50 anni fa: l`invenzione del microchip

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50 anni fa: l`invenzione del microchip
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50 anni fa:
l’invenzione del microchip
Giovanni Vittorio Pallottino
La straordinaria diffusione di circuiti
integrati, di complessità crescente negli
anni, si deve alla loro affidabilità e alla
riduzione dei costi di fabbricazione.
A questi hanno contribuito sia i
progressi delle tecnologie che
l’automazione dei processi di
produzione, dal silicio al chip finale.
L’
L’invenzione del circuito integrato, avvenuta nel 1958 da
parte dell’ingegnere americano Jack St. Clair Kilby (19232005), costituisce certamente una delle innovazioni più significative del secolo scorso, forse addirittura la più importante. Lo testimoniano i grandi cambiamenti nella nostra vita, nel lavoro come nel tempo libero, in ufficio, in viaggio e
in casa, che sono stati prodotti dagli impieghi pratici di questo ritrovato. Innumerevoli chip sono infatti parte integrante
ed essenziale dei calcolatori, dei telefonini, dei televisori, dei
riproduttori di suoni, degli elettrodomestici, delle automobili e di altro ancora che utilizziamo quotidianamente. Grazie
ad essi, nuove industrie sono sorte e totalmente nuove prospettive si sono aperte, si pensi soltanto a Internet e al Web,
di assoluta rilevanza anche in termini economici e di occupazione. Ciò ha condotto a nuovi paradigmi, impensabili
prima, come quello della società della conoscenza1 come obiettivo primario della comunità umana, in alternativa a modelli precedenti, nel riconoscimento del ruolo essenziale dell’informazione: un bene immateriale disponibile a tutti in
quanto moltiplicabile senza limite, perciò costitutivamente
diverso dai tradizionali beni materiali. La nuova tecnologia
contribuisce così alla dematerializzazione della società sia in
termini generali sia in concrete realtà nuove come ad esempio nel caso del telelavoro.
La rilevanza veramente rivoluzionaria di questa innovazione ha trovato pieno, seppur forse tardivo, riconoscimento
con l’assegnazione a Kilby del premio Nobel per la Fisica nel
2000, quattro decenni dopo l’invenzione [1].
Lo sviluppo dell’elettronica nei primi
decenni del ‘900
Nella prima metà del ‘900, lo sviluppo dell’elettronica e delle sue applicazioni, all’epoca rilevanti soprattutto nel campo
della radio e delle comunicazioni, è segnato dall’impiego dei
tubi elettronici, la cui invenzione risale ai primi anni del secolo. L’utilità di questi dispositivi, per questo chiamati anche
«valvole», sta nel fatto che essi consentono di controllare
agevolmente il passaggio di una corrente elettrica in un circuito, per di più operando in tempi brevissimi. Ciò ha significato amplificare un segnale elettrico, modificarne la forma,
elaborarlo insomma nei modi più vari con estrema flessibilità. Aprendo quindi la porta, fra l’altro, al trattamento di
informazioni rappresentate in forma elettrica e in particolare, a partire dagli anni ’40, allo sviluppo dei calcolatori elettronici, in alternativa alle macchine di calcolo meccaniche
proposte in precedenza.
I tubi elettronici, tuttavia, sono relativamente ingombranti,
la loro durata è di poche migliaia di ore e il loro funzionamento richiede quantità apprezzabili di energia2. E questo
pone evidenti limiti pratici agli apparati che possono farne
impiego.
Una svolta fondamentale ha luogo negli stessi anni ‘40,
quando i progressi delle conoscenze nel campo della fisica
della materia, a seguito degli sviluppi della meccanica
quantistica, consentono l’introduzione di nuovi dispositivi, i transistori, che svolgono funzioni analoghe a quelle
dei tubi elettronici, ma assai più vantaggiosamente. Perché
in essi la corrente elettrica che viene controllata scorre all’interno di un solido anziché nel vuoto, in corpi di dimensioni relativamente piccole (inizialmente dell’ordine di pochi millimetri, ma destinate poi a ridursi ulteriormente di
parecchi ordini di grandezza) e la loro durata è pressoché
illimitata.
1. Se in passato la potenzialità di una nazione si misurava in termini della sua capacità
produttiva in tonnellate di acciaio o di cemento, oggi si considera piuttosto la qualità del
suo capitale umano in termini di conoscenza. In questa linea si pongono i cosiddetti
obiettivi di Lisbona, mirati alla crescita della competitività dei Paesi dell’Unione Europea.
2. Il controllo della corrente elettrica in un tubo elettronico avviene nel vuoto, all’interno quindi di un contenitore a tenuta, grazie a un campo elettrico che agisce sugli elettroni emessi da un catodo metallico. Questo va portato ad alta temperatura, riscaldandolo per mezzo di una corrente ausiliaria.
