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ANICA SCENARIO
01 luglio 2016
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INDICE
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30/06/2016 www.key4biz.it 17:01
ilprincipenudo. Terremoto Fus: il Tar blocca i finanziamenti allo spettacolo
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01/07/2016 Corriere della Sera - Nazionale
Paolo Genovese
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01/07/2016 La Repubblica - Nazionale
La Regina va alla guerra
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01/07/2016 La Repubblica - Nazionale
Impegno, autori e tanta comicità Il cinema italiano e le sfide del 2017
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01/07/2016 Il Messaggero - Nazionale
Delitti & commedie
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01/07/2016 Il Tempo - Nazionale
Medusa punta sulla commedia all'italiana
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01/07/2016 Il Tempo - Nazionale
L'addio di Bud Spencer come un film Terence Hill saluta commosso l'amico
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01/07/2016 Corriere della Sera - Nazionale
I anni di Melania 100
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01/07/2016 Corriere della Sera - Roma
Il documentario «Giorgia vive»
18
01/07/2016 Il Messaggero - Roma
Ozpetek dà il via al FilmFest turco
19
01/07/2016 Il Messaggero - Roma
L'arena dei sogni a Villa Borghese
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01/07/2016 Il Messaggero - Marche
Riparte da Rocky il cinema che lotta
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12 articoli
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ilprincipenudo. Terremoto Fus: il Tar blocca i finanziamenti allo
spettacolo
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Una sentenza del Tar del Lazio annulla il 'decreto Nastasi' ed il suo controverso 'algoritmo' della
rottamazione. Il Ministro Franceschini: 'Faremo ricorso, ma nel mentre si bloccano tutti i finanziamenti allo
spettacolo'
di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l'Industria Culturale - IsICult) | 30 giugno 2016,
ore 17:00
Angelo Zaccone Teodosi
ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone
Teodosi, Presidente dell'Istituto italiano per l'Industria Culturale - IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per
consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
La notizia clamorosa circolava già da ieri l'altro (martedì 28 giugno), ovvero da quando era stata depositata
una sentenza del Tar del Lazio destinata a "fare storia", oltre che giurisprudenza, ma è stata rilanciata alla
grande soltanto questa mattina (giovedì 30), con un articolo a piena pagina sul quotidiano "La Repubblica":
il Tribunale Regionale del Lazio ha sentenziato che il "decreto Nastasi" del luglio 2014, che ha rivoluzionato
il sistema di sostegno pubblico allo spettacolo in Italia, va "annullato".
Le conseguenze sono devastanti, ai limiti del surreale, se non dell'incredibile: tutto il sistema dei
finanziamenti pubblici allo spettacolo viene bloccato.
Centauro Europa di Stefano Mannoni
Il Ministro Dario Franceschini, questa mattina, a margine di una conferenza stampa, ha dichiarato a chiare
lettere: "non ci sono molte possibilità di scegliere: il Direttore Generale bloccherà i finanziamenti, perché il
decreto è già annullato da una sentenza esecutiva; quindi, se non c'è un cambiamento in Consiglio di
Stato, vengono purtroppo bloccati i finanziamenti, anche quelli in corso di pagamento".
Il Ministro ha assunto la netta decisione dopo una soffereta riunione, questa mattina alle 8.30, nella sede
del dicastero, e l'impostazione assunta è stata veramente radicale, più di quanto si potesse prevedere
ancora ieri. In effetti, ieri, il Direttore Generale dello Spettacolo dal Vivo Ninni Cutaia aveva dichiarato:
"Posso solo dire che stiamo pensando di ricorrere in appello. I nostri uffici legislativi stanno studiando i
possibili effetti di questa sentenza del Tar del Lazio. È arrivata sui nostri tavoli da ventiquattro ore, gli
avvocati stanno facendo le loro valutazioni. I finanziamenti del 2015 sono già stati erogati, così come gli
acconti, per il 50 per cento, di quelli del 2016. Se verranno bloccati o meno, per ora non lo sappiamo".
Secondo le parole del Ministro, sembrerebbe che verranno bloccati soltanto i finanziamenti erogandi, ma lo
scenario appare assolutamente confuso, nelle sabbie mobili del diritto amministrativo.
Si tratta di 407 milioni di euro, ovvero della dotazione 2016 del Fondo Unico dello Spettacolo (Fus), ovvero
della gran parte delle sovvenzioni pubbliche destinate al cinema, al teatro, alla lirica, alla musica, ai circensi
ed allo spettacolo viaggiante.
In verità, il cinema è escluso, perché il "decreto Nastasi" è relativo esclusivamente allo "spettacolo dal
vivo", ma si ha ragione di ritenere che una simile epocale sentenza finisca per avere conseguenze anche in
relazione all'iter disegno di legge Franceschini-Giacomelli di riforma dell'intervento dello Stato nel settore
cinematografico-audiovisivo (vedi "Key4biz" del 29 gennaio 2016, "Rivoluzione cinema: ma come saranno
allocate le risorse?"), perché il Tar mette in discussione lo spirito stesso della riforma del 2014: ovvero del
"quantitativo" rispetto al "qualitativo".
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L'iter del ddl Franceschini (Atto Senato n. 2287) approvato nel Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2016, è
in fase evoluta di dibattito parlamentare, nel tentativo di "congiunzione" cioè "compromesso" con la più
radicale (e... "qualitativa") proposta di legge-quadro promossa da Rosa Maria Di Giorgi, comunicata alla
Presidenza del Senato il 24 marzo 2015 (Atto Senato n. 1835). Peraltro, lo stesso Franceschini sta
lavorando ad un novello "Codice dello Spettacolo" che dovrebbe affrontare la scottante materia.
Ricordiamo che stiamo quindi trattando di pubbliche sovvenzioni per complessivi 141 milioni di euro a
favore delle attività di teatro, musica, danza, circhi, spettacolo viaggiante, ovvero oltre un terzo della
dotazione totale del Fus (che è stata nel 2015 di 406 milioni di euro, sempre ricordando che le fondazioni
lirico-sinfoniche assorbono, da sole, un incredibile 41% del totale, ovvero 182 milioni di euro).
Il Ministero corre tempestivamente ai ripari, ma nel mentre si prospetta una paralisi di dimensioni
impressionanti, e prevediamo che sarà presto necessario un intervento "dall'alto", ovvero un decreto legge
promosso da Franceschini e benedetto da Renzi in sede di Consiglio dei Ministri. Il Ministro ha precisato
oggi: "Se c'è una sentenza del Tar che annulla il decreto, naturalmente noi ci attiveremo al Consiglio di
Stato, con tutte le cose che si devono fare per chiedere che venga modificata quella sentenza. Sono
fiducioso, perché ci sono ottime ragioni che l'Avvocatura sosterrà in Consiglio di Stato... D'altronde, quando
ci sono 120 ricorsi, si può anche immaginare che, se un ricorso viene accolto, produce degli effetti; non è
che i ricorsi sono delle dichiarazioni di principio".
In verità, nel caso in ispecie, con la sentenza n. 07479/2016, a firma del Presidente (ed estensore),
Leonardo Pasanisi (magistrato che presiede la Seconda Sezione Quater), il Tar manifesta non soltanto una
formale critica ad un decreto ministeriale, ma propone anche delle... "dichiarazioni di principio" sostanziali:
in sintesi, il finanziamento della cultura non può avvenire attraverso meccanismi prevalentemente
quantitativi, e deve invece essere soprattutto la qualità il criterio discriminante (si apre poi un capitolo
infinito su cosa si possa e debba intendere per "qualità", ma questo è un altro discorso). Il Tribunale
Amministrativo va oltre, arrivando infatti a sostenere che il "fattore qualitativo", ovvero esso "solo può
giustificare l'intervento finanziario statale". Altro che... "automatismi" tanto invocati dai neo-liberisti. E che
dire, allora, del tanto decantato "tax credit" per l'industria cinematografica, basato invece su indici
prevalentemente quantitativi?! Indirettamente, il Tar andrebbe a scardinare anche quell'architettura
"meccanica"...
