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L’idrogeno – Introduzione. ................................................................................................................................................. 1
Impariamo a conoscere l’ Idrogeno. ................................................................................................................................... 1
L’Idrogeno è dunque il Carburante del Futuro?.................................................................................................................. 3
L’ Idrogeno e le Celle a Combustibile ( Fuel cells). ........................................................................................................... 8
La strada per arrivare al Veicolo ad Idrogeno- Il punto di vista dei costruttori di auto. ................................................... 21
Le celle a Combustibile per le prossime decadi. ............................................................................................................... 23
Costruire un’infrastruttura dell’ idrogeno. ........................................................................................................................ 26
Applicazioni e ricerche. .................................................................................................................................................... 31
Scenario di transizione da una economia del gas naturale ad una economia dell’ idrogeno. ........................................... 36
Miscele di Idrogeno e gas naturale: proprietà termodinamiche e di tresporto .................................................................. 45
Stazioni di rifornimento. .................................................................................................................................................. 48
Normativa italiana ............................................................................................................................................................ 61
L’idrogeno – Introduzione.
Nel 1874, Jules Vernes nella sua “ Isola Misteriosa” diceva :
“Io credo che un giorno l’ acqua sarà impiegata come combustibile, che l’ idrogeno
e l’ ossigeno che la costituiscono, usati da soli o insieme, forniranno una risorsa
inesauribile di calore e di luce, di una intensità di cui è incapace il carbone. Ci sarà
un giorno in cui le carbonaie delle caldaie ed i tender delle locomotive, invece del
carbone stiveranno questi due gas condensati che bruceranno in forni con enorme
potere calorifico….. “
Qualcuno negli anni ’70 predisse che l’ economia dell’ idrogeno era inevitabile e che
sarebbe avvenuta a partire degli anni ’90. Altri avevano predetto, in un recente
passato, basato sul tasso di sviluppo corrente, che ciò sarebbe divenuto realtà nelle
decadi a venire.Tuttavia la produzione di combustibili fossili è oggi più forte che mai
e non vi è segno di inversione di tendenza. Oltre l’ 80 % dei consumi mondiali di
energia primaria viene dai combustibili fossili e ci si aspetta che ciò aumenti in
assenza di un qualche cambiamento nelle iniziative politiche o nei modelli di
consumo.
Le ragioni del movimento per l’ Idrogeno degli anni ’70 erano basate sul prezzo dell’
energia mentre quelle delle più recenti decadi fondano sul tema del cambiamento
climatico e su opportunità e valutazioni di natura geo-politica.
Impariamo a conoscere l’ Idrogeno.
Oggi è di grande attualità parlare di Idrogeno ,di Celle a combustibile, di vettore
energetico e di nuova economia energetica ma , al di là della curiosità giornalistica
o dell’ immaginario collettivo, cosa vuol dire questo fermento di ricerca scientifica?
Vogliamo accennare solo qualche concetto generale che riguarda più specificamente
il mondo della trazione veicolare e quindi della distribuzione del carburante.
L’ idrogeno, come ricordiamo dai libri scolastici, è l’ elemento chimico più diffuso
in natura sulla Terra , il più leggero ma , purtroppo, è sempre combinato con altri
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elementi e mai liberamente da solo. Quindi per produrlo occorre separarlo da
composti , come ad esempio l’ acqua e gli idrocarburi, e spendere così dell’ energia
in un processo elettrochimico , termochimico o semplicemente in un processo
chimico come nella reazione dello Zinco in acido cloridrico.
Possiamo dire che ci sono molti modi di produrre l’ idrogeno e quindi il vero
problema non è quello di ottenerlo, ma di quanta energia occorra spendere per la
sua produzione.
Si pensa all’ idrogeno come ad un vettore energetico nel campo della trazione perché
il suo uso , sia come combustibile negli attuali motori a combustione interna( vedi
ad esempio la BMW serie 7) sia come alimentazione, assieme all’ ossigeno dell’ aria,
della “ cella a combustibile” per produrre energia elettrica , portano all’ emissione
di acqua o vapore acqueo.
Quindi un significativo impiego dell’ idrogeno al posto dei combustibili tradizionali
nei veicoli leggeri o pesanti, porta ad una proporzionale riduzione delle emissioni
inquinanti quali CO2, NOx, CH4, CO, SO2, HCI, polveri sottili etc.
Alcuni di questi inquinanti, come la CO2 e CH4, sono indicati essere la causa dell’
“effetto serra”, cioè del graduale riscaldamento della superficie terrestre; altri come
gli NOx, il particolato o le polveri sottili ( PM2,5-10), sono indicati come nocivi sia
per le formazioni di smog e di nebbie che per la respirazione umana; altri ancora
come la So2 per le piogge acide.
In particolare sappiamo che tra i vari “gas serra “ presenti nell’ aria , la CO2, cioè
l’ anidride carbonica, è sequestrata e fissata nel ciclo vegetale della fotosintesi
clorofilliana. La quantità emessa in eccesso però va ad accumularsi negli strati alti
dell’ atmosfera terrestre modificando l’ equilibrio dei flussi energetici diretti ed
indiretti dell’ irraggiamento solare . A lungo termine si causa pertanto l’
intrappolamento di enormi quantità di energia termica che produce così il
riscaldamento della superficie terrestre e dei mari.
E’ stato computato da prestigiosi organismi internazionali quali l’ IPCC, ossia
Intergovernamental Panel Climate Changes , che dal 1900 ad oggi la Terra ha subito
un riscaldamento medio di 0,6-1,0 C°, quasi tutto negli ultimi decenni del secolo
scorso.
E’ chiaro che la mobilità veicolare contribuisce solo in parte , circa il 30% , a tale
fenomeno che coinvolge anche le emissioni industriali, quelle della generazione
elettrica, le emissioni dei riscaldamenti domestici e le emissioni naturali in
atmosfera dei gas idrocarburici leggeri quali il metano.
La mobilità però cresce ad un tasso medio del 2% all’ anno e quindi tra 20 anni
potremo prevedere un incremento del 50 % rispetto all’ attuale situazione.
Occorre sviluppare pertanto nuove tecnologie sia per i fuels che per i motori e porre
delle limitazioni alle emissioni.
Il Protocollo di Kyoto del 1997 sottoscritto da 84 Paesi del Mondo stabilisce una
riduzione delle emissioni medie di gas serra del –5,2% entro il 2008-2012 rispetto ai
valori del 1995. Esso è stato ratificato da 120 Paesi, tra cui l’ Italia, ma non dagli
Stati Uniti che rappresentano il maggior produttore delle emissioni con il 36,1% di
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quelle totali seguiti dalla Russia con il 17,4% e dal Giappone con l’ 8,5%. L’ Italia
emette CO2 per il 3,1% mentre la U.E. nel globale, per il 24,2%.
L’ impegno alla riduzione diventerebbe operativo, e quindi vi sarebbe un
meccanismo sansionatorio pesante per gli Stati inadempienti, se venisse raggiunto il
55% delle emissioni mondiali tra tutti i paesi aderenti al protocollo. In tal senso è
determinante la posizione della Russia.
Attualmente in Italia vi è un aumento delle emissioni dei gas serra di oltre il 6%
nonostante l’ impegno alla loro riduzione del 6,5% rispetto ai valori del 1995 e
quindi siamo lontani dall’ obiettivo, a meno di una politica di drastica riduzione o di
acquisto e maturazione di diritti internazionali di emissione( crediti di carbonio ).
Per dare una idea oggi una ton. di CO2 vale circa 8 € alla Borsa Internazionale delle
Emissioni.
S indica in 550 ppm ( parti per milione) o mg/lt il contenuto massimo della CO2
nell’ atmosfera per ridurre il progressivo aumento del riscaldamento della superficie
terrestre ed evitare ulteriori danni o catastrofi.
Comunque la particolare densità di veicoli nelle città ed il superamento, per
numerosi inquinanti, dei limiti qualitativamente accettabili( EURO 4 ,EURO
5,EURO 6 per Heavy Duty ) , porta a valutare come necessario il contenimento delle
emissioni specifiche di ogni veicolo attraverso il miglioramento chimico dei
carburanti e combustibili ( esempio la desolforazione del gasolio Bludiesel) e
attraverso l’ aumento di efficienza dei motori o l’ uso di marmitte e filtri.
L’Idrogeno è il punto di arrivo di un percorso di miglioramento cioè di “UPGRADING” del combustibile/ carburante che viene sempre più “De-carbonato”.
A solo titolo di curiosità riportiamo qui di seguito il rapporto Carbonio/ Idrogeno dei
combustibili usati negli ultimi tre secoli :
Legno
8,00
Carbone
2,20
Petrolio
0,60
Metano
0,25
Metanolo
0,25
Idrogeno
0,00
Tuttavia solo impiegando l’ Idrogeno prodotto da energia primaria la cui fonte sia
rinnovabile può assicurare un favorevole bilancio negativo delle emissioni di CO2.
