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settimanale a cura dell`Arci |anno XIII | n. 16 |30 aprile 2015 | www
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settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 16 | 30 aprile 2015 | www.arci.it | report @arci.it
di Susanna Camusso Segretaria generale Cgil
Una festa del lavoro per rafforzare l’idea
di pace, di solidarietà e di integrazione,
affinché il Mediterraneo non sia più un
cimitero, ma un ponte verso l’accoglienza
per chi cerca un rifugio in Europa. Con
questo spirito la Cgil insieme a Cisl e Uil
celebrerà quest’anno il primo maggio a
Pozzallo, cittadina siciliana in provincia
di Ragusa, secondo approdo europeo per
gli immigrati dopo Lampedusa.
Saremo a Pozzallo per non dimenticare le oltre 1600 persone che dall’inizio
dell’anno hanno trovato la morte a pochi chilometri dalle nostre coste, e per
dire con forza che l’emergenza migranti
può essere affrontata solo con politiche
europee comuni fondate sui valori di
civiltà, umanità e accoglienza e non con
programmi sbagliati come Triton.
L’Europa non può più rispondere con
colpevole indifferenza, deve farsi protagonista e riempire quel vuoto che spesso è
occupato da pericolose forze populiste
e razziste. Sempre più spesso sentiamo
parlare con troppa disinvoltura di blocchi
navali, di missioni di terra, di azioni
violente. Noi, invece, pensiamo che sia
necessario creare un corridoio umanitario,
che sottragga alla criminalità le migliaia
di uomini, donne e bambini che fuggono
dalla fame e dalla guerra. Per sconfiggere
gli schiavisti, lo abbiamo detto più volte, è
fondamentale creare un canale d’ingresso
legale, aprendo nei paesi di partenza
sedi in cui sia possibile chiedere asilo e
raggiungere così il vecchio continente in
condizioni protette.
Il primo maggio sarà anche l’occasione per
ringraziare la guardia costiera, la marina
militare, le forze dell’ordine, i pescatori,
il personale sanitario, quei sindaci e tutti
quei cittadini, che si stanno adoperando
per i salvataggi in mare e per alleviare le
sofferenze di chi riesce a sbarcare.
Da Pozzallo ricorderemo, inoltre, che
favorire l’integrazione significa anche
investire nel lavoro e nello sviluppo. Il
grande tema al centro di questo primo
maggio sarà, infatti, l’occupazione. Parleremo di lavoro nero, sommerso, povero,
privato dei fondamentali diritti.
Il nostro impegno e la nostra quotidiana
fatica è dare tutele e dignità, la dignità
del lavoro, a quel 43% di giovani disoccupati che, soprattutto al sud, rischiano
di perdere le loro speranze e i loro anni
migliori, cercando senza trovarlo un
lavoro su cui costruire la propria vita.
Allo stesso modo i nostri sforzi sono
per togliere da un vero e proprio asservimento quei lavoratori sfruttati, e
sono tanti, che nelle nostre campagne,
nei paesi ai margini delle città e anche
nelle grandi metropoli lavorano in condizioni di sfruttamento, se non di vera
e propria schiavitù. E ancora, il nostro
lavoro quotidiano è rivolto alle donne
impiegate nelle serre, tra lavoro servile e
ricatto sessuale, a quelle più fortunate ma
non meno depauperate dai propri diritti
costrette a lasciare il proprio lavoro perché
incinte o pagate meno solo perché donne.
Il sindacato italiano, la Cgil, in questo Primo Maggio, come ogni giorno dell’anno,
è con i lavoratori, con le donne, con i
giovani, con i migranti, con i disoccupati.
È con chi difende il lavoro, con chi lo
cerca, con chi nel lavoro e con il lavoro
costruisce il proprio futuro, la propria
dignità e il proprio riscatto.
Questa è la Cgil, il luogo in cui diritti
e solidarietà hanno le loro radici e la
loro casa.
Al lavoro e alla lotta. Buon primo Maggio.
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scuola
arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
Il 5 maggio il mondo della scuola
in piazza contro il Ddl del governo
di Roberta Cappelli presidente Arci Ravenna
Il 5 maggio il mondo della scuola sciopera. Promosso da Cgil, Cisl, Uil, GildaFgu e Snals-Confsal contro il Ddl Buona
Scuola realizzato dal Governo Renzi,
ha già avuto molte altre adesioni dalla
società civile.
La scuola italiana decide di scioperare
per far sentire le propria voce, con cortei nelle principali piazze delle città di
Milano, Roma, Palermo, Cagliari e Bari.
Arci, insieme a numerose altre organizzazioni anche molto differenti fra loro
per ispirazione culturale, è firmataria
di un appello La scuola che cambia il
paese in cui viene chiesto il ritiro del
Ddl La buona scuola, evidenziandone
i limiti strutturali che stravolgerebbero
l’idea costituzionale di scuola pubblica.
L’udienza in Parlamento ottenuta dalle
organizzazioni firmatarie dell’appello il
28 aprile ha reso evidente l’importanza
della mobilitazione capillare del mondo della scuola e della società civile e
dunque la necessità di continuare a far
sentire il dissenso verso il Ddl presentato dal Governo. Alcune modifiche
importanti infatti sembrano essere state
recepite dalla Commissione che ha il
compito di vagliare gli emendamenti e
proporre una nuova scrittura del Ddl,
ma occorre che si realizzino pienamente
nella proposta che verrà messa al voto
delle Camere.
Lo sciopero del 5 maggio resta decisivo
per affermare che la scuola pubblica e
universale è condizione indispensabile
per l’accesso alla cultura e quindi per
la libertà dei cittadini e delle cittadine,
per la democrazia. Non può esserci
democrazia se non c’è uguaglianza di
opportunità di accesso alle competenze.
Per questo condividiamo le proposte
dell’appello La scuola che cambia il
paese, sottoscritto, oltre che dall’Arci, da altre 31 organizzazioni, perchè
cambi il disegno di legge sulla scuola
presentato dal Governo. Consideriamo
indispensabile aprire un ampio confronto nel Paese per delineare una visione
generale, il più possibile condivisa, sul
nuovo ruolo della scuola nella società
della conoscenza.
Riteniamo decisivo partire dal diritto di ogni persona all’apprendimento
permanente come base per un progetto
complessivo di cambiamento del sistema
educativo italiano.
Uno sciopero che riguarda il futuro
di tutto il Paese
di Ilaria Iaprade e Giacomo Zolezzi esecutivo nazionale Unione degli Studenti
Nel corso dell’anno le studentesse e
gli studenti sono scesi in piazza in più
occasioni, a partire dal 10 ottobre per
arrivare allo sciopero generale della e
per la scuola pubblica del prossimo 5
maggio, con l’intento di manifestare la
propria contrarietà al disegno di legge
La Buona Scuola. Nonostante il movimento studentesco non c si sia limitato
a chiederne il ritiro ma abbia proposto
delle valide alternative, ci si è scontrati
con un Governo che procede per tappe
forzate, impone tempi stringenti alla
discussione parlamentare, rifugge il
confronto con i corpi intermedi e si
dimostra sordo a tutte le istanze. L’iter
parlamentare de La Buona Scuola si
sostanzia quindi anche di centinaia di
migliaia di voci inascoltate, delegittimate
da una consultazione tendenziosa e scarsamente partecipata. Voci che però non
si sono rassegnate e hanno continuato a
farsi promotrici di ulteriori momenti di
confronto e di mobilitazione, traendo la
forza anche dal peggioramento del ddl
rispetto alle premesse iniziali.