La questione assume veramente una grande rilevanza politica, e conferma l'esigenza, ormai ineludibile, di
avviare un serio ragionamento critico, complessivo e strategico, sull'intervento della "mano pubblica" nel
sistema culturale italiano: da decenni sosteniamo questa necessità, e da anni anche sulle colonne di
questa rubrica "ilprincipenudo" su "Key4biz".
Lo Stato italiano continua infatti ad intervenire nelle politiche culturali e nelle economie mediali senza
disporre di una "cassetta degli attrezzi" adeguata: ne consegue che ogni intervento - normativo o
regolamentativo che sia - mostra piedi di argilla, non appena qualcuno cerca di comprenderne l'efficienza,
l'efficacia, e finanche il senso stesso.
La sentenza del Tar si pone come sonora bocciatura rispetto ad un regolamento ministeriale che s'è
impropriamente elevato a norma di legge: molti osservatori critici (tra cui chi redige queste noterelle), a suo
tempo, l'avevano denunciato, ma non son stati ascoltati. Il Tar sentenzia, in sostanza, che il decreto
ministeriale a firma Nastasi "non è lo strumento adeguato" per riformare l'intervento pubblico a favore dello
spettacolo.
La vicenda specifica del nuovo "regolamento" sul Fus è stata peraltro oggetto di approfondita attenzione,
sulle colonne di "Key4biz" (vedi, da ultimo, "Fus: nuove iniziative e progetti speciali, ma il decreto Nastasi
può migliorare", su "Key4biz" del 16 dicembre 2015), anche perché sintomatica dei deficit cognitivi che il
sistema pubblico di sostegno alla cultura continua ad evidenziare: deficit che riguarda lo spettacolo, così
come i finanziamenti all'editoria o alle emittenti radiofoniche e televisive locali o ai beni culturali. Il problema
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si pone a 360 gradi, Rai inclusa ovviamente.
Ricordiamo: nell'estate 2015, sono stati resi noti i risultati della prima concreta applicazione del cosiddetto
"decreto Nastasi" (dal nome dell'allora Dg del Ministero, Salvo Nastasi, da un anno Vice Segretario alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri) emanato nell'estate del 2014, che ha rivoluzionato gli storici
meccanismi di sostegno pubblico allo spettacolo - attraverso quel che è stato definito "l'algoritmo della
rottamazione" - e nel mondo del teatro e della musica italiani si son registrati umori neri da una parte di
operatori del settore.
Soggetti storicamente sovvenzionati - e spesso altamente qualificati - sono stati esclusi, e ciò ha
determinato inevitabili reazioni di rabbia, mentre molti nuovi entranti (di cui una parte significativa "under
35") hanno apprezzato lo scardinamento di fatto di un "assetto storico" del sistema. Molti si son dichiarati
soddisfatti (a partire dai nuovi entranti, naturalmente), ma si son registrate proteste, assemblee, lettere
aperte, interrogazioni parlamentari, istanze di accesso agli atti, ed infine gli immancabili ricorsi al Tar... Oltre
120 ricorsi: nella storia d'Italia, non s'era mai registrata una "resistenza" così impressionante.
Il pronunciamento del Tar laziale del 28 giugno 2016 accoglie specificamente le contestazioni del milanese
Teatro dell'Elfo-Puccini e della parmense Fondazione Teatro Due - entrambi rappresentati in giudizio
dall'avvocato Beniamino Caravita Di Toritto - secondo alcuni le più "pesanti" sugli oltre 120 ricorsi
presentati a seguito delle assegnazioni decise con il "decreto Nastasi".
Viene contestato anche il cosiddetto famigerato "algoritmo", che caratterizzava il decreto ministeriale. La
sentenza del Tar stabilisce che il decreto, che affida ad un algoritmo, in base a determinati criteri,
l'assegnazione delle quote del Fus ai vari richiedenti, determina una "grave svalutazione della qualità
artistica" dei progetti, mentre, di conseguenza "privilegia irragionevolmente gli indici quantitativi". Continua
la magistratura amministrativa: "Il passaggio dalla logica dell'intervento 'a pioggia' a una logica
maggiormente selettiva è apprezzabile, ma il passaggio attraverso il ricorso ad indici quantitativi largamente
prevalenti appare irragionevole".
Più specificamente: "L'Amministrazione invoca i benefici di una maggiore 'oggettivazione' dei parametri di
riferimento, che si basa sull'adozione di indici e algoritmi. Ma il Collegio ritiene che questo sistema finisca
con il rappresentare, di fatto, un'abdicazione al difficile ma ineludibile compito di una valutazione
(percentualmente ma anche sostanzialmente) adeguata del fattore qualitativo, che solo può giustificare
l'intervento finanziario statale in subiecta materia". E quindi il Tar sentenzia: "Queste considerazioni
conducono a ritenere l'illegittimità anche "sotto il profilo sostanziale dell'intero sistema di valutazione
stabilito dall'art.5 del Decreto Ministeriale 1 luglio 2014, unitariamente considerato come basato su criteri e
fasi tra loro praticamente inscindibili".
Pesante anche un altro passaggio della sentenza: "il Decreto Ministeriale ha natura sostanziale di
regolamento, ed è stato emanato in violazione delle disposizioni procedimentali che prevedono, tra l'altro, il
parere obbligatorio del Consiglio di Stato (che non risulta essere stato acquisito)". Ciò consente di "rilevare
la radicale illegittimità, anche a prescindere dagli ulteriori profili attinenti alla violazione dell'art.117 della
Costituzione".
La bocciatura è quindi formale e sostanziale.
Al di là delle inquietanti immediate conseguenze nell'economia del settore dello spettacolo, non resta che
augurarsi che il Ministro voglia fare in modo che quanto accaduto possa stimolare un "rilancio" di lungo
respiro, e la rimessa "in gioco"... ovvero la ri-definizione delle "regole del gioco", che deve avvenire
attraverso ampie pubbliche consultazioni ed un articolato dibattito parlamentare: sereno e strategico, oltre
che sinceramente autocritico. Il sistema culturale italiano ne ha necessità, non si può continuare a
governare in modo così "nasometrico", teorizzando bene ma razzolando male... è di lunedì scorso la
pesante accusa mossa in prima pagina dal quotidiano diretto da Marco Travaglio, che ritiene che
Franceschini dipenda troppo da lobby come l'Anica (vedi l'articolo di Tommaso Rodano, "Il grande
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banchetto del cinema italiano" su "il Fatto Quotidiano" del 27 giugno).
La sentenza del Tar del Lazio dimostra che, a là Bartoli, "gl'è tutto sbagliato, gl'è tutto da rifare".
Franceschini deve anzitutto dotarsi di strumentazione tecnica adeguata, per navigare in quel mare che c'è
tra il dire ed il fare. Il suo spirito di riforma è apprezzabile, ma corre il rischio di costruire castelli di sabbia,
se non si dota di analisi di impatto, valutazioni di efficienza ed efficacia.
Buona parte delle criticità del Fondo Unico dello Spettacolo (incluse queste ultime) sarebbero peraltro state
evitate, se la prevista "Relazione annuale al Parlamento sul Fus" sulla gestione del Fondo fosse stata quel
che il legislatore del 1985 avrebbe voluto fosse, e non fosse stata ridotta ad un documento a circolazione
semi-clandestina, assolutamente deficitario di dati ed analisi critiche. Tante volte, anche su queste colonne,
abbiamo denunciato il depotenziamento della struttura ad hoc prevista dalla legge, l'Osservatorio dello
Spettacolo del Ministero. A distanza di vent'anni, si deve rimpiangere, ancora una volta, che una proposta
per l'istituzione di una commissione di indagine parlamentare sul Fus, a suo tempo promossa da Alfonso
Pecoraro Scanio (XIII Legislatura, doc. XXII n. 3 del 13 maggio 1996), non abbia mai visto lo sviluppo
dell'iter... Non è mai troppo tardi, per riprendere quella saggia previsione.
