Annunzio” di Chieti.
Introduzione
L’infezione da HIV è uno dei principali fattori predisponenti allo sviluppo di TBC: il rischio di sviluppare TBC,
infatti, è sensibilmente più elevato nella popolazione HIV positiva che nella popolazione generale. La localizzazione
principale della TBC nei pazienti (pz) HIV+ è quella polmonare, ma spesso si può assistere alla presentazione di
quadri clinici particolari con localizzazioni tubercolari diverse che necessitano di una corretta diagnosi differenziale.
Si riporta qui di seguito un raro caso di TBC genito-urinaria in una paziente di 50 anni, HIV+ ricoverata presso la
Clinica di Malattie Infettive dell’Università “G.d’Annunzio” di Chieti.
Caso clinico
Pz di 50 anni, sesso F, con sieropositività nota per HIV dal 2001, in trattamento antiretrovirale con AZT+3TC+Lop/r
scarsamente aderente. Giunge alla nostra osservazione nel gennaio 2008 per la persistenza di iperpiressia associata
a dimagrimento, profonda astenia e dispnea lieve da circa 2 mesi. Alla nostra prima rilevazione i CD4+ erano
7 cellule/mmc, l’HIV-RNA 67.600 copie/ml (limite di rilevabilità 50 copie/ml). La TC toraco-addominale evidenziava la presenza di alcune lesioni nodulari riferibili ad esiti nel segmento apicale del lobo superiore dx ed
in sede annessiale bilateralmente si osservavano due processi espansivi solidi delle dimensioni di 4,7 cm circa a
dx e di 3,7 cm a sin con abbondante versamento ascitico in cavità peritoneale, aspetto disomogeneo del grande
omento sostenuto dalla presenza di micronoduli solidi come da carcinomatosi peritoneale. Il quadro appariva fortemente suggestivo per un tumore ovarico, confortato anche dagli alti valori di Ca 125 . Un angio-TC delle arterie
polmonari effettuata nel sospetto di un’embolia mostrava una voluminosa raccolta liquida saccata con modesto
ehancement parietale in sede pelvica associata a linfoadenopatie in parte colliquate in sede mesenterica. Positiva
risultava la ricerca del BK su urine mediante esame batterioscopico e di biologia molecolare (PCR) per cui si
decideva di instaurare terapia specifica con streptomcina+etambutolo+levofloxacina+isoniazide, modificata poi
con la sospensione della streptomicina e l’introduzione di pirazinamide. Il controllo TC effettuato dopo 1 mese
dall’inizio della terapia specifica evidenziava riduzione della raccolta liquida saccata segnalata in sede pelvica,
risoluzione dei processi espansivi solidi annessiali bilaterali, riduzione del CA-125 ed una negativizzazione degli
esami batterioscopici e colturali delle urine per la ricerca di BK. A causa dello scarso recupero immunologico si
sostituiva AZT/3TC con ABV/3TC e si aggiungeva enfuvirtide.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A40
Conclusioni
I pz HIV+ con grave deficit immunologico possono manifestare quadri clinici di TBC atipici e spesso di difficile
interpretazione. Nel nostro caso la localizzazione ovarica ha mimato un quadro di carcinomatosi peritoneale con
potenziale evoluzione maligna della patologia. Tuttavia, grazie all’ausilio degli esami colturali e delle tecniche
di biologia molecolare, si è giunti ad una corretta diagnosi e gestione della patologia tubercolare. Il nostro caso,
quindi, suggerisce di ricercare diagnosi differenziali opportune in corso di infezione da HIV e grave immunodeficit.
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Posters Gruppo A • A41
MIGLIORARE LA COMPLIANCE ALLA TERAPIA ANTIRETROVIRALE NEL BAMBINO HIV POSITIVO
Barzon S.*, Rampon O., Novello C., Oletto S., Giaquinto C.
Centro di Riferimento per l’Aids Pediatrico, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova
Obiettivi specifici
Valutare l’utilizzo del Kit La croisade du CD4 ideato dalla Dott.ssa Peltier - Ospedale St.Pierre, Anversa - adattato al
contesto italiano ed utilizzato nel nostro centro. Il kit, composto da materiale d’animazione, si propone di migliorare
la comunicazione della diagnosi a bambini HIV positivi e la compliance alla terapia antiretrovirale. Il kit viene
presentato singolarmente al bambino HIV positivo utilizzando di un linguaggio appropriato e coinvolgente.
Materiali e metodi
20 bambini con infezione da HIV hanno partecipato allo studio che prevedeva 7 incontri di counselling con
un’educatrice professionale supportata da un pediatra infettivologo utilizzando il kit d’animazione e controllando
l’aderenza alla terapia mediante dosaggio ematico dei farmaci.
Riassunto dei risultati
Lo studio, durato 2 anni, ha evidenziato:
• maggiori conoscenze sulla malattia: il 69% dei bambini ha più informazioni, il 60% pone più domande sulla
patologia;
• miglioramenti dell’andamento clinico: nel 90% dei bambini c’è una riduzione della carica virale: <40cp,
nell’80% un aumento della % dei CD4: > 35%;
• miglioramento della compliance antiretrovirale: l’80% raggiunge un compliance buona (nulla = 0% di assunzione,
bassissima 30-40%, bassa 60-70%, buona 90-95%).
Conclusioni
La formazione pedagogica dell’educatore professionale ha garantito l’incontro dei bisogni educativi del bambino.
I buoni risultati sono da attribuirsi anche al lavoro sinergico di tutta l’equipe multidisciplinare (pediatra, educatore, assistente sociale). La somministrazione del kit ha messo in luce il ruolo fondamentale della famiglia nella
compliance terapeutica e nel processo di comunicazione della diagnosi al bambino.
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Posters Gruppo A • A42
ANDAMENTO DELLA MORBILITA’ HIV-CORRELATA NELL’ERA DELLE TERAPIE ANTIRETROVIRALI AD
ELEVATA ATTIVITA’
*Manfredi R., Calza L.
Malattie Infettive, Università di Bologna, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna
Introduzione
A seguito dell’introduzione delle terapie antiretrovirali altamente attive (HAART),abbiamo quantificato i
riflessi sulla morbilità generale e sulle ospedalizzazioni HIV-correlate nel periodo 1992-2007.
Metodi e Risultati
Abbiamo valutato i ricoveri HIV-associati in tre distinti periodi di tempo: antecedente l’introduzione dell’HAART
(1992-1995), immediatamente successiva alla prima disponibilità dell’HAART (1996-1998), ed in piena epoca di
HAART (1999-2007). Nei tre periodi esaminati, la viremia risultava undetectable in nessun paziente in epoca preHAART, nel 21% dei casi nei primi anni di HAART, e nel 41% in piena epoca di HAART (p<.0001); in parallelo,
la conta dei T-linfociti CD4+ nei tre gruppi allo studio risultava pari a 27,2±11,3 cellule/µL, 39,3±14,6 cellule/µL,
e 86,1±36,9 cellule/µL, rispettivamente (p<.001). Nel tempo, risultava incrementata l’incidenza di ricoveri fra
eterosessuali e soggetti di sesso femminile, mentre tendeva a ridursi la frequenza di soggetti tossicodipendenti
(dal 69% dell’epoca pre-HAART, al 57% dell’era di HAART iniziale, al 48% dell’epoca di HAART avanzata;
p<.0001). I pazienti con pregressa diagnosi di AIDS conclamata rappresentavano l’86%, il 57%, ed il 32% rispettivamente (p<.0001), mentre i pazienti ospedalizzati in cui diagnosi di AIDS conclamata coincideva con il primo
rilievo di infezione da HIV mostravano un evidente incremento temporale (11%, 21%, e 37%, rispettivamente;
p<.0001). Tra le patologie concomitanti, un netto incremento delle affezioni epatiche si registrava dall’epoca preHAART (18%), ai primi danni di HAART(29%), all’era dell’HAART avanzata (48%) (p<.001), mentre seppure
in minor misura si assisteva ad un incremento della morbilità per neoplasie ematologiche e tumori solidi (8%,
11%, e 17%, rispettivamente; p<.001).
Conclusioni
L’introduzione dell’HAART ha inciso profondamente sulla morbilità generale per infezione da HIV/AIDS, sebbene nel corso degli anni lo scenario si sia modificato sui versanti epidemiologico, laboratoristico, e clinico.
Questi cambiamenti necessitano di attento monitoraggio al fine di garantire un precoce inquadramento diagnosticoclinico, e di pianificare un’adeguata allocazione delle risorse.
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Posters Gruppo A • A43
TEST IMMUNOLOGICI NELLO SCREENING DI INFEZIONE DA M. TUBERCULOSIS IN PAZIENTI HIV
POSITIVI
Sauzullo1* I., Mengoni1 F., Lichtner1 M., Rossi1 R., d’Ettorre1 G., D’Agostino1 C., Mastroianni2 C.M., Vullo1 V.
1
Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali, Sapienza Università di Roma
2
Sapienza Università, Polo Pontino, Latina
Introduzione
Negli ultimi anni sono stati introdotti test immunologici di cui è stata dimostrata l’alta affidabilità nella diagnostica
dell’infezione tubercolare (TB), ma a tutt’oggi ci sono ancora pochi dati sulla performance di tali test nei soggetti
con infezione da HIV.
Obiettivo dello studio
Valutare la performance del QuantiFERON-TB Gold (QFT-G) nei pazienti HIV+ e il suo possibile utilizzo come
parametro per il monitoraggio della terapia antitubercolare.
Metodi
Sono stati arruolati 167 soggetti HIV + con sospetto clinico di infezione tubercolare. In tutti i pazienti è stato
effettuato lo skin test (TST) e il QFT-G. Per il monitoraggio terapeutico, in 8 soggetti con TB attiva sono stati
effettuati prelievi ematici prima, durante e a fine trattamento.
Risultati
Dei 167 pazienti HIV+, 33 (19%) risultati positivi al test (mediana linfociti T CD4=195 cell/mmc; range 90-210
cell/mmc) presentavano una tubercolosi attiva con conferma microbiologica/clinica; 94 (56%) risultati negativi
(365; 247-420) avevano una diagnosi di patologia non tubercolare. 40 (23%) sono risultati indeterminati al QFT
(99; 7-128) per mancata risposta al mitogeno e presentavano un TST negativo: 10 di questi hanno sviluppato una
TB attiva entro 2 mesi.
Dei 33 pazienti con TB attiva, 8 sono stati monitorizzati in corso di terapia specifica ed è stata evidenziata una
riduzione significativa della quantità di IFN-γ prodotto (p<0.001) con negativizzazione del test a fine trattamento specifico. (media IFN-γ: 5,17 UI/ml al baseline; 3,98 UI/ml al secondo mese; 0,218 UI/ml al quarto mese;
0,07UI/ml a fine trattamento).
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo A • A43
Conclusioni
I nostri dati dimostrano il possibile utilizzo del QFT-G nei pazienti HIV+ in cui l’analisi dei dati ha evidenziato
che il risultato indeterminato del test è essenzialmente correlato al basso numero dei CD4, in particolare nei soggetti con CD4+ <100 il rilascio di IFN-γ risulta significativamente più basso rispetto agli altri gruppi (p<0.005).
Va sottolineato, inoltre, che i risultati indeterminati, a differenza di un risultato negativo al TST, non interrompono
l’iter diagnostico. Infine lo studio della risposta ai due antigeni ESAT-6 e CFP-10 sembra costituire un parametro
utile nel monitoraggio della terapia antitubercolare.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
101
Posters Gruppo A • A44
LA RESISTENZA PRIMARIA AGLI ANTIRETROVIRALI NELLE DINAMICHE EPIDEMIOLOGICHE DEGLI
ANNI 2002-2007
*Lai A.1, Franzetti M.1, Riva C.1, Caramma I.1, Violin M.1, Oliva A.1, Micheli V.2, Capetti A.3, Meraviglia P.4,
Galli M.1, Casazza G.5, Balotta C.1
1
Dipartimento di Scienze Cliniche, Sezione di Malattie Infettive e Immunopatologia, Università di Milano,
Ospedale L. Sacco, Italia; 2 Dipartimento di Scienze Precliniche, Università di Milano, Italia; 3 1st Divisione di
Malattie Infettive, Ospedale L. Sacco, Milano, Italia; 4 2nd Dipartimento di Malattie Infettive, Ospedale L.
Sacco, Milano, Italia; 5 Istituto di Statistica Medica e Biometria, Università di Milano, Italia
Mentre l’HAART governa la replicazione virale ed è in grado di ridurre la trasmissibilità e di conseguenza
la trasmissione dei ceppi resistenti, le dinamiche epidemiologiche e la diffusione delle varianti non-B possono
influenzare la distribuzione della resistenza primaria (RP) nelle diverse modalità di infezione e tra uomini e donne.
In questo lavoro abbiamo studiato 369 individui naive arruolati nel periodo ‘02-‘07 di cui 103 sieroconvertiti
(SC). Tra questi, i soggetti omossessuali rappresentavano il 65.3% e aumentavano dal 58.8% nel ‘02-‘03 al 68%
nel ‘06-‘07. Il rapporto uomini/donne mostrava un incremento delle donne tra gli ND (9.6 nel ‘02-‘03 e 4.8 nel
‘06-’07, p=0.03) ma non negli SC ( 6 nel ‘02-‘03 e 11.5 nel ‘06-‘07).
La RP non variava significativamente dallo ’02-‘03 allo ’06-’07 sia nei SC (22.9% vs 12%), sia negli ND (10.5%
vs 12.0%). In particolare, la RP globale nella popolazione in studio era del 12.2% (45/369); 18.4% nei SC
(19/103), significativamente maggiore rispetto ai soggetti ND (9.8%, 26/266, p=0.02).
Le varianti resistenti di HIV-1 erano associate sia alla modalità di trasmissione omosessuale rispetto a quella
eterosessuale (15.8%, 29/184 vs. 8.7%, 14/158, p=0.05), sia al genere maschile (13.6%, 42/309 vs. 5%, 3/60,
p=0.06).
L’analisi del sottotipo indicava che il 17.3% degli individui albergava un sottotipo non-B (64/369), di cui solo
il 4% presentava un virus resistente, percentuale significativamente più bassa rispetto ai pazienti con sottotipo
B (13.8%, 42/305, p=0.04). La prevalenza di pazienti con un virus non-B era più basso nei SC (13/103, 12.6%)
rispetto alle ND (51/266, 19.2%).
Questo studio indica che la prevalenza della RP nei soggetti con nuova diagnosi rimane considerevole; malgrado
la modalità di trasmissione eterosessuale sia aumentata negli ultimi anni, la RP correla con il genere maschile e
la modalità di trasmissione omosessuale.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
102
Posters Gruppo A • A45
ANALISI DELLE MUTAZIONI DI HIV-1, ASSOCIATE A FARMACORESISTENZA, NEL PLASMA, NEI
MONOCITI CIRCOLANTI E NEI LINFOCITI CD4+
Turriziani O.*, Boni A., Falasca F., Bucci M., Graziano F., d’Ettorre G., Mezzaroma I., Fimiani C., Maida P.,
Zaffiri L., Vullo V., Antonelli G.
Dip.to di Medicina Sperimentale, Sez. Virologia, Sapienza-Università di Roma. Dip.to di Medicina Clinica,
Dip.to di Malattie Infettive e Tropicali, Policlinico Umberto I, Roma.
Lo scopo di questo studio è quello di verificare se il virus presente nei monociti mostri un pattern di mutazioni,
associate a farmacoresistenza, uguale o diverso rispetto a quello rilevato nei linfociti CD4+ e nel virus plasmatico.
L’analisi è stata eseguita su 27 campioni, di cui 17 derivano da individui in fallimento terapeutico (non responder),
7 da soggetti “responder” e 3 da pazienti naive.
Le regioni RT e PRO di HIV sono state sequenziate mediante TRUGENE HIV-1. L’analisi di sequenza è stata
eseguita sull’HIV-RNA plasmatico e sull’HIV-DNA estratto dalle cellule CD4+ e CD14+ ottenute utilizzando
microbeads magnetiche.
I risultati ottenuti hanno rivelato che nel 94% dei soggetti la popolazione virale, presente nei 3 compartimenti,
mostra un profilo di resistenza che differisce da un compartimento all’altro per almeno una mutazione. Solo in un
campione è stata osservata una concordanza assoluta fra i pattern di mutazioni rilevati nei diversi distretti, ma solo
per le mutazioni presenti nella regione RT. In tutti i campioni provenienti dai pazienti responder (carica virale <50),
la popolazione virale dominante nei CD14 mostra un pattern di mutazioni diverso da quello presente nei linfociti
CD4+. Nei soggetti naive non sono state rilevate mutazioni.