Quel che sta avvenendo oggi con La
Buona Scuola è in continuità con quanto
fatto cinque anni fa dalla sciagurata legge
Gelmini in merito al sistema universitario. Contro quella legge il movimento
studentesco universitario registrò purtroppo una sconfitta. L’unica differenza
è che ora l’obiettivo è frantumare il
sistema scolastico pubblico.
La valutazione e il merito diventano
strumenti di selezione feroce per determinare guerre tra poveri e classifiche,
la gestione viene centralizzata nelle
mani del preside-manager, innescando
pericolosi meccanismi clientelari, e il
contesto territoriale, sociale ed economico determina la qualità di ogni
singola scuola.
Le diseguaglianze si acuiscono anche
per la mancata volontà politica del Governo di finanziare adeguatamente e
implementare i servizi per il diritto
allo studio. Il sostentamento della singola scuola risiede unicamente nella
sua capacità di rendersi appetibile agli
interessi dei privati e nell’apertura alle
esigenze delle aziende. Continueremo
ad assistere a una divisione degli istituti
in scuole di serie A e scuole di serie
B. Dietro l’evocazione di una nuova
autonomia scolastica, completamente
distorta, si nasconde la legittimazione
della gerarchizzazione tra scuole, un
inasprirsi del classismo e un accentramento esasperato dei poteri nelle mani
del Dirigente Scolastico, estromettendo
studenti, docenti, personale ATA e genitori dalla possibilità di determinare
realmente il miglioramento della realtà
scolastica nella sua interezza. Sul fronte
lavorativo si rischia di superare definitivamente ogni margine di contrattazione
a favore della chiamata diretta, mentre
sul fronte della democrazia interna si
rischia l’annientamento di ogni forma
di potere, anche consultivo, di tutte le
componenti della scuola.
Inoltre una delle più pubblicizzate promesse del governo Renzi, cioè l’assunzione di 150mila precari, già diventati
100mila nella versione definitiva del Ddl,
rischia di infrangersi contro tempi troppo
stretti che, a meno dell’ennesima forzatura democratica con il ricorso al voto di
fiducia, sfumeranno. Per questo sarebbe
necessario che le assunzioni venissero
approvate per decreto. Concentrando
il dibattito non su piccole modifiche a
un disegno di legge fondamentalmente
sbagliato, ma prendendo in considerazione le proposte alternative che le
piazze hanno saputo fornire, a partire
dalla Lip fino ad arrivare alle 7 priorità
dell’AltraScuola. Poichè riteniamo che
questo disegno di legge sia uno dei più
pericolosi per la scuola pubblica italiana
abbiamo deciso di aderire allo sciopero
generale del mondo della scuola. Si tratta di una mobilitazione che non vuole
configurarsi come corporativa, ma che
ha la potenzialità di tramutarsi in una
manifestazione della e per la scuola pubblica in cui sia coinvolto tutto il Paese.
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
legalitàdemocratica
Fatti un campo! Anche quest’anno,
dalla Lombardia alla Sicilia,
i campi e i laboratori antimafia
Giunti alla nona edizione, i campi - promossi dall’Arci con Cgil, Spi Cgil, Flai
Cgil e con Libera - sono organizzati in
Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana,
Marche, Puglia, Campania, Calabria
e Sicilia.
Si comincia a fine aprile col campo di
Corleone per poi proseguire nelle varie
località fino alla fine di settembre.
Da quando sono iniziati, i campi hanno
ospitato migliaia di giovani e giovanissimi, ma anche meno giovani.
Situati su terreni confiscati alle mafie,
la filosofia che vi sta dietro è quella di
restituire questi beni alla comunità,
tornare a renderli produttivi e vivi,
animarli con iniziative formative e in-
formative sulla difesa della democrazia,
della legalità, della giustizia sociale.
Una pacifica ‘occupazione’ di questi
spazi, dunque, abitata dalla presenza
di centinaia di persone che si spendono
con impegno e dedizione per costruire
comunità alternative alle mafie.
Le iscrizioni sono possibili collegandosi
al sito www.campidellalegalita.it.
Su www.arci.it ci sono tutti i files grafici,
la locandina con i campi in programma
e le schede descrittive.
Terre di Musica.
Viaggio tra i beni confiscati alla mafia
Il progetto de Il Parto delle Nuvole Pesanti con Arci e Libera
Un viaggio a tappe da Corleone a Trapani, dalla Piana di Gioia Tauro ad Isola
Capo Rizzuto, da Mesagne a Cerignola,
da Casal di Principe a Castel Volturno,
fino a Roma, Bologna, Torino e Milano,
per documentare l’esperienza dei beni
confiscati alle organizzazioni criminali,
raccontare le storie delle tante persone,
spesso giovani, che vi lavorano tra mille
difficoltà, intimidazioni e vandalismi, e
far comprendere che i beni confiscati non
rappresentano solo un valore simbolico
ma una vera e propria risorsa, un modello
di sviluppo economico e sociale alternativo. Da questo viaggio sono nati Terre di
Musica. Viaggio tra i beni confiscati alla
mafia, progetto musicale e culturale di GirodiValzer, ideato da Salvatore De Siena,
leader di Il Parto delle Nuvole Pesanti e
realizzato in collaborazione con Libera e
Arci. Un viaggio in giro per l’Italia
lungo due anni, emozionante e
umanamente ricco, intrapreso
con la convinzione che la legalità
possa affermarsi anche a partire
da piccole azioni quotidiane, e che
la musica, il cinema, la letteratura
siano linguaggi capaci di arrivare
alla gente con maggiore facilità
e immediatezza. Da questo viaggio sono nati un libro e un film
documentario che raccolgono le
note storiche, sociali e culturali dei beni confiscati alla mafia
nonché l’esperienza umana dei
suoi protagonisti.
I musicisti del Parto delle Nuvole
Pesanti hanno fatto dell’impegno civile un tratto distintivo del
proprio progetto artistico: tra le
altre cose, hanno collaborato con
‘I Ragazzi di Locri’, movimento
di lotta culturale calabrese nato
dopo l’assassinio di Fortugno, e partecipato al dvd Il caso Fortugno, un’opera
multimediale sull’omicidio del Vicepresidente della Regione Calabria. La band
ha partecipato alla manifestazione nazionale antimafia, svoltasi a Cinisi (Pa) per
l’anniversario dell’assassinio di Peppino
Impastato, e ha chiuso il Forum Antimafia
del Nord per protestare contro il sindaco
leghista che aveva fatto rimuovere la targa
di Peppino Impastato che dava il nome
alla biblioteca comunale di Ponteranica
(Bg). Le Nuvole Pesanti hanno partecipato
alle manifestazioni nazionali contro la
‘ndrangheta a Locri, Reggio Emilia, Villa
San Giovanni, organizzate ogni Primo
Marzo dai Consorzi Sociali Goel nati in
Calabria sulla scorta dell’esperienza del
movimento civile creato dal Vescovo
Bregantini nella locride.
