Verona - Federazione dei Verdi

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Verona - Federazione dei Verdi
S
PECIALE
Anno III - n.15 - venerdì 26 gennaio 2007
Organo ufficiale di informazione della Federazione dei Verdi
Verona
Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma • Direttore responsabile: Enrico Fontana • Comitato editoriale: Roberto Poletti, Giuseppe Trepiccione, Gianpaolo Silvestri (inserto Mappe) • Editore: undicidue srl, via R. Fiore, 8 - Roma
Stampa: Rotopress, via del Trullo, 560 - Roma • Reg. Trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005 • Redazione: via A. Salandra, 6 - 00187 Roma - tel. 0642030616 - fax 0642004600 - [email protected] • Stampato su carta ecologica • La testata fruisce dei contributi di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250
EDITORIALE
Acqua di
rubinetto?
Si, grazie!
Ogni giorno sulle autostrade
migliaia di Tir si muovono per
trasportare acque minerali di
svariate marche e provenienze e rifornire grossisti, ipermercati, rivenditori affinché i
consumatori possano riempire i
carrelli con mega confezioni.
Lo spreco energetico ed economico, oltre che l’inquinamento
prodotto dai mezzi di trasporto
pesante, è incalcolabile.
Sembra che tutti pensino che
l’acqua di rubinetto sia peggiore di quella in bottiglia. Ma è
proprio così?
A Verona la qualità dell’acqua è considerata comunemente buona. I controlli effettuati garantiscono la qualità
igienica e anche il sapore sembra escludere residui di cloro o
colori preoccupanti.
Sembra un enorme imbroglio,
fondato sull’allarmismo, che
un intervento promozionale
dell’azienda distributrice (ora
Agsm e fra poco la società Acque Veronesi…) potrebbe far
svanire. Se i cittadini potessero verificare in tempo reale, su
un sito internet costantemente
aggiornato, le caratteristiche
organolettiche delle acque distribuite, potrebbero verificare come l’acqua del rubinetto
non ha niente di meno, se non
il costo, di quella venduta nelle bottiglie di plastica. Meno
consumo di acqua in bottiglia
si tradurrebbe in immediato
risparmio per le famiglie, meno
inquinamento, meno problemi di smaltimento per Amia,
quindi vantaggi per tutti
(tranne che per gli imbottigliatori ed i trasportatori!).
Chiediamo ad AGSM di mettere in rete i dati in tempo reale, di pubblicare una etichetta
virtuale accessibile via web
per zona e di promuovere
l’utilizzo dell’acqua di rubinetto, non solo delle apparecchiature per la gasatura.
Acqua di rubinetto? Si, grazie! Ma sicurezza sulla qualità, monitoraggio costante e
trasparente comunicazione dei
dati per favorire salute e tasche
dei cittadini, diminuendo i rifiuti alla fonte!
Fabio Cortesi
Uscire dal tunnel
I Verdi sono contrari al
traforo delle Torricelle.
Le ingenti risorse
economiche dell’opera
vanno utilizzate per altre
infrastrutture viabilistiche
indispensabili: parcheggi
scambiatori, rotonde per
la sicurezza stradale e
per la fluidità, percorsi
pedonali “in sicurezza” e
soprattutto una vera rete
di percorsi ciclabili
N
on c’è galleria lunga o
corta: i Verdi sono contrari al
traforo delle Torricelle.
Ne parliamo con Claudio Magagna, presidente provinciale
della Federazione dei Verdi.
Perché la galleria delle Torricelle è inutile?
Per svariati motivi: non è la
soluzione del congestionamento
del traff ico a Verona, incentiva
l’impiego dell’auto, peggiora il
quadro ambientale, provocando
più inquinamento dell’aria e dei
rumori.
Inoltre va contro la tutela paesaggistica e ambientale delle
Torricelle, trascina con sé altre
deturpazioni, come gli svincoli stradali; verrebbe ad essere
un’autostrada in città.
Le ingenti risorse economiche
dell’opera vanno utilizzate per
altre infrastrutture viabilistiche
indispensabili: parcheggi scambiatori, rotonde per la sicurezza
stradale e per la fluidità, percorsi
pedonali “in sicurezza” e soprattutto una vera rete di percorsi
ciclabili.
Ma così non si condanna Veronetta alla invivibilità?
Al contrario! Proprio per garantire sostenibilità a questo quartiere vanno pensati altri interventi. Ad esempio riservando il
traff ico di auto ai soli residenti,
ridimensionando il traffico generato dalle scuole, con lo spostamento di alcuni istituti scolastici; va riqualificato il tracciato
esterno ai bastioni, la cosiddetta
“circonvallazione esterna”, che va
da Porta Vescono al Saval. Questo deve essere l’asse portante del
traff ico “interno” a Verona. Anche
il traffico pesante deve rimanere
sulla tangenziale.
Sulla situazione critica di Veronetta è utile rifarsi ad un recente
studio sulla viabilità del Comune
di Verona, che descrive i tracciati in questa area, come “scorciatoie apparenti”; gli automobili-
sti utilizzano queste strade per
bypassare altri itinerari, apparentemente più lunghi e quindi intasandole. Sempre la stessa
fonte asserisce che il traforo delle
Torricelle non incide sulla risoluzione dei problemi di traffico, in
particolare per questa porzione
della città.
Questa amministrazione ha
recentemente ribadito la decisa volontà di procedere nella realizzazione della tramvia.
Come giudica tale proposito?
Lo condivido pienamente! Qualsiasi intervento deve partire dalla
realizzazione della tramvia. Verona deve disporre di un sistema
per il trasporto di massa. Le altre
simil-alternative non rispondono ai requisiti di una capacità di
trasporto elevata e quindi non sono
integrabili nemmeno con le proposte
del piano provinciale dei trasporti. La tramvia resta quindi l’unica
risposta efficace al problema della
mobilità per la città di Verona.
Edizione a cura della Federazione provinciale dei Verdi di Verona
Sede: Via Oberdan, 14 - 37123 Verona
Redazione locale: Tarcisio Bonotto, Sara Corso, Roberto Facci,
Maria Grazia Melegari, Marco Montagnoli, Lino Pironato, Luca Reani.
Telefono e Fax: 045 592731 - e-mail: [email protected] - www.verdiverona.it
RICORDI
Massima
utilizzazione
Mio nonno non aveva
un’automobile, andava a
piedi o in autobus, a volte
in carrozzella con il cavallo. I muri delle case erano molto spessi, e questo
consentiva di non sentire
troppo freddo d’inverno o
troppo caldo d’estate
pagina 2
TUTELA VERDE
La situazione e
le prospettive
per il verde
pubblico di
Verona
pagina 4
NOGARA-MARE
No
all’autostrada!
Quell’autostrada non s’ha
da fare! Si è tenuta a Legnago il 18 novembre una
tavola rotonda sulla Nogara–mare
pagina 7
Verona
2
SPECIALE
L’INTERVISTA - Seconda parte
Anna Donati è senatrice per la
lista Insieme per l’Unione. Nei
Verdi fin dalla loro fondazione,
esperta di tutela del territorio e
mobilità sostenibile, è Presidente
della Commissione Lavori Pubblici
e Comunicazioni
Il problema energetico in Italia sconta decenni di ritardi ed
una dipendenza cronica dal petrolio. Cosa bolle nella pentola
del governo?