In caso contrario le emissioni prodotte nell’ intero ciclo di produzione dell’ H2 e
fino al suo consumo, che in gergo attuale si usa indicare come WTW , Well-to-Wheel
cioè dal pozzo al veicolo, possono essere assimilate alle stesse emissioni di CO2 di
un motore a combustione interna di nuova generazione.
L’Idrogeno è dunque il Carburante del Futuro?
L’ idrogeno, come detto, non è una fonte di energia ed è un elemento chimico che ha
le seguenti caratteristiche:
-E’ un gas in condizioni ambientali.
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-E’ privo di colore, odore, sapore.
-E’ altamente infiammabile.
-Non è tossico.
-E’ asfissiante semplice.
-Allo stato liquido, cioè a –253 °c, a pressione ambiente, è trasparente , senza odore
e corrosivo.
-E’ l’elemento chimico più abbondante in natura e bolle a –252,8°c a P=1 Bar.
-Ad esclusione dell’ Elio, tutti i gas sono solidi alla temperatura dell’ idrogeno
liquido.
-Un volume di H2 liquido è pari a circa 840 volumi di H2 gassoso nelle condizioni
ambiente.
-L’ Idrogeno liquido è 14 volte più leggero dell’ acqua.
-L’ Idrogeno gassoso è 14 volte più leggero dell’ aria, ha una capacità di conduzione
del calore di circa 7 volte maggiore dell’ aria.
-L’ idrogeno diffonde almeno 5 volte più velocemente dell’ Azoto ( l’Aria è costituita
dall’82% di Azoto).
-Ad alta pressione ed in alcune condizioni di temperatura può causare l’
infragilimento di alcuni materiali.
L’Idrogeno esiste in due forme , ORTO e PARA, che si distinguono per lo “Spin”
opposto cioè per il momento di rotazione degli elettroni attorno al nucleo:
Para idrogeno-spin opposto
Orto idrogeno- spin parallelo
Le due forme hanno identiche caratteristiche chimiche ma differenti proprietà fisiche.
Allo stato liquido l’ idrogeno è tutto “Para”
Allo stato gassoso l’ idrogeno è al 75% “Orto” e al 25% “Para”.
Questo è molto importante nello stoccaggio e nel trasporto perché la reazione paraorto è esotermica e produce quindi calore sufficiente a creare situazioni di pericolo.
Nel trasporto su strada l’ Idrogeno viene identificato con i seguenti Codici:
-N° identificativo della sostanza ( UN No)
-N° identificativo del pericolo
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Gassoso
Liquido
Gassoso
Liquido
1049
1966
23
223
4
*Fi
gura confronto proprietà fisiche Idrogeno H2-Metano CH4
IDROGENO : CONFRONTO PROPRIETA' FISICHE
IDROGENO
Peso Molecolare
METANO
2.02
16,04
-252,8
-161,5
Punto di ebollizione ( C°)
-240
-82,1
13
46,4
71,02
424
0,08247
0,6582
0,0695
0,555
446
509,9
120,091
50,01
4
5,3
75
15
29,53
9,48
0,02
0,29
570
580
Temperatura Critica ( C°)
Pressione Critica
( bar)
Peso Specifico liquido al NBP ( kg/m3)
Peso Specifico vapore al NBP ( kg/m3)
Peso Specifico /aria
Calore di Vaporizzazione
Potere Calorifico inferiore
( kJ/kg )
( MJ/kg )
Limite Infiammabilità inferiore ( % )
Limite Infiammabilità superiore ( % )
Composizione Stechiometrica ( % )
Energia di Accensione
Temperatura di Accensione
( mJ )
( C°) min. in aria P= 1 Bar
L’ idrogeno brucia in aria quindi con una minima energia di accensione ed in un
campo molto esteso di concentrazioni ( 4 % -75%) e detona, cioè brucia in modo
esplosivo, in aria nell’ intervallo di concentrazioni dal 18,3% al 59,0 %.
L’ Idrogeno quando brucia ha una fiamma che è quasi invisibile alla luce del giorno
benché arrivi ad una temperatura di circa 2045 °c. Tuttavia il calore rilasciato
dalla combustione di H2 è di circa 10 volte inferiore a quello di altri combustibili
idrocarburici a causa dell’ assenza di particelle di fuliggine ( “Soot”).
La fiamma dell’ H2 si può individuare osservando le onde di calore che si
sviluppano; pertanto, in caso di dubbio, occorre procedere protendendo sulla
fiamma qualcosa di facilmente infiammabile.
Anche la resistività elettrica dell’ idrogeno è molto elevata e nel flusso gassoso si
accumulano cariche elettrostatiche che possono essere la causa di combustione;
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tuttavia un’ eventuale perdita gassosa che si inneschi all’aperto brucia rapidamente
senza esplosione.
Se l’ idrogeno brucia è meglio lasciarlo bruciare senza tentare di intercettarne il
flusso , a meno che questo non costituisca un pericolo. Se la fiamma si estingue ed il
flusso continua, bisogna stare molto attenti perché si potrebbero creare le condizioni
di una miscela esplosiva.
L’ idrogeno, entro un vasto campo di temperatura e pressione, esterno alla curva
critica di inversione , ha un coefficiente di Joule-Thompson negativo , che sta a
significare il suo riscaldamento in caso di espansione isoentalpica.
Ad esempio espandendosi in una valvola da 200 Bar e T ambiente, l’ idrogeno si
riscalda ed il metano si raffredda. I due gas hanno comportamenti differenti in
quanto il metano si raffredda sempre sia nella espansione isoentalpica che in quella
isoentropica ( ad esempio nella rimozione del gas dall’ interno di un cilindro).
*figura 2 del coeff. Joule-Thompson
*figura 3 espansioni isoentalpiche e isoentropiche
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L’ Idrogeno e le Celle a Combustibile ( Fuel cells).
La catena dell’ Idrogeno-Verso un sistema energetico durevole.
I combustibili fossili hanno fornito e forniranno ancora per numerosi anni un
contributo essenziale allo sviluppo economico, tuttavia per estendere l’ accesso alla
mobilità a sempre maggior parte dell’ umanità, minimizzandone le emissioni,
occorrerà allargare e diversificare le fonti dei carburanti per i trasporti.
A lungo termine il sistema Idrogeno-Celle a Combustibile potrebbe contribuire ad
affrontare tale sfida.
La catena dell’ Idrogeno
Come l’ elettricità, l’ Idrogeno deve essere prodotto prima di essere stoccato ed
utilizzato.
Oggi la produzione è centralizzata con una utilizzazione in sito o un trasporto per
pipe-line o per via stradale. I procedimenti di produzione come il reforming , l’
ossidazione e l’elettrolisi, permettono di ottenere quantità di idrogeno sufficienti
ad alimentare delle flotte di veicoli con Celle a combustibile o con motore termico.
L’ interesse del sistema Idrogeno-Pila a Combustibile risiede nella diversità delle
fonti di approvvigionamento possibili, comprese le energie rinnovabili, adattabili in
funzione dei vincoli ambientali e/o geografici. Una tale transizione contribuirà ad
evolvere verso un sistema energetico durevole.
 Figura 4
Biomasse
Carbone
Residui Petroliferi
Gas Naturale
Gasdi di
sintesi
Gas
Sintesi
( CO , H2 )
Sequestro CO2
Infrastruttura H2
Reforming locale
Metanolo
H2
Elettrolisi
H2
H2
Cella a combustibile
H2
Idrocarburi liquidi
raffinati
Distribuzione e stoccaggio di Idrogeno
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Oggi l’ idrogeno è essenzialmente utilizzato come materia prima per la chimica (
sintesi dell’ ammoniaca) e per la industria della raffinazione petrolifera.
Esostono 4 modi per trasportare l’ idrogeno: per gasdotto, in bombole o cilindri,
sotto pressione,in forma liquida con trasporto criogenico.
E’ sotto forma liquida che l’ H2 presenta una densità energetica per unità di volume
più elevata ( 8 MJ/lt ), ma la liquefazione utilizza circa il 35% di tale energia.
L’ Idrogeno carburante per i trasporti
La produzione mondiale annuale d’ idrogeno è di 500 miliardi di m3 ( in condizioni
Normali), ossia l’ equivalente di 130 Mtep, milioni di tonnellate di petrolio
equivalente.
I fabbisogni mondiali attuali per i trasporti terrestri sono dell’ ordine di circa 1500
Mtep/ anno.
Produrre Idrogeno dagli idrocarburi costa da 250 a 400 € /tep , in funzione della
carica utilizzata e della capacità della unità di produzione.
Il sequestro e lo stoccaggio della Co2 che viene generata nella produzione costerebbe
ancora 150-350 € /tep, ossia un totale di 400-800 €/ tep per un carburante privo di
gas serra.
Produrre l’ idrogeno per via elettrolitica impiegando energia elettrica, idro o
nucleare, condurrebbe ad un costo di 600-1000 € /tep.
Sul mercato internazionale la benzina è quotata da 160-350 €/tep( Gennaio 2004) ma
può eccedere i 1000 € /tep alla pompa in certi paesi come l’ Italia tenendo conto
degli oneri fiscali e le tasse applicate ai carburanti.
