Anno II N.E. | Numero 01
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Anno II N.E. | Numero 01
VIVERE E PROGETTO COMUNE VI AUGURANO UN SERENO 2013! Anno II N.E. | n. 01 | GENNAIO 2013 DIRETTO DA CLAUDIA VENTURINI DISTRIBUZIONE GRATUITA Marsi: le radici di un popolo a Marsica era abitata da un popolo dedito alla guerra, i Marsi. Questa popolazione ricoprì un ruolo importante nella storia di Roma. Furono, infatti, i loro migliori alleati ma anche i loro (A pag. 3) peggiori nemici. L L’Editoriale di Claudia Venturini Maya si sono sbagliati. L’errore è evidente! Il Mondo non è ancora giunto al termine e noi siamo qui a goderci le meraviglie della vita. Con uno sguardo al passato prossimo, è assurdo notare come i mass media abbiano creato un “procurato allarme” per tutto il 2012 e come molte persone si siano lasciate condizionare. Basti pensare al boom di visitatori registrato a Bugarach, un paesino francese abitato da sole duecento anime. È bastato che qualcuno dicesse di aver letto da qualche parte che la montagna sacra del paesino fosse uno dei pochissimi luoghi a salvarsi dalla fine del Mondo per far arrivare una grande folla di “apocalittici”. Tra i visitatori, e i media che hanno riportato la notizia, nessuno si è preoccupato di ve- I rificare l’attendibilità del fatto e, cosa più assurda, nessuno si è chiesto “se è vero che il Mondo finirà, come può un paesino resistere?” cioè, “Bugarach fluttuerà nello Spazio dopo la scomparsa della Terra?”. E poi, come sarebbe dovuto finire il Mondo? Con una serie infinita di gravissimi terremoti, con migliaia di uragani o tsunami? Oppure con spaventose eruzioni vulcaniche e tempeste tropicali? Sarebbe dovuto esplodere il nucleo? Tutta questa situazione mi fa sorridere; pensate che strana macchina è l’uomo: perfetta dal punto di vista funzionale, ma facilmente condizionabile dal punto di vista emozionale. Allora, miei cari lettori, rimboccatevi le maniche e tornate a lavorare: non è ancora giunta l’ora della pacchia! Felice 2013 a tutti voi! 2 Salvare dall’oblio i nomi e le razze più antichi Un viaggio alla riscoperta dei soprannomi tagliacozzani di Giovanni Iacomini Ma vio chi è? Comme se remette? Comme jo recacciano, ‘chi è jo figlio?” e soprattutto: “‘e che razza è?”. Altro che codice fiscale o, che so io, screening e indagini diagnostiche con le tecnologie più avanzate. Per capire l’essenza profonda di una persona, chi è veramente, si indaga più che sul cognome (che può significare poco in quanto spesso è comune a molte famiglie non imparentate tra loro), sul soprannome e soprattutto sulla “razza”. È in quest’ultima discriminante - che potremmo tradurre in genìa, stirpe, casato - che risiederebbero le caratteristiche più intime, essenziali, trasmesse con il sangue e codificate nel DNA di ciascuno di noi. Si scherza, naturalmente. Einstein, alla richiesta di che razza fosse, dopo breve riflessione rispose “umana”, razza umana. Non ce ne sono altre, come hanno dimostrato le più recenti ricerche sulla variabilità genetica. Tra noi umani (tutti: bianchi, neri, gialli, alti e bassi, dai pigmei ai vichinghi) c’è una uniformità impressionante, paragonata ad altre specie animali: siamo tutti parenti stretti, con comune origine africana. Figuriamoci se può sfiorarci l’idea di fare “razzismo” a proposito di famiglie che condividono i limitati spazi della nostra comunità. Il fatto è che, tra l’altro, parlare di razze e soprannomi dà modo di riscoprire la bellezza del dialetto, la ricchezza della cultura locale che emerge attraverso l’espressività delle nostre locuzioni. Fu Pasolini tra i primi, in tempi in cui c’era chi si sentiva quasi portato a vergognarsi delle proprie origini e della “calata”, a rivalutare e magnificare i particolarismi delle nostre tradizioni minacciati dall’omologazione conformista del “Potere” e della televisione. Anche con un uso sapiente dei dialetti nelle sue poesie, nei romanzi, nei film. Con i “soprinnòmi” il dialetto raggiunge vette di insuperabile efficacia evocativa. Personalmente, già tanti anni fa cominciai a raccoglierne una lista che si è ingrossata fino a superare il migliaio, tra quelli singoli o personali e quelli collettivi, delle “razze”. Oltre a quelli di mia co- “ noscenza e di uso comune, mi sono rivolto ad alcuni parenti e amici anziani per risalire ai soprannomi più