Antonella Monti MISERERE NOSTRI

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Antonella Monti MISERERE NOSTRI
Antonella Monti
MISERERE NOSTRI
LietoColle
Libriccini da collezione
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Antonella Monti, Miserere nostri, Erato – LietoColle
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Antonella Monti, Miserere nostri, Erato – LietoColle
Prefazione
“Ciò che sono è un mistero”. Nell’ultimo verso di una bellissima poesia del
suo libro, scrive così di sé Antonella Monti. E questo sentirsi mistero,
contraddizione, slancio, solitudine, verità, finzione, bellezza, desiderio,
questa consapevolezza di essere “una sorprendente tragica meraviglia”, è
ciò che dà all’autrice l’energia per cercare attraverso la poesia l’essenza della
propria vita. L’autrice sa che il viaggio dentro l’abisso della propria anima è
senza confini, senza fondo, e che non basta una vita per compierlo. Eppure si mette in viaggio. Ha un ego robustissimo, capace di movimenti anche rapinosi, un ego raro in questo tempo di minimalismi e di eccessi di
prudenza. La poesia di Antonella Monti è la poesia di una temeraria. Ha
coraggio e sensibilità da vendere. Lontana dal tono medio e risaputo, omogeneo, di tanta poesia di oggi, è mitomodernista in una sua versione personalissima, e ha alle spalle il fantasma di un Foscolo classico, guerriero e
ruggente, e, in parte inconsapevolmente, quello di Baudelaire, con la sua
anima dilaniata, malinconica, nera, e i suoi improvvisi bagliori di luce sensuale. Invoca, all’inizio del libro, una Guida Celeste, e rompe subito la barriera cartesiana che divide la materia dal pensiero, la carne dallo spirito,
ponendo l’anima di questa Guida, che è del Cielo, sui suoi polpastrelli, che
sono di carne incisa da spirali primordiali. Intuendo tra una parola e l’altra
la musica di torrenti e ruscelli. Allungandosi “su qualche pensiero” per poter sentire l’odore della vita, il suo caleidoscopico vibrare. E’ fatta di contraddizioni: lo sa e le rivendica: “In alternanza esulto/e poi piango/e ogni
sorriso/e ogni lacrima/è un incanto”. Sa di poter essere diabolica e nera
come la notte, rossa come l’inferno. Non ne ha paura. Non teme la propria
forza anche distruttiva. Sola sul palco dell’essere, mirabile attrice di se
stessa, vi si muove sorseggiando, sbocconcellando, inghiottendo la vita e
azzannando all’orizzonte la linea dell’infinito, in cerca di “stupefacenti orgasmi di luce”. Si sente “in fermento”, come un buon vino. E si chiede se
invecchiando diventerà un vino ottimo, o per sempre aceto. Ma se anche si
avverasse la seconda ipotesi, sarà un aceto “coraggioso/e ambrato come un
topazio”. Così questa poesia carica di vitalità finisce per dare voce a parole
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Antonella Monti, Miserere nostri, Erato – LietoColle
di speranza. Al sorriso. “Voi, che regalate sorrisi, aprite un varco/alla
Speranza”. In quel varco, passa il testo che dà il titolo al libro, “Miserere
nostri”, il più drammatico, che ha come tema il sacrificio, il dolore di chi ha
“sopportato l’insopportabile” nelle inumane trame della Storia, e termina
con una richiesta corale di perdono a coloro, i migliori, che sono ormai
“nella luce”. Leggendo la poesia di Antonella Monti, solare e notturna,
gioiosa e ferita, esultante e in lacrime, io provo una inesauribile sensazione
di energia e di fiducia nella vita. La poesia, in lei, mi sembra tornare quella
cosa primordiale e sincera che ci fa vedere in una ortensia “i seni di una
balia” e ci riconcilia con la musica metamorfica dell’esistenza quotidiana, e
dell’universo. Sentite questi versi, e ditemi se non sono splendenti nella
loro metafisica semplice e segreta: “Se potessi essere come sono/brucerei
come un legno di cedro./Arsa in una nuvola di fumo/mi accompagnerei al
vento/a seminare il mio pensiero/che, raccolto nella corolla di un fiore/
schiuderei ai giorni.//In corpo evanescente/parlerei al tempo/sfumerei nei
petali caduti/e turbinanti/a delineare un sentiero/alla fine sempre lo
stesso./Ciò che sono è un mistero”. Il mistero della generazione della vita, e
della inafferrabile, insondabile verità della poesia.
Giuseppe Conte
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Alle persone della mia vita
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Parte prima
Senz’altra dimora che il cielo
Come l’uccello sul ramo
Sui bracci della Croce
Sarà atroce la tua quiete
Nella pace di questo porto
Amarezza assai amara
Come l’uccello riposa
Senza radici in terra
Su quest’albero dove muore il tuo Dio
Raïssa Oumançoff
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Antonella Monti, Miserere nostri, Erato – LietoColle
Così Ti leggo, in spesse volute di fumo
appari con passo morbido, la pelle diafana
ricoperta solo di poesia. Così ti leggo.
Sui miei polpastrelli l’anima Tua, Guida Celeste
nello spazio fra una parola e l’altra
ruscelli e torrenti, e un languido richiamo.
Polposa e leggiadra, scrivi di meravigliose
Attese, e io che cammino fra le Tue righe
sono un fanciullo immerso in una fiaba.
Ti seguo, avvolto alla Tua danza ti riconosco
in ogni pensiero. Vorrei leggerTi all’infinito
per conoscere la bellezza dell’Amore pieno.
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Sei sacra come un’icona del tempo
sei da profanare come un momento
irripetibile, unico e senza malizie.
Sei fabbrica di dolciumi, dove saziare
la mia gola. Dilati in me come un boato,
ala rombante che sempre mi accompagna.
Mi voli sopra senza mai atterrare. Sei fatta
di moltitudine, di musica e profumi, di ogni
singolo battito. Sei fatta per l’Amore pieno.
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Nei crateri lunari è lo spazio grigio
così infinito da ridursi ad un grumo asciutto.
Nessun sentore, arroccato in una pulsazione il suono
e l’eco di una luce a dismisura rimbalza in lontananza.
Mi allungo su qualche pensiero per sentire
odorosa la vita, caleidoscopio vibrante dell’esistere.
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Oltre il mio vetro – oltre il nero
che avvolge – scrutano indifesi gli occhi
e fra il luccichio delle stelle si chinano
al riposo, sopendosi nel chiarore lunare.
L’ombra lunga di Morfeo tacita si allunga,
coperta impermeabile ai sogni.
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