Clicca qui, per leggere la Sentenza n. 07479/2016 del Tar del Lazio depositata il 28 giugno 2016, che
annulla il "decreto Nastasi" del 1° luglio 2014 di ripartizione del Fondo Unico dello Spettacolo (Fus).
Presidente ed estensore Leonardo Pasanisi, consiglieri Francesco Arzillo e Cecilia Altavista.
Clicca qui, per leggere la proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa di Alfonso Pecoraro Scanio:
"Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione del Fondo Unico per lo
Spettacolo", XIII Legislatura, Doc. XXII n. 3, presentata il 13 maggio 1996.
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Ha cominciato in una agenzia di pubblicità, da 20 anni sta con la stessa donna e ha tre figli È regista e
sceneggiatore. La sua ambizione? Rimanere un «perfetto sconosciuto»
Paolo Genovese
«Sono timido, volevo fare l'astronauta Il successo ? Ora posso proporre di tutto» Un film sbagliato Il
prossimo film preferisco sbagliarlo piuttosto che fare qualcosa di banale. Se segui sempre il solco fai
fotocopie sbiadite I riflettori Non mi sento a mio agio sotto i riflettori, non sono un tipo glamour e non faccio
vita mondana. Apparire non mi piace
Stefania Ulivi
Non frequenta, non coltiva, non compare. I salotti si diverte ad allestirli sui set dei suoi film, gli scatti dei
fotografi che predilige sono quelli di scena. I giornali li legge in cerca di spunti ma non muore dalla voglia di
essere lui l'argomento principale. Insomma, un aspirante perfetto sconosciuto, Paolo Genovese, il regista e
co-sceneggiatore della fortunata commedia che lo ha messo sotto i riflettori. Perfetti sconosciuti , appunto,
un successo oltre da 17 milioni di euro di incasso, venduto in tutto il mondo, remake in programma in 30
Paesi, premiato al Tribeca di De Niro, miglior film ai David di Donatello, in lizza nella cinquina commedia dei
Nastri d'argento in programma domani a Taormina dove sarà premiato il suo cast (Giuseppe Battiston,
Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher e Kasia Smutniak). «È
vero sì, apparire non mi piace. Sono un timido, non mi sento a mio agio sotto i riflettori. Preferisco parlare
attraverso i miei film. Non sono un tipo glamour, sono legato alla stessa donna da vent'anni, non faccio vita
mondana. Per un attore è diverso, la popolarità in quel caso fa parte della misura del successo. Mi piace
l'identificazione, che il pubblico venga a vedere una tua cosa e ci si riconosca, che venga apprezzato il
lavoro che fai. È già abbastanza da narcisi questo, non mi serve altro». Romano, classe 1966, segno
zodiacale Leone, maturità classica al Giulio Cesare (il liceo di corso Trieste «dove Nietzsche e Marx si
davano la mano», celebrato da Antonello Venditti e frequentato, negli anni, da Marco Pannella, Maurizio
Costanzo, Serena Dandini), una laurea in economia e commercio, tre figli. A fare il regista da bambino non
ci pensava proprio. «Puntavo a cose tipo il calciatore o l'astronauta. Ma raccontare storie è la cosa che mi è
sempre piaciuta di più».
Incantesimo
Che potesse diventare un lavoro lo ha capito facendo il pubblicitario. Insieme all'amico Luca Miniero. «Ho
iniziato a lavorare dopo l'università, non vengo da una famiglia ricca. Con Luca ci siamo ritrovati insieme in
un'agenzia di pubblicità, ci venivano bene gli spot». Talmente bene che si sono licenziati e hanno
cominciato con il cinema, grazie all'accoglienza del loro primo cortometraggio, Incantesimo napoletano.
«L'incredibile storia della famiglia Aiello», integralisti partenopei in cui nasce una bambina che parla in
milanese, diventato poi un lungometraggio. «Era il 1998, vincemmo premio della Giuria a Locarno». Hanno
fatto film a quattro mani fino al 2010, poi le strade si sono separate. «Il legame è rimasto ma ognuno fa il
suo».
Attraverso i film, a saper leggere tra i fotogrammi, racconta molto anche di sé. Per esempio, con Immaturi
(che sta diventare serie tv, con la regia dell'amico Rolando Ravello. «Continuavano a chiedermi il terzo
episodio ma io non me la sentivo. Visto che c'è ancora da raccontare, farne una serie è la soluzione
giusta») condivise la sua paura dell'esame di maturità e «l'incubo ricorrente di essere costretto a sostenerlo
di nuovo». Sei anni dopo, con Perfetti sconosciuti ha affidato a Marco Giallini-Rocco qualcosa che ha molto
a cuore: la sua idea di paternità, condensata nella telefonata con la figlia adolescente. La confidenza
sottintesa nel racconto della sua prima volta. «Ho una figlia di dodici anni. Ecco, quella è la telefonata che
mi piacerebbe vivere, racconta di una fiducia tra padre e figlia che ti devi essere conquistato e che viene
ripagata. Ma non sarò così bravo probabilmente. Però mi piace immaginare che potrei esserlo».
Spirito di gruppo
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Che non sia un narciso egocentrico, Genovese, si intuisce anche dal fatto che racconta sempre storie
collettive. «È vero ho sempre fatto film corali». A dire la verità, ammette, un film per un protagonista unico
ce l'ha in punta di penna. «Ma sta lì, in attesa. Mi piacerebbe scrivere per un attore solo, ma poi quando
penso nuovo film lo immagino di gruppo. Allargo sempre per avere più punto di vista. Uno non mi basta. E
poi nel gruppo si generano risorse. Sarà forse perché ho un fratello ma mi viene naturale pensare al
plurale». I suoi attori e collaboratori confermano. Genovese sul set è quel che si definisce «una chioccia».
Adesso, grazie al successo di Perfetti sconosciuti , si gode una bolla di assoluta libertà. «Oggi sono nella
fortuna condizione che qualunque cosa io proponga trovo qualcuno pronto ad ascoltare. Volessi girare una
storia d'amore tra un cocker e un babbuino pigmeo mi direbbero di sì. Ma il prossimo film preferisco
sbagliarlo piuttosto che fare qualcosa banale». Ansia da prestazione? «Certo. Ma è giusto, il successo ti dà
opportunità ma anche responsabilità. La commedia è un genere meraviglioso, ha raccontato in maniera
incredibile questo paese: Scola, Monicelli, Salvatores, Benigni. È importante ogni tanto ricordarlo,
soprattutto in un anno ricco come questo: La pazza gioia , Lo chiamavano Jeeg Robot , Quo vado? Tutti
diversi, in comune c'è l'originalità, il carattere, non la declinazione di qualcosa già visto o già fatto. Se segui
sempre il solco fai fotocopie e pian piano sono sempre più sbiadite».
La doppia vita degli oggetti
Si è spostato di poco dal quartiere di gioventù, ora abita ai Parioli. Ad arredare la casa ci pensa la moglie
Federica. «Per vent'anni ha fatto la musicista, ha suonato la viola con Ennio Morricone. Ora si diverte con i
mobili dei set, le piace riciclare. Ha cominciato per divertimento e ora ha messo su un posto suo». Si
chiama Scenography. «È diventata una sua attività. La filosofia originaria è non buttare. È qualcosa che io
condivido. Per motivi etici e perché così non perdi la memoria delle cose. Gli oggetti devono fare
compagnia, diceva Achille Castiglioni». E, a saperli ascoltare, raccontano storie. Come i cellulari di Perfetti
sconosciuti .
