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LE “PROCEDURE STANDARDIZZATE” PER IL
DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI
Aggiornato alla Circolare del Ministero del Lavoro del 31/01/2013
Le imprese con meno di 10 addetti potranno utilizzare l’autocertificazione della
valutazione dei rischi sino al 31 maggio 2013. Il documento di valutazione dei rischi potrà
essere redatto secondo “procedure standardizzate”, ossia come stabilito dal modello
approvato dalla Conferenza Stato Regioni, a partire dal 06 febbraio 2013. Le “procedure
standardizzate” potranno essere, opzionalmente, utilizzate anche da imprese con meno di
50 addetti, purché non appartenenti a classi di rischio elevato.
Sono queste, in estrema sintesi, le novità di maggiore rilievo derivanti da una lunga
serie di modifiche apportate all’articolo 29, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., meglio
conosciuto come Testo Unico sulla Sicurezza lavoro (TUS) e che hanno avuto nell’art. 388
della Legge 228/2012 (Legge “Stabilità 2013”) e nella Circolare del 31/01/2013 l’ultimo
elemento di cambiamento.
Per meglio comprendere la portata delle novità realizzate dal legislatore in poco
tempo, sia dal punto di vista normativo che metodologico, sarà necessario distinguere
nettamente tra quelli che sono gli obblighi legislativi in capo al datore di lavoro delle
piccole e medie imprese (PMI) e quegli che sono gli indirizzi operativi che i tecnici del
settore (sia RSPP che professionisti) dovranno seguire per redigere il documento di
valutazione dei rischi, sempre secondo le predette “procedure standardizzate” (d’ora in
poi denominate con l’acronimo DVR-PS).
Il quadro degli obblighi normativi per il datore di lavoro
Dal punto di vista prettamente normativo, il TUS stabilisce in modo perentorio per i
datori di lavoro delle imprese, di qualunque dimensione o tipologia di ciclo lavorativo, due
obblighi imprescindibili e in ogni caso non delegabili1:
1. La valutazione di tutti i rischi, con la conseguente elaborazione del documento
connesso2;
2. La designazione del responsabile del servizio aziendale di prevenzione e
protezione dei rischi (RSPP).
Con il termine “valutazione dei rischi” il TUS3 intende un processo complessivo di
analisi dell’azienda e del suo ciclo lavorativo che porti ad individuare tutti i rischi alla salute
e alla sicurezza dei lavoratori che ne derivano (reali e potenziali) stabilendone, di
conseguenza, le misure di prevenzione e protezione necessarie per garantire la sicurezza
dei luoghi di lavoro e delle attività che in esso si svolgono.
In questa “mappatura del rischio” devono essere comprese, anche:
Elenco 1 – Punti di analisi del rischio

La scelta delle attrezzature di lavoro;
1 Il riferimento è all’art.17, comma 1, lettere a) e b) del TUS.
2 Il riferimento al documento connesso è quello definito dall’articolo 28 del TUS, ossia
il documento di valutazione dei rischi (DVR).
3 Il riferimento
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







La scelta delle sostanze o dei preparati chimici impiegati;
La sistemazione dei luoghi di lavoro;
La valutazione dei rischi derivanti dal stress lavoro-correlato;
Le differenze di genere e le lavoratrici in stato di gravidanza;
La differenza di età dei lavoratori;
La presenza di lavoratori provenienti da altri Paesi;
La diversa tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione
lavorativa;
Il possibile rinvenimento di ordigni bellici inesplosi nei cantieri temporanei e
mobili.
A completamento del processo di “analisi e mappatura dei rischi”, sempre il TUS
prevede l’obbligo per i datori di lavoro4 di redigere uno specifico documento,
comunemente denominato “documento di valutazione dei rischi” (d’ora in poi citato con
l’acronimo DVR), che contenga:
Elenco 2 – Contenuti del DVR
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza durante
l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione
stessa;
L’indicazione delle misure di prevenzione e protezione attuate e dei dispositivi di
protezione individuale (DPI) adottati a seguito della predetta valutazione dei
rischi;
Il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel
tempo dei livelli di sicurezza;
L’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare,
nonché dei ruoli aziendali che vi debbono provvedere 5;
L’indicazione del:
a. Responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale (RSPP),
b. Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza aziendale (RLS) o
territoriale (RLST);
c. Medico competente che ha partecipato alla valutazione dei rischi;
L’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi
specifici che richiedono una specifica:
a. capacità professionale,
b. esperienza;
c. formazione e addestramento6.
In questo quadro di obblighi prima descritto (valutazione dei rischi -> documento), il
TUS lascia molta discrezionalità al datore di lavoro sulla metodologia con cui condurre
l’analisi e la mappatura dei rischi e, soprattutto, sulla scelta dei criteri per la redazione del
documento di valutazione che ne deriva. Proprio il TUS, infatti, così recita chiaramente 7:
La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al
datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e
comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità
quale strumento operativo di pianificazione degli interventi
aziendali e di pianificazione.
4
Il riferimento è all’art. 28, comma 2, del TUS.
Il TUS prevede che vi debbano essere assegnati unicamente soggetti in possesso di
adeguate competenze e poteri.
6
Il TUS precisa che la formazione e l’addestramento, oltre ad essere “specifica”, deve
essere “adeguata”.
7
Il riferimento normativo è all’art. 28, comma 2, lettera a), del TUS.
5
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Questa specifica indicazione del legislatore deriva dalla consapevolezza accumulata
nel tempo di come il sistema produttivo nazionale sia profondamente diverso da quello
europeo da cui deriva la “direttiva madre” sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e che ha
avuto nella ex “626” la prima effettiva esperienza di applicazione nel nostro paese. Il
tessuto delle micro, piccole e medie aziende italiane, infatti, è ben diverso da quello delle
grandi aziende presenti negli altri stati europei. Ciò comporta la necessità di un documento
di valutazione dei rischi “snello e pratico”, che sia in grado di adattarsi alle strutture
gerarchiche semplici e “corte” delle imprese nazionali, senza rappresentare un ulteriore
fardello burocratico-cartaceo; ciò lo renderebbe sostanzialmente inutilizzabile nelle
procedure operative quotidiane e, di fatto, un costo significativo per i bilanci aziendali delle
PMI.
Questa consapevolezza viene rimarcata ancor più profondamente dal TUS allorquando
attua la previsione per cui, le imprese che occupano sino a 10 lavoratori8, non appartenenti
alle “classi di rischio” elevate9, possono:
a) redigere il predetto DVR secondo “procedure standardizzate” 10;
b) utilizzare, sino a scadenza11, una semplice autocertificazione che attesti lo
svolgimento della valutazione dei rischi.
Dal punto di vista prettamente normativo, le suddette “procedure standardizzate”
sono quelle definite dall’art. 6, comma 8, lettera f), del TUS, ossia all’interno di
quell’articolo che va a definire i compiti della Commissione Consultiva permanente per la
salute e la sicurezza sul lavoro, coordinata dal Ministero del Lavoro; nello specifico, così
recita il testo normativo:
Elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure
standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui
all’articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e degli
indici infortunistici di settore. Tali procedure vengono recepite con
Decreto dei Ministeri del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, e dell’interno acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province
autonome di Trento e di Bolzano.
Come si può notare dal testo, le “procedure standardizzate” avevano il compito di
adeguare il DVR a quelli che sono gli effettivi profili di rischio dei cicli lavorativi e,
soprattutto, essere coerenti con gli indici infortunistici del settore; quanto e come questa
aderenza alle realtà settoriali sia stata realizzata verrà approfondito nel successivo
paragrafo metodologico.
Quello che in questa parte dell’analisi normativa interessa maggiormente è la data
entro cui la Commissione Consultiva permanente avrebbe dovuto elaborare il riferimento
metodologico: il 31 dicembre 2010. In realtà, come sempre accade nel panorama legislativo
italiano, la data limite fu ampiamente disattesa e, ovviamente, prorogata sine die.
Il percorso di “gestazione” delle predette procedure ha avuto il suo momento di startup il 9 marzo 2010 con l’insediamento del Comitato n.2 presso la Commissione Consultiva,
costituito da componenti istituzionali ed esperti del settore nominati dalle Parti Sociali
datoriali e sindacali. Nei due anni di lavoro successivi sono state effettuate quasi 30 riunioni
del Comitato, con una fase di test finale mirata alla verifica della effettiva comprensibilità
delle procedure elaborate da parte dei datori di lavoro e dei tecnici di settore, ovverossia
comprovare la reale semplicità di compilazione della modulistica di sintesi prodotta dal
Comitato. Il percorso ha avuto la sua conclusione il 10 maggio 2012 con l’adozione del testo
definitivo, formalmente approvato dalla Commissione Consultiva Permanente il 16 maggio
8
Il riferimento normativo è all’art.29, comma 5, del TUS.
Il riferimento normativo è all’art. 31, comma 6, lettere a), b), c), d) e g).
10
Il termine “procedure standardizzate” fa riferimento a quanto previsto dall’art. 6,
comma 8, lettera f), del TUS.
11
Sino all’emanazione della c.d. “Legge di Stabilità per il 2013”, il termine ultimo per
l’utilizzo dell’autocertificazione della valutazione dei rischi per le imprese con meno di 10
addetti era il 31/12/2012.
9
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2012, seguita dall’approvazione – senza modifiche – della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano (parere
obbligatorio e vincolante) il 25 ottobre 2012.
Nelle more dell’entrata in vigore delle precedenti disposizioni normative, il legislatore
ha fatto propria l’esigenza di differire l’entrata in vigore delle procedure di un termine di
giorni sessanta, in ragione della circostanza per cui le “procedure standardizzate”
dovranno essere applicate per la prima volta da un numero particolarmente elevato di
piccole e medie imprese; di conseguenza, poiché le PMI formalizzano la loro “regolarità”
sull’effettuazione della valutazione dei rischi unicamente sulla base di autocertificazione,
venne emanato il Decreto Interministeriale 30 novembre 201212 in cui, finalmente, veniva
data dignità giuridica al lavoro della Commissione Permanente.
Come spesso accade nel panorama normativo italiano, pur avendo completato un
percorso articolato e spesso non facile dal punto di vista della “cultura della sicurezza”, la
formalizzazione del Decreto Interministeriale pose un non facile problema interpretativo
relativamente all’entrata in vigore effettiva del DVR-PS.
La versione inziale del TUS (art. 29, comma 5), infatti, prevedeva espressamente
quanto segue:
l datori di lavoro che occupano fìno a 10 lavoratori effettuano la
valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle
procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera
f). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data
di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui
all'articolo 6, comma 8, letto f), e, comunque, non oltre il 30
giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare
l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel
precedente articolo non si applica alle attività di cui all'articolo 31,
comma 6, lettere a), b), c), d) nonché g).
Il termine temporale iniziale (30 giugno 2012) previsto nella succitata disposizione
normativa ha però avuto una sua prima proroga con il Decreto Legge 57/2012, a sua volta
convertito nella Legge 101/2012, in cui il testo normativo (sempre art. 29, comma 5 del
TUS), risultava così modificato:
l datori di lavoro che occupano fìno a 10 lavoratori effettuano la
valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle
procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera
f). Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di
entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo
6, comma 8, letto f), e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2012,
gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione
della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente
articolo non si applica alle attività di cui all'articolo 31, comma 6,
lettere a), b), c), d) nonché g).
