Romantische Kirchenmusik

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Romantische Kirchenmusik
Romantische Kirchenmusik
La musica romantica sacra
di Mendelssohn, Schubert, Lachner, Rheinberger
Lodi, Sabato 8 dicembre,
Chiesa di S. Francesco ore 16.00
In collaborazione con l’Associazione “Mons. Quartieri” di Lodi
Crema, Domenica 16 dicembre, ore 21.00
Chiesa di S. Bernardino-Auditorium “Manenti”
Diretta streaming su: http://www.justin.tv/collegiumvocale
Coro e orchestra del Collegium Vocale di Crema
Direttore Giampiero Innocente
www.collegiumvocale.it
Programma
F. Mendelssohn (1809-1848): Hymne op. 96 per soli, coro e orchestra
-
Lasst uns Herr
Deines Kinds
Herr wir trau’n
Lasst sein Heilig
(soli, coro e orchestra)
(soli, coro e orchestra)
(soli, coro e orchestra)
(coro e orchestra)
F. Mendelssohn (1809-1848): Jubilate Deo op. 69, per coro a quattro e otto voci
-
Allegro moderato
Moderato
Andante con moto
Maestoso
F. Lachner (1803-1890): Ave Maria per solo e orchestra
J.G. Rheinberger (1839- 1901): Abendlied op. 69, 3, per coro a sei voci
F. Schubert (1797-1828): Stabat Mater D 175, per coro e orchestra
F. Schubert (1797-1828): Salve Regina D 106 per coro
F. Schubert (1797-1828): Tres sunt, Offertorium D 181, per coro e orchestra
F. Schubert (1797-1828): Kyrie D 66, per coro e orchestra
Omaggio natalizio
Anonimo: In dulci jubilo, dalle “Piae cantiones” nella rielaborazione di M. Rondeau per coro e
orchestra
Collegium Vocale di Crema
Violini: Stephen Beszant, Giovanni Livraga, Lucy Manfredi, Lorenzo Benelli, Anna Pecora, Maria
Press, Emanuela Barbieri, Stefania Ruini, Maurizio Medici, Anna Forner, Elisabetta Faucher
Viole: Eugenia Gaboardi, Chiara Nozza Bielli
Violoncello: Leonardo Bertazzoni
Contrabbasso: Nicola Moneta
Organo: Riccardo Seresini
Oboe: Ruggero Tacchi
Flauto: Giuseppe Mezzadri
Fagotto: Stefano Sperati
Clarinetti: Pamela Singuaroli, Jessica Forlanelli
Trombe: Francesco Panico, Damiano Lamera
Trombone: Stefano Seregni
Corno: Simone Seregni
Timpani: Pietro Micheletti
Soprani: Daniela Assandri, Elisa Barbaglio, Elisa Cazzamalli, Elisabetta Dossena, Eleonora Filipponi,
Sara Franceschini, MariaGrazia Gagliardoni, Elena Manzoni, Lorena Mariani, Silvia Nifosì, Piera
Pelizzari, Ilaria Ventura, Sara Zigatti
Contralti: Martina Baldrighi, Federica Belloli, Francesca Doldi, Claudia Guarneri, Vanna Moretti,
Doriana Peroni, Claudia Pislor, Paola Pisoni, Beatrice Stabile, Federica Traspadini
Tenori: Adriano Bianchi, Angelo Arpini, Matteo Caravaggi, Pierre Galassi, Francesco Paveglio,
Alberto Premi
Bassi: Nicola Fava, Giorgio Ghiozzi, Pierangelo Mulazzani, Manuel Ottini, Matteo Panozzo, Simone
Riccetti, Doriano Soldati, Alfonso Vigani, Renato Zigatti
Milano, 21 gennaio 2012, Chiesa di S. Antonio: Mozart Vespri K339
La musica sacra nel secolo d’oro
Quando si sente parlare di Romanticismo musicale, solitamente, si pensa al compositore e musicista
totalmente abbandonato ad una sorta di rapimento dionisiaco, lontano dal mondo della razionalità,
trasportato dalla musica e dallo strumento in una danza sfrenata.
Non a caso, infatti, si contrappone il Romanticismo – come regno del sentimento sovrano- alla
razionalità del periodo storico precedente, il Classicismo musicale che trova nelle figure di Mozart e
Haydn la sua espressione più alta.
Una cultura musicale di basso profilo ci ha restituito, attraverso una discutibile storiografia, il
Romanticismo come simbolo dell’esaltazione dei sensi, il teatro del virtuoso, il momento storico in
cui l’uomo si riappropria di una parte di sé mortificata da costrizioni culturali precedenti.
Nulla di più lontano dalla realtà: proprio nel “secolo d’oro della musica” (così viene definito il
periodo romanico) assistiamo allo sviluppo delle grandi orchestre e delle masse corali, a solenne
smentita della figura solitaria e introversa del musicista.
