Siamo entrati nel Giardino della Risurrezione, vicino a Verbania

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Siamo entrati nel Giardino della Risurrezione, vicino a Verbania
[IL SENSO DELLA VITA]
DI PINO PIGNATTA - FOTO DI ANDREA SCAPOLAN
LA PACE DI UN MONASTERO
Siamo entrati nel Giardino della Risurrezione,
vicino a Verbania, dove c’è chi parla al vostro cuore
A
500
luoghi sacri
e conventi aperti
al pubblico in
Italia
100.000
Padre Natanaele,
priore del monastero
benedettino di Germagno.
A destra: i monaci mentre
curano il sito Internet
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fedeli almeno
frequentano
abitualmente
questi luoghi
ll’una di notte mi sveglia il silenzio.
Sembra impossibile, ma il silenzio
può essere assordante. Mi alzo dal letto a fatica, fa freddo, fuori c’è un cielo senza
stelle, è buio, grigio, filtra appena la luce della luna. Nonostante mi sia addormentato
non più tardi delle 9, ho gli occhi impastati di sonno, le gambe ingessate dal torpore. Mi muovo piano, il pavimento di legno
scricchiola, rompe il silenzio
del Cenobio, è irriverente,
quasi un sacrilegio.
Sono ospite della comunità monastica dei santi
Pietro e Paolo a Germagno, provincia di Verbania, Valle Strona, sopra Omegna, pendici del monte Massone, in Piemonte. Un priorato benedettino della Congregazione sublacense, fondato nel 1971 e attualmente composto da nove monaci, fra i quali tre sacerdoti e un eremita: il più vecchio ha 63 anni, il
più giovane 35. La loro Regola, fondata da
san Benedetto più di 1.400 anni fa, chiede di
accogliere ogni “viandante” come Cristo in
persona, anche i non credenti, anche i peccatori. Loro hanno accolto persino me.
Pregano e lavorano in questo eremo
adagiato tra radure e boschi di faggio, un
balcone affacciato sul Lago d’Orta, metafora di uno sguardo verso il trascendente.
Si chiama Giardino della Risurrezione.
Per arrivare qui non ci sono cancelli, né divieti, la strada s’inerpica su per un bricco vigliacco, taglia il fiato e le gambe. All’ingresso
c’è solo un cartello: «Entra con noi nel silenzio, Dio parla al tuo cuore». Come sono lontani, in questo luogo, quelli che parlano, parlano, parlano, e spesso non dicono niente.
Mi sveglio nel mezzo di un sonno profondo. È dura, più di quanto credessi, ma provo
씮
“
”
Provate a pregare
per qualcuno
che non conoscete
e non conoscerete mai
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Chi sceglie questi luoghi cerca un po’ di silenzio e
“
”
Vengono qui persone
in ricerca, che si
pongono dubbi, che
attraversano una crisi,
o che scappano dalla
fretta, dal caos, da una
vita inquieta
Uno dei monaci impegnato
nei lavori di carpenteria. In alto:
la pulizia del bosco
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씮
a seguire il ritmo dei monaci: armoniosa alternanza tra preghiera liturgica, ascolto della
Parola di Dio, che qui si chiama Lectio divina, preghiera personale, mensa comune, studio, lettura e lavoro: confezione di marmellate e miele, falegnameria, icone, bricolage.
Lentezza e ascolto del silenzio: per chi è
offeso ogni giorno da velocità e rumore,
sono di una bellezza esaltante.
L’appuntamento è poco dopo l’una nella
chiesa del monastero. Trovo
già i monaci in ginocchio, immobili, in contemplazione,
icona di una vita umile e
scandita dalla preghiera, che
è poi il senso del monachesimo occidentale: non cercare
l’illuminazione per sé, ad
esempio lungo il cammino
della millenaria tradizione
Zen, ma la salvezza per gli altri, per noi, per voi, per i “fratelli assenti”. Provate a pregare per qualcuno che non
conoscete e non conoscerete mai…
Tutto intorno, nella chiesa, buio e quiete. Solo un piccolo faro illumina il Crocifisso: sembra una tela di Caravaggio, la luce che squarcia
le tenebre. È l’ora delle “Vigilie”. Nel monastero di Germagno si prega anche nel
cuore della notte. Anzi, è proprio a quest’ora che inizia la
giornata, scandita dal coro
dei monaci, una salmodia
cantata, intensa, che si dipana lungo quel capolavoro di
spiritualità che sono i Salmi.
Risuona appena la cetra, poche note per accompagnare
un’antifona scelta appositamente per le preghiere notturne: «Risvegliati, o tu che
dormi, ridestati, sorgi dai
morti...».
Dai morti? Certo, vivi siamo vivi. Ma può essere che nella profondità
di noi stessi, a volte, sembriamo già morti?
Forse è per questo che negli ultimi tempi le
chiese si svuotano e i monasteri sono pieni.
Perché in questi luoghi – segnati da una vita
così dura, essenziale, aspra, dove i tempi di
solitudine e di condivisione sono fasi di un
medesimo respiro – la gente cerca un sostegno, una risposta, un sorriso, la faticosa accettazione dei propri limiti. Magari anche
di raccoglimento per sentirsi rinascere nell’anima
una parola, che è più vera, meno insipida, se
a pronunciarla è chi vive nel silenzio e non
brucia tanti discorsi per fare l’equilibrista.
«Vengono qui persone in ricerca, in
dubbio, in crisi, scappano dalla fretta, dal
rumore, dalla rincorsa verso l’efficienza»,
spiega padre Natanaele, priore del monastero di Germano, il più anziano di vita
monastica. «A volte fuggono dall’angoscia.