A questo punto diveniva necessario il coordinamento temporale con il più volte citato
Decreto Interministeriale del 30/12/2012, pubblicato in GU 285 del 06/12/2012, non fosse
altro per il pochissimo tempo a disposizione rimasto alle imprese per potersi adeguare alla
disposizione normativa (meno di 20 giorni). Ciò è stato possibile grazie alla predetta
“Legge di Stabilità 2013”, che ha così modificato il testo di legge in modo, si spera,
definitivo:
l datori di lavoro che occupano fìno a 10 lavoratori effettuano la
valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle
12
Il riferimento è al DI 30/11/2012, “Procedure standardizzate per la valutazione dei
rischi di cui all'articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n. 81/2008, ai sensi dell'articolo
6, comma 8, lettera f)”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2012.
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procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera
f). Fino alla scadenza del terzo mese successivo alla data di
entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo
6, comma 8, letto f), e, comunque, non oltre il 3o giugno 2013,
gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l'effettuazione
della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente
articolo non si applica alle attività di cui all'articolo 31, comma 6,
lettere a), b), c), d) nonché g).
Il combinato disposto delle nuove articolazioni temporali, confermato dalla Circolare
del Ministero del Lavoro del 31/01/201313, vede quindi il quadro finale così composto:
 06/02/2013 – Entrata in vigore del Decreto Interministeriale del 30/11/2012;
 31/05/2013 – Terzo mese dall’entrata in vigore del Decreto Interministeriale del
30/11/2012, ossia termine ultimo per la redazione del Documento di
Valutazione dei Rischi secondo Procedure Standardizzate (DVR-PS).
La data del 30/06/2013, da molti erroneamente ritenuta la soglia finale per l’utilizzo
della c.d. “autocertificazione”, non è quindi da prendere in considerazione, poiché resa
irrilevante dalla scadenza “naturale” della dilazione normativa concessa, avente cioè come
base di calcolo la pubblicazione del Decreto Interministeriale in Gazzetta Ufficiale (3 mesi
dopo l’entrata in vigore).
13
Circolare del 31/01/2013 del Ministero del Lavoro, Direzione generale delle Relazioni
Industriali e dei Rapporti di Lavoro, Divisione III, Protocollo 32/0002583/MA001.A001.
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Il quadro metodologico per la redazione del DVR-PS
Il Documento di Valutazione dei Rischi secondo “Procedure Standardizzate” (DVR-PS)
predisposto dalla Commissione Consultiva permanente il 16/05/2012 e approvato dalla
Conferenza per i rapporti tra Stato e Regioni il 25/10/2012, formalizza, di fatto, in forma
semplificata, quanto già previsto dall’articolo 28 del TUS sui contenuti per il DVR.
La procedura, infatti, prevede quattro fasi ben precise in cui articolare il documento:
Elenco 3 – Fasi per la compilazione del DVR-PS




PASSO 1: descrizione dell’azienda, del ciclo lavorativo e/o delle attività e delle
mansioni;
PASSO 2: individuazione dei pericoli presenti in azienda;
PASSO 3: valutazione dei rischi associati ai pericoli individuati e identificazione
delle misure di prevenzione e protezione attuate;
PASSO 4: definizione del programma di miglioramento.
Le predette fasi coincidono perfettamente con le indicazioni del TUS per quel che
riguarda i contenuti del DVR più in generale (art. 28), così come evidenziato dalla tabella
successiva.
Tabella 1 – Confronto normativo tra DVR e DVR-PS
Valutazione dei rischi
DVR (art. 28, c.2)
Analisi del contesto
lavorativo e valutazione
dei rischi presenti
Lettera a): Una relazione
sulla valutazione di tutti i
rischi per la salute e la
sicurezza durante l’attività
lavorativa nella quale siano
specificati i criteri adottati
per la valutazione stessa
DVR-PS (art. 29, c.5),
Comm. Consultiva
Permanente
Passo 1: descrizione
azienda, ciclo/attività
lavorative, mansioni
Passo 2: individuazione dei
pericoli presenti in azienda
Passo 3 (parte prima):
valutazione dei rischi
associati ai pericoli
individuati
Misure di prevenzione e
protezione della salute e
della sicurezza dei
lavoratori
Lettera b): L’indicazione
delle misure di prevenzione
e protezione attuate e dei
dispositivi di protezione
individuale (DPI) adottati a
seguito della predetta
valutazione dei rischi
Passo 3 (seconda parte):
identificazione delle misure
di prevenzione e protezione
attuate
Pianificazione del
miglioramento dei livelli di
prevenzione e protezione
della salute e della
sicurezza dei lavoratori
Lettera c): Il programma
delle misure ritenute
opportune per garantire il
miglioramento nel tempo
dei livelli di sicurezza
(lettera c))
Passo 4 (prima parte):
definizione del programma
di miglioramento
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Procedure gestionali del
sistema aziendale di
prevenzione e protezione
della salute e della
sicurezza dei lavoratori
Lettera d): L’individuazione
delle procedure per
l’attuazione delle misure da
realizzare, nonché dei ruoli
aziendali che vi debbono
provvedere (lettera d))
Passo 4 (seconda parte):
individuazione delle
procedure per l’attuazione
delle misure
Come è evidente dallo schema della tabella, il DVR-PS rimane saldamente nel solco del
DVR tracciato dall’art.28 del TUS, pur effettuando una chiara semplificazione – formale ma
non sostanziale – delle procedure e dei criteri attraverso cui arrivare a redigere il
documento alla base del sistema di prevenzione e protezione aziendale.
Il vero e proprio “effetto wow” che il DVR-PS introduce è quello di dare finalmente
risposta a quell’indicazione normativa che, pur partendo da uno scopo nobile, ha creato
uno degli effetti distorsivi di maggior alterazione del sistema dei controlli territoriali: la
discrezionalità degli organi ispettivi verso le PMI.
Come già evidenziato nel precedente paragrafo sugli obblighi normativi dei datori di
lavoro, infatti, l’art. 28 del TUS, al comma 2, seconda alinea della lettera a), introduceva un
importante principio: la discrezionalità a carico del datore di lavoro delle forme di sostanza
con cui redigere il DVR, ossia la responsabilità di renderlo “semplice”, “breve” e
“comprensibile”; oltreché garantirne la “completezza” e l’”idoneità”, quale strumento
operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione.
Questa indicazione, seppur consona allo scenario nazionale di varietà e molteplicità
delle PMI, ha avuto come controindicazione immediata quello di lasciare un ampio margine
di discrezionalità agli organi ispettivi nel valutare se il DVR prodotto fosse “completo” o
meno, “idoneo” o “non idoneo”. Sul territorio nazionale, infatti, le azioni di controllo e
valutazione del DVR hanno subito una elevata accellerazione, lasciando agli ispettori del
lavoro o della ASL la possibilità di decidere arbitrariamente la “comprensibilità” di un
documento, senza avere alcun riferimento normativo in merito.
Ciò ha comportato un rilevante aumento del “volume cartaceo” collegato ai DVR. Da
una parte dovuto al proliferare dei software c.d. “schiacciabottoni”, che hanno ridotto la
valutazione ad un processo meccanico, avulso dal contesto reale e mirato esclusivamente
alla soddisfazione degli obblighi formali; dall’altro dalla preoccupazione dei tecnici di
settore di non “farsi trovare sguarniti”, ossia di predisporre un documento che avrebbe
potuto essere giudicato come “inadeguato” o “incompleto” dagli organi ispettivi e
riceverne quindi le conseguenti sanzioni. Lo stato dell’arte, perciò, vede il DVR, a causa
della predetta incertezza interpretativa, avvicinarsi notevolmente alle dimensioni di una
vera e propria “enciclopedia Treccani”, pur riferendosi ad aziende a basso rischio e con un
numero limitatissimo di lavoratori.
Il DVR-PS sblocca indubbiamente lo status quo e definisce una volta per tutte una
procedura standardizzata, valida su tutto il territorio nazionale e non soggetta a
discrezionalità soggettive da parte degli organi di controllo.
Questi ultimi, infatti, potranno dedicare il loro discernimento esclusivamente a
comprendere se il DVR sia effettivamente il frutto finale di un lavoro preliminare di analisi e
valutazione dei rischi ben fatto, coerente con la realtà aziendale e realmente applicabile
nel processo di miglioramento continuo che ogni impresa deve perseguire, non solo dal
punto di vista della salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
Modulo 2: Individuazione dei pericoli presenti in azienda
Uno degli elementi che maggiormente incide sulla semplificazione della procedura e
sulla riduzione del rischio di “discrezionalità” degli organi ispettivi è, indubbiamente, il
Modulo 2 previsto dal modello approvato dal decreto interministeriale, ovverossia la
procedura relativi all’individuazione dei pericoli presenti in azienda.
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Tralasciando per il momento le perplessità semantiche derivanti dall’uso promiscuo
dei termini “pericoli” e “rischi”, ossia dell’introduzione di un termine non previsto dalla
normativa vigente (pericoli), il Modulo 2 non fa altro che semplificare e standardizzare
l’obbligo previsto per il datore di lavoro dal TUS all’art, 28, comma 2, lettera a).
Nello specifico, la normativa richiede che, nella fase di analisi del contesto lavorativo e
di valutazione dei rischi connessi, sia obbligatorio indicare quali siano stati i “criteri adottati
per la valutazione stessa”. Ciò ha comportato lo sviluppo abnorme di pagine e pagine
metodologiche all’interno del DVR, sia citando senza alcuna necessità i riferimenti
normativi (a chi sono indirizzati?). Ma, soprattutto, dettagliando con dubbia utilità
applicativa la “famosa” valutazione del rischio, sintetizzata nell’ormai arcinota matrice
quadrata “4x4” di provenienza europea, in cui veniva quantificato il criterio probabilistico
lineare del R = P x D, ossia “probabilità di accadimento” dell’evento negativo (da
“improbabile” a “molto probabile”), moltiplicato l’entità del danno che i lavoratori ne
potrebbero ricevere (la c.d. “magnitudo”), progressivamente “migliorata” nel tempo da
infinite varianti evolutive che amplificavano la matrice-base.
Il DVR-PS “salta” completamente questa parte, riconducendola ad un lavoro più
concreto di elencazione di tutti quelli che potrebbero essere i “pericoli” presenti all’interno
delle piccole e medie imprese (espressamente richiesti dalla normativa), quasi un vero e
proprio pro-memoria che possa permettere al datore di lavoro (quasi sempre anche RSPP)
di valutare sinteticamente tutti gli aspetti senza tralasciarne alcuno.