Il progetto Terre di Musica è stato presentato a marzo a Bologna in occasione
degli eventi legati alla Giornata della
Memoria e dell’Impegno 2015 e, nei giorni
successivi, a Bolzano, Casalecchio di Reno
(BO) e Modena. Il cofanetto (libro+dvd),
pubblicato da Editrice Zona, è disponibile
nelle librerie oppure acquistabile on line
sul sito www.partonuvolepesanti.com e
disponibile in formato e-book.
Sul canale youtube de Il Parto delle Nuvole Pesanti è possibile visionare il trailer
del film.
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
cinema
La chiusura di tanti cinema ci spinge
a rafforzare il nostro ruolo
di Roberto Roversi presidente nazionale Ucca
Nel recente convegno promosso dall’ANEC (Associazione Nazionale Esercenti
Cinema) e dedicato alla sala cinematografica, alla produzione e alla creatività
(Roma, 16-17 aprile) i dati emersi sul
futuro del cinema in sala sono a dir poco
preoccupanti.
Tra il 2003 e il 2014 sono stati 857 i
cinema che hanno chiuso in Italia, per lo
più piccole sale cittadine, a fronte di 136
complessi aperti, con un saldo negativo
pari a 721 strutture. Ed è di poco conforto
apprendere che il numero degli schermi
è invece aumentato di 85 unità, perchè si
tratta di sale afferenti a Multiplex, la cui
programmazione non è certo votata alla
qualità, ma allo sfruttamento economico
del ‘prodotto’, per usare l’odioso termine
con cui si è ormai soliti definire qualsiasi
opera audiovisiva (che è ovviamente
rivolta al mercato, ma è pur sempre
un’opera dell’ingegno, quindi quanto
meno un prodotto sui generis).
E all’appello delle chiusure annunciate
mancano ancora le arene estive, che per
il primo anno si troveranno a fare i conti
con i supporti digitali e solo faticosamente
riusciranno a far fronte ai costi dell’acquisto o del noleggio dei nuovi proiettori
per un’attività temporanea.
In questo scenario impietoso paradossalmente aumentano le nostre responsabilità, per il ruolo che ci siamo assunti: la
fruizione collettiva di film e documentari
in spazi di socializzazione e discussione.
Senza voler demonizzare l’attuale, imperante, e per certi versi irreversibile,
consumo solipsistico di film e serie televisive via monitor, tablet e smartphone,
imposto da una tecnologia sempre più
pervasiva, credo sia opportuno ribadire
con forza il nostro modello, fatto di condivisione e non di rado di incontri con
autori, attori, produttori o distributori.
Non tanto per concludere che preferiamo
rimanere irrimediabilmente analogici,
ma per riaffermare che, senza che intervenga un fattore umano, la visione e la
comprensione di un film può rimanere
monca o sterile.
La forzata chiusura di tante sale cinematografiche, dovuta sia al crollo dei
consumi culturali che agli elevati costi dello switch-off digitale, rafforza il
nostro ruolo associativo, perchè ogni
circolo del cinema, anche se situato in
una sala polivalente, in una scuola, in
un’area dismessa e da riqualificare, è
un potenziale spazio per la proiezione
di contenuti audiovisivi.
La presenza dei nostri cinecircoli disseminati nell’intero territorio nazionale,
in provincia così come nei piccoli centri
nei quali le sale hanno chiuso o quelle
residue proiettano solo mainstream, è
una risorsa che può e deve essere sfruttata proprio per ospitare quelle piccole
produzioni che difficilmente troverebbero
spazio altrove. È un lavoro di profondità
difficile e oneroso, ma con ogni probabilità è il futuro di tanti piccoli film di
giovani autori.
‘In bici senza sella’, il film che racconta
la generazione dei precari
dal punto di vista dei precari
«Una generazione, pervasa dall’autoironia
della disperazione, che si suicida, ma per
finta, che vive le vite degli altri, ma senza
farsi scoprire, che tenterebbe anche il
più estremo dei rimedi per arrivare alla
fine del mese. Una generazione in bici...
senza sella!» Questo il filo conduttore di
In bici senza sella, film che nasce dalla
necessità di raccontare una generazione
di precari troppo spesso banalizzata ma,
per la maggior parte, sconosciuta; perché
raccontati sempre da chi precario non è.
Per questo l’Arci e l’Ucca hanno deciso di
supportare questo film, il cui tema centrale è la condizione ‘precaria’ dei giovani
di oggi, raccontato in prima persona, e
quindi con la licenza di riderci e piangerci
sopra. Il film si compone di sette episodi
di durata variabile (dai 10 ai 15 minuti)
diretti da 7 registi e scritti da 9 autori, per
descrivere la situazione del precariato con
toni da commedia grottesca e surreale,
sulla scia del grande e indimenticabile
cinema italiano, che sapeva far ridere
ma anche riflettere e lasciava quel buon
‘amaro in bocca’.
In passato un film ‘manifesto’ come questo
avrebbe trovato sicuramente l’appoggio e
il finanziamento da parte delle istituzioni,
ma oggi non è più così. Per questo Arci e
Ucca hanno deciso di supportare questo
progetto, che ha bisogno di un piccolo
aiuto economico che dia la possibilità di
conquistare il pubblico nazionale e perché
no, internazionale, con un’opera che sorprenda perché nuova, diversa, irriverente,
grottesca. Bastano anche 2 euro!
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
disarmo
Libro Bianco della Difesa:
un’occasione mancata
Il commento della campagna ‘Un’altra difesa è possibile’
Più che un Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa del nostro
Paese lo si dovrebbe chiamare il Libro
Bianco delle Forze Armate. Perché nel
testo presentato al Consiglio Supremo
di Difesa dalla ministra Pinotti manca completamente la dimensione civile
e allargata della difesa di cittadini. Ma
mancano anche una qualsiasi citazione
del servizio civile nazionale e quelle prospettive di prevenzione e composizione
dei conflitti che sole possono costruire
davvero la pace. È questa la valutazione
delle sei Reti protagoniste della campagna
Un’altra difesa è possibile sul documento
presentato. Nel documento, che rimanda
la maggior parte delle decisioni a nuove
e successive Commissioni e analisi, si dà
per scontato che la difesa del Paese sia
garantita solamente dalle forze militari.
Eppure, come sottolinea con forza la nostra Campagna, dagli articoli 11 e 52 della
Costituzione sono da tempo discese conferme giurisprudenziali della possibilità di
difendere la patria e i suoi cittadini anche
con mezzi non armati e nonviolenti. Tutti
dimenticati nel testo. Difficile comprendere come sia stato possibile per esempio
scordarsi del servizio civile nazionale in
un momento in cui il Governo se n’è
dichiarato convinto sostenitore ed ha
avviato una riforma i volta ad estenderlo
a 100mila giovani l’anno, a fronte dei
190mila militari che compongono le forze
armate. La delusione è ancora maggiore
considerando che esponenti delle sei reti si
erano confrontate, pareva positivamente,
con gli estensori del documento, inviando
anche considerazioni scritte. Di tutto questo non c’è traccia nella versione finale.
Hanno trovato invece spazio diversi punti
dedicati all’industria della difesa e alla
necessità, secondo il Governo, di promuoverla come elemento privilegiato.