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discipline
I materiali utilizzati per realizzare questi dispositivi sono i
semiconduttori, sostanze caratterizzate da conducibilità elettrica intermedia fra quella dei conduttori metallici e quella
degli isolanti. In pratica si sfrutta il fatto che le proprietà elettriche dei semiconduttori possono essere modificate «drogandoli», cioè inserendovi piccole quantità di atomi di altre
specie. Si ottengono così materiali nei quali la conduzione
elettrica è affidata a elettroni liberi, perciò chiamati di tipo n,
e altri nei quali invece la conduzione si deve a lacune, cioè cariche positive corrispondenti a elettroni mancanti, perciò
chiamati di tipo p. I materiali semiconduttori utilizzati furono prima il germanio e successivamente il silicio [2], assai
più abbondante in natura, ma meno facilmente trattabile e
purificabile per la sua più alta temperatura di fusione
(1414°C contro 938°C).
Il transistore [3] nasce il 16 dicembre del 1948, presso i laboratori Bell Telephone. Gli scienziati che contribuirono all’invenzione e ai suoi sviluppi, i fisici americani John Bardeen,
Walter Brattain e William Shockley, ricevettero nel 1956 il
premio Nobel per la Fisica. Negli anni immediatamente successivi la disponibilità dei nuovi dispositivi, il cui funzionamento richiedeva potenze assai minori dei tubi elettronici,
consentì la realizzazione di apparecchi portatili alimentati a
batteria (radioricevitori, otofoni, …) come pure di grandi apparati elettronici, che contenevano anche molte migliaia di
transistori: radar, calcolatori elettronici, …
Questi ulteriori sviluppi trovavano però un limite in tre fattori importantissimi, che avrebbero trovato soluzione solo in
seguito, con l’invenzione del circuito integrato: la difficoltà di
ridurre ulteriormente le dimensioni degli apparati (problema
della miniaturizzazione), i costi di fabbricazione3, e il problema dell’affidabilità, intesa come probabilità di buon funzionamento. Il problema più pressante riguardava proprio l’affidabilità, nella quale interveniva la cosidetta «tirannia dei numeri». Si capisce infatti che, al crescere del numero degli elementi costituenti, la probabilità di guasto di un apparato aumenta, e anche assai rapidamente, quando dovuta al guasto
anche di uno solo di questi elementi4. Tale problema, fra l’altro, risultava di importanza decisiva nella realizzazione degli
apparati militari, sopratutto in quegli anni in cui la guerra
fredda era in atto con particolare vivacità. Il requisito dell' affidabilità, inoltre, era assolutamente irrinunciabile per gli apparati destinati allo spazio dove, sempre in quegli anni, si stava sviluppando una gara accanita fra Urss e Usa.
Jack Kilby e il circuito integrato
I problemi della miniaturizzazione, dei costi di fabbricazione e dell’affidabilità erano ben presenti all’industria, dove si
cercava di risolverli. Presso varie società, fra cui la Texas Instruments, veniva esplorata in particolare una tecnologia ba6
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sata sull’impiego di «micromoduli» aventi dimensioni standardizzate, da utilizzare come mattoncini nella realizzazione
degli apparati elettronici.
Ed è qui che interviene Kilby, un giovane ingegnere elettrotecnico che nel 1947 si
era laureato all’univerLa prima proposta per realizzare
sità dell’Illinois, aveva
un circuito integrato si deve all’ingegnere inglese Geoffrey Dumconseguito il master
mer, specialista di radar, che nel
nel 1950 presso l’uni1952 aveva scritto:
5
versità del Wisconsin e
«con l’avvento dei dispositivi a
aveva poi lavorato per
semiconduttore è possibile concepire apparati elettronici nella
alcuni anni presso la
forma di blocchi solidi senza fili
Centralab, una società
di connessione.»
produttrice di compoChe egli immaginava costituiti da
nenti elettronici (resistrati di materiali isolanti, conduttori, rettificanti o amplificanti. Ma
stori,
condensatori,
Dummer non riuscì a concretizzaecc.). Volendo cambiare la sua proposta.
re lavoro, egli scelse la
Texas Instruments, perché questa società, che primeggiava nel campo dei dispositivi a semiconduttori6 avendo di recente commercializzato i
primi transistori che utilizzavano silicio anziché germanio,
era molto interessata ad affrontare il problema della miniaturizzazione. Assunto nel maggio del 1958, Kilby lavorò a un
progetto impiegante appunto i micromoduli, arrivando però
presto alla conclusione che quella strada non era particolarmente efficace, soprattutto in termini economici.
Quanto accadde in seguito lo raccontò egli stesso in una
intervista: «Piuttosto scoraggiato, cominciai a pensare
che l'unica cosa che una ditta di semiconduttori poteva
realizzare economicamente erano proprio i semiconduttori. E pensandoci meglio arrivai a concludere che i semiconduttori erano tutto quello che effettivamente occorreva, e che resistori e condensatori, in particolare, potevano
esser fatti con lo stesso materiale dei dispositivi attivi.» I
resistori, sfruttando la resistività del cristallo; i condensatori, usando la capacità di una giunzione p-n7 polarizzata
inversamente.
Durante l’estate Kilby non ebbe la possibilità di recarsi in va-
3. I collegamenti elettrici fra i transistori e gli altri componenti dei circuiti erano realizzati a mano, mediante saldature, e andavano poi controllati, uno per uno, per assicurarne il buon funzionamento. Sicché il costo totale di un apparato risultava decisamente superiore a quello delle sue parti costituenti.