L’ industria automobilistica è virtualmente pronta a considerare l’ H2 come il
carburante del futuro. Tuttavia , benchè alcune tecniche di stoccaggio a bordo
(adsorbimento su Idruri) sembrano promettenti , sussistono numerose barriere ad
una larga introduzione del carburante idrogeno. Tra queste barriere si possono
citare quelle della infrastruttura dell’ idrogeno , lo stoccaggio a bordo del veicolo e
l’ assenza di norme , regolamenti e codificazioni.
Numerose stazioni di rifornimento di H2 già esistono negli USA specialmente nello
stato della California ( circa 28 punti di rifornimento a fine 2003 ), in Germania (
aeroporto di Monaco, Berlino BVG- Total), in Giappone ( N° 5 stazioni nell’ area di
Osaka, Takamatsu , Tokio che rientrano nel progetto JHFC ), in Islanda etc.
In Giappone segnaliamo la scelta di testare ogni stazione di rifornimento di
idrogeno prodotto con tecnologia differente. Così si possono visitare le stazioni di:
1- Yokohama Asahi che produce con reforming della nafta.
2- Yokohama Daikoku che produce con reforming di benzina desolforata
3- Kawasaki che produce con reforming di metanolo
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4- Ariake che si basa su idrogeno liquido
5- Senju che produce con reforming di GPL
Una trentina di rifornimenti di H2 sono stati realizzati nel mondo e tra questi quello
di Reykyavik di Shell Hydrogen e Norsk-Hydro.
Nel più grande e ricco stato degli Usa cioè la California, recentemente il neo
governatore Arnold Schwarzenegger ha proclamato che su ogni strada statale sarà
realizzata una stazione di rifornimento ogni 20 Miglia entro il 2010. Sulla base
della competenza costruttiva della California, il programma governativo prevede la
realizzazione globale di 200 stazioni con un costo stimato per ognuna tra 300.000 e
500.000 $, per un totale di 100 milioni di $.
Per le zone interne e rurali viene prevista anche la costruzione di impianti di
produzione elettrica con Fuel Cells stazionarie con sistemi sussidiari di fueling di
idrogeno . Altri soggetti come i costruttori di auto hanno progetti per Fuelling
Station di H2 in California. La Toyota pianifica di costruire 15 Stazioni e BMW ne
vuole costruire 5 quando già ne ha una nel Centro di Sviluppo di Oxnard, vicino Los
Angeles. Si sta cercando di abbassare ulteriormente i costi del piano acquisendo
soggetti volontari per rendere disponibili le aree ove realizzare tali stazioni.
Potenzialmente queste stazioni di rifornimento potrebbero sorgere su aree per trucks
già esistenti, su cantieri del Dipartimento dei trasporti, in parcheggi etc
Vedi Figura 5- Rete Programma California
Le barriere attuali all’ introduzione dell’ idrogeno sono le seguenti:
 -vincoli e limiti fisici, tecnologie e regolamenti legati alla produzione, allo
stoccaggio, alla distribuzione ed alla utilizzazione dell’ idrogeno in completa
sicurezza,
 -percezione dei rischi associati all’ idrogeno.
A breve e medio termine la produzione e la distribuzione dell’ idrogeno saranno
dunque riservati a veicoli di flotte aziendali e le opzioni che si prospettano per il
carburante sono :
 l’ elettrolisi dell’ acqua in unità di piccola capacità in sito.
 il reforming in sito degli idrocarburi.
 il reforming del metanolo che, a dispetto della sua tossicità, presenta il vantaggio
di poter essere assai facilmente convertito in idrogeno e di possedere una densità
energetica elevata.
 la benzina , la cui disponibilità immediata favorisce l’ introduzione di un nuovo
concetto di veicolo. Tuttavia il suo reformig a bordo del veicolo è più complesso
che nei casi precedenti e necessita ancora di essere sviluppato.
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A titolo di valutazione comparativa riportiamo qui di seguito alcuni valori delle
Densità Energetiche più significative per il nostro tema trattato:
Densità Energetica in MJ /lt dei carburanti
-Benzina
-Metanolo
-Gas Naturale a 250 Bar
-Idrogeno
a 250 Bar
-Idrogeno
a 350 Bar
-Idrogeno liquido
-Idrogeno su Idruri
33
16
8
2,5
5,4
8,5
12
MJ/lt = 9,1 Kwh/lt = 12.1 Kwh/kg
MJ/lt = 4,5 Kwh/lt = 5,6 Kwh/kg
MJ/lt = 2,2 Kwh/lt = 14,7 Kwh/kg
MJ/lt = 0,7 Kwh/lt = 33,3 Kwh/kg
MJ/lt = 1,5 Kwh/lt = 33,3 Kwh/kg
MJ/lt = 2,4 Kwh/lt = 33,3 Kwh/kg
MJ/lt = 3,3 Kwh/lt = 33,3 Kwh/kg
La densità energetica porta alle seguenti equivalenze:
1 Nm3 H2
1 lt H2 liq
1 kg H2
= 0,34 lt
= 0,27 lt
= 2,75 Kg
Benzina
Benzina
Benzina
Le Celle a Combustibile-Principio di funzionamento
Una Cella a combustibile( Fuel Cell ) è un generatore che converte direttamente ed
in continuo l’ energia di un combustibile in elettricità per mezzo di reazioni
elettrochimiche.
tSpesso le Fuel Cells sono descritte come “ batterie” che operano in continuità o
come un motore elettrochimico in cui entrano un combustibile (tipicamente idrogeno)
ed un ossidante (tipicamente ossigeno o aria) e da cui escono corrente elettrica
continua , acqua e vapore, nonché calore.
Come le batterie, le Fuel Cells producono potenza elettrica senza combustione o
organi rotanti e senza rumore.
Le Fuel Cells fanno elettricità dalla combinazione di ioni idrogeno, condotti da un “
combustibile” contenente idrogeno, con atomi di ossigeno.
Le normali batterie hanno il “combustibile” e l’ossidatore, all’interno , e questo è il
motivo del perché esse devono essere ricaricate periodicamente.
Le Fuel Cells ,invece, utilizzano una fonte esterna di questi ingredieni chiave e
producono una potenza in modo continuo , finchè viene mantenuto il supply.
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Spesso le Fuel Cells sono descritte come “ batterie” che operano in continuità o
come un motore elettrochimico in cui entrano un combustibile (tipicamente idrogeno)
ed un ossidante (tipicamente ossigeno o aria) e da cui escono corrente elettrica
continua , acqua e vapore, nonché calore.
Come le batterie, le Fuel Cells producono potenza elettrica senza combustione o
organi rotanti e senza rumore.
Le Fuel Cells fanno elettricità dalla combinazione di ioni idrogeno, condotti da un “
combustibile” contenente idrogeno, con atomi di ossigeno.
Le normali batterie hanno il “combustibile” e l’ossidatore, all’interno , e questo è il
motivo del perché esse devono essere ricaricate periodicamente.
Le Fuel Cells ,invece, utilizzano una fonte esterna di questi ingredienti cioè del
combustibile e dell’ ossidante.
Le Fuel Cells usano questi ingredienti per creare reazioni chimiche che producono
ioni trasportanti sia idrogeno che ossigeno ad uno dei due elettrodi della cella;
questi ioni quindi passano attraverso un elemento denominato elettrolita ( che
conduce l’ elettricità) che , a seconda del tipo di cella, può essere costituito da acido
fosforico , carbonato, ossidi solidi o una membrana polimerica , e reagiscono
quindi con gli atomi di ossigeno. Il risultato è una corrente elettrica ad entrambi gli
elettrodi , più acqua e vapore come prodotti esausti , nonché calore.
Questa corrente è proporzionale alla dimensione ( area ) dell’ elettrodo. Il voltaggio
è elettrochimicamente limitato a circa 1,23 Volt per cella, come valore massimo
teorico. In pratica si raggiunge un voltaggio da 0,5 a 1,0 Volt per coppia di elettrodi
a causa di vari fenomeni tra cui la polarizzazione degli elettrodi.
Le celle possono essere assemblate a “ pacco “ in pile o “stacks” finchè non si
raggiunge il desiderato livello di potenza.
La sfida nello sviluppo delle Celle per le applicazioni pratiche è quella di migliorare
l’ economicità dei componenti e la loro durata ed affidabilità.
Il sistema più semplice permette,a partire dall’ idrogeno e dall’ ossigeno puro, di
fornire acqua ed elettricità con passaggio di ioni attraverso l’elettrolita.
Le celle a combustibile che hanno come elettrolita degli Ossidi solidi , sono
denominate SOFC ed operano a più di 700 ° c mentre le celle il cui elettrolita è una
Membrana polimerica , dette PEM , operano a 80 °c Entrambe sono le principali
filiere nella generazione di potenza elettrica; le prime per gli usi stazionari della
produzione di energia elettrica, le altre per l’ uso nella trazione veicolare elettrica..