Questi risultati suggeriscono che i monociti circolanti possono albergare virus che presenta caratteristiche diverse
sia dal virus in attiva replicazione sia da quello presente in altri reservoir, quali i T CD4+. Sebbene il tasso
di replicazione virale sia basso nei monociti, esso aumenta dopo il differenziamento in macrofagi, pertanto le
varianti virali resistenti presenti in queste cellule potrebbero essere prodotte dopo la migrazione e la differenziazione dei monociti nei tessuti.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
103
Posters Gruppo A • A46
IL RUOLO DELL’IMMUNO-RICOSTITUZIONE NELL’INSORGENZA DI LESIONI ATEROMASICHE
SUBCLINICHE
Ingrassia F., Antonicelli V., D’Annunzio M., Bellacosa C., Gadaleta A., Volpe A., Perilli F., Lillo, Maggi P.
Background
In studi recenti (SMART, MACS+WIHS) pazienti con una bassa conta di CD4+ hanno mostrato un incrementato
rischio di patologia cardiovascolare (CVD). In questi pazienti è stata ipotizzata una iperproduzione di citochine
pro-infiammatorie (IL-6, hsPCR). Non esistono dati che riguardano il ruolo dell’immuno-ricostituzione all’origine
della patologia cardiovascolare; altre condizioni potrebbero essere correlate all’incremento dei fattori proinfiammatori circolanti.
Nel presente studio abbiamo valutato 263 pazienti che iniziano la terapia antiretrovirale al basale e dopo 12 mesi,
con ultrasonografia color-Doppler dei vasi sovra-aortici, una tecnica ben collaudata, considerata il gold standard
per scoprire lesioni vascolari precoci.
Metodo
I pazienti sono stati sottoposti ad ultrasonografia color-Doppler al basale e dopo 12 mesi di terapia. Lo spessore
mio-intimale > 0,9 mm e/o placche aterosclerotiche sono stati considerati risultati patologici. Dopo 12 mesi di
terapia antiretrovirale, i pazienti con CD4+ < 50 cell/mmc al basale sono stati divisi in 3 gruppi in base al numero
di CD4+ al follow-up: A) pazienti con CD4+ < 100; B) pazienti con CD4+ 100-199 e C) pazienti con CD4+ > 200.
I dati sono stati comparati con quelli osservati in 110 pazienti che iniziano la loro terapia antiretrovirale con
CD4+ >200 e restano al follow-up al di sopra di questi valori (gruppo D). I 4 gruppi erano comparabili per genere,
età media e altri fattori di rischio per patologia cardiovascolare. I farmaci antiretrovirali sono stati ben bilanciati
nei diversi gruppi.
Risultati
Group
A
B
C
D
pts with carotid lesions
baseline
follow up
%
#
%
#
26.8 11
41.6 17
28.0 14
42.0 21
27.4 17
61,2 38
18.1 24
24.7 25
p= 0.27
p= 0.14
p= 0.0001
p= 0.71
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
104
Posters Gruppo A • A46
Come mostrato in tabella, i pazienti con CD4+ < 50 al basale che hanno raggiunto valori >100 (gruppo C), hanno
mostrato un significativo incremento del numero di lesioni carotidee al follow-up. Inoltre comparando pazienti
con CD4+ <50 al basale (gruppi A+B+C) con pazienti con CD4+ >200 (gruppo D), il primo gruppo aveva
mostrato un significativo incremento di lesioni rispetto al gruppo D.
Conclusioni
Questi dati mostrano che i pazienti che iniziano la terapia antiretrovirale con un alto grado di immuno-depressione
hanno la tendenza a sviluppare più lesioni rispetto ai pazienti che iniziano la terapia in condizioni immunologiche
relativamente migliori. Inoltre, i pazienti che hanno fatto esperienza di una rapida immuno-ricostituzione,
sviluppano un significativamente alto numero di lesioni vascolari subcliniche. Questo suggerisce che gli eventi
infiammatori che caratterizzano sia l’immuno-deficienza sia l’immuno-ricostituzione potrebbero giocare un ruolo
nell’insorgenza della patologia cardiovascolare.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
105
Posters Gruppo A • A47
RISCHIO DI LESIONI CARDIOVASCOLARI IN PAZIENTI SIEROPOSITIVI IN TRATTAMENTO ANTIRETROVIRALE
D’Annunzio M.,Antonicelli V., Ingrassia F., Bellacosa C., Gadaleta A., Volpe A., Perilli F., Lillo, Maggi P.
Background
Numerosi report hanno indicato una correlazione tra l’uso di farmaci antiretrovirali (in particolar modo inibitori
delle proteasi) e un incrementato rischio di lesioni cardiovascolari. Inoltre recenti studi hanno evidenziato che
nei pazienti con una bassa conta di CD4+ potrebbe esserci maggio rischio di lesioni arteriose subcliniche o di
eventi cardiovascolari. Inoltre recentemente, l’uso corrente di abacavir è stato associato con un aumentato rischio
di patologia cardiovascolare. La proteina-C-reattiva ad alta sensibilità e l’interleuchina-6, due citochine
pro-infiammatorie, sono più alte nei pazienti che assumono il farmaco rispetto a quelli che ricevono altri NRTIs.
Questi dati suggeriscono l’ipotesi che meccanismi alternativi potrebbero essere in atto oltre a quelli legati alle
modificazioni dell’assetto lipidico e ai “classici” fattori di rischio per ateroma, con la possibile conseguenza di
una differente struttura di queste lesioni. Per queste ragioni noi abbiamo effettuato una più accurata indagine sulle
caratteristiche delle placche carotidee in un gruppo di pazienti HIV-positivi comparando i risultati con quelli
ottenuti da giovani pazienti affetti da aterosclerosi del vasi sovra-aortici e pazienti con arteriti.
Metodi
I pazienti sono stati sottoposti ad ultrasonografia dei vasi sovra-aortici usando un color-Doppler di ultima
generazione con sonde di 7,5 MHz.
Risultati
la popolazione in studio comprende 110 pazienti HIV-positivi e 91 pazienti HIV-negativi (61 pazienti aterosclerotici
e 30 con arteriti). Comparati con pazienti HIV-negativi con aterosclerosi, sono emerse significativamente più alte
proporzioni di pazienti HIV-positivi con lesioni iso-ipoecogene che risultavano omogenee sia nella porzione
parietale che endoluminale, con una superficie liscia o leggermente irregolare. Non sono state osservate differenze
statisticamente significative tra i pazienti HIV-positivi e quelli con arteriti.
Conclusioni
Il nostro studio ha evidenziato che la struttura ultrasonografica delle lesioni sovra-aortiche in pazienti HIV-positivi
è sostanzialmente differente da quella delle placche in pazienti aterosclerotici, mentre essi condividono le stesse
caratteristiche con i pazienti affetti da arteriti. Ulteriori indagini sono state giustificate per meglio definire la struttura
e il meccanismo dell’insorgenza di queste lesioni.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
106
Posters Gruppo A • A48
CASO CLINICO: STENOSI SERRATA ESOFAGEA IN ADOLESCENTE HIV+
Dalle Nogare E.R., Sanfilippo A., Ficalora A., Di Lorenzo F., Prestileo T., Barbaccia P.
S.C. Malattie Infettive – PP.OO. Casa del Sole-Pisani – ASL n. 6 Palermo
Introduzione
La stenosi esofagea è una patologia che si manifesta con una sintomatologia caratterizzata da sintomi aspecifici:
disfagia, odinofagia, dolore retro-sternale, nausea, anoressia e decremento ponderale. Può essere causata da
etiologia non infettiva e infettiva.
Le cause non infettive più frequenti sono:
a) L’avvelenamento da sostanze caustiche
b) Le mucositi da radioterapia e chemioterapia
c) La malattia da reflusso gastroesofageo
d) Il Pill-induced esophagitis
Tra le cause infettive le più comuni sono:
a) Da funghi (Candida albicans nel 92% dei casi)
b) Da virus (HSV – CMV – EBV - HZ)
c) Da altri agenti (Mycobacterium tuberculosis - Micobatteri non tubercolari - Histoplasma capsulatum Pneumocystis carinii)
La diagnosi viene effettuata con una attenta raccolta dell’anamnesi, una attenta valutazione della clinica, una
esofagografia con gastrofin, una endoscopia con biopsia ed eventuale esame colturale, ricerca di Ag virali o
indagine PCR.
Ciò premesso, riteniamo opportuno segnalare un caso di stenosi serrata dell’esofago osservato in una adolescente
con infezione da HIV per trasmissione sessuale con immunodepressione grave. Il caso ci è sembrato degno di
segnalazione per la modalità di insorgenza, per l’entità della stenosi e per la rapida risoluzione avuta dopo l’inizio
della terapia ragionata.
Caso clinico
Adolescente di anni 16 e 8 mesi, femmina, con infezione da HIV per trasmissione verticale, peso 24 Kg e altezza
129 cm (corrispondente a 8 anni e mezzo secondo le tabelle dei percentili).
La paziente ha presentato fin dal 3° mese di vita numerose infezioni opportunistiche e non (tab. 1).
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
107
Posters Gruppo A • A48
Infezione da CMV a tre mesi di vita
6 aa Pneumopatia basale dx
Infezioni ricorrenti alte vie respiratorie, otiti,
enteriti, dermatite
8 aa LIP (pneumopatia interstiziale linfocitaria)
9 aa pneumopatia da MAC
11 aa Pneumopatia bilaterale - Rickettiosi
13 aa Leishmaniosi viscerale
14 aa Riacutizzazione di Leishmaniosi viscerale
Ricorrenti episodi di febbre per flogosi alte e
basse vie respiratorie e infezioni vie urinarie
Tabella 1
Ha iniziato terapia antiretrovirale all’età di 4 anni con
AZT e successivamente ha cambiato 15 schemi terapeutici
sempre con scarsa efficacia immuno-virologica (valore
Nadir CD4 16/mmc, la VL dal 1996 non è mai stata
undelectable).
Nell’aprile 2006, durante un periodo di “vacanza terapeutica”, presentava una sintomatologia caratterizzata
da febbre elevata continuo remittente e tosse, veniva,
quindi, evidenziata una “Pneumopatia medio-basale sin”
e trattata con ceftriaxone+claritromicina+fluconazolo;
dopo 4 giorni di terapia insorgeva una “orticaria gigante”, pertanto, veniva sospeso il ceftriaxone e il fluconazolo e continuato il macrolide con l’aggiunta di uno steroide e nistatina che causava l’insorgenza di diarrea profusa, pertanto, veniva sospesa tutta la terapia. Dopo
nove giorni compariva una sintomatologia caratterizzata da difficoltà alla deglutizione insorta improvvisamente
prima per i liquidi e poi per i solidi (disfagia paradossa), scialorrea, dolore retrosternale. Si rendeva
necessario il ricovero, all’ingresso si evidenziava:
idratazione ridotta, colorito pallido, TC 36.5°C, all’ascoltazione toracica rari rantoli al campo medio
basale di sx, epatoslenomegalia. Dalle indagini si rilevava anemia, grave deficit immunitario con CD4:
18% =187mmc, elettroliti nella norma, Coprocoltura
e parassitologico delle feci negativi. Da una esofagografia eseguita con somministrazione di gastrografin per os in piccoli boli si evidenziava: “stenosi serrata al terzo inferiore dell’esofago con pareti ispessite ed ipertoniche sino all’ampolla cardio-tuberositaria,
dilatazione a monte con presenza di ingesti che si miscelano al mezzo di contrasto”.
Decorso clinico e terapia
Individuata la Stenosi serrata dell’esofago si è resa necessaria una diagnosi etiologica per
avviare una terapia mirata. L’anamnesi e la situazione clinica ci ha fatto escludere alcune
delle possibili cause etiologiche e ci ha fatto propendere per una patologia infettiva confortati anche dalle indicazioni dell’esame radiografico. L’endoscopia e, quindi, la biopsia,
l’esame istologico, colturale e le indagini virologiche, che avrebbero potuto chiarire definitivamente l’etiologia, non è stato possibile effettuarla sia per la resistenza da parte della
paziente, sia per le difficoltà tecniche trovate presso il centro di endoscopia di riferimento.
Pertanto l’etiologia più probabile ci è sembrata quella da CANDIDA ALBICANS, anche se
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
108
Posters Gruppo A • A48
in assenza di candidosi orale. Pertanto è stata iniziata una terapia ragionata con AMBISONE al dosaggio di 4 mg/
die per 5 gg e poi al 10°-17°-24°-31° giorno.
Già in 2^ giornata la paziente riusciva a deglutire i liquidi e in 3^ giornata iniziava a deglutire gli alimenti molli.
In 5^ giornata si alimentava normalmente. In 3^ giornata di terapia è stata ripetuta la esofagografia che ha evidenziato una risoluzione quasi completa della stenosi esofagea.
Conclusioni
Il caso clinico descritto mette in evidenza come la candidosi esofagea può manifestarsi con una stenosi serrata
dell’esofago senza necessariamente essere accompagnata da una evidenza di candidosi a livello del cavo orale
e che le immagini dell’esofagografia non devono necessariamente presentare le caratteristiche fini spigolature
marginali a ciotolato o a spina di rosa ma soltanto i segni di stenosi esofagea.
Inoltre si evidenzia come la terapia antifungina può determinare la regressione della sintomatologia in tempi molto rapidi impedendo l’insorgenza delle complicanze legate alla iponutrizione.
1)
Bibliografi
a
Double-contrast esophagography in the diagnosis of esophagitis due to Candida. A study on HIV-seropositive
patients
Diotallevi P; Montella F; Di Sora F; Iacopini G; Simili C
2) Radiol Med (Torino). 1992; 84(1-2):59-63
Heightened sensitivity of the esophagus to radiation in a patient with AIDS
Costleigh BJ; Miyamoto CT; Micaily B; Brady LW
3) Am J Gastroenterol. 1995; 90(5):812-4
Esophageal stricture: incidence, treatment patterns, and recurrence rate
Ruigómez A; García Rodríguez LA; Wallander MA; Johansson S; Eklund S
4) Am J Gastroenterol. 2006; 101(12):2685-92
Endoscopic dilatation of esophageal strictures in children and adolescents
Bittencourt PF; Carvalho SD; Ferreira AR; Melo SF; Andrade DO; Figueiredo Filho PP; Albuquerque W;
Moreira EF; Penna FJ
5) J Pediatr (Rio J). 2006; 82(2):127-31
Treatment options for esophageal strictures
Siersema PD
Nat Clin Pract Gastroenterol Hepatol. 2008; 5(3):142-52
6) Esophageal strictures complicating ulcerative esophagitis in patients with AIDS
Wilcox CM
7) Am J Gastroenterol. 1999; 94(2):339-43
Immunopathogenesis of oropharyngeal candidiasis in human immunodeficiency virus infection
de Repentigny L; Lewandowski D; Jolicoeur P
Clin Microbiol Rev. 2004; 17(4):729-59
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
109
Posters Gruppo A • A49
COINFEZIONE HIV-HPV: ASPETTI CITOLOGICI, MOLECOLARI ED IMMUNOLOGICI
Mancini G., d’Ettorre G., Carducci A., Ciardi A., Pierangeli A., Indinnimeo M., Antonelli G., Vullo V.
Istituzione Università “Sapienza” Roma
I pazienti HIV + presentano un’alta incidenza di infezione ano-genitale da HPV.
Abbiamo condotto uno studio retrospettivo osservazionale su 136 pazienti: 59 HIV+ e 48 HIV-.
Lo scopo dello studio è di confrontare: l’incidenza di HPV anale nei pazienti HIV + rispetto a pazienti HIV
negativi e la distribuzione dei genotipi ad alto rischio oncogeno nei due gruppi di pazienti studiati; la correlazione
tra positività per HPV-DNA mediante PCR e presenza di alterazioni citologiche compatibili con l’infezione da
HPV nei due gruppi; sensibilità, specificità e valore predittivo positivo dell’esame citologico rispetto all’indagine
molecolare mediante PCR tra i due gruppi; l’esistenza di una correlazione tra infezione da HPV e il valore dei
linfociti T CD4 attuali e nadir, dei linfociti Natural Killer (NK) e dei livelli di HIV-RNA nei pazienti HIV+.
Dai nostri dati emerge che la prevalenza di HPV a livello anale è significativamente più frequente nel paziente
HIV+ rispetto ai controlli mentre non risulta esserci una differente distribuzione dei ceppi oncogeni. L’esame
citologico ha una sensibilità del 75% ed una specificità del 42% nei pazienti HIV+ rispetto al 94% e 64% rispettivamente nel gruppo dei controlli.
Nel gruppo dei pazienti HIV+ il valore dei CD4+ nadir < 200 correlava con una maggiore prevalenza di HPV.
I linfociti NK risultavano inferiori nel gruppo dei pazienti HIV/HPV+ rispetto ai pazienti HIV+/HPV-.
