Le quote di Srl estere escluse dall`Ivafe
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Le quote di Srl estere escluse dall`Ivafe
Le quote di Srl estere escluse dall’Ivafe La legge europea 2013-bis (legge 161/2014) modifica, dal 2014, l'ambito oggettivo di applicazione dell'imposta patrimoniale sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero da persone fisiche residenti in Italia (Ivafe introdotta in sede di conversione del Dl 201 del 2011, all'articolo 19, nei commi da 18 a 23). La nuova Ivafe limita i propri effetti ai soli prodotti finanziari (e ai conti correnti e libretti di risparmio), eliminando il precedente richiamo alla più ampia categoria delle attività finanziarie estere. Si ricorda che per il 2014 l'imposta patrimoniale è pari allo 0,2% mentre, i conti correnti e i libretti di risparmio scontano l'imposta fissa pari a 34,20 euro(l'imposta fissa non è dovuta qualora il valore medio di giacenza annua non supera 5mila euro). La modifica normativa trae origine dalla procedura EU Pilot 5095/13/TAXU con cui la Commissione europea ha rilevato la potenziale incompatibilità con il diritto europeo della vecchia Ivafe. Quest'ultima, infatti, rinviando a un più ampio concetto di attività finanziaria (da cui l'acronimo dell'imposta), comportava l'assoggettamento ad imposizione d'investimenti esteri che, se detenuti in Italia, non avrebbero invece scontato l'omologa imposta di bollo. Un esempio di trattamento “discriminatorio” era rappresentato dal possesso di metalli preziosi che per la prassi amministrativa (si veda la circolare 28/E del 2012) avrebbe dovuto scontare Ivafe e non anche l'imposta di bollo qualora i metalli preziosi fossero stati detenuti in Italia. Rimangono alcune perplessità sul trattamento delle quote di Srl estere; queste, infatti, dovevano essere considerate attività finanziarie e quindi soggette alla vecchia Ivafe. Le quote di Srl italiane sembrerebbero, invece, non rientrare nel concetto di prodotto finanziario ai fini dell'imposta di bollo (si veda al riguardo la scheda di lettura 99 dell'11 dicembre 2013 all'AC 1864). Da una siffatta ricostruzione emergerebbe, pertanto, che le quote di Srl estere dovrebbero, fatti salvi futuri chiarimenti amministrativi, essere considerate escluse dal campo di applicazione della nuova Ivafe. Per quanto riguarda l'obbligo di assoggettare alla nuova Ivafe gli strumenti partecipativi derivanti da piani di azionariato in favore dei dipendenti, si fa presente che per consolidata prassi amministrativa (si veda la circolare 28/E del 2012 e, da ultimo, la risoluzione 73/E del 2014) le stock option non cedibili non erano soggette all'imposta anche qualora fosse decorso il termine del vesting period. Diversamente le azioni assegnate a seguito dell'esercizio di stock option ovvero attribuite per effetto della maturazione ad esempio di piani di Rsu o di performance share, scontavano l'Ivafe in misura proporzionale considerando il periodo di possesso durante l'anno. Ci si domanda se il rinvio operato al “nuovo” concetto di prodotto finanziario possa o meno modificare le conclusioni interpretative sopra rappresentate. A questi fini appare utile ricordare che una definizione di prodotti finanziari è mutuabile dal Testo unico della finanza (Dlgs 58 del 1998) che all'articolo 1, comma 1 lettera u), li individua negli «Strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria». In base al comma 2, sono strumenti finanziari, i valori mobiliari, gli strumenti del mercato monetario, le quote di Oicr, i contratti di opzione, i future, gli swap, i forward eccetera. In particolare, per ciò che qui interessa, rientrano nei valori mobiliari (articolo 1, comma 1-bis, del Tuf) anche «le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario». L'ampia definizione di prodotto finanziario offerta dal Tuf dovrebbe confermare la tesi dell'attrazione anche nella nuova Ivafe dei piani di azionariato rivolti ai dipendenti. Si rende, pertanto, opportuna un'esplicita rinnovata esclusione delle Stock Option non cedibili considerando che altrimenti le stesse potrebbero astrattamente rientrare nel novero dei prodotti finanziari. Da ultimo, si segnala che analoga esclusione dovrebbe essere riconosciuta ai fini dell'imposta di bollo. Infatti, qualora le stock option (estere) non cedibili fossero gestite o amministrate da un intermediario residente in Italia, coerenza sistematica suggerirebbe di considerare le stock option fuori dal campo di applicazione dell'imposta di bollo ancorché quest'ultima sia per definizione un'imposta cartolare.