3.3 Indagini geologiche e archeologiche 1
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3.3 Indagini geologiche e archeologiche 1
COMUNE DI MONASTIR Comune capofila dell’Organismo di Bacino n° 37 CONCESSIONE DI PROGETTAZIONE, COSTRUZIONE E GESTIONE DELLA RETE DEL GAS METANO E CAVIDOTTO MULTISERVIZIO DEI CENTRI ABITATI DELLE AREE COMMERCIALI E PRODUTTIVE DEI COMUNI APPARTENENTI ALL’UNIONE DEI COMUNI BASSO CAMPIDANO: MONASTIR, NURAMINIS, SAN SPERATE, USSANA E DEL COMUNE DI SESTU, COSTITUENTI L’ORGANISMO DI BACINO N° 37 COME DA D.G.R. N° 54/28 DEL 22/11/2005 E SUCCESSIVA DETERMINAZIONE N° 302 DEL 14/06/2006 INTERVENTO DI PROJECT FINANCING 3.3- RELAZIONI INDAGINI GEOLOGICHE, IDROGEOLOGICHE E ARCHEOLOGICHE PRELIMINARI INDICE 1. PREMESSA .............................................................................................................3 2. INQUADRAMENTO GEOLOGICO ..........................................................................4 3. INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO .................................................................8 3.1. Premessa ............................................................................................................................. 8 3.2. Inquadramento idrogeologico: Monastir ............................................................................... 8 3.3. Inquadramento idrogeologico: Nuraminis........................................................................... 10 3.4. Inquadramento idrogeologico: Sestu.................................................................................. 13 3.5. Inquadramento idrogeologico: San Sperate ....................................................................... 16 3.6. Inquadramento idrogeologico: Ussana............................................................................... 17 4. INQUADRAMENTO ARCHEOLOGICO.................................................................18 4.1. Monastir.............................................................................................................................. 18 4.2. Nuraminis ........................................................................................................................... 21 4.3. San Sperate ....................................................................................................................... 23 4.4. Sestu .................................................................................................................................. 24 4.5. Ussana ............................................................................................................................... 26 2 1. PREMESSA L’area in oggetto ricade all’interno del Bacino n°37 ed è localizzata topograficamente sui Fogli I.G.M. 1:50.000 n. 547, 548, 556, 557; carte tecniche regionali al 10.000 n. 120-160 (foglio 547), 090-130-140 (foglio 548), 040-080 (foglio 556), 010-020-050-060-090-100 (foglio 557). Il presente studio affronta la caratterizzazione degli aspetti geologici, idrogeologici e archeologici del bacino suddetto, per la realizzazione di un intervento riguardante la progettazione, realizzazione e gestione dell’impianto di distribuzione del gas metano per usi civili, artigianali e commerciali nei Centri Urbani dei Comuni di Monastir, Nuraminis, San Sperate, Ussana e Sestu. In questa prima parte lo studio espone l’inquadramento di carattere geologico per l’intero Bacino e successivamente verrà effettuato un inquadramento sull’assetto idrogeologico. Infine l’inquadramento archeologico analizzerà tutte quelle situazioni che rivestono particolare interesse dal punto di vista storico, archeologico, artistico, sottoposte a vincolo e ricadenti nei territori comunali dei centri presi in esame. 3 2. INQUADRAMENTO GEOLOGICO L’area interessata ricade al confine occidentale del “basso” Campidano, lungo la linea di faglia che divide la grande fossa tettonica del Campidano dalla Trexenta, in un territorio in cui sono stati rilevati litotipi riferibili all’era paleozoica, cenozoica e neozoica. Vengono quindi immediatamente distinte due principali aree, ben differenziate geologicamente e morfologicamente, disgiunte da una linea di faglia con direzione NO –SE che corre parallelamente al tracciato della Strada Statale 131. Il territorio localizzato ad ovest della fossa tettonica è caratterizzato prevalentemente da litologie eoceniche e oligo-mioceniche e, in subordine, cambro-ordoviciane. Le prime sono costituite da depositi sedimentari che conferiscono all’ambiente, unitamente alle litologie paleozoiche, una morfologia ondulata di tipo collinare interrotta, talora, da nette scarpate localizzate sulla sommità di rilievi calcarei o, nella piana, da strutture cupoliformi di natura andesitica. Gli affioramenti paleozoici sono stati rilevati nel versante occidentale del Monte “Su Crucuri” e Monte “Matta Murronis” situati tra il centro urbano di Nuraminis e Villagreca, tra i rilievi miocenici e le colate basaltiche, e in una piccola area a nord di Villagreca compresa tra il Rio “Perda Sueus” e il Rio “Leonaxi”. Le rocce sono costituite da metargilliti e metasiltiti prevalentemente rosso-violacee, metarenarie micacee quarzoso feldspatiche di colore grigio verdolino. La sequenza litostratigrafia, per una potenza di circa 10 metri, è ben visibile, in sezione, all’interno di una cava localizzata alla base sud occidentale del monte “Su Crucuri” dove è evidente il contatto tra il paleozoico, alla base, e il complesso calcareo miocenico sovrastante. Lungo la parete si può osservare, dal basso verso l’alto, una successione di metargilliti e metasiltiti e, subordinatamente, metarenarie micacee rosso-violacee, ben stratificate, facilmente sfaldabili. Tutte presentano intercalazioni di livelli argillosi biancastri, teneri, facilmente scavabili. Gli strati presentano una giacitura con direzione N 320, sub parallela alla linea di faglia che separa l’area collinare dal graben campidanese, un’immersione con orientazione SO – NE e un’inclinazione di circa 22° che s’immerge perpendicolarmente alla direzione della linea di faglia. Al disopra si rinvengono i sedimenti marini miocenici formati da alternanze di depositi marnosi e arenacei. I litotipi cenozoici sono rappresentati da depositi continentali e marini formati da successioni d’argille, marne, sabbie e conglomerati, depositatesi in un arco di tempo compreso tra l’Eocene e il Miocene, e da colate laviche basiche tra cui si ergono le cupole laviche di “Is Piras” e Monte “Leonaxi” in territorio di Nuraminis. Per quanto riguarda le arenarie quarzoso feldspatiche, si rinvengono a nord-est di Villagreca, in un piccolo affioramento presso “Cuccuru Bentus”, e a sud di Nuraminis tra il promontorio di “Su Cruxixedda” e la località “Ollastu”. I depositi sono costituiti da alternanze di arenarie quarzose e quarzose feldspatiche, a granulometria grossolana e da livelli argillosi – siltosi, di composizione clorotico – sericitici e ferruginosi, di colore rosso – violaceo, con locali intercalazioni di lenti conglomeratiche eterogenee. I sedimenti, riferibili al Miocene medio – superiore e, probabilmente, all’Oligocene inf. di colore grigio – violaceo, si presentano ben cementati con legante calcareo che gli conferisce una buona compattezza in particolare nelle facies più grossolane. 