La cella a membrana PEM è costituita da placche bipolari conduttrici di elettricità,
separate da un elettrolita polimerico ricoperto da un catalizzatore ( platino) che
permette il passaggio dei protoni formatisi dalla dissociazione delle molecole di
idrogeno in due protoni ed elettroni.
La cella a combustibile è integrata in un sistema complesso che assicura la sua
alimentazione di idrogeno ad alta purezza, di aria pulita sotto pressione , che
converte la corrente prodotta dalla pila , la adatta alle specifiche richieste ed
assicura parimenti la gestione termica nonché quella delle variazioni di potenza e di
carico.
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*Figura 6 cella a combustibile
Le applicazioni
 Tenuto conto del rendimento elettrico atteso dalle celle a combustibile , della
affidabilità e della qualità della corrente ottenuta , dell’ assenza delle emissioni e
del debolissimo livello sonoro , le applicazioni previste sono :
 Telecomunicazioni , centri informatici e trattamento dati.
 Generazione elettrica e co-generazione decentrata per applicazioni residenziali e
commerciali.
 Mercato automobilistico e gli ausiliari di potenza a bordo.
Per quanto riguarda le celle a combustibile e le diverse tecnologie delle stesse,
sembra che la 1a scelta sia ormai consolidata tra PEM e SOFC. In particolare
notiamo che:
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Elettrolita
Combustibile
Efficienza
T° operativa
Vita tecnica
Limiti tecnici
Impiego
.
PEM
SOFC
Solido
H2
+
80°c
accettabile
in via di soluzione
possibile a medio term.
Solido
H2 +CO
800°c
non accettabile
ancora esistono
Futuro incerto in traz
La 2a scelta riguarda la fonte di energia ,cioè tra la produzione di H2 a bordo o l’
immagazzinamento a bordo. Nel primo caso avremo:
Combustibile liquido
Idrogenato,bioetanolo
Benzina,diesel
Fuel Tank
Processore
Fuel a bordo
Stack
Fuel Cell
E.E
Nel secondo caso dovremo provvedere ad immagazzinare una quantità sufficiente di
H2 prodotta altrove e travasato in forma gassosa o liquida per avere una sufficiente
autonomia del veicolo.
Per fare l’ idrogeno partiremo dai fossili quali gas naturale, benzina, carbone o
biomasse oppure partiremo per elettrolisi dall’ acqua impiegando elettricità prodotta
dal sole o dal vento ( rinnovabili). Nel bilancio generale delle emissioni di “gas
serra” come la CO2 dovremo considerare quanto deriva da queste conversioni.
Ad esempio:
Per ogni Nmc di H2 da Reforming Centralizzato si emette
1,0 Kg CO2
Per ogni Nmc di H2 da Elettrolisi con EE da termocombust. 4,5 Kg CO2
Veicolo a FC consuma 0,01 Kg H2 /Km = 0,11Nmc H2/km
Veicolo a FC emette > 0,10 Kg CO2 /Km
Veicolo Diesel
< 0,20 Kg CO2 /km
L’ efficienza cambia a secondo delle soluzioni scelte:
Ciclo
Veicolo a FC
FC+Reformer
Benzina
Urbano
0,57
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0,43
0,15
Diesel
Ibrido
0,18
0,29
14
La barriera principale è il costo
Da qui al 2005 , le pile a combustibile del tipo PEM dovrebbero essere messe sul
mercato. Le prime unità da 1 KW saranno verosimilmente destinate al mercato della
sicurezza elettrica o per le applicazioni portatili.
Seguiranno in seguito i sistemi a celle a combustibile per
 applicazioni stazionarie ( <250 KW) ad alto valore aggiunto con costi inferiori a
2000 € /KW.
 Applicazioni residenziali/ domestiche nella gamma da 1-7 KW in zone ove il
prezzo dell’ elettricità è elevato come in California , in Giappone ed in altri siti
specifici come le isole etc.
 Applicazioni in autobus e mezzi di trasporto urbani.
Un mercato da 100 a 300 MW ad anno sembra essere verosimile nel 2005.
All’ orizzonte del 2010-2015 le applicazioni per l’ autotrazione potrebbero
raggiungere qualche migliaio di veicoli equipaggiati con celle a combustibile da 5070 KW.
Negli ultimi 40 anni la densità della potenza elettrica (KW/lt) delle celle a
combustibile si è decuplicata ( x 10) passando da 0,1 KW/lt a 1,8 KW/lt nelle PEM
FC.
Cosa fanno le Compagnie Petrolifere ?
Alcune di esse ed in particolare la Shell , BP ,Texaco , Total-Fina contribuiscono,
con gli altri attori e partners del settore, a l’ orientazione della fase transitoria verso
il sistema Idrogeno-Celle a Combustibile.
Esse valorizzano alcuni prodotti della loro ricerca interna come ad esempio il
KYNAR , polimero fluorurato messo apunto da ATOFINA , nella fabbricazione di
componenti delle celle, per un mercato ad alto valore aggiunto e di considerevole
potenzialità.
Dette compagnie studiano ed indagano il potenziale delle celle a combustibile ( PEM
e SOFC) per le applicazioni sia automobilistiche che stazionarie.
Mettono a punto impianti e tecnologie per l’ impiego di combustibili fossili quali il
Gas Naturale per le celle stazionarie e poi, a termine, per il mercato della trazione e
le prime flotte “ Captive “.
E ‘ importante citare la posizione in tal campo dell’ ENI e di Enitecnologie ; esse
partecipano alla definizione di schemi produttivi di idrogeno sia centralizzati che “
in sito” ed allo stoccaggio presso gli impianti di rifornimento ed a bordo ,
costruendo così la infrastruttura per il combustibile necessario alla alimentazione
delle celle.
L’ Enitecnologie ha avviato un programma su scala sperimentale per la produzione
di idrogeno in Sicilia a partire dalla ossidazione parziale del metano.
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Tale tecnologia verrà successivamente riportata, in scala opportuna, in un impianto
di produzione previsto presso una nuova area di servizio “multienergy” a Mantova.
Il gruppo Total-Fina ha varato una “Missione Celle a Combustibile” tesa a
sviluppare una visione dell’ intero sistema . In particolare vengono considerati
globalmente gli aspetti legati al combustibile e alla sua catena di trasformazione in
idrogeno, ai materiali per la cella ed il suo intero sistema così come oggi si
considera globalmente la catena del carburante, motore e postrattamento agli
scarichi.
La Total ha realizzato placche e membrane con materiali di nuova tecnologia per gli
usi e gli sviluppi delle Celle del tipo PEM. Per le celle ad Ossidi solidi è stato invece
intrapreso un accordo di collaborazione con la società DELPHI mirante a produrre
un gas ricco di idrogeno a partire dagli attuali e futuri combustibili.Con la Renault
sono in corso dei test per monitorare la sensitività delle celle alla purezza dell’
idrogeno, alla loro durata ed alla affidabilità del sistema di reforming del
carburante.
La Total ha inoltre avviata la costruzione di una infrastruttura di “ refuelling” di
idrogeno a Berlino (per la flotta Bus della RFA) e in California USA a Thousand
Palm.
La Total ha in corso anche la comparazione delle celle a combustibile con altre
tecnologie quali le microturbine ed i motori termici di nuova generazione.
La Shell Hydrogen ,in merito al finanziamento della futura struttura dell’ Idrogeno,
valuta che sia tecnicamente possibile una struttura di puro idrogeno, ma che altre
soluzioni da metanolo oppure H2 estratto da combustibili idrocarburici, siano meno
dirompenti economicamente.
Secondo la ShellHydrogen, vi sarà già dal 2004 il lancio di flotte di nicchia a F.C. da
metanolo e dal 2007 F.C. competitive con H2 da idrocarburi per auto passeggeri. Le
vetture F.C. a puro idrogeno diverranno mature intorno al 2012 , seguite da veicoli
con F.C.alimentati direttamente da metanolo dal 2020.
Lo scenario assunto da Shell vede 1 kg di H2, equivalente ad 1 Gallone ( 3,8 litri ) di
benzina in termini energetici, ma con la stessa quantità di energia un veicolo FCV
avrà una maggiore autonomia di un veicolo con motore a combustione interna.
Shell figura che per chilometri percorsi all’ anno e numero di auto alimentate, il
costo capitale di una stazione di rifornimento di 25 auto al giorno sarà di circa 1
milione $, mentre per 2500 auto / giorno il costo sarebbe di circa 10 milioni di $ .
Prospettive e soluzioni nelle valutazioni di Enitecnologie
Entro 5-15 anni si prospettano soluzioni basate su innovazioni tecnologiche radicali
del sistema veicolo-propulsore-fuel quali quelle legate alla trazione elettrica BEV
( Battery Electric Vehicle) o FCV( Fuel Cell Vehicle).
Nella catena dello sviluppo commerciale delle Fuel Cells , l’ anello critico è quello
della infrastruttura per la produzione e il rifornimento di Idrogeno , sia in termini di
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investimento che di prezzo al consumo. Occorre prevedere quindi una logistica dell’
idrogeno su scala diffusa.