Il Ministro per l’Ambiente Alfonso Pecoraio Scanio ha ottenuto una
cabina di regia del Governo Prodi per coordinare le politiche energetiche, si occuperà di centrali, di rigassificatori, di energie alternative
e di risparmio energetico e dell’attuazione del protocollo di Kyoto.
Passo importante perché in questo modo sarà possibile incidere concretamente sulle scelte future verso la sostenibilità.
L’elezione di un ambientalista alla presidenza della Commissione Lavori Pubblici può essere interpretata come volontà
di recuperare un rapporto più rispettoso con il territorio?
Come sono i rapporti coi ministri Bianchi e Di Pietro?
Più che inversione di rotta direi che è stato il riconoscimento del lungo
e sistematico lavoro che ambientalisti e verdi hanno svolto ad ogni
livello sul tema dei trasporti e delle infrastrutture. Dentro la coalizione il confronto sulle grandi opere è appena cominciato. Come
Verdi dovremo discutere a fondo e fare battaglie importanti per ottenere l’abbandono di devastanti progetti e far diventare invece le
città, i pendolari, il trasporto locale, l’autentica priorità del Governo.
I rapporti con i Ministri Bianchi e Di Pietro sono positivi: con quello
dei Trasporti c’è molta sintonia sulle politiche e l’esigenza di cambiare
strada, con il Ministro delle infrastrutture c’è molta intesa sul piano
delle regole, del rispetto della trasparenza e concorrenza negli appalti
pubblici e sulla necessità di rivedere e regolare l’intero sistema delle
concessioni autostradali.
L’impatto del traffico su ampie aree di territorio sia urbano
che extraurbano ha ormai raggiunto livelli di assoluta insostenibilità, con costi economici difficilmente calcolabili. È
possibile invertire questa tendenza?
Certo, è possibile intervenire concretamente, come ci dimostrano altre
esperienze europee. Dobbiamo però agire almeno su quattro fronti:
- favorire i sistemi a basso impatto ambientale come ferrovie, trasporto collettivo e cabotaggio evitando di sostenere il trasporto su
strada;
- non dobbiamo più costruire nuove grandi autostrade che aumentano complessivamente il traffico motorizzato;
- i veicoli devono diventare più puliti e sicuri, con carburanti alternativi e mezzi più leggeri ed a basso impatto ambientale;
- dobbiamo intervenire per frenare la crescita del traffico che cresce
ogni anno il doppio del Pil ogni anno. I cittadini sono condannati
alla mobilità continua, per ogni cosa, sempre più snervante. Dopo il
risparmio di energia, risorse e rifiuti adesso dobbiamo anche risparmiare traffico.
Lo sviluppo inteso solo come ricchezza economica sta distruggendo l’ecosistema planetario. Alcuni pensatori, Serge Latouche e Maurizio Pallante, affermano che è possibile
uscire da questo meccanismo assurdo con un processo di “decrescita felice”. Essi affermano anche che parlare di “sviluppo
sostenibile” sia un ossimoro. Che ne pensa? E’ possibile uscire dal mito della crescita infinita?
Penso che sempre di più i prossimi anni ci imporranno cambiamenti e ci verrà chiesto il conto di un modello di sviluppo che è basato
sull’ingiustizia e sullo squilibrio delle risorse del pianeta, come dice
in modo così efficace l’economista J. Stiglitz. Anche perché questo
modello non è esportabile a scala planetaria e quindi promette un
benessere diffuso che non è in grado di mantenere. La speranza è
che questa consapevolezza cresca ed arrivi a soluzioni globali efficaci
e condivise di riequilibrio, risparmio e rallentamento della crescita,
sostenendo democrazia, equità, giustizia e diritti in ogni parte del
mondo. Anche perché se non arriveremo in tempo comunque saranno
le devastazioni, la fine delle risorse, come il petrolio, e le guerre per
l’accaparramento delle risorse scarse che spazzeranno via tutto e tutti. Anche il nostro piccolo e puntuale lavoro come Verdi ed ambientalisti in Italia, aggiunto al lavoro di tante altre persone nel mondo,
può servire per allontanare questa prospettiva devastante.
A cura di Lino Pironato
Massima utilizzazione
Q
uando ero piccolo, negli
anni sessanta, passavo
gran parte delle giornate d’estate a casa dei
miei nonni. Le giornate erano
scandite da appuntamenti regolari: la mattina verso le otto passava l’uomo delle granite. Secondo
l’uso siciliano, una bella granita
di mandorle e una brioche è quel
che ci vuole, per iniziare una calda giornata estiva. L’uomo gridava, con il suo megafono attaccato
sopra il triciclo a motore e le persone, adulti e bambini, uscivano
con il loro bicchiere o la tazza,
a comprare la loro porzione di
mandorlata ghiacciata, preparata
dal gelataio con mandorle, zucchero e acqua. Un po’ di tempo
dopo passava il panettiere con
un triciclo furgonato. Chiedeva
a mia nonna quanto pane avesse
bisogno e di che tipo, poi lo consegnava e bussava alla prossima
porta. Prima o dopo il panettiere,
passava il lattaio. Consegnava il
latte della centrale in una bottiglia di vetro con un coperchietto
di stagnola e, senza aspettare mia
nonna, suonava il campanello e
andava via. Passavano anche il
fruttivendolo, l’unico ad avere un
carro trainato da un cavallo, con
frutta e verdura di stagione e infine il pescivendolo, che vendeva
il pesce da lui pescato durante la
mattina.
Mio nonno non aveva un’automobile, andava a piedi o in autobus, a
volte in carrozzella con il cavallo,
che non era ancora un servizio per
turisti, ma solo il taxi dei poveri,
costava un po’ più di un biglietto
d’autobus, ma meno di un taxi ed
era più lento di entrambi. I muri
delle case erano molto spessi, e
questo consentiva di non sentire
troppo freddo d’inverno o troppo
caldo d’estate.
Anche le aspettative nel mondo
del lavoro erano diverse: chi aveva
potuto studiare, poteva aspettarsi
di avere un posto adeguato alle
sue conoscenze. Era solo questione di tempo, ognuno poteva
aspettarsi, dopo un breve periodo
di apprendistato, di poter usare
le proprie conoscenze scolastiche per avere un posto di lavoro
onorevole, forse non quello che si
era immaginato, ma qualcosa per
sentirsi sicuro economicamente.
Che cosa è cambiato da allora ad
ora? Molto, qualcosa in meglio e
qualcosa in peggio. È cambiato
l’utilizzo delle risorse e delle capacità delle persone, ad una economia povera e disorganizzata
si è sostituita un’economia altamente specializzata, con valori e
obbiettivi diversi.