antichi. Particolarmente preziosa la lista stilata da mia zia Nina Luciani, ripassata in anagrafe da mia cugina Maria Rita Novella. Intanto, tramite alcuni ragazzi (tra cui l’indimenticato Francesco Oddi), ho cercato di tenermi aggiornato riguardo alle nuove generazioni, alle razze che vengono tramandate e alle nuove “creazioni”. E qui va detto che, nonostante tutto il decadimento e appiattimento degli ultimi tempi, tra i nostri giovani non si è persa quella verve straordinaria, quello spirito goliardico, quella mirabile capacità di sintesi che emerge dalla ricchezza e varietà dei nomignoli che vengono affibbiati, a volte non senza un certo cinismo. Di dialetto, soprannomi e razze si parlava anche su taliacotium.it, il sito internet cui tutti noi utenti dobbiamo molto, essendo stato il primo spazio virtuale in cui potevamo incontrarci e confrontarci, anticipando le dinamiche (proprie) dei social network. E lì, su un mio post sull’argomento, ci fu una miriade di commenti e interventi di quanti volevano suggerire o aggiungere i soprannomi della propria famiglia o dei propri amici. Per tutti, voglio ricordare i ben 442 raccolti da Andrea Ciamei.Oggi tramite “Vivere” vorrei proporre un’operazione analoga di raccolta condivisa con tutta la comunità. I Soprannomi di Giovanni Iacomini i mese in mese pubblicheremo, sul sito internet www.vivereonline.it e in un apposito gruppo Facebook, i soprannomi della lista già in nostro possesso divisi per gruppi, un po’ per volta. Tutti coloro che vogliono partecipare sono invitati a commentare, correggere, integrare (e anche far cancellare, laddove qualcosa possa suonare offensivo), in modo da giungere a un elenco ancora più lungo e completo. A disposizione di tutti, liberamente. Sarà possibile commentare e aggiungere soprannomi direttamente su Facebook (cercando il gruppo) oppure inviando una e-mail a redazione [email protected] D Il Sommario p.2 Salvare dall’oblio i nomi e le razze più antichi p.3 La Marsica e le sue genti p.4 I Pick-Up, tra sogno e realtà La Striscia Il Trucco p.5 L'uomo che cadde sulla Terra p.6 Nevica Le piante alimentari: Il Prezzemolo p.7 Lo zampognaro e le sue tradizioni L’Oroscopo Veloce 3 La Marsica e le sue genti I Marsi, i migliori alleati e le peggiori spine nel fianco di Roma di Progetto Comune a Marsica è rappresentata, oggi, da quella porzione di territorio abruzzese che comprende la conca del Fucino con tutto il suo circondario e si estende verso ovest e verso sud fino ai confini con il Lazio, anticamente terre degli Equi e dei Volsci. Il suo nome deriva dalla bellicosa popolazione italica che, in gran parte, la popolava: i Marsi. In realtà, nella parte più occidentale (da Carsoli a Tagliacozzo circa) e nel cicolano erano insediati gli Aequicoli, comunque ritenuti una “sottotribù” Marsa e non Equa, ipotesi supportata anche dalle varie battaglie tenute dai Marsi contro i Romani per la difesa di quei territori, come avvenne nel 301 a.C. per protesta contro la fondazione della colonia romana di Carseoli (Carsoli). I Marsi erano un popolo italico del gruppo linguistico osco-umbro, stabilitosi lungo tutta la dorsale appenninica, verso l’Adriatico, dalle Marche alla Lucania, penetrato nella penisola dalla metà del II millennio a.C. . Erano così chiamati per il loro “fanatico” culto per il dio Marte (in lingua marsa “Mars” o “Mors”), culto che si crede abbia ispirato la loro indole violenta e guerresca. Politeisti che adoravano i Dioscuri (Iovies Pucleis in marso) ma con venerazione speciale, come si è detto, per Mors. Essi godevano di fama di maghi, stregoni e di guaritori potenti per l’uso di piante medicinali e particolari “riti magici” con serpenti. Questa loro propensione si esprimeva anche attraverso la rappresentazione sui dischicorazza dei guerrieri di un loro animale mitico, misterioso e magico: la Chimera marsa. La loro società era retta dal “Meddix”, l’equivalente del “Praetor” romano, che aveva amplissimi poteri civili, militari e giudiziari. Questi “magistrati” avevano una importanza tale che gli anni erano scanditi con i nomi di quelli succedutisi. La lingua marsa era un dialetto sabellico (varietà della lingua umbra) della quale si è rinvenuto L Affida un sogno a Babbo Natale poco: il Bronzo di Antino è l’unica iscrizione in oscomarso rinvenuta non contaminata dal latino, a differenza