In pratica, quindi, la nostra strategia di
difesa privilegia gli interessi economici
dell’industria militare rispetto alle esigenze
sociali della cittadinanza.
Insomma, fermandosi solo all’ambito
delle proposizioni molto generiche e molto
banali, questo Libro Bianco non riesce
nemmeno a scendere nel dettaglio e a
Global Wave.
L’onda mondiale
per il disarmo nucleare
Sono ancora 16mila gli ordigni nucleari conservati negli arsenali
di mezzo mondo. E ogni anno la cifra che le nazioni spendono
per questo tipo di armamenti supera la soglia dei 100 miliardi
di dollari. Soldi che potrebbero essere spesi per l’istruzione,
per l’assistenza sanitaria, per la sostenibilità. Ed è questo l’obiettivo della Global Wave 2015, la tre giorni di mobilitazione
mondiale: chiedere ai governi - che dal 27 aprile al 22 maggio
si riuniscono a New York per riesaminare il Trattato di Non
Proliferazione - di dismettere in modo definitivo queste armi.
Proibirle, eliminarle. A organizzare le mobilitazioni nel nostro
Paese è la Rete Italiana per il Disarmo. Che dopo aver celebrato
i settant’anni dalla Liberazione attraverso il progetto Mayors
For Peace, ha segnato in rosso sull’agenda la data del 15 maggio.
Quando attivisti e amministratori rivolgeranno un saluto alla
Peace Boat già salpata dal Giappone per il proprio viaggio intorno
al mondo. A bordo dell’imbarcazione si trova una delegazione di
Hibakusha, i sopravvissuti dei bombardamenti di Hiroshima e
Nagasaki di 70 anni fa. L’appuntamento è al porto di Catania.
Tutti possono prendere parte alla campagna online: serve solo
dire «Addio» alle armi nucleari, salutandole per sempre. Fate
una foto o un video, con voi stessi, con amici ed amministratori,
con rappresentanti di associazioni, nel consiglio comunale o
magari in un luogo simbolo della vostra città. Facendola poi
circolare sui social media con gli hashtag #globalwave2015
#wavetonukes, caricandole poi su www.facebook.com/globalwave2015 o mandando una email a info@globalwave2015.
org e in copia a [email protected].
fornire tutte quelle indicazioni che analisti,
Parlamento e anche società civile stavano
aspettando. Ad esempio non si dice nulla
sulle spese per programmi legati all’acquisizione di sistemi d’arma, un tema
invece molto dibattuto negli ultimi anni.
Si sancisce così l’incapacità del Governo
di produrre una strategia di costruzione
della pace con mezzi di pace. Rispetto alle
esigenze di composizione dei conflitti sociali, economici, culturali, e di prevenzione
della violenza non c’è proposta, perché
non c’è volontà di istituire nuovi strumenti
di analisi e di azione. Per questo è invece
sempre più urgente la costituzione di un
Istituto di ricerca sulla pace e il disarmo
che produca strategie di peacebuilding
per tutte le forze civili dello Stato e Corpi
Civili di Pace che possano intervenire in
zone di conflitto con compiti di mediazione, dialogo, e tutela dei diritti umani,
sostegno agli attori di società civile che
dal basso costruiscono patti di coesistenza
tra comunità.
Proposte che sono cardine della Campagna
Un’altra Difesa è possibile.
Ultimo mese di raccolta
firme per la Campagna
per la Difesa civile, non
armata e nonviolenta
La Campagna per la Difesa civile, non armata e nonviolenta,
attiva da due mesi, si concluderà a fine maggio 2015, con la
raccolta delle 50mila firme necessarie alla presentazione alla
Camera dei Deputati del progetto di legge di iniziativa popolare
‘Istituzione e modalità di finanziamento del Dipartimento
della Difesa civile, non armata e nonviolenta’.
L’iniziativa, promossa da sei reti nazionali (Rete della
Pace, Interventi Civili di Pace, Rete Italiana per il Disarmo,
Sbilanciamoci!, Forum Nazionale Servizio Civile, CNESC),
che raggruppano oltre 200 associazioni della società civile
italiana, del mondo del pacifismo, della nonviolenza, del
disarmo, del servizio civile, della cultura, dell’assistenza,
dell’ambientalismo, del sindacalismo, vuole dare piena attuazione all’articolo 52 della nostra Costituzione (la difesa della
patria) istituendo nel nostro ordinamento forme di Difesa
civile, in coerenza con l’articolo 11 (il ripudio della guerra).
Nel concreto, la proposta di legge che i cittadini possono
sottoscrivere vuole l’istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la Difesa civile non armata e nonviolenta
che comprenda i Corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche
sulla Pace e il Disarmo e che abbia forme di interazione e
collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile,
il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ed il Dipartimento
della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale. È possibile
informarsi su come partecipare e dove firmare consultando
il sito www.difesacivilenonviolenta.org
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
solidarietàinternazionale
La Casa della Pace dedicata
ad Angelo Frammartino
Il 28 aprile a Monterotondo si è svolto il
FrammaDay 2015, dedicato al giovane
volontario di pace Angelo Frammartino
scomparso nel 2006 a Gerusalemme.
L’evento, che coincideva con l’anniversario
della nascita di Angelo Frammartino, era
promosso in collaborazione con il Comune
di Monterotondo, con gli Istituti superiori
e con gli Istituti comprensivi di Monterotondo, coinvolti in una sinergica attività
nell’ambito del Progetto Quadrifoglio.
Un momento di riflessione sulle attività
svolte e sui progetti futuri, oltre che l’occasione per la presentazione dei lavori di
ricerca svolti dai vincitori del settimo
bando di borse di studio Giovani pensieri
per una cultura di pace, diritti, legalità,
difesa dell’ambiente e convivenza tra i
popoli, promosso dalla Fondazione con
il finanziamento della Cgil e dell’Agenzia
regionale per lo sviluppo e l’innovazione
dell’agricoltura del Lazio.
Gli studenti degli Istituti superiori di
Monterotondo hanno presentato i lavori
svolti nell’ambito del Progetto Quadrifoglio e le Giovani orchestre degli Istituti
comprensivi si sono esibite in una performance musicale.
Alle 12.30 i partecipanti si sono poi spo-
stati da Teatri Ramarini al vicino Palazzo
Comunale, dove c’è stata l’inaugurazione della Casa della Pace dedicata ad
Angelo Frammartino: un luogo aperto
e al servizio di tutta la comunità per la
promozione della cultura di pace, per la
nonviolenza, il disarmo, l’accoglienza, la
convivenza, i diritti umani, la legalità e la
giustizia sociale.
Uno spazio che sarà fruito insieme, con
il pieno coinvolgimento dei giovani, delle
L’appello delle ONG
italiane per
Giovanni Lo Porto
AOI (Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione
e solidarietà internazionale), CINI (Coordinamento italiano
network internazionali) e LINK 2007 fanno un appello alle
istituzioni e al governo, facendo proprie le richieste dei familiari
di Giovanni Lo Porto. Il testo di seguito.