4. Se p è la probabilità di buon funzionamento di un elemento, la probabilità di buon
funzionamento P, cioè l’affidabilità, di un apparato che ne contenga n, per semplicità
supposti identici, è evidentemente P = pn, nell’ipotesi che si tratti di guasti casuali, fra
loro indipendenti. Per avere un’idea della numerosità dei componenti di un apparato
elettronico degli anni ‘50, ricordiamo che uno dei primi calcolatori transistorizzati, la
macchina Control Data CDC 1604, conteneva 25 mila transistori, 100 mila diodi e centinaia di migliaia di resistori e condensatori.
5. Sin da studente Kilby aveva le idee chiare. Nella lezione tenuta in occasione del conferimento del premio Nobel egli ricorda infatti quanto segue: «Fortunatamente, io studiai anche Fisica, ritenendo che questo potesse risultare più utile che sapere come si
collega un trasformatore trifase. Retrospettivamente, sono contento di aver seguito
quei corsi di Fisica» [1].
6. Anche oggi la società Texas Instruments è uno dei maggiori produttori di semiconduttori a livello mondiale.
7. Una giunzione p-n si forma, in un cristallo semiconduttore, nella zona di separazione fra una regione di tipo p e una di tipo n. Tale giunzione si comporta come un diodo, conducendo agevolmente la corrente in un senso (polarizzazione diretta), ma non
nell’altro (polarizzazione inversa), ed è dotata di apprezzabile capacità elettrica.
canza essendo stato assunto soltanto da poche settimane. Rimasto a lavorare nello stabilimento semivuoto («Venni lasciato ai miei pensieri e alla mia immaginazione.»), egli ebbe piena occasione per dedicarsi a sviluppare in concreto la sua
idea. Progettando un
circuito i cui elementi
Cosa s’intende per circuito
fossero
tutti realizzati
integrato o microchip?
in un cristallo semiconS’intende un circuito elettrico miduttore, come risulta
niaturizzato, interamente codal suo quaderno di lastruito in un solido, più precisaboratorio (Fig. 1) alla damente in un sottile strato di materiale semiconduttore, usualta del 24 luglio, e poi
mente silicio, nel quale tutte le
costruendolo effettivaparti componenti (transistori,
mente in una sbarretta
diodi, resistori e condensatori)
di germanio lunga 1 cm
sono realizzate sfruttando le
particolari proprietà elettriche di
(Fig. 2): un oscillatore RC
minuscole regioni opportunaa sfasamento. La dimomente trattate.
strazione del funzionaFig. 1. Schema
del primo
circuito
integrato della
storia, dal
quaderno di
laboratorio di
Kilby, 24
luglio 1958.
Fig. 2.
Fotografia del
circuito, un
oscillatore RC,
realizzato da
Kilby in una
sbarretta di
germanio
lunga 1 cm. Si
noterà la
natura
alquanto
artigianale di
questo storico
prototipo.
mento del primo circuito integrato della storia ebbe luogo il
12 settembre 1958, quando Kilby collegò il suo circuito a una
pila di 12 volt e un’onda sinusoidale, alla frequenza di 1,3
MHz, apparve sullo schermo dell’oscilloscopio.
Il contributo dei ricercatori Fairchild
Bisogna dire che, nel momento in cui Kilby concepisce e poi
porta a compimento la sua invenzione, i tempi erano più che
maturi. Appena pochi mesi dopo, infatti, la stessa idea germoglia anche nei laboratori della società californiana Fairchild8, che rispetto alla Texas ha il vantaggio di aver messo a
punto di recente nuove e assai efficaci tecnologie di fabbricazione. E infatti proprio in Fairchild sarà prodotto il primo circuito integrato commerciale (Fig. 3) per opera del fisico Robert
discipline
Norton Noyce (1927-1990), al quale Kilby stesso riconobbe poi
il ruolo di coinventore9 del circuito integrato. Ma nei primi anni ’60 fra le due società ebbe luogo una
vivace controversia, dovuta allo
straordinario valore economico
dei brevetti in gioco.
In che cosa consisteva la tecnologia Fairchild che si dimostrò essenziale per la qualità dei dispositivi a semiconduttore e che infatti è largamente impiegata anche oggi? Si tratta
del cosidetto processo plaFig. 3. Questo dispositivo, sviluppato da
nare, parte essenziale del
Noyce nel 1959 utilizzando il processo planare, fu il primo circuito integrato prodotto inquale è la protezione deldustrialmente e commercializzato (Immagine
la
superficie del silicio
dal sito Fairchild Semiconductor).