dell’iscrizione di Caso Cantovio (condottiero Marso nella III guerra Sannitica) che riporta, nella fibbia del suo cinturone, un latino denso di “marsismi” e non già più la lingua marsa pura. Il centro marso principale era Marruvium (l’odierna San Benedetto dei Marsi) ma di una certa importanza erano anche Antinum (Civita d’Antino), il bosco sacro di Lucus Angitiae (Luco dei Marsi) consacrato alla dea Angizia, Cliternia (Celano) ed Ortigia (Ortucchio). La storia di questo popolo inevitabilmente fa parte della storia di Roma. Già nel IV secolo a.C. presero parte ad una confederazione che combatté Roma nella Seconda Guerra Sannitica (325 a.C.). Successivamente, vi fu un periodo nel quale, dopo aver ottenuto un trattato di alleanza con Roma (304 a.C.), per le frequenti ribellioni, i Romani costruirono la colonia latina di Alba Fucens in pieno territorio marso (303 a.C.). Nel 301 a.C., per opporsi all’insediamento della colonia latina di Carseoli nel loro territorio, di nuovo si opposero a Roma, uscendo sconfitti dallo scontro. La sconfitta li costrinse a cedere del territorio ai romani, prima di rinnovare il trattato di alleanza. Tale trattato, comunque, sancì il loro status di alleati e non quello di sottomessi rispetto a Roma, con ampi margini di autonomia governativa. Dalla stipula del trattato, a differenza di altri popoli osco-umbri sottomessi, rimasero per un buon periodo sostanzialmente fedeli a Roma e parteciparono fattivamente alle più importanti guerre sostenute dai romani: oltre alle guerre pirriche, i Marsi presero parte alla Seconda Guerra Punica con un contingente di cavalleria di circa 4mila unità. Tuttavia, successivamente, il rapporto con Roma fu abbastanza instabile con intervalli di alleanza e guerra e improvvise ribellioni. La rivolta più grave dei Marsi, nel 91 a.C., portò allo scoppio della Guerra Sociale, detta anche Bellum Marsicum, che coinvolse quasi tutta la penisola e suscitò in Roma la Guerra Civile tra Mario e Silla. Tale rivolta scaturì dal fatto che i di Claudia Venturini o scorso 16 dicembre, il Villaggio di Natale di Tagliacozzo si è riempito di bambini! Tutti, infatti, nell’ambito dell’iniziativa “Affida un sogno a Babbo Natale” hanno scritto e lasciato la loro letterina. Cari bimbi, Babbo Natale in persona ci ha consegnato due delle lettere più significative ricevute da voi e noi, come promesso, abbiamo deciso di pubblicarle! L “Caro Babbo Natale, ho fatto un sogno bellissimo, ho sognato che tutti gli uomini si amavano tra loro e che tutti i bambini avevano una mamma e un papà, ho visto che giocavano con tanti amici in serenità. Lì il mondo era in pace e non in guerra, gli uomini lasciavano le armi e le dimenticavano in un angolo e amavano gli animali. La natura ricambiava il loro rispetto donando stagioni bellissime piene di fiori, frutti e colori stupendi. Caro Babbo Natale, è questo che ti chiedo. Realizza il mio sogno.” (Sofia Maria) “Caro Babbo Natale, vorrei che tutti i bambini del mondo siano felici, sempre. Che la loro fame si trasformi in una gigantesca torta alla crema e che tutti ricevano un regalo speciale. Vorrei che tutti i nonni anziani stiano bene e che tutti gli animali del mondo non siano più abbandonati. Babbo Natale, pubblicherai questa lettera?” (Adelaide) La Chimera Marsa Marsi, fieri guerrieri tra le file di Roma, reclamavano la cittadinanza romana che, però, Roma non voleva concedere. Per questo ad essi si unirono, in confederazione, praticamente tutti gli italici della penisola che formarono un esercito di circa centomila uomini e posero la capitale in Corfinio, dove, per evidenziare con maggior enfasi la nascita di uno stato parallelo ed indipendente da Roma, batterono moneta propria. I Marsi furono condotti da Quinto Poppedio Silone, che fu colui che presentò formale dichiarazione di guerra a Roma a nome del suo popolo. Al termine della guerra (88 a.C.), tra alterne vicende, Roma trionfò (avendo comunque perso molte battaglie contro i Marsi), ma dovette cedere alla richiesta ed estendere la cittadinanza a tutti gli italici (lex Plautia Papiria). Così i Marsi, insieme ai Peligni, entrarono a far parte delle tribù romane e furono iscritti nella Gens Sergia. Da allora questo fiero popolo seguì la sorte che la storia riservò a Roma, costituendo a lungo la spina dorsale dell’esercito romano tanto che lo storico greco Appiano di Alessandria riporta un proverbio romano dell’epoca che dice “nec sine marsis nec contra marsos triumphari posse!” (né senza i Marsi né contro i Marsi si può vincere!). 