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Chi è
Nato a Roma nel 1966, è laureato in Economia e commercio e ha cominciato in una agenzia pubblicitaria.
Ha lavorato a lungo con Luca Miniero: i due insieme hanno diretto Incantesimo napoletano. Tra i suoi film
«La banda dei Babbi Natale», «Immaturi» e «Perfetti sconosciuti», che ha vinto il David di Donatello
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La Regina va alla guerra
L' attrice è la protagonista di "Il diritto di uccidere" nelle sale italiane dal 25 agosto Poi la nuova commedia
"on the road" di Paolo Virzì al fianco di Donald Sutherland Mirren: "I ruoli ci sono basta prenderseli"
SILVIA BIZIO
LOS ANGELES SETTANT' anni portati con eleganza sexy: Dame Helen Mirren, londinese purosangue,
Oscar nel 2007 per The Queen, torna sugli schermi col dramma di guerra e spionaggio Il diritto di uccidere,
sull'uso dei droni nei conflitti (in Italia dal 25 agosto).
L'attrice lavora instancabilmente: lo scorso anno ha calcato le scene del West End a Londra in un
adattamento di Elizabeth II (è decisamente specializzata nella Regina che le ha conferito il titolo onorifico),
mentre al cinema l'abbiamo vista di recente in Hitchcock (era Alma, la moglie del celebre regista) e
Trumbo. La Mirren è sposata dal 1997 con il regista americano Taylor Hackford. In Il diritto di uccidere,
diretto da Gavin Hood e prodotto da Colin Firth, Dame Mirren recita la colonella britannica Katherine
Powell, che dopo aver inseguito per anni una connazionale divenuta terrorista, la rintraccia in Kenya con
l'aiuto dei droni. Il suo dilemma è: ordinare un attacco - sempre coi droni - rischiando vittime innocenti? Il
danno collaterale è moralmente accettabile pur nel contesto della lotta al terrorismo? «Pensiamo ai piccoli
droni silenziosi come una mosca», dice la Mirren, al telefono dalla sua masseria in Puglia pochi giorni prima
della partenza per New York e Atlanta, dove sarà impegnata nei prossimi mesi per le riprese del nuovo film
di Paolo Virzì The leisure seeker accanto a Donald Sutherland. «La guerra di spionaggio si sta aprendo a
nuove frontiere, immaginabili solo nei romanzi di Dan Brown. Ma quello che un tempo era solo fiction sta
diventando realtà». Mirren ha da poco finito di girare Collateral beauty con Will Smith, storia dark e
sofisticata imperniata intorno all'idea della bellezza che può emergere da situazioni molto scabrose. Come
non bastasse, ha anche fatto un piccolo ruolo nel prossimo Fast & Furious 8.
Dame Mirren, "Il diritto di uccidere" ha già fatto discutere molto...
«È vero, ci sono state reazioni forti, nel senso positivo del termine. È un film che fa pensare. Credo tocchi
nervi scoperti, ciascuno di noi si sente personalmente coinvolto. È una sorta di dramma legale dove gli
spettatori sono la giuria. Ognuno avrà un'opinione, e in questo senso è un film che funziona».
Mostra le zone grigie della guerra.
«Esatto. I nostri militari affrontano decisioni difficili, e le devono prendere per di più in una frazione di
secondo. Siamo noi che chiediamo loro di farlo. E spesso gli ufficiali in comando vengono criticati
duramente, altre volte ricevono medaglie. E a volte è la stessa decisione che procura critiche o medaglie».
Come si è sentita nel ruolo di un militare? «È stato curioso. Da giovane la sola idea del servizio militare era
un incubo. Non riuscivo a immaginare niente di più orrendo.
Ma ora so che ci sono tantissime giovani che sognano la vita militare. Come il mio personaggio nel film
sentono il senso di appartenenza. Da attrice ho interpretato una donna-donna, femminile, che si realizza
pienamente come militare. Ce ne sono tante così.
Nel film il pubblico deve semplicemente accettarla così com'è. Per non parlare della gioia di essere pronta
al mattino per la cinepresa in cinque minuti: niente trucco!».
Cosa ci dice del film di Virzì? «È una commedia agrodolce, ma anche tragica. È la storia di due anziani che
decidono di andare "on the road" per varie ragioni che non mi sento di rivelare. Un classico "road movie",
un genere che adoro. Sono una grande ammiratrice del cinema italiano, è un mondo di grandi artisti. Il
cinema è parte del vostro dna. Ricordo che anni fa, in Italia, molta gente diceva che il cinema italiano era in
crisi, che i film erano una schifezza.
A me invece sembra che ci siano cose molto interessanti». Conosceva i film di Virzì? «Un paio, poi
ovviamente mi sono andata a vedere tutta la sua filmografia. Notevole.
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ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/07/2016 - 01/07/2016
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Paolo parla della vita in modo molto umano, è spiritoso, spontaneo. Grande autore. Sa che non ci siamo
ancora incontrati? Abbiamo parlato molto su Skype, questo sì. La bellezza dell'era digitale. Ci vedremo tra
poco in America. Ci sarà anche Donald Sutherland.
Che attore magnifico».
Come cittadina britannica cosa pensa della Brexit? «Ero in Italia quando hanno votato, venivo da Israele.
Vivo a New York. Insomma sono fuori dal mio paese da qualche tempo. Cose così spaccano in due un
paese, e le due parti divise ora si guardano male senza capirsi a vicenda. Quelli che volevano lasciare
l'Europa non avevano capito bene le conseguenze di quella decisione, forse era più informato chi ha votato
per rimanere. Per me lasciare l'Europa equivale a una tragedia. Confesso che ancora spero di svegliarmi
domattina per scoprire che è stato tutto un sogno. Anziché questo incubo».
Quindi lei sosteneva il "remain"? «Ma certo! Spero che questo almeno funzioni da sveglia per la Gran
Bretagna, ma anche per l'Italia, la Francia e gli altri paesi europei: mentre finisce l'era industriale e inizia
l'era tecnologica un'intera generazione verrà lasciata indietro. Nessuno ci guadagna».
Sappiamo che lei è una collezionista d'arte. Ha scoperto qualche pittore di valore? «Collezionista è
esagerato, sono un'amante della pittura. Sono troppo tirchia per essere una collezionista! (ride, ndr)
Insomma, non sono sufficientemente ricca per acquistare pezzi di valore. A me e a mio marito però piace
scoprire artisti nuovi».
Dame Mirren, lei ha 70 anni eppure sembra sfidare la regola che dopo una certa età Hollywood rifiuta le
donne.
«Funziona che superati i 50 anni devi accettare di non poter più recitare certi personaggi e accogliere tutto,
insieme a un sano invecchiamento. Ci sono bei personaggi per tutte le età».
DRONI
I militari affrontano decisioni difficili, in una frazione di secondo. Siamo noi che chiediamo loro di farlo
CINEMA ITALIANO
Sono una grande ammiratrice dei vostri autori Il cinema è parte del dna italiano È molto
interessante
BREXIT
Confesso che ancora spero di svegliarmi domattina per scoprire che è stato tutto un sogno
Foto: IL FILM Sotto, Helen Mirren è la colonnella britannica Katherine Powell che insegue una
connazionale diventata terrorista Al centro, una scena di "Il diritto di uccidere". Sopra, Paolo Virzì. In alto, l'
attore scomparso Alan Rickman nel film
01/07/2016
Pag. 41
diffusione:234691
tiratura:339543
Impegno, autori e tanta comicità Il cinema italiano e le sfide del 2017
Presentato a Roma il listino Medusa A Natale Aldo Giovanni e Giacomo
ARIANNA FINOS
ROMA VARIAZIONI comiche e il giusto impegno. Medusa presenta il listino della seconda metà dell'anno e
festeggia i dati della prima: 100 milioni di incassi, 22 per cento di quota di mercato, grazie a Quo vado? e
Perfetti sconosciuti. E per la prossima stagione dichiara un investimento di 40 milioni: 30 sul cinema italiano
e 8/10 per acquisti oculati all'estero. Un incremento di cinque milioni rispetto allo scorso anno da dedicare
«a progetti di giovani autori italiani. Il nostro cinema è vivo, specie quando esce dai canoni e osa di più.