«Per Giovanni Lo Porto c’è stato il lungo tempo dell’attesa e
della speranza. C’è il dolore immenso per la sua scomparsa,
in circostanze tragiche che hanno indotto il Presidente degli
Stati Uniti a scusarsi. C’è stata la vergogna della Camera dei
Deputati semideserta mentre il Ministro Gentiloni riferiva sulle
circostanze della sua morte. C’è e ci sarà sempre il dolcissimo
ricordo di un uomo giusto, un cooperante, una persona con
valori forti e con una grande professionalità. Ora è giusto che
parlino i familiari di Giovanni e lo hanno fatto, con dignità
e chiarezza. Facciamo nostre le loro richieste. In particolare
la famiglia, e noi con lei, chiede alle istituzioni e al governo:
- che si ricostruiscano in maniera precisa e dettagliata le circostanze che hanno portato alla morte di Giovanni Lo Porto;
- che si faccia ogni sforzo per restituire alla famiglia la salma;
- che si dedichi alla memoria di Giovanni Lo Porto una commemorazione ufficiale, all’altezza dei valori che ha espresso,
che rappresentano tutto ciò di cui questo paese può essere
ancora orgoglioso.
Le ONG Italiane desiderano con forza fare proprie queste
richieste».
scuole, delle istituzioni, delle associazioni,
delle cooperative sociali e dei sindacati.
Un fiore per
Giovanni Lo Porto
Amici e familiari di Giovanni Lo Porto hanno lanciato la
petizione Un fiore per Giovanni Lo Porto per chiedere il
rientro della salma del cooperante ucciso.
Giovedì pomeriggio, ad una settimana dall’annuncio della
sua morte, un gruppo di persone, tra cui il comitato Arci di
Palermo, si è radunato giovedì pomeriggio in un presidio
silenzioso davanti la Prefettura di via Cavour, a Palermo,
dove hanno deposto dei fiori in memoria del concittadino
scomparso.
Un fiore per Giovanni, in attesa di avere una tomba da onorare.
Di seguito il testo dell’appello:
«Non ci bastano le scuse, oltre a voler conoscere la verità
sull’uccisione, vogliamo i resti del suo corpo, vogliamo una
tomba da onorare, vogliamo una bara su cui piangere. Giovanni Lo Porto deve avere una sepoltura e un degno funerale.
Chiediamo all’amministrazione americana e al governo italiano di restituire il corpo alla famiglia. Non è ammissibile
che cada il silenzio sulla morte tragica di Giovanni Lo Porto
e, fatto ancora più grave, si privi la sua famiglia e i suoi amici
del diritto di deporre un fiore sulla sua tomba.
Chiediamo una mobilitazione alla città, perché Palermo
deve poter accogliere la salma di Giovanni Lo Porto, un suo
concittadino che si impegnato per la pace e la giustizia».
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
dirittiumani
La Rete europea Solidar scrive ai capi
di stato e di governo della Ue
La rete di organizzazioni europee Solidar
ha inviato ai capi di stato e di governo, in
occasione del Consiglio europeo straordinario del 23 aprile scorso, una lettera
in cui fa richiesta di alcune azioni immediate necessarie a fermare e prevenire il
proseguimento della crisi umanitaria. Di
seguito il testo della lettera.
Negli ultimi due anni più di 5000 persone
sono morte nel tentativo di raggiungere i
confini europei, 1500 solo nei primi mesi
del 2015. La maggior parte delle persone
che hanno tentato questo viaggio pericoloso provengono dalla guerra in Siria - e
sono state il 36% degli arrivi nel 2014.
A fronte di questo contesto, noi crediamo
che i 10 punti del piano di azione sulle migrazioni presentati il 20 aprile dal
Consiglio Affari Esteri e Interni non offra
risposte adeguate a risolvere la corrente
crisi umanitaria e a offrire protezione alle
persone in necessità. A nostro parere, le
misure elencate nel piano di azione - che
include il rafforzamento finanziario della
operazione di pattugliamento Triton e
l’introduzione di una operazione ‘civile e
militare’ per catturare e distruggere i battelli usati dai trafficanti - non rappresenta
un passo avanti per realizzare un approccio
nuovo, basato sulla solidarietà e sul rispetto
dei diritti umani, ma è invece un chiaro segnale dell’impegno delle istituzioni
europee a procedere nella direzione del
rafforzamento della cosiddetta ‘Fortezza
Europa’. Solidar fa appello alle istituzioni
europee e ai capi di Stato e di Governo degli
Stati Membri perché mettano fine a questo
approccio, che ha chiaramente dimostrato
la sua inadeguatezza nel proteggere le
vite umane e ad affrontare alla radice le
cause della migrazione. Chiediamo invece
decisioni politiche coraggiose che sono
disperatamente necessarie per fermare
e prevenire il proseguimento della crisi
umanitaria:
Aprire corridoi umanitari per le persone in
fuga dai conflitti, dalla insicurezza alimentare e in cerca di protezione internazionale.
Ciò restituirebbe dignità e sicurezza a
coloro che fuggono dai conflitti e creerebbe
un ambiente politico e logistico più efficace
per contrastare il traffico di esseri umani.
Promuovere un’operazione di ricerca e
soccorso nel Mediterraneo adeguatamente
finanziata dalla UE intorno ai corridoi
umanitari.
Favorire l’immigrazione legale e l’accesso
per i rifugiati, per esempio rilasciando visti
nelle ambasciate UE per i richiedenti asilo
provenienti dai paesi con un alto tasso
di accettazione (Siria, Iraq, Afghanistan,
Somalia)
Rafforzare le azioni esterne finalizzate a
fermare i conflitti promuovendo sviluppo
inclusivo, lavoro degno, protezione sociale
ed economica, diritti sociali e culturali nei
paesi di origine, e il rispetto della Convenzione di Ginevra nei paesi di transito.
Promuovere meccanismi di responsabilità
condivisa per sostenere gli Stati membri
che sono in prima linea e promuovere gli
sforzi di integrazione degli Stati membri
per i quali la solidarietà è più di una
parola vuota.
Assicurare che gli Stati membri applichino
pienamente i diritti dei migranti anche
attraverso l’accesso ai servizi sociali di base.
L’Europa è stata costruita su valori, ed è
più che un mercato unico. Dopo il dramma
della seconda guerra mondiale, è stata
ricostruita ed è stata capace di integrare
una molto più grande quantità di rifugiati.
Crediamo che sia doveroso imparare dalla
storia, la quale ha sempre dimostrato che
i paesi che non sanno confrontarsi con la
migrazione attraverso un approccio fondato sui diritti umani non sopravvivono.
Vi chiediamo con urgenza di prendere in
considerazione le nostre proposte e siamo
disponibili a discuterle con voi.
Di fronte ad un’altra tragedia del mare,
l’UE si sottrae alle sue responsabilità
La dichiarazione della Rete Euromediterranea per i Diritti Umani
In mezzo allo sgomento e alla rabbia provocata dalla tragica morte di più di 900
persone fra i quali tanti rifugiati in fuga
da guerra e persecuzioni in Siria, Eritrea,
Somalia e Libia, il Consiglio Europeo ha
tenuto un summit di emergenza. Dopo
un minuto di silenzio di cordoglio per
queste prevedibili morti, i leader UE
sono tornati ai soliti affari.