Ma quale criterio possiamo usare
per valutare i vantaggi e gli svantaggi? Lo strumento che vi propongo
si chiama Massima Utilizzazione
Mio nonno non aveva un’automobile,
andava a piedi o in autobus, a volte in
carrozzella con il cavallo. I muri delle
case erano molto spessi, e questo
consentiva di non sentire troppo freddo
d’inverno o troppo caldo d’estate
ed è stato proposto del filosofo indiano Prabhat Ranjan Sarkar.
In sostanza si tratta di:
- dare una priorità di utilizzo
delle risorse e delle potenzialità,
in base alla loro rarità e utilità
sociale;
- valutare se tutte le potenzialità
delle risorse impiegate sono state
utilizzate;
- incrementare l’utilizzo completo
delle risorse, diminuendo gli sprechi, con l’ausilio delle conoscenze
scientifiche e tecnologiche;
- valutare il costo totale di un
bene o di un servizio inclusi i costi sociali e ambientali;
Da questo punto di vista, contrariamente a quanto si può immaginare, non c’è stato un aumento
dell’utilizzo delle risorse, piuttosto un aumento dello spreco.
Gli effetti collaterali del finto
progresso che abbiamo subito ci
costano molto più di quanto costassero una volta.
Il gelataio che non passa più ci
fa prendere la macchina per rag-
giungere la gelateria, dove ci viene consegnata la granita in un
bicchiere di plastica, con il cucchiaino di plastica. Quanto ci costa la granita? Ci costa il prezzo
della granita più il carburante e
la manutenzione della macchina
più il costo dell’inquinamento
ambientale prodotto dalla macchina e dai bicchieri di plastica,
più il costo di eventuali incidenti
che statisticamente avvengono a
chi usa l’automobile.
Anche per il pane, la frutta e il
pesce è la stessa cosa: ci sono costi per raggiungere i supermercati, per smaltire i contenitori di
plastica nei quali sono contenuti
e non ultima, la spersonalizzazione dei rapporti umani, che
devono essere valutati più delle
risorse fisiche sprecate inutilmente nel processo.
L’articolo completo si trova all’indirizzo:
http://www.unmondopossibile.net/rubrica/rubr0070.htm
Albino Bordieri
Verona
3
SPECIALE
Marezzane non si tocca
IL GRAFFIO
Afganistan:
missione di
pace o “etica”
della guerra?
Afghanistan, 60 civili uccisi nell’attacco Nato nel distretto di
Panjwayi nel sud dell’Afghanistan. Lo riferiscono due funzionari afgani. (Corriere della sera 27/10/06)
Settanta le vittime con numero imprecisato di civili. È il bilancio del raid aereo della Nato del 24 ottobre. Intanto in Germania si allarga lo scandalo delle foto shock dopo che ieri
il quotidiano Bild ha diffuso altre immagini che ritraggono
soldati tedeschi che giocano con teschi e ossa umane. (Il Verona 29/10/06)
Che aspettiamo ad andarcene e a mettere in campo dei reali
corpi di pace? (La redazione)
U
na delle zone più pregevoli del veronese sia per
le valenze naturalistiche
che per le specificità storiche che
le sono proprie rischia di sparire
travolta dall’attività di estrazione
della marna e del calcare che incombe sulla valle da ormai mezzo secolo. Stiamo parlando della
collina di Marezzane, ubicata nel
cuore della Valle dei Progni tra i
comuni di Marano e di Fumane, all’interno del Parco Naturale Regionale della Lessinia e
nell’ambito del Sito di Interesse
Comunitario di Molina.
Si tratta di una delle zone più
belle e anche più conosciute della
nostra provincia, ricca di acqua,
biodiversità, fenomeni carsici di
rara bellezza che ne fanno una
delle mete più ambite dai turisti
domenicali, oltre che dai naturalisti e dagli archeologici. Proprio
in virtù di questa ricchezza, la
valle è stata abitata fin dalle epoche più remote, come testimonia
il rinomato sito archeologico della grotta Solinas, situata ai piedi
di Marezzane, dove sono stati
rinvenuti preziosi reperti storici
risalenti al Paleolitico. La corte
settecentesca di Marezzane, i caratteristici fabbricati di Mazzarino di sopra e di sotto, l’antica
giassara con la relativa sorgente,
i casolari in pietra affrescati sono
altri pregevoli manufatti che rendono unica e preziosa tale area.
Chi rischia di compromettere
definitivamente Marezzane è la
Cementirossi, azienda situata nel
comune di Fumane che da decenni sfrutta le cave di marna e
calcare destinati alla produzione
del cemento, incurante dei problemi d’inquinamento e del degrado ambientale arrecato dalle
escavazioni.
Volendo ripercorrere brevemente
le tappe di questa vicenda, si consideri che la prima concessione
venne accordata alla Società Cementi Verona Spa con Decreto
Distretto Minerario di Padova
del 29 aprile 1975 con durata di
25 anni; in seguito, e precisamente nel 1994, la concessione venne
trasferita all’Industria Cementi
Giovanni Rossi Spa per essere poi
rinnovata nel 2000. Ciò significa
che la Cementirossi ha una concessione di scavo fino al 2025.
La cava di marna e calcare che
minaccia la collina di Marezzane
si trova interamente nel comune
di Marano di Valpolicella, e nella
parte nord occupa una porzione
del Parco Regionale della Lessinia. L’estensione dell’intera zona
mineraria, al cui interno vengono aperte le cave, è di 590 ettari,
circa un sesto del territorio di
Marano di Valpolicella. Attualmente sono aperti tre lotti; un
quarto lotto, quello appunto di
Marezzane, sarà aperto fra qualche anno, se verranno rilasciate
dagli enti pubblici le ulteriori necessarie autorizzazioni e se verrà
superata l’opposizione degli ambientalisti.
Proprio per esprimere il proprio
dissenso a questo scempio, alcune associazioni ambientaliste
(WWF, Legambiente, Valpolicella 2000) nel corso degli ultimi anni hanno presentato ricorsi
contro la Cementirossi e si sono
fatte promotrici di una marcia
pacifica e attenta che lo scorso
8 ottobre ha saputo coinvolgere
circa 700 persone cui stanno a
cuore le sorti della Valle. Il percorso, che si è snodato nel bosco
e sui prati limitrofi alla zona a rischio, ha una volta di più messo
in luce la bellezza e la precarietà
dell’ambiente già profondamente
segnato da pesanti escavazioni.
A ben vedere, la problematica
che affligge la Valle dei Progni
si inserisce nell’annosa e irrisolta
questione della cave che da anni
vede contrapposti il fronte degli
escavatori e quello degli ambientalisti. In tale diatriba un ruolo
alquanto ambiguo è assunto dagli
amministratori e dai politici cui è
demandata la regolamentazione
del settore cave. Prova ne sia la
mancata approvazione di un Piano Cave provinciale e regionale
che fissi delle regole in materia,
ed in particolare le aree destinate
all’escavazione, le altezze massime ammissibili delle pareti di
scavo, le zone di protezione, le
modalità e i tempi del ripristino.