Il modello predisposto dalla Conferenza Stato Regioni, in più, cerca anche di evitare il
rischio che il predetto elenco si trasformi in una semplice posa di “crocette”, ossia il rischio
che si possa cadere nell’eccesso opposto a quello precedente e quindi ad una forte
“dequalificazione” del processo analitico. Nelle istruzioni allegate, infatti, gli estensori del
modello ricordano con grande precisione come i pericoli presenti nelle imprese siano
strettamente legati alle caratteristiche:
Elenco 4 – Fattori ingeneranti i rischi/pericoli









del luogo di lavoro;
delle attrezzature di lavoro;
dei materiali impiegati;
degli agenti fisici, chimici o biologici presenti;
del ciclo lavorativo;
di tutte le attività svolte, comprese quelle di manutenzione ordinaria e
straordinaria, riparazione, pulizia, arresto e riattivazione, cambio di
lavorazioni, ecc.;
dei fattori correlati all’organizzazione del lavoro adottata;
della formazione, informazione e addestramento necessari;
di qualunque altro fattore potenzialmente dannoso per la sicurezza dei
lavoratori.
Questa impostazione palesa come, almeno nelle intenzioni di redattori, la Check list
della “famiglia dei pericoli” e dei “pericoli” non debba essere una processo semplificativo
al ribasso della dinamica valutativa ma, al contrario, il concentrare gli sforzi analitici proprio
sulla mappatura dei pericoli piuttosto che sulla loro successiva formalizzazione
documentale, con allegata “giustificazione” metodologica dei criteri.
Approccio ancor più sensato poiché il Modulo 2 contiene esplicitamente i riferimenti
normativi a cui i “pericoli” fanno riferimento, sollevando così l’estensore del DVR-PS dalla
preoccupazione di poter “dimenticare” elementi non critici nella sua azienda ma
formalmente previsti e sanzionati dalla legislazione vigente. Anche aver aggiunto alla fine
del Modulo 2 il termine “Altro” risulta essere più uno scrupolo “eccessivo” dei redattori
rispetto a quello che effettivamente è possibile trovare nella stragrande maggioranza delle
PMI a basso rischio e con meno di 10 addetti e che il TUS non abbia comunque già
abbondantemente previsto.
Nella tabella successiva sono riportate, per completezza espositiva, solo le “famiglie di
pericoli” e i sottostanti “pericoli” indicati dal Modulo 2. In allegato, invece, viene riportata
la tabella completa dei riferimenti legislativi e degli esempi di incidenti e di criticità.
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Tabella 2 – Modulo 2 (sintesi)
Famiglia di pericoli
Pericoli
Luoghi di lavoro:
Stabilità e solidità delle strutture
Altezza, cubatura, superficie
Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari, banchine e
rampe di carico
- Al chiuso (anche in
riferimento ai locali
sotterranei art. 65)
- All'aperto
Vie di circolazione interne ed esterne, utilizzate per:
- raggiungere il posto di lavoro;
- fare manutenzione agli impianti.
N.B. Tenere conto dei
lavoratori disabili (art. 63,
commi 2 e 3)
Vie e uscite di emergenza
Porte e portoni
Scale
Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni
Microclima
Illuminazione naturale e artificiale
Locali di riposo e refezione
Spogliatoi e armadi per il vestiario
Servizi igienico assistenziali
Dormitori
Ambienti confinati
o a sospetto rischio di
inquinamento
Aziende agricole
Vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti,
silos. Pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie, caldaie e
simili. Scavi
Lavori in quota
Attrezzature per i lavori in quota (ponteggi, scale
portatili, trabattelli, cavalletti, piattaforme elevabili, ecc.)
Impianti
di servizio
Impianti elettrici (circuiti di alimentazione degli
apparecchi utilizzatori e delle prese a spina; cabine di
trasformazione; gruppi elettrogeni, sistemi fotovoltaici,
gruppi di continuità, ecc.)
Impianti radiotelevisivi, antenne, impianti elettronici
(impianti di segnalazione, allarme, trasmissione dati, ecc.
alimentati con valori di tensione fino a 50 V in corrente
alternata e 120 V in corrente continua)
Impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di
condizionamento e di refrigerazione
Impianti idrici e sanitari
Impianti di distribuzione e utilizzazione di gas
Impianti di sollevamento (ascensori, montacarichi, scale
mobili, piattaforme elevatrici, montascale)
Attrezzature
di lavoro (impianti di
produzione, apparecchi e
macchinari fissi)
Apparecchi e impianti in pressione (es. reattori chimici,
autoclavi, impianti e condizionamenti ad aria compressa,
compressori industriali, ecc., impianti di distribuzione dei
carburanti)
Impianti e apparecchi termici fissi (forni per trattamenti
termici, forni per carrozzerie, forni per panificazione,
centrali termiche di processo, ecc.).
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Macchine fisse per la lavorazione del metallo, del legno,
della gomma o della plastica, della carta, della ceramica,
ecc.; macchine tessili, alimentari, per la stampa, ecc.
(esempi: Torni, Presse, Trapano a colonna, Macchine per il
taglio o la saldatura, Mulini, Telai, Macchine rotative,
Impastatrici, Centrifughe, Lavatrici industriali, ecc.)
Impianti automatizzati per la produzione di articoli vari
(ceramica, laterizi, materie plastiche, materiali metallici,
vetro, carta, ecc.).
Macchine e impianti per il confezionamento,
imbottigliamento, ecc.
Impianti di sollevamento, trasporto e movimentazione
materiali (grù, carri ponte, argani, elevatori a nastro,
nastri trasportatori, sistemi a binario, robot manipolatori,
ecc.).
Impianti di aspirazione, trattamento e filtraggio aria (per
polveri o vapori di lavorazione, fumi di saldatura, ecc.).
Serbatoi di combustione fuori terra a pressione
atmosferica
Serbatoi interrati (compresi quelli degli impianti di
distribuzione stradale)
Attrezzature
di lavoro
- Apparecchi e dispositivi
elettrici o ad azionamento
non manuale trasportabili,
portatili
- Apparecchi termici
trasportabili
- Attrezzature
in pressione trasportabili
Distributori di metano
Serbatoi di GPL. Distributori di GPL
Apparecchiature informatiche e da ufficio (PC, stampante,
fotocopiatrice, fax, ecc.)
Apparecchiature audio o video (Televisori,
apparecchiature stereofoniche, ecc.)
Apparecchi e dispositivi vari di misura, controllo,
comunicazione (registratori di cassa, sistemi per controllo
accessi, ecc.)
Utensili portatili, elettrici o a motore a scoppio (trapano,
avvitatore, taglia siepi elettrico, ecc.)
Apparecchi portatili per saldatura (saldatrice ad arco,
saldatrice a stagno, saldatrice a cannello, ecc.)
Elettrodomestici (Frigoriferi, forni a microonde,
aspirapolveri)
Apparecchi termici trasportabili (Termoventilatori, stufe a
gas trasportabili, cucine a gas, ecc.)
Organi di collegamento elettrico mobili ad uso domestico
o industriale (Avvolgicavo cordoni di prolunga, adattatori,
ecc.)
Apparecchi di illuminazione (Lampade da tavolo, lampade
da pavimento, lampade portatili, ecc.)
Gruppi elettrogeni trasportabili
Attrezzature in pressione trasportabili (compressori,
sterilizzatrici, bombole, fusti in pressione, recipienti
criogenici, ecc.)
Apparecchi elettromedicali (Ecografi, elettrocardiografi,
defibrillatori, elettrostimolatori, ecc.)
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Apparecchi elettrici per uso estetico (Apparecchi per
massaggi meccanici, depilatori elettrici, lampade
abbronzanti, elettrostimolatori, ecc.)
Macchine da cantiere (escavatori, grù, trivelle, betoniere,
dumper, autobetonpompa, rullo compressore, ecc.)
Macchine agricole (Trattrici, macchine per la lavorazione
del terreno, macchine per la raccolta, ecc.)
Carrelli industriali (Muletti, transpallet, ecc.)
Mezzi di trasporto materiali (Autocarri, furgoni, autotreni,
autocisterne, ecc.)
Mezzi di trasporto persone (Autovetture, pullman,
autoambulanze, ecc.)
Attrezzature di lavoro
- Utensili manuali
Martello, pinza, taglierino, seghetti, cesoie, trapano
manuale, piccone, ecc.
Scariche atmosferiche
Scariche atmosferiche
Lavoro al videoterminale
Agenti fisici
Lavoro al videoterminale
Rumore
Vibrazioni
Campi elettromagnetici
Radiazioni ottiche artificiali
Microclima di ambienti severi, infrasuoni, ultrasuoni,
atmosfere iperbariche
Radiazioni ionizzanti
Raggi alfa, beta, gamma
Sostanze pericolose
Agenti chimici (comprese le polveri)
Agenti cancerogeni e mutageni
Amianto
Virus, batteri, colture cellulari, microorganismi,
endoparassiti
Agenti biologici
Atmosfere esplosive
Presenza di atmosfera esplosiva (a causa di sostanze
infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri)
Incendio
Presenza di sostanze (solide, liquide o gassose),
combustibili, infiammabili e condizioni di innesco (fiamme
libere, scintille, parti calde, ecc.)
Altre emergenze
Fattori organizzativi
Condizioni
di lavoro particolari
Inondazioni, allagamenti, terremoti, ecc.
Stress lavoro correlato
Lavoro notturno, straordinari, lavori in solitario in
condizioni critiche
Pericoli connessi
all'interazione con persone
Attività svolte a contatto con il pubblico (attività
ospedaliera, di sportello, di formazione, di assistenza, di
intrattenimento, di rappresentanza, e vendita, di vigilanza
in genere, ecc.)
Attività svolte in allevamenti, maneggi, nei luoghi di
intrattenimento e spettacolo, nei mattatoi, stabulari, ecc.
Pericoli connessi
all'interazione con animali
Movimentazione manuale
dei carichi
Lavori sotto tensione
Posture incongrue
Movimenti ripetitivi
Sollevamento e spostamento di carichi
Pericoli connessi ai lavori sotto tensione (lavori elettrici
con accesso alle parti attive di impianti o apparecchi
elettrici)
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Lavori in prossimità di parti
attive di impianti elettrici
Pericoli connessi ai lavori in prossimità di parti attive di
linee o impianti elettrici
ALTRO
Un elemento di particolare importanza nella scelta della “famiglia dei pericoli” e dei
sottostanti “pericoli” presenti in azienda è quello di considerare quanto espressamente
indicato nel punto 4.2 del documento modello del DVR-PS: segnalare come presenti solo
quelli effettivamente riscontrabili nei luoghi di lavoro e che richiedono specifici interventi
di prevenzione e protezione.
Le istruzioni motivano questa scelta solo come "migliore gestione del documento",
soprattutto se realizzato in "formato elettronico". In realtà, non è chiaro quanto
consapevolmente, gli indirizzi elaborati realizzano un notevole passo avanti rispetto a
quanto prima descritto relativamente alla eccessiva produzione cartacea dei DVR, dettata
principalmente dalla preoccupazione di "non dimenticare qualche rischio", ossia realizzare
un documento normativamente sanzionabile a causa dell’assenza. Ecco quindi la
conseguenza dell'elencazione pedissequa di tutti i possibili rischi potenzialmente presenti
in azienda, anche quando questi non abbiano una reale concretezza all'interno del ciclo
lavorativo o delle tecnologie utilizzate.
