nuovi critici / dopo la tempesta. l`opera segreta di shakespeare

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nuovi critici / dopo la tempesta. l`opera segreta di shakespeare
Valentina De Simone
Dopo la tempesta. L’opera segreta di Shakespeare
Compagnia della Fortezza
regia e drammaturgia Armando Punzo
musiche originali e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Silvia Bertoni, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
aiuto regia Laura Cleri
movimenti Pascale Piscina
assistente alla regia Alice Toccacieli
video Lavinia Baroni in collaborazione con VaiOltre!
con Armando Punzo e gli attori della Compagnia della Fortezza
e con Elisa Betti, Eva Cherici, Gillo Conti Bernini, Giulia Guastalegname, Francesco Nappi, Francesca Tisano
e i giovanissimi Gregorio Mariottini, Marco Piras, Andrea Taddeus Punzo de Felice, Tommaso Vaja
Festival VolterraTeatro 2016, XXX edizione, La Città Ideale
Fortezza Medicea, Volterra
29 luglio 2016
Come si racconta una prima volta a VolterraTeatro? Accomodando lo sguardo all’emozione, forse,
lasciando che razionalità e sorpresa s’incontrino, armonizzando l’intemperanza della meraviglia al baluginio
del pensiero. Prendendosi del tempo. Frugando fra le parole dette con cui, ora, provare a dire, forzandone
la scorza inviolata, violandone l’essenza ruvida, fino ad esporne una vulnerabilità molesta, ma vera.
“Mi piace un volto d’agonia, perché so che è sincero”, dice Emily Dickinson. Ed è a questa sincerità non
priva di dannazione che il festival diretto da Armando Punzo non si stanca di guardare, proponendo una
riflessione sulla Città Ideale e sull’Utopia che ne fanno una fucina instancabile della creazione, un
laboratorio dell’essere umano mai pago di curiosità e sentire.
Attraversarla, questa Città Ideale, è innanzitutto affondare i passi nel suo cuore pulsante, in quella Fortezza
Medicea che dal 1988 è la dimora dell’omonima Compagnia della Fortezza.
Un rapido respiro di strade e case aggettanti conduce al suo ingresso. L’entrata silente nella Casa di Reclusione, dopo aver superato i controlli necessari, il
mesto addensarsi davanti ai cancelli che spalancano alla vista lo spazio della rappresentazione: è una ritualità non manifesta ma precisa a segnare il varco in
questa dimensione solitamente negata alla visione, e ad accompagnarci fino all’arena rettangolare allestita all’aperto. È qui, in questo lembo di terra ricoperto
di sabbia e croci di legno addossate le una alle altre, che prende corpo Dopo la tempesta. L’opera segreta di Shakespeare, summa definitiva della nuova
creazione di Armando Punzo e della Compagnia della Fortezza, un’apologia dell’uomo e del suo potenziale di trasformazione che, ancora una volta, dopo il
Know Well dell’anno scorso, attinge dal Bardo e dalla sua monumentale produzione per accarezzare l’ombra, lo scarto, l’aspirazione irrealizzata dei suoi
soggetti ad esistere.
Cala il silenzio ed ha una densità liquida che freme ad ogni sordo rimbombo di una coppa lasciata continuamente cadere dalle mani di un Punzo quasi
assente, inerme, confinato a questa ripetizione su una ristretta pedana con scrivania e letto a segnarne il perimetro. Intorno a lui, due donne in abiti moderni
attraversano la scena nel vano tentativo di intrecciare un brindisi con il loro signore muto, ma la forma sembra tradire implacabilmente questi esseri in balia
del nulla, di una vertigine che non lascia loro tregua. Come sputati fuori da un dramma mai compiuto, ecco i personaggi shakespeariani farsi largo nella
nebbia della loro stessa imperfetta consistenza, da Riccardo III a Calibano, da Pericle Principe di Tiro a Re Lear, a Romeo e Giulietta e Lady Anna. “Come
dal punto in cui risplende il sole scoppiano tempeste che fanno naufragare le navi, e orrendi tuoni così da quella fonte da cui pareva nascere il conforto
trabocca lo sconforto”. Risuonano sulle labbra inermi di Armando Punzo le parole di Macbeth, ed è un re con una corona capovolta a fare il suo ingresso su
questa spiaggia di desolazione, cercando invano di fendere i suoi nemici invisibili con i due pugnali che stringe disperatamente fra le mani. Gli si fanno
incontro cinque sovrani dal capo ornato, giudici impassibili ed impietosi della sua sofferenza. E intorno a loro, smarriti e
vaganti, un uomo, mendicante, affonda le sue mani nella sabbia, un altro ha la testa conficcata fra le pagine di un libro, un
altro ancora, claudicante, non smette di avanzare sul suo ristretto palco personale. Non hanno costumi da indossare i
detenuti-attori della Compagnia della Fortezza, ma gorgiere candide, brandelli di stoffa, lunghi strascichi lasciati andare dal
bacino in giù, mentre i petti scoperti e per lo più tatuati sono la testimonianza scritta delle loro storie reali, delle loro vite
fatte di carne e penitenza.
Li avvicina uno ad uno Armando Punzo questi fantasmi della penna, questi invisibili della società, s’inclina verso di loro
tendendo dolcemente il capo come a volerli accarezzare, ma è la voce, soffiata nel microfono posizionato sulla sua
guancia, il suo dono a loro, la possibilità di parlare attraverso se stesso, il suo voto offerto all’altare dell’esistenza. “Tra le
vuote occhiaie della morte, io intravedo la vita”, sono le parole che Ivan Chepiga, dall’alto di una scala, rivolge allo stesso
Punzo/Shakespeare, riunendo in sé Giulio Cesare, Re Lear, Enrico VI, Troilo e Cressida, Antonio e Cleopatra. “Una parte di
me resta con te, è una parte che rinuncia a se stessa. Come se il mondo dovesse cominciare solo ora”. E la rinascita è
l’innocenza di una nuova era, un bambino che taglia l’arena portandosi dietro il peso di un nuovo futuro da costruire
insieme, nella grande sfera che fa rotolare nella terra battuta dal sole. “Non smetteremo di esplorare - dice Thomas Sterne
Eliot - e alla fine di tutto il nostro andare, ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta”.