Stando al parere di alcuni, la mancata approvazione del piano cave
non sarebbe casuale, in quanto la
perdurante assenza di regole e la
persistente precarietà sono funzionali a chi di regole proprio non
ne vuole sapere. Per tale ragione,
c’è chi tra gli ambientalisti chiede
che nessuna nuova autorizzazione
venga rilasciata fino al momento
dell’approvazione dei Piani Cave
da parte di Provincia e Regione.
Intanto, nell’inconcludenza della classe dirigente, il degrado
ambientale della Lessinia procede inesorabilmente con nuovi
squarci aperti ovunque, nessun
controllo e la prospettiva che,
grazie ad una delibera recentemente approvata dalla regione
Veneto, le cave non ripristinate
diventino comode discariche di
fanghi e rifiuti di segagione.
Sara Corso
Chi rischia di compromettere
definitivamente Marezzane
è la Cementirossi che da
decenni sfrutta le cave di
marna e calcare destinati alla
produzione del cemento
PILLOLE D’ENERGIA
L’ascensore, che invenzione! E quale
uso insensato spesso se ne fa.
Innanzi tutto si chiama ascensore e
quindi non si usa in discesa altrimenti lo avrebbero chiamato “discensore”.
Occorre ricordare poi che consuma
un sacco di energia e per rendersene
conto basta guardare una bolletta condominiale.
E allora? Usiamolo solo in casi particolari e lasciamolo libero per chi ne ha
assoluto bisogno.
E chi non riesce ad affrontare l’idea della scala? Elimini un
piano alla volta e dopo poco tempo sarà in forma smagliante!
Buon risparmio a tutti
Luky
LA RICETTA
Seitan
impanato
alla salvia
alla Ppk
Post Punk Kitchen è il
sito web di cultura Vegan
a cui ci siamo inspirati
per la seguente ricetta.
Ingredienti:
Una o due fette di seitan alla piastra (viene già venduto in confezioni di 4-5 fette) per persona, salvia, pangrattato (oppure
farina di grano tenero integrale), latte d’avena (o di soia, o di
riso), olio d’oliva.
Preparazione:
Mettere un pò di olio d’oliva in una padella antiaderente.
Passare le fette di seitan nel latte, e poi nel pangrattato (o nella
farina), quindi farle dorare in padella da entrambi i lati per
qualche minuto.
Assieme al seitan mettere in padella anche una manciata di
foglie di salvia (che diventeranno croccanti), le quali daranno
il proprio aroma al seitan impanato.
Servire con un’insalata di rucola (o altra insalata verde) e pomodori ben maturi.
The Post Punk Kitchen si trova all-indirizzo http://www.
theppk.com/ la ricetta tradotta si trova : http://www.armoniaservice.coop/articolo/art0285.htm
Verona
SPECIALE
La situazione e le prospettive p
I
Parchi e la rete ecologica a
Verona
Con il Piano Strategico “Verona
2020”, approvato dal Consiglio
Comunale il 16 maggio 2006,
il Comune di Verona ha inteso
dotarsi di uno strumento in grado di rendere più rispondente
l’azione amministrativa rispetto alle esigenze e alle necessità
delle forze sociali, al fine di individuare linee di programmazione di medio-lungo termine
in grado di dare maggiori opportunità di sviluppo e crescita
di competitività per il territorio
veronese: il Piano è un catalizzatore di energie e risorse per produrre “beni pubblici” e arrivare,
un passo dopo l’altro, alla Verona
del 2020.
Come prima concretizzazione
dell’attività di pianificazione strategica, sono stati avviati nel 2004
i cosiddetti “Progetti Bandiera”,
ovvero progetti il cui contenuto
è frutto delle indicazioni emerse
dalla condivisione e dalla collaborazione con tutti i portatori di
interesse (istituzioni, associazioni,
privati), confluite nel documento
programmatico “Verona 2020”:
tali progetti costituiscono la prima
fase operativa del Piano Strategi-
co.
Fra i primi Progetti Bandiera
avviati, alcuni stanno già profondamente incidendo sul futuro aspetto della città, come il
“verde metropolitano”.
Il sistema verde e la rete ecologica
Essenziale per “Verona città sostenibile” è la realizzazione di
una rete di parchi urbani gestiti e valorizzati che configuri un
“sistema verde” intorno alla città,
connesso - attraverso corridoi
ecologici - alla cintura agricola
e alla collina, in una rete diffusa
nell’area metropolitana e proiettata anche verso il territorio provinciale.
Integrata nel “sistema verde” anche la “città della cultura”, intesa
come rete organizzata di spazi
culturali, valorizzata nelle sue
valenze turistiche e del tempo
libero, nella prospettiva di un turismo di qualità, prefigurando un
futuro “Distretto Veronese dei
Beni Ambientali e Culturali”.
Si prospetta insomma un sistema in grado di ricucire l’intero
patrimonio dell’area metropolitana, i parchi urbani e periurbani,
la collina, le aree a nord (Monti
Lessini) e a ovest (colline mo-
NOTA STORICA
La struttura e l’architettura
urbana fanno di Verona uno
splendido esempio di città
sviluppata progressivamente
e ininterrottamente durante
duemila anni, integrando elementi artistici e monumentali
appartenenti ai diversi periodi storici, ancora presenti nel
territorio urbano. Per queste
sue caratteristiche la Città di
Verona, col suo nucleo storico
esteso per quasi 800 ettari all’interno delle mura magistrali,
nell’anno 2000 è stata riconosciuta “Patrimonio dell’umanità” dall’UNESCO.
La storia di Verona è legata indissolubilmente al territorio
che la circonda (collina, montagna, lago, fertile pianura) ma
soprattutto al fiume Adige che la attraversa e ne fa parte integrante, sia dal punto di vista ambientale che storico.
A partire dai primi insediamenti umani, il fiume e la morfologia del territorio hanno profondamente condizionato vita e
attività degli abitanti per gli aspetti militari, commerciali, economici, ma anche culturali, naturali e ambientali.
Lo sviluppo economico dell’ultimo secolo ha però purtroppo
contribuito, assieme alla costruzione dei muraglioni spondali,
a creare un marcato allontanamento tra Verona e il suo fiume,
indebolendo la consapevolezza del grande patrimonio che la
città possiede.
Per tutelare e valorizzare questi elementi, recentemente il Comune di Verona ha pianificato modalità e procedure di intervento efficienti e partecipate, (Piano Strategico, Agenda 21,
PAT, Parco dell’Adige), nella convinzione che l’obiettivoa sostenibilità va perseguito operando con l’indispensabile apporto dei
cittadini e delle forze economiche, culturali e sociali della città.
reniche, Lago di Garda, Monte
Baldo), nonché di conservare i
valori paesaggistici e costituire
una serie di nodi (i parchi) in
una rete ecologica proiettata oltre l’area metropolitana.
Nell’ottica della pianificazione e
della gestione delle aree urbane,
il verde diviene così punto focale
per valutare il grado di sostenibilità della città: con l’istituzione
e la fruibilità dei parchi urbani
previsti nel PAT (Parco dell’Adige, Parco delle Mura, Parco della Spianà, Parco della Collina)
aumenterà sensibilmente la disponibilità di verde pubblico per
ogni cittadino, e già questo – per
una città storica come Verona,
considerando anche l’espansione
delle attività commerciali e produttive – sarebbe un rilevante
dato positivo.