Con questa nuova indicazione, almeno all'interno delle procedure standardizzate per
le imprese a basso rischio con meno di 10 addetti, l'assenza di un “pericolo” non può
essere più interpretata come una "carenza" del processo valutativo ma, semplicemente,
una sua “non presenza” nel luogo di lavoro o, più correttamente, un rischio residuo non
rilevante.
Nel DVR-PS, perciò, non sarà più necessario riportare per intero l'intero elenco delle
"famiglie dei pericoli" e dei conseguenti "pericoli", anche quando la risposta alla loro
presenza fosse "NO"; sarà sufficiente, invece, coerentemente con la descrizione aziendale
realizzata nel passo precedente, inserire la segnalazione di presenza di pericoli effettivi,
ossia di quelli che nel Modulo 3 troveranno specifica indicazione nelle precauzioni di
prevenzione adottate e sulle quali si concentrerà la programmazione temporale del piano
di miglioramento.
I Moduli del DVR-PS e la procedura di stesura secondo i "passi"
E' stato scelto di dare particolare rilievo al "passo" dell’analisi aziendale e della
conseguente individuazione della “famiglia di pericoli” presenti nel luogo di lavoro
(Modulo 2) poiché la vera novità metodologica per la standardizzazione delle procedure
risiede proprio in questa fase.
Dal punto di vista della sequenza logica delle procedure, però, il documento prende
forma prima dal "passo" della descrizione del sistema produttivo e dei luoghi di lavoro per
poi approdare al "paso double" della valutazione dei rischi e delle misure di prevenzione e
protezione adottare, con la successiva pianificazione del programma di miglioramento e
dei relativi tempi di attuazione (con la fase del "passo" intermedio prima analizzato
dell'individuazione dei "pericoli").
Vediamo, allora, di comprendere a fondo quanto previsto dai "passi" fondamentali del
Modulo 1 e del Modulo 3, analizzandoli in sequenza, così come organizzati nel documento
della Conferenza Stato Regioni.
Il Modulo 1
Il primo "passo" è di natura prettamente formale ed è riscontrabile nel Modulo 1.1,
dove viene sintetizzata una descrizione amministrativa dell'azienda, in cui andranno
indicati:
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Elenco 5 – Contenuti del Modulo 1.1
• Ragione sociale (quella indicata nel modulo di iscrizione alla Camera di
Commercio);
• Attività economica (quella indicata nel modulo ISTAT per il censimento delle
imprese);
• Codice ATECO 2007 (facoltativo; fa riferimento ai codici europei di classificazione
statistica delle attività economiche, così come riportati nel nostro sistema nazionale);
• Nominativo del titolare o, in caso di aziende complesse, anche con meno di 10
addetti, il nominativo del rappresentante legale;
• Indirizzi della sede, distinguendo tra quello formale della sede legale (deve
coincidere con quello riscontrabile sulle visure della Camera di Commercio) e quelli del sito
produttivo operativo, da cui però sono da escludere i canteri temporanei e mobili, oggetto
di altri documenti di pianificazione e valutazione del rischio (PSC, POS).
E' opportuno ricordare come, anche per le PMI con meno di 10 addetti sia possibile
riscontrare il caso delle diverse sedi operative come, ad esempio:
Elenco 6 – Esempi cicli produttivi multisede
• il settore alimentare, con le sedi commerciali di vendita al consumo e le sedi di
lavorazione o deposito;
• il settore commerciale, anche in questo caso con diverse sedi di vendita e la sede
di deposito;
• il settore del terziario avanzato, come gli uffici professionali o le sedi dei notai, con
diverse sedi in cui svolgere l'attività di consulenza professionale e/o con una sede diversa
per l'elaborazione dati e il deposito dei server;
• il settore medico, con diverse sedi di studi per le visite dei pazienti od anche i
laboratori di analisi, spesso divisi tra le sedi di consegna delle analisi ed i laboratori veri e
propri in cui vengono svolte.
Sono davvero tantissimi gli esempi, seppur micro, in cui è possibile riscontrare la
presenza di sedi diverse in cui avviene la produzione o il consumo dei beni e dei servizi;
anche in questo caso, come per il DVR "tradizionale", il DVR-PS deve essere nettamente
differenziato per ogni singola sede operativa, per i lavoratori che vi sono coinvolti, per le
mansioni che vi vengono svolte, per le tecnologie che vi vengono impiegate e per i pericoli
che vi sono presenti.
Sempre nel Modulo 1.1 ampia attenzione viene dedicata alla descrizione del sistema di
prevenzione e protezione aziendale; anche in questo caso viene semplicemente richiesta
l'identificazione (anche con organigramma) dei soggetti deputati alle varie funzioni interne
aziendali, ossia:
Elenco 7 – Organigramma funzionale (nominativi)
• nominativo del datore di lavoro, che come noto può essere anche diverso dal
titolare dell'azienda o dal suo rappresentante legale (caso raro, in verità, nelle PMI); viene
richiesto di specificare, inoltre, se il datore di lavoro svolge anche le funzioni di
responsabile del servizio di prevenzione e protezione (caso predominante nella
maggioranza delle PMI). In questo caso viene dato per scontato il possesso dei requisiti
formativi per lo svolgimento del ruolo in questione.
• nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendale,
ovviamente solo nel caso in cui quest'ultimo sia diverso dal datore di lavoro; anche in
questo caso sarebbe opportuno specificare se l'RSPP sia interno all'azienda oppure un
professionista esterno, anch'esso con il possesso dei requisiti formativi previsti dalla
normativa.
• i nominativi degli ASPP, nel caso di loro nomina; anche in questo caso sarebbe
opportuno specificare i casi in cui, ove la normativa lo preveda, sempre il datore di lavoro
assolva anche a questo ruolo, con i relativi crediti formativi acquisiti.
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• i nominativi degli addetti al servizio di pronto soccorso e gli addetti al servizio di
antincendio ed evacuazione; anche in questo caso sarebbe opportuno evidenziare i casi in
cui, ove previsto dalla normativa, il datore di lavoro, ancora una volta, svolga anche queste
funzioni (caso molto frequente, in verità, nelle PMI con meno di 5 addetti).
• il nominativo del Medico Competente, qualora nominato.
• il nominativo del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), ove
nominato, oppure del rappresentante territoriale (per le diverse categorie di contratto
lavorativo).
Come accennato precedentemente, pur non essendo vincolante, sarebbe un'ottima
scelta quella di allegare alla documentazione del DVR-PS anche un organigramma
funzionale (grafico) che permetta, in modo rapido ed efficace, la chiara comprensione di
quelle che poi saranno "tradotte" nel Modulo successivo in ruoli e funzioni, come anche il
aree di lavoro e mansioni.
Sempre nell'ambito della fase di descrizione aziendale, nel Modulo 1.2, invece, si trova
il primo degli elementi essenziali per una corretta valutazione dei rischi, anche se secondo
procedure standardizzate: l'analisi del luogo di lavoro e delle funzioni e/o mansioni che in
esso si svolgono. Dal punto di vista prettamente operativo il modulo è composto dalle
seguenti sezioni, elencati nella tabella successiva.
Tabella 3 – Componenti Modulo 1.2
Modulo
Ciclo
Tipologia
Ciclo lavorativo o
attività
Fasi
Fasi lavorative o
fasi delle attività
Descrizione
Descrizione
sintetica delle
fasi o delle
attività
Luogo
Area, reparto o
luogo di lavoro
Attrezzature
Attrezzature di
lavoro: macchine,
apparecchi
utensili, impianti
Descrizione
Nel modulo devono essere indicati nominalmente
quali sono le principali “famiglie” di cicli lavorativi o
attività operative che si svolgono nel luogo di lavoro.
Nel caso in cui vi si svolgano più “cicli lavorativi”, nel
DVR-PS potranno essere presenti “n” moduli, quanti
sono i cicli o le attività presenti.
In questa sezione del Modulo devono essere indicate
nominalmente le “fasi” in cui si scompone il ciclo
lavorativi o le attività presenti nel luogo di lavoro.
Sono queste fasi l’elemento portante per lo sviluppo
successivo dell’individuazione dei pericoli e della
programmazione degli interventi di prevenzione e
protezione .
Per ognuna delle fasi o attività nominali che
compongono il ciclo lavorativo va aggiunta una
descrizione sintetica delle stesse, così da
permetterne sia una valutazione dei pericoli presenti
che una successiva identificazione in caso di
controllo aziendale.
Colonna fondamentale per l’individuazione dei
pericoli e la programmazione degli interventi e del
miglioramento. Non è un caso, infatti, che la stessa
colonna si ripete anche nel Modulo 3. Nello stile
classico della valutazione dei rischi, assieme alla
colonna “mansioni” l’individuazione del luogo di
lavoro (o area di lavoro o reparto) e la mappatura dei
pericoli esistenti, costituisce l’ossatura fondamentale
del DVR-PS. È a questa fase di lavoro che va data
maggiore importanza e dettaglio analitico.
Ulteriore elemento portante dell’analisi del luogo di
lavoro e della mappatura dei pericoli. In questa
colonna vanno indicati, seppur in modo sintetico,
quelle che sono le principali dotazioni tecnologiche
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Materie
Materie prime,
semilavorati e
sostanze
impiegate e
prodotti, scarti di
lavorazione
Lavori
Mansioni o
postazioni
del luogo di lavoro e dei lavoratori che vi operano
all’interno del ciclo lavorativo. È determinante dare
opportuna differenziazione tra attrezzature o
apparecchi presenti in un singolo luogo (o in
dotazione al singolo lavoratore) e quelli che
trasversalmente servono più luoghi (come, ad
esempio, gli impianti di areazione o
condizionamento) o più lavoratori ( come, ad
esempio, utensili portatili in uso plurimo).
In questa colonna è necessario descrivere, sempre in
forma sintetica, quali sono le componenti materiali
che entrano a far parte del ciclo lavorativo o ne sono
il prodotto finale. La descrizione deve avere come
obiettivo quello di individuare quali possono essere
le sostanze o i prodotti il cui impiego possa
comportare dei “pericoli” per i lavoratori (come, ad
esempio, le sostanze chimiche), compreso il
problema dei rifiuti di lavorazione e le procedure di
raccolta e smaltimento. L’elencazione deve essere
connessa a ciascuna fase lavorativa o attività indicata
nell’apposita colonna.
Secondo elemento fondamentale per la mappatura e
la valutazione dei potenziali “pericoli” (anche questa
colonna, infatti, come quella dei luoghi, si ripete nel
Modulo 3). Anche in questo caso, seppur
sinteticamente, è opportuno che vengano analizzate
le attività correlate ad ogni singola area o reparto,
ponendo particolare attenzione a differenziare se i
“pericoli“ che ne derivano sia dovuti o alla specifica
postazione di lavoro o, invece, alle mansioni che si
svolgono, ossia indipendentemente dal luogo dove si
realizzano (che potrebbe essere trasversale a tutta
l’azienda).