4 Le lenti conglomeratiche a cementazione calcarea con elevata compattezza, sono formate da ciottoli poligenici di quarzo, scisti, porfidi, di forma rotondeggiante, poco appiattita, che indica un elevato trasporto e una notevole elaborazione. Sono depositi di ambiente continentale - alluvionale, prevalentemente fluvio – deltizie nei quali il materiale trasportato deriverebbe da un’intensa erosione continentale legata alla Fase Pirenaica. Per quanto riguarda, invece, le vulcaniti calcoalcaline oligo-mioceniche presenti sotto forma di corpi lavici messesi in posto che si espandono, per esempio, dalle strutture cupoliformi del “M.te Leonaxi” e del rilievo in località “Is Piras” in territorio di Nuraminis. Si tratta di lave di natura andesitica di colorazione variabile dal grigio scuro – bruno sino al grigio verdastro caratterizzate prevalentemente da una struttura porfirica per fenocristalli di orneblenda e di plagioclasi di dimensioni anche centimetriche. La pasta di fondo varia da microcristallina a ipocristallina, è costituita da cristalli microscopici di plagioclasi, ossidi di ferro e titanio e sacro vetro. Derivano da manifestazioni vulcaniche coeve alla formazione del rift sardo legato alla traslazione del blocco sardo-corso verso il centro del Mediterraneo durante il quale si depositano sulle vulcaniti, o intercalate ad esse, i sedimenti marinolacustri oligomiocenici. La formazione di Ussana, nell’Oligocene superiore, affiora in una fascia estesa dall’area orientale dell’abitato di Monastir in località “Costa Bissenta Spada”, verso sud sino al confine comunale in località “Boscu Mameli”. Si tratta di depositi probabilmente sedimentatisi in ambiente di piana alluvionale e deltizia e caratterizzati da alternanze di conglomerati, arenarie e siltiti intercalate da lenti argillose di colore variabile dal grigioverdastro al rosso-violaceo. I conglomerati presenti sono formati da clasti poligenici paleozoici e andesitici di dimensioni variabili da centimetriche a decimetriche, e da clasti eterogenei per natura e dimensione, e da una cementazione calcarea che conferisce alla roccia un elevata compattezza. Sono inoltre presenti vari orizzonti fossiliferi a Monocotiledoni e banchi arenacei con resti di Ostree e piccoli Ceratidi. L’età può essere precedente alla trasgressione marina aquitaniana (passaggio tra l’Oligocene superiore e il Miocene inferiore) e sia contemporanea che successiva al vulcanismo oligocenico. Si tratterebbe quindi di depositi contemporanei alla Formazione del Rift Sardo. Nel Cenozoico si ha anche la formazione delle marne e delle arenarie in cui si riscontra una successione dall’alto con depositi conglomeratici, da mediamente a debolmente cementati, con clasti paleozoici eterometrici, ben arrotondati negli strati superiori mentre, verso il basso, assumono una forma nettamente appiattita con spigoli ben smussati. Sono sedimenti riferibili ad un ambiente di sedimentazione transizionale di tipo fluvio deltizio. Successivamente s’incontrano dei depositi arenaceo – siltosi, di colore giallognolo, ricchi di fossili, prevalentemente ostreidi (Cubitostre frondosa e Ostre edulis lamellosa – con sottili livelli di accumuli di frammenti fossilifero dello spessore decimetrico e con intercalazioni marnose grigiastre. Atra formazione risalente al Cenozoico sono i calcari compatti fossiliferi che si riscontrano all’interno del Bacino preso in esame. Questi sono depositi presenti a nord di Nuraminis lungo un affioramento che si sviluppa dal rilievo del “Monte Su Crucuri” sino al “Monte Coa Margine”. Si tratta di calcari compatti, in gran parte coralligeni, passanti in eteropia a marne ed arenarie. Si rinvengono faune plantoniche a globigeniridi 5 dell’aquitaniano, echinoidi, pectinidi e coralli ermatipici nelle facies marnose mentre i calcari compatti organogeni, affioranti alle quote più elevate, sono costituiti prevalentemente da grossi banchi nummulitici. Infine, ultimi litotipi del Cenozoico sono le marne e le siltiti del miocene inferiore. Si tratta di sedimenti appartenenti alla seconda trasgressione marina, Burdigaliano superiore – Langhiano, formati da marne e argille di colore giallo–biancastre e arenarie siltitiche grigiastre; la fauna fossile è caratterizzata da Gasteropodi pelagici e bentonici, echinoidi, coralli bianchi e foraminiferi. Questa formazione affiora in una fascia estesa dall’area orientale dell’abitato di Sestu in località “Bruncu Cunillu”, verso nord sino alla località “Marginarbu” e più a est della località di “Su Pardu”. Il Neozoico vede, invece, la formazione di depositi detritici di versante recenti, legati alla netta trasformazione dell’area in zone agricole, non solo nella fascia sub-pianeggiante del campidano, ma anche nei versanti collinari orientali. Tale destinazione d’uso del territorio ha contribuito alla deforestazione pressoché totale della superficie facilitando l’azione erosiva degli agenti morfogenetici, in particolare con fenomeni di erosione superficiale provocata dalle acque dilavanti e dal vento. L’erosione contribuisce ad aumentare il trasporto di materiale detritico che tende a depositarsi lungo i versanti e alla base dei pendii formando accumuli detritici di versante. Lungo i corsi d’acqua, in particolare quelli regolarizzati, si rinvengono depositi di materiali fini argillosi e limosi derivanti dal dilavamento dei suoli e dal loro trasporto e deposizione all’interno dei canali. 6 Nuramin N W Monastir Ussana E S San Sestu Figura 1: Formazioni geologiche Bacino n°37. 