Penso anche al fenomeno Lo chiamavano Jeeg robot », spiega l'amministratore delegato Giampaolo Letta.
«Il listino della prossima stagione sarà nel segno della nostra tradizione: molto cinema italiano, al centro
un'offerta diversificata di commedie, e qualche film americano di peso, Il grande gigante gentile di Steven
Spieberg e Deepwater horizon con Mark Wahlberg». Ecco i grandi classici Aldo, Giovanni e Giacomo che
festeggiano i venticinque anni di attività in versione ottuagenari da ospizio con Fuga da Reuma Park (sarà il
film di Natale) e la coppia di comici televisivi Nuzzo-Di Biase che propone Liste civetta. Antonio Albanese e
Paola Cortellesi sono genitori che si rimpallano i figli in Mamma o papà di Riccardo Milani, una anti Kramer,
Maccio Capatonda racconta in Chi l'acciso l'ossessione contemporanea per la cronaca nerissima, Enrico
Lando è il figlio buono e ignaro del boss in Quel bravo ragazzo. E poi Ficarra e Picone, Carlo Vanzina con
Salemme-Ghini ( Non si ruba in casa dei ladri) e I babysitter Mandelli-Ruffini. Tra i progetti per ora senza
titolo i nuovi film di Checco Zalone e Paolo Genovese. Sul fronte cinema d'autore Medusa spera di
continuare la proficua collaborazione con Paolo Sorrentino, punta su Riccardo va all'inferno di Roberta
Torre e intanto spera di presentare a settembre alla Mostra di Venezia Indivisibili, il film di Edoardo De
Angelis su una coppia di gemelle siamesi (le attrici Angela e Marianna Fontana). «Un progetto interessante,
che unisce diverse tinte forti. Il rapporto tra queste due sorelle, tenero e affettuoso, contrasta con il contesto
di degrado morale e ambientale in cui si svolge la storia, intensa ed emozionante. L'abbiamo proposto alla
Mostra perché pensiamo che un festival internazionale sia giusto per questo film e per un autore che a
Venezia aveva già presentato Perez due anni fa. De Angelis è un regista che ci regalerà sorprese nel
futuro, noi crediamo in lui e continueremo sostenerlo anche nei prossimi film». www.medusa.it
www.festivaldispoleto.com PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: USCITE L'ad di Medusa Giampaolo Letta Sopra, A, G & G
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R2 Cinema
01/07/2016
Pag. 30
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tiratura:152577
Delitti & commedie
Gloria Satta
La storia «a tinte forti» di due gemelle siamesi nella terra degradata della camorra potrebbe sbarcare alla
Mostra di Venezia: Indivisibili , il nuovo film di Edoardo De Angelis ambientato a Castel Volturno, è
attualmente al vaglio dei selezionatori del Festival con la speranza di ritrovarsi (insieme con i quasi sicuri 7
minuti di Placido e Questi giorni di Piccioni) tra i titoli italiani invitati in Laguna. Sarà comunque nelle sale a
settembre. Intanto Checco Zalone, re degli incassi di sempre con i 65 milioni totalizzati da Quo vado? , e
Paolo Genovese regista della commedia dei record Perfetti sconosciuti (17 milioni al botteghino) si sono
rimessi al lavoro per replicare i rispettivi exploit: il nuovo film di Checco, sempre diretto da Gennaro
Nunziante, irromperà nei cinema a Natale 2017 e quello di Genovese, che sta pensando a un altro soggetto
vincente, sarà distribuito un po' prima, in autunno. CAMPIONI De Angelis, Zalone, Genovese sono i
campioni del nuovo listino Medusa, distribizione leader in Italia con la quota di mercato, da gennaio a oggi,
del 22 per cento. Dal 1995 al 2016 (primo semestre) ha prodotto e distribuito 713 film di cui 316 italiani e
397 stranieri, investendo nel cinema nazionale 972 milioni. Ora, sotto lo slogan «Il cinema per noi non ha
segreti» e con 40 milioni di investimenti per questo 2016, si prepara a mandare nelle sale una quindicina di
titoli, a maggioranza italiani con qualche testa di serie internazionale: il disaster-movie Deepwater Horizon
con Mark Welberg (ottobre), storia vera di eroismo durante l'esplosione di una piattaforma petrolifera, Il
Grande Gigante Gentile di Spielberg (1 gennaio 2017), toccante film per famiglie sulla scia d i E. T. , la
commedia tedesca blocbuster Fuck you prof (ottobre). «Il cinema italiano, in tutte le sue varianti, è più che
mai protagonista delle nostre strategie», spiega Giampaolo Letta, ad di Medusa. «In questo anno
caratterizzato da tanti successi, abbiamo potenziato gli investimenti». RISATE Nel listino la commedia fa la
parte del leone: vedremo Non si ruba in casa dei ladri di Vanzina, rilettura comica di Mafia Capitale con
Salemme, Ghini e Mattioli; I babysitter con Abatantuono, Mandelli, Ruffini; Quel bravo ragazzo che segna il
debutto da protagonista, alle prese con la mafia, del comico Herbert Ballerina; Omicidio all'italiana di
Maccio Capatonda che fa il verso all'attenzione morbosa per la cronaca nera; la nuova impresa di Ficarra e
Picone; Liste civetta con il duo di Zelig Nuzzo e Di Biase; la nuova performance di Massimo Boldi. E Natale
vedrà il ritorno di Aldo Giovanni e Giacomo che festeggiano i 25 anni di successi travestendosi da vecchi e
scappando da un ospizio in Fuga da Reumapark. Il cinema d'autore è rappresentato da Riccardo all'inferno
, il film di Roberta Torre che trasferisce la tragedia scespiriana Riccardo III nella periferia romana, e da
Mamma o papà di Riccardo Milani: remake di una fortunata commedia francese, ha per protagonisti Paola
Cortellesi e Antonio Albanese che si separano e litigano per non avere l'affidamento dei figli. E Paolo
Sorrentino, che sotto le insegne Medusa vinse nel 2014 l'Oscar per La Grande bellezza ? «Quando
deciderà di tornare al cinema», dice Letta, «siamo pronti a riprendere il sodalizio con lui e la produzione
Indigo».