Dalla tabella precedente si evince come le indicazioni standardizzate della Conferenza
Stato Regioni non facciano altro che partire dalla classica metodologia di valutazione dei
rischi (mappatura del rischio e valutazione degli effetti potenziali) per esser però
ricondotte ad una procedura più semplificata, ossia riportata in tabelle schematiche. Non è
quindi necessario compilare intere pagine descrittive, in cui spesso è facile perdere di vista
lo schema complessivo di funzionamento del ciclo lavorativo; è sufficiente, invece,
elencare in modo chiaro e preciso i diversi elementi all’interno della tabella, con il risultato
sintetico di una “mappa” della realtà aziendale facilmente identificabile grazie alle
coordinate delle righe e delle colonne in cui è organizzata.
In questa logica è opportuno sottolineare quali siano le due colonne “portanti” di
tutto il processo analitico-descrittivo, ossia quali siano gli elementi su cui si basa la
costruzione della tabella successiva (Modulo 3), espressamente dedicata alle azioni di
prevenzione, protezione e miglioramento:
Elenco 8 – Elementi portanti DVR-PS
1.
2.
Area, reparto, luogo di lavoro;
Mansioni, postazioni.
Questi due elementi elencati, infatti, dovranno essere pedissequamente riportati
anche nel Modulo 3 e proprio su questi collegati gli interventi di pianificazione (presente e
futura), derivati direttamente dalle “famiglie di pericoli” precedentemente individuati nel
Modulo 2 (solo quelli effettivamente presenti in azienda).
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A questo proposito non va dimenticato come le stesse istruzioni allegate ai Moduli
pongano particolare attenzione al fattore “Mansioni, Postazioni”. Ad ogni “mansione”,
infatti, deve essere possibile associare il nominativo dei lavoratori operanti in azienda; ciò è
possibile anche rimandi diretti a documenti esterni al DVR-PS come, ad esempio, un
organigramma aziendale per funzioni oppure il Libro Unico del Lavoro (LUV) o anche,
semplicemente, i singoli contratti d’assunzione. Quest’ultimo elemento non deve essere
inteso come meramente formale ma come indicatore di una “mappatura” dei pericoli che
tenga in esplicito conto dei fattori elencati nella tabella successiva e comunque previsti
dalla normativa del TUS per la valutazione dei rischi.
Tabella 4 – Mappatura dei pericoli
Tipologia
Diversità
Competenza
Salute
Dotazioni
Protezione
Elementi
Stato di gravidanza
Differenza di genere
Età
Provenienza da altri paesi
Specifica tipologia contrattuale
Informazione
Formazione
Addestramento
Sorveglianza sanitaria (qualora
obbligatoria)
Uso di specifiche attrezzature da lavoro
Dispositivi di protezione individuale (DPI)
eventualmente messi a disposizione dei
lavoratori
TUS
Articolo 21, comma 1
Articoli 36 e 37
Articolo 41
Articolo 71
Articolo 77
Oltre ai fattori prima descritti in tabella, sarà opportuno porre ulteriore attenzione
nella descrizione del ciclo lavorativo e delle fasi collegate anche a quegli aspetti operativi
legati a specifiche azioni (e non solo al singolo luogo di esecuzione), come, ad esempio:
Elenco 9 – Esempi di fattori da tenere in considerazione






Manutenzione (ordinaria e straordinaria);
Riparazione;
Pulizia;
Arresto e riattivazione (attrezzature, macchine, impianti);
Cambio di lavorazione;
Innovazione tecnologica.
Nella stessa logica dovranno, poi, essere evidenziati anche fattori organizzativi
particolarmente “sensibili”, come, ad esempio:
Tabella 5 – Fattori organizzativi “sensibili”
Colonne dove inserire
Descrizione fasi
Ambiente, Reparto





Fattori organizzativi
Lavoro notturno
Lavoro in solitario (in condizioni critiche)
Attività effettuate all’interno di aziende in qualità di
appaltatore
Attività svolte in ambienti confinati
Lavori in quota
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In ogni caso, per rendere maggiormente chiaro ed usufruibile il lavoro di “mappatura”
del(i) ciclo(i) lavorativi, sarebbe opportuno allegare al DVR-PS, ove possibile, la planimetria
degli ambienti di lavoro con le relative indicazioni dei locali di servizio e la disposizione
delle attrezzature e delle macchine (Layout).
Valutazione dei rischi associati ai pericoli individuati e identificazione delle
misure attuate (Passo 3)
Il Modulo 3 delle procedure standardizzate ha come obiettivo primario quello di
formalizzare – sinteticamente – la valutazione dei rischi (pericoli) riscontrati in azienda, le
conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate e, last but not list, il programma
di miglioramento delle predette misure (da non confondere con l’inserimento di nuove
misure).
Come già anticipato in precedenza, a partire dalle due colonne “strategiche” del
Modulo 2, a secondo delle caratteristiche dell’azienda e del suo ciclo lavorativo e/o
tecnologico, sarà possibile scegliere se sviluppare l’analisi dei rischi/pericoli a partire da:
Elenco 10 – Opzioni su cui sviluppare la valutazione dei rischi


Area, Reparto, Luogo di lavoro (Colonna 3, Modulo 1.2)
Mansioni, Postazioni (Colonna 6, Modulo 1.2).
Appare chiara l’impostazione degli estensori delle procedure standardizzate nel
lasciare libertà al datore di lavoro nello scegliere la formula sintetica con cui rappresentare
formalmente la valutazione dei rischi a fronte della eccezionale diversità lavorativa che è
possibile riscontrare nelle migliaia di micro e piccole imprese del tessuto produttivo
nazionale: dare importanza al luogo di lavoro o alle mansioni che in esso si svolgono.
È indubbio che un DVR-PS per uno studio professionale del settore terziario avanzato
non possa avere la stessa impostazione di “mappatura” e “valutazione” dei rischi/pericoli
che può avere un’autofficina o una beauty farm; nei diversi casi dovrà essere cura del
datore di lavoro sviluppare il processo di prevenzione e protezione partendo o dalle
mansioni che si svolgono in azienda (quindi i pericoli legati direttamente alle azioni dei
lavoratori coinvolti) o dai luoghi di lavoro in cui avviene la produzione (quindi i pericoli
legati direttamente alle macchine o alle tecnologie impiegate nel ciclo produttivo).
Per fare questo le procedure standardizzate mettono a disposizione, ancora una volta,
una tabella ben definita, in cui sarà possibile, sempre in modo chiaro e sintetico, esporre le
scelte effettuate sulla base di:
Tabella 6 – Componenti del Modulo 3
Colonna
Componenti
1
2
3
4
5
Area, Reparto, Luogo di lavoro
Mansioni, Postazioni
Pericoli che determinano rischi per la salute e la sicurezza
Eventuali strumenti di supporto
Misure attuate
È opportuno ricordare che, al fine di semplificare ulteriormente il processo di
formalizzazione della valutazione dei rischi/pericoli tramite tabelle, le istruzioni sulle
procedure standardizzate prevedono che le c.d. “Mansioni” possano essere identificata
anche attraverso dei semplici codici numerici, anche collegati a documenti esterni come,
ad esempio, il LUL o il registro delle funzioni operative del ciclo produttivo.
Ulteriore precisazione va fatta per quel che riguarda la “Colonna 3”, ossia i “Pericoli
che possono determinare rischi per la salute e la sicurezza” dei lavoratori. Come più spesso
ribadito nei paragrafi precedenti, è opportuno indicare solo ed esclusivamente quei
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“pericoli” che effettivamente sono presenti in azienda (rischio residuo), senza cioè
perdere tempo ad affannarsi a selezionare anche quelle “famiglie di pericoli” che sono
comunque ascrivibili a quasi tutte le attività lavorative in genere, ma che non hanno un
impatto effettivo sul sistema operativo aziendale.
Un esempio su tutti. È ovvio che il “pericolo” rumore sarà presente in tutte quante le
imprese, nessuna esclusa; ma è altrettanto ovvio che, nel sistema delle procedure
standardizzate, la “famiglia” dovrà essere selezionata solo nel caso in cui potrebbe
produrre dei pericoli reali alla salute dei lavoratori coinvolti, ossia richiederà delle
specifiche scelte di prevenzione e protezione da formalizzare nella Colonna 5 del Modulo 3
(“Misure Attuate”). Non avrà alcun senso selezionare la “famiglia”, invece, pur in presenza
di un “rischio residuo”, qualora quest’ultimo non impatti significativamente sulle scelte da
effettuare. In uno studio professionale del terziario avanzato, ad esempio, pur essendo
comunque in presenza di “fonti di rumore” (stampanti, fotocopiatrici, tastiere, ventole di
raffreddamento computer, ecc.), la selezione del “pericolo” andrà effettuata solo ed
esclusivamente se esistano condizioni di particolare eccezionalità, tali da richiedere
interventi protettivi (stampanti ad aghi e fotocopiatrici in una stanza isolata).
Diversamente, secondo buon senso e buone prassi, non sarà necessario introdurre lo
specifico “pericolo” nel DVR-PS.
Nel Modulo 3, di conseguenza, dovrà esserci perfetta coerenza tra quanto indicato in:
Elenco 11 – Coerenza tra i Moduli
1.
Aree, Reparti, Luoghi di lavoro
a. Colonna 3, Modulo 1.2
b. Colonna 1, Modulo 3
2.
Mansioni, Postazioni
a. Colonna 6, Modulo 1.2
b. Colonna 2 Modulo 3
3.
Famiglia di pericoli
a. Colonna 1, Modulo 2
4.
Pericoli
a. Colonna 2, Modulo 2.
Quanto sopra dovrà valere anche per quel che riguarda le attrezzature, ossia dovranno
essere indicate quelle già espressamente segnalate all’interno del proprio ciclo lavorativo o
attività (Colonna 1 e Colonna 4, Modulo 1.2).
Per quel che riguarda la valutazione dei rischi vera e propria, questa dovrà essere
effettuata utilizzando le metodiche e i criteri che il datore di lavoro (o il tecnico estensore)
riterrà più adeguati alle effettive situazioni lavorative aziendali (contestualizzazione
metodologica); sempre e comunque tenendo conto dei principi generali di tutela previsti
dall’art. 15 del TUS. Nel caso in cui, invece, un settore di rischi fosse già normato da
specifiche modalità sulla valutazione (come, ad esempio, i rischi fisici, chimici, biologici,
incendio, videoterminali, movimentazione manuale dei carichi, stress lavoro-correlato,
ecc.), dovranno adottarsi le modalità indicate dalla legislazione stessa, avvalendosi anche
delle informazioni contenute in banche dati istituzionali, sia nazionali che internazionali.
Diversamente, invece, ci si trovasse di fronte ad una specifica assenza di indicazioni
legislative inerenti le modalità di valutazione di precisi rischi (“Pericoli”) presenti all’interno
della realtà aziendale, le istruzioni della Commissione Consultiva Permanente indicano di
orientarsi su criteri basati sull’esperienza e conoscenza delle effettive condizioni lavorative
del ciclo produttivo e, ove disponibili, su:
Elenco 12 – Fonti esterne di supporto alla valutazione

strumenti di supporto (ad esempio, con software specializzati),
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





dati desumibili dal registro infortuni,
profili di rischio (come quelli realizzati da INAIL),
indici e dinamiche infortunistiche,
liste di controllo (Check-List),
norme tecniche,
istruzioni per l’uso e manutenzioni (macchine, sostanze, attrezzature, ecc.).