Vengono analizzate alcune opzioni per la produzione e la distribuzione dell’
Idrogeno.
Nel caso di stoccaggio a bordo del veicolo sono state valutate due possibilità:
-1) Produzione di H2 Off-site,( in raffineria) e distribuzione agli impianti di
rifornimento dei veicoli presenti in una certa area.
-2) Produzione di H2 in-site , presso gli stessi impianti di rifornimento.
Per la produzione sono state comparate le ipotesi della raffineria ed in-sito con
“ Steam Reforming” del metano (SMR) nonchè quella in–sito per via elettrolitica
dall’ acqua.
Le ipotesi assunte da Enitecnologie e da alcuni ricercatori inglesi sono:
-Auto a celle a combustibile con consumo di H2 pari a circa 0,01 Kg H2/ Km
cioè a circa 0,1 Nmc H2/Km , con serbatoio di 3 Kg di H2 compresso ( rifornimento
settimanale).
-Autobus a Fuel Cells con un consumo di H2 pari a circa 0,056 KgH2/km con
un serbatoio di circa 17 Kg di capacità ( rifornimento giornaliero per la percorrenza
di 300 Km al giorno)
NB.Tali valori assunti sembrano alquanto riduttivi rispetto alle valutazioni di altre
società o istituti di ricerca ( per esempio la francese Axane stima il rifornimento
medio di una autovettura di 4-5 kg e quello di un autobus di 42 kg. )
-Impianto di produzione di H2 con capacità di 900 Kg / giorno, pari a circa
10.000 Nmc / giorno ,per il rifornimento di 300 auto o 45 bus al giorno
Questa dimensione è compatibile con la politica di accentramento dei siti di
rifornimento e con il refuelling di una flotta di bus presso il deposito.
E’ studiato anche il caso di un impianto con capacità di circa 180 Kg H2 / giorno (
2.000 Nmc H2/giorno) per meglio valutare la fase iniziale dello sviluppo
commerciale.
-L’ Idrogeno considerato è in forma gassosa compressa e lo stoccaggio a
bordo avviene in bombole. La quantità di H2 può aumentare con l’ adsorbimento su
idruri metallici ed, in futuro, su nanostrutture di carbonio o alanati( Vedi paragrafo
successivo).
-E’ stato previsto anche il trasporto di H2, prodotto centralmente in raffineria
o in uno stabilimento di produzione di Gas tecnici, in forma liquida fino alla
stazione di refuelling.
- I prezzi del metano e della energia elettrica i assunti sono quelli di
mercato fiscalizzati.
Le tecnologie di produzione di H2 in sito con un impianto “ piccolo” sono ancora
in fase di sviluppo commerciale. Fatta tale considerazione , si è assunto un fattore di
riduzione del 15 % del costo, cosidetto “Learning factor”, per ogni raddoppio di
unità di produzione vendute. In una dimensione globale del mercato ,infatti, l’
economia di scala vera decorre oltre le 10.000 unità di impianti, corrispondenti ad
una vera fase di commercializzazione.
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Come su detto le opzioni sono tre : Elettrolisi - SMR( Steam reforming) in sito SMR centralizzato.
Elettrolisi in sito.
 Per l’ Elettrolisi in una stazione di produzione e rifornimento da 900 Kg/ giorno ,
il costo dell’ Idrogeno risulterebbe pari a 6,5 $/Kg e di 7,5 $/Kg per una capacità
di 180 Kg/ giorno. Il costo dell’ energia elettrica incide per oltre il 75% del costo
finale, con possibili riduzioni a seguito dell’ apertura del mercato elettrico , della
Borsa elettrica , delle fasce orarie di consumo etc.
SMR in sito.
 Con stazione di rifornimento della capacità di 900 Kg H2/g ,il costo sarebbe di
2,6 $/Kg e di 3,1 $/Kg per 180 Kg H2/ g. La voce maggiore sarebbe il costo del
Metano per il 30% del totale mentre lo stoccaggio e la distribuzione sarebbero a
pari costo che nel caso dell’ elettrolisi.
SMR centralizzata.
 Un impianto centrale con produzione di 237 ton H2/ giorno ed il trasporto di
Idrogeno liquido per un raggio di 80 Km. in 13 stazioni di rifornimento da 900 Kg
H2/ g vede un costo netto alla pompa di 4,3 $/Kg.
*Vedi figura
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SCENARIO PRELIMINARE PER LA DISTRIBUZIONE DI H2
Il mercato è più maturo per i bus più che per i privati. I bus hanno una intensa vita
operativa e si concentrano in un solo punto di rifornimento
In base ai dati economici e tecnologici si può tracciare il seguente scenario:
 vedi figura
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-Breve termine
L’ elettrolisi è interessante e flessibile anche se penalizzata dall’ alto costo dell’
elettricità, specialmente in Italia. La flessibilità è premiante nella fase di
penetrazione commerciale, con pochi veicoli ed una domanda discontinua di H2.
E’ favorita dalla liberalizzazione del mercato elettrico e dagli stessi produttori di
Energia elettrica che farebbero un nuovo business. Inoltre non vi è il problema della
produzione e del sequestro della CO2 ed il vantaggio di poter utilizzare le fonti di
energia rinnovabile in modeste quantità.
Nella stessa fase iniziale di avvio può avere delle chances anche la produzione
centralizzata , sempre per la flessibilità e per i minori costi rispetto l’ elettrolisi.
Sono quindi avvantaggiate le Aziende che già producono gas tecnici o liquefano l’
idrogeno , per indirizzare parte della loro produzione al comparto “ automotive”.
Questo sembra il caso Eni-Sapio per Mantova ( 1a fase) e dell’ Agip Germania con
la Hoechst.
-Medio termine
Potrà prevalere la produzione da Metano in sito quando comincerà ad esserci un
mercato ed una richiesta e quindi quando la minore flessibilità non sarà più così
vincolante ma prevarrà la economicità.
-Lungo termine
Nell’ ipotesi che non entrino in gioco altre nuove tecnologie , nel lungo termine , la
produzione in sito SMR ancor meglio sarebbe prevalente sulle altre.
Sarà determinante la politica ambientale e quella energetica per l’ uso facilitato di
elettricità o gas naturale.
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Il vantaggio competitivo di SMR in sito sarà più elevato in stazioni di rifornimento
con domanda di idrogeno costante ed elevata.
La produzione centralizzata potrebbe essere interessante per la trasmissione dell’
idrogeno, non in forma liquida, ma in forma gassosa miscelato al gas naturale fino
oltre il 25%, attraverso dei metanodotti collegati ad una rete di stazioni di
rifornimento. La miscela potrebbe essere utilizzata nei motori a combustione interna
,tal quale, oppure l’ idrogeno potrebbe essere separato dal metano attraverso
membrane ,per essere poi impiegato puro nelle celle a combustibile delle FCV.
In tale ipotesi occorrerebbe curare attentamente la metallografia delle tubazioni e
delle saldature ma si avrebbe il vantaggio dei minori raffreddamenti delle valvole
delle stazioni di decompressione.
La strada per arrivare al Veicolo ad Idrogeno- Il punto di vista dei
costruttori di auto.
Moltissimi costruttori di veicoli , per non dire tutti i maggiori , hanno intrapreso la
ricerca della trazione a mezzo di Celle a Combustibile e dell’ idrogeno ad esse
connesso .
BMW è il più attivo nella ricerca applicata dell’ uso dell’ idrogeno ( liquido e
gassoso) nei motori a combustione interna, perché punta ad alte potenze di oltre 150
-300KW con motori di cilindrata di 3000 cc aspirata o sovralimentata. Inoltre
BMW insieme a GM sta sviluppando sistemi di rifornimento per veicoli ad idrogeno
liquido a –253°c . Tale accordo prevede che i futuri accoppiamenti tra i componenti
della stazione di rifornimento ed i serbatoi delle vetture seguano le specifiche
elaborate da EIHP ( Progetto integrato europeo per l’ idrogeno) e che
rappresentano la base dell’ ECE ( Commissione Europea per l’ Economia); si
punta cioè a far divenire standard globale quanto realizzato ed applicato a Monaco
di Baviera.
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Toyota ed Honda sono all’ avanguardia nelle applicazioni delle Fuel Cells con
autonomie di 300 km e già è operativo il leasing delle prime flotte di vetture in
Giappone ( area metropolitana di Tokio ) ed in California.
La Ford ha frenato la sua divisione THINK per i veicoli elettrici del tipo BEV ed ha
concentrato le ricerche negli ibridi ( gasolio-elettrici ) ed a celle a combustibile FCV
Il programma Ford Focus FCV unisce la recente tecnologia EV con gli sviluppi delle
fuell cells.
La Daimler-Chrysler ha già consegnato 60 vetture classe A per la flotta dei clienti in
Giappone, Singapore , USA ed Europa. La Daimler inoltre sta lavorando con la
canadese Ballard ,leader mondiale negli “ stacks” delle Fuel Cells, per fornire 30
autobus nei prossimi anni a 10 città europee.