4 I Pick-Up, tra sogno e realtà Il gruppo tagliacozzano che sfiorò l’apice del successo di Claudia Venturini era una volta un paesino che si chiamava Tagliacozzo …Siamo a metà degli anni Sessanta, esattamente nel 1964. Moltissimi ragazzi si dilettavano nel suonare uno strumento, ma sei di loro in modo particolare: vivevano per la musica! Un freddo pomeriggio si incontrarono e, tra una strimpellata e l’altra, decisero di formare una band. Nacquero, così, i Pick-Up! La voce e chitarra solista del gruppo era Paolo Venturini mentre Franco Pietrosanti suonava il basso, Claudio Amicucci le tastiere, Paolo Casale la chitarra, Gianni Occhiuzzi la batteria e Pietro Romano si divideva tra sax, tromba e flauto. I sei ragazzi erano pieni di entusiasmo e decisero di buttarsi a capofitto nel mondo musicale. Iniziarono a provare e a riprovare e a provare ancora fino a quando si sentirono pronti per il grande debutto! Per tre anni si esibirono, con enorme successo, in tutte le piazze e in moltissimi locali del territorio marsicano. Nel 1967, i Pick-Up vennero notati da un manager che decise di ingaggiarli, proponendoli a un pubblico più ampio. Qui iniziò l’avventura di quei sei ragazzi di paese che ebbero il coraggio di credere nel loro sogno! Il gruppo partì per una tournée che prevedeva come tappe i più importanti locali dell’epoca in Italia. Alcuni esempi sono il Titan Club e Royal Kilt di Roma, Fauno Notte di Sorrento, Cotton Club di Catania, Granatari di Messina e L’Africana di Positano. I ragazzi cavalcarono l’onda del successo senza mai abbandonare l’umiltà e la voglia di fare musica che li caratterizzava. L’estate del 1968 fu, per i Pick-Up, davvero memorabile. La tournée, infatti, prevedeva un’intera stagione a Sorrento. Tra i tanti locali c’era il Kursal. Serata indimenticabile. L’atmosfera era calda e la loro C’ La Striscia di Elisa Pocetta adrenalina era a mille! Quella sera, in quel locale della esibendosi in locali e piazze marsicane. Nel 2001, i Pickpenisola sorrentina, i Pick-Up si esibirono al fianco di Up hanno partecipato, in collaborazione con altri gruppi Mina, Lucio Dalla, Sergio Endrigo e degli Showman. Indella Marsica, alla realizzazione di un CD musicale, il somma, il top della musica pop dell’epoca! Il sogno cui ricavato è stato devoluto in beneficienza. stava divenendo realtà, ma - c’è sempre un ma, purMorale della favola: non importa cosa fai, ma come lo troppo – nonostante le indiscutibili doti artistiche, i nufai. I Pick-Up, per una serie di sfortunate coincidenze, merosi ingaggi ed il successo alle porte, i Pick-Up non sono riusciti a raggiungere l’apice del successo, ma misero un punto alla loro carriera. Il servizio di leva obla passione per la musica è ancora viva in tutti loro! bligatoria, infatti, li chiamò a rotazione negli anni Settanta, mandando in fumo le loro speranze di gloria. La storia non può finire così! Infatti, la voglia di musica è rimasta forte e, nei primi anni Novanta, la band si è riunita, di Melania Luzzi Il Trucco Il Fondotinta Quando il primo freddo arriva è necessario intervenire a protezione delle zone del corpo che restano più esposte agli agenti atmosferici. Parliamo del viso e delle mani, anche se oggi ci dedicheremo solo al viso, così come mi ha chiesto la signora Giulia: “ […] esco presto la mattina, sempre di corsa, metto sul viso solo una crema da giorno con il risultato di averlo spesso screpolato e le guance sempre rosse. Cosa mi consigli?”. La fredda aria mattutina sicuramente sveglia le menti ancora assonnate, ma la delicata pelle del viso viene fortemente traumatizzata. Purtroppo solo la crema, anche se fondamentale per nutrire ed idratare, non è sufficiente. Ed ecco entrare in azione l’amico fondotinta. Il fondotinta è un composto a base oleosa con una consistenza morbida, fluido o compatto. In commercio ce ne sono veramente molte qualità che si distinguono, soprattutto, per il grado di coprenza. Nasce, infatti, con lo scopo di rendere uniforme il colorito del viso, correggerlo da tutte le sue naturali discromie. Si iniziò usando dei prodotti che appesantivano molto il viso a di conseguenza tutto il