La Rete Euromediterranea per i Diritti
Umani deplora che le sue raccomandazioni non siano state prese minimamente
in considerazione nelle conclusioni del
Consiglio, che non sono all’altezza né
politicamente né moralmente della situazione. Di fronte a tragedie umane, la
UE sembra più determinata che mai a
rafforzare il suo controllo, a proseguire le
deportazioni e persino ad aumentare la
cooperazione militare. Invece di rafforzare le operazioni di ricerca e soccorso
nel Mediterraneo per salvare più vite, i
leader europei hanno triplicato i fondi
per l’Agenzia di controllo delle frontiere
Frontex, che non è una agenzia di ricerca
e soccorso, perché operi attraverso Triton e Poseidon, senza definire le aree di
mare coperte. Dimenticando le ragioni
reali che spingono persone disperate a
rischiare le loro vite in mare, i leader
europei si sono impegnati a reprimere i
trafficanti e a distruggere le loro barche.
Ma i trafficanti non sono la causa, sono
la conseguenza della mancanza di canali
legarli per raggiungere l’Unione Europea.
La vulnerabilità di migranti e rifugiati
agli abusi e alla morte è un risultato
del fallimento dell’Unione Europea a
rispettare i suoi impegni legali e morali.
Nonostante gli appelli della Commissione
Europea, dell’ONU, dell’Agenzia Europea
dei Diritti Fondamentali, del Consiglio
d’Europa e di altre organizzazioni internazionali affinchè l’Unione Europea
allarghi i canali di migrazione legale,
accolga più rifugiati - anche attivando
la Direttiva sulla protezione temporanea
del 2001 per affrontare emergenze come
quella siriana - i leader europei si sono
impegnati ad accogliere in tutto solo 5000
rifugiati. È un impegno assolutamente al
di sotto delle necessità, come dimostra
il paragone con il numero di rifugiati
ospitati in altri paesi.
I morti in mare sono già 1.800 quest’anno, rispetto ai 100 che avevano perso
la loro vita alla fine di aprile 2014 dello
scorso anno compiendo lo stesso viaggio.
Riducendo una pressione umanitaria a
una questione di sicurezza e rifiutando
di offrire canali sicuri e legali a coloro
che fuggono dalle guerre, l’Unione Europea si sottrae alle sue responsabilità
verso i suoi vicini tormentati e li lascia
morire in mare.
Ad ogni tragedia, la vuota retorica dell’Unione Europea sulla solidarietà e i diritti
umani è sempre più palese. Sarebbe
invece ora che la frase «basta scuse»
dichiarata dal suo Alto Rappresentante
venisse tradotta in azioni per salvare
la vita.
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
daiterritori
‘Fascismo duepuntozero’
Al circolo SMS di Rifredi il 5 maggio
si discute con il giornalista Dimitri
Deliolanes dei nuovi fascismi in Europa
di Daniele Bianchini Arci Firenze
Dalla strage di Piazza Dalmazia del 13
dicembre 2011, quando i due senegalesi
Samb Modou e Diop Mor furono uccisi
dall’esponente di estrema destra Gianluca Casseri, sono ormai passati 3 anni
ma purtroppo, da quella drammatica
mattina, sembra non essersi fermato il
filo nero di violenza che in tutta Europa
porta tristemente alla ribalta i movimenti neofascisti del nuovo millennio.
Il comitato territoriale Arci di Firenze
ha deciso così di tornare a discutere sul
rischio rappresentato in tutta Europa dai
nuovi movimenti di estrema destra che
trovano sempre più, in questo periodo
di crisi economica e di identità culturale,
legittimità politica e libertà d’azione.
L’occasione è rappresentata dall’incontro organizzato martedì 5 maggio
alle ore 21, presso il circolo Arci SMS
di Rifredi (via Vittorio Emanuele II,
303 Firenze) al quale parteciperanno il
giornalista Dimitri Deliolanes, insieme
al Presidente dell’Arci fiorentina Jacopo
Forconi, all’antropologo Antonio Fanelli
ed allo storico Tommaso Nencioni.
Partendo dal ricordo di Piazza Dalmazia
si arriverà così fino ad Atene e all’omicidio di Pavlos Fyssas del 18 settembre 2013, per mano di noti esponenti
dell’estrema destra greca e del partito
neonazista Alba Dorata.
Un lungo viaggio seguendo il filo nero
della violenza neofascista nell’Europa
del terzo millennio, guidati da Dimitri
Deliolanes, per più di 30 anni corrispondente dall’Italia della tv pubblica greca
ERT, autore tra gli altri del libro Alba
Dorata – La Grecia nazista minaccia
l’Europa.
Sarà una serata per riflettere e provare
soprattutto a dare delle risposte alle
domande più frequenti riguardo i movimenti di estrema destra che sempre
più proliferano in ogni angolo d’Europa;
chi sono, cosa vogliono veramente, i
loro rapporti con i partiti di governo e
le loro complicità.
«Vogliamo con questa iniziativa proporre un approfondimento sul tema
dei nuovi fascismi in Europa – spiega
il Presidente di Arci Firenze, Jacopo
Forconi - e al contempo rimettere al
centro della nostra riflessione un evento
che ha sconvolto la città di Firenze: la
strage di piazza Dalmazia del 13 dicembre 2011. Crediamo che oltre al ricordo
di quanto avvenuto, che in questi anni è
andato troppo rapidamente scemando,
sia necessario affrontare e conoscere con
adeguatezza la complessità dei nuovi
fenomeni di estrema destra che stanno
prendendo piede in Europa, in Italia e
anche nel nostro territorio».
Un’avanzata, quella dell’estrema destra
razzista e xenofoba, che minaccia direttamente i valori fondanti dell’Europa.
L’appuntamento è dunque per martedì 5
maggio a Firenze, al circolo SMS di Rifredi con Fascismo duepuntozero - Dalla
strage di Piazza Dalmazia all’omicidio
di Pavlos Fyssas. Un lungo filo nero di
violenza contro ogni forma di diversità.
www.arcifirenze.it
La proiezione di ‘Fascist Legacy’
Si aprirà con la proiezione di Fascist
Legacy (L’eredità del fascismo), documentario di Ken Kirby sui crimini di guerra
commessi dagli italiani durante la seconda
guerra mondiale, la quarta edizione di
Achtung! Banditen!, l’ormai tradizionale
evento culturale e musicale proposto dal
circolo Arci Babel – La Casa dei Popoli
in collaborazione con Arci Torrano e pub
The Grapes per festeggiare l’anniversario
della Liberazione.
L’appuntamento è per sabato 2 maggio a
partire dalle 17 al pub The Grapes (sede
anche del circolo) a Pontremoli (MS).
Achtung! Banditen! era il cartello che
veniva appeso dai nazisti nelle campagne
dove era più forte la presenza di gruppi
partigiani, anche nelle valli lunigianesi.
Lo stesso cartello, con spregio, veniva
appeso al collo dei partigiani catturati
e impiccati.
Per riaffermare i valori dell’antifascismo
e della Resistenza, per ricordare i giovani
che allora hanno dato la vita per la nostra
libertà di oggi, per provare insieme a costruire una comunità libera, democratica
e solidale fondata su quegli stessi valori,
Arci Babel invita tutti a diventare ‘banditen’
per un giorno.