7 3. INQUADRAMENTO IDROGEOLOGICO 3.1. Premessa I territori comunali dei paesi contenuti all’interno del Bacino 37 ricadono nel Sub_Bacino 7 del FlumendosaCampidano-Cixerri, secondo la suddivisione operata nel PAI, e questo mostra nella parte orientale del suo territorio una concentrazione di fenomeni franosi elevatissima. Il grande sistema delle formazioni carbonatiche mesozoiche è a potenziale rischio di frana e di crollo per la morfologia molto particolare, caratterizzata da superfici sub-pianeggianti delimitate da strapiombi di altezze anche di oltre il centinaio di metri. I fenomeni di franamento più vistosi sono stati, nell’arco degli ultimi decenni, prodotti dall’intervento dell’uomo, per lo più in corrispondenza di lavori stradali o di lavorazioni agrarie, eseguiti senza tener conto delle caratteristiche tecnico-geologiche e morfologiche dei terreni. Anche in corrispondenza delle colate basaltiche, caratterizzate da pareti verticali talora alte anche una trentina di metri, si verificano frane che determinano l’arretramento graduale delle testate basaltiche, per scalzamento progressivo alla loro base. I processi lungo i versanti sono fortemente influenzati dall’attività antropica; la continua denudazione e l’aratura degli stessi, anche quando le condizioni morfologiche sono tutt’altro che favorevoli a questo tipo di attività, provocano locali fenomeni di erosione accelerata, sia per ruscellamento diffuso sia per ruscellamento incanalato. Questi processi stanno portando alla perdita della risorsa suolo, e stanno provocando locali fenomeni d'instabilità, che si manifestano con piccoli smottamenti dei terreni eluvio-colluviali di copertura e con frequenti scalzamenti alla base in presenza di depositi arenaceo-marnose o arenaceo-sabbiose. Nel Campidano, lungo i terrazzi alluvionali si verificano spesso processi di ruscellamento areale diffuso, ove i versanti abbiano lunghezza ridotta, e talvolta concentrato, con la formazione di incisioni, quando i versanti superino certe lunghezze. 3.2. Inquadramento idrogeologico: Monastir Si può vedere dalla tavola riportata (Tav. n. Ri 06/26 P.A.I.) che a Nord del centro abitato di Monastir, in corrispondenza del Riu Mannu, il rischio dei fenomeni di piena è classificato come Ri4, mentre spostandosi dall’alveo del fiume questo diminuisce in relazione alla distanza. Il tronco critico in esame si trova in corrispondenza del ponte sulla strada comunale di Monastir, e riguarda la località denominata: Rio Mannu a monte e a valle del ponte sulla S.S. 131. Per ciò che riguarda il posizionamento delle cabine di primo salto e dei serbatoi (per consentire il funzionamento provvisorio della rete mediante il gpl) sono state individuate delle aree non interessate da rischio idraulico. 8 Figura 2: stralcio P.A.I., anno2002, tavola Ri 06/26 Comune di Monastir. Rischio idraulico. Il Piano di Assetto Idrogeologico, per quanto riguarda la possibilità che si verifichino fenomeni franosi, individua il fattore di rischio Rg4 lungo il tracciato stradale della SS131, nel tratto adiacente l’abitato di Monastir. Questo, per consentire il rispetto delle caratteristiche planoaltimetriche della tipologia viaria, passa incassato in una trincea scavata all’interno delle andesiti. Il versante di monte, quasi interamente spoglio, anche di elementi lapidei smossi, è caratterizzato da un elevata pendenza che accelera la velocità delle acque ruscellanti al punto da trascinare qualsiasi cosa si renda disponibile per alterazione o distacco. Il versante di valle è invece caratterizzato da una parziale presenza di roccia alterata e più facilmente dilavabile. 9 Nel caso di eventi eccezionali sono presenti regolarmente fenomeni di rotolamento e debris-flow. Figura 3: stralcio P.A.I.,anno 2002, tavola Rg 16/69 Comune di Monastir. Rischio geologico. 3.3. Inquadramento idrogeologico: Nuraminis L’idrografia superficiale ricalca le direttrici tettoniche Campidanesi seguendo un decorso indicativamente tra N - S e NNW – SSE riscontrabile nei corsi d’acqua principali (da Ovest ed Est): Gora Stagno, Riu Malu, Isca, Perda Sueus, Riu Pardu, Riu Su Rettori. Essi hanno la natura di ruscelli ed hanno origine da alcune sorgenti poste tra i rilievi, ad eccezione del Rio Gora Stagno che costituisce il canale di drenaggio dell’ex Stagno di Nuraminis. Le sorgenti a carattere perenne sono rarissime; in genere si tratta di sorgenti di contatto tra banchi arenacei permeabili e livelli ad elevata componente argillosa che fungono da substrato impermeabile. Si tratta, comunque, di corsi d’acqua a regime torrentizio attivi soprattutto in occasione di precipitazioni meteoriche abbondanti e la cui portata è quindi condizionata da tale regime pluviometrico presentando un’estrema variabilità nei valori. La morfologia collinare non consente di generalizzare una profondità della falda freatica e, peraltro, l’argomento idrologico viene trattato più ampiamente nella sezione Geologica dello Studio. 10 Per le zone a quote più basse e pianeggianti, invece, si vuole evidenziare una certa corrispondenza dei rilievi effettuati nel periodo compreso tra l’estate e l’autunno del 2002 entro i pozzi esistenti. In primo luogo, la profondità più frequente risulta dell’ordine dei -4÷5m, ma negli avvallamenti più accentuati si raggiungono i –2m dal piano di campagna. In secondo luogo, le pur intense piogge autunnali hanno comportato variazioni limitate all’ordine di qualche decimetro, mentre in prossimità dei canali d’irrigazione gli utilizzatori hanno sperimentato più sensibili variazioni dipendenti dal regime dei canali medesimi piuttosto che legati al ciclo stagionale. Le aree abitate insistono su morfologie concave comprendenti antiche linee di compluvio attualmente modificate, deviate e/o ostruite dai successivi interventi di antropizzazione. In occasione di precipitazioni meteoriche moderate, dette linee riprendono la funzione originaria ed il deflusso sopporta gli ostacoli e le deviazioni imposte dall’uomo seguendo un percorso misto formato dai servizi di rete, cunette e strade. Quando le precipitazioni assumono intensità elevata o eccezionale, è accaduto ed accade che la modalità di deflusso si conforma alla sezione idraulica necessaria compensando automaticamente la larghezza divenuta insufficiente con un aumento dell’altezza e della velocità di smaltimento. Ciò ha comportato allagamenti nelle zone basse di Villagreca e, soprattutto, nel Centro abitato di Nuraminis. Per tale motivo, il P.A.I. nella tavola Ri 06/26 individua, dalla località “Benatzu Casula” scendendo fino alla località “Mori de is Olias”, passando in parte nel centro abitato, il fattore di rischio idrologico Ri4, mentre nella zona circostante il rischio diminuisce. A monte dell’abitato le zone collinari formano un vasto arco di bacini che si estende da Su Pardu – Is Cruccuris di Nord Est, sino a S’Acqua Sassa – Is Piras a Sud Ovest. Le acque meteoriche da essi raccolte defluiscono lungo i tracciati delle strade di penetrazione agraria, confluiscono verso l’abitato e, quivi, la via Umberto funge da principale dorsale per le altre vie pervenendosi al massimo degli apporti nel tratto tra la via Portico e piazza Municipio. Quivi confluiscono anche gli apporti provenienti da N e NW e di qui a valle le sezioni di smaltimento sono risultate insufficienti almeno in tre occasioni degli ultimi 20 anni allorché le precipitazioni hanno assunto eccezionale intensità. In ogni caso l’ubicazione della