make-up, prodotti che nel tempo sono stati sostituiti da consistenze sempre più leggere fino alle mousse di oggi. Inoltre, le nuove formulazioni sono ricche di nutrienti che li rendono sempre più cosmetici/trattamento, con le proprietà anti-age e schermi solari. Quindi, concludo dicendo che stenderlo la mattina, dopo una buona crema giorno scelta secondo le proprie necessità, è quasi un obbligo che abbiamo nei confronti del nostro viso e ... Attenzione! Il colore deve essere il più possibile simile alla tonalità naturale della pelle; è bene sempre provarlo in ambienti molto luminosi direttamente sul viso o sul dorso delle mani. Buon trucco a tutti! 5 L'uomo che cadde sulla Terra L'impresa “stratosferica” di un astronauta a metà “A volte bisogna andare veramente in alto per vedere come siamo piccoli” (Felix Baumgartner) di Fabio Letta l suo nome è Felix Baumgartner, austriaco, barone di Munchausen dei giorni nostri, salito fino alla fine del cielo a bordo di una capsula trainata da un pallone aerostatico gonfiato ad elio. E' partito da Roswell, nel Nuovo Messico, località conosciuta per le note vicende collegate alla caduta di una presunta astronave aliena negli anni Cinquanta. Tutti siamo rimasti impressionati dalle immagini passate nelle tv di mezzo mondo, e tra le più cliccate su youtube, in cui si vedeva l'“atmosferonauta” (neologismo di inevitabile conio!) aggrappato alla scaletta della sua capsula, a 39mila metri di altezza (27mila metri più in alto delle rotte percorse dagli aerei di linea) sullo sce- I pravvivere. Qui le molecole di ozono ci difendono dall'azione nefasta dei raggi ultravioletti provenienti dal Sole, attraverso una reazione chimica che produce energia, quindi calore (la stratosfera è l'unico strato atmosferico in cui la temperatura cresce all'aumentare dell'altezza). Ma perché rischiare la vita per un'impresa che non ha, apparentemente, effetti rilevanti sul progresso scientifico! Perché Baumgartner è certamente un pazzo, come pazzi sono spesso i protagonisti di grandi imprese. In realtà lo studio delle reazioni del corpo umano durante questi salti dai confini dell'atmosfera, oltre alla pura ricerca scientifica dei nostri limiti fisiologici e delle nostre possibilità (come nelle mile a quella degli astronauti, su uno scenario maestoso (lui così minuscolo, inghiottito dalle fauci azzurre del nostro pianeta!) ha ripetuto, a quote più elevate, gli esperimenti portati avanti dalla NASA già dagli anni Sessanta. Infatti, il suo “assistente di volo” a Terra è stato Joe Kittinger, eroico pioniere dei lanci dallo spazio. Era suo il precedente record (31mila metri di altezza) effettuato, però, con mezzi assolutamente spartani, non con la tuta supertecnologica di Felix e, quindi, in condizioni di estremo pericolo. Il suo volo nel 1960 è stato davvero una sfida contro gli elementi della Natura. Come ha detto Aldo Rock, eclettico appassionato di sport estremi e volto noto di Deejay TV, «Kit- Felix-Baumgartner durante il lancio del 14 ottobre 2012 nario vertiginoso della terra rotondeggiante, così come appare dallo spazio. Lo abbiamo visto buttarsi nel vuoto, attratto dalla forza gravitazionale terrestre. Abbiamo trattenuto il respiro nel vedere la sua sagoma volteggiare senza controllo nell'aria della stratosfera, rarefatta al 99%. E proprio da lì è iniziato il suo volo magico. La stratosfera, dove Baumgartner ha cominciato la sua caduta libera verso la Terra, superando la velocità del suono, è la fascia che ha permesso la vita sul nostro pianeta e senza la quale non potremmo so- scalate degli 8mila o nelle immersioni acquatiche senza ossigeno), ha implicazioni nel settore spaziale. La possibilità di poter cadere sulla Terra da quelle altezze, in sicurezza, potrebbe rappresentare un'ancora di salvataggio per gli astronauti in caso di incidenti ad alta quota (vedi disastro della navicella Challenger nel 1986) per i quali, fino ad ora, non era previsto alcun sistema di espulsione all'esterno. Baumgartner, in realtà, oltre ad averci fatto sognare quando lo abbiamo visto affacciarsi dalla scaletta di lancio, con la sua tuta si- tinger è un uomo che si è caricato il cielo sulle spalle ma aveva la forza dei venti e la purezza del freddo». A quelle altezze basta, infatti, una rottura nello scafandro per gonfiare il corpo e portare in ebollizione il