Dai nostri dati emerge la necessità di integrare l’esame citologico con quello molecolare nel paziente HIV+ e di
iniziare precocemente la HAART per ridurre il rischio di infezione da HPV anale.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
110
Posters Gruppo B
Prevenzione
Condom
Cure Care Advocacy:
esperienze nei paesi del sud del mondo
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
111
Posters Gruppo B • B1
CO-INFEZIONE HIV/HBV IN BURKINA FASO, AFRICA OCCIDENTALE
Castelli F.* 1,6, Pietra V.1, Simporé J.2,3, Pignatelli S.3, Sorgho D.4, Rouamba S.5, Bigoni S.6, Odolini S.6, Focà E.6,
Filisetti M.7, Schumacher F.7, Puoti M.6
1
Medicus Mundi Italia - 2 Centre de Recherche Biomoleculaire “P. Annigoni”, Ouagadougou, Burkina Faso
3
Centre Médical Saint Camille, Ouagadougou, Burkina Faso - 4 Centre Médical Saint Camille, Nanoro, Burkina Faso
5
Centre d’Accueil Notre Dame de Fatima (CANDAF), Ouagadougou, Burkina Faso
6
Istituto di Malattie Infettive e Tropicali, Università di Brescia
7
Clinica Pediatrica, Università di Brescia e Ospedale dei Bambini, Brescia
Obiettivi specifici
In Burkina Faso, l’OMS/UNAIDS stima che il 2% della popolazione adulta sia HIV infetta. Inchieste epidemiologiche effettuate nelle gestanti in visita prenatale hanno mostrato prevalenze dell’HBV e dell’HCV pari rispettivamente al 10% ed al 5%. L’obiettivo del presente studio é quello di valutare la prevalenza dell’HBV e dell’HCV
nei pazienti HIV/AIDS.
Materiali e Metodi
Lo screening dell’HbsAg e dell’HCVAb é stato effettuato tramite test rapidi HBs et HBC SD-Bioline® realizzati su pazienti HIV/AIDS seguiti presso tre strutture sanitarie dei Religiosi Camilliani, di cui due nella Capitale Ouagadougou
ed una in area rurale. Lo studio si é svolto nell’ambito dell’intervento dell’ONG Medicus Mundi Italia, con contributo del Ministero degli Affari Esteri.
Riassunto dei risultati
Al 08/09/08, lo screening dell’HBV é stato realizzato su 306 pazienti HIV/AIDS adulti e pediatrici, mentre lo
screening dell’HCV é stato realizzato su 189 pazienti di étà ≥15 anni. L’HbsAg é risultato positivo in 44/306
pazienti (14,4%, CI 95% : 10,7-18,9), di cui 6/50 (12,0%, CI 95% : 5,0-25,0) tra i pazienti <15 anni e 38/256
(14,8%, CI 95% : 10,8-19,9) tra i pazienti ≥15 anni. L’HCVAb é risultato positivo in 1/189 (0,5%, CI : 0,03-3,4)
pazienti di étà ≥15 anni.
Conclusioni
L’elevata prevalenza dell’HBV nei pazienti HIV/AIDS adulti e pediatrici richiede la messa a punto di protocolli
per la gestione della coinfezione in contesti a risorse limitate. La prevalenza dell’HBV in età pediatrica conferma
l’importanza in Burkina Faso della trasmissione perinatale e child-to-child nell’epidemiologia dell’epatite B.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
112
Posters Gruppo B • B2
L’INTEGRAZIONE DI ONG E SANITA’ PUBBLICA: UN MODELLO OPERATIVO
*Buonaguro FM., Tornesello ML., Buonaguro L.
Istituto Nazionale Tumori “Fond G. PASCALE” – Napoli
Obiettivi
Condurre un progetto di ricerca e concorrere allo stato di salute di una area geografica può essere un obiettivo
molto difficile da raggiungere. Conciliare un programma di sanità pubblica con l’esigenza di benessere a livello
individuale può determinare un incolmabile divario. Come può essere integrata una attività non-governativa ad un
programma di sanità pubblica?
Risultati
Dal 1990 il nostro gruppo ha condotto progetti di ricerca sull’incidenza e sulla caratterizzazione dei ceppi di HIV-1
in Uganda ed in particolare nel distretto settentrionale di Gulu integrandosi all’Ospedale St Mary di Lacor. Gli
studi iniziali sono stati finanziati dal Ministero degli Esteri e dal Ministero della Sanità Italiano ed hanno portato
alla ri-classificazione filogenetica dell’HIV mostrando che la clade A, considerata quella ancestrale, era di fatto
una delle branch evolutive della clade D, in fase di estinzione. Negli anni successivi il World Lab ha finanziato
l’allestimento dell’East Africa AIDS Research Center ed il nostro modello vaccinale a VLP è stato incluso nel
Programma Nazionale Ugandese di Lotta all’AIDS. Più recentemente il progetto GuluNap ha permesso la
fondazione della Facoltà di Medicina a Gulu. Un progetto specifico dei Lions è stato ora varato per sviluppare una
biblioteca multimediale per studenti e l’educazione continua del personale medico dell’Ospedale di Lacor.
Conclusioni
Progetti multidisciplinari integrati, finanziati da enti pubblici e privati, sono l’unica strategia vincente per aree
geografiche remote ad alto rischio sanitario ed in grave disagio sociale. L’unica ricetta: rimboccarsi le maniche ed
agire o con un logo più attuale Think global act local.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
113
Posters Gruppo B • B3
L’IMPORTANZA DI UN APPROCCIO PREVENTIVO ALLARGATO AL NUCLEO FAMILIARE: L’ESPERIENZA
DEL PROGETTO KENTO-MUANA NELLA REPUBBLICA DEL CONGO
Bisio F.1*, Blasi Vacca E.1, Di Stefano L.1, Miguel LM.2, Bruzzone B.3, Mikulska M.1, Mularoni A.1, Ventura A.3,
Mayinda Mboungou FA.2, Nzagou AC.2, Malfatto E.1, Repetto E.1, Barnardini C.1, Goma J.4, Mekoura C.2,
Bahouna E.5, Massamba J.6, Uberti F.7, Icardi G.3, Ratto S.1, Viscoli C.1
1
Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Genova, Azienda Ospedale-Università “San Martino”, Genova;
2
Hôpital Régional des Armées, Pointe Noire, Rep. Congo; 3 Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli
Studi di Genova, Azienda Ospedale-Università “San Martino”, Genova; 4 Centre de Soins Intégrés de Ndaka
Susu, Pointe Noire, Rep. Congo; 5 Centre de Soins Intégrés de Mbota, Pointe Noire, Rep. Congo; 6 Centre de Soins
Intégrés de Ngoyo, Pointe Noire, Rep. Congo; 7 Servizi Medici Esteri, Divisione E & P, ENI, San Donato Milanese
Negli ultimi anni i programmi di prevenzione della trasmissione verticale di HIV (p-MTCT) hanno allargato i
loro orizzonti all’intero nucleo familiare, estendendo la proposta di counselling ed esecuzione volontaria del test
di screening per HIV (VCT) anche al partner e ai figli della donna in gravidanza (p-MTCT-plus). In tale direzione
si è orientata la Clinica di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Genova che dal 2005 opera nella Repubblica del Congo.
Il progetto di p-MTCT-plus “Kento-Muana” prevede il VCT in 4 centri pubblici di visite prenatali nella città di
Pointe Noire. I dati, registrati su supporto cartaceo e informatico, sono analizzati in questo studio.
Da settembre 2005 ad agosto 2008 sono state testate per HIV 11.137 donne nell’ambito dell’attività di VCT e 531
sono risultate positive (4,8%). Sessantacinque partner (12,2%) hanno accettato il VCT e di questi 27 sono risultati
positivi per HIV (41,5%) (Tab.1). Diciotto donne (3,4%) hanno portato in totale 26 figli al VCT e 4 donne (22,2%)
sono risultate con 1 o più figli HIV positivi (Tab.2).
Il tasso di accettazione del VCT da parte del partner (12,2%) è risultato modesto ma comparabile con altri progetti
di p-MTCT-plus. Una proporzione esigua di donne (3,4%) ha portato uno o più figli al VCT. Molteplici sono i
determinanti psicologici e socio-culturali che possono avere determinato questi risultati. Nel complesso risulta
necessario identificare strategie di sensibilizzazione comunitaria e migliorare le tecniche di counselling affinché
la donna in gravidanza sia davvero porta d’accesso alla prevenzione per tutto il nucleo familiare.
HRA
NS
MB
GY
TOT
N° donne testate
4659
2411
2446
1621
11137
Tabella 1
N° (%) donne HIV+
218 (4,7)
153 (6,3)
105 (4,3)
55 (3,4)
531 (4,8)
N° (%) partner testati
32 (14,7)
22 (14,4)
2 (1,9)
9 (16,4)
65 (12,2)
N° (%) partner HIV+
14 (43,7)
9 (40,9)
1 (50,0)
3 (33,3)
27 (41,5)
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
114
Posters Gruppo B • B3
N°
donne
HIV+
HRA
NS
MB
GY
TOT
218
153
105
55
531
N° (%)
donne HIV+ che
hanno portato uno
o più figli al VCT
10 (4,6)
3 (2,0)
4 (3,8)
1 (1,8)
18 (3,4)
Tabella 1
N°
figli testati
16
4
4
2
26
N° (%)
donne con almeno
1 figlio HIV+
N° (%)
figli positivi
4 (1,9)
0 (0,0)
0 (0,0)
0 (0,0)
4 (0,7)
4 (25,0)
0 (0,0)
0 (0,0)
0 (0,0)
4 (15,3)
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
115
Posters Gruppo B • B4
LE ATTIVITA’ DEL LABORATORIO PEDAGOGICO
Del Bene G., Laffi C.
ANLAIDS Sezione Lombarda
All’interno della Sezione Lombarda di ANLAIDS, si è costituito, dall’anno scolastico 1999/2000, un gruppo
di ricerca formato da psicologi e docenti di ogni disciplina che, dopo aver frequentato i corsi promossi
dall’associazione, sono coinvolti in un’attività di ricerca, studio e predisposizione di materiali da utilizzare in
ambito curricolare.
Obiettivi specifici
Sviluppare negli studenti una cultura della prevenzione attraverso la sensibilizzazione dei docenti e dei dirigenti
scolastici; sviluppare un processo di cooperazione interculturale attraverso la proposta dei contenuti delle varie
pubblicazioni; contenuti che vanno dalla scoperta di sé a quella della solidarietà, passando attraverso il rapporto
scuola-famiglia, l’analisi del disagio giovanile e la comunicazione fra pari; collaborare con le scuole, al fine di
verificare se delle strategie educative adeguate nella scuola possano portare a una corretta prevenzione dei comportamenti a rischio.
Materiali e Metodi
Il metodo utilizzato è quello della ricerca-azione in equipe.
Riassunto dei risultati
Le attività del laboratorio pedagogico hanno portato, come risultato, all’elaborazione di percorsi didattici di
prevenzione e alla diffusione di pubblicazioni rivolte ai docenti della scuola secondaria di primo e di secondo
grado.
Conclusioni
La finalità delle attività del laboratorio pedagogico è diffondere la consapevolezza che l’educazione alla salute è
un nucleo fondante di una didattica volta alla valorizzazione della persona a partire dalla consapevolezza che il
benessere è un valore, da perseguire sia a livello individuale che sociale.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
116
Posters Gruppo B • B5
LA PREVENZIONE FRA I GIOVANI NELLE SCUOLE
Del Bene G., Laffi C.
ANLAIDS Sezione Lombarda
Tra i servizi offerti da ANLAIDS al territorio vi sono diverse attività di prevenzione proposte alle scuole, tra cui:
promuovere studi e ricerche sull’AIDS attraverso bandi per borse di studio, dottorati di ricerca e premi scientifici;
svolgere campagne di prevenzione e di educazione alla salute con la pubblicazione e la diffusione di materiale
informativo e attraverso conferenze, dibattiti ed interventi mirati, sia nelle scuole che in luoghi di aggregazione
giovanile; organizzare corsi di formazione e di aggiornamento per gli operatori socio-sanitari e per i volontari;
stabilire e/o consolidare una collaborazione con le scuole ed in particolare con i docenti referenti per la salute.
Obiettivi specifici
Degli interventi: dare informazioni chiare e corrette sulla diffusione del virus HIV e sulle modalità di prevenzione,
rendendo consapevoli i giovani dell’attualità del tema, promuovendo una riflessione legata alla problematica che
li riguarda direttamente; promuovere il punto di vista dei ragazzi stimolando, raccogliendo e dando risalto alla
loro interpretazione del fenomeno attraverso un dibattito costruttivo.
Materiali e Metodi
Incontri con i medici dell’associazione e con equipes di medici-psicologi.
Riassunto dei risultati
I risultati degli interventi di prevenzione nelle scuole consistono nella raccolta e nella tabulazione dei dati raccolti
nei questionari somministrati ai ragazzi prima e dopo gli interventi di prevenzione.
Conclusioni
L’attività svolta dall’associazione ha contribuito a promuovere nei ragazzi una comunicazione positiva ed un
confronto costruttivo nel rispetto delle singole posizioni e nell’integrazione delle esperienze individuali.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo B • B6
IL SERVIZIO TELEFONICO DEL GVMAS – GRUPPO DI VOLONTARIATO EPR MINORI E ADULTI SIEROPOSITIVI HIV+ UN ANNO DI ATTIVITA’: INFORMAZIONE – PREVENZIONE E SOSTEGNO
Gavazzeni G.* – Dagnoni AM.* – Mainieri D. – Zambon E.
*GVMAS Onlus, ANLAIDS Sez. Lombarda
Provenienza
Utenti che hanno chiamato al centralino: il 53% ha chiamato dalla
Lombardia.
Le telefonate ricevute 800
Popolazione
Il 54% della popolazione che ci ha contatto è maschile. Gli utenti
che hanno chiamato sono stati 450
Infezione e prevenzione
Il 66% delle richieste riguarda la infezione da HIV (rischi comportamentali).
Orientamento
Il 51% a fine telefonata ha chiesto il contatto con le strutture territoriali per eseguire il test e avere informazioni di carattere medico.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
118
Posters Gruppo B • B6
Richieste
Abbiano notato che il 24% delle persone che hanno contattato il
nostro centralino volevano essere ascoltati il 19% sono venuti in
associazione a parlare vis a vis .
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
119
Posters Gruppo B • B7
IL COUNSELLING TELEFONICO NELLA PREVENZIONE DELL’INFEZIONE DA HIV – ANLAIDS SEZIONE
LOMBARDA
Mainieri D.* – Gavazzeni G. – Dagnoni A. – Zambon E.*
*ANLAIDS Sezione Lombarda, GVMAS Onlus
La Sezione Lombarda di ANLAIDS opera da quasi 20 anni nel campo della prevenzione da infezione da HIV.
Tra le attività di prevenzione messe in atto dalla Sezione il counselling telefonico si rivela tra le più efficaci di
persistente attualità.
Il centralino è operativo tutti i giorni dell’anno dalle ore 9.00 alle 18.30.
La continuità dell’offerta è irrinunciabile ance se organizzativamente gravosa. Il counselling telefonico soddisfa
differenti esigenze:
• Rappresenta la garanzia di una disponibilità umana e solidale e, nel contempo professionale;
• Fornisce informazioni precise ed aggiornate sotto il profilo epidemiologico. Di grande rilevanza, in questo
ambito l’incentivo a ricorrere al test.
• Rappresenta il primo contatto con l’Associazione, i suoi componenti e servizi: segreteria, volontariato, psicologi,
medici, gruppi di Auto Aiuto.
• Fornisce informazioni precise sulla rete di opportunità Istituzionali pubbliche e private operative sul territorio
cittadino. Contribuisce pertanto ad avviare a soluzione problemi di natura burocratico amministrativa correlati
allo stato di sieropositività
• Raccoglie informazioni sull’ampio spettro dei bisogni delle persone Hiv+ in una grande metropoli ove convivono
situazioni sociali, economiche, intellettuali e lavorative differenziate. Ciò è utile al fine di programmare gli
interventi prioritari dell’Associazione.
Operatività:
Alcuni numeri relativi all’anno 2007:
• 902 informazioni relative al rischio di contagio e invio al test
• 156 timori immotivati
• 1200 interventi telefonici con Volontario sieropositivo
• 337 interventi di orientamento
• 675 richieste di servizi e di interventi
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo B • B7
Counselling telefonico 2007
timori immotivati
156
interventi di orientamento
337
richieste di servizi ed interventi
675
Informazioni relative al rischio di contagio e
invio al test
902
interventi telefonici con Volontario sieropositivo
1200
0
200
400
600
800 1000 1200 1400
n° telefonate
La concretezza dei risultati:
1. il colloquio sposta, in genere, l’ansia dal timore infondato alla necessità concreta di avere più informazioni
corrette
2. aumentano le persone che, in presenza di dubbi, si rivolgono al test
3. aumenta la richiesta di supporto psicologico, evidenziata nella fase di post-test
4. si manifesta il desiderio di un confronto più concreto con persone con HIV +
5. si sono fornite informazioni specifiche sulla tipologia dei servizi territoriali e del percorso da seguire per raggiungerli, che la persona utente non avrebbe individuato senza la presenza dell’operatore.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo B • B8
ACTIONS TO SUPPORT THE EVIDENCE-BASED HIV PREVENTION STRATEGY AMONG MIGRANT
POPULATION IN ITALY: RISK FACTORS IN RECEIVING COUNTRY
Martini M. 1, Pompa MG. 2, D’amato S. 2, Forcella E., Baglio G.3
1
IOM
2
Italian Minister of Health,
3
ASP Agenzia Sanità Pubblica
Aims
This project, promoted and funded by Italian Ministry of Health,Dipartimento Generale Prevenzione Sanitaria
in collaboration with Direzione Centrale Affari Generali-Provincia Milano;Assessorato Terzo Settore-Comune
Firenze aims to collect information on factors associated with HIV risk among migrant population in a view to
plan evidence-based strategy to reduce and contain the diffusion of the infection among this population.