mediante ossidazione termica, creandovi così uno
straterello di biossido di silicio, durissimo e impenetrabile
all’acqua come a qualsiasi impurità. Questa idea si deve al fisico teorico svizzero Jean Hoerni (1924-1997), che la concepì
nel 195710. Impiegato tuttora, il processo planare consentì un
La battaglia dei brevetti
Il brevetto concernente l’invenzione di Kilby (Texas Instruments)
fu depositato il 6 Febbraio 1959, ma venne poi effettivamente
concesso soltanto nel giugno 1964 con patent number
3,138,743. Il brevetto riguardante l’invenzione di Noyce (Fairchild), e in particolare la tecnologia planare, fu depositato il 30
luglio 1959, sei mesi dopo Kilby, ma venne poi concesso il 25
aprile 1961, cioè prima dell’altro. Nacque allora una battaglia legale, che si concluderà solo con il riconoscimento della priorità
di Kilby e un accordo fra le due società, ciascuna delle quali
potè utilizzare il brevetto dell’altra. Ma la vicenda non termina
qui. Perché il brevetto riguardante l’invenzione di Kilby, che era
stato depositato in Giappone nel 1960, rimase per decenni senza esito, a causa delle obiezioni sollevate dall’ufficio brevetti di
quel Paese. La concessione avvenne infatti soltanto nell’ottobre
1989, con il risultato paradossale di accrescere grandemente il
valore economico delle licenze relative al brevetto (che in Giappone ha una durata di 15 anni) rispetto al caso in cui la concessione fosse avvenuta due decenni prima, quando la produzione di circuiti integrati era assai minore.
8. La vicenda della società Fairchild ha un ruolo centrale nella storia della cosidetta Silicon Valley, la regione californiana appena a sud di San Francisco, dove si svilupparono numerose società di semiconduttori e in seguito società di informatica. La Fairchild
nasce quando il gruppo di brillanti scienziati, che William Shockley (premio Nobel nel
1956) aveva radunato per fondare la società Shockley Semiconductor Laboratory, lo
abbandona a causa del suo carattere insopportabile: fra essi Robert Noyce e Gordon
Moore. Da ulteriori secessioni nasceranno poi Intel, oggi il maggiore produttore mondiale di semiconduttori, e altre imprese di grande successo fra cui National Semiconductor e Advanced Micro Devices.
9. Nell’autobiografia scritta in occasione del conferimento del Nobel, Kilby afferma: «Se
Noyce fosse ancora in vita, non ho dubbi che avremmo condiviso il premio» [4].
10. Il quaderno di laboratorio di Hoerni, al 1 dicembre 1957, registra una relazione dal
titolo: «Metodo per proteggere le giunzioni p-n alla superficie dei transistori al silicio
con tecniche di copertura mediante ossidazione».
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netto miglioramento delle prestazioni – in termini di qualità,
resa di produzione e affidabilità – dei transistori e dei circuiti integrati. Esso permise, in particolare, di ridurre di ordini
di grandezza, eliminando gli effetti di superficie, la corrente
inversa che scorre in una giunzione p-n quando essa è polarizzata inversamente.
L’ossido di silicio, inoltre, è parte essenziale dei transistori
MOS (Metallo-Ossido-Silicio), dove costituisce lo strato isolante attraverso il quale l’elettrodo di comando controlla il
flusso delle cariche nel semiconduttore sottostante (Fig. 4).
Questo tipo di transistore sostituisce ormai da tempo, nella
maggior parte dei circuiti integrati, la versione tradizionale
di cui si era detto prima.
Fig. 4. Schema semplificato del transistore (MOS) quasi universalmente usato oggi
nei circuiti integrati. La tensione (VP) applicata all’elettrodo di comando (P) controlla il flusso della corrente nel canale, fra i due terminali indicati con S e D, attraverso
lo straterello di ossido.
La tecnologia dei circuiti integrati
La straordinaria diffusione, in innumerevoli e spesso imprevisti impieghi, di circuiti integrati di complessità continuamente crescente negli anni si deve alla loro affidabilità e alla
riduzione dei costi di fabbricazione, a cui hanno contribuito
sia i progressi delle tecnologie che l’automazione dei processi di produzione, dal silicio al chip finale. Un risultato straordinario, ottenuto grazie a processi di fabbricazione automatizzati che si svolgono in condizioni di estrema «pulizia», è
che l’affidabilità di un circuito integrato, contenente migliaia
o milioni di elementi, è dello stesso ordine di grandezza di
quella di un singolo elemento discreto.
Il materiale di base, come si è detto, è il silicio, costituente essenziale della sabbia e di molti tipi di rocce, la cui abbondanza nella crosta terrestre è di circa il 25%. Il minerale viene trattato chimicamente e poi ulteriormente purificato nella forma di monocristalli cilindrici. Il processo ha
inizio con l’estrazione del silicio dal minerale e la sua
purificazione, che fornisce una cristallo purissimo (le
impurità sono meno di un miliardesimo) nella forma di
una barra cilindrica monocristallina con diametro fino a
30 cm11. Questa viene tagliata in fette sottilissime (con
spessore di circa 0,75 mm) chiamate wafer, che vengono
poi ricoperte di ossido isolante (SiO2) per proteggerle da
qualsiasi contaminazione.
È in questi sottili strati di silicio che i circuiti integrati
8
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vengono realizzati. Le varie parti che li costituiscono (cioè i
diversi componenti elettrici) sono costruite realizzando nel
cristallo una molteplicità di zone drogate diversamente, cioè
zone di semiconduttore di tipo p e di tipo n, ciascuna con
opportune concentrazioni di atomi droganti. Ciò si ottiene
mediante diffusione ad alta temperatura in apposite fornaci:
qui gli atomi degli elementi droganti penetrano nel cristallo
diffondendovi a profondità prefissate. Tale operazione viene
ripetuta più volte, in modo da ottenere le strutture
desiderate. Ogni volta proteggendo la superficie del cristallo
con ossido di silicio, in seguito asportato selettivamente per
consentire i drogaggi successivi.