E’ ovvio che sarà sulla base dei risultati della valutazione dei rischi che verranno
definite – per tipo ed entità – le misure di prevenzione e protezione adeguate.
È comunque opportuno ribadire che, per le procedure standardizzate, essendo il
documento una formalizzazione semplificata dell’intero processo di valutazione dei rischi,
non è necessario riportare tutto il lavoro metodologico sottostante le “famiglie di pericoli”
prese in considerazione e le conseguenti azioni di prevenzione e protezione adottate. Nel
caso, comunque, si volesse quanto meno rendere conto delle metodologie utilizzate, a fine
documento potrebbe essere possibile realizzare una semplice bibliografia metodologica e
normativa, indicando quali fonti utilizzate e quali procedure attuate, compresa la citazione
delle banche dati di cui è stato fatto uso per la scelta di valori di riferimento (ad esempio, la
banca dati sul “rumore” del CPT di Torino). Non è però necessario “appesantire” il DVR-PS
con aspetti metodologici, essendo destinato all’attuazione all’interno di micro e piccole
imprese: andranno privilegiati gli aspetti operativi, facilmente comprensibili per chi dovrà
metterli concretamente in pratica.
Questa esigenza di “snellezza” era stata comunque già recepita anche dagli estensori
del modello di DVR-PS della Commissione Consultiva Permanente; non è un caso, infatti,
che nel “Modulo 3”, la “Colonna 4” (“Strumenti di Supporto), sia stata espressamente
creata per poter essere inseriti tutti gli strumenti informativi di supporto al processo
valutativo, sia generali che specifici per la metodologia o le banche dati.
Il “Modulo 3”, di conseguenza, per essere completato nella sua prima parte
(valutativa), in relazione al “pericolo” specifico individuato (Colonna 3) e ai relativi
strumenti di supporto (Colonna 4), nella “Colonna 5” dovrà indicare le misure di
prevenzione e protezione attuate, tra quelle:
Elenco 13 – Misure di prevenzione e protezione
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Tecniche,
Organizzative,
Procedurali,
DPI,
Informazione, formazione e addestramento,
Sorveglianza sanitaria (ove prevista).
Nello schema grafico successivo viene sintetizzata la procedura prima descritta.
Figura 1 – Sequenza della valutazione e delle scelte realizzate
Mansioni - Postazioni
Pericoli (rischi)
Strumenti supporto
Misure attuate
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Definizione del programma di miglioramento (Passo 4)
Una delle novità di maggior rilievo delle “procedure standardizzate” per la valutazione
dei rischi delle imprese con meno di 10 lavoratori è, indubbiamente, quella contenuta nella
seconda parte del “Modulo 3”: il programma di miglioramento.
Con questo termine gli estensori del modello standardizzato hanno inteso concentrare
l’attenzione del datore di lavoro non solo sugli interventi effettivamente realizzati, ma
anche su quelli che nel tempo potranno essere programmati al fine di elevare i livelli di
prevenzione e protezione aziendale dei lavoratori.
Nella tabella successiva viene sintetizzata l’architettura della seconda parte del
“Modulo 3” per quel che riguarda il piano di miglioramento.
Tabella 7 – Contenuto del “piano di miglioramento” (Modulo 3)
Colonna
Intestazione
Contenuto
6
Misure di
miglioramento da
adottare.
Tipologie di misure
(prevenzione –
protezione)
7
Incaricati della
realizzazione
8
Data di attuazione
delle misure di
miglioramento
Misure ritenute opportune per il
miglioramento della salute e della
sicurezza dei lavoratori, che nel
tempo andranno ad elevare i livelli
aziendali raggiunti (riduzione del
rischio residuo). È compreso il
controllo periodico delle misure di
sicurezza attuate per verificarne lo
stato di efficienza e di funzionalità.
Soggetto con il compito di dare
piena attuazione alle misure di
miglioramento previste nel
programma. Può essere anche lo
stesso datore di lavoro.
Cronoprogramma delle azioni
previste, con data di attuazione e
verifica successiva.
Piano di
miglioramento
Dal punto di vista prettamente metodologico, ai fini del miglioramento dei livelli di
gestione dei rischi (residui), sarebbe opportuno suddividere le misure di prevenzione e
protezione previste nel cronoprogramma della seconda parte del “Modulo 3” tra:
Elenco 14 – Differenziazione delle misure
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Tecniche,
Procedurali,
Organizzative,
DPI,
Formazione, informazione e addestramento,
Sorveglianza sanitaria (ove prevista).
Anche in questo caso appare opportuno sottolineare come non sia obbligatorio
inserire, per ogni azioni di prevenzione e protezione attuata (e segnalata nella prima parte
del “Modulo 3”), una azione di miglioramento. Come per ogni valutazione corretta, tutto
dipende dal livello residuo di rischio presente in azienda, ossia se la predetta misura di
prevenzione e protezione sia “definitiva”, oppure realizzata pro-tempore al fine di
affrontare un rischio immediato, per avere poi il tempo necessario (rischio residuo
permettendo) di affrontare in modo più strutturale e organico la “famiglia di pericoli” in
questione.
Oltre quanto prima descritto, qualora il datore di lavoro lo ritenga opportuno, sempre
ai fini di una migliore descrizione del processo di valutazione del rischio seguito e della
Pag. 20
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gestione successiva dell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione, la
documentazione basata sul “Modulo 3” può essere tranquillamente ampliata con
informazioni riportate in colonne aggiuntive o negli addendum allegati a fine DVR-PS.
Conclusioni
A conclusione del lavoro di analisi metodologica delle procedure standardizzate
appare opportuno apportare uno specifico contributo per la chiarificazione di un costante
confronto tra gli operatori, relativo al fatto se il DVR-PS sia una reale opportunità di
semplificazione oppure un mero aggravio di burocrazia a scapito di una effettiva
prevenzione e protezione aziendale per le PMI.
La discussione che si è andata sviluppando su diversi blog e/o siti specializzati in
materia pone le sue fondamenta sullo scontro tra due "scuole di pensiero".
La prima, avversa al nuovo modello di DVR-PS, considera le linee guida approvate dalla
Conferenza Stato Regioni il 16/05/2012 una "dequalificazione" della valutazione dei rischi
nella sua accezione normativa più generale, riducendo quest'ultima ad una mera
compilazione di un elenco prestampato, assolvendo così agli obblighi di legge con una
semplice (e spesso furbesca), apposizione di "crocette" nelle caselle del “Modulo 2”,
discutibilmente rubricato sotto il termine "Pericoli". Ecco quindi difendere a spada tratta il
principio della "non obbligatorietà" all'adozione del predetto modello, soprattutto per
quelle PMI che avessero comunque già redatto il DVR "tradizionale".
La seconda, al contrario, favorevole al nuovo modello, vede positivamente la
semplificazione apportata dalla Commissione Consultiva Permanente, soprattutto a fronte
della "enormità cartacea" dei DVR tradizionali, sproporzionati se rapportati a piccole e
piccolissime aziende, a rischio incidente davvero ridotto (con particolare riferimento alla
esosità delle parcelle dei professionisti che li redigono, soprattutto in un momento di grave
crisi economica come quello che sta attraversando il sistema produttivo nazionale e
internazionale). Il DVR-PS, di conseguenza, rappresenta un utile strumento per
concentrare l'attenzione su quanto effettivamente realizzato e quanto si dovrà fare per
migliorare il sistema aziendale di prevenzione (Modulo 3), riducendo la "carta" necessaria
e le spese che ne derivano.
Entrambe le posizioni, in realtà, esprimono preoccupazioni ed esigenze
indubbiamente condivise dalla gran parte delle istituzioni e degli operatori del mondo del
lavoro e della prevenzione.
La prima fa riferimento all'indubbia "scorciatoia" che molte imprese e professionisti
hanno adottato nella redazione dei DVR, ossia la produzione di "inutile carta", ridondante
di citazioni di legge, di prescrizioni generaliste e teoriche, completamente
decontestualizzate dalla realtà aziendale e, soprattutto, "sparate" fuori con la logica della
catena di montaggio da una molteplicità di software specializzati che si atteggiano a
risolutori definitivi dei problemi della prevenzione e protezione aziendale. Corollario di
questa industria del DVR "precotto" è la redditività economica per chi li redige, anche in
poche ore, senza cura alcuna della qualità del risultato finale e della sua reale applicabilità
ai cicli lavorativi delle PMI.
Le seconda, anch'essa pienamente legittima, riporta una domanda inascoltata dal
legislatore e dagli organi di controllo che vede le piccole e micro imprese subissate da
inutile burocrazia formale, "schiacciate" da montagna di carta di dubbia utilità che non fa
altro che alimentare la già numerosa schiera di quei professionisti e/o consulenti a cui
l'azienda deve pagare laute parcelle per districarsi nella selva di adempimenti e scadenze
che mettono in seria difficoltà anche gli specialisti del settore. Un DVR omogeneo per tutti,
non "interpretabile" in modo soggettivo e discrezionale dai soggetti ispettivi, avulso dalla
necessità di perdere tempo nella descrizione formale dei rischi e pericoli (elenchi standard
da software), concentrato in poche tabelle in cui sia indicato chiaramente cosa è stato
fatto e cosa dovrà essere ancora realizzato, può essere indubbiamente una concreta
opportunità di riportare tutto il processo valutativo con i piedi per terra; soprattutto se i
costi correlati con quest'ultimo possono ricevere una significativa riduzione,
proporzionalmente al livello di rischio aziendale da valutare.
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Nonostante le due "scuole di pensiero" esprimano entrambe delle preoccupazioni
condivisibili, il confronto e la discussione che si sta sviluppando sui media e, soprattutto, su
internet, rischia di incagliarsi, poiché potrebbe ingenerare una "visione distorta" del
problema, perdendo di vista alcuni principi fondamentali che dovrebbero guidare la
produzione del pensiero costruttivo intorno al delicato processo della valutazione dei
rischi.
Molto spesso, infatti, si tende a confondere e a far coincidere (sia tecnicamente che
normativamente) la "valutazione dei rischi" con la sua formalizzazione cartacea e/o
elettronica: il documento di valutazione dei rischi. La valutazione dei rischi, difatti, basata
sui principi di prevenzione e protezione dell'art.15 del TUS, è imprescindibile e "non
negoziabile" per qualsiasi tipologia di azienda, indipendentemente dal ciclo lavorativo, dal
numero dei lavoratori e dal livello di rischio correlato alle sue tecnologie.
La valutazione non ammette "scorciatoie", non può essere semplificata ne,
tantomeno, standardizzata; ancor meno derubricata a mera attività con software
decontestualizzato dalla realtà aziendale.
Ben diverso, invece, è il vettore formale attraverso il quale il processo di valutazione
viene "restituito" a terzi, reso intellegibile sia ai lavoratori che agli organi di controllo. Il
DVR, quindi, è semplicemente un "tramite" informativo attraverso il quale avere riscontro
di quanto effettivamente valutato e programmato nella fase di analisi e pianificazione del
sistema di prevenzione e protezione aziendale.