cabina di primo salto e dei serbatoi provvisori, non ricade all’interno delle aree a rischio piena perimetrate dal P.A.I. 11 Figura 4: stralcio P.A.I., anno 2002, tavola Ri 06/26 Comune di Nuraminis. Rischio idraulico. Per quanto riguarda il rischio geologico, il territorio pubblico non presenta zone “in frana”, né di masse detritiche, né di fronti rocciosi. La morfologia dolce ed i tipi litologici rendono molto labile uno specifico rischio intrinseco di potenziale instabilità dei pendii. Ciò non esclude la possibilità di crollo di blocchi isolati da una parete rocciosa e di locali piccoli smottamenti nei versanti a maggiore pendenza, quale conseguenza di eventi meteorici intensi; essi, peraltro, possono essere resi più probabili ed accentuati da interventi antropici che siano stati o fossero eseguiti in futuro senza la dovuta perizia e/o prudenza. Infatti, in corrispondenza dei fronti di cava dismessi si è osservata la presenza di blocchi, cunei, lastre potenzialmente instabili; ciò significa che eventi meteorici anche lenti quali l’erosione del vento e delle acque di ruscellamento oppure eventi brevi, ma di particolare intensità, potrebbero innescare locali rilasci. In altri termini, non si ha certezza di quanto il coefficiente di sicurezza alla stabilità Fs sia attualmente superiore al valore 1 che esprime la condizione di equilibrio indifferente e una tale determinazione esula dai fini del presente studio. 12 3.4. Inquadramento idrogeologico: Sestu Il territorio in studio è caratterizzato da un’ampia porzione ( circa il 75%) con acclività debole o nulla e con una piccola porzione di collina ove è rappresentata la distribuzione spaziale delle pendenze, col massimo, pari al 68%, localizzato nella parte nord-est, e media pari al 7.08%; conseguentemente si può dedurre che le durate dei processi di deflusso sono da attendersi dell’ordine di alcune ora, nonostante la modesta estensione del bacino. La superficie è quasi completamente rimaneggiata, con larga prevalenza delle attività agricole e una piccola porzione di terreno naturale corrispondente, in pratica , alla porzione delle are più acclivi. Il territorio comunale risulta interessato per la gran parte dal bacino imbrifero del Rio Matzeu, che assume differenti denominazioni (ad es. Rio Cannas, Rio Cannedu etc ) lungo il suo percorso. A questo bacino devono aggiungersi i due minori che appartengono rispettivamente al Rio Sestu (tributario del Rio Matzeu) ed al cosiddetto Rio Su Pardu. Il Rio Matzeu presenta un percorso sinuoso che condiziona in modo serio l’edificabilità sia nell’aggregato urbano sia nella zona produttiva in prossimità della ex S.S. 131. Il Rio è stato oggetto di diversi interventi di sistemazione, in particolare nella tratta interna all’abitato e nella tratta esterna ad esso, fra la confluenza con il Rio Sestu e la ex S.S. 131(dove prende il nome di Rio Cannedu). La sistemazione di detta tratta è stata effettuata in quegli anni con riguardo alla portata di piena ordinaria. Quanto sopra in considerazione del fatto che il Rio Cannedu scorreva, una volta oltrepassato l’abitato, in piena campagna, ovvero in zona inedificata ove potevano consentirsi le esondazioni con rischi minimi di perdita di vite umane. La sistemazione di inalveamento del Rio Sestu, che scorre a Nord dell’abitato in una zona praticamente priva di pendenza, è stata effettuata, ugualmente in condizioni di inedificazione di dette aree, e pertanto, stante l’utilizzo meramente agricolo, con minimi rischi di perdite di vite umane, per la portata ordinaria. Le analisi idrologiche individuano il bacino totale del rio di Sestu che può essere scomposto nei due subbacini San Gemiliano e Cannas, chiusi alla confluenza dal bacino parziale a valle sino alla S.S. 131, sezione in cui si innesta anche un piccolo compluvio ad est dell’abitato, e , infine, dal bacino residuo alla foce. Le piene generate dai due bacini maggiori pervengono al nodo di confluenza in tempi diversi: da esso si trasferiscono lungo il primo tratto del rio Sestu alla sezione S.S.131, in cui converge anche la portata generata dal compluvio est e dal bacino intermedio a valle confluenza. Dalla S.S.131, infine, la portata risultante dalle precedenti combinazioni viene trasferita alla foce unitariamente al contributo del bacino residuo. Il PAI individua nella tavola Ri 22/26 una estesa area a pericolosità di inondazione nel Comune di Sestu come conseguenza dei processi di esondazione del sistema idrografico costituito dal Rio S. Gemiliano e dal Rio Cannas (detto anche Matzeu) , confluenti, a sud del perimetro urbano, nel Rio di Sestu. Nell’intorno del Rio Cannas, che passa interno al centro abitato di Sestu, e del Riu Canneddus, a sud-est del centro abitato, il fattore di rischio idraulico è Ri4; anche nella zona “Sagora”, a nord del centro abitato di Sestu, si ha lo stesso fattore di rischio. Lo studio effettuato, relativo all’intervento in progetto, presuppone il posizionamento delle cabine di primo salto e dei serbatoi provvisori (necessari al funzionamento temporaneo mediante gpl della rete) in aree non ritenute a rischio idraulico e come tali non perimetrate all’interno del P.A.I. 13 Figura 5: stralcio P.A.I., anno 2002, tavola Ri 22/26 Comune di Sestu. Rischio idraulico. 14 Per quanto riguarda il rischio che si verifichino fenomeni franosi, questo si riscontra nel tratto a nord-est del centro abitato, a causa dell’instabilità legata alle sponde artificiali del Rio Cannas; in entrambi i lati, infatti, il fattore di rischio geologico è Rg4. Anche in tal caso l’ubicazione delle cabine di primo salto e dei serbatoi, previsti in progetto, non ricadrà all’interno delle zone soggette a rischio. Figura 6: stralcio P.A.I., anno 2002 tavola Rg 61/69 Comune di Sestu. Rischio geologico. 15 3.5. Inquadramento idrogeologico: San Sperate Il Piano di Assetto Idrogeologico all’interno della tavola Ri 23/26 individua, per il comune di San Sperate, il fattore di rischio Ri-4. Ciò avviene nella parte a nord del centro urbano, in località “Is Concas”; ed inoltre la probabilità di superamento della portata al colmo di piena è molto elevata nel tratto del Rio Flumineddu che attraversa il centro abitato . Figura 7: stralcio P.A.I., anno 2002 tavola Ri 23/26 Comune di San Sperate. Rischio idraulico. Anche in questo caso, le zone destinate all’ubicazione delle cabine di primo salto e dei serbatoi provvisori non ricadrà all’interno delle aree perimetrate dal P.A.I. 16 3.6. Inquadramento idrogeologico: Ussana Per quanto riguarda il rischio di natura geologica, il territorio pubblico non presenta zone “in frana”, né di masse detritiche, né di fronti rocciosi. La morfologia rende molto labile uno specifico rischio intrinseco di potenziale instabilità. Ciò non esclude la possibilità di crollo di blocchi isolati da una parete rocciosa e di locali piccoli smottamenti nei versanti a maggiore pendenza, quale conseguenza di eventi meteorici intensi; essi, peraltro, possono essere resi più probabili ed accentuati da interventi antropici che siano stati o fossero eseguiti in futuro senza la dovuta perizia e/o prudenza. I corsi d'acqua hanno esclusivamente carattere torrentizio con situazioni di magra nel periodo estivo e modesta portata nei mesi invernali maggiormente piovosi, perciò non si può parlare di una realtà a rischio di natura idraulica. 