Methods
A participatory and integrated methodology was applied in order to identify the profile of migrants from Latin
America, South-East Europe and North Africa living in Italy, with respect to information, risk perception, and
HIV/AIDS/ sexual related behaviours. A quantitative research (KABP survey) was undertaken with the support
of an anonymous self-administered questionnaire, which was distributed by cultural mediators in meeting places,
as religious centres and associations. UNAIDS “National AIDS Programmes” indicators were also included.
Descriptive statistics, multiple correspondence analysis, logistic regression models were used. In addition, a
qualitative research (semi-structured interviews) was carried out in order to investigate AIDS-related attitudes
and behaviours.
Results
A total of 1412 questionnaires were collected in North (Milan), Centre (Florence) and South Italy (Rome), and 12
interviews were conducted. Sexual intercourses rather than the use of intravenous drugs appeared to be the main
risk for migrants in relation to HIV. Factors associated with a higher HIV risk behaviour are, according to multivariate analyses: lower knowledge of Italian language, lower education, less information on HIV. In addition, the
risk is higher for men, especially without a partner; the first year in the receiving country is the period associated
with the highest risk to perform inappropriate behaviour. The regression model showed that information on HIV
is much higher amongst migrants who had received it in the country of origin; additionally the information
received in country of origin is strongly correlated with a concrete knowledge of HIV. This study showed that the
level of information is lower amongst people with a sexual life at risk for HIV.. Migration itself was confirmed,
by migrants interviewed, to be a critical moment in relation to the danger to assume behaviours at risk, mainly
because the sexual freedom, more needs and opportunity to find sexual partner, difference social norms.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
122
Posters Gruppo B • B8
Discussion
Increasing research on HIV and migrants in receiving country, especially in country of recent immigration such
Italy; strengthening for HIV prevention which should be able to reach migrants of recent arrival; promoting health
information campaigns also in the transit and countries of origin and concentrating on the future migrants, appeared
very important activities for a comprehensive strategy.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo B • B9
QUESTIONNAIRE ON HIV FOR MIGRANT IN RECEIVING COUNTRY: THE CASE STUDY OF ITALY
Martini M.1, Pompa MG. 2, D’amato S.2, Forcella E.3, Viola G.3 , Baglio G.3
1
IOM
2
Italian Minister of Health,
3
ASP Agenzia Sanità Pubblica
Background
Questionnaires to investigate the profile of migrants in receiving country respect to information, risk perception,
sexual and HIV/AIDS related behaviours, in accordance with WHO and UNAIDS recommendations are scarce.
Aims
This project, promoted by Italian Ministry of Health, Dipartimento Generale Prevenzione Sanitaria in collaboration
with Direzione Centrale Affari Generali-Provincia Milano;Assessorato Terzo Settore-Comune Firenze, aims at
designing an up-to-date Knowledge Attitude, Behavioural and Practice (KABP) instrument for migrant
Methods
The design of the self-administered questionnaire was completed by an Italian team consisting of researchers,
statisticians, cultural mediator, and national institutions representatives. Several steps were undertaken to develop
the questionnaire: 1) the review of existing literature and KABP questionnaires; 2) the selection of the already
valid domains, and identification of further spheres related to migrants; 3) the analysis of WHO/UNAIDS indicator;
4) Translation; 5) pre-test analysis by structured interviews and distribution on a sample of 5%; 5) statistical analysis
to assess the characteristics of the questionnaire.
Results
About 1400 questionnaires were filled in, by Latin American, North Africa and South Est Europe migrants living
in Italy. They were distributed and collected in meeting places of migrants previously identified through an
observational study. Out of 4 domains identified, one is the UNAIDS indicator and 3 are new domains. They are:
Knowledge (UNAIDS), Misunderstanding, Risk behaviours and Stigma. The construction of these indicators
was necessary to perform multiple correspondence analysis and to build the factorial axis on which to project the
socio-demographic and health related items of the questionnaires. Good capacity of the questionnaire to clearly
split the 2 indicators of Knowledge and Misunderstanding allowed creating two synthetic indexes.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
124
Posters Gruppo B • B9
Conclusion
The integration of different expertise, in particular the direct involvement of cultural mediator in all the phases of
the project was an innovative characteristic of this work and resulted in high levels of efficiency. This new
questionnaire can be a realistic tool for practical research. However, in order to guarantee a successful quantitative
research, it is also recommended to put into practice a comprehensive strategy which includes in-depth qualitative
analyses.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
125
Posters Gruppo B • B10
EVIDENCE-BASED HIV/AIDS PREVENTION STRATEGY FOR MIGRANTS IN ITALY
Martini M.1, Di Pasquale L.1
1
IOM, Rome, Italy
Background
Italian HIV prevention strategies been elaborated for and applied on the autochthon population. This study aims
at evaluate the responsiveness of Albanians, Moroccans, Peruvians immigrants living in Italy, on HIV/AIDS
prevention materials as well as to provide suggestions/indicators on HIV/AIDS migrant-friendly prevention
strategies. This research is part of a wider project funded by the Italian Ministry of Health Italian Ministry of
Health, Dipartimento Generale Prevenzione Sanitaria, in collaboration with the Province of Milan, Direzione
Centrale Affari Generali, and the Municipality of Florence, Assessorato Terzo Settore,
Methods
Campaign produced in Italy and in Albania, Morocco, Peru were collected and evaluated. Anthropological techniques,
participatory approaches, observational research were combined, 13 semistructured interviews to Key informants
and 12 focus groups (4 each nationality) were carried out.
Results
130 migrants were reached through cultural mediators, community leaders, associations. Main results: migrants
are poorly reached by interventions in Italy and reported to have acquired HIV information mainly in the country
of origin; many migrants use mass media and can be reached by approaches in a similar ways to Italian, however
results showed the need for migrants-friendly interventions for young people -second generations, or arrived in
Italy at school age. In line with the MoH campaign, music is considered important to inform and sensitize young
migrants on HIV/AIDS. Many Interviewees questioned the efficacy of printed information material and expressed
the need to receive oral information on HIV/AIDS in area and times migrant-friendly. Migrants associations,
community leaders emerged as key referents. Among Italian key figures, personnel from the health sectors and
pharmacists stand out as trustworthy. In relation to printed HIV IEC material assessment, clear indicators were
identified such as positive/cheerful messages, standard brochure, Images rather then text.
Conclusions
Migration is a dynamic phenomenon, it is important routinely to assess tools and approaches to intervene on
HIV prevention targeting migrants. This program provided indictors to plan evidence-based strategies regarding
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
126
Posters Gruppo B • B10
integrated and migrants-friendly HIV/AIDS prevention. The project outcomes will support the development of
an evidence-based plan of prevention within the Italian National AIDS Strategy for 2006-2009 comprehensive of
indicators respectful of cultural diversity.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
127
Posters Gruppo B • B11
CONDOM. ANCORA (MI)SCONOSCIUTO. E’ NECESSARIO INTERVENIRE
Prestileo T.S., Sanfilippo A., Di Lorenzo F., Dalle Nogare E.R., Ficalora A.
Unità Operativa di Malattie Infettive. Ospedali Casa del Sole & Pisani. ASL 6 Palermo
Una recente revisione dei casi di Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST) osservati nella coorte dei Pazienti
con infezione da HIV, in follow-up presso l’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive degli Ospedali Casa
del Sole & Pisani, ha messo in evidenza che l’uso del preservativo non solo non è costante ma, addirittura, raro.
Il dato è stato ricavato dall’osservazione di una serie di ben 19 nuove diagnosi di sifilide secondaria, poste
consecutivamente nel corso del periodo gennaio 2007 – giugno 2008, in pazienti con diagnosi di infezione da
HIV già nota o in pazienti in cui la diagnosi di infezione da HIV è stata effettuata a causa della comparsa del tipico
esantema che caratterizza la presentazione clinica di lue secondaria (infezione sentinella).
Tutti i pazienti, intervistati in relazione al numero di partners sessuali ed all’uso del preservativo, hanno dichiarato
una media di 3 partners/anno ed uno scarso uso del preservativo, indipendentemente dalla “conoscenza” del partner.
L’osservazione di questo dato della pratica clinica relativa a questa coorte costituita da circa 600 pazienti ed il
confronto con dati relativi a precedenti periodi di osservazione (vedi tabella) pone una serie di importanti quesiti
non solo per quanto riguarda il management di questi pazienti ma, soprattutto, di sanità pubblica che, come è
fin troppo ovvio, riguarda tutti. Proprio tutti, dal momento che la diagnosi di sifilide è stata posta in 10 pazienti
omosessuali; 7 eterosessuali; 2 bisessuali.
Quindi, ancora una volta, si ribadisce che le MST sono “un patrimonio” che non esclude proprio nessuno.
Pertanto va sempre consigliato l’uso del preservativo per tutti i rapporti sessuali con partner non conosciuto.
Periodo
di osservazione
04/2004 - 12/2005
1/2000 - 12/2000
1/1995 12/1995
Diagnosi di LUE in 3 diversi periodi di osservazione
n° casi
osservati
HIV+
HIV14
3
3
1
1
2
Pazienti HIV+
in f-up
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
550
500
400
128
Posters Gruppo B • B12
MALTREATMENT AS AN EDUCATIONAL SYSTEM?
Salerno S. (1,2), Gonzales I. (1), Prestileo T. (2)
(1)
Istituto Comprensivo Statale “P.P.Puglisi” Palermo
(2)
ANLAIDS, sezione “F. Impastato” Palermo
Secondary school teachers usually have to face several adolescent problems. The most difficult one is abuse. In
suburban schools, in fact, you can very often meet children suffering abuse. But unfortunately, the teacher is left
completely alone. From our experience there are a lot of children in all classes who are bully and rude; they do
not respect any rules and are not interested in studying at all. In this case the teacher usually calls the student’s
parents to understand not only why he rejects the school, but first of all to ask for collaboration. Unfortunately
what the parents usually intend for collaboration is just to overwhelm their son both physically and verbally. That
is what happens even during the interview with the family, so that one can suppose that it will certainly go on later
within their home. Teachers have the feeling that parents have no educational methods and that they beat their
children not for cruelty but just because they think that is the only way to bring up them correctly. The results of
this educational method are desolating. In fact it has been noticed that the majority of the abused children abandon
school soon and live on the street easily falling a prey to the organized crime.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
129
Posters Gruppo B • B13
LE ATTIVITÀ DELLA CONSULTA NAZIONALE DI LOTTA ALL’AIDS NEL BIENNIO 2006/08
Crespi F.
Le Associazioni che compongono la Consulta: ANLAIDS, ALA, AIRA, ARCHE’, ARCIGAY, BALNE
EUROPA, CARITAS, CNV, Com. Incontro, Com. San Benedetto, Com. di Sant Egidio, Com. San Patrignano,
CICA, CNCA, CRI, CEIS, DIANOVA, Essere Bambino, Fed. Ass. Emofiliache, Forum AIDS, GayNet ,GRUPPO ABELE, LILA, M.MIELI, MONDO X, NPS It., NADIR Politrasfusi It., Positifs, Ragazzi della Panchina,
SAMAN, UNICEF, Villa Maraini hanno contribuito e promosso interventi ed azioni nelle aree:
• della prevenzione, per la realizzazione di azioni preventive verso giovani, gruppi vulnerabili e persone con
HIV/AIDS, come previsto nelle Linee Guida per la Campagna 2007/08 e proponendo un progetto di valutazione
della Campagna stessa ed un progetto di ricerca per la facilitare l’accesso al test;
• dell’integrazione socio-sanitaria, per garantire omogeneità nel territorio nazionale riguardo l’accesso alle
terapie, alle indagini cliniche specifiche, ai centri di screening per il test in forma anonima, all’assistenza
domiciliare, per rafforzare il coordinamento tra centri clinici, servizi territoriali, altri specialisti del sistema
Socio-Sanitario e Medici di Medicina Generale e per integrare i LIVEAS ed il decreto di aprile con aspetti più
specifici riguardanti l’HIV/AIDS;
• della formazione e dell’aggiornamento sull’HIV/AIDS e sull’accoglienza esteso agli operatori sanitari e
socio-assistenziali facenti parte dell’offerta dei servizi sociali e sanitari generali;
• dei migranti per focalizzare l’attenzione sulla prevenzione, diagnosi e cura di questa popolazione favorendone
l’accesso ai servizi attraverso azioni mirate;
• dei paesi in via di sviluppo attivando una maggiore sinergia con il Ministero degli Esteri attuando accordi
internazionali di cooperazione e rispettando gli impegni economici assunti in ambito internazionale.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
130
Posters Gruppo B • B14
REALIZZAZIONE DI PROGETTI NAZIONALI
Crespi F.
In linea con le indicazioni europee di partecipazione della società civile alle scelte riguardo gli interventi per
l’HIV/AIDS, ANLAIDS Nazionale fa parte delle Associazioni che partecipano alla realizzazione di due progetti
nazionali, voluti dalla Consulta e finanziati dal Dipartimento Prevenzione e Comunicazione :
“Valutazione dell’impatto del messaggio della campagna preventiva ministeriale educativo-informativa
2007/08 per la lotta all’AIDS e sperimentazione di un modello di divulgazione continua e costante dei
messaggi mirati ai gruppi vulnerabili”
- Dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione ministeriale
- UNIVERSITA’ di BOLOGNA, Dipartimento di Scienze dell’Educazione
- CONSULTA NAZIONALE delle Associazioni di lotta all’AIDS
ANLAIDS si occupa del target -donne eterosessuali- in 4 regioni, con la collaborazione di ANLAIDS Marche,
ANLAIDS Veneto, LILA Puglia e ASCE Sardegna.
“Progetto di ricerca per l’individuazione e la sperimentazione di modelli di intervento atti a migliorare
l’adesione al test di screening HIV”
- Dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione ministeriale
- ISTITUTO SUPERIORE di SANITA’ – Telefono Verde –
- CONSULTA NAZIONALE delle Associazioni di Lotta all’AIDS
ANLAIDS coordina l’unità operativa Sud dove la sede ANLAIDS di Palermo realizzerà iniziative promozionali di
accesso al test e sperimenterà la metodologia ritenuta più appropriata dalla ricerca stessa.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
131
Posters Gruppo B • B15
VIVERE “ALLA NORMALE” CONOSCERE, PARTECIPARE, AFFRONTARE L’INFEZIONE DA HIV.
KIT DIDATTICO MULTIMEDIALE PER LA COMUNICAZIONE CON MADRI SIEROPOSITIVE AFRICANE
Oletto S.*, Novello C., Ghiringhelli B., Rampon O., Giaquinto C.
Centro di Riferimento per l’Aids Pediatrico, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova
Obiettivi specifici
Creare un kit didattico multimediale per operatori dell’area sanitaria, sociale, educativa che seguono persone
immigrate sieropositive. Il kit approfondisce l’intreccio tra genitorialità, immigrazione, sieropositività e considera
aspetti conoscitivi, relazionali, culturali.
Materiali e Metodi
Comprende:
- 21 tavole cartacee in lingua italiana, 21 in lingua inglese, 21 in lingua francese;
- un cd rom con animazioni e dialoghi in lingua italiana, inglese, francese;
- un manuale di preparazione per l’operatore;
- 5 opuscoli in lingua italiana, 5 in inglese e 5 in francese.
Il kit va utilizzato con madri sieropositive africane in sessioni di counselling individuali o di coppia. Propone
percorsi di salute e di integrazione sociale, affronta aspetti generali dell’HIV, approfondisce concetti della cultura
utili a riflettere sulle scelte e sui comportamenti del paziente.
Riassunto dei risultati
Può risultare difficile tradurre in strumenti operativi concetti complessi quali l’empowerment, la consapevolezza
di poter continuare a vivere, i diritti ed i doveri in Italia e “passare” informazioni che rendano partecipi i pazienti
nella gestione della patologia, della genitorialità, del progetto migratorio. La nostra esperienza dimostra che ciò
può essere fatto con “leggerezza” attraverso la narrazione illustrata di una storia che prendendo spunto da
esperienze reali stimoli la riflessione e l’interiorizzazione. Non solo aspetti medici ma anche e soprattutto
“consigli positivi” attraverso un linguaggio colloquiale e coinvolgente.