E' indubbio, perciò, che il prodotto finale del processo valutativo (il "documento"),
risentirà pesantemente della qualità del lavoro svolto antecedentemente, in maniera
indipendente dal fatto che sia "tradizionale" o secondo "procedure standardizzate" o
meramente "autocertificatorio". Verrà prodotto, cioè, esattamente ciò che viene da
sempre indicata come regola base per lo sviluppo dei software: "garbage in, garbage out"
(spazzatura immetti, spazzatura ottieni). Il DVR-PS, di conseguenza, sarà una indubbia
opportunità di semplificazione e sgravio burocratico se il lavoro di analisi e valutazione che
vi sta alle spalle sarà serio e concreto; diversamente, le procedure standardizzate non
saranno altro che una ulteriore "furbata" di coloro che hanno fornito a migliaia di PMI un
documento "copia & incolla" per l'autocertificazione.
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Allegato
Tabella 8 – Modulo 2 (completo)
Famiglia di
pericoli
Pericoli
Luoghi di
lavoro:
- Al chiuso
(anche in
riferimento ai
locali
sotterranei
art. 65)
- All'aperto
N.B. Tenere
conto dei
lavoratori
disabili (art.
63, commi 2 e
3)
Presenti
Non
presenti
Riferimenti
legislativi
Esempi di incidenti e di
criticità
Stabilità e
solidità delle
strutture
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
Altezza,
cubatura,
superficie
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV) e normativa
locale vigente
Crollo di pareti o solai per
cedimenti strutturali.
Crollo di strutture causate
da urti da parte di mezzi
aziendali
Mancata salubrità o
ergonomicità legale ad
insufficienti dimensioni
degli ambienti
Pavimenti,
muri, soffitti,
finestre e
lucernari,
banchine e
rampe di
carico
Vie di
circolazione
interne ed
esterne
(utilizzate
per:
- raggiungere
il posto di
lavoro;
- fare
manutenzion
e agli
impianti)
Vie e uscite
di
emergenza
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
Cadute dall'alto. Cadute in
piano. Cadute in
profondità. Urti
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
Cadute dall'alto. Cadute in
piano. Cadute in
profondità. Contatto con
mezzi in movimento.
Caduta materiali
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
- DM 10/03/98 Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili
- D.Lgs.
13/2006, art. 15
Vie di esodo non
facilmente fruibili
Pag. 23
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Porte e
portoni
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV) - DM
10/03/98 Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili D.Lgs. 13/2006,
art. 15
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
- DM 10/03/98
- Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili
- D.Lgs.
13/2006, art. 15
Urti. Schiacciamento.
Uscite non facilmente
fruibili
Posti di
lavoro e di
passaggio e
luoghi di
lavoro
esterni
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
Caduta.
Investimento da materiali e
mezzi in movimento.
Esposizione ad agenti
atmosferici
Microclima
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
Illuminazione
naturale e
artificiale
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
- DM 10/03/98
- Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili
- D.Lgs.
13/2006, art. 15
Esposizione a condizioni
microclimatiche non
confortevoli.
Assenza di impianto di
riscaldamento.
Carenza di aereazione
naturale e/o forzata
Carenza di illuminazione
naturale. Abbagliamento.
Affaticamento visivo. Urti.
Cadute.
Difficoltà nell'esodo
Locali di
riposo e
refezione
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV) e normativa
locale vigente
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV) e normativa
locale vigente
Scale
Spogliatoi e
armadi per il
vestiario
Pag. 24
Cadute.
Difficoltà nell'esodo
Scarse condizioni di igiene.
Inadeguata conservazione
di cibi e bevande.
Scarse condizioni di igiene.
Numero e capacità
inadeguati. Possibile
contaminazione degli
indumenti privati con quelli
di lavoro
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Servizi
igienico
assistenziali
Dormitori
Aziende
agricole
Ambienti
confinati
o a sospetto
rischio di
inquinamento
Lavori in
quota
Vasche,
canalizzazion
i, tubazioni,
serbatoi,
recipienti,
silos.
Pozzi neri,
fogne,
camini,
fosse,
gallerie,
caldaie e
simili.
Scavi
Attrezzature
per i lavori in
quota
(ponteggi,
scale
portatili,
trabattelli,
cavalletti,
piattaforme
elevabili,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV) e normativa
locale vigente
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
- DM 10/03/98 Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili
- D.Lgs.
139/2006, art.
15 - DPR
151/2011, All. I,
punto 66
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV, punto 6)
Scarse condizioni di igiene.
Numero e capacità
inadeguati.
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV, punto 3, 4;
Titolo XI; artt.
66 e 121)
- DM 10/03/98
- D.Lgs.
139/2006, art.
15
- DPR 177/2011
Caduta in profondità.
Problematiche di primo
soccorso e gestione
dell'emergenza.
Insufficienza di ossigeno.
Atmosfere irrespirabili.
Incendio ed esplosione.
Contatti con fluidi
pericolosi.
Urto con elementi
strutturali.
Seppellimento.
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo IV,
capo II [ove
applicabile];
Art. 113;
Allegato XX)
Caduta
dall'alto.Scivolamento.
Caduta di materiali.
Pag. 25
Scarsa difesa da agenti
atmosferici.
Incendio
Scarse condizioni di igiene.
Servizi idrici o igienici
inadeguati
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Impianti
di servizio
Impianti
elettrici
(circuiti di
alimentazion
e degli
apparecchi
utilizzatori e
delle prese a
spina; cabine
di
trasformazio
ne; gruppi
elettrogeni,
sistemi
fotovoltaici,
gruppi di
continuità,
ecc.)
Impianti
radiotelevisiv
i, antenne,
impianti
elettronici
(impianti di
segnalazione
, allarme,
trasmissione
dati, ecc.
alimentati
con valori di
tensione fino
a 50 V in
corrente
alternata e
120 V in
corrente
continua)
Impianti di
riscaldament
o, di
climatizzazio
ne, di
condizionam.
e di
refrigerazion
e
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
capo III)
- DM 37/2008
- D.Lgs. 626/96
(Dir. BT)
- DPR 462/2001
- DM 13/07/2011
- DM
10/03/1998
- Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili
- D.Lgs.
139/2006, art.
15
D.Lgs. 81/08
s.m.i. (Tit. III
capo III)
- DM 37/08
- D.Lgs. 626/96
(Dir.BT)
Incidenti di natura elettrica
(folgorazioni, incendio,
innesco di esplosioni)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III) DM 37/08 D.Lgs. 17/10 DM 01/12/1975 DPR 412/93 DM 17/03/03 D.Lgs. 311/06 D.Lgs. 329/04 DPR 661/96 DM 28/04/05 DM 10/03/98 RD 09/01/1927
Incidenti di natura
elettrica. Scoppio di
apparecchiature in
pressione. Incendio.
Esplosione. Emissione di
inquinanti. Esposizione ad
agenti biologici. Incidenti
di natura meccanica (tagli,
schiacciamento, ecc.)
Impianti
idrici e
sanitari
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Allegato
IV)
- DM 10/03/98
- D.Lgs. 93/00
Esposizione ad agenti
biologici.
Scoppio di apparecchiature
a pressione
Pag. 26
Incidenti di natura
elettrica.
Esposizione a campi
elettromagnetici
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Attrezzature
di lavoro
(impianti di
produzione,
apparecchi e
macchinari
fissi)
Impianti di
distribuzione
e
utilizzazione
di gas
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- DM 37/08.
Legge 1083/71
- D.Lgs. 93/00.
- Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili
Incendio.
Esplosione.
Scoppio di apparecchiature
in pressione.
Emissione di inquinanti
Impianti di
sollevament
o (ascensori,
montacarichi
, scale mobili,
piattaforme
elevatrici,
montascale)
Apparecchi e
impianti in
pressione
(es. reattori
chimici,
autoclavi,
impianti e
condizionam
enti ad aria
compressa,
compressori
industriali,
ecc., impianti
di
distribuzione
dei
carburanti)
Impianti e
apparecchi
termici fissi
(forni per
trattamenti
termici, forni
per
carrozzerie,
forni per
panificazione
, centrali
termiche di
processo,
ecc.).
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- DM 37/08
- DPR 162/99
- D.Lgs. 17/10
- DM
15/09/2005
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I).
- D.Lgs. 17/2010
- D.Lgs.
93/2000
- DM 329/2004
Incidenti di natura
meccanica
(schiacciamento, caduta,
ecc.).
Incidenti di natura elettrica
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III) D.Lgs. 626/96
(Dir. BT) D.Lgs. 17/2010 D.Lgs. 93/00 DM 329/04 DM 12/04/1996
- DM
28/04/2005 D.Lgs.
08/03/06 n.139,
art. 15
Contatto con superfici
calde.Incidenti di natura
elettrica.Incendio.Esplosio
ne.Scoppio di
apparecchiature in
pressione.Emissione di
inquinanti
Pag. 27
Scoppio di apparecchiature
in pressione.
Emissione di inquinanti,
getto di fluidi e proiezioni
di oggetti
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Macchine
fisse per la
lavorazione
del metallo,
del legno,
della gomma
o della
plastica,
della carta,
della
ceramica,
ecc.;
macchine
tessili,
alimentari,
per la
stampa, ecc.
(esempi:
Torni,
Presse,
Trapano a
colonna,
Macchine
per il taglio o
la saldatura,
Mulini, Telai,
Macchine
rotative,
Impastatrici,
Centrifughe,
Lavatrici
industriali,
ecc.)
Impianti
automatizzat
i per la
produzione
di articoli vari
(ceramica,
laterizi,
materie
plastiche,
materiali
metallici,
vetro, carta,
ecc.).
Macchine e
impianti per
il confezion.,
imbottigliam.
, ecc.
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III;
Titolo XI)
- D.Lgs. 17/10
Pag. 28
Incidenti di natura
meccanica (urti, tagli
trascinamento,
perforazione,
schiacciamenti, proiezione
di materiale in
lavorazione).
Incidenti di natura
elettrica.
Innesco di atmosfere
esplosive.
Emissione di inquinanti.
Caduta dall'alto
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Impianti di
sollevament
o, trasporto
e
movimentazi
one materiali
(grù, carri
ponte,
argani,
elevatori a
nastro, nastri
trasportatori
, sistemi a
binario,
robot
manipolatori,
ecc.).
Impianti di
aspirazione,
trattamento
e filtraggio
aria (per
polveri o
vapori di
lavorazione,
fumi di
saldatura,
ecc.).
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 17/2010
Incidenti di natura
meccanica (urto,
trascinamento,
schiacciamento).
Caduta dall'alto.
Incidenti di natura elettrica
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III;
Titolo XI;
Allegato IV,
punto 4)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
- D.Lgs. 17/2010
Esplosione.
Incendio.
Emissioni inquinanti
Serbatoi di
combustione
fuori terra a
pressione
atmosferica
DM 31/07/1934
- DM
19/03/1990
- DM
12/09/2003
Sversamento di sostanze
infiammabili e inquinanti.
Incendio.
Esplosione
Serbatoi
interrati
(compresi
quelli degli
impianti di
distribuzione
stradale)
Legge
179/2002, art.
19
- D.Lgs.
132/1992
- DM 280/1987
- DM 29/11/2002
- DM 31/07/1934
Sversamento di sostanze
infiammabili e inquinanti.