TRA I TITOLI IN ARRIVO ANCHE BLOCKBUSTER AMERICANI COME IL GIGANTE DI SPIELBERG E
UN DISASTER MOVIE CON WAHLBERG
Foto: INDIVISIBILI Una scena del film di De Angelis su due gemelle siamesi
Foto: Mark Wahlberg
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/07/2016 - 01/07/2016
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Due gemelle siamesi in terra di camorra. I nuovi film di Zalone e Genovese. Un Riccardo III nella periferia
romana. Medusa punta sul cinema italiano. E sui suoi prodotti più tipici IL LISTINO
01/07/2016
Pag. 22
diffusione:20359
tiratura:37020
Medusa punta sulla commedia all'italiana
Da Aldo, Giovanni e Giacomo a Boldi. E le nuove pellicole di Genovese e Zalone
Giulia Bianconi
«Il cinema per noi non ha segreti». Con uno slogan che è un chiaro riferimento a "Perfetti sconosciuti",
MedusaFilm tentadi bissare il successo della pellicola di Paolo Genovese oltre al campione d'incassi "Quo
vado?" presentando una nuova stagione che punta sempre sulle commedie italiane, senza però
dimenticare il cinema che fa riflettere e puntando l'attenzioneanchesui prodotti internazionali. Vedremo
ancora sul grande schermo Checco Zalone e Genovese (anche se sul finire del 2017), mentre uscirà a
gennaio "Il GGG, Il Grande GiganteGentile" presentatofuori concorso all'ultimo Festival di Cannes. E chissà
che la società del gruppo Mediaset non riesca nell'impresa persino di avere per la presentazione italiana
del film il regista Steven Spielberg, che sarà in autunno a Bologna per girare il suo prossimo lavoro. Tra i
sedici titoli del listino 2016/17 di Medusa Film, presentati ieri mattinanella sede romana di viale Aventino, ci
sono tredici commedie italiane e tre film stranieri. «L'intento è quello di offrire una varietà di pellicole,
soprattuttonostrane, cercandodipuntare sugiovani e nuovi linguaggi» ha spiegato GiampaoloLetta,
vicepresidente e amministratore delegato della società che illustrerà il listino anche la prossima settimana
nel corso del Ciné-Giornate estive di cinema a Riccione. La nuova stagione di Medusa Film si apre con
"Indivisibili" di Edoardo De Angelis (lo stesso di "Perez"), intensa storia di due gemelle siamesi di Castel
Volturnochepotrebbeesserepresentataal Festival di Venezia prima diapprodare in sala a settembre. Si va
avanti a ottobre con l'esordio come protagonista di Herbert Ballerina (spalla di Maccio Capatonda) in "Quel
bravo ragazzo" nei panni di un goffo 35enne che scopre di essere il figlio di un boss mafioso in fin di vita.
Oltre a Spielberg c'è spazio anche per altri due titoli internazionali in uscita a ottobre: il disaster movie con
Mark Wahlberg "Deepwater Horizon" e il secondo capitolo del successo tedesco "Fuck you, prof! 2".
Giovanni Bognetti da sceneggiatore debutta alla regia a novembre ne "I babysitter" con Diego Abatantuono,
Francesco Mandelli e Paolo Ruffini, mentre i fratelli Vanzina saranno al cinema con "Non si ruba in casa dei
ladri"che vede protagonistiVincenzoSalemme e Massimo Ghini di una commedia ironica e d'attualità, tra
scandali politici e truffe nella Capitale. A Natale si festeggiano i 25 anni di Aldo, Giovanni e Giacomo sul
grande schermo con "Fuga da Reuma Park", con un cameo di Ficarra & Picone protagonisti a loro volta di
un film che uscirà a gennaio il cui titolo èancora da definire. Trai nuovi progettici sono anche lapellicola
politically incorrect "Mamma o Papà" di Riccardo Milani con la nuova coppia Antonio Albanese e Paola
Cortellesi, il film di Maccio Capatonda "Omicidio all'italiana", la nuova commedia di Massimo Boldi,
"Riccardo va all'inferno" di Roberta Torre che dirige in chiave moderna e romana il "Riccardo III" e "Liste
Civetta" con Nuzzo e Di Biase di "Quelli che il calcio". Per vedere i nuovi film di Genovese e Zalone
(sempre diretto da Gennaro Nunziante) bisognerà invece attendere almeno la seconda parte del 2017. E le
aspettative sono alte visto che "Perfetti sconosciuti" ha incassato oltre 17 milioni di euro, mentre" Quo
vado?" è andato addirittura oltre i 65 milioni. Per Medusa Film già la prima parte del 2016 è un anno da
ricordare: la società si è confermata leader tra le case italiane di distribuzione raggiungendo una quota di
mercato del 22,2% con un valore di oltre 100 milioni di euro. Dal 1995 a oggi ha prodotto e distribuito 713
pellicole, di cui 316 italiane e 397 straniere. L'investimento nel cinema nostrano è stato quasi di un miliardo,
la metà per quello straniero.
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Il listino della prossima stagione
01/07/2016
Pag. 23
diffusione:20359
tiratura:37020
L'addio di Bud Spencer come un film Terence Hill saluta commosso
l'amico
I vip al funerale Enrico Vanzina e Franco Nero «Era un uomo buono e umile»
Francesca Pizzolante
Èuscito per sempre di scena sulle note dei suoi film. L'ultimo viaggio di Bud Spencer, al secolo Carlo
Pedersoli, è avvenuto così, cinto dall'affetto della sua famiglia, amici, conoscenti e i tantissimi fan che
hanno sfidato la calura estiva pur di dare l'ultimo saluto al gigante buono, eroe adolescenziale di migliaia di
giovani. Un volto che nessuno scorderà tanto facilmente, perchè Bud Spencer ha cullato intere generazioni,
entrando nelle case di tutti diventandone un po' uno di famiglia. Nel giorno del suo ultimo addio c'era
soprattutto lui, Terence Hill. Tra i primi ad arrivare, visibilmente commosso, è entrato da una scala laterale
per evitare l'assedio delle telecamere. A lungo i loro due nomi sono stati pronunciati solo in coppia e l'attore
è arrivato nella Chiesa degli Artisti, in piazza del Popolo a Roma, per i funerali del compagno di tanti film a
base di scazzottate. Occhiali da sole e cappellino da baseball in testa, Hill ha guadagnato l'ingresso della
chiesa tra gli applausi dei tantissimi fan presenti, e ha raggiunto altri amici e colleghi presenti: tra questi, i
fratelli Carlo ed Enrico Vanzina, Dario Argento, Massimo Ghini, Nicola Pietrangeli, il produttore Fulvio
Lucisano e l'ex sindaco della capitale Gianni Alemanno. «Bud Spencer era un gentiluomo napoletano, un
uomo buono e di grandissimo talento», ha detto Enrico Vanzina. Franco Nero lo ricorda come «una
persona di grande umiltà e solare», mentre Fulvio Lucisano, che ha prodotto alcuni dei suoi film, tra i quali
"Dio perdona io no", ne sottolinea la disponibilità, «era una bravissima persona». All'interno della chiesa,
addobbata con fiori bianchi e azzurri e dove c'è la famiglia di Bud Spencer, sotto l'altare sono stati posti i
gonfaloni del Coni e del Comune di Roma. Bud Spencer era quello che menava sganassoni sempre in
coppia con l'amico Terence Hill. L'omone barbuto degli spaghetti western degli anni '70, quelli che hanno
conquistato generazioni di ragazzini innamorati dei due scanzonati protagonisti di Lo chiamavano Trinità.
Ma Carlo Pedersoli, classe 1929, è stato in realtà protagonista di una carriera lunga e poliedrica nella
quale, accanto ai film più popolari, c'è stato spazio per il thriller (diretto da Dario Argento in "Quattro
mosche di velluto grigio"), per il cinema d'autore con Ermanno Olmi e persino per il dramma di denuncia
civile con Torino nera di Carlo Lizzani. Tante esperienze, tanti successi, e anche un po' di amarezza per
non essere abbastanza considerato da quel mondo del cinema in cui era entrato un po' per caso finendo
per dedicargli la vita: «In Italia io e Terence Hill semplicemente non esistiamo - si lamentava negli ultimi
anni - nonostante la grande popolarità che abbiamo anche oggi tra i bambini e i più giovani. Non ci hanno
mai dato un premio, non ci invitano neppure ai festival». L'ultima apparizione in tv era stata nel 2010 con "I
delitti del cuoco", fiction di Canale 5. E l'anno scorso era stato festeggiato a Napoli con una medaglia e una
targa per la sua lunga carriera che gli aveva consegnato il sindaco De Magistris a Palazzo San Giacomo in
nome della sua città. Insieme o separati, Bud Spencer e Terence Hill hanno scritto momenti diversi e
importanti di alcune tra le stagioni più felici della produzione italiana che nessuno potrà mai cancellare.