Il sistema dei parchi
La realizzazione del sistema dei
parchi ha i seguenti obiettivi:
• recupero di stili e ritmi di vita
più sostenibili, con possibili ricadute anche per quanto riguarda la
mobilità e quindi lo stato dell’aria,
con la diffusione della rete ciclabile e dei percorsi ciclopedonali;
• recupero di valori di socializzazione spesso perduti o di difficile
mantenimento in centro città e
nei quartieri;
• recupero e tutela di attività
artigianali tradizionali e promozione dell’agricoltura biologica
con vendita diretta dei prodotti;
• nuovi spazi per i bambini, gli
anziani e le famiglie, lo sport e
la salute (aree gioco dedicate,
percorsi salute, aree sportive,
aree ristoro, trekking nei parchi
e percorsi di collegamento);
• nuove opportunità per un turismo sostenibile e rispettoso,
alternativo e benefico rispetto al
carico già eccessivo per il centro
città e per i suoi monumenti più
noti (il Parco delle Mura e dei
Forti rappresenta una risorsa
unica al mondo e assolutamente
distintiva per la nostra città);
• nuove attività di ospitalità rurale connessa con le attività e i
servizi dei Parchi;
• possibilità di nuove integrazioni e interazioni tra percorsi
storici, monumentali e naturalistici;
• più spazio con Agenda 21 per
l’educazione alla città sostenibile, rivolta a tutti, dalle scuole alle
associazioni, con la possibilità
– come risultato più alto – di divenire un vero e proprio museo a
cielo aperto delle buone pratiche
e della città sostenibile.
Particolare attenzione nell’ambito del verde metropolitano
meritano le aree SIC (Siti di
Importanza Comunitaria) e il
Parco dell’Adige.
Dopo l’istituzione del SIC Vajo
Galina e Val Borago (1997), recentemente la Regione Veneto
– secondo la Direttiva Habitat
della Comunità Europea (92/43/
CEE del 21 maggio 1992) – ha
riconosciuto come SIC anche le
zone “Fiume Adige tra Verona
Est e Legnago” e “Fiume Adige
tra Belluno Veronese e Verona
Ovest” (DPGR n. 241 del 18
maggio 2005), all’interno della
Rete ecologica europea “Natura
2000”, creata per la salvaguardia
della biodiversità.
...e il Parco dell’Adige
Già nel 1992, nell’ottica di un
riavvicinamento dei cittadini di
Verona a questo straordinario
patrimonio, l’Amministrazione Comunale aveva intrapreso
un’opera di valorizzazione del
territorio fluviale con la redazione del Piano Ambientale del
Parco dell’Adige, una delle prime esperienze di pianificazione
ambientale a livello nazionale.
Nel 2005 il Consiglio Comunale di Verona, recependo l’art. 27
della Legge Regionale 40/1984,
con deliberazione n. 5 del 28
febbraio ha istituito il Parco
dell’Adige, come “area naturale
protetta di interesse locale”, un
primo importante passo che delimita un’area di circa 2 milioni
di mq a nord e a sud della città,
che comprende i principali habitat naturali legati al fiume che
rientrano nelle aree SIC.
Gli scopi principali dell’istitu-
Luciano Guerrini, Ass
Ambientali e Agenda 2
del verde pubblico a V
progetturali del Piano d
zione del Parco dell’Adige sono:
• conservazione dell’ambiente
naturale e del paesaggio;
• miglioramento della qualità
delle rive e delle acque;
• sviluppo del benessere della
popolazione e miglioramento
della vivibilità urbana: cittadini
e turisti potranno usufruire di
un grande spazio verde vicino
alla città;
• sviluppo socioeconomico per le
comunità locali, valorizzazione
del settore agricolo, turistico e
artigianale;
• sviluppo di iniziative di educazione ambientale per comunicare il valore del sistema ecologico
fiume-pianura a tutte le fasce
d’età, dai bambini agli adulti.
Negli ultimi anni alcuni progetti
e iniziative sono già stati realizzati con interventi di forestazione urbana nella zona del Giarol
(Parco Adige Sud), spazi gioco
e tempo libero a Corte Molon
e pista ciclabile tra la diga del
Chievo, il quartiere Navigatori (Parco Adige Nord) e Borgo
Milano.
Nel novembre 2006 è stato approvato il 1° stralcio del progetto
esecutivo del Parco urbano dell’Adige nell’ansa del Saval che
prevede un primo intervento di
valorizzazione delle aree comunali a fini ludico ricreativi, con la
realizzazione della pista ciclabile
di collegamento tra la frazione
di Parona, Chievo e Ponte Catena.
Il “Verde Metropolitano”
Questi interventi sono stati realizzati nella convinzione che la
sostenibilità ambientale della
città si può fortemente incrementare con la creazione del
“sistema verde” esteso all’area
metropolitana, comprendente i
per il verde pubblico di Verona
sessore alle Politiche
21, illutra la situazione
Verona e le prospettive
di Assetto del Territorio
parchi urbani e le aree tutelate
individuate nel Piano di Assetto
del Territorio; in questo modo
si intende ripristinare anche la
stretta connessione tra la città e
il fiume, che è parte integrante,
non solo delle zone naturalistiche a nord e a sud della città, ma
anche del Parco delle Mura e dei
Forti.
Tra gli interventi già in corso si
devono ricordare il bosco periurbano del Giarol Grande e Bosco
Buri nel Parco Sud, con la messa
a dimora di quasi 20.000 piante,
e gli altri progetti di forestazione
urbana già approvati e finanziati
al Parco Maggiolino a S. Massimo, al Parco Nord e a Forte Azzano. Complessivamente saranno messe a dimora quasi 40.000
piante, con l’obiettivo di mettere
a dimora 250.000 piante in 10
anni (un albero per ogni cittadino di Verona)!
Il processo di sostenibilità per la
città di Verona ci porta dunque
verso la realizzazione di un sistema di parchi urbani che configura un sistema integrato delle
aree verdi intorno alla città, in
stretta connessione con la cintura agricola e con la collina.
La creazione di questo sistema
favorisce le attività previste dalle
normative europee e nazionali
sui temi della tutela ambientale, della salvaguardia della biodiversità e del paesaggio, con la
possibilità di un costante monitoraggio degli habitat protetti,
della flora e della fauna, e più in
generale degli ecosistemi presenti nel territorio comunale.
E’ così possibile anche una più
completa valorizzazione degli
aspetti culturali e turistici della
città, con la prospettiva che il
sistema del verde urbano possa
diventare il tessuto connettivo
tra il patrimonio architettonico
e culturale dell’area metropolitana, i parchi urbani e periurbani,
la collina, le aree montane a nord
e il Lago di Garda e le colline
moreniche a ovest. Questo permetterà anche la conservazione
dei valori paesaggistici costituendo una serie di nodi in una
rete ecologica proiettata oltre
l’area metropolitana della città.