17 4. INQUADRAMENTO ARCHEOLOGICO 4.1. Monastir L’area oggi individuata come territorio comunale di Monastir, e stata abitata fin dall’età prenuragica. Infatti in varie parti di tale territorio sono state rinvenute testimonianze che dimostrano come da tale epoca ad oggi l’area ha sempre conosciuto la presenza dell’uomo. Tali rinvenimenti possono essere sintetizzabili con il rinvenimento di aree insediative a grotticelle funerarie, più propriamente dette “Domus De Janas”, come per esempio le cinque rinvenute in località “Is Aruttas”; villaggi di età nuragica e prenuragica, quali quelli rinvenuti tra gli altri nelle zone di “S’Ollastu”, “Santu Ighenzu”, resti di capanne di un villaggio prenuragico in località “Su Tistivillu”, resti punici e romani in località “Santu Ighenzu”, necropoli di età punico-romana in località “Is Argiddas” e tombe ed edifici di età medioevale in località “Su Fraigu”. In particolar modo riveste una notevole importanza, in seguito al ritrovamento di un elevato numero di testimonianze del passato, l’area sottoposta nel presente Piano Urbanistico Comunale a vincolo ambientale HI, comprendente le aree già sottoposte a vincolo di Monte Zara e Monte Olladiri. Il Monte Zara è compreso nella fascia di basse colline vulcaniche che delimitano ad est il Campidano tra Cagliari e Serrenti; esso per le ampie possibilità di difesa che offriva per i suoi pendii ondulati e per la scarsa resistenza della roccia che permetteva abbastanza agevolmente lo scavo di ripari e grotticelle funerarie, attirando così la presenza dell'uomo sin dall'epoca preistorica. A testimonianza di ciò, è sufficiente ricordare il villaggio prenuragico situato nel versante ovest del colle, comprendente un'area funeraria a grotticelle artificiali e otto “Domus De Janas”; i villaggi nuragici dell'età del bronzo recente di “Bia de Monti”, con annesse aree cimiteriali e cinta perimetrale, “Costa de Su Cadru” e “Sa Pranedda”, la cui costruzione continuò anche in età Punico e Romana. Alla sommità del monte, sulla spianata orientale, si trova la scalinata monumentale di accesso alla sommità e l'area sacra con gradini e cappella, il tutto risalente all'età nuragica o punica. Sempre sulla spianata orientale del colle si trova “Sa Pranedda” in cui permangono i resti di un grosso edificio di età nuragica; sempre alla sommità del monte si riscontra la presenza di due pozzi cilindrici, con funzione di cisterne, aventi un diametro di circa quattro metri, utilizzati in passato per la raccolta dell'acqua piovana. II monte Olladiri è situato a sud del Monte Zara. A sud-ovest troviamo cinque” Domus De Janas” che costituiscono l'area funeraria del vicino villaggio di età neolitica e calcolitica; esso è risalente al IV millennio a.C. ed è persistito attraverso l'età nuragica, punica e romana sino all'alto medioevo. Al XII o XIII secolo è databile il castello di “Baratuli” dei conti di Donoratico, esso fu distrutto prima della conquista aragonese nel XTV secolo e rimangono oggi solo pochi resti. Sono dell'età nuragica un gran numero di insediamenti ritrovati, quali il villaggio di “Mitza Morta -Bia de Monti” sul Monte Zara, venuto alla luce alla fine degli anni ottanta durante lavori sulla S.S. 131; in esso vi sono capanne circolari del XIV secolo a.C. che documentano la circolazione di ceramica di importazione peloponnesiaca e l'uso generalizzato di mattoni di fango crudo detti "ladiris"; altri insediamenti nuragici sono quelli di “Sa Murta”, “Mixeddu” e “S'Ollastu”, “Cannas Beccias”, “Piscin'e S'Acqua”, “Su Fraigu”. All'età nuragica appartengono anche quattro nuraghi semplici di “Su Cuccumeu”, “San Marco”, “Cannas Beccias” e “S'Ollastu”. 18 La presenza dell'uomo nell'età del ferro è testimoniata dal recupero di frammenti fenici e greci risalenti al VH - VI secolo a.C. e di un pane di piombo con la sigla alfabetica fenicia ritrovato sul monte Olladiri; nello stesso sito troviamo i resti di un edificio con i muri in fango, ceramiche greco - orientali (ioniche) e ceramica nuragica del VII secolo ed a forme vascolari fenicio - puniche del VI secolo. L'età punica è testimoniata da alcune necropoli con tombe a fossa come quella di “Mitza Morta -Bia de Monti” e “Is Argiddas”. In età romana passava, nel territorio di Monastir, la strada che collegava “Carales” a “Turrys Libissonis”, essa è attestata dal ritrovamento di un miliario di età severiana. La presenza romana è confermata inoltre dalla presenza dei ruderi di un ponte a tre fornici detto “Ponti Becciu”, e alcune tombe con suppellettili in località “Is Argiddas” e l'edificio di “Santu Sadurru”, nonché svariati ritrovamenti di insediamenti e tombe. Nonostante il primo insediamento umano stabile risalga verosimilmente al XII secolo, il centro abitato di Monastir non ha monumenti veri e propri. Gli unici monumenti di un certo valore che esso può presentare sono le sue cinque chiese. La prima intitolata a San Pietro Apostolo è la chiesa principale del paese; essa risale al XV secolo e viene comunemente chiamata in lingua sarda "sa eresia manna" ossia "la grande chiesa", sicuramente per distinguerla dalle altre meno grandi e importanti. Alla chiesa fu aggiunta nell'anno 1804 la torre campanara. La chiesa di S. Antonio Abate è databile intorno al XTV e XV secolo, nel periodo in cui Monastir divenne Baronia, cioè nell'anno 1455; la chiesa di S. Antonio fu la chiesa baronale fino all'anno 1839 quando l'ultimo Barone di Monastir, Bom Crespi di Valdaura, lasciò il paese a seguito della soppressione del feudo. La chiesa di San Giacomo Apostolo è stata la prima chiesa parrocchiale di Monastir ed è databile anch'essa intorno al secolo XTV - XV. Essa durante la seconda guerra mondiale fu adibita a ricovero per soldati tedeschi; al suo interno troviamo un pregevole altare in legno restaurato nell'anno 1807. La chiesa di San Sebastiano Martire, sorge sull'omonimo colle ed anch'essa è databile intorno al XTV e XV secolo. Molto interessante è la pila dell'acqua santa ricavata da un capitello corinzio e la statua del santo ricavata da un tronco di ciliegio nero databile intorno all'anno 1600. Sul colle di S. Sebastiano, nei pressi della chiesa, si dice sorgessero delle capanne nuragiche e prenuragiche. La chiesa di Santa Lucia Vergine e Martire sorge a circa 5 Km. a sud del centro abitato in prossimità delle rovine di un antico centro romano. Detto villaggio fu successivamente abitato nel medioevo e presumibilmente si tratta del villaggio detto di "Baratuli" appartenuto alla famiglia pisana dei Conti della Gherardesca (Donoratico); il villaggio di "Baratuli" fu distrutto dagli stessi pisani intorno all'anno 1325 poco prima della conquista del territorio cagliaritano da parte degli Aragonesi. L'edificazione della chiesa di Santa Lucia è presumibilmente avvenuta intorno al XII - XIV secolo ed è quindi la più antica delle cinque chiese. 