Ciascuna di queste operazioni di diffusione, tuttavia, deve
interessare soltanto determinate zone del cristallo e non
altre. Ciò si ottiene con raffinate tecnologie ottiche e
chimiche che, detto in breve, equivalgono a disporre ogni
volta sulla superficie del cristallo una «maschera» che
consenta agli atomi di drogante di raggiungere soltanto le
regioni prefissate.
Al termine di queste operazioni occorre completare il circuito
collegando elettricamente fra loro le diverse zone del cristallo:
ciò si ottiene depositando sulla sua superficie delle striscioline
fatte di metallo (alluminio o rame) oppure di semiconduttore
fortemente drogato (che è un discreto conduttore). Il wafer
viene poi spezzato in tanti chip quanti sono i circuiti integrati,
tutti identici, in esso realizzati; questi vengono infine
incapsulati nei contenitori finali (plastici, ceramici o metallici)
e collegati elettricamente ai contatti esterni.
I sistemi microelettromeccanici (MEM)
Le raffinate tecnologie utilizzate per realizzare i circuiti integrati sono state ulteriormente sviluppate per costruire anche
parti meccaniche, fisse e mobili, con dimensioni comprese tipicamente fra qualche millesimo e un decimo di millimetro.
Ciò ha consentito di realizzare sistemi microelettromeccanici
di varia complessità, che integrano assai efficacemente parti meccaniche ed elettriche. Esempi pratici al riguardo sono
gli accelerometri usati nelle auto per comandare l’apertura
degli air bag, gli eiettori piezolettrici usati nelle stampanti a
getto d’inchiostro per lanciare sulla carta goccioline d’inchiostro con volumi del picolitro, i microspecchi orientabili (un milione in un chip) usati nei sistemi di proiezione di immagini di
recente introduzione (Fig. 5).
Fig. 5
Microspecchio (alluminio)
Perni a torsione
Supporto
di sostegno
Substrato (silicio)
Elettrodi di comando
Fig. 5. I circuiti integrati (DMD, Digital Micromirror Device) usati nella più recente tecnica di proiezione di immagini comprendono milioni di minuscoli microspecchi orientabili, comandabili singolarmente, disposti a formare una matrice.
Ciascuno di essi, con dimensioni tipiche di 15 micron, riflette su uno schermo un
elemento dell’immagine (pixel).
11. Merita ricordare che i primi cristalli di silicio avevano un diametro di 2,5 cm, e che
nel prossimo futuro si prevede di arrivare a diametri di oltre 40 cm.
discipline
Caratteristiche principali di alcuni microprocessori Intel
(dati Intel)
Microprocessore
Anno di
introduzione
Numero di transistori
Frequenza
di lavoro*
4004
1971
2.300
108 kHz
8080
1974
4.500
2 MHz
8086
1978
29.000
5 MHz
286
1982
134.000
6 MHz
486
1989
1.200.000
25 MHz
Pentium
1993
3.100.000
66 MHz
Pentium 4
2000
42.000.000
1,5 GHz
Itanium 2
2002
220.000.000
1 GHz
Xeon
2007
820.000.000
3,2 GHz
* La frequenza di lavoro indica il ritmo di esecuzione delle istruzioni elementari di queste macchine.
Gli impianti utilizzati attualmente per la fabbricazione dei
circuiti integrati, che comprendono «camere pulite», fornaci
per la diffusione, sistemi ottici raffinatissimi e vari altri
apparati di alta tecnologia, sono estremamente costosi,
richiedendo oggi investimenti di parecchi miliardi di dollari.
Ciononostante il costo dei dispositivi, grazie agli enormi
volumi di produzione e all’automazione dei processi, è
relativamente basso. Se poi si considera la crescita continua
del numero degli elementi contenuti nei circuiti integrati, si
trova che il costo per elemento, diciamo per transistore, ha
subito un abbattimento eccezionale dell’ordine del milione12,
senza paragoni nella storia della tecnologia. E infatti, da vari anni ormai, sono alla portata di chiunque calcolatori assai
più versatili (grazie ai programmi applicativi oggi disponibili) e di ordini di grandezza più potenti (per velocità di calcolo e capacità di memoria) di quelli, estremamente più costosi, che qualche decennio prima si trovavano soltanto nei
grandi centri di ricerca scientifica. A questo, come in generale allo sviluppo dell’informatica degli ultimi decenni, ha
contribuito in modo essenziale l’introduzione del microprocessore, il circuito integrato che contiene le parti essenziali di
un calcolatore elettronico, avvenuta nel 1971 nei laboratori
Intel per opera del fisico italiano Federico Faggin [5] e dell’ingegnere americano Marcian Edward «Ted» Hoff. Gli sviluppi di questo particolare, ma importantissimo, dispositivo
sono rappresentati sinteticamente nella tabella in alto.