Conclusioni
L’utilizzo di strumenti educativi che integrano l’utilizzo esclusivo del linguaggio verbale permette un approccio più
efficace di cura e di miglioramento della qualità di vita del paziente e ciò particolarmente in contesti interculturali.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
132
Posters Gruppo B • B16
L’IMPATTO DELL’INFEZIONE DA HIV NELL’ASSISTENZA ALLE FAMIGLIE MIGRANTI
Oletto S.*, Ghiringhelli B., Rampon O., Giaquinto C.
Centro di Riferimento per l’Aids Pediatrico, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova
Obiettivi specifici
La ricerca motivata dal forte incremento di popolazione immigrata e dalla necessità di confronto degli operatori
sanitari e sociali con codici etici e sociali diversi da quelli occidentali, ha incrementato conoscenze su:
• modalità, strategie e risorse con cui madri immigrate africane ed adolescenti romeni conoscono ed affrontano
l’infezione da HIV ed i rapporti con le strutture socio-sanitarie;
• modelli assistenziali delle strutture socio-sanitarie pediatriche ed ostetriche del Veneto verso le persone straniere sieropositive immigrate, madri e neonati in particolare.
Materiali e Metodi
26 interviste a madri HIV+ africane e ad adolescenti romeni, 90 questionari ad operatori socio-sanitari e 5 Focus
Group (60 partecipanti) con personale socio-sanitario del Veneto hanno esplorato in pazienti e personale conoscenze
e percezione dell’HIV e della migrazione, modalità di circolazione delle informazioni, social network, discriminazione, relazione paziente/personale.
Riassunto dei risultati
Nei pazienti: conoscenze scorrette, difficoltà alla partner disclosure, solitudine, relazioni familiari non supportanti,
ospedale come unico punto di riferimento, condizionamento della patologia alla storia migratoria, maternità come
strumento di costruzione dell’identità personale e sociale.
Negli operatori: ridotte conoscenze e pregiudizi sull’infezione da HIV e sulla migrazione, difficoltà al dialogo,
incapacità di distinguere appartenenza culturale ed evento migratorio, poco spazio alla storia di vita del paziente,
scarsa conoscenza della mediazione cultuale, assenza di materiale di appoggio.
Conclusioni
Produzione di strumenti in lingua e attivazione di percorsi di formazione a medio termine capaci di dare, però, fin
da subito riscontri reali sia per i pazienti sia per gli operatori stessi sono i bisogni maggiormente espressi.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
133
Posters Gruppo B • B17
GLI ADOLESCENTI ED IL RISCHIO HIV: SCARSE CONOSCENZE, FAME DI INFORMAZIONE
Sebastianelli S.*(1), Riva A. (1), Massaccesi C.(2), Giachi R. (3), Moccheggiani S. (3), Costantini A.(2), Butini L.(2, 4),
Montroni M.(2), Scalise G.(1)
(1)
Clinica Malattie Infettive, Università Politecnica delle Marche, Ospedali Riuniti di Ancona;
(2)
Servizio di Immunologia Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ospedali Riuniti di Ancona;
(3)
Unità di Strada “Informabus”, Comune di Ancona;
(4)
ANLAIDS Marche
Obiettivi specifici
I giovani ed in particolare gli adolescenti sono particolarmente esposti al rischio di infezione da HIV, anche in
conseguenza della carenza di campagne informative negli ultimi anni. Scopo del presente studio è valutare il livello
di conoscenze sull’infezione da HIV e sul rischio di contagio posseduto da un gruppo di soggetti in prevalenza
adolescenti.
Materiali e Metodi
Ai partecipanti è stato chiesto di rispondere ad un questionario cartaceo derivato dal videogioco “Joe Condom
in the Safe City” realizzato da Anlaids Lazio, che si ringrazia per la collaborazione. Per ciascuno degli undici
argomenti relativi all’infezione da HIV, esposti in forma di dialogo tra due personaggi, gli intervistati hanno
indicato l’affermazione ritenuta veritiera. Argomenti: 1) vaccino anti-HIV, 2) utilità del condom, 3) periodo finestra,
4) rischio per rapporti non protetti, 5) incidenza dell’AIDS, 6) dove richiedere il test, 7) esistenza di cure in grado di
eradicare l’infezione, 8) baci e rischio di contagio, 9) sesso orale e rischio di contagio, 10) siringhe/aghi e rischio
di contagio, 11) trasmissione verticale.
Risultati
Operatori dell’Unità di strada Informabus hanno proposto il questionario a 84 persone (M=75%, età media 15
anni, range 10-26). Per ogni domanda le risposte errate sono risultate superiori al 10%; i quesiti gravati dalla
maggiore frequenza di errori sono risultati i numeri 1 (40%), 3 (30%), 4 e 6 (19%), 8 (38%) e 9 (35%). Meno di
due errori sono stati commessi dal 40% degli intervistati, oltre il 15% di essi ha commesso invece più di 4 errori.
Conclusioni
Sebbene una parte degli intervistati abbia dimostrato di possedere un apprezzabile livello di informazione sulla
malattia da HIV, una popolazione prevalentemente costituita da adolescenti mostra importanti lacune riguardanti
la conoscenza delle modalità di trasmissione dell’infezione da HIV, le caratteristiche e la disponibilità del test
diagnostico, la possibilità di ricorrere ad un vaccino. Questo risultato può aiutare ad orientare opportunamente le
necessarie iniziative di informazione.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
134
Posters Gruppo B • B18
INDAGINE SUL RISCHIO HIV FRA GLI STUDENTI UNIVERSITARI DI ANCONA
Massaccesi C.(1, 2), Sebastianelli S.(3), Riva A. (3), Costantini A. (1), Butini L.* (1, 4), Montroni M. (1), Scalise G. (3)
(1)
Servizio di Immunologia Clinica, Università Politecnica delle Marche, Ospedali Riuniti di Ancona;
(2)
Associazione Culturale Universitaria Gulliver, Ancona;
(3)
Clinica Malattie Infettive, Università Politecnica delle Marche, Ospedali Riuniti di Ancona;
(4)
ANLAIDS Marche.
Obiettivi specifici
La carenza di campagne informative sulla malattia da HIV rischia di contribuire al diffondersi dell’infezione, specie
fra i giovani. Scopo del presente studio è valutare il livello di informazione sull’infezione da HIV posseduto da
studenti universitari afferenti all’Università Politecnica delle Marche.
Materiali e Metodi
Ai partecipanti è stato chiesto di rispondere ad un questionario cartaceo derivato dal videogioco “Joe Condom
in the Safe City” realizzato da Anlaids Lazio, che si ringrazia per la collaborazione. Per ciascuno degli undici
argomenti relativi all’infezione da HIV, esposti in forma di dialogo tra due personaggi, gli intervistati hanno
indicato l’affermazione ritenuta veritiera. Argomenti: 1) vaccino anti-HIV, 2) utilità del condom, 3) periodo finestra,
4) rischio per rapporti non protetti, 5) incidenza dell’AIDS, 6) dove richiedere il test, 7) esistenza di cure in grado di
eradicare l’infezione, 8) baci e rischio di contagio, 9) sesso orale e rischio di contagio, 10) siringhe/aghi e rischio
di contagio, 11) trasmissione verticale.
Risultati
Sono stati intervistati 145 soggetti (M=55%, età media 22 anni, range 19-28), provenienti dalle facoltà di Agraria
(14), Medicina e Chirurgia (38), Economia e Commercio (53), Ingegneria (40). Le domande alle quali è stata
più frequentemente data risposta sbagliata sono risultate la 3 (errata dal 32,4% degli intervistati), la 1 (20%), le
8 e 9 (18,9%), la 11 (13,1%). Meno di due errori sono stati commessi dall’84,2% degli studenti di Medicina e
Chirurgia, dal 57,1% degli studenti di Agraria, dal 55% degli studenti di Ingegneria, dal 45,3% degli studenti di
Economia e Commercio; il 19,5% degli intervistati, complessivamente, ha commesso tre o più errori.
Conclusioni
Sebbene una buona parte degli intervistati abbia dimostrato di possedere un apprezzabile livello di informazione
sulla malattia da HIV, sono tuttavia emerse criticità riguardanti soprattutto le modalità di trasmissione dell’infezione e
il periodo finestra con i moderni test diagnostici. E’ particolarmente preoccupante, ai fini dell’impatto sui possibili comportamenti a rischio, che una quota significativa degli intervistati ritenga che la malattia da HIV stia
scomparendo, che esistano cure in grado di eradicare l’infezione e che sia disponibile un vaccino.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
135
Posters Gruppo C
Counselling
Mediatori linguistico-culturali
Infezione da HIV/AIDS
nei migranti e negli stranieri:
esperienze italiane
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
136
Posters Gruppo C • C1
SORVEGLIANZA E CONTROLLO DELLE MALATTIE INFETTIVE TRASMISSIBILI NELLA POPOLAZIONE
IMMIGRATA IRREGOLARE DELL’ULSS 6 DI VICENZA
Conforto M., Facchin C., Colussi P., Girardi M. e Pellizzer G.P.
Malattie Infettive e Tropicali - Ospedale S. Bortolo - Vicenza
Obiettivi specifici
Sperimentare un sistema di sorveglianza e controllo delle malattie infettive trasmissibili nella popolazione
immigrata irregolare nell’ambito di un progetto regionale che coinvolge i Medici di Medicina Generale
(MMG).
Materiali e Metodi
Da settembre 2007, i pazienti afferenti per la prima volta al servizio sono stati sottoposti, dopo raccolta dati
anagrafici mediante scheda elettronica, a sierologie per HBV, HIV, Lue, esame coproparassitologico, intradermoreazione di Mantoux (PPD), Rx torace.
In presenza di positività ad uno o più test, il paziente veniva inviato con percorso preferenziale al Servizio di
Pneumotisiologia o all’UO di Malattie Infettive o al Servizio di Dermatologia per accertamenti e cure; in caso di
negatività, veniva indirizzato ad un MMG concordato, per presa in carico per un anno.
Riassunto dei risultati
Da settembre 2007 a maggio 2008 sono stati arruolati 74 pazienti consecutivi (30 maschi e 44 femmine). Il 72,9%
(n=54) è risultato positivo al PPD, il 20,3% (n=15) è risultato negativo, 5 pazienti (6,8%) non si sono presentati
per la lettura. In 49 (90,7%) pazienti PPD positivi, è stata eseguita Radiografia del torace, risultata negativa. 55
pazienti (74,3%) hanno eseguito esame coproparassitologico (unico campione) con una sola positività (uova di
tenia sp). Dei 66 pazienti che hanno eseguito i test sierologici, 3 sono risultati positivi per Sifilide (4,5%), 2 per
HIV (3,0%) e 8 per HBV (12,1%).
Conclusioni
I nostri dati confermano l’importanza del servizio ambulatoriale come riferimento istituzionale per la protezione
e promozione della salute dell’immigrato e della collettività, svolgendo funzioni di osservatorio epidemiologico
e controllo delle malattie infettive trasmissibili.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
137
Posters Gruppo C • C2
ANALISI DEI BISOGNI DI SALUTE DELLA POPOAZIONE IMMIGRATA IRREGOLARE ALL’INTERNO DELL’ULSS 6 DI VICENZA
Conforto M., Facchin C., Colussi P., Girardi M. e Pellizzer G.P.
Malattie Infettive e Tropicali - Ospedale S. Bortolo - Vicenza
Obiettivi specifici
Valutazione epidemiologica e clinica della popolazione afferente al Servizio Ambulatoriale per immigrati
irregolari dell’ULSS 6 di Vicenza.
Materiali e Metodi
Per ogni accesso all’ambulatorio vengono raccolti, tramite compilazione di apposita scheda, dati demografici,
clinici e sociali.
Riassunto dei risultati
Da gennaio 2004 a dicembre 2007 è stato evidenziato un aumento per quanto riguarda l’afflusso all’ambulatorio.
Nel 2004 sono stati registrati 616 accessi, e 802 nel 2007 (incremento del 30,2%), con aumento progressivo di
pazienti provenienti dall’Africa, ma soprattutto dall’Est Europa. Nel 2007 il 73,8% (592) degli utenti era di sesso
femminile e l’età media era di 40 anni (range 1-82). L’analisi delle patologie secondo ICD9 ha messo in luce
una prevalenza di malattie a carico dell’apparato Genito-Urinario (17%), Digerente (14%), Circolatorio (13%) e
Osteomuscolare (8%), mentre le Malattie Infettive e Parassitarie costituivano solo il 5%.
Conclusioni
L’analisi dei nostri dati ha permesso di conoscere e valutare meglio i bisogni di salute della popolazione immigrata
irregolare del territorio dell’ULSS 6 di Vicenza e ha fornito un ausilio per la progettazione di nuove strategie
mirate alle necessità emergenti. In particolare, è necessario dare una risposta adeguata all’aumentata richiesta di
utilizzo del Servizio, in considerazione della prevalenza delle patologie non di pertinenza infettivologica, con
particolare riguardo all’ambito ginecologico vista l’elevata percentuale di utenti di sesso femminile. Infine, Servizi
di questo tipo possono diventare sedi privilegiate per la sorveglianza epidemiologica delle malattie infettive e non
all’interno della popolazione immigrata irregolare.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
138
Posters Gruppo C • C3
ASSISTENZA PSICOLOGICA ALLE PERSONE SIEROPOSITIVE, MALATI DI AIDS E FAMILIARI
Porcorossi M., Zecchini O.*
Anlaids Sezione Umbria
Inizialmente gli utenti provenivano da Perugia città, ora dall’intera provincia; dal 2006 affluiscono anche stranieri
immigrati (dall’Ambulatorio per l’Assistenza Medica agli Immigrati); sta iniziando anche l’assistenza psicologica ai
partecipanti al progetto del “Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR)”.
Obiettivi specifici
Attenuare il disagio provocato dalla diagnosi dell’infezione Hiv; attuare un percorso di gruppo o individuale per
accettare la malattia, la prevenzione e, se del caso, la terapia; superare l’emarginazione.
Materiali e Metodi
(1) Incontri quindicinali per gruppi di auto-aiuto; (2) incontri settimanali per sostegno psicologico individuale o
di coppia o di gruppi familiari.
Riassunto dei risultati
Nel 2008 sono state assistite 40 persone: 16 incontri individuali (di cui 4 immigrati); 3 nuclei familiari (12 persone);
6 coppie (12 persone).
Analisi e confronto; nell’ambito delle coppie e dei gruppi, del vissuto quotidiano; rapporti con il partner, famiglia
di origine, ambiente sociale, lavoro.
Sono state offerte informazioni e assistenza sull’accesso ai vari servizi per la salute e sulla prevenzione, anche
contattando le comunità straniere residenti sul territorio di Perugia.
In un caso, trattato tardivamente, c’è stato il suicidio della persona.
Conclusioni
Gli utenti, attraverso un continuo feed-back del proprio vissuto esperienziale, hanno realizzato un sostanziale
progresso verso l’accettazione di se stessi e delle propria situazione.
L’elaborazione delle informazioni e il confronto paritetico hanno favorito un utile rapporto con il terapeuta, una
solidale coesione tra i partecipanti e un processo di socializzazione anche al di fuori dello spazio terapeutico del
gruppo.
Diversi utenti hanno sollecitato la prosecuzione dell’attività; il numero dei partecipanti è andato aumentando.
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Posters Gruppo C • C4
STRUMENTI E STRATEGIE DI PREVENZIONE HIV&AIDS RIVOLTE AI MIGRANTI IN ITALIA
Martini M.1 (*), DiPasquale L.1, Forcella E.2, D’Amato S.3, Pompa M.G.3
1
IOM-International Organization for Migration, Rome, Italy
2
ASP-Agenzia Sanità Pubblica, Rome, Italy
3
Ministry of Health, Prevenzione e Comunicazione, Rome, Italy
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, in collaborazione con il Ministero della Salute, ha realizzato
nel 2007 un’indagine finalizzata ad individuare strategie e materiali di prevenzione HIV&AIDS rivolte ai
migranti in Italia. È stata realizzata una ricerca sui materiali e le strategie di prevenzione esistenti, con lo scopo
di valutare il gradimento dei migranti circa i materiali realizzati in Italia a confronto con quelli prodotti nei paesi
di origine.
La ricerca, di tipo qualitativo, ha utilizzato metodi antropologici e approcci partecipativi. In totale sono state
realizzate 13 interviste semi-strutturate a informatori chiave e 12 focus groups con le comunità marocchine,
albanesi e peruviane.
I risultati della ricerca evidenziano che:
• Le attuali campagne informative hanno ottenuto uno scarso raggiungimento del target dei migranti, i quali
hanno acquisito informazioni soprattutto nel paese di origine.
• I migranti sono raggiunti dalle campagne informative in modo del tutto similare agli italiani, o con sottili
variazioni.
• Le seconde generazioni rappresentano un target cruciale per le campagne informative.
• I migranti preferiscono l’informazione orale al materiale di prevenzione, in luoghi e tempi a loro adatti.