La Nissan ha destinato alla ricerca delle FC oltre 650 milioni di euro decidendo di
analizzare più strade contemporaneamente e di ottimizzare le risorse per non
arrivare impreparata all’ appuntamento con l’ era dell’ idrogeno.
Contemporaneamente la partner Renault ha in corso accordi di collaborazione con
la italo-americana Nuvera per le Fuel-Cells, ma crede meglio nello sviluppo della
motorizzazione diesel per la riduzione delle emissioni.
La Fiat ha sviluppato la seconda generazione della 600 a Fuel Cells nel programma
“ Zero Regio” di Mantova, con uno stack da 40 Kw che verrà montato anche sulla
nuova Panda .L’ attuale autonomia di 220 km si raggiunge con un serbatoio di 68
litri di idrogeno compresso a 350 bar per 1,6 kg. Sono in corso gli sviluppi delle
logiche di gestione dell’ intero sistema cella-motore-generatore batterie.
Il gruppo PSA – Peugeot- Citroen ha puntato molto nello sviluppo del motore
Diesel e nell’ abbattimento delle emissioni con la messa apunto di una tecnologia
specifica di filtraggio del particolato a mezzo di Ossido di Cerio denominato FAP.
Attualmente i Diesel-common rail dotati di questo filtro , già alla sua seconda
generazione, riducono le emissioni di
-20% per la CO2
-40% per la CO
-50% per HC
-10-3 per DPM ( particolato)
In definitiva le emissioni di CO2 sono < 0,200 g CO2/km.
La PSA ha sviluppato anche la produzione a bordo del veicolo di H2 a partire da un
promettente composto “ Idruro” leggero, il Boroidruro di Sodio in soluzione
acquosa.
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NaBH4
( Pt ) 
H2 + Calore +NaBO2
Il boroidruro acquoso, su catalisi al Platino, si ossida dissociandosi in idrogeno e
borato di sodio.
Successivamente il ciclo si può completare con la riduzione del Borato di sodio con il
Metano ed emissione di CO2.
NaBH4 + 2H2O  4H2 +NaBo2 + Calore
NaBO2 +CH4  NaBH4 + CO2
L’ avvio della reazione è immediato e non è infiammabile. La emissione di CO2 è
pari a circa 55 gr CO2 / Km. Per fare 100 Km occorre produrre 1 Kg di idrogeno
pari a 5 Kg di NaBH4.
La fuel cell sviluppata dalla PSA è di 7 Kw con serbatoio da 2,1 Kg di idrogeno
prodotto a bordo. Vi è anche una batteria da 15 KWh e l’ autonomia è di circa 300
km.
Le celle a Combustibile per le prossime decadi.
Le sfide delle Fuell Cells sono Economiche e Tecniche:
-1 Produzione dell’ H2
-2 Distribuzione dell’ H2
-3 Tecnologia della cella e del sistema
-4 Affidabilità
-5 Sicurezza
-6 Stoccaggio
-7 Costo
-8 Interesse e sensibilità del pubblico
Ci vuole un approccio pragmatico per una ricerca basata su scelte tecniche e
scientifiche. Occorre immaginare veicoli urbani, costituiti in flotte inizialmente
“ captive” ed introdurre il concetto di estensione del campo di azione.
Vi sono due temi a lungo termine : -La riduzione della CO2
-Produrre H2 in quantità sufficienti alla FCV
Per quanto riguarda la diffusione massiva dei FCV (Veicoli a celle combustibili ) che
abbiano superato i requisiti economici e tecnici occorre prevedere l’ anno 2020.
Nel mondo, ossia nei paesi con accesso alla tecnologia, ci sono 500 milioni di veicoli
e circa 150.000 Bus . Se girasse solo l’ 1 % di auto a FC ed a idrogeno
,occorrerebbero
10-11 Miliardi di Mc di H2 / anno,
,con anche il 10 % di commutazione degli autobus occorerebbe avere in più
1,5 Miliardi di Mc di H2 / anno,
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ricordando che 1 Mc di H2 equivale a circa 0,4 litri di benzina, il prezzo di
riferimento o" target price dovrà essere di circa 0,3 € / Mc di H2.
Le stazioni di servizio per il refuelling di idrogeno dovrebbero erogare da
30 Mc di H2 / hr fino a 1000 Mc di H2 / hr
Le richieste specifiche sono :
Fabbisogno di Idrogeno Globale = 50-100 Miliardi di Mc H2 / anno
Locale = 30 – 1000 Mc/ hr pari a
250.000-2,5 milioni Mc / anno
Per un fast refuelling occorre prevedere almeno 600 Mc/ hr di H2 fino a 3000 Mc/ hr
nel caso di autobus. Ricordiamo che una vettura nella prima fase del mercato potrà
rifornirsi di 2-3 kg di H2 pari a circa 23-35 Mc Normali ed un autobus di circa 30
Kg di H2 pari a circa 350 Mc Normali.
Le necessità specifiche per le altre applicazioni portatili e stazionarie di oggi vanno
da 5 fino a 100 Kw cioè da 5 fino 100 Mc / hr
Le applicazioni portatili: richiedono contenitori specificamente progettati, cilindri di
materiali compositi e tecnologia delle alte pressioni.
Le applicazioni stazionarie: per UPS centraline elettriche di potenza , ospedali,
antenne e ripetitori, residenze remote. Per queste si usano cilindri convenzionali,
fasci di cilindri o serbatoi con tecnologia di stoccaggio liquido.
Quel che conta è di prevedere un accesso sicuro per il consumatore ossia uno
stoccaggio nel punto di consumo.
L’ attuale produzione mondiale di Idrogeno è di 550 Miliardi di Mc/ anno , di cui
quella per l’esterno, cioè quella non utilizzata direttamente nel sito industriale di
produzione è di 30 Miliardi di Mc/ anno con un tasso di crescita del 12% / anno. Ciò
vuol dire che prima del 2020 avremo a disposizione oltre 60 Miliardi di Mc/ anno per
usi automotive e stazionari.
Il supply può essere assicurato con trasporto in cilindri in pressione o con botti
criogeniche su gomma. In Nord Europa esiste anche una distribuzione con
idrogenodotti per oltre 1100 Km alla pressione media di 100 Bars. Gli attuali costi di
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distribuzione variano da 0,2 a 2,0 € / Mc a seconda delle quantità trasportate.
L’ idrogeno viene in massima parte dalla produzione SMR in raffineria per l’ uso
negli impianti di desolforazione e di produzione di carburanti. Viene prodotto da
reforming per l’ industria spaziale, del vetro, elettronica, metallurgica, food,
chimica ammoniaca etc.
Non ci sono quindi problemi ad alimentare poche percentuali di vetture o bus.
Vedi Figura*
Secondo la dinamica di sviluppo dei consumi si potrà scegliere nella catena del
supply alla stazione di refuelling tra:
 Cilindri di stoccaggio
 Piccole unità on site
 Trasporto liquido
 Piping network
Tali soluzioni possono essere applicate senza grandi discontinuità.
Il target price dell’ Idrogeno è di 0,3 € / Mc che potrà essere raggiunto nei
prossimi 15 anni.
Si potrà sviluppare anche una tecnologia di sequestro della CO2 con un target atteso
di 0,05 € / Mc H2. Per far ciò occorre una unità di produzione centralizzata ed una
catena del supply.
La produzione di H2 basata sull’ acqua per via :
 Termochimica
 Solare diretta
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 Nucleare
La tecnologia esistente è da migliorare e richiede la centralizzazione delle unità
produttive.
Gli sviluppi tecnici necessari comportano il miglioramento dell’ efficienza e della
sicurezza.
Per pressioni molto elevate  materiali di stoccaggio
Idrogeno liquido
 unità di liquefazione grandi, sviluppo di isolantori
dei recipienti di stoccaggio.
Stazioni di Servizio
 sicurezza nel passaggio di prodotto ad alta
pressione,
Pompe di H2 liquido ad alta pressione.
Stoccaggio avanzato a bordo nuovi idruri, nuove nanostrutture.
Costruire un’infrastruttura dell’ idrogeno in Europa.
L’Unione Europea costituita attualmente da 25 Paesi deve essere considerato un
solo Mercato con molte specificità. Tra i Paesi Membri vi sono forti differenze nei
Sistemi Energetici , nei Codici e nelle Regolamentazioni, nelle Politiche Fiscali.
Le vetture però non conoscono frontiere.
Oggi il circolo vizioso dell’ Idrogeno è il seguente:
Io non compro un veicolo
ad idrogeno perché non lo potrò
rifornire ovunque andrò
Non costruiamo le stazioni di
rifornimento di Idrogeno finché
non vi saranno abbastanza clienti
L’ evoluzione delle Fuel Cells è un dato certo: dal sogno si passa alla realtà
Vedi grafico *
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Si è passati da una capacità unitaria di < 0,1 Kw / lt degli anni ’60 a > di 1,8 Kw/ lt
di oggi ( PEM della GM).