La creazione di un “sistema dei
parchi” interessa quindi un altro
imponente sistema che rappresenta un inestimabile patrimonio
per la nostra città: il complesso
dei manufatti militari dismessi
(il Parco delle Mura e dei Forti)
che fanno di Verona la città europea fortificata per eccellenza.
emergono grandi aree di intervento:
• il “Parco dell’Adige” (8,50
km2), considerando inizialmente tutta l’area che va da Pescantina fino a S. Giovanni Lupatoto;
• il “Parco delle Mura e dei Forti”
(1,15 km2), che a sua volta è in
stretta relazione non solo con il
fiume, ma anche con la cintura
dei forti esterni, sia di pianura (a
ovest e a sud della città) che di
collina (a nord e a est della città);
• il “Parco della Collina” (64,70
km2), vasto comprensorio comprendente le Torricelle, in stretta
relazione sia con il Parco delle
Mura, per la presenza di numerosi manufatti difensivi (forti)
dismessi, che con il confinante
Parco Regionale della Lessinia;
• il “Parco della Spiana’” (1,15
km2), che seppure modificato a
seguito di recenti edificazioni,
potrebbe essere riconsiderato
soprattutto in un’ottica di connessione tra la città consolidata e
i quartieri a sud ovest della Fiera,
con possibilità di collegamento
diretto con il parco urbano da
realizzare nella vicina area dello
scalo ferroviario di Porta Nuova
in fase di dismissione;
• la spina verde da Verona Sud
a Basso Acquar nel Parco dell’Adige, con i futuri Parchi di
Borgo Roma, del Polo Finanziario e dell’ex Scalo Merci di Porta
Nuova;
• il sistema delle acque composto dal fiume Adige, dai corsi
d’acqua minori e dai canali per
l’irrigazione, con l’importante
connessione rappresentata dalle
piste ciclabili, pedonali e dalle
aree verdi connesse, molte delle
quali già ultimate;
• le aree agricole della zona suburbana (76 km2), particolarmente tutelate dal nuovo strumento urbanistico, che fanno da
tessuto connettivo per la corona
verde intorno alla città.
Complessivamente nel nuovo
Piano di Assetto del Territorio
vengono sottoposte a tutela aree
per circa 150 km2 su una superficie complessiva dell’intero territorio comunale di quasi 200 km2.
Le aree tutelate nel Piano
di Assetto del Territorio
del Comune
di Verona
Il Piano di Assetto del Territorio
Il Piano di Assetto del Territorio (PAT), adottato dal Consiglio Comunale il 24 marzo
2006, delinea la realizzazione di
una città compatta che recuperi
e razionalizzi l’utilizzo del suolo
già edificato, ponendo tra i suoi
obiettivi primari la conservazione e la tutela delle aree naturali
e del paesaggio, confermando ed
estendendo le aree già comprese
nel Parco dell’Adige e individuando nuovi parchi come quello della Collina e delle Mura.
Le aree verdi, in particolare, diventano così una sorta di cintura
naturale che crea una relazione
“verde” tra il nucleo cittadino e
l’area metropolitana.
Il collegamento tra Parco dell’Adige, Parco delle Mura e
Parco collinare delle Torricelle
(64,70 km2), come prefigurato nel PAT, risulta così la soluzione migliore per “portare
la natura in città” e favorire la
biodiversità, tutelando non solo
il patrimonio architettonico ma
anche quello ambientale, oltretutto facilitandone la fruizione
come luogo d’incontro ideale per le iniziative dei diversi
portatori di interesse (singoli e
gruppi organizzati).
La rete del verde metropolitano
può diventare quindi un sistema unitario, ricco di un’articolata varietà paesaggistica in cui
Estensione delle aree verdi tutelate
Parco dell’Adige Nord
Parco dell’Adige Sud
Parco della Collina
Parco delle Mura
Parco della Spiana’
3,15 km2
5,35 km2
64,70 km2
1,15 km2
1,15 km2
Parco Equestre
0,61 km2
Zone agricole
76,00 km2
Aree ammortizzazione/transizione 10,3 km2
Territorio comunale
199,5 km2
Verona
6
SPECIALE
A
lla crescita economica
sfrenata, all’iperbolico aumento delle produzioni, al
rapido consumo delle risorse del
pianeta e alle relative distorsioni
del mercato, fa eco una nuova
risposta, una nuova tendenza: la
‘decrescita economica’.
Qualcuno la chiama ‘decrescita
felice’, altri ‘decrescita sostenibile’, in sostanza questa proposta
vuole che si consumi di meno,
che si producano meno beni industriali, si aumenti il fai da te, si
aumentino i risparmi energetici.
In poche parole occorre frenare
lo spreco di risorse, il loro cattivo e squilibrato utilizzo e pensare
una loro migliore distribuzione
sul pianeta.
Sono i sostenitori di una nuova ondata di contrapposizione
all’andamento contraddittorio
del mondo capitalistico, che si è
acuito a causa delle recenti politiche di globalizzazione.
Già nel 1971 Aurelio Peccei e
Jay W. Forrester ci mettevano in
guardia sulla crescita esponenziale dell’uso delle risorse nel
rapporto “I limiti dello sviluppo”.
Ebbene dopo i consigli del ‘consumo critico’, dopo che il metodo
e il concetto della ‘sostenibilità’ è
entrato a far parte del gergo economico comune ed è divenuto la
premessa di ogni pianificazione
economica, ecco ora la ricetta
della ‘decrescita’.
Maurizio Pallante è un esponente italiano della ‘decrescita felice’
che ama provocare la riflessione
su aspetti desueti: sarebbe utile
aumentare il baratto fra le per-
Crescita o decrescita?
Questo è il problema!
Nell’Europa patria del capitalismo, comunismo,
socialismo, economia mista, si fanno strada prospettive
economiche nuove, con un occhio rivolto al sociale
sone, anche se questo potrebbe far
diminuire il PIL, la produzione e
i consumi per riportarli alle reali
esigenze della popolazione.
Serge Latouche sostiene: “la decrescita è uno slogan provocatorio
necessario, anche se non si tratta di
far decrescere tutto”... “Qui non si
tratta soltanto di decelerare come
molti sostengono, ma di cambiare
decisamente strada, di prendere un
altro treno, di inventarsi davvero
una società di decrescita sostenibile,
equa, giusta. …viviamo nella logica diabolica del sistema capitalista,
nel quale il denaro serve essenzialmente per fare altro denaro”.
Scrive De Marinis: “Il punto di
partenza è che non può esserci crescita infinita su un pianeta finito”.
Un’economia sana - sostengono
Bruno Clémentin e Vincent
Cheynet, autori di “La décroissance soutenable” (La decrescita
sostenibile) - come minimo non
deve intaccare il capitale naturale,
che oggi non può più essere considerato inesauribile come nei modelli
teorici ottocenteschi. Il nostro patrimonio globale è fatto, ad esempio,
AREA DELLA PROVINCIA DI SAN GIACOMO
Un successo di tutti i cittadini
Vi ricordate cosa avevamo detto nel numero precedente? Gli abitanti erano sempre stati tiepidi
nell’aderire alle iniziative in difesa dell’area.