• Il personale sanitario e i farmacisti oltre ai connazionali sono referenti chiave dei migranti in ambito sanitario.
• Tra i suggerimenti dei migranti per l’elaborazione di nuove strategie di prevenzione emerge: dare messaggi
rassicuranti, usare immagini più che testo, introdurre riferimenti al paese di origine.
Il rapporto finale include alcune indicazioni utili a programmare strategie di prevenzione basate sull’evidenza e
che comprendano misure efficaci per l’utenza straniera, nel rispetto della loro diversità culturale.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo C • C5
IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DI IMMIGRATI PER CONTRASTARE L’HIV/AIDS
Martini M.(*)1, Jimenez Y.1, Greco Tonegutti R.1, D’Amato S.2, Pompa M.G.2
1
O.I.M - Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, Migrazione e Salute, Roma, Italia,
2
Ministero del Lavoro, della Salute e della Previdenza Sociale, Dipartimento Prevenzione e Comunicazione
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni in collaborazione con la Provincia di Milano e con il Comune
di Firenze, ha condotto, su incarico del Ministero del Lavoro, della Salute e della Previdenza Sociale, un progetto
volto a rafforzare le iniziative di prevenzione dal contagio dall’HIV realizzate da associazioni di immigrati in
Italia.
Attraverso un data-base curato dall’OIM, i contatti di un gruppo di mediatori culturali e la ricerca su internet
sono state individuate le principali associazioni di immigrati albanesi, peruviani e marocchini attive in Italia. La
somministrazione di una scheda di rilevazione ha permesso quindi di raccogliere e valutare progetti e materiali di
prevenzione diretti ai cittadini stranieri. Al fine di favorire la diffusione dei materiali e lo scambio di esperienze i
progetti selezionati saranno resi disponibili su internet tramite un apposito data-base.
Il progetto ha permesso l’identificazione di 230 associazioni di cui 87 sono state contattate e 65 hanno compilato
la scheda. I progetti raccolti sono stati 23, le tipologie di materiale di prevenzione 30.
Le associazioni di immigrati sono risultate essere un valido canale di diffusione di informazioni sulla prevenzione
dell’HIV; il loro rafforzamento, anche attraverso il collegamento con le associazioni di lotta all’HIV/AIDS, può
essere considerato un elemento da inserire in una strategia nazionale di prevenzione diretta alla popolazione
immigrata.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo C • C6
PRISMA: PROGETTI DI INTERVENTO PER UNA STRATEGIA MODULARE AIDS: GLI STRANIERI
Marini M.(*)
O.I.M - Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, Migrazione e Salute, Roma, Italia
È attualmente in fase di realizzazione il progetto Prisma, promosso dall’Organizzazione Internazionale per le
Migrazioni (OIM) su incarico del Ministero del Lavoro, della Salute e della Previdenza Sociale, e finalizzato a
migliorare le conoscenze e la percezione del rischio di contagio HIV tra i migranti in Italia e promuovere interventi
di prevenzione per/con i migranti.
Il progetto prevede attività di formazione sul tema HIV/AIDS rivolto alle associazioni di migranti e di lotta
all’AIDS organizzate secondo modalità residenziali e a distanza. Il corso è propedeutico all’ erogazione di fondi
dedicati al finanziamento di proposte di prevenzione HIV/AIDS realizzate per/con i migranti. L’OIM ha predisposto
un totale di 35.000 euro da erogare a partenariati composti da associazioni di migranti e di lotta all’HIV/AIDS
appartenenti al gruppo dei partecipanti al corso.
È attualmente in fase di valutazione la proposta di finanziamento “Il Girasole”, presentata da un partenariato di
14 associazioni di migranti e di lotta all’Aids. Si considera questo un risultato degno di attenzione poiché si tratta
del primo network di associazioni di migranti di lotta all’HIV AIDS, esteso su scala nazionale. La proposta
presentata persegue la finalità di facilitare l’accesso dei migranti ai servizi sanitari specifici attraverso una corretta
informazione e la promozione di iniziative di sensibilizzazione e informazione su HIV AIDS.
L’OIM oltre a finanziare tale proposta, si impegnerà nei prossimi mesi a monitorare le attività realizzate dai
migranti nell’ambito della proposta e continuare l’attività di accompagnamento della rete di associazioni di migranti
per la lotta all’AIDS.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
142
Posters Gruppo C • C7
STUDIO SOCIOCOMPORTAMENTALE A SUPPORTO DI UNA STRATEGIA DI PREVENZIONE HIV/AIDS
RIVOLTA AI MIGRANTI
Martini M.1(*), Forcella E.2, D’Amato S.3, Viola G.2, Baglio G.2, Pompa M.G.3
1
O.I.M - Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, Migrazione e Salute, Roma, Italia
2
ASP-Agenzia Sanità Pubblica, Roma, Italia
3
Ministero del Lavoro, della Salute e della Previdenza Sociale, Dipartimento Prevenzione e Comunicazione
L’ Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (O.I.M.) in collaborazione con la Provincia di Milano e con
il Comune di Firenze, ha condotto, su incarico del Ministero del Lavoro, della Salute e della Previdenza Sociale,
uno studio comportamentale finalizzato ad identificare un profilo dei cittadini stranieri provenienti da Albania,
Perù e Marocco rispetto al rischio di contrarre il virus dell’HIV.
L’indagine è stata realizzata attraverso la somministrazione di interviste semistrutturate e la distribuzione di un
questionario ad autocompilazione assistita. I dati quantitativi raccolti sono stati analizzati attraverso statistiche
descrittive, analisi delle corrispondenze multiple e modelli multivariati di regressione lineare e logistica.
Attraverso l’analisi dei 1412 questionari e delle 12 interviste raccolte è stato possibile delineare alcune
caratteristiche delle comunità coinvolte. I principali comportamenti a rischio sono risultati associati all’utilizzo
di droghe (38%), alla prostituzione (31%) e ai rapporti occasionali non protetti (18%). Il 22% degli intervistati
ha dichiarato aver avuto rapporti sessuali con partner occasionali, il 14% con prostitute, solamente il 51% e i
61% dei due gruppi ha dichiarato di aver sempre utilizzato il preservativo. Nonostante il 78% degli intervistati si
sia dichiarato favorevole ad interventi di diffusione del test dell’HIV su larga scala solamente il 30% vi si è però
sottoposto.
I risultati della ricerca, confermando come la precarietà dei fattori sociali e ambientali connessi all’esperienza
della migrazione influisca sulla possibilità di assumere atteggiamenti a rischio, spingono l’O.I.M. ad auspicare
l’implementazione in Italia di una strategia nazionale mitrata al contrasto della diffusione dell’HIV tra gli immigrati.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo C • C8
PROSTITUZIONE DI STRADA A ROMA E HIV: DONNE UOMINI E TRANSESSUALI DI NAZIONALITÀ
STRANIERA. DIFFUSIONE DELL’INFEZIONE E INTERVENTI POSSIBILI
Spizzichino L.1, Gattari P.1, Venezia S.1, Bonomo R.1, Pierro P.2, Orchi N.2, Giulianelli M.2, Zaccarelli M.2
1
Unità Operativa AIDS, ASL RME
2
Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, Roma.
Obiettivi
Valutare la diffusione dell’infezione da HIV tra stranieri che riferiscono attività di prostituzione, afferenti a un
centro di riferimento per prevenzione, screening, diagnosi, cura e psicoterapia a Roma. Definire le differenze di
comportamento legate al rischio di contrarre HIV per genere sessuale. Stimare l’efficacia di interventi per la
riduzione dei comportamenti a rischio.
Metodi
I pazienti a ogni test per HIV e per le più comuni MST rispondono, dopo consenso, a un questionario standard su
attitudini e comportamenti riguardanti l’infezione da HIV, integrato da counselling, distribuzione di preservativi
e opuscoli informativi in lingua.
Risultati
Di 3860 soggetti stranieri testati per anti-HIV tra il 1992 e il 2007, 896 (23,2%) avevano riferito di aver praticato
prostituzione. Di questi, 65 (3,7%) erano uomini, 229 (18,4%) donne e 602 (99,2%) transessuali M verso F; la
maggioranza proveniva dal Sud America (80% degli uomini e delle donne, 96% delle transessuali).
Tra coloro che riferivano prostituzione, la prevalenza di anti-HIV al primo contatto era 21,3% (contro 2,2% tra
chi non la riferiva) con marcate differenze per sesso: 27,4% tra le transessuali, 23,1% tra gli uomini e 4,8% tra
le donne. Le donne riferivano più spesso di usare regolarmente il preservativo con i clienti (87,2% contro 75,4%
delle transessuali e 60,7% degli uomini).
La prevalenza di anti-HIV al primo contatto con il centro, nel triennio 2005-2008, si assestava al 13,3% con una
tendenza all’aumento rispetto al triennio precedente (7,1%), mentre la proporzione di chi riferiva uso regolare del
preservativo con i clienti era stabile negli ultimi anni (83,3%).
Tra i soggetti negativi al primo test per anti-HIV, che avevano effettuato almeno un follow-up, sono state osservate
22 nuove infezioni, la maggior parte (20) tra le transessuali e tra coloro (16) che avevano riferito uso non regolare
del preservativo nei 6 mesi precedenti la sieroconversione (p<0.001 al test esatto di Fisher se confrontati con chi
aveva riferito di usarlo regolarmente). L’uso di cocaina offerta dai clienti e consumata insieme a questi era riferito
dalla maggioranza delle transessuali e degli uomini. Anche l’abuso di alcool è risultato molto diffuso e in aumento
negli ultimi anni, in particolare durante le ore di prostituzione. Sia l’uso di cocaina che di alcool si associavano a
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
144
Posters Gruppo C • C8
una minor frequenza di uso del preservativo.
È emerso inoltre che a Roma la domanda di prostituzione in strada è diminuita e contemporaneamente è cresciuta
e si è diversificata l’offerta in seguito all’arrivo di uomini e donne, anche minori, dall’Est Europa. Come
conseguenza, alcune delle persone intervistate hanno espresso la tendenza ad accettare rapporti non protetti per
non perdere i clienti.
Conclusioni
Dai nostri dati emerge che il contatto stabile con una struttura sanitaria e il counselling ripetuto si dimostrano
efficaci nell’incrementare e mantenere nel tempo l’uso regolare del preservativo e nel promuovere la salute in
questa popolazione, con immaginabili ricadute positive sulla popolazione generale. Tutto questo è stato possibile
in un contesto normativo che non costringeva alla clandestinità e che quindi ha consentito l’emersione di queste
persone per interventi di prevenzione, diagnosi e cura.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
145
Posters Gruppo C • C9
IMMIGRATI, DIRITTI E SALUTE
Prestileo T., Vullo V., Crespi F.
ANLAIDS Nazionale
Le recenti notizie relative al pericolo della diffusione della Tubercolosi attraverso persone non italiane hanno
suscitato, in ANLAIDS, il bisogno di fornire alcune indicazioni ed alcuni dati che scaturiscono dall’esperienza
clinica condotta su queste popolazioni in due città italiane: Roma e Palermo.
Vale la pena di sottolineare che, pur evidenziando una relativa maggiore diffusione di questa infezione tra le
persone migranti e straniere, l’esperienza fin qui condotta ha messo in evidenza la scarsa contagiosità della tubercolosi, documentata dalla infrequente presenza del bacillo di Koch nell’espettorato di questi Pazienti. Questi
dati, certamente rassicuranti, sono stati presentati alla Conferenza Euro-Mediterranea su “TBC e AIDS nelle
Popolazioni Migranti”, tenutasi a Madrid lo scorso mese di giugno. Nel corso dei lavori, altre esperienze simili
sono state riportate da gruppi di lavoro del Marocco, Spagna e Francia; tutti hanno convenuto sulla necessità di
allestire programmi mirati di screening per la precoce identificazione e cura.
Pertanto si deve cercare di trovare, in tutti i modi, il motivo che sta alla base di questa diffusa ed ingiustificata
paura.
Probabilmente lo straniero, la persona che viene da lontano, suscita, anche se sanissima, paure; paure di essere
in qualche modo disturbati dalle realtà che ognuna di queste persone porta con sé: la povertà, la guerra, le torture, le
migliaia di morti nel vicino Canale di Sicilia o, nei “lontanissimi” luoghi di provenienza, l’assoluta ed insopportabile
disattenzione dei Paesi ricchi che ritengono, a torto, di non dover intervenire. Di non avere alcun “imperativo
categorico”!
A questo punto ci si chiede: quale valore, in assoluto, può avere la vita di una persona? Si può pensare che questo
valore sia diverso in relazione al colore della pelle, alla cultura, alla religione di queste persone? Pensiamo di NO
e siamo d’accordo con le recenti dichiarazioni del Presidente della Commissione Sociale della Conferenza
Episcopale Italiana quando afferma che “dietro i numeri degli sbarchi, ci sono persone e risorse per lo sviluppo,
non minacce per la sicurezza” ed aggiungiamo, per la salute. Ed ancora, “con una popolazione italiana molto
anziana, solo la forza lavoro delle badanti garantisce l’assistenza domiciliare, mentre altrove gli stranieri sono
indispensabili in altri settori della vita produttiva. Occorre dunque essere concreti e non ideologizzare
pericolosamente il problema. Non si può contrapporre l’esigenza di sicurezza dei cittadini al rispetto dei diritti
degli immigrati”.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo C • C10
INFEZIONE DA HIV, POVERTÀ E MALATTIA
Cassarà G., Prestileo T.
ANLAIDS, sezione “Felicia Impastato” Palermo
E’ ormai dimostrata una stretta correlazione tra povertà e malattie ma anche l’esistenza di un circolo vizioso che
le influenza reciprocamente. Infatti la povertà porta alla malattia attraverso un incremento dei rischi personali e
ambientali, una scorretta alimentazione, un basso livello di informazione, una minore educazione sanitaria e un
minore accesso alle strutture sanitarie. Inoltre la malattia produce povertà riducendo il reddito familiare, diminuendo
la capacità di apprendimento, la produttività e la qualità di vita.
La povertà è pertanto uno dei maggiori determinanti di malattia, ma allo stesso tempo può esserne anche l’effetto.
Da tempo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che una delle priorità della Sanità Pubblica dei
vari Paesi è quella di ridurre la povertà e di migliorare le condizioni di salute delle fasce più deboli ed emarginate
della popolazione.
Gli immigrati non presentano particolari fattori di rischio per patologie infettive se non quelli legati all’emarginazione sociale, alla precarietà economica, residenziale, affettiva, alla scarsa accessibilità al Sistema Sanitario
Nazionale (SSN), alla bassa consapevolezza del rischio. L’essere immigrato non costituisce un rischio aggiuntivo
per HIV, ma l’infezione HIV anche in questa popolazione è legata soprattutto al comportamento sessuale.
In atto non disponiamo di dati nazionali sulla diffusione dell’HIV nella popolazione immigrata, che in ogni caso
non può essere considerata una categoria unica, proprio per le carattere fortemente policentrico del fenomeno
immigratorio in Italia, con più di 200 etnie presenti sul territorio nazionale.
La mediazione interculturale risulta preziosa e necessaria per garantire un approccio ritagliato sulla specificità del
paziente in caso di patologie croniche a forte impatto emotivo e sociale (HIV), in quanto la differenza culturale
differenzia i modelli esplicativi nella comunicazione dei diversi concetti di salute, cura e malattia.
E’ necessario continuare ad elaborare metodologie nuove interdisciplinari, che prevedano da un lato la creazione
di una rete di collaborazione tra strutture pubbliche e organizzazioni del privato sociale con l’utilizzo di nuove
figure professionali come i mediatori socio-linguistico-culturali e dall’altra l’elaborazione di strategie preventive
che permettano un contenimento dei costi per un sistema sanitario solidale ed universalistico, unito ad un’alta
efficacia diagnostica e terapeutica.
In questa ottica, una corretta relazione medico-paziente basata su un giusto equilibrio tra la sottovalutazione e la
sopravvalutazione della diversità, associata all’uso di semplici esami di laboratorio, possono spesso consentire
una precoce individuazione delle malattie nella loro fase iniziale evitando la loro progressione a stadi più avanzati
e permettendo così anche una migliore prognosi ed una riduzione dei ricoveri ospedalieri.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
147
Posters Gruppo C • C11
SCREENING PER MST IN UNA COORTE DI STRANIERI OSSERVATI PRESSO L’AMBULATORIO PER
STRANIERI DI EMERGENCY A PALERMO
Mercadante F.(1); Prestileo T. (2)
1.
Emergency Palermo – 2. UOC di Malattie Infettive, ASL 6 Palermo
La sempre maggiore presenza di cittadini migranti e/o stranieri nel territorio metropolitano di Palermo ha messo
in evidenza la necessità di Strutture sanitarie “dedicate”, ovvero di Strutture capaci di soddisfare il bisogno di
salute dei cittadini stranieri che presentano particolari e peculiari caratteristiche, legate alla diversità linguistica e
culturale ed alla maggiore probabilità di patologie infettive, correlata alle caratteristiche epidemiologiche e socioeconomiche delle aree di provenienza geografica.