La diffusione dei circuiti integrati
e la legge di Moore
Il fenomeno dell'abbattimento dei costi, come vari altri fenomeni analoghi riguardanti l'industria dei semiconduttori, si
interpreta naturalmente in termini di un ciclo di reazione positiva. Man mano che diminuivano i costi dei prodotti, l'elettronica realizzata in forma integrata diventava economicamente competitiva in sempre nuovi settori d’impiego, allargando così il mercato dei semiconduttori e provocando
un'ulteriore crescita della produzione a cui si accompagnavano, per ovvia conseguenza, nuove riduzioni dei costi. Ini-
Figura 6. Particolare di una
memoria ad altissima capacità
realizzata con una struttura
tridimensionale allo scopo di
ridurre l’area di silicio necessaria: i
cilindretti verticali sono
condensatori, ciascuno dei quali
memorizza un bit. Questo
dispositivo è stato fabbricato nello
stabilimento di Avezzano della
società Micron, che può essere
visitato inviando un messaggio
all’indirizzo:
[email protected]?subject=Pro
grammi per le Scuole.
zialmente assai costosi, i circuiti integrati poterono trovare
impiego soltanto in campo militare e spaziale, dove i requisiti di affidabilità e di miniaturizzazione prevalgono su qualsiasi altra considerazione. La riduzione dei costi, in seguito,
ne permise l’impiego anche nei calcolatori e in numerose applicazioni industriali, dalle telecomunicazioni all’automazione e ad altro ancora. In tempi meno lontani da oggi, infine, i circuiti integrati sono penetrati vivacemente nel settore
delle applicazioni civili, fino agli innumerevoli gadget elettronici attualmente in circolazione. Appena pochi decenni fa,
chi avrebbe pensato, per esempio, che il controllo dei cicli di
lavaggio di una lavatrice o il funzionamento di una macchina fotografica, sarebbe stato gestito da un microprocessore?
O che radioline o calcolatrici tascabili sarebbero stati disponibili a prezzi stracciati, a volte addirittura date via come regalo per invogliare all’acquisto di altri prodotti?
La reazione positiva, per cui l’entità di una grandezza si accresce per opera dei cambiamenti indotti dalla sua stessa crescita, è un fatto relativamente comune, che interviene in fenomeni assai diversi quali ad esempio le esplosioni o la crescita vivace di una popolazione in un ambiente propizio; un
caso citato spesso al riguardo è quello del vertiginoso aumento del numero dei conigli in Australia, a seguito della loro introduzione in un territorio dove non vi erano predatori
che ne limitassero la crescita.
Nei casi più semplici, la crescita derivante da un ciclo di reazione positiva segue la legge esponenziale, la quale costituisce la soluzione matematica della semplicissima equazione
differenziale13 che descrive questi fenomeni. Si ha dunque
una crescita relativa costante nel tempo, caratterizzata dal
raddoppio della grandezza considerata dopo ogni intervallo
di tempo di durata determinata. Ma questo è proprio ciò che
sta avvenendo da quasi cinquanta anni nell'industria dei semiconduttori, dove si assiste alla crescita esponenziale nel
tempo di tutti i principali indicatori, sia tecnici sia economi-
12. Il conto, seppure assai approssimato, è immediato. Un transistore discreto, alla fine degli anni ’50, costava attorno a 10 $, cioè più o meno quanto può costare oggi un
circuito integrato che ne contiene un milione.
13. Se x è la grandezza variabile, l’equazione differenziale è
, con soluzione:
.
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discipline
ci: numero dei transistori integrati in un circuito, dimensioni
caratteristiche elementari dei dispositivi, area di silicio occupata da un chip, fatturato complessivo, costo di un impianto
di fabbricazione, e così via.
Questa legge di crescita esponenziale, in particolare la crescita del numero massimo dei transistori realizzati in un singolo circuito integrato, viene chiamata legge di Moore, dal nome del chimico-fisico Gordon Moore, prima fondatore e poi
per decenni presidente della società Intel della quale egli è
oggi presidente emerito, prima ancora fondatore della società Fairchild dopo aver lavorato per qualche tempo con
William Shockley.
L’origine di questa legge empirica risale al lontano 1965 [6],
cioè ai primordi della diffusione dei circuiti integrati, quando Moore tracciò un grafico con cinque punti sperimentali,
che rappresentavano il logaritmo del numero massimo dei
transistori contenuti nei circuiti integrati prodotti nel corso
degli anni (Fig. 7). Dato che i punti giacevano, approssimativamente, su una retta, Moore potè stabilire il ritmo di crescita, che corrispondeva al raddoppio ogni anno. Per trarne indicazioni sullo sviluppo della nuova industria, egli si prese
la libertà, e i fatti gli
diedero poi piena ragione, di estrapolare il
grafico al decennio successivo14.