19 In sintesi, all’interno del territorio comunale di Monastir si trovano le seguenti zone sottoposte a vincolo dalla Sopraintendenza Archeologica ai sensi della Legge n°1089 del 01.06.1939. − Monte Olladiri: in cui sono stati rinvenuti i resti di insediamenti nuragici e prenuragici, punici e romani ed i resti dell'insediamento medioevale della Villa Baratuli. Su quest'area grava un vincolo Archeologico Ministeriale in base alla Legge del 01.06.1939 n. 1089 sulla tutela dei beni di interesse artistico e storico, con D.M. del 4 febbraio 1976. − Monte Zara: in cui sono stati rinvenuti i resti di una necropoli prenuragica a grotticelle artificiali (nove Domus de Janas), i resti di insediamenti di età nuragica, punica e romana e resti di edifìci nuragici, punici e romani ed una scalinata ed altari scolpiti nella roccia e cisterne scavate nella stessa. Su quest'area grava un vincolo Archeologico Ministeriale in base alla Legge 1089 del 39 con D.M. 4298 del 27 dicembre 1979 e vincolo paesaggistico art.1 lett. G della Legge 431/85. − Località "S'Ollastu": resti di insediamenti prenuragici, nuragici (resti di un nuraghe semplice) edifici di età punica, romana, pozzo e acquedotto romano, insediamento medievale (Villa Sus), vincolo Ministeriale Archeologico in base alla Legge 1089 del '39 con D.M. 06.07.1984. − Località "S.Sebastiano": vincolo Ministeriale Archeologico in base alla Legge 1089 del '39 con D.M. 15.10.1979. Sono inoltre sottoposto a vincolo dalla Sopraintendenza le seguenti zone o aree di interesse storicoarcheologico: 1) Monti Nieddu: necropoli romana presso località “Boscu Mameli”; 2) Bakk’e Scova: resti di capanne prenuragiche e resti di abitazioni di epoca Romana; 3) Cort’e Baccas: resti capanne prenuragiche e resti di tombe romane; 4) Su Tistivillu: insediamento preistorico con resti di capanne prenuragiche; 5) Bia de s’Ollastu: resti di insediamento nuragico (zona da sottoporre a vincolo); 6) Mixeddu: resti di insediamento nuragico; 7) Cresi’e is Cuccurus: insediamento prenuragico, resti di edifici romani tra cui un edificio termale, resti di edifici medievali forse pertinenti alla Villa di Banbargia; 8) Santu Ighenzu: (san Vincenzo), resti nuragici, punici e romani di edifici e tombe; 9) Appassiadroxu - Sant’Angelo: resti di abitato e sepoltura di età romana, resti di un ponte romano detto “S’Arricchitedda”; scomparsi anche i ruderi di una chiesetta di Sant’Angelo forse di età Bizantina; 10) Su Pauli Mannu-Ortu de sa Canna: resti di capanne prenuragiche e resti di sepolture romane; 11) Cannas Beccias: nuraghe monotorre e resti di insediamento nuragico; 12) Ponti Becciu: resti di ponte romano; 13) San Mauru: ruderi di un nuraghe monotorre e resti di un edificio di età medievale; 14) Sant’Antonio: resti di un’area sepolcrale di età romana detta “Sa Costera”, resti di età medievale ed edificio chiesastico risalente al XIV; 15) San Pietro – San Giacomo: edifici chiesastici risalenti, per quanto riguarda San Pietro, al secolo XV / XVI, per San Giacomo intorno al secolo XIII (zona da sottoporre a vincolo); 16) Margatzori: resti insediativi nuragici e romani (zona da sottoporre a vincolo); 17) Piscin’e s’Acqua: resti di insediamenti nuragici, punici e romani; 20 18) Pedrera: tomba megalitica preistorica a corridoio (zona da sottoporre a vincolo); 19) Mitza Morta: resti di insediamento prenuragico e nuragico, resti di edifici romani e necropoli punica e romana; 20) Sa Murta – Sant’Alleni – (Sant’ Elena): resti insediativi di età prenuragico, punica e romana, tombe romane, resti di un villaggio medievale (Sa Murta) e resti affioranti della Chiesa bizantina di Sant’Alleni; 21) Is Argiddas: Necropoli di età tardo punico-romana; 22) Su Cuccumeu: ruderi emergenti di un nuraghe monotorre; 23) Mitz’e corixi: resti di insediamento nuragico e tombe romane; 24) Sant’Adi (Sant’Agata): resti di capanne prenuragiche e nuragiche , resti di edifici romani e di una chiesa di origina bizantina (Sant’Adi); 25) Piscinortu: resti di capanne nuragiche (zona da sottoporre avincolo) 26) Santu Iroxi - (San Giorgio): resti di capanne prenuragiche, resti probabili di un edificio chiesastico medievale detto “Santu Iroxi” (zona da sottoporre a vincolo); 27) Bidd’e Nuxis – Is Serras: resti nuragici e ruderi di abitazioni puniche e romane, resti dell’insediamento medievale denominato “Villa Nuxis”; 28) Santu Sadurru – (San Saturnino): Resti di insediamenti risalenti al periodo punico e romano (zona da sottoporre a vincolo); 29) Matzeddus – Is Fogaias: resti insediativi nuragici e prenuragici; 30) Is Aruttas: necropoli prenuragico a groticelle (cinque Domus de Janas); 31) Su Fraigu: resti di insediamenti e sepolture di età prenuragico; 32) Santa Lucia: resti di edifici romani e medievali; 33) Basinnia: resti di un edificio nuragico; 34) Camp’u e Lillus: resti abitato prenuragico (zona da sottoporre a vincolo) 4.2. Nuraminis Le testimonianze del passato presenti sul territorio comunale di Nuraminis sono molto numerose, numerosi infatti risultano i siti nuragici, ancora osservabili nelle campagne che si stendono intorno al paese. Tra questi sicuramente di rilievo è la stazione nuragica di Santa Maria, individuata a valle del rilievo calcareo de “Sa Corona” difesa dai quattro nuraghi che la attorniano. Tra gli aspetti più interessanti della stazione c’è senz’altro il pozzo nuragico, rintracciabile ai piedi del rilievo calcareo che, come si sa, assolveva una duplice funzione: approvvigionamento idrico e luogo di culto. Sulla sommità de “Sa Corona” è invece visibile il basamento di una grossa torre nuragica, databile intorno al 1400-1500 a.C. Al lato opposto della stessa barriera calcarea, sono visibili i resti del sito denominato”Serra Kannigas”, caratterizzato da un grosso mastio centrale, sicuramente fornito di torri laterali e databile intorno al 1400-1100 a.C. Intorno a quest’ultimo sono visibili i basamenti di alcune capanne minori, aventi probabilmente funzione abitativa. I nuraghi siti sulla sommità di “Monti Lonaxi” (1400-1100 a.C.) e di “Su Padru” (1500-1400 a.C.) completano il sistema difensivo della stazione. Di