Foto: Esequie Uno striscione sul carro funebre con la salma di Bud Spencer dopo il rito nella Chiesa degli
Artisti di Piazza del Popolo
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/07/2016 - 01/07/2016
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Il tributo di Roma
01/07/2016
Pag. 23
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tiratura:387811
La stella di Hollywood Olivia de Havilland è l'ultima in vita del cast di «Via col vento»
Maria Luisa Agnese
I l miglior tributo alla splendente terza vita di Olivia de Havilland, la Melania di «Via col vento» che oggi
compie 100 anni, è andare a vedersi le sue interviste su Youtube, ma non quelle di quando era l'attrice
trionfante baciata da due premi Oscar («A ciascuno il suo destino» e «L'ereditiera»), ma quelle di oggi dove
una signora dal volto elegante incorniciato da grosse perle e lo sguardo che a tratti si riaccende come
quello di Melania, spiega con garbo e intatta lucidità di centenaria perché allora, nel 1939, fu lei a voler
scegliere quella parte e non l'altra, apparentemente più intrigante e vittoriosa, quella della civettuola
Scarlett destinata a catturare tutti i cuori sullo schermo nel film d'amore più visto al mondo. «Melania era
diversa. Aveva delle vere e profonde qualità femminili, che io sentivo che in quel periodo erano piuttosto a
rischio e che invece devono essere tenute vive di generazione in generazione. Intendo dire che Melania
pensava sempre agli altri prima che a sé, era accudente, compassionevole, e il bello è che era anche
sempre serena, una persona felice».
E così la grande diva, ultima sopravvissuta del cast di «Via col Vento», ribalta un cliché che a lungo ha
lavorato nelle nostre teste e che ci faceva pensare alla moglie del bel Ashley come alla «povera Melania»,
troppo buona e quasi insignificante di fronte alla prorompente fame di vita della capricciosa cognata. Ma
questa appassionata difesa di Melania fatta dalla sua pervicace interprete ribalta non solo il cliché
cinematografico ma anche la vulgata sulla figura della stessa Olivia de Havilland, spesso raccontata come
donna molto diversa da quegli sguardi carezzevoli che lanciava sullo schermo: in realtà sarebbe stata un
peperino che seppe opporsi alle leggi-capestro di Hollywood e che ingaggiò una battaglia con la Warner
per essere libera di interpretare personaggi meno stucchevoli di quelli che gli studios le volevano imporre. E
che combatté tutta la vita una battaglia estenuante con la sorella/rivale, Joan Fontaine, di un anno più
giovane, attrice di grande talento anche lei, prediletta da Hitchcock che la volle in «Rebecca» e nel
«Sospetto».
Rivali fin da piccole nel contendersi l'amore della mamma, attrice pure lei che alle piccole insegnava arte e
musica e recitava Shakespeare, e poi via via sempre più conflittuali fino a quel fatale 1942, quando
entrambe si trovarono candidate all'Oscar come miglior attrice (per il «Sospetto» Joan e per «La porta
d'oro» Olivia): vinse la più giovane e leggenda vuole che snobbò sdegnosamente la sorella maggiore che si
faceva avanti per congratularsi con lei. Da lì incomprensioni continue e contese anche sulla prole, con Joan
infastidita perché i suoi figli continuavano a vedere in segreto la zia.
Ma chissà quanto tutto ciò è mitologia mediatica, e quanto è verità. Tanto più che spesso i sentimenti fra
sorelle si fanno cangianti e difficili da districare. E il dubbio diventa sostanzioso davanti alla foto di Bob
Beerman che colse le sorelle proprio quella sera dell'Oscar, mentre sembrano sostenersi a vicenda a mani
intrecciate in una gara strepitosa di sguardi e incantevoli lineamenti.
Tutta finzione? È Hollywood bellezza, si potrebbe dire. Ma a guardare la saggia centenaria di Youtube nella
serenità della sua casa parigina (dal 1956 vive là, dopo aver sposato in seconde nozze il direttore di Paris
Match Pierre Galante), viene voglia di pensare a una storia più sfaccettata e umana.
@maragnese
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Chi è
Olivia de Havilland è nata a Tokyo (ma è stata naturalizzata britannica e poi statunitense) il primo luglio del
1916 Attrice (ha vinto due Oscar, ed è la più anziana vincitrice della statuetta in vita) è la sorella maggiore
di Joan Fontaine, anche lei attrice, con la quale ebbe sempre un rapporto conflittuale
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I anni di Melania 100
01/07/2016
Pag. 23
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e di rivalità Smisero di frequentarsi e parlarsi nel 1942, dopo che Joan soffiò alla sorella maggiore l'Oscar
alla migliore attrice protagonista, al quale erano entrambe candidate (Joan per «Il sospetto» e Olivia per
«La porta d'oro») Al cinema la consacrazione è arrivata con «Via col vento» (1939) di Victor Fleming, nel
quale interpreta Melania Hamilton, accanto a Clark Gable, Vivien Leigh e Leslie Howard
Foto: Olivia de Havilland, a sinistra, in una scena di «Via col vento» per il quale ebbe la sua prima
nomination agli Academy Award,
gli Oscar: interpretava Melania. In alto nel 2010 (foto Afp; Reuters)
01/07/2016
Pag. 15 Ed. Roma
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Il documentario «Giorgia vive»
Alle 10.30 all'Anica di viale Regina Margherita 286 prima nazionale di «Giorgia vive. La storia di una fine
che è solo l'inizio» di Ambrogio Crespi, la vicenda di Giorgia Benusiglio che aveva 17 anni nel 1999 quando
rischiò di morire a causa di una pasticca d'ecstasy. saranno presenti regista e protagonista. Info:
press@indexway.
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Anica
01/07/2016
Pag. 53 Ed. Roma
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Ozpetek dà il via al FilmFest turco
Villa Borghese, emozioni sul carpet: il regista presiede la rassegna Il saluto dell'ambasciatore Sezgin,
l'omaggio degli attori italiani
Gustavo Marco Cipolla
La Casa del Cinema accende i riflettori in giardino per la quinta edizione del Film Festival Turco di Roma. A
Villa Borghese, sotto l'occhio vigile della polizia, il maxischermo immerso nel verde del teatro en plein air è
pronto per il via alla rassegna cinematografica che celebra il cinema d'autore made in Turchia con la
proiezione di otto lungometraggi in programma fino a domenica. In un'atmosfera sobria che non dimentica il
recente attentato all'aeroporto di Istanbul e, malgrado l'assenza dei cast e degli organizzatori turchi che per
comprensibili motivi non sono riusciti a raggiungere la Capitale, attori e registi italiani partecipano
all'opening della kermesse accolti dal presidente onorario Ferzan Ozpetek mentre arrivano l'ambasciatore
turco in Italia Aydin Adnan Sezgin e il direttore della Casa del Cinema Giorgio Gosetti. Perché la cultura
rimane l'arma vincente contro la violenza del terrorismo, dimostrando la volontà di andare avanti, senza
dimenticare. «Molti hanno pensato che dopo la tragedia di martedì la manifestazione sarebbe stata
cancellata. Invece abbiamo deciso insieme di restare fedeli al programma per non lasciarci intimidire da
azioni che vogliono far retrocedere con la paura le espressioni d'arte e la cultura. Questa è l'occasione per
promuovere il confronto fra due culture, due tradizioni, due concezioni sia della storia che, me lo auguro
fortemente, del futuro» spiega Ozpetek. E non stupisce che alcuni volti noti della celluloide nostrana accorsi
all'inaugurazione siano gli amici, i colleghi e i protagonisti di quelle pellicole del regista turco che restano,
con i loro quadri corali, nella memoria del cinema italiano. Ecco la bellissima Melike Ipek Yalova, Pino
Pellegrino e Serra Yilmaz, Roberto Cicutto e Piero Maccarinelli , il regista Peter Marcias , il pittore Timur
Kerim Incedayi con la figlia Irem, Gianni Romoli, Simona Caparrini , seguita da Chiara Francini, Ivan
Cotroneo, Paola Lavini, Lunetta Savino, Georgette Ranucci, Deniz Cakir, Serap Engin, presidente del
festival. Brindisi alla turca prima della proiezione del film "La ferita di mia madre", di Ozan Açiktan, sul
viaggio di Salih, ragazzo orfano alla ricerca della famiglia d'origine. Sul carpet, bollicine immancabili, foto al
backdrop, amuse bouche al salmone e veg, degustazioni di salumi e formaggi. Attesissimi ma assenti Cem
Yilmaz, già protagonista del film "Magnifica Presenza" e amico di Ozpetek che quest'anno ritorna al festival
con la commedia degli equivoci "Alì Babà e i Sette Nani" e l'attore turco e figlio d'arte Sener Sen al quale va
comunque il premio speciale alla carriera. Tra i film della rassegna, "L'assalto: un incubo", horror di Can
Evrenol, "Sivas" di Kaan Mujdeci e "Frenzy" di Emin Alper , presente all'evento. Inizia così il festival che
custodisce un messaggio di solidarietà e speranza.