L'unica discrepanza fra
i fatti osservati in seguito e la formulazione
originale della legge di
Moore riguarda il tempo di raddoppio, che
negli anni successivi risultò un po’ maggiore,
fra 18 e 24 mesi. Ma il
fatto veramente straordinario è che questa
legge empirica ancora
oggi, a più di quaranta
Fig. 7. Nel testo di questa immagine, riprodotta
anni della sua introdudal sito Intel, si afferma che, se negli ultimi 30
zione,
continua ad esanni l’industria aeronautica avesse compiuto gli
stessi progressi di quella dei semiconduttori, ogsere verificata sperigi un volo da New York a Parigi dovrebbe rimentalmente. Cioè l’echiedere meno di un secondo e costare un centesimo di dollaro.
quazione differenziale
che descrive il fenomeno di crescita in tutti i suoi aspetti – fisici, tecnologici, economici e sociali – risulta effettivamente a coefficiente costante, sia pure con modeste variazioni, nel corso di un periodo lunghissimo, durante il quale l’industria dei semiconduttori si è espansa enormemente e ha subito grandi trasformazioni.
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I limiti dell’integrazione
Quanto a lungo resterà verificata la legge di Moore, cioè durerà ancora la crescita esponenziale? Il quesito è ben posto,
dato che nei fenomeni di reazione positiva, che in definitiva
rappresentano una forma di instabilità, interviene sempre,
prima o poi, un fattore limitante (sappiamo, del resto, che
l'Universo è finito e ancor più limitata è la parte a noi accessibile a breve). Non è certamente qui possibile trattare in dettaglio i diversi limiti (fisici, tecnologici ed economici), che già
si manifestano o riguardano i prossimi orizzonti; ma conviene tuttavia farne almeno qualche cenno.
Si comprende facilmente che vi sono limiti di natura pratica,
come lo smaltimento del calore generato dalla dissipazione
della potenza necessaria al funzionamento dei circuiti integrati, che contengono un numero crescente di transistori sempre più piccoli, ai quali si richiede di commutare sempre più
rapidamente fra i due stati logici che rappresentano l’informazione. Già oggi le potenze assorbite dai microprocessori
più veloci superano 100 watt, con tensioni di alimentazione
fra 1 e 2 volt, ciò che tuttavia corrisponde a un assorbimento
mediamente modestissimo da parte dei singoli transistori che
li costituiscono. In queste condizioni è chiaro che diventa necessario prevedere l’impiego di sistemi di smaltimento del
calore15 sempre più complessi e ingombranti.
Limiti di natura tecnologica riguardano i sistemi ottici che,
utilizzando le «maschere» di cui si è fatto cenno prima, provvedono a trasferire sul silicio le «immagini» delle regioni da
sottoporre a drogaggio nelle diverse ripetizioni di questa
operazione. Negli anni, con la crescita del numero dei componenti da realizzare in aree di silicio la cui superficie non
può certamente aumentare oltre limiti pratici (arrivando oggi
fino a parecchi cm2), la dimensione caratteristica minima di
queste regioni si è grandemente ridotta, dalle decine di micron ai 45 nm della tecnologia più recente16. Per ottenere questo risultato, tuttavia, è stato necessario abbandonare la luce
visibile utilizzata in passato, ricorrendo a radiazioni con lunghezza d’onda più piccola, compatibile con la risoluzione desiderata17, cioè a luce ultravioletta. E infatti oggi a questo scopo si utilizzano sorgenti laser ArF con lunghezza d’onda di
193 nm, mentre in futuro si prevede di utilizzare in radiazioni di lunghezza d’onda ancora minore, che rientrano nella
gamma dei raggi X, con le quali però le ottiche tradizionali
14. Si apprezza ancor meglio la straordinaria preveggenza di Moore ricordando che all’epoca egli era un dirigente della Fairchild e che la quasi totalità del fatturato di quella
società, sebbene questa avesse in produzione vari tipi di circuiti integrati, proveniva
dalla vendita dei transistori discreti.
15. Le prospettive di sviluppo elaborate dall’industria dei semiconduttori prevedono in
particolare che fra qualche anno si raggiungano densità di potenza di 100 W/cm2, cioè
dello stesso ordine di grandezza di quella del filamento di una lampadina.
16. Una cella elementare di memoria (1 bit) realizzata con questa tecnologia occupa
una superficie di appena 0,24 micron quadri. Sicchè ne rientrano 400 milioni in 1 cm2
di silicio.
17. Per ottenere elevate risoluzioni superando i limiti posti dalla diffrazione, è certamente possibile, in alternativa alle radiazioni elettromagnetiche, usare un fascio di elettroni, seguendo lo stesso principio utilizzato nei microscopi elettronici. Questa scelta,
tuttavia, non è praticabile per l’estrema lentezza del processo, che infatti richiede una
scansione seriale dell’immagine, punto per punto, da parte del fascio di elettroni; mentre la scansione da parte della luce avviene in parallelo, e quindi in tempi brevissimi.
cessano di funzionare e occorre sviluppare nuove soluzioni.
Ma i limiti più preoccupanti sono quelli di natura fondamentale, riguardanti il comportamento di porzioni di materia
sempre più piccole (strati sottilissimi, regioni drogate di dimensioni minimali e perciò contenenti un numero bassissimo
di atomi droganti, …). Che risulta assai diverso dall'usuale
perché in queste condizioni intervengono effetti di natura
quantistica. Un fenomeno particolarmente rilevante è il passaggio di una corrente apprezzabile per effetto tunnel attraverso uno straterello isolante di piccolo spessore. Che è appunto quanto avviene nell’isolante che separa l’elettrodo di
comando dal canale in cui scorre la corrente, nei transistori
MOS usati oggi; nei quali la riduzione in scala di tutte le dimensioni ha condotto a spessori dell’ordine di pochi nm (ricordiamo che un atomo di silicio ha un diametro di 0,25 nm).