sangue a causa della bassissima pressione a cui si è sottoposti, come avvenne nel 1962 al colonnello sovietico Pyotr Dolgov, pioniere di queste imprese, che da 28mila metri giunse a terra oramai privo di vita. 6 Nevica «Si vede bene solo con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi» dal Piccolo Principe di Antoine De Saint Exupéry Tempo di pensieri e riflessioni di Fabrizio Pietrosanti Nevica. Il mio paese cambia volto. Succede, in inverno, ogni qualvolta le nuvole si adagiano sulla terra, sui boschi, sulle sue alture e allora un’aria tutta particolare permette ai fiocchi, con l’abilità del grande trasformista, di mutarne l’aspetto nascondendone le rughe, le ferite e le debolezze. Nevica sui viali, sugli alberi, negli splendidi cortili, nel chiostro, sulle rive del fiume. Nevica sulle cuspidi dei campanili, sulle mura del castello, sui tetti delle nostre amate mura. Nevica sulle tante cose che fanno del nostro paese il Paese più bello del mondo. O almeno così pare a coloro i cui occhi ne colgono appieno la bellezza, la fragranza e la magia. Non può essere che da tanta bellezza si sia costretti troppo spesso a scappare, in cerca di qualcosa che, altrettanto spesso, difficilmente riusciamo a trovare. Il lavoro, sì, quello senza il quale non potremmo riempire le nostre dimore di tante cose, a volte inutili. Il lavoro, non più quello tradizionale, utile e necessario, ma quello deciso da altri il cui valore in sé, la cui dignità, è stata messa al bando, sacrificata sull’altare della finanza e dell’arricchimento di pochi sui tanti. Nevica anche sul cemento che per anni ha guadagnato terreno al di là delle porte storiche; quel cemento che ha Foto di F. Pietrosanti segnato la rottura tra il passato e il presente, tra l’armonia e l’ingordigia, tra un modo di leggere il mondo ed un altro che questo mondo vuole trasformare in qualcosa di diverso, senza dubbio meno attraente e meno in grado di dare un senso pieno alla vita. Nevica sulle fabbriche chiuse e sulle terre dove è divenuto più redditizio piantare pannelli solari che patate, colza per il biodisel piuttosto che barbabietole. Nevica su quella terra che ha dato da mangiare ai nostri padri e che oggi ha cessato di essere terra e di essere vista e apprezzata come tale. Nevica sulle porte delle banche i cui soldi, più che aiutare il lavoro, lo hanno seriamente compromesso, segnando il primato dei soldi sul lavoro, appunto, e invertendo, di fatto, l’ordine dei fattori. Nevica sulle tante parole vacue pronunciate dai politici che hanno trasformato la vita di molti in un girone infernale. Parole da giocatori d’azzardo, da saltimbanchi, da giullari o portaborse che siano, che hanno avuto il solo pregio di farci apprezzare il silenzio. Nevica mentre l’umanità sembrerebbe aver scelto di cibarsi di precotti, di plastica e di illusioni. Nevica mentre tutto sembra andare a rotoli e che invece, non certo per magia, continua a perpetuarsi grazie all’impegno di tante donne e di tanti uomini la cui etica professionale ed una morale di vita votata al prossimo, fanno compiere le proprie azioni non solo in cambio di una retri- N INAUGURAZIONE SEDE SCI CLUB CAMPOROTONDO Lo scorso 29 dicembre, lo Sci Club di Camporotondo ha inaugurato la sua nuova sede Baita Valleverde. Durante la manifestazione, sono state illustrate le iniziative organizzate dall’Associazione per la stagione invernale 2012-2013. La prima escursione della stagione è stata organizzata lo scorso 30 dicembre. È stato possibile raggiungere la meta con slitte o a piedi. buzione, ma anche per potersi guardare allo specchio con serenità e coricarsi certi di aver fatto qualcosa di buono. Nevica su quelle tante persone che hanno deciso di regalare parte della propria vita agli altri, prestando la propria opera nelle tante sfaccettature del mondo del volontariato, senza il quale la solidarietà sarebbe solo appannaggio di pochi. Nevica su coloro che, resistendo, non abbandonano i territori interni d’Abruzzo, scegliendo di rimanervi a vivere e studiando nuove forme di economie socialmente e “ambientalmente” sostenibili. Nevica su tutti coloro che hanno scelto non di cambiare il mondo intero, ma che si accontentano di migliorare ciò che è alla portata del tatto delle proprie mani e delle proprie esistenze. Nevica sull’umanità smarrita e confusa , ma nevica anche