Nel periodo di attività congiunta tra l’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive ed il Poliambulatorio di
Emergency è stata messa a punto una metodologia di lavoro che ha previsto un significativo interscambio tra le
professionalità presenti in entrambe le Strutture. Ciò ha consentito di migliorare la capacità diagnostica; di mettere
a punto percorsi relazionali e terapeutici mirati e finalizzati ad una corretta continuità terapeutica ed al relativo
follow-up. In questo modo è stato possibile ottenere almeno due obiettivi: da una parte, il soddisfacimento del
bisogno di salute del Paziente; dall’altra, una importante tutela della salute pubblica, attraverso l’isolamento e la
cura di foci infettivi diffusibili alla popolazione.
Pazienti, Metodi e Risultati
Sono stati sottoposti a Screening per Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST) 97 Pazienti (extracomunitari
e neocomunitari) che hanno fatto specifica richiesta o che presentavano un riscontro anamnestico di rapporti
sessuali promiscui e non protetti dall’uso di condom.
In questi Pazienti sono state diagnosticate le seguenti patologie:
Infezione da HIV:
Sifilide:
Epatite HBV correlata:
Carrier sano di HBsAg:
Uretriti Batteriche:
1 Paziente
3 Pazienti
2 Pazienti
3 Soggetti
11 Pazienti
L’esperienza fin qui maturata, il riscontro sempre attuale di bisogno di salute del cittadino migrante e straniero
e gli interventi mirati alla salvaguardia della salute pubblica in relazione all’isolamento ed al contenimento di
alcune malattie infettive e diffusive, rende necessario il proseguimento e l’implementazione di attività di cooperazione e collaborazione tra le diverse realtà pubbliche, le associazioni ed il privato sociale.
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Posters Gruppo C • C12
ATTIVITA’ DI SOCIALIZZAZIONE ORGANIZZATE DALL’ASSOCIAZIONE ONLUS “SIEROPOSITIVO.IT “ A
ROMA E A MILANO
Borsini R.*; Speranza T.**; Albanese A.*; Di Palma G.*; Ferrario F.*; Zareschi C.*
* Associazione onlus Sieropositivo.it; ** Inmi-Irccs L.Spallanzani-Roma
Introduzione
L’Associazione di volontariato Sieropositivo.it opera nel campo dell’assistenza e sostegno alle persone hivsieropositive sia in ambito ospedaliero che sociale. Dal 2003 organizza mensilmente a Roma e a Milano, tramite
il sito www.sieropositivo.it, incontri a carattere socializzante-ricreativo – ove è possibile mantenere il proprio
anonimato - che consentono alle persone hiv positive di conoscersi al fine di superare situazioni di solitudine ed
isolamento condividendo e affrontando il proprio disagio con più energia.
Obiettivi
Mettere le persone hiv positive in condizioni di:
a) acquisire informazioni utili a raggiungere un livello di adattamento consono ai propri bisogni;
b) attivare un percorso di reciproco aiuto al fine di recuperare la fiducia in se stessi e nelle relazioni con gli altri,
attivare relazioni amicali
c) assumere un atteggiamento attivo rispetto le terapie;
d) incentivare la modificazione-riduzione dei comportamenti a rischio;
e) ridurre lo stress e le emozioni negative ed il senso di isolamento sociale;
Metodo
Ogni mese sul nostro sito viene organizzata una serata da trascorrere in compagnia di nostri volontari e di persone
hiv + che ne fanno richiesta.
Modalità di accesso: chiedono informazioni al coordinatore, seguono gli amici, lo decidono tra loro nella chat del
forum dove hanno fatto amicizia, prenotandosi direttamente.
Il ruolo dei volontari è quello di animare la serata e facilitare la comunicazione tra i partecipanti.
Soggetti
Ad ogni incontro partecipa una media di 20 persone a Roma, e 35 a Milano, la cui fascia di età è compresa tra
18-60 anni, con una prevalenza di soggetti di sesso maschile. Dei presenti agli incontri circa il 50% sono nuovi
accessi e l’80% nella fascia di età 30-50 anni.
Una piccola percentuale dei presenti proviene da località di provincia anche molto lontane.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
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Posters Gruppo C • C12
Risultati
Nel corso dei tre anni presi in considerazione (2005-2006 e 2007) sono state rilevate complessivamente 1.800
presenze di cui il 50% è costituito da persone che danno una presenza fissa, il resto da persone che si avvicendano. Le
motivazioni maggiormente riferite dai partecipanti riguardano i seguenti aspettti: solitudine, ricerca del partner,
desiderio di svolgere attività di volontariato, la possibilità di percepire questo evento come uno spazio di apertura
e libera manifestazione, infine il bisogno di confronto e di informazione.
Conclusioni
Le osservazioni rilevate e le attività svolte dalla nostra associazione nei momenti di incontro, sono stati utili per
aiutare i partecipanti a superare i disagi ancora vissuti dalle persone hiv+ riguardo la socializzazione e le
relazioni ed ha consentito di promuovere in esse un atteggiamento più ottimistico, responsabile e di apertura che
si concretizza in una maggiore capacità di farsi carico dei propri problemi e di attivare delle relazioni di aiuto nei
confronti degli altri.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
150
Posters Gruppo C • C13
INFEZIONE DA HIV E COMPLIANCE: IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE. CASE REPORT
Prestileo T., Cassarà G., Sanfilippo A., Ficalora A., Di Lorenzo F., dalle Nogare E.R.
U.O.C. di Malattie Infettive - Ospedali Casa del Sole & Pisani, ASL 6 Palermo
B.J., 40 anni, nato in Madagascar. Vive con la moglie in Italia dal 1990.
Infezione asintomatica da HIV nota dal 1995.
Inizia HAART nel 2000; al momento dell’inizio della terapia: HIV-RNA 90.000 copie/ml; CD4 330/mmc. Viene
prescritta terapia con AZT+3TC+IDV.
Il Paziente riferisce una compliance = 100%, tollera bene la terapia che si dimostra efficace: dopo il primo mese CD4
> 500/mmc; HIV-RNA < 400 copie/ml. 10 mesi dopo il paziente lamenta cefalea intensa, insonnia ed astenia severa.
Controlli di laboratorio eseguiti per una corretta definizione del quadro clinico mettono in evidenza anemia macrocitica (Hb 10.5 gr/dl; MCV 117) e l’incremento dei lattati sierici con valore uguale a 4.9 mM/litro.
Come di norma, si sospende la terapia ottenendo, dopo circa 3 settimane, la remissione del quadro clinico
associata a sensibile riduzione del valore dei lattati (2,2 mM/litro) e scomparsa dell’anemia (Hb: 12.7 gr/dl).
Dopo circa 3 mesi dalla sospensione di HAART il paziente mostra un calo dei CD4 (290/mmc) che, associato ad
incremento del valore di HIV-RNA (100.000 copie/ml), mette in evidenza la necessità di riprendere una nuova terapia che viene discussa con il paziente il quale, proprio grazie ad un attento colloquio, rivela di aver assunto AZT
e 3TC ad una posologia sbagliata. Aveva capito che doveva prendere “2 di tutto, al mattino, a pranzo ed a cena”
Alla luce di questo elemento abbiamo deciso di riprendere la vecchia terapia facendo buona attenzione sulla nostra
capacità di essere compresi e sulla capacità di comprensione del paziente.
La ripresa della stessa terapia non ha sortito alcun problema.
Il paziente ha cambiato HAART solo 1 anno fa dal momento che ha saputo che sono possibili trattamenti con un
minor numero di compresse. Da allora assume Truvada + Sustiva.
Dopo questa esperienza, tutti i pazienti in trattamento vengono regolarmente intervistati sulle modalità di assunzione dei farmaci e sul numero di assunzioni giornaliere.
Per i pazienti stranieri, soprattutto per quelli che sono in Italia da poco tempo, si evidenzia sempre più la necessità
di poter disporre di figure professionali in grado di conoscere e comprendere la lingua e, soprattutto, la cultura di
queste persone.
Al momento, nei nostri Ospedali, i mediatori linguistico-culturali non sono presenti in pianta organica, ne previsti
per il futuro, con buona pace della comunicazione che, troppo spesso, si basa sull’improvvisazione e sull’improbabile uso dell’italica semeiotica verbale e gestuale. Certamente poco efficace per un così importante elemento
della relazione tra il paziente ed il personale sanitario.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
151
Posters Gruppo C • C14
RICERCA DI STRATEGIE EFFICACI PER LA COMUNICAZIONE INTERCULTURALE CON BAMBINI E
GENITORI IMMIGRATI SIEROPOSITIVI
Centro di Riferimento per l’Aids Pediatrico, Dipartimento di Pediatria, Università di Padova
Obiettivi specifici
Individuare difficoltà e strategie comunicative transculturali efficaci con bambini e genitori HIV positivi immigrati
sperimentate dagli operatori del Centro per l’Aids Pediatrico del Dipartimento di Pediatria di Padova.
Materiali e Metodi
6 intervista in profondità sono state somministrate agli operatori del Centro per l’AIDS Pediatrico di Padova su:
modalità di affrontare le difficoltà comunicative, cause di incomprensione, pregiudizi e stereotipi, dislivelli
conoscitivi, asimmetria formativa dei genitori sieropositivi stranieri.
Si è utilizzato il metodo dell’analisi del contenuto attraverso la categorizzazione per titoli e l’individuazione delle
tematiche emergenti.
Riassunto dei risultati
Le difficoltà di comunicazione sono caratterizzate da diverso codice linguistico (livello sintattico), mancanza di
un repertorio comune di esperienze e significati (livello semantico), blocco cognitivo del paziente, costruzione
culturale della malattia, fatalismo, scetticismo verso la medicina occidentale, differenti significati di maternità,
accudimento e famiglia, mantenimento del segreto sull’infezione da HIV, non comunicazione dell’infezione al
partner, rifiuto del mediatore culturale, rifiuto a partecipare ad attività di gruppo con altre famiglie sieropositive.
Sono state individuate come strategie efficaci la costruzione di un rapporto fiduciario attraverso accoglienza,
empatia, informalità e “fisicità”, la non urgenza valutativa, il “rovesciamento dei ruoli”, la negoziazione
dei significati e la condivisione dell’intervento, l’utilizzo concetti culturalmente connotati, l’uso “creativo” della
visita domiciliare, la formazione all’approccio transculturale.
Conclusioni
Comunicare è importante perché può significare intessere relazioni supportive, destrutturare pregiudizi, decolpevolizzare il paziente. E’ importante sperimentare strategie efficaci di comunicazione verificando che le
modalità utilizzate trovino corrispondenza nel paziente immigrato.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
152
Posters Gruppo C • C15
RICERCA SULLE MOTIVAZIONI CHE ALLONTANANO DALL’ACCESSO AL TEST DI SCREENING:
IMPORTANZA DELL’INCOERENZA DELLE INFORMAZIONI FORNITE IN ITALIA SULL’INFEZIONE DA HIV
Oldrini M.*, Pezzotta PL.**, Cosmaro L.*, Oliveri A.**
* LILA Milano Onlus, ** IPSE Varese
Obiettivi
• verificare le informazioni sull’AIDS possedute dalla popolazione;
• approfondire la conoscenza delle determinanti che allontanano le persone a rischio dall’effettuazione spontanea
del test;
• verificare la modificazione dell’immagine dell’AIDS in correlazione alla ripresa delle infezioni;
• monitorare informazioni fornite ed erogazione dei servizi di screening sul territorio nazionale;
• verificare la possibilità di promuovere l’adesione a linee guida condivise;
• fornire una base per nuove metodologie di coinvolgimento della popolazione a rischio nella pratica di screening.
Metodologia
Si è utilizzato un impianto metodologico integrato, teso a indagare adeguatamente obiettivi e territori differenti,
a seconda dei target di riferimento.
• indagine qualitativa rivolta al target 1 (responsabili di strutture predisposte a diffondere informazione quali
ospedali, centri screening…) per ricostruire il quadro delle informazioni richieste/fornite;
• indagine “quantitativa” rivolta agli utenti potenziali dei centri screening, qualificati come individui che, avendo
adottato dei comportamenti a rischio, hanno successivamente deciso di non effettuare il test per l’HIV.
Conclusioni
L’ipotesi iniziale che correlava l’incongruenza delle informazioni alla resistenza a sottoporsi al test non risulta
confermata. Le componenti principalmente coinvolte sono paura ed evitamento. La percezione di minore gravità
della malattia non scardina le paure di stigma associate all’AIDS ma, paradossalmente, solo l’attenzione ai comportamenti protetti. La componente morale dell’infezione da HIV rimane l’ostacolo da modificare per un approccio corretto, sia della popolazione, che del personale sanitario. Le conclusioni dei medici intervistati risentono di convinzioni
e valutazioni etico-morali non di per sé criticabili, ma che non rivestono significato in un’ottica preventiva.
Le indicazioni emerse suggeriscono un maggiore investimento informativo e una rivoluzione dei concetti etici
associati all’HIV, al fine di ridurre le paure che compromettono la presa di coscienza e di responsabilità.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
153
Posters Gruppo C • C16
VALUTAZIONE DI UN INTERVENTO DI HIV/AIDS COUNSELLING RIVOLTO A PERSONE STRANIERE
Colucci A.1, Gallo P.1, Bellani M.2, Prestileo T.3 Arena N.3, Giannici R.3, Mercadante F.3, Oueslat S.3, Salerno S.3,
Lichtner M.4, Vullo V.4, Calero M.A.G.4, Ceccarelli GC.4, Dussey-Comlavi K.A.J.4, Ricco P.4, Ferri P.5, Galipò R.5,
Nicastro A.5, Mainieri D.6, Moroni M.6, Benchennouf N.6, Campiotti A.6, Cappelli B.6, Gulap C.G.6, Negri S.6
e Luzi A.M.1*
1
Istituto Superiore di Sanità, Roma, 2 Università dell’Insubria, Varese, 3 ANLAIDS Provinciale, Palermo, 4 Dipartimento
Malattie Infettive e Tropicali Università “Sapienza”, Roma, 5 ANLAIDS Lazio, Roma 6 ANLAIDS Lombarda, Milano
Introduzione
Fin dagli anni ’90, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha sottolineato l’importanza nelle diverse fasi dell’infezione da HIV, del counselling quale modello di intervento elettivo per la promozione di comportamenti utili a
ridurre il rischio di contagio, nonchè per l’aiuto e il supporto psicosociale alle persone coinvolte nell’infezione.
In Italia, un recente ambito di applicazione dell’HIV/AIDS counselling riguarda la relazione professionale tra
operatore socio-sanitario e persona straniera.
A tale proposito l’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con ANLAIDS provinciale di Palermo, ANLAIDS Lazio, Università “Sapienza” di Roma, ANLAIDS Lombarda e Università dell’Insubria di Varese, sta realizzando il Progetto “Valutazione di un intervento di HIV/AIDS counselling rivolto alla persona straniera”.
Obiettivi specifici
• Individuare indicatori di un intervento di HIV/AIDS counselling efficace nella relazione tra operatore e persona straniera al fine di standardizzare tale intervento.
• Elaborare una metodologia condivisa di counselling attraverso un percorso di formazione per gli operatori.
• Valutare il livello di soddisfazione e il grado di consenso espresso dalle persone straniere che afferiscono alle
strutture coinvolte nel Progetto.
Materiali e Metodi
Popolazione in studio: persone straniere di età 18 anni, afferenti a tre sedi ANLAIDS collocate in differenti regioni italiane (Sicilia, Lazio, Lombardia) e ad alcuni Centri clinici (Ospedale Casa del Sole e Pisani di Palermo
– Dipartimento Malattie Infettive e Tropicali, Università “Sapienza” di Roma – Ospedale Sacco di Milano).
Materiali: scheda raccolta dati dell’operatore, scheda di valutazione dell’operatore (autosomministrata), scheda
di valutazione della persona-utente (autosomministrata) proposta al temine dell’intervento di HIV/AIDS counselling, previo consenso informato.
Riassunto dei risultati
L’intervento di HIV/AIDS counselling rivolto a persone straniere è stato avviato a novembre 2007, dopo una fase
di formazione/aggiornamento delle equipe coinvolte nel Progetto, al fine di condividere una comune metodologia
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
154
Posters Gruppo C • C16
di intervento di counselling in ambito transculturale, nonché dopo aver predisposto le schede di valutazione e aver
individuato gli indicatori di qualità della struttura, di processo e di esito.
Nel periodo novembre 2007 – agosto 2008 sono stati effettuati 102 interventi di HIV/AIDS counselling rivolti a
persone straniere di sesso maschile (50,9%), giovani (età mediana di 28 anni), provenienti per lo più dall’Africa
Sub-Sahariana (31,5%) e dall’’Europa Orientale (23,6%).
