Junko Mukai - Nuove Direzioni

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Junko Mukai - Nuove Direzioni
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È un posto cordiale, questo. Una porta a vetri,
con un’elegante intelaiatura di legno chiaro.
Non sembra neanche la porta d’ingresso di uno
studio-laboratorio-atelier, ma solo la porta di
una stanza. Parliamo delle stanze, allora. Le
stanze sono luoghi di sosta, ma anche zone di
passaggio. Sono nuclei all’interno della casa che
ospitano le persone, ma che predispongono alla
partenza delle stesse. In pratica in una stanza si
è ospiti e viaggiatori al tempo stesso. In moto e
in attesa.
La bottega di Junko è, a conti fatti, una stanza.
Junko è una ragazza giapponese, che viene da una
città non lontana da Tokio, e la prima volta che è
arrivata in Italia era il 1996. Lei era una ragazza
che aveva solo una vaga idea di aprire una bottega
come questa: un’immagine sbiadita, un inseguimento nella memoria di un sogno recente. Poco
più. Ma prima ancora era stata in Italia per una
vacanza: un tour de force che in una settimana
l’aveva portata a Roma, Firenze, Milano. Tra tutte
le città Firenze l’aveva stregata. Tornò in Giappone, in tempo per laurearsi in letteratura francese
e un anno dopo decise di tornare in Italia.
“Tutti mi domandavano: perché vai in Italia se
hai studiato letteratura francese? Ma mi piaceva
questa città, non so… era più forte di me”.
Adesso aveva le idee più chiare: Junko voleva
essere un’artigiana.
“Non un’artista?”, le domando. No, solo un’artigiana. È per questo che fece un corso di oreficeria: rimase tre anni a studiarla. Successivamente andò a bottega da uno scultore orefice e
ci rimase due anni.
Nuove direzioni • n. 10 luglio-agosto 2012
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