sulla speranza e sulla volontà di voltare pagina. La neve è purezza, essenza, silenzio, candore, protezione, amore. Continua a nevicare mentre da una finestra di una scuola escono musiche e voci di bambini, che qualche insegnante sensibile e generoso ha avvicinato al sublime valore delle note. Ascolto quei canti, quell’aria di serenità e pace e sento che il futuro non potrà che essere migliore. Anche per questo mese, se ciò vi è gradito, l’appuntamento è per il prossimo numero. Le piante alimentari Il Prezzemolo di Fabrizio Valente Famiglia: Umbelliferae (o Apiaceae) Genere: Petroselinum Specie: Sativum Habitat: Originaria dell’Africa settentrionale. Oggi è largamente coltivata. Raccolta: Le foglie si raccolgono dalla primavera all’autunno mentre le radici si raccolgono solo in autunno. Caratteristiche: Il fusto è eretto e robusto. Le foglie sono glabre, spicciolate, bi o tri-pennaset- tate, con segmenti inferiori. Hanno forma triangolare. Questa pianta presenta infiorescenze ad ombrello. La corolla dei fiori è costituita da cinque petali bianchi. Il frutto è un achenio tondeggiante e costolato. Nomi popolari: Perdesennele ( Abruzzo), Erbetta (Lazio), Giunivert (Sardegna). Proprietà: La pianta di prezzemolo ha proprietà diuretiche, aromatizzanti, aromatizzanti. Principi Attivi: olii essenziali, vitamina C, apioside. Utilizzo: Le radici sono usate per fare un decotto a base diuretica. Le foglie fresche, oltre che in cucina, sono utili contro le punture di insetti. 7 Lo zampognaro e le sue tradizioni Un mestiere quasi scomparso Sede: Via Damiano Chiesa, 7 TAGLIACOZZO (AQ) di Maria Gabriella Casale [email protected] ARIETE (20 Marzo – 19 Aprile) Troverete una pentola alla fine dell’Arcobaleno. TORO (20 Aprile – 20 Maggio) Attenti alle persone non corrette. GEMELLI (21 Maggio – 20 Giugno) L’amore è ballerino www.progetto-comune.it ANNO II N.E. - n. 14 GENNAIO 2013 Autorizzazione Tribunale di Avezzano fascicolo 202/06 nc CRON 333 n. 4/06 del 12.04.2006 pubblicazione mensile “Mensile di Turismo e Cultura” distribuzione gratuita Direttore Responsabile: Claudia Venturini CANCRO (21 Giugno – 21 Luglio) Saturno vi invita a fare qualcosa di insensato. LEONE Gli zampognari. (foto da www.furcisiculo.net) (22 Luglio – 22 Agosto) Moglie e buoi dei paesi tuoi. VERGINE eru ... leru ... e la zampogna con il suo suono melodioso, così come un tempo, entra ancora nel nostro vissuto facendoci rivivere la magica atmosfera del Natale. Gli zampognari, con questo originale strumento musicale, nel loro girovagare lungo le strade di paesi e città, richiamavano i passanti al significato profondo delle festività natalizie. Quando nelle zone rurali dell’entroterra e nelle zone di montagna della nostra regione la vita sembrava non essere più scandita dalle lancette dell’orologio, per quell’isolamento dovuto alla difficoltà di contatto, specialmente nei lunghi periodi invernali, ecco una forma di esodo capace di essere non soltanto un modo di contatto con le varie realtà sociali ma anche una minima forma di guadagno per i tanti zampognari che, quasi sempre, non avevano la possibilità di costruirsi un futuro e la fame bussava alle loro porte. La miseria e l’emarginazione, di quando il divario tra ricchi e poveri era piuttosto largo, portavano contadini e pastori a contare anche su tale modo di procurarsi da vivere. Tante storie di privazioni nei loro silenziosi viaggi su strade sterrate, in quel loro allontanarsi dalle famiglie anche per lunghi periodi invernali; spesso considerati uomini di strada che nel loro esodo, suonando le zampogne, riscaldavano i cuori in cambio di pochi spiccioli. Dai racconti dei nostri nonni apprendiamo che gli zampognari, nonostante i segni degli stenti, avevano negli occhi una particolare luce data dal loro desiderio di allietare le persone che provavano per loro un senso di familiarità. Il suono delle zampogne avvolgeva queste figure di magia e li rendeva eroi per tanti bambini. Lo zampognaro, nel suo iter quotidiano pastore o contadino, era considerato un figurante proveniente da una cultura popolare capace di esprimersi anche attraverso una musica considerata inferiore ma i suoi silenzi nascondevano un carattere forte e restio a rivelare il suo modo di usare la zampogna, le sue conoscenze musicali e le modalità riguardanti la costruzione di questo