Per risolvere il problema, cioè aumentare lo spessore dell’isolante per ridurre le perdite di energia dovute alla corrente
tunnel a parità di capacità elettrica18 fra l’elettrodo di comando e il canale, si è scelto di sostituire l’ossido di silicio con
materiali isolanti aventi costante dielettrica relativa più elevata: in particolare ossidi e silicati di afnio e di altri elementi particolari, con costanti dielettriche tipicamente 5 volte
discipline
fisico teorico americano Richard Feynman in una sua famosa conferenza del 1959 [7]. Proprio come accadde quando gli
sviluppi della fisica dello stato solido portarono all’abbandono dei tubi a vuoto grazie all'introduzione prima del transistore e poi del circuito integrato. Anche così procedendo,
tuttavia, qualunque nuova strada si segua si incontreranno
dei limiti, stabiliti dalla velocità della luce e dalla natura atomica come ha affermato nel 2005 il fisico inglese Stephen
Hawking durante una visita ai laboratori Intel. Un calcolo effettuato su questa base indica l’anno 2036 come la data finale per la validità della legge di Moore [8].
Nel frattempo, tuttavia, altri problemi potrebbero rallentare la
crescita dell’industria dei semiconduttori. Il fenomeno di reazione positiva che finora l’ha sostenuta potrebbe infatti indebolirsi se non si aprissero nuovi mercati di massa tali, come è
avvenuto in passato, da sostenere la spesa, sempre più ingente, dello sviluppo tecnologico. Sicchè l’industria potrebbe non
essere più in grado di produrre circuiti integrati sempre più
complessi a costi sempre più bassi, come nei decenni trascorsi.
Giovanni Vittorio Pallottino
Università «La Sapienza» - Roma
18. La capacità di un condensatore piano è direttamente proporzionale al rapporto fra
la costante dielettrica e lo spessore dell’isolante. Si può dunque aumentare lo spessore dell’isolante, prevenendo l’effetto tunnel, se nel contempo si aumenta la sua costante dielettrica, grazie all’impiego di materiali opportuni, in modo da mantenere costante la capacità.
BIBLIOGRAFIA
Fig. 8. Il grafico originale, tracciato da Gordon Mooore nel 1965, la cui estrapolazione
costituisce la legge di Moore. In ascissa sono riportati gli anni, a partire dall’introduzione dei circuiti integrati commerciali, in ordinata il logaritmo in base 2 del numero
massimo di transistori contenuti nei circuiti integrati prodotti in ciascun anno.
maggiori di quella dell’ossido di silicio. È tuttavia evidente
che lo stesso problema si riproporrà fra qualche tempo, assieme ad altri che non abbiamo menzionato, a fronte delle ulteriori riduzioni in scala da affrontare nei prossimi anni,
quando la dimensione caratteristica minima si ridurrà prima
a 32 nm, poi a 22 nm, e poi ancora …
Le previsioni dell’industria indicano tuttavia che limiti veramente invalicabili si manifesteranno fra circa 10 anni. Ma assai probabilmente a quel momento la ricerca fisica avrà individuato nuove soluzioni, in particolare utilizzando direttamente, in nuove strutture, quegli stessi fenomeni quantistici
che oggi costituiscono un limite per le strutture integrate tradizionali; muovendosi nella direzione dello sviluppo delle
nanotecnologie secondo il programma tracciato dal grande
[0] Museo virtuale IEEE.
http://www.ieee-virtual-museum.org/exhibit/exhibit.
php?taid=&id=159270&lid=1&seq=1&view.
[1] J.S.Kilby, Turning Potential into Reality: The Invention of the Integrated Circuit (Nobel Lecture 2000).
http://nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/2000/
kilby-lecture.html.
[2] F. Seitz, N. G. Einspruch, La storia del silicio - Elettronica e comunicazioni, Bollati Boringhieri, 1998.
[3] G. V. Pallottino, Fisica e società: l’invenzione del
transistore.
http://www.roma1.infn.it/rog/pallottino/articoli%20divulgativi/Transistore per DdS.pdf.
[4] J. S. Kilby, Autobiography (2000) http://nobelprize.
org/nobel_prizes/physics/laureates/2000/kilby-autobio.html
[5] http://micro.magnet.fsu.edu/creatures/pages/faggin.html;
http://www.roma1.infn.it/rog/pallottino/articoli%20divulgativi/Faggin.htm.
[6] G. Moore, Cramming more components onto integrated circuits, Electronics, 19 Aprile 1965.
ftp://download.intel.com/research/silicon/moorespaper.pdf.
[7] R. Feynman, There's Plenty of Room at the Bottom,
Congresso annuale della American Physical Society,
Dicembre 1959.
http://www.zyvex.com/nanotech/feynman.html.
[8] James R. Powell, The Quantum Limit to Moore’s
Law, Proc. IEEE, Agosto 2008, pp. 1247-1248.
NUOVA SECONDARIA - N. 5 2009 - ANNO XXVI
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