SCENARI DELL’ INFRASTRUTTURA DELL’ IDROGENO
-TEMI PRINCIPALI:
- Si ripropone il classico problema dell’ uovo e della gallina
- Gli investimenti sono molto consistenti sia per realizzare le infrastrutture che per
la produzione dei veicoli.
-Di contro i ritorni economici saranno molto lenti per gli investimenti delle
infrastrutture.
- Vi èi grande incertezza sulla tempistica.
-La qualità finale dell’ idrogeno è sconosciuta ( liquido / gas , livello di purezza)
-Il costo e quindi il prezzo dell’ idrogeno da fonti rinnovabili non è competitivo con
quello dei combustibili fossili ( crediti di CO2 ?).
LA PENETRAZIONE DELL’H2 IN EUROPA
- PERCHE’ COSI DIFFICILE?
Vedi figura *
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Nell’ Europa di 25 Stati ci sono circa 135.000 stazioni di servizio.
Una copertura geografica dell’ idrogeno per la mobilità richiederebbe tra il 10%
ed il 15% delle attuali stazioni con l’ offerta di tale prodotto.
Si stima che , con un costo dell’ idrogeno inferiore a 5 € / kg, il numero medio di
clienti di ogni stazione di servizio dovrebbe essere di almeno 500.
Quindi per le 13.500 stazioni di servizio ipotizzate in Europa dovrebbero circolare
circa 6,75 milioni di veicoli ad idrogeno!!!
Vedi figura *
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Domanda di idrogeno in funzione della capacità di produzione.
6,75 milioni di veicoli con un consumo medio unitario di 150 MJ/ 100 Km per circa
15.000 Km / anno, generano una domanda di idrogeno di:
0,15 E J ( 1018 J) oppure 14 miliardi di Nmc di H2.
L’ attuale produzione Europea di idrogeno è pari a 50 miliardi di Nmc e di 20
miliardi Nmc di sottoprodotti.
CONSAPEVOLEZZA DELLA REALTÀ INDUSTRIALE NELLA FASE DI COSTRUZIONE DELL’
INFRASTRUTTURA DISTRIBUTIVA.
La presenza di impianti produttivi di Idrogeno liquido LH2 la cui produzione
giornaliera è inferiore a 20 tons/ giorno è molto importante.
Attualmente in Europa vi sono i seguenti siti produttivi di LH2:
1-Ingolstadt , Germania ( Linde)
2-Waziers , Francia ( Air Liquide)
3-Rozenburg , Olanda ( Air Product)
Nell’ipotesi di trasporto dell’ idrogeno liquido in un raggio massimo di 1000 Km ,
dal sito produttivo di Ingolstadt si potrebbe arrivare fino a Livorno !!
Il primo passo sarebbe quello di stabilire una rilevante “ Roadmap”europea.
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Sono già disponibili alcune Road maps negli USA, Giappone, Canada, ma non in
Europa.
Per disegnare una roadmap occorrono precise linee guida:
1- Definire armoniche ipotesi per le vetture ad idrogeno su strada dal 2010 al 2050
individuando segmenti di mercato , LH2 oppure GH2 , motori ICE oppure FuellCells
vehicles.
2-Determinare la fase degli scenari potenziali, dall’ iniziale processo alla crescita,
dalla valutazione dell’ energia al bilancio dei costi e delle emissioni.
3-Determinare il numero degli impianti di rifornimento necessari per creare
confidenza con un mercato iniziale.
4-Creare le migliori condizioni possibili per la produzione ed il trasporto di H2.
5-Programmare la copertura geografica più veloce ( 10-15%) per rendere possibile
una produzione significativa di veicoli.
Per esempio la Opel-GM e la Total Fina in Europa supportano delle iniziative
nazionali ed europee per valutare il potenziale dell’ idrogeno comparato con gli altri
combustibili. Tra le altre :
-TES
-European GM WtW study
-EUCAR/ CONCAWE wtw study
-HyNet/HyWays,
-Alternative fuel contact Group (DG TREN).
CONCLUSIONI
Le vere sfide nella catena del supply sono il trasporto, lo stoccaggio e la
distribuzione dell’ idrogeno , non la sua produzione.
Si richiedono analisi e ricerche più approfondite sul migliore percorso verso lo
sviluppo delle infrastrutture,
Le Compagnie Petrolifere e le Case Automobilistiche devono co-operare per
ripartire i costi delle infrastrutture di idrogeno ( tecnici, ambientali, economici),
E’ richiesto un approccio razionale e graduale con dispiego di progetti “ illuminati”,
per valutare,nel periodo 2008-2010, il vero potenziale dell’ uso dell’ idrogeno.
Le aspettative del cliente sono nell’ ordine:
-Affidabilità
-Sicurezza
-Disponibilità
-Costo
-Accettabilità
Le aspettative della Società moderna sono invece:
-Sicurezza
-Ambiente
-Disponibilità
-Analisi del ciclo di vita
-Sicurezza del supply
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Applicazioni e ricerche.
Ricerche sulle future tecnologie di stoccaggio
Come abbiamo visto l’ idrogeno può essere bruciato direttamente nei motori a
combustione interna con una efficienza intorno al 25%, cioè poco più di quella di
una normale auto a benzina. Invece, se usiamo l’ idrogeno nel veicolo elettrico con
FC , l’efficienza può arrivare al 50-60% ossia più del doppio dei motori termici.
Inoltre nelle emissioni dei motori termici ad idrogeno, oltre all’ acqua, possono
comparire anche gli NOx in presenza di miscele aria-idrogeno non stechiometriche.
Un’auto di media cilindrata consuma circa 6 kg di benzina per 100 km.
Nelle stesse condizioni possiamo impiegare “ solo” 2 kg di idrogeno per 100 km,
che si riducono a 1kg di idrogeno per 100 km nel caso di auto elettrica a FC .
Quindi, immaginando una autonomia del veicolo di circa 400 km , dobbiamo avere
un serbatoio che contenga benzina per 24 kg, ed idrogeno per FC per 4 kg ossia per
45 mc in condizioni di pressione e temperatura ambiente. Tale volume enorme
corrisponderebbe a quello di una sfera di 5 m di diametro !!!
Infatti usare un combustibile più leggero significa disporre di un serbatoio più
grande.
Si è pertanto sviluppata la ricerca con lo scopo di immagazzinare più idrogeno
possibile a bordo del veicolo entro serbatoi dimensionalmente possibili.
Il Departement of Energy (DOE) americano ha sviluppato un programma di
promozione dell’ idrogeno che vede lo storage in prima linea per l’ erogazione dei
fondi .
Le possibilità previste sono:
 Idrogeno compresso
 Idrogeno liquido
 Idruri complessi
 Alanati
 Nanotubi di carbonio
 Materiali innovativi
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Lo studio parte sempre dalla necessità di assicurare l’ autonomia di una vettura
media senza pregiudicare il peso ed il volume del serbatoio. A tal fine il DOE aveva
individuato dei parametri che erano : stoccaggio del 6,5 w% cioè tra la massa di
idrogeno ritenuto rispetto alla massa globale del serbatoio e dell’ idrogeno, oppure
60 kg di H2 / mc cioè il rapporto tra la massa dell ‘ idrogeno ed il volume del
serbatoio.
Recentemente tali parametri sono stati aggiornati con la seguente progressione
temporale:
4,5 w% al 2005 6,0 w% al 2010 9,0 w% al 2015
Per conservare 4kg di H2 gassoso compresso alla pressione di 200 atm ( 20 MPa)
occorre avere un volume di bombole di 225 litri, ossia 5 bombole di acciaio da 45
litri ciascuna . Esse sono quelle già impiegate per lo stoccaggio del metano
compresso ed hanno un peso complessivo di 260 kg.
Il rapporto tra la massa dell’ idrogeno contenuta e quella totale dei contenitori e
dell’ idrogeno è dunque dell’ w %= 1,5% circa.
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Vi sono poi le nuove bombole leggere in alluminio, rinforzato all’ esterno con strati
incrociati di fibre di carbonio, che lavorano a 450 atm ( 45 Mpa) e che vengono
collaudate alla pressione di esercizio di 60 Mpa.
Recentemente in Germania sono testati sistemi di stoccaggio( e di rifornimento)
che arrivano fino a 700 atm . E’ il caso della Linde tedesca che ha realizzato la
prima stazione sperimentale di rifornimento di veicoli a FC della Opel a Dudehofen
(GERM) . A questa elevatissima pressione si valutano possibili alcuni infragilimenti
della matrice polimerica di rinforzo delle bombole per l’ effetto delle ripetute azioni
di carica e scarica.
Operando comunque alla pressione di 450 atm. si arriva ad un volume di 100 litri
per contenere 4 kg di idrogeno e quindi ad un rapporto w%= 4.
I punti deboli di tali sistemi di stoccaggio ad alta pressione sono la riduzione del
la pressione dell’ idrogeno al valore di esercizio delle Fuel Cells, l’alto costo della
compressione, il pericolo in caso di incidente stradale.