Incendio.
Esplosione
Distributori
di metano
DM 24/05/2002
e s.m.i.
Esplosione.
Incendio
Serbatoi di
GPL.
Distributori
di GPL
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I) - D.Lgs.
93/00 - DM
329/04 - Legge
n.10 del
26/02/2011 - DM
13/10/1994 - DM
14/05/2004 DPR
24/1092003
n.340 e s.m.i.
Esplosione. Incendio
Pag. 29
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Attrezzature
di lavoro
- Apparecchi e
dispositivi
elettrici o ad
azionamento
non manuale
trasportabili,
portatili
- Apparecchi
termici
trasportabili
- Attrezzature
in pressione
trasportabili
Apparecchiat
ure
informatiche
e da ufficio
(PC,
stampante,
fotocopiatric
e, fax, ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
Incidenti di natura elettrica
Apparecchiat
ure audio o
video
(Televisori,
apparecchiat
ure
stereofonich
e, ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
Incidenti di natura elettrica
Apparecchi e
dispositivi
vari di
misura,
controllo,
comunicazio
ne
(registratori
di cassa,
sistemi per
controllo
accessi, ecc.)
Utensili
portatili,
elettrici o a
motore a
scoppio
(trapano,
avvitatore,
taglia siepi
elettrico,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
Incidenti di natura elettrica
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
- D.Lgs. 17/2010
Incidenti di natura
meccanica.
Incidenti di natura
elettrica.
Scarsa ergonomia delle
attrezzature di lavoro.
Apparecchi
portatili per
saldatura
(saldatrice
ad arco,
saldatrice a
stagno,
saldatrice a
cannello,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III;
Titolo XI) D.Lgs. 626/96
(BT) - DM
10/03/98 D.Lgs. 8/3/2006
n. 139, art. 15 Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili
Esposizione a fiamma o
calore.Esposizione a fumi
saldatura.Incendio.Inciden
ti di natura
elettrica.Innesco
esplosioni.Scoppio di
bombole in pressione
Pag. 30
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Elettrodome
stici
(Frigoriferi,
forni a
microonde,
aspirapolveri
)
Apparecchi
termici
trasportabili
(Termoventil
atori, stufe a
gas
trasportabili,
cucine a gas,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
- D.Lgs. 17/2010
Incidenti di natura
elettrica.
Incidenti di natura
meccanica
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
- D.Lgs. 17/2010
- DPR 661/96
Incidenti di natura
elettrica.
Formazione di atmosfere
esplosive.
Scoppio di apparecchiature
in pressione.
Emissione di inquinanti.
Incendio.
Organi di
collegament
o elettrico
mobili ad uso
domestico o
industriale
(Avvolgicavo
cordoni di
prolunga,
adattatori,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
Incidenti di natura
elettrica.
Incidenti di natura
meccanica
Apparecchi
di
illuminazione
(Lampade da
tavolo,
lampade da
pavimento,
lampade
portatili,
ecc.)
Gruppi
elettrogeni
trasportabili
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
Incidenti di natura elettrica
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III;
Titolo XI) D.Lgs. 626/96
(BT) - D.Lgs.
17/2010 - DM
13/07/2011
Emissioni inquinanti.
Incidenti di natura
elettrica. Incidenti di
natura meccanica.
Incendio.
Pag. 31
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Attrezzature
in pressione
trasportabili
(compressori
,
sterilizzatrici,
bombole,
fusti in
pressione,
recipienti
criogenici,
ecc.)
Apparecchi
elettromedic
ali (Ecografi,
elettrocardio
grafi,
defibrillatori,
elettrostimol
atori, ecc.)
Apparecchi
elettrici per
uso estetico
(Apparecchi
per massaggi
meccanici,
depilatori
elettrici,
lampade
abbronzanti,
elettrostim.,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
- D.Lgs. 17/2010
- D.Lgs.
93/2000
- D.Lgs. 23/2002
Scoppio di apparecchiature
in pressione.
Incidenti di natura
elettrica.
Incidenti di natura
meccanica.
Incendio.
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 37/2010
Incidenti di natura elettrica
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- DM 110/2011
Incidenti di natura elettrica
Macchine da
cantiere
(escavatori,
grù, trivelle,
betoniere,
dumper,
autobetonpo
mpa, rullo
compressore
, ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 17/2010
Ribaltamento.
Incidenti di natura
meccanica.
Emissione di inquinanti
Macchine
agricole
(Trattrici,
macchine per
la
lavorazione
del terreno,
macchine per
la raccolta,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I) - D.M.
19/11/2004 D.Lgs. 17/2010
Ribaltamento. Incidenti di
natura meccanica.
Emissione di inquinanti
Pag. 32
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Carrelli
industriali
(Muletti,
transpallet,
ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I e III)
- D.Lgs. 626/96
(BT)
- D.Lgs. 17/2010
Ribaltamento.
Incidenti di natura
meccanica.
Emissione di inquinanti
Incidenti stradali
Mezzi di
trasporto
materiali
(Autocarri,
furgoni,
autotreni,
autocisterne,
ecc.)
D.Lgs. 30 aprile
1992, n. 285
- D.Lgs. 35/2010
Ribaltamento.
Incidenti di natura
meccanica.
Sversamenti di inquinanti
Mezzi di
trasporto
persone
(Autovetture
, pullman,
autoambulan
ze, ecc.)
D.Lgs. 30 aprile
1992, n. 285
Incidenti stradali
Martello,
pinza,
taglierino,
seghetti,
cesoie,
trapano
manuale,
piccone, ecc.
Scariche
atmosferiche
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo I)
Incidenti di natura
meccanica
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo III,
Capo III)
- D.M. 37/08
- D.P.R. 462/01
Incidenti di natura elettrica
(folgorazione).
Innesco di incendi o di
esplosioni
Lavoro
al
videoterminal
e
Lavoro al
videotermina
le
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo
VII; Allegato
XXXIV)
Posture incongrue,
movimenti ripetitivi.
Ergonomia del posto di
lavoro.
Affaticamento visivo
Agenti
fisici
Rumore
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo
VIII, Capo I;
Titolo VIII,
Capo II)
Ipoacusia.
Difficoltà di
comunicazione.
Stress psicofisico
Vibrazioni
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo
VIII, Capo I;
Titolo VIII,
Capo III)
Sindrome di Raynaud.
Lombalgia
Attrezzature
di lavoro
- Utensili
manuali
Scariche
atmosferiche
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Campi
elettromagn
etici
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo
VIII, Capo I;
Titolo VIII,
Capo IV)
Assorbimento di energia e
correnti di contatto
Radiazioni
ottiche
artificiali
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo
VIII, Capo I;
Titolo VIII,
Capo V)
Esposizione di occhi e cute
a sorgenti di radiazioni
ottiche di elevata potenza
e concentrazione
Microclima di
ambienti
severi,
infrasuoni,
ultrasuoni,
atmosfere
iperbariche
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo
VIII, Capo I)
Colpo di calore.
Congelamento.
Cavitazione.
Embolia
Radiazioni
ionizzanti
Raggi alfa,
beta, gamma
D.Lgs. 230/95
Esposizione a radiazioni
ionizzanti
Sostanze
pericolose
Agenti
chimici
(comprese le
polveri)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo IX,
Capo I;
Allegato IV,
punto 2)
- RD 6/5/1940
n.635 e s.m.i.
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo IX,
Capo II)
Esposizione per contatto,
ingestione o inalazione.
Esplosione.
Incendio.
Amianto
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo IX,
Capo III)
Inalazione di fibre
Virus, batteri,
colture
cellulari,
microorganis
mi,
endoparassit
i
Presenza di
atmosfera
esplosiva (a
causa di
sostanze
infiammabili
allo stato di
gas, vapori,
nebbie o
polveri)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo X)
Esposizione per contatto,
ingestione o inalazione
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo XI;
Allegato IV,
punto 4)
Esplosione
Agenti
cancerogeni
e mutageni
Agenti
biologici
Atmosfere
esplosive
Pag. 34
Esposizione per contatto,
ingestione o inalazione.
Esplosione.
Incendio.
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Incendio
Presenza di
sostanze
(solide,
liquide o
gassose),
combustibili,
infiammabili
e condizioni
di innesco
(fiamme
libere,
scintille, parti
calde, ecc.)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo I,
Capo III, sez.
VI; Allegato IV,
punto 4) - D.M.
10 marzo 1998 D.Lgs. 8/3/2006
n. 139, art. 15 Regole
tecniche di
prevenzione
incendi
applicabili D.P.R. 151/2011
Incendio. Esplosioni
Altre
emergenze
Inondazioni,
allagamenti,
terremoti,
ecc.
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo I,
Capo III, Sez.
VI)
Cedimenti strutturali
Fattori
organizzativi
Stress lavoro
correlato
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (art. 28,
comma 1-bis)
- Accordo
Europeo 8
ottobre 2004
- Circolare Min.
Lavoro del
18/11/2010
Numerosi
infortuni/assenze.
Evidenti contrasti tra
lavoratori.
Disagio psico-fisico.
Calo d'attenzione.
Affaticamento.
Isolamento
Condizioni
di lavoro
particolari
Lavoro
notturno,
straordinari,
lavori in
solitario in
condizioni
critiche
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Art. 15,
comma 1,
lettera a))
Incidenti causati da
affaticamento.
Difficoltà o mancanza di
soccorso.
Mancanza di supervisione
Pericoli
connessi
all'interazione
con persone
Attività
svolte a
contattatto
con il
pubblico
(attività
ospedaliera,
di sportello,
di
formazione,
di assistenza,
di
intrattenime
nto, di
rappresenta
nza, e
vendita, di
vigilanza in
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Art. 15,
comma 1,
lettera a))
Aggressioni fisiche e
verbali
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genere, ecc.)
Pericoli
connessi
all'interazione
con animali
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Art. 15,
comma 1,
lettera a))
Aggressione, calci, morsi,
punture.Schiacciamento
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo VI,
Allegato
XXXIII)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo VI,
Allegato
XXXIII)
Prolungata assunzione di
postura incongrua
Sollevament
oe
spostamento
di carichi
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (Titolo VI,
Allegato
XXXIII)
Sforzi eccessivi.
Torsioni del tronco.
Movimenti bruschi.
Posizioni instabili
Lavori sotto
tensione
Pericoli
connessi ai
lavori sotto
tensione
(lavori
elettrici con
accesso alle
parti attive di
impianti o
apparecchi
elettrici)
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (art. 82)
Folgorazione
Lavori in
prossimità di
parti attive di
impianti
elettrici
Pericoli
connessi ai
lavori in
prossimità di
parti attive di
linee o
impianti
elettrici
D.Lgs. 81/08 e
s.m.i. (art. 83;
Allegato I)
Folgorazione
Movimentazio
ne manuale
dei carichi
Attività
svolte in
allevamenti,
maneggi, nei
luoghi di
intrattenime
nto e
spettacolo,
nei mattatoi,
stabulari,
ecc.
Posture
incongrue
Movimenti
ripetitivi
ALTRO
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Pag. 36
Elevata frequenza dei
movimenti con tempi di
recupero insufficienti