Dopo la proiezione, a partire dalle 18.30 ci
sarà il dibattito sui temi sollevati dal film
condotto da Matteo Bassioni e Leonardo
Filippi di Arci Babel e Davide Tondani,
redattore de Il Corriere Apuano.
in più
iL concertO
LECCO Venerdì 1 maggio, a partire
dalle ore 14 e fino alle ore 20 presso
i Giardini Lungolago di Lecco, zona
Monumento dei Caduti, si terrà il
concerto del 1 maggio, organizzato da
Cgil Lecco in collaborazione con Arci,
Crams, Risuono e con il Patrocinio del
Comune di Lecco. Si alterneranno sul
palco: Gruppo etnico, Funky Buddha,
Francesco Wilhelm, wap, Lady blues
band, I croccanti. Alle 17 ci sarà un
intervento sul palco del presidente
dell’Anpi Lecco.
www.arcilecco.it
il mese
del documentario
NAPOLI A maggio raddoppiano
gli appuntamenti con il cinema documentario a cura di Arci Movie,
Parallelo 41, Coinor e Università degli
Studi di Napoli Federico II presso il
cinema Astra di via Mezzocannone.
Dal 4 al 18 maggio, ogni lunedì, la terza
edizione de Il mese del documentario, organizzata da Doc/it, amplierà
l’offerta del cinema documentario
a Napoli proponendo uno sguardo
d’eccezione sul cinema del reale contemporaneo, sulle sue storie e sui suoi
modi di raccontare, in collaborazione
con Astradoc – Viaggio del cinema del
reale. La manifestazione propone il
meglio del documentario italiano con
70 proiezioni contemporaneamente
in 14 città, in Italia e in Europa.
[email protected]
i PREMI ‘PONTI DI
MEMORIA’
MILANO Al Teatro Dal Verme sono
stati assegnati i premi Ponti di memoria per l’impegno civile destinati
a personaggi o entità che si sono
distinti nel recupero della memoria
e nella sua trasmissione alle nuove generazioni. Accanto a nomi conosciuti
della musica, del teatro, del cinema,
della cultura e dell’informazione,
saranno premiati giovani di indubbio
valore artistico che si sono imposti
nel panorama nazionale negli ultimi
anni. I premi sono assegnati dall’associazione Arci Ponti di memoria
e dal Mei - Meeting delle Etichette
Indipendenti (per i festeggiamenti
dei suoi 20 anni di attività), con il
patrocinio del Comune di Milano,
Assessorato alla Cultura.
www.pontidimemoria.it
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
Il tema del conflitto trasformato
in fumetto: premiati i vincitori
di ‘Libere parole, libere nuvole’
Il ‘conflitto’ visto attraverso gli occhi e le matite dei ragazzi delle scuole medie.
Ventidue giovanissimi studenti delle scuole primarie di secondo grado sono
stati premiati il 21 aprile scorso nella Sala degli Specchi del Comune di Cesena
per il concorso Libere parole, libere nuvole.
L’iniziativa, organizzata da Comune e Arci Cesena all’interno del contenitore
culturale Cantiere giovani: arte in corso e realizzata con la collaborazione
dell’associazione Barbablù e con l’Istituzione Biblioteca Malatestiana, consisteva nel dare libero sfogo alla fantasia e trasformare in fumetto il tema
del ‘conflitto’.
I vincitori sono stati premiati durante una cerimonia alla presenza del Sindaco Paolo Lucchi, dell’Assessore alle Politiche giovanili Tommaso Dionigi e
del Presidente del Consiglio comunale Simone Zignani. La giuria, composta
da Simone Zignani, Elisa Rocchi di Barbablù e Cristina Zanotti di Arci, ha
selezionato una serie di tavole che parlavano di guerra e quotidianità, di
amicizia, rapporto con gli altri e persino di invasioni aliene, ed ha proceduto
con la premiazione di quelle più meritevoli. Vincitrice, come migliore opera
in assoluto, è risultata quella realizzata da Mattia Smeraldi, che con il suo
Alien Attack si è aggiudicato il primo premio: un buono da spendere in libri,
fumetti e materiale di cancelleria. Non sono mancate le menzioni speciali
per molti altri fumetti, come il premio speciale Cantiere Giovane conferito
a Jacopo Arosio per il suo Granate e stelle alpine. Il fumetto di Jacopo, riconosciuto dalla giuria come opera altamente significativa, è stato stampato
in 200 copie con il contributo della Biblioteca Malatestiana.
Tutte le tavole saranno esposte nell’area Ragazzi della Biblioteca di Cesena
per tutto il periodo estivo.
daiterritori
Il concerto
a Bologna
Il 1° maggio sul palco di Cgil, Cisl e Uil
allestito in piazza Maggiore, si alterneranno le esibizioni degli artisti invitati
da Eugenio Finardi, che quest’anno
sarà direttore artistico della serata
e chiuderà con il suo concerto, e gli
interventi sul tema del lavoro, svolti
in chiave ironica e graffiante sotto la
guida dell’autore satirico e ‘conduttore
suo malgrado’ Luca Bottura, una delle
voci di Radio Capital, bolognese doc e
perfetto rappresentante dello spirito
emiliano, insieme rigoroso, operoso
e irriverente.
Il concerto è organizzato da Eugenio
Finardi e Arci Bologna, che ha ideato
il contest Bologna palco aperto per
permettere a giovani artisti e band
emiliani di candidarsi a suonare sul
palco di Piazza Maggiore.
www.arcibologna.it
Apre il circolo Nardò Centrale
Aprirà i battenti tra meno di un mese il circolo Arci Nardò Centrale a Nardò
(LE) e in via Matteotti fervono i preparativi.
Una trentina i soci fondatori che in questi giorni lavorano alacremente per
inaugurare a metà maggio la sede. «Abbiamo deciso di chiamarci Nardò Centrale
dal nome di una stazione ferroviaria neretina - spiega il presidente del circolo
Frank Quaranta - la stazione simboleggia arrivi, partenze ed incontri. Ed è
questo il nostro obiettivo. Noi vogliamo un cantiere aperto, ma soprattutto
daremo spazio agli artisti locali in cerca di un palcoscenico. Il nostro sarà un
contenitore riservato principalmente a loro, ma senza dimenticare il resto.
Anzi, oseremo invitare grandi nomi del giornalismo italiano, della cultura e
dello spettacolo. Punteremo su poesia, musica, teatro e reading letterari: da
Rino Gaetano ai jazzisti locali, dalle mostre fotografiche ad una lettura per
ricordare Piero Ciampi».
La mostra ‘ImmaginArci’
Secondo appuntamento con il progetto ImmaginArci, iniziativa promossa dal
comitato Arci di Novara per valorizzare nei propri spazi l’arte contemporanea.
Il circolo XXV Aprile di Novara ospita una mostra fotografica di Andrea Ballaratti
dal titolo Terza classe. Il progetto è stato realizzato tra il 2012 ed il 2014 ed è
ambientato sui ponti dei traghetti delle grandi compagnie navali che ogni anno
trasportano migliaia di pellegrini verso le località turistiche italiane.
Come descritto nella presentazione del progetto, a cura di Emanuele Pintus, «L’occhio del fotografo si posa lieve su quell’attimo di profonda intimità del viaggiatore
che incontra l’orizzonte e quasi rinuncia a comprenderne l’estensione, unitamente
alle scenografie di colori in divenire, di contorni lontani, in un confronto forse
non previsto tra uomo, tempo e spazio».