sicuro le terre nuraminesi erano abitate anche in epoca punica (dal III al IV secolo a.C.), organizzate in comunità di villaggio autonome, 21 piccoli agglomerati organizzati intorno alla casa del “Dominus”, collocata al centro dei terreni di cui questo era proprietario. L’attuale strumento di pianificazione urbanistica comunale (P.U.C.) nella Tavola n° 2b riporta la delimitazione delle aree dichiarate di notevole interesse artistico, storico e archeologico ai sensi della Legge n°1089 del 01.06.1939 . Successivamente all’adozione del P.U.C. la Soprintendenza ai Beni Archeologici ha trasmesso il seguente elenco, con relativa cartografia, che sostituiscono e integrano gli elaborati precedentemente forniti dalla stessa Soprintendenza all’A.C. già impiegati per la redazione dello strumento urbanistico: 1) M.te Coa Margine: insediamento preistorico (bronzo medio); 2) Sa Corona: orotonuraghe (calcolitico); 3) S. Maria: (pressi fontana): insediamento pluristratificato; 4) Genna Siutas: insediamento preistorico; 5) Genna Siutas: reperti fittili e numismatici; 6) Funtana Siutas: fontana monumentale; 7) Serra Cannigas: nuraghe; 8) Serra Cannigas: tombe storiche; 9) Serra Cannigas: tombe preistoriche (calcolitico); 10) M.te Matta Murroni: nuraghe; 11) M.te Matta Murroni: tombe storiche; 12) Mitza Su Grillu: insediamento storico; 13) Nuraxi: nuraghe complesso con villaggio e insediamento pluristratificato; 14) Sa Grutta: domus de janas e cave antiche; 15) Ruinalis de Segafenu: nuraghe complesso e insediamento pluristratificato; 16) Sibiriu: officina all’aperto; 17) Porcilis: tombe storiche; 18) Via San Sebastiano: insediamento/tombe; 19) Sa Crixixedda: insediamento pluristratificato; 20) Sa Scrocca: necropoli storica; 21) Su Pezzu Mannu: insediamento abitativo e artigianale tombe; 22) Cresia is Cuccurus: insediamento pluristratificato; 23) S.Martino: insediamento storico; 24) Cresieddas: nuraghe; 25) Costa Orri: insediamento pluristratificato; 26) Bruncu Orri: insediamento pluristratificato; 27) San Lussorio: insediamento storico; 28) Muracesus: insediamento pluristratificato; 29) Terra Sollai: insediamento storico; 30) Bingias Beccias: insediamento storico; 31) M.te Leonaxi: fortificazioni di età preistorica e storica; 22 32) M.te Leonaxi: insediamento pluristratificato; 33) San Costantino: insediamento pluristratificato e tombe di età storica; 34) San Costantino: tomba bizantina. In prossimità dei siti di interesse archeologico la fascia di rispetto si intende estesa fino ad un raggio di 150 m dagli stessi, cui va aggiunta un’ulteriore fascia di 50 m, in cui il vincolo non deve essere inteso rigidamente, ma per la quale, prima di iniziare o concedere nulla-osta per qualsiasi iniziativa, il Comune dovrà contattare la competente Soprintendenza ai Beni archeologici. Nelle aree individuate, ferme restando eventuali disposizioni più restrittive emanate dalle competenti Soprintendenze, qualunque opera di scavo, di edificazione di manufatti di qualsiasi genere, di movimentazione del terreno, nonché di aratura ad una profondità superiore a m. 0,5, deve essere autorizzata dalle Soprintendenze stesse. Su tutto il territorio del Comune di Nuraminis rimangono sempre e comunque in vigore le disposizioni statali circa l’obbligo di denuncia all’autorità competente da parte di chiunque compia scoperte fortuite di elementi di presumibile interesse paleontologico, archeologico o storico-artistico. I progettisti, i direttori dei lavori di tutte le opere edilizie e i responsabili dell’esecuzione di qualsivoglia intervento devono inoltre sospendere immediatamente i lavori per consentire accertamenti e prospezioni tempestive, e quindi - se del caso - adeguare le originarie previsioni dei progetti in esecuzione alle eventuali sopravvenute esigenze manifestate dalle Autorità preposte alla tutela dei beni archeologici. 4.3. San Sperate Tra gli abitati e i luoghi interni della Sardegna romana il geografo Tolomeo (III secolo d.C.) cita la "civitas Valeria" indicandone le coordinate della longitudine e della latitudine. La presenza di un insediamento romano sarebbe, peraltro, confermata dal ritrovamento, nel 1975, di un’antica necropoli romana. Potrebbe essere questa la più antica menzione relativa al sito di San Sperate qualora si dimostrasse l'identità tra Valeria e l'abitato romano individuato in questo centro. Le prime sicure informazioni sui popolamenti antropici dell’agro di San Sperate sono contenute in alcuni documenti del XIII e del XIV secolo pubblicate peraltro in tempi recenti. Ma è soprattutto dalla campagna di scavi archeologici promossa a partire dal 1950 che emergono date certe sulla collocazione storica di San Sperate. Appartengono a questo periodo, infatti, numerosi oggetti votivi, utilizzati per la celebrazione d’antichi culti religiosi. Si è pure a conoscenza dell’esistenza di un nuraghe che fungeva da vedetta e da rifugio fortificato, e della presenza di numerosi pozzi per l’approvvigionamento idrico. Nonostante il carattere contingente degli interventi la ricerca archeologica ha già rivelato quanto siano profonde e articolate le radici umane di San Sperate. Il primo nucleo antropico si stabilì intorno al 1600 a.C. nell’area di "Su Cuccuru 'e Santu Srebastianu “(Il Colle di San Sebastiano). Qualche secolo più tardi, quando le genti protosarde innalzarono migliaia di castelli a difesa dei loro territori, entro i confini dell’attuale centro urbano sansperatese dialogavano e si fronteggiavano due distinti agglomerati: il primo nella stessa zona di Cuccuru 'e Santu Srebastianu - Via Giardini; il secondo nell'area della Chiesa di San Giovanni e di Via Monastir. 23 Alla fine del VI secolo a.C., allorché l'impronta di Cartagine si impresse profondamente sulle coste e sulle pianure sarde, l'insediamento di S. Giovanni scomparve, mentre prese ulteriore vigore il nucleo di S. Sebastiano che persistette in età romana e oltre. Nel frattempo l'area di San Giovanni ebbe una destinazione esclusivamente sacro-funeraria. A partire dal Medioevo l'abitato che conosciamo col nome di San Sperate si estese in direzione della Chiesa di San Giovanni, perdurando sino ai nostri giorni. L’attuale strumento di pianificazione urbanistica comunale (P.U.C.) riporta la delimitazione delle aree dichiarate di notevole interesse artistico, storico e archeologico ai sensi della Legge n°1089 del 01.06.1939 . Successivamente all’adozione del P.U.C. la Soprintendenza ai Beni Archeologici ha trasmesso il seguente elenco, con relativa cartografia, che sostituiscono e integrano gli elaborati precedentemente forniti dalla stessa Soprintendenza all’A.C. già impiegati per la redazione dello strumento urbanistico: − Villino Tola: l’area di pertinenza del “Villino Tola” soggetto a Vincolo Ministeriale