Nell’Ottocento si riscoprono le tradizioni medievali delle leggende, dei personaggi mitologici delle
nazioni, una certa spiritualità –certo venata di panteismo lontano dalla concezione cristiana della
Rivelazione (vedi il corale finale della IX Sinfonia di Beethoven) - ma pur sempre orientata alla
ricerca di quella trascendenza spesso smarrita negli atei sentieri dell’Illuminismo, soprattutto di
stampo francese.
Non è un caso che il Medioevo sia il faro della società romantica: da questo ricco periodo storico si
trae ispirazione mettendo in musica inni e carmina, senza dimenticare che il concetto di “gotico”
anche nella musica disegna un vero e proprio genere.
È proprio lontano dalla Francia, più precisamente in Germania, che il Romanticismo prende vita: la
nazione della grande Rivoluzione era diventata atea, anticlericale, sanguinaria smentendo di fatto i
proclami tanto esaltati dalle proprie ragioni; la Germania, al contrario, anche nel momento
dell’Illuminismo aveva sempre ritenuto un punto fermo la religione, elemento essenziale di ogni
ricerca. Proprio il nonno di Felix Mendelssohn, Moses Mendelssohn, filosofo e professore
universitario, era stato uno dei punti di riferimento del pensiero tedesco che non aveva mai voluto
dissociare la ragione dalla fede. In Francia si voleva un mondo senza Dio, e l’assolutezza dell’uomo
aveva portato solo sangue e distruzione, in Germania, invece, Dio (pur in una forma vaga) era
rimasto indispensabile per la società e la cultura. La natura, intesa come principio originario, o lo
stesso idealismo del filosofo Hegel (amico di Felix Mendelssohn) non avevano intaccato il valore di
una fede che trovava soprattutto nel popolo un alleato stretto. Il popolo, la gente semplice, il
“contadino” sono altri elementi del Romanticismo, orientato alla riscoperta del semplice,
dell’essenziale, del bello nelle cose piccole.
La fede può così tornare a respirare nella società: il canto del Te Deum nel 1802 nella cattedrale
parigina di Notre Dame (chiusa e devastata nel periodo rivoluzionario) è il momento della
liberazione da un falso e illusorio concetto di ragione, adesso Dio ritrova il suo posto, faticosamente,
ma con decisione.
Su queste basi culturali nasce la musica romantica: come esercizio del popolo, come proclamazione di
una identità nazionale, come marchio sincero e profondo dei popoli. I musicisti, per la maggior parte
orientati alle idee panteistiche del primo Ottocento, devono fare i conti con una fede che rinvigorisce
e che si propone nuovamente come motivo ispiratore della musica.
Mendelssohn, pur vivendo in una famiglia di filosofi e incontrando ogni giorno figure di alto profilo
culturale ma dalla vaga religiosità come Goethe o Hegel, si affida al proprio animo di ebreo
convertito al protestantesimo realizzando una musica che è un autentico gioiello di peghiera.
Anticlericale come si è sempre dichiarato, Schubert, che vive nella Vienna al massimo dello splendore
imperiale, compone dei capolavori sacri che rimangono pietre miliari per i musicisti del secolo d’oro:
il dramma di uno Stabat Mater o la serenità di un Salve Regina testimoniano lo stupore del musicista
davanti alla semplicità del suo popolo devoto.
Nella Baviera, è il caso di Lachner e Rheinberger, sembra addirittura che lo spirito illuministico non
sia mai arrivato: la musica sacra di questi compositori è purissima, cristallina e trasparente a
sottolineare, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che il miglior custode della fede è proprio il popolo,
custode di quel sensus fidei che verrà teorizzato e compreso solo un secolo più tardi.
In questo panorama ecco allora l’altra faccia del Romanticismo musicale, quella meno conosciuta: il
violinista sfrenato che suona le variazioni di Paganini nel teatro diviene poi il Konzertmeister
dell’orchestra sulla cantoria della chiesa, il pianista stravagante Liszt che suona come un pazzo il
pianoforte diviene l’”Abbé” Liszt, un monaco al servizio del canto sacro, la massa corale dell’opera
wagneriana diventa il pio coro che riscopre in un’emozione unica la Matthäuspassion di Bach.
Contraddizioni di un mondo ancora in formazione?
Forse semplicemente il segno che l’impronta della fede non si cancella dalla storia dell’uomo e che
nella musica trova il suo modo più bello e grande di esprimersi.
Opposti che si toccano, apparenti contraddizioni che nel Romanticismo musicale sono materia vitale:
sarà forse un caso che la musica apparentemente più facile è in realtà quella più difficile?
La musica sacra dell’Ottocento sembra più facile di quella sinfonica, cameristica, solistica ma in verità
è la più complessa da eseguire. La ragione? È musica “sacra”.
Giampiero Innocente
Direttore del Collegium Vocale di Crema
www.collegiumvocale.it
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presso la prestigiosa Università St. Andrews!
Associazione COLLEGIUM VOCALE DI CREMA
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