Conclusioni
Il Progetto, tutt’ora in corso, consentirà di mettere a punto un intervento di HIV/AIDS counselling rivolto a persone straniere, replicabile in differenti aree e contesti socio-culturali del nostro Paese.
Hanno partecipato al Progetto: Donatella Barbina, Stefano Buttò, Barbara De Mei, Alessandra Donisi, Issa El Hamad.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
155
Posters Gruppo C • C17
“ARCHE’, IL PROBLEMA DEI MINORI”
Mittermair U.*, Barberi E.
Associazione Archè – sede di Roma
L’impegno di Archè per una comunicazione possibile e per l’accoglienza verso “nessuno è lontano” si articola
attraverso progetti nelle scuole per la prevenzione del contagio HIV/AIDS e interventi diretti a bambini e ragazzi
nati sieropositivi HIV per favorirne una migliore qualità di vita.
Affiancamento delle famiglie nel processo di comunicazione della diagnosi HIV ai minori e sostegno ai bambini
e ragazzi nel percorso di consapevolezza della sieropositività; supporto ai ragazzi nel processo di comunicazione
orizzontale (partner-amici); progetti di educazione alla salute e prevenzione HIV/AIDS nelle scuole: tutti
momenti nei quali Archè si propone come luogo di ascolto per una comunicazione possibile.
I percorsi educativi con YLWHIV (Youths Living With HIV) - finalizzati al rafforzamento delle abilità di vita
fondamentali (“Life Skills”) – si articolano attraverso colloqui individuali e/o incontri periodici di gruppo utilizzando il metodo del role playing e del focus group, stimolando la produzione di materiale di comunicazione (foto,
cortometraggi) e proponendo attività specifiche in contesti di impegno sociale o in ambiti culturali da esplorare.
Nelle scuole, partendo dall’ascolto di dubbi, paure ed emozioni dei ragazzi, Arché propone brainstorming, role
playing e laboratori espressivi per affrontare tematiche difficili e complesse come sessualità, affettività, rischio,
pregiudizio e responsabilità.
La maggior diffusione di conoscenze scientificamente corrette sull’HIV/AIDS rilevata nelle scuole ci sollecita la
focalizzazione degli interventi educativi sulla percezione del rischio di infezione e sui comportamenti adottati; i
YLWHIV mostrano minor passività, consapevoli di poter essere parte attiva e propositiva di un possibile cambiamento culturale rispetto alla sieropositività, pur non esponendosi.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
156
Posters Gruppo C • C18
PROGETTO PR.I.S.H.M.A: STUDIO PROSPETTICO MULTICENTRICO NAZIONALE DI VALUTAZIONE DI
PREVALENZA, INCIDENZA, FATTORI DI RISCHIO E DEFINIZIONE DI SOTTOTIPI DI HIV IN MIGRANTI ED
ANALISI DELLA AVIDITÀ ANTICORPALE
Pezzoli M.C. 2, Scarcella C.2, Vassallo F. 2, Speziani F.2, Grassi E. 2, El-Hamad I.1,2, Scolari C.2, Ricci A.1,
Bergamaschi V.1, Vullo V.3, Lichtner M.3, Prestileo T.4, Affronti M.5, Cassarà G.5, Suligoi B.6, Luzi A.M.6,
Colucci A.6, Gallo P.6, Regine V.6, Buttò S.7, Bernasconi D.7, Cacciani L.8, Baglio G.8, Cristini G.1, Carosi G.1
1
Dip Inf Brescia, 2ASL Brescia, 3Dip Inf Univ La Sapienza Roma, 4UOC Mal Inf Osp Casa del Sole Palermo,
5
Univ Palermo, 6Dip MIPI-ISS, 7Centro Naz AIDS-ISS, 8Ag San Pub Lazio
Metodi
Studio prospettico longitudinale multicentrico rivolto a migranti extracomunitari di età ≥18 anni. Per tutti i
soggetti, inclusi con modalità random tra il 08/01/2007 e il 31/03/2008, sono stati raccolti i dati demografici e
i fattori di rischio per l’infezione da HIV e successivamente sottoposti al test di screening per HIV. Ai soggetti
HIV- è stato consigliato di ripetere l’esame dopo 6 mesi. Per definire il presunto luogo di infezione è stato
analizzato il tempo di permanenza in Italia in rapporto all’epoca di infezione, valutata mediante la determinazione
dell’indice di avidità anticorpale su siero (sistema AxSYM ½ gO-Abbott). Per i soggetti HIV+ è stata valutata la
distribuzione di varianti di HIV-1 non-B (cEIA), in relazione alle diverse aree di provenienza, alla permanenza in
Italia e ai risultati del test di avidità.
Risultati
Lo studio è stato proposto a 2178 soggetti, di cui 1832 (84,1%) hanno di fatto eseguito il test per HIV. Dei 1832
soggetti testati, 12 sono risultati HIV+ (prevalenza 0,7%). Le caratteristiche principali dei soggetti HIV+ erano:
sesso femminile 75%, origine dall’Africa sub-sahariana 83,4%, religione cristiana 91,7%, età mediana di 26,9
anni ed epoca migratoria mediana di 25,4 mesi. 10 soggetti riferivano rapporti eterosessuali occasionali e 5
rapporti commerciali; l’uso del condom è stato regolare solo nel 33,3% dei casi. All’analisi univariata, le variabili
associate ad un maggior rischio di HIV sono state: la promiscuità sessuale (p = 0,000), la provenienza dall’Africa
sub-Sahariana (p = 0,000) e un livello di scolarità elementare (p=0,000). All’analisi multivariata, i fattori significativamente correlati al rischio di essere HIV+ sono stati, oltre alla promiscuità sessuale, la provenienza dall’Africa
sub-Sahariana. Bisogna comunque considerare la bassa attendibilità sia dell’analisi univariata che dell’analisi
multivariata, in quanto entrambe sono basate su un campione di HIV+ rappresentato da 12 soggetti, numero
statisticamente non sufficiente per permettere conclusioni certe. Il luogo presunto di acquisizione dell’infezione
è risultato essere il paese d’origine in 1/4 soggetti (25%), portatore di subtipo non B, mentre per il 75% dei casi
(3/4, dei quali 1 con subtipo non B) non è stato possibile stabilire il luogo d’infezione. L’incidenza di HIV nei
180 soggetti osservati dopo una media di 8,1 mesi è risultata pari a zero. Non è stato possibile, invece, calcolare
l’incidenza dell’infezione da HIV mediante l’utilizzo dell’indice di avidità anticorpale, in quanto nessuno dei 4
soggetti HIV+ sottoposti al test aveva un’infezione identificata come recente.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
157
Posters Gruppo C • C18
Commento
La prevalenza dell’infezione da HIV registrata nella nostra popolazione di studio è stata pari allo 0,7%, in contrasto con quanto riportato da diversi autori in studi condotti su casistiche di immigrati più o meno selezionate in altri
Paesi d’Europa, che mostrano prevalenze più elevate. Questa differenza è evidentemente influenzata dalla minor
“selezione” della popolazione nel nostro studio. I nostri dati evidenziano come i fattori di rischio per l’infezione
da HIV siano quelli classici (promiscuità sessuale, rapporti commerciali, uso non costante del condom), ma anche
la provenienza dall’Africa sub-sahariana. Quest’ultimo fattore può dipendere dalla più elevata diffusione di tale
patologia nei paesi di origine, ma anche dalle condizioni di vita nel paese di approdo. Anche i dati relativi alla
definizione del presunto luogo di acquisizione dell’infezione e dei subtipi di HIV non permettono al momento
conclusioni definitive: un solo soggetto ha sicuramente acquisito l’infezione nel suo paese di origine, mentre un
altro soggetto ha un’infezione da HIV-1 subtipo D, che orienta verso un’infezione acquisita nel Paese di origine
ovvero in Italia probabilmente tramite rapporti sessuali tra soggetti all’interno delle comunità di immigrati. Infine,
nella nostra coorte di 180 soggetti, l’incidenza di HIV è stata pari a zero dopo un follow up medio di circa 8,1
mesi; tuttavia, l’esiguità del campione, la brevità del periodo di osservazione e l’assenza di infezioni considerate
recenti secondo il test di avidità anticorpale, non consentono al momento di trarre indicazioni conclusive in questo ambito.
Progetto finanziato nell’ambito del VI Programma Nazionale Ricerca sull’AIDS - ISS.
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
158
Indice
degli Autori
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
159
Indice degli Autori • A - C
A
Affronti M.
Albanese A.
Alemanno F.
Andriella K.
Antonelli G.
Antonelli S.
Antonicelli V.
Arena N.
Argo A.
Artoni S.
B
Baglio G.
Bahouna E.
Balotta C.
Barbaccia P.
Barberi E.
Barchi E.
Barelli A.
Barnardini C.
Barzon S.
Basile A.
Bellacosa C.
Bellani M.
Belvisi V.
Benchennouf N.
Bergamaschi V.
Bernasconi D.
Bertuccio S.N.
Biagetti C.
Bigoni S.
Bisio F.
Blasi Vacca E.
Bonifacio A.
Boni A.
Bonomo R.
Borderi M.
16, 157
149
86, 88, 90, 92, 94
83
103, 110
57
104, 106
154
33
55
16, 122, 124, 143, 157
114
102
107
3, 156
55
78
114
98
80
104, 106
154
56
154
16, 157
16, 157
51
50
112
114
114
33
103
144
50
Borsini R.
Brugnaro PL.
Bruzzone B.
Bucci M.
Buonaguro F.M.
Buonaguro L.
Burzi M.
Butini L.
Buttò S.
C
Cacciani L.
Calero M.A.G.
Calza L.
Campari A.
Campiotti A.
Capetti A.
Cappelli B.
Caramma I.
Carducci A.
Carosi G.
Casali C.
Casazza G.
Cassarà G.
Castelli F.
Ceccarelli GC.
Chiodo F.
Ciardi A.
Colucci A.
Colussi P.
Conforto M.
Coppolaro L.
Corradini G.
Cosmaro L.
Costantini A.
Crespi F.
Cristini G.
149
78
114
103
58, 79, 113
58, 79, 113
69
134, 135
16, 157
16, 157
154
62, 64, 66, 68, 71, 72, 73, 74,
76, 77, 99
55
154
102
154
102
110
16, 157
55
102
16, 25, 147, 151, 157
112
154
50
110
9, 16, 154, 157
137, 138
137, 138
57
55
153
134, 135
130, 131, 146
11, 16, 157
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
160
Indice degli Autori • D - I
D
D’Agostino C.
D’Amato S.
D’Annunzio M.
d’Ettorre G.
Dagnoni A.M.
Dalessandro M.
Dalle Nogare E.R.
Del Bene G.
Dentale N.
De Remigis PL.
Di Carlo M.
Di Lorenzo F.
Di Palma G.
Di Pasquale L.
Di Sora F.
Di Stefano L.
Donati G.
Dussey-Comlavi K.A.J.
100
122, 124, 140, 141, 143
104, 106
100, 103, 110
118, 120
86, 88, 90, 96
107, 128, 151
116, 117
76
88
96
107, 128, 151
149
126, 140
49
114
83
154
E
Ebo F.
El-Hamad I.
Erario L.
78
11, 16, 157
56
F
Facchin C.
Falasca F.
Falasca K.
Fasulo G.
Fatuzzo F.
Ferrario F.
Ferri P.
Ficalora A.
Filisetti M.
Fimiani C.
Focà E.
Forcella E.
137, 138
103
86, 88, 90, 92, 94, 96
65
80, 81
149
154
107, 128, 151
112
103
112
122, 124, 140, 143
Franzetti M.
Fulgaro C.
102
69, 75
G
Gabrielli E.
Gadaleta A.
Galipò R.
Galli M.
Gallo P.
Gattari P.
Gavazzeni G.
Ghezzi M.
Ghiringhelli B.
Giachi R.
Gianfreda R.
Giannattasio A.
Giannici R.
Giaquinto C.
Gibellini D.
Girardi M.
Giulianelli M.
Goma J.
Gonzales I.
Gorgoretti V.
Grassi E.
Graziano F.
Greco Tonegutti R.
Grimoldi C.
Guarino A.
Gulap C.G.
83
104, 106
154
83, 102
9, 16, 154, 157
144
118, 120
83
132, 133
134
56
84
154
98, 132, 133
50
137, 138
144
114
129
86, 88, 90, 94, 96
16, 157
103
141
55
84
154
I
Icardi G.
Iebba F.
Indinnimeo M.
Ingrassia F.
114
49
110
104, 106
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
161
Indice degli Autori • J - P
J
Jimenez Y.
141
L
Laffi C.
Laganà L.
Lai A.
Larocca L.
Latini G.
La Rosa R.
Lichtner M.
Lillo
Lodi R.
Luzi A.M.
116, 117
55
102
80, 81
69
80, 81
16, 100, 154, 157
104, 106
59
9, 16, 154, 157
M
Maggi P.
Maida P.
Mainieri D.
Malfatto E.
Mancini G.
Mancino P.
Manfredi R.
Marafini J.
Marinacci G.
Marini M.
Marino R.
Marocco R.
Martini M.
Massaccesi C.
Massamba J.
Mastroianni C.M.
Mayinda M. FA.
Mekoura C.
Mengoni F.
Meraviglia P.
104, 106
103
118, 120, 154
114
110
88, 90, 92, 94
59, 60, 61, 62, 63, 64, 65,
66, 67, 68, 69, 70, 71, 72,
73, 74, 75, 76, 77, 99
56
59
142
51
56
122, 124, 126, 140, 141, 143
134, 135
114
56, 100
114
114
100
102
Mercadante F.
Mezzaroma I.
Micheli V.
Miguel LM.
Mikulska M.
Mittermair U.
Moccheggiani S.
Montella F.
Montineri A.
Montroni M.
Moroni M.
Mularoni A.
18, 148, 154
103
102
114
114
3, 156
134
49
80, 81
134, 135
154
114
N
Negri S.
Nicastro A.
Novello C.
Nzagou AC.
154
154
98, 132
114
O
Odolini S.
Oldrini M.
Oletto S.
Oliva A.
Oliveri A.
Orchi N.
Oueslat S.
112
153
98, 132, 133
56, 102
153
144
154
P
Passarini B.
Pellicano’ G.F.
Pellizzer G.P.
Perilli F.
Pezzoli M.C.
Pezzotta PL.
Pierangeli A.
Piergentili B.
Pierro P.
70
53, 54
137, 138
104, 106
11, 16, 157
153
110
76
144
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
162
Indice degli Autori • P - V
Pietra V.
Pignatelli S.
Pizzigallo E.
Pocaterra D.
Pompa M.G.
Porcorossi M.
Porfiri S.
Prestileo T.
Procaccianti P.
Puoti M.
112
112
86, 90, 92, 96
76
122, 124, 140, 141, 143
139
88
16, 33, 107, 128, 129, 146,
147, 148, 151, 154, 157
33
112
R
Raise E.
Rampon O.
Rania V.
Ratto S.
Regine V.
Repetto E.
Re M.C.
Ricci A.
Ricco P.
Ripani P.
Riva A.
Riva C.
Roselli P.
Rosseti N.
Rossi1 R.
Rouamba S.
78
98, 132, 133
83
114
16, 157
114
50
11, 16, 157
154
86, 90, 94
134, 135
102
57
76
100
112
S
Sabbatani S.
Salerno S.
Sanfilippo A.
Santoro M.
Sauzullo I.
Scalise G.
60, 61, 65, 66, 67, 68, 69,
72, 75
129, 154
107, 128, 151
53, 54
100
134, 135
Scarcella C.
Schumacher F.
Sciotti MP.
Scolari C.
Sebastianelli S.
Simporé J.
Sorgho D.
Sortino C.
Sparaco A.P.
Speranza T.
Speziani F.
Spizzichino L.
Sturniolo G.
Suligoi B.
16, 157
112
57
16, 157
134, 135
112
112
33
83
149
16, 157
144
53, 54
16, 157
T
Tacconi L.
Tagliamonte M.
Tampellini L.
Tarasi A.
Tonon C.
Tornesello M.L.
Triolo V.
Turriziani O.
56
58
50
49
59
58, 79, 113
33
103
U
Uberti F.
Ucciferri C.
114
86, 88, 90, 92, 94, 96
V
Vassallo F.
Vassallo Paleologo F.
Vecchiet J.
Venezia S.
Ventura A.
Vescini F.
Vignale F.
Viola G.
16, 157
4
86, 88, 90, 92, 94, 96
144
114
50
86, 90, 96
124, 143
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
163
Indice degli Autori • V - Z
Violin M.
Viscoli C.
Volpe A.
Vullo V.
102
114
104, 106
16, 100, 103, 110, 146, 154, 157
Z
Zaccarelli M.
Zaffiri L.
Zambon E.
Zareschi C.
Zecchini O.
Zerbo S.
Zingariello P.
144
103
118, 120
149
139
33
86, 88, 90, 96
XXII° CONGRESSO NAZIONALE AIDS E SINDROMI CORRELATE • Infezione da HIV/AIDS: nessuno è lontano
164