La mostra sarà visitabile fino al 30 maggio negli orari di apertura del circolo.
Ingresso con tessera Arci.
A Viterbo
c’è Resist
Ultimo appuntamento per il festival
Resist, giunto alla sua undicesima
edizione, organizzato dal comitato
provinciale Arci di Viterbo in collaborazione con l’Anpi di Viterbo, la
Cgil e molti circoli Arci in tutta la
provincia.
Il Festival è nato per la valorizzazione
e la promozione della memoria della Resistenza e sostiene iniziative,
incontri, spettacoli e proiezioni per
l’affermazione dei diritti dell’uomo
e dei popoli, della libertà e dell’uguaglianza, della convivenza civile
e democratica, della pace e cooperazione e della nonviolenza.
Sabato 2 maggio a Viterbo alle ore
21,30 al circolo Il Cosmonauta ci sarà
il concerto di Pino Masi, la voce dei
brani più militanti nel repertorio folk
italiano degli anni Settanta. Ingresso
riservato ai soci Arci.
http://arciviterbo.blogspot.it
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arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
società
Tre buone cause per donare
il 5x1000 all’Arci
di Greta Barbolini responsabile nazionale Arci politiche economiche
Prende il via ufficialmente anche per
l’Arci la campagna di comunicazione sul
5xmille. Una campagna che per il 2015 è
finalizzata a tre progetti e su cui vorremmo che tutta l’articolazione organizzativa
dell’Arci - dalla direzione nazionale ai
circoli - si impegnasse. Un modo nuovo di
chiedere ai nostri soci, e a tutti coloro che
credono che l’Arci sia importante per la
società italiana, di fare una scelta di libertà
fiscale che dal 2006 lo stato riconosce
ai cittadini e alle cittadine. Una scelta
che non pesa sul contribuente perchè,
sulla base del riconoscimento del valore
sociale e comunitario del terzo settore,
destina il 5 per mille dell’Irpef dovuta
non allo stato ma al privato sociale. Una
scelta quindi che non costa nulla, ma che
può dire tanto di cosa rappresenti l’Arci
nella società. Per questo non vogliamo
prendere sotto gamba questa opportunità,
su cui a volte negli organismi abbiamo
discusso animatamente, esplicitando
gli obiettivi specifici su cui ci impegneremo con le risorse raccolte. Non è stato
semplice scegliere tre progetti attraverso
cui simbolicamente rappresentare l’associazione. Siamo partiti dalla convinzione
che cultura, immigrazione e solidarietà
internazionale costituiscano i tre pilastri
identitari dell’Arci e che indicando tre
progetti concreti in queste aree di intervento fosse più semplice rispondere
alla domanda «Perché dare il cinque per
mille all’Arci?»
Il primo progetto riguarda la costituzione
di un fondo di sostegno alle famiglie dei
migranti morti o dispersi in mare durante
il tentativo di attraversare il Mediterraneo.
Persone che fuggono da guerre, persecuzioni, povertà e che vorrebbero chiedere
asilo in uno dei paesi europei. L’Europa
e l’Italia fanno ancora troppo poco per
salvare quelle vite, dietro la cui fine sta
anche la tragedia di migliaia di familiari
che perdono una o più persone care e
una speranza di futuro. Continueremo a
chiedere una politica diversa, ad essere
parte attiva in tanti progetti di accoglienza, ma vogliamo anche organizzare uno
strumento di primo sostegno economicolegale. Non basta indignarsi, serve un
surplus di coerenza politica e personale;
invitiamo tutti coloro che condividono
questi valori a sostenerci per fare di più
e meglio.
il libro
Abolire il carcere
di Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina
Calderone, Federica Resta
Postfazione di Gustavo Zagrebelsky
Editore Chiarelettere - pagg 120 | euro 12
Il carcere non riabilita, esclude, emargina e riproduce delitti. Sbarre e celle costringono i detenuti in spazi estranei e angusti dove
cambia la percezione dello spazio e del tempo e, soprattutto, non
garantisce la sicurezza dei cittadini. Il carcere annienta, non salva
e, dunque, deve perdere la sua centralità.
E allora, come intervenire per spezzare quella logica che affolla i penitenziari italiani
all’inverosimile, ma non produce un calo di criminalità né mette al sicuro i cittadini?
Un libro, Abolire il carcere (Chiarelettere), tenta una risposta e avanza un decalogo di
proposte per cambiare un sistema che si rivela addirittura dannoso.
Firmato da Luigi Manconi, da Stefano Anastasia, da Valentina Calderone, e da Federica
Resta, Abolire il carcere illustra una serie riforme ‘ragionate e possibili’ per cambiare:
fra queste, la differenziazione delle pene, la depenalizzazione per i reati meno gravi,
l’abolizione dell’ergastolo, l’applicazione di misure alternative a largo raggio, le sanzioni pecuniarie, l’esclusione dei minori dal carcere e la concessione dei domiciliari
alle detenute con figli fino ai 10 anni. Per garantire davvero la sicurezza dei cittadini la
risposta al reato deve essere totalmente diversa e, soprattutto, differenziata: non una
pena, la stessa per tutti e la più inutile, ma la più appropriata per ogni reato e ogni
soggetto. Ampia dovrebbe essere poi l’utilizzazione di sanzioni ‘di comunità’, ovvero di
prestazioni lavorative e attività riparatorie in favore della collettività, che realizzano quel
reinserimento sociale cui la pena deve tendere secondo Costituzione e che, prevenendo
la recidiva, garantisce davvero la sicurezza dei cittadini.
Il secondo progetto si propone di costruire
un piano straordinario di sostegno alle
tante sale cinematografiche a rischio di
chiusura sia per le difficoltà economiche
generali del settore sia per i costi della
digitalizzazione delle cabine di proiezione.
Tanti cinema di città piccole e medie sono
di fatto delle associazioni culturali che si
sono date la mission di mantenere attivo
un presidio di cultura e di socialità. Alcuni
sono dei veri e propri circoli. Chiediamo di
aiutarci a salvare queste strutture, perché
possano restare aperte e operative.
Il terzo progetto riguarda Cuba, dove
da anni siamo impegnati a promuovere
attività culturali, scambi di buone pratiche, iniziative di solidarietà. A Santa Fè,
uno de municipi de l’Havana, abbiamo
già contribuito a ristrutturare il cinemateatro Oasis, a rafforzare le attività socio
culturali garantendo inclusione sociale.
Con la raccolta del 5xmille vogliamo
contribuire alla realizzazione di una nuova
Casa della Cultura, uno spazio ulteriore
dedicato ai giovani per attività di danza,
teatro, pittura e arti plastiche.
Tre buone cause quindi per donare il
5 per mille all’Arci.
arcireport n. 16 | 30 aprile 2015
In redazione
Andreina Albano
Maria Ortensia Ferrara
Direttore responsabile
Emanuele Patti
Direttore editoriale
Francesca Chiavacci
Progetto grafico
Avenida
Impaginazione e grafica
Claudia Ranzani
Impaginazione newsletter online
Martina Castagnini
Editore
Associazione Arci
Redazione | Roma, via dei Monti
di Pietralata n.16
Registrazione | Tribunale di Roma
n. 13/2005 del 24 gennaio 2005
Chiuso in redazione alle 17
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