Il 12 novembre i Verdi insieme a DS e Margherita hanno organizzato la festa dell’albero invitando
a portare piante per far nascere il parco.
Ebbene questa volta la partecipazione è stata massiccia oltre 30 piante sono state portate dai
cittadini di Borgo Roma e l’amico Andrea di Legambiente (nella foto con la pala meccanica) ha
fatto buche fino all’imbrunire.
È stato un successo.
Noi abbiamo avuto il merito di organizzare l’iniziativa ma senza la risposta dei cittadini sarebbe
stata una giornata simbolica e invece il parco sta nascendo.
Un GRAZIE a tutti i quelli che hanno partecipato.
Luca Reani
di riserve energetiche e di capacità
dell’ecosistema di riassorbire i fattori inquinanti: quanto è già stato
irrimediabilmente compromesso?
Quanto ancora potremo vivere di
rendita?”
Interessante la nota di Giorgio
Nebbia: “Dopo le mode dell’’ecologia’ e della ‘sostenibilità’, adesso è
arrivata la “decrescita” che rischia
di diventare anch’essa una moda, la
bandiera di una nuova ondata di
movimenti ecologisti, un po’ come
nuova contestazione dell’’economia’
che ha la crescita come suo dogma,
un po’ come aspirazione romantica
ad una vita semplice e amorevole”.
(da Crescita e decrescita)
L’approccio individuale alla decrescita dei consumi e della produzione richiama immediatamente
la frugalità francescana e uno dei
princìpi morali della tradizione
indiana detto Aparigraha: “vivere
con il minimo indispensabile”, per
permettere a tutti di vedere soddisfatti i bisogni fondamentali.
La ‘decrescita’ allora diventa un
monito a razionalizzare le produzioni e i consumi; ma per
raggiungere l’obiettivo di una
società più giusta, si dovrebbero
modificare non solo le abitudini
individuali e le regole socio economiche ma, fondamentalmente
i presupposti culturali del capitalismo espressi nell’edonismo
integrale.
Ancora eccezionalmente puntuale risulta Ac. Krtashivananda:“A
causa delle sue premesse psicologiche, presenti nei valori dell’edonismo integrale, l’epoca industriale ha
fallito gli obiettivi di produzione
illimitata, di libertà assoluta e felicità senza restrizioni. La cultura
edonistica integrale postula:
• La felicità può essere realizzata dal soddisfacimento dei desideri
materiali o sensuali
• Per soddisfare questi desideri devono essere incoraggiati l’egoismo,
l’avidità e l’egocentrismo.
Questi fattori, nella credenza
edonistica, condurranno all’armonia e alla pace. E’ noto a tutti
che l’edonismo integrale è la
filosofia delle persone ricche e
che è stata adottata dai neoliberisti. Non possiamo aspettarci
che sotto l’influenza di queste
premesse psicologiche le oligarchie economiche cambino il
loro sistema. E allora che fare?
In termini economici il buon
senso ci suggerisce un sistema
economico che dia la garanzia
delle minime necessità per tutti.
E’ anche chiaro che la ricchezza
materiale non è illimitata.”
In conclusione la ‘decrescita’ anche se non si presenta come una
teoria socio-economica che possa
sostituire l’attuale sistema capitalistico consolidato, rappresenta
un approccio strategico accettabile sul come affrontare i problemi economici e sociali che si mischiano ai comportamenti individuali. Ma sorge spontanea una
domanda: c’è da qualche parte in
questo mondo un esempio di applicazione di queste pratiche, un
esempio concreto di economia
privo degli effetti perniciosi del
capitalismo edonistico e del concetto di sviluppo illimitato?
Un esempio maturo sembra essere il progetto originario delle
cooperative Mondragon dei Paesi
Baschi: 70.000 persone occupate
in 160 cooperative, tutte proprietarie dell’azienda in cui lavorano.
Una testa un voto. Vediamone
alcune caratteristiche:
• Differenze tra i redditi in un
rapporto compreso tra 1 e 6,
• il 10% degli utili vengono devoluti a scopi sociali,
• il reddito pro-capite è risultato il
più alto in Europa fino al 1990,
• il capitale è concepito come
strumento di sviluppo, non obiettivo dell’esistenza.
Una serie di strutture finanziarie
di cooperative che realizzano i
servizi mutualistici e pensionistici non concessi dal Governo
spagnolo: banche cooperative,
supermercati cooperative, aziende di robotica, ricambi, imprese
agricole, commerciali, tutte cooperative. Vi troviamo persino
un’Università e un Centro di Ricerca di eccellenza.
Le cooperative Mondragon, in
uno studio di Betsy Bowman e
Bob Stone (Betsy Bowman and
Bob Stone - Cooperativization on
the Mondragón Model As Alternative to Globalizing Capitalism
- ©2005 GEO, Riverdale, MD
20738-0115
http://www.geo.
coop), sono state ritenute più efficienti e performanti delle aziende
capitaliste. Sono nate dal pensiero
di Arizmendarrieta, un religioso
che ha ridisegnato i fondamenti
culturali di una economia socializzata: nessun povero, nessun super-ricco, tutti benestanti.
Utopia? Ognuno la giudichi
come vuole, l’esempio rimane.
A cura di Tarcisio Bonotto
Verona
7
SPECIALE
No all’autostrada!
O
ltre 160 persone hanno
gremito le sale civiche di
Legnago per discutere,
su iniziativa del Comitato contro
l’autostrada Nogara–Adria, l’opera
viabilistica voluta dalla Regione.
Ha introdotto la tavola rotonda
Lino Pironato - portavoce del
Comitato - che ha messo in luce i
gravi danni viabilistici, ambientali
ed economici, che l’opera se realizzata causerebbe, senza risolvere
i problemi di mobilità del territorio. Pironato, ha proposto che
si investa invece su opere di reale
utilità e dal basso impatto ambientale; come il completamento
della SS434, la variante alla SR10,
le idrovie, la metropolitana di superficie e la ciclabilità urbana.
Il prof. Giancarlo Leoni del politecnico di Milano ha parlato
di incongruenze nel progetto. Il
traffico previsto (27000 al giorno) è insufficiente per giustificare l’autostrada. Mancano: la
valutazione di impatto ambientale (VIA), che obbliga a valutare
soluzioni a minore impatto, la
valutazione per l’incidenza sulle
aree naturalistiche, la valutazione
sugli effetti sanitari per le popolazioni limitrofe e la valutazione
ambientale strategica.
Il sindaco di Legnago Silvio
Gandini, non contrario all’autostrada di per sé (se non aumenta
l’inquinamento), ha contestato il
percorso verso sud, invece che più
utilmente verso est. Ha poi proposto la realizzazione di opere di
compensazione ambientale e la
costituzione di un osservatorio
ambientale permanente.
Per Stefano Negrini, coordinatore dei sindaci pro-autostrada, l’autostrada è indispensabile e non ci
sono alternative praticabili all’offerta della Regione.
Pietro Furlani, presidente di
Apindustria Legnago, lamentando che da 23 anni si aspetta inutilmente la variante, ha auspicato
il sì all’autostrada per favorire sviluppo attorno ai caselli.