ai sensi della Legge n°1089 del 01.06.1939. E’ soggetta al vincolo di inedificabilità assoluta. La Villa con giardino ha interesse particolare ai sensi della citata legge perchè singolare esempio di villa rurale del campidano, raro tipo di residenza gentilizia Sarda, dalla caratteristica architettura locale, con copertura a tetto in coppi, i due corpi laterali aggettanti leggermente sul filo del prospetto anteriore, il porticato posto sul fronte ad interpretazione della classica lolla campidanese, il tutto in sintesi equilibrata con gli elementi formali di ispirazione culturale neoclassica, secondo il progetto del’architetto Gaetano Cima, con i motivi tipici dei suoi edifici quali la pianta emisimmetrica, il tiburio ottagonale e la scalinata centrale di accesso: interamente costruita intorno alla metà del XIX secolo, con mattoni di paglia e fango, tranne i piedritti del loggiato in conci di calcare, con interessanti cancelli e ringhiere in ferro battuto disegnate dallo stesso Cima, è inserita in un ampio e suggestivo Giardino, che ne sottolinea la vocazione rurale, mantenendo intatte le vecchie pertinenze agricole. L’area in oggetto dovrà essere rigorosamente mantenuta a verde e ogni modifica sarà soggetta al Nulla Osta della Competente Soprintendenza alle Antichità e ai Monumenti. 4.4. Sestu Sestu, centro urbano alle porte di Cagliari, risulta diviso in due parti, “Part’è Susu”e”Part’è Jossu”, dal rio Cannas, sulle cui sponde si è sviluppato inizialmente il paese. Esso si trova in una posizione invidiabile, su una pianura molto fertile e fortemente sfruttata in senso agricolo, frequenta dall’uomo sin dall’antichità. Tra i paesi della provincia di Cagliari, Sestu è uno di quelli che più hanno risentito della dominazione romana; ma sulla base dei reperti archeologici, la frequentazione dell’area risale fino al III millennio a.C., quando si costituì il villaggio di San Gemiliano, di cui sono state ritrovate cospicue tracce. Sestu fu soggetta alla dominazione cartaginese, testimoniata dalla presenza nel territorio di una necropoli che conteneva vasellame di uso domestico, rinvenuto nei pressi di Corso Italia, per essere successivamente conquistata dai Romani. Monete di Caligola e Domiziano; un cippo funerario romano rinvenuto in via Vittorio Veneto; una fibbia rinvenuta in località “Su Pardu”; la pietra miliare romana custodita nella chiesa di San Giorgio. 24 Numerose quindi risultano essere le testimonianze del passato, tra chiese antiche e siti archeologici. Rilevante la presenza, in pieno centro storico, della chiesa duecentesca di San Salvatore, attorno al quale sorse uno dei primi nuclei del paese e che oggi conserva dipinti e statue di notevole pregio; ancora nel centro cittadino si trova uno dei primi esempi di stile gotico-catalano del Campidano di Cagliari: la parrocchiale di San Giorgio, databile intorno al 1567; infine la chiesa seicentesca di Sant’Antonio, costruita ad opera dei francescani. Appena fuori il paese di notevole interesse storico-artistico è la località di San Gemiliano. La zona conserva ancora testimonianze archeologiche molto importanti, che dimostrano la frequentazione dell’area fin da epoche remote: qui in età neolitica sorse un villaggio con una sessantina di capanne, di cui è possibile vedere lo le basi in quanto forse realizzate in fieno e frasche e perciò molto fragili. Non lontano, in epoca nuragica sorse un secondo villaggio più piccolo di questo, di cui sono rimasti i resti di 14 capanne. La località ospita all'interno di un recinto verde la chiesa campestre del XIII secolo di San Gemiliano. Nel XVI secolo fu aggiunto un porticato a giorno e successivamente la sagrestia e la casa del guardiano. Le misure di tutela storico-artistica adottate nel P.U.C. riguardano in primo luogo le emergenze riscontrabili nell'abitato, ed in particolar modo nel tessuto residenziale interno di più antica edificazione. Per quanto concerne l'abitato si premette che non è attualmente riscontrabile a Sestu un “Centro Storico” che possa considerarsi di pregio sul piano architettonico. Le case campidanesi rappresentavano una forma di architettura povera, sia per materiali sia per tipologia. Per quanto concerne i materiali è noto che che le case campidanesi erano state realizzate principalmente con materiali deperibili come i mattoni di terra cruda (costituenti il cosiddetto "ladini"), gli incannucciati (usati per il tetto) etc. La tipologia della "casa a corte" addossata al confine posteriore, con vani areati esclusivamente da un portico anteriore aperto (la "lolla"), priva di servizi, risulta già da molto tempo non attuale. Di fatto, nelle attuali condizioni, le testimonianze del vecchio tessuto edificato sono ormai ridotte a rade emergenze, costituite principalmente da edifici in ladini e da elementi architettonici (archi e portali, architravi, facciate, stucchi etc.). 25 Fra le emergenze esterne all'abitato si segnalano: − sito di San Gemiliano: le tombe e siti conseguenti ad insediamenti prenuragici; − San Gemiliano: chiesa campestre; − Cabriolu Paderi: insediamento prenuragico 4.5. Ussana Sorta in una zona fertile, equamente ripartita tra pianura e collina, dovette essere abitata anche in tempi lontanissimi. Notevoli sono i ritrovamenti dei resti archeologici risalenti al neolitico antico, come dimostrato dal ritrovamento, presso il colle “Su Bruncu e Sa turri” che domina il centro di Ussana, di grossi massi squadrati, di armi, di stoviglie e vasi testimonianza dell’esistenza di un nuraghe. Fu un centro di notevole importanza in età romana per la sua posizione particolarmente felice in prossimità della strada militare che attraverso i territori di Suelli, Senorbì e Mandas portava alla Barbagia di Belvì e di Seulo. Ulteriori testimonianze di presenza umana si possono far risalire al periodo punico-romano, per il ritrovamento di alcune tombe aventi la struttura di quell’epoca, anche se non è stato possibile stabilire una datazione attendibile per la mancanza assoluta di suppellettili. La strada romana che nel percorso da Cagliari verso il nord ne attraversava il territorio; la chiesa di San Saturnino, poco distante dal “Su Bruncu e Sa Turri”, costruita con materiale romano e caratterizzata da due capitelli di ordine composito databili al I secolo d.C; un sarcofago romano; le tombe di epoca incerta ritrovate in località Bruncu de Sa Turri, oggi centro abitato; una necropoli romana rinvenuta in località Su Codinaxiu; l’edificio termale di epoca romana realizzato con la tecnica dell’opus lateritium in località S. Lorenzo, testimoniano che questo territorio è stato abitato in ogni epoca. I vincoli gravanti sul territorio del comune di Ussana sono riportate sulla tavola US1 allegata al PUC: − San Lorenzo: resti di edificio termale. 26