strumento. Tutte cose tramandate oralmente di generazione in generazione. La zampogna resta sempre uno strumento musicale caratteristico molto antico e tipico dell’Italia centro-meridionale: Abruzzo, Molise, Lazio, Campania e Puglia. Grazie alla sua musica evocativa, la conoscenza di tale strumento musicale ha lontane radici storiche tanto che anche le leggende portano la conoscenza di tale strumento al periodo prima della venuta di Cristo. La zampogna deve la sua melodia a quattro o cinque canne di legno, di di- L versa lunghezza e di diverse tonalità sonore, unite da un “testale”, ugualmente di legno, innestato ad un otre; l’aria s’immagazzina nell’otre passando per un gonfiatore in modo tale che la pressione esercitata dallo zampognaro faccia suonare lo strumento. Nelle zampogne a cinque canne tre, dette “bordoni”, emettono lo stesso suono e le due rimanenti hanno un suono melodico. Lo zampognaro non aveva un’educazione musicale e quindi i vari accordi erano ad orecchio. In ambito rurale la zampogna era lo strumento che accompagnava le varie ricorrenze popolari o per richiamo degli animali, ma comunque espressione di tradizioni. Ancora oggi viene usata in alcune zone, ma lentamente scompare il suo legame alle tradizioni. In provincia di Isernia, a Scapoli, tutto parla dello zampognaro, compreso un monumento, così come a Luco dei Marsi quali realtà che vedono ancora maestri costruttori di zampogne ed esperti conoscitori dell’arte del loro tipico suono. Che dire dei caratteristici costumi indossati dallo zampognaro che possiamo ancora ammirare quando abbiamo la fortuna di incontrarli o anche osservandoli nei personaggi del presepe? Pantaloni, scaldamuscoli, ciocie, gilet di vello di capra, giacca di fustagno o lungo mantello per il suonatore della ciaramella, immancabile compagna della zampogna. “Se comandasse lo zampognaro che scende per il viale/sai cosa direbbe il giorno di Natale?” e Gianni Rodari regala allo zampognaro un suo ruolo e una sua dignità. (23 Agosto – 22 Settembre) La fortuna gira e rigira. Rigiratela anche voi. BILANCIA (23 Settembre – 22 Ottobre) Giove si è svegliato nervoso. Assecondatelo. Hanno collaborato: Maria Gabriella Casale Alessandro Di Michele Giovanni Iacomini Fabio Letta Melania Luzzi Nello Maiolini Fabrizio Pietrosanti Elisa Pocetta Progetto Comune Fabrizio Valente Claudia Venturini Pubblicità & Marketing: Progetto Comune Grafica e Impaginazione: Atlantide Design & Comunicazione www.atlantide-design.it SCORPIONE (23 Ottobre – 21 Novembre) La pazienza è la virtu dei saggi. Stampa: Telestampa Centro Italia Oricola (AQ) SAGITTARIO (22 Novembre – 21 Dicembre) Non date fiato alle trombe prima di aver trionfato. CAPRICORNO (22 Dicembre – 20 Gennaio) Mercurio ha fatto la sua scelta. Buone nuove vi attendono. ACQUARIO (21 Gennaio – 19 Febbraio) Qualcosa di inaspettato puo’ capiare, inaspettatevelo. Editore: Associazione Culturale Progetto Comune Via Balilla, 41 Tagliacozzo (AQ) Presidente: Fabrizio Venturini Vice Presidente: Gianluca Amicucci Segretario Amministrativo Girolamo Girolami PESCI (20 Febbraio – 19 Marzo) Strani allineamenti delle stelle suggeriscono discrezione ma incitano all’azione. La responsabilità degli articoli è dei singoli collaboratori. Salvo accordi scritti o contratti la collaborazione a questo periodico è da considerarsi del tutto gratuita e non retribuita. Gli articoli e foto inviati alla redazione non saranno restituiti. Tanti auguri, cinquantenni di Nello Maiolini TAGLIACOZZO - Classe 1962, cinquanta anni, mezzo secolo di vita. Un nutrito gruppo di cinquantenni di Tagliacozzo ha voluto festeggiare l’avvenimento! L’incontro è stato organizzato da Ornella e Valeria, le due infaticabili signore molto attive e intraprendenti. «Siamo riuscite a coinvolgere una trentina di persone della classe di ferro 1962», hanno detto le due organizzatrici, «ma potevamo essere molte di più. Faremo meglio quando arriveranno i cinquantacinque». La cerimonia si è svolta presso il ristorante albergo “Marina” ed è stata, ha precisato Valeria, «una giornata trascorsa in allegria, rievocando soprattutto le “marachelle” combinate durante gli anni della scuola». L’incontro è terminato con la consegna di ricordino a tutti i presenti. PER INFORMAZIONI, COMUNICAZIONI E COLLABORAZIONI: [email protected] PER LA VOSTRA PUBBLICITA’: 328.2864248