Secondo la sen. dei Verdi Anna
Donati, presidente della Commissione Lavori Pubblici, la Nogara-mare non segue la procedura
della Legge Obiettivo e quindi
i sindaci hanno titolo a decidere su di essa. Sul problema delle
Quell’autostrada non s’ha da fare!
Si è tenuta a Legnago il 18 novembre
una tavola rotonda sulla Nogara–mare
concessioni, ha poi detto che sulla
base delle direttive europee non è
possibile alcuna proroga per nuovi
investimenti. La maggioranza sta
rivedendo la legge obiettivo per
selezionare una lista delle 10 opere che servono davvero, restituire
potere decisorio ai sindaci e applicare la valutazione ambientale
strategica.
La Donati ha poi denunciato il
bluff della Regione Veneto che
camuffa in autostrada regionale
un’infrastruttura che invece attirerà traffico di transito senza risolvere i problemi della mobilità
locale.
Sulla proposta delle Regioni del
Nord di diventare esse stesse concedenti, la senatrice si è dichiarata
contraria perché ritiene che prima
vada fatto il piano delle opere di
interesse nazionale che servono.
Ha poi osservato che non va bene
fare le gare senza la VIA perché a
consuntivo i costi lievitano. Inoltre la 434 è statale, perciò la Regione non se ne può appropriare
indebitamente.
Ha anche suggerito una via
d’uscita ai problemi della viabilità
con l’adozione di “strade di serie
B” a pedaggio ma senza casello,
applicando sistemi di esazione automatici che gravino p.e. sui TIR,
ma gratuite per i residenti.
Il cons. prov. DL Damiano Ambrosiani ha detto che la Provincia
ha passato una sua mozione con
la richiesta di pedaggio gratuito
pei residenti per 20 km ed opere
di compensazione ambientale e
viaria.
Franco Bonfante dei DS ha ribadito l’importanza dell’autostrada
per lo sviluppo della Bassa, ma è
stato subito contraddetto da Michele Bertucco pres. di Legambiente Verona per il quale la Bassa
non è una zona sottosviluppata.
Infine Pietrangelo Pettenò di
RC ha osservato come tutti sono
d’accordo su opere migliorative
come la metropolitana di superficie e la variante alla SR10 e su
queste si potrebbe lavorare positivamente insieme.
IN BICI PER VERONA
A che punto è la ciclabilità a Verona? Il ritratto è a tinte chiare
e scure, ci sono segnali positivi e un senso di decollo imminente
ma l’aereo rimane sempre sulla pista di rullaggio.
Gli Amici della bicicletta di Verona hanno usato proprio questa
immagine quando un nutrito gruppo di soci ha disegnato con la
bici un aereo sulla pista dell’aereoporto di Villafranca ed è stato
coniato lo slogan “La bicicletta prende il volo”.
Ovviamente questo è il loro e il nostro auspicio e i segnali sembrano esserci.
Gli Amici della bicicletta di Verona è l’associazione della FIAB
piú numerosa in Italia e organizza parecchi eventi (gite, Bimbinbici, e altro) sempre molto partecipati. L’amministrazione
comunale in carica è quella che ha fatto piú della somma di
tutte le amministrazioni precedenti per la realizzazione di piste
ciclabili: è stato creato un ufficio comunale per le biciclette, sono
state posizionate molte rastrelliere che consentono un efficace
contrasto al furto, in zone strategiche sono disponibili delle bici
ad uso gratuito fornite dal comune, allo stadio c’è un parcheggio
custodito gratuito.
Per fortuna la città è sostanzialmente pianeggiante, in un raggio
di 5 km dal centro si raggiungono la maggior parte dei quartieri (distanza che rappresenta piú del 50% degli spostamenti
urbani e che chiunque può coprire senza sforzo in 20 minuti)
eppure ... solo il 7% degli spostamenti avviene in bici. Per fare
un paragone, senza uscire dai confini nazionali, a Ferrara sono
il 30%.
L’amministrazione comunale avrebbe dovuto avere piú coraggio
nel promuovere e nel realizzare anche altre forme di facilitazione all’uso della bici.
Nel sentire collettivo la paura di essere investiti è il principale
freno all’uso come mezzo di trasporto e quindi era necessario
individuare subito le strade di viabilità principale e trasformare
tutte le altre in zona 30: ad oggi ne sono state realizzate solo due
e altre due sono in progetto.
Si potevano predisporre delle campagne informative a favore
della bici per farla uscire da quel senso di “mezzo dei poveri” ed
elevarla al ruolo di regina della strada (nel 1869 un cronista de
l’Arena prevedeva che le bici si sarebbero diffuse al punto che
“un uomo che vada a piedi sarà una rarità”).
C’è poi un movimento di ciclisti sportivi che coinvolge migliaia
di appassionati e che vediamo sfrecciare su tutti i tipi di strade
esorcizzando la paura di essere investiti, con bici che non sono
propriamente dei mezzi poveri, sorretti da una passione sfrenata
per le due ruote.
Allora la domanda sorge spontanea, ma è proprio vero che la bici
viene usata poco perché mancano le infrastrutture dedicate?
E’ importante che ci sia in primis la voglia, la coscienza di fare
una cosa positiva (il traffico veicolare è responsabile del 60%
del pm10 ed è illusorio pensare che in coda si respiri “un’altra”
aria), spesso è anche l’unica occasione per molti di fare del moto
quotidiano e quindi di contribuire al proprio benessere, si arriva
sempre in orario senza stress e si risparmia sul bus e sulla benzina (altra domanda: ma la benzina è cara o no?).
Con un po’ di buona volontà neanche il maltempo frena il ciclista perché bastano pochi euro per equipaggiarsi contro le intemperie, in Olanda piove quasi tutti i giorni e già nel 1989 il
50% degli spostamenti in molte città avvenivano in bicicletta.
Chi non deve per forza usare la macchina usi la bici a prescindere.
Si renda ben visibile con fanali, giubbini rifrangenti, palette
di ingombro. Raggiungere Ferrara sarà uno scherzo e gli amministratori saranno “costretti” ad investire su miglioramento della ciclabilità.
Magari tra un po’ un nuovo cronista dell’Arena scriverà che “un
uomo che vada in macchina è ormai una rarità”.
Luca Reani
LA STORIA
SIETE VOI
Per i 20 anni del partito abbiamo un
progetto ambizioso: fermare, in un
libro, i fatti, le emozioni, le conquiste,
le battaglie... che dal 1986 ad oggi
viviamo insieme.
La storia dei Verdi siete voi.
Dalla fondazione di Finale Ligure
abbiamo fatto tanto per migliorare le
politiche ambientali e sociali in Italia.
Per questo motivo abbiamo deciso
di raccogliere materiale cartaceo,
fotografico e video per creare un libro
e un dvd sulla nostra vita.
L’appello ad inviarci materiale è
rivolto a tutti gli amministratori locali
e ai parlamentari che in questi anni
hanno combattuto le battaglie Verdi.
Spedite il materiale a:
[email protected]
oppure
Federazione Nazionale dei Verdi
via Salandra, 6 - 00187 Roma
www.verdi.it