Questi sistemi sono per ora banditi anche in Giappone.
Nel caso si operi con idrogeno a bordo di veicoli mossi da motori termici e non più
FC ,le quantità, il volume ed i pesi si raddoppiano.
L’ idrogeno liquido è molto interessante per la densità di 70,8 kg/mc alla pressione
di 1 atm. ma occorre spendere molta energia per liquefarlo e mantenerlo alla
temperatura di –253 °C.
La BMW è capofila nell’ utilizzo dell’ idrogeno liquido nei motori termici ed ha
predisposto , come noto, una flotta di vetture Serie 7 rifornite in un impianto
robotizzato a Monaco di Baviera.
Le tecnologie criogeniche hanno raggiunto un elevato sviluppo grazie agli impieghi
dell’ idrogeno liquido in campo spaziale e missilistico, ma è indubbio che l’ alto
costo della liquefazione e la percentuale di evaporazione di circa il 2 w% al giorno
,nonchè l’ alto costo del trasporto, ne limitano l’ applicazione su grande scala.
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Altri sistemi di stoccaggio dell’ idrogeno possono essere quello idrocarburico e
quello chimico.
Il metodo idrocarburico utilizza l’equilibrio di reazioni chimiche quali:
C6 H12
C6H6 +3 H2 ( 7,1w% )
,ma non è di facile applicazione a bordo di un veicolo ed è stato accantonato dagli
americani del DOE. Il Dipartimento sta invece analizzando il metodo chimico da
Ammoniaca che valuta al 5,9 w%. Anche in questo caso ci sono però delle
incertezze per un ’applicazione diffusa.
Vi è infine la possibilità di produrre l’ idrogeno direttamente a bordo del veicolo
tramite Reforming di benzina o metanolo. E’ questa la ricerca promossa dalla Exxon
con la Toyota. Sono numerose le criticità del sistema che possono impedirne il
successo; tra esse la selezione dei fuels, il tempo di avviamento, la purezza dell’
idrogeno etc.
Sistemi costituiti da Idruri Complessi.- L’ idrogeno gassoso viene intrappolato con
un legame chimico sui reticoli cristallini di elementi metallici quali il Palladio,
Magnesio ed i Lantanidi( o terre rare) o elementi intermetallici quali il LantanioNichelio. Il legame metallo–idrogeno offre il vantaggio dell’ alta densità di H2 e
della modesta pressione di desorbimento; tuttavia il reticolo cristallino può
deformarsi e polverizzarsi nei cicli successivi di adsorbimento e desorbimento.
La mobilità dell’ idrogeno è lenta ma può essere migliorata con additivi e
promoters.
Sistemi basati su composti di metalli alcalini ed idruri alcalino-terrosi- Alanati
Si sta investigando su alcuni composti molto interessanti che porterebbero la
ritenzione dell’ idrogeno a valori w% molto elevati. Ad esempio il Boroidruro di
Litio accumula fino al 18 w% ma rilascia l’ idrogeno a temperature tra 80 e 600°C
in modo non completamente reversibile. Interessante è il Boroidruro di Sodio ( 10,5
w% ) e l‘ Alluminoidruro di Sodio( 5,6w% ) additivato con Ossido di Titanio per
diminuire la temperatura di rilascio.
Si stanno studiando molto la cinetica e la stabilità dei composti alanati, specie negli
Usa. Questa potrebbe essere la discriminante tra la ricerca Usa e quella
Giapponese. Quest ’ultima è impegnata essenzialmente nella compressione dell’
idrogeno , negli Idruri metallici convenzionali e nelle nanotecnologie, sistemi che
ben difficilmente potranno garantire lo storage dei 4 kg di idrogeno necessari alla
giusta autonomia del veicolo. Così le case automobilistiche giapponesi ,che
sicuramente sono all’ avanguardia nello sviluppo applicato delle Fuel Cells per le
autovetture, potrebbero in futuro essere condizionate dagli Usa proprio nello
storage ed il Giappone potrebbe fallire il suo piano di 50.000 veicoli FC nel 2010
ed i 5 .000.000 di FCV nel 2020.
Nanotecnologie.
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L’ idrogeno può essere trattenuto ed ordinato in nano strutture quali nanotubi
(singoli o multipli), nanofibre di Carbonio o infine su materiali denominati MOF
ossia “ Metal-Organic Frameworks”.
Sono tutte strutture ordinate a livello molecolare che hanno ,tra le altre proprietà
,quella di ritenere l’ idrogeno in geometrie le cui dimensioni sono i nanometri cioè
miliardesimi di metro.
Questi materiali hanno proprietà elettroniche , meccaniche e , date le dimensioni ,
anche proprietà quantistiche che, insieme, generano la capacità di accumulare
idrogeno in modo e quantità relativamente apprezzabili.
I MOF sono una classe emergente di materiali idonei allo storage di gas quali
l’idrogeno e il metano. Sono costituiti da strutture tridimensionali porose con centri
metallici a diversa coordinazione e leganti organici multi funzione.
La caratteristica principale che li contraddistingue è l’ elevatissima area
superficiale. Per esempio
Solo 2,5 grammi di MOF hanno la stessa superficie di un intero campo di calcio
!!!!! con una densità di soli 0,59 g/ cm3.
In conclusione si può affermare che l’ attuale stato della ricerca su sistemi di storage
dell’ idrogeno lascia prevedere interessanti sviluppi futuri ma che a breve-medio
termine l’ utilizzo dei veicoli a FC ad Idrogeno sarà limitato a percorrenze urbane
di city cars per le ridotte quantità ritenute e per le limitazioni imposte dalle
normative di sicurezza.
Riferimenti- Enitecnologie- Tpoint 4/2003- Scafè, Rizzo,
Venezia Tecnologie-Marella
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Scenario di transizione da una economia del gas naturale ad una
economia dell’ idrogeno.
L’ economia dell’ H2 non è fine a se stessa ma è una delle molte vie per arrivare ad
una società sostenibile finale.
L’ idrogeno sembra essere l’ opzione più percorribile per la riduzione o la
eliminazione delle emissioni di CO2 e di NOx . La CO2 è considerata responsabile
dell’ effetto serra e gli NOx sono pericolosi per la salute.
Ma allora, perché non siamo già partiti verso l’ economia dell’ H2?
La domanda è legittima, ma la risposta non è semplice a causa della complessità che
riguarda l’ H2.
Per prima cosa l’ idrogeno non può estrarsi come il gas naturale. Esso è il più
abbondante degli elementi nella Terra e perfino nell’ Universo, ma quando ne
abbiamo bisogno dobbiamo produrlo !!
Dopodiché, l’H2 deve essere distribuito, immagazzinato e finalmente usato.
Questa è la cosiddetta “ Catena dell’ Idrogeno”.
Una transizione dall’ economia del Gas Naturale potrebbe essere quella di usare la
rete di distribuzione esistente per tale gas. Iniziare a miscelare idrogeno e gas
naturale è un argomento scontato, ma anche così vi sono alcuni aspetti da verificare
ed analizzare ( Rif. Progetto combinato Olandese, Università- Industrie “ Greening
of Gas” ).
Ripartendo il progetto in due occorre , primo studiare il cambiamento dei sistemi
nella transizione e poi le proprietà di combustione dell’ Idrogeno e delle sue miscele.
La fase transitoria è caratterizzata da un processo di cambiamento graduale a lungo
termine in cui la società, o un complesso sotto-sistema di società, si trasforma in
modo sostanziale.
Una transizione è il risultato di una interazione tra lo sviluppo economico, ecologico,
culturale ed istituzionale, in differenti livelli di scala ( Rotmans e.a. 2000).
Occorre applicare il principio della teoria del “Management della transizione” onde
giungere al percorso potenziale verso l’economia dell’ Idrogeno.
GESTIONE DELLA TRANSIZIONE NELLE INFRASTRUTTUREPartendo dalla conoscenza delle attuali infrastrutture dell’ economia del gas
naturale, prima di andare verso l’ idrogeno, occorrerà guardare alle caratteristiche
di tali strutture, al loro ciclo di vita e alle possibilità di transizione.
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Solo così potremo avere idea di come trasformare l’ attuale struttura energetica in
quella della cosiddetta economia dell’ idrogeno.
“Le condizioni negli attuali paesi industriali sviluppati, sono ben lungi che statiche.
Al contrario le condizioni tecnologiche, economiche, ambientali e sociali sono in
rapido movimento”.
Le infrastrutture sono realizzate per un lungo termine; qualunque scelta di
cambiamento dell’ infrastruttura energetica dovrebbe essere quindi ben ponderata a
causa delle proprietà delle infrastrutture quali:
1-Equilibri multipli
2-Inefficienza potenziale
3-Blocco
4-Dipendenza di percorso
La ragione dell’ esistenza di una infrastruttura è connessa alla nozione di” Ritorno
incrementale”.
Possiamo sintetizzare qui di seguito le quattro caratteristiche peculiari delle
infrastrutture:
1-Effetto del coordinamento ( esternalità di rete)