Un giorno è venuta una donna, sconvolta
dal dolore per un aborto, piegata dal senso
di colpa. Si è liberata, si è confidata. Però
non ce l’ha fatta. Si è uccisa. Forse ha voluto,
disperatamente, rincorrere la vita che aveva
in grembo. Per un attimo abbiamo pensato
che la nostra esistenza non servisse a nulla,
polvere spazzata dal vento. Eppure arrivano
qui in tanti, spesso tornano, quasi tutti vogliono parlare ed essere ascoltati».
Sono attratti dalla radicalità dell’invito di
san Benedetto. Ma è così difficile la Regola?
«Difficile e facile, dipende: come seguire il
Vangelo, perdonare, essere umili, sopportare pazientemente i fratelli», sorride con ingenua ironia padre Natanaele. «Soprattutto,
ciò che richiama qui tanti cuori è una preghiera più credibile, aggregante, uno stile di
vita in cui il mistero di Dio ha uno spazio evidente, non è un’abitudine, una merce tra le
merci, un soprammobile».
Fratel Bernardo, economo della comunità, che vent’anni fa è stato uno dei fondatori,
annuisce mentre scarica dal portatile le foto
del Giardino della Risurrezione, “navigabi씮
[IL SENSO DELLA VITA]
Al lavoro nella
falegnameria
del monastero.
In alto: un fratello
in cucina
씮
le” non solo con
la presenza e con
la preghiera, con
la frequentazione
discreta e assidua,
ma anche tramite
Internet, al sito
www.monasterogermagno.it, semplice e “frugale” come la vita di clausura.
«Chi viene da noi cerca silenzio e raccoglimento con i monaci, maestri di umanità, diceva Paolo VI. Di solito non è al primo impatto
con la vita cristiana. Ma c’è anche chi arriva all’improvviso, sospinto dall’inquietudine: la
UNA VACANZA TRA SUORE E FRATI
C
ome nel Medioevo
i monasteri
rappresentavano un rifugio
lungo il cammino dei
viaggiatori, ancora oggi
abbazie e case religiose di
cui è costellata l’Italia
continuano a offrire
accoglienza ai turisti che
desiderano uno stacco
dalla vita quotidiana,
all’insegna della spiritualità.
Un modo alternativo di
vivere la vacanza,
improntato a sobrietà e
tranquillità interiore. La
lista dei monasteri è nutrita.
Prima fra tutte, la comunità
monastica di Camaldoli
(Arezzo), una delle più
famose d’Italia, che offre
vari tipi di accoglienza: la
foresteria del sacro eremo
a 1.100 metri di altitudine
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per singoli e coppie,
religiosi, sacerdoti o anche
per gruppi che desiderano
condividere momenti di
riflessione e la preghiera
con la comunità dei
monaci; e poi la foresteria
del monastero di Camaldoli
a 850 metri, per singoli,
adulti, coppie che
intendono trascorrere un
breve soggiorno anche al di
fuori della condivisione dei
momenti liturgici con la
comunità. È poi possibile
alloggiare presso case
coloniche della comunità
donna picchiata dal marito, il
giovane finito in un giro perverso, l’anziano soffocato da crucci e da acciacchi, o da una vita
segnata da traumi e da rancori,
anche in famiglia. E poi tante
coppie in difficoltà, tantissime,
il nostro pane quotidiano: alcune comprendono qui le ragioni delle loro difficoltà, dopo un
percorso di ascolto reciproco».
Un luogo, insomma, dove la parola “crisi”
è da intendere anche nel senso greco del termine, cioè di rinascita. Dove, nonostante sobrietà di parola e discrezione nei modi, ti senti accompagnato dalla preghiera e dalla simpatia dei fratelli, durante il soggiorno e anche dopo. Qui, al monastero di Germagno,
non c’è la radio e neppure la Tv. Non c’è nulla. E c’è festa soltanto la domenica. È per
questo che vengono in tanti, perché si fa festa davvero: la domenica ci sono persino un
왎
po’ di vino e la musica.
dislocate nel raggio di 10
chilometri dal monastero.
Informazioni: sacro eremo
di Camaldoli (nella foto), tel.
0575.55.60.21, monastero
di Camaldoli, tel.
0575.55.60.12. Sempre nel
Centro Italia, l’eremo di
Santa Croce di Fonte
Avellana dei monaci
benedettini camaldolesi a
Serra Sant’Abbondio
(località Fonte Avellana,
nelle Marche) offre 45 posti
letto in camerate, una
cucina e sala da pranzo
attrezzate, i gruppi devono
impegnarsi a vivere in
raccoglimento. E poi,
sempre nelle Marche, la
Casa di ospitalità “Amici
per amare”, delle monache
benedettine del monastero
di San Giacomo a San
Ginesio (via Sigismondo
Damiani 12, tel.
0733.65.61.22): dispone
di 16 stanze con bagno e
riscaldamento, refettorio
con cucina, biblioteca, un
grande terrazzo.
I gruppi devono gestirsi
autonomamente. Una
panoramica esauriente
dell’ospitalità monastica è
offerta dalla Guida ai
monasteri d’Italia di Gian
Maria Grasselli e Pietro
Tarallo (Piemme): dopo la
prima edizione del 1998 ne
sono seguite altre (l’ultima
è del 2006), con la
segnalazione di oltre
500 luoghi di spiritualità.
Giulia Cerqueti