Foto: Accanto, Ferzan Ozpetek con Emin Alper Più a destra, Melike Ipek Yalova In alto: a sinistra, Lunetta
Savino, al centro, Aydin Adnan Sezgin e, a destra, Chiara Francini
Foto: (foto PUCCINI)
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Week end LA SERATA
01/07/2016
Pag. 54 Ed. Roma
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L'arena dei sogni a Villa Borghese
Laura Larcan
Un venerdì da brivido con Hitchcock, un sabato tra cavalieri e dame, elfi e giganti catapultati da un mondo
fantasy, e la domenica risate sopraffine con la commedia alla francese. Ma il menu del giorno, pardon della
sera, continua per tutto il resto della settimana inseguendo i gusti del grande pubblico cinefilo. Parte oggi la
rassegna estiva "Effetto Notte" alla Casa del Cinema nel cuore di Villa Borghese, che apre gratuitamente la
sua arena- teatro (da quest'anno intitolata a un maestro indimenticabile come Ettore Scola) per un
caleidoscopico programma di proiezioni sotto le stelle (in caso di pioggia, tutti nelle sale hi-tech interne). Il
calendario è stato "costruito" dal suo direttore, Giorgio Gosetti «mischiando generi, suggestioni,
provocazioni». E la formula dei mini-festival è il suo leitmotiv. Si parte con il Film Festival Turco di Roma
presieduto da Ferzan Özpetek (fino a domenica), scoprendo, tra proiezioni pomeridiane e seriali, la migliore
selezione dal repertorio cinematografico della Turchia sia di oggi che di ieri. E si continua con i cicli del
cinema africano e quello romeno. Le proiezioni, poi, seguono il filo rosso del grande intrattenimento. Il
lunedì con l'omaggio a Dino Risi & Vittorio Gassman, il martedì con la new wave italiana, il mercoledì si
viaggia attraverso cinema&cucina, il giovedì si sogna con William Shakespeare di celluloide, gustando
un'antologia di film ispirati alle sue opere. Non mancano le novità. Per l'occasione grazie a Zètema Progetto
Cultura e a Vyta il giardino incantato del cinema è stato vestito a festa: più posti a sedere, un grande
schermo nel verde, una ristorazione in sintonia con il cinema che presentiamo. Tutto gratis.
Effetto Notte a ingresso libero Largo Marcello Mastroianni 1 Ingresso: da Piazzale del Brasile e da
qualunque accesso a Villa Borghese. La Casa del Cinema è accessibile ai visitatori disabili
Foto: A sinistra l'arena della Casa del Cinema a Villa Borghese, sotto un'immagine del film "I diari della
motocicletta"
ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/07/2016 - 01/07/2016
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LA RASSEGNA Film , musica, cucina d' autore , alla Casa del Cinema l'intrattenimento è serale
01/07/2016
Pag. 50 Ed. Marche
diffusione:113520
tiratura:152577
Riparte da Rocky il cinema che lotta
L'EVENTO
Si apre questa sera con la proiezione speciale di Rocky, nell'anno del 40esimo anniversario e in
concomitanza con la Notte Rosa della Riviera Adriatica, la 52esima Mostra Internazionale del Nuovo
Cinema. La celebre pellicola diretta da John Avildsen con protagonista Sylvester Stallone, sarà proposta al
pubblico di Piazza del Popolo a partire dalle 21,45. Ieri la presentazione al Centro Arti Visive Pescheria
della rassegna diretta da Pedro Armocida che per otto giorni esplorerà il cinema italiano di ieri e di oggi e le
nuove tendenze internazionali. Il sindaco Ricci si è detto convinto che la nuova direzione ha già impresso al
festival un ventata di rinnovamento pur nel rispetto della consolidata tradizione della mostra. Un parere
confortato anche dall'assessore alla bellezza Vimini e dal consigliere regionale Biancani che ha
riconfermato l'impegno economico della Regione per il festival diretto presieduto da Bruno Torri. Ed è stato
proprio il coofondatore della Mostra a garantire la bontà delle scelte artistiche elogiando l'intenso e
appassionato lavoro di Armocida. La presentazione alla stampa, coordinata da Christian Della Chiara è
stata l'occasione per comunicare anche la pavimentazione e sistemazione dell'attigua ex Chiesa del
Suffragio che ospiterà una mostra permanente Body Tape. Il via ufficiale domani con la retrospettiva
Romanzo popolare, con le coppie di film tra passato e presente proiettate al Teatro Sperimentale.
Seguendo la falsariga dei generi, si metterà a confronto la commedia dedicata al mondo del lavoro con I
compagni di Mario Monicelli (ore 15,00) e Tutta la vita davanti di Paolo Virzì (ore 17,15). A seguire, il
profetico e apocalittico Todo modo di Elio Petri (ore 21,00), che quest'anno compie quarant'anni. Nella
nuova Sala Pasolini del Teatro, il programma si inaugura alle 15,00 con i primi film del Critofilm. Cinema
che pensa il cinema, la prima grande retrospettiva, a cura di Adriano Aprà, sui film sul cinema. Ad aprire il
Cinema in piazza sarà il francese Saint Amour di Benoît Delépine e Gustave Kervern, presentato Fuori
Concorso all'ultima edizione del Festival di Berlino. Le ultime proiezioni della giornata saranno dedicate
nuovamente al Critofilm con 9 Minuti e 45 Secondi. La giornata si conclude alle 24 con la prima serata del
Dopofestival Il muro del suono a Palazzo Gradari con il concerto Austerità Tour Spartiti dal vivo (Max Collini
e Jucca Reverberi) e le videoproiezioni di Filippo Biagianti. La mattina di domenica inizia al Centro Arti
Visive Pescheria la Tavola rotonda Il futuro del Nuovo cinema, in cui interverranno i critici e studiosi Cecilia
Ermini, Annamaria Licciardello, Dario Marchiori, Ivelise Perniola, Daniela Persico ed Eva Sangiorgi. Il
programma al Teatro Sperimentale si apre, invece, alle 15 con Terza Liceo di Luciano Emmer e prosegue
alle 17 con i due film storici Noi credevamo di Mario Martone e Senso di Luchino Visconti, per la sezione
Romanzo popolare.
Claudio Salvi
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A Pesaro da domani e fino al 9 luglio torna la Mostra n.52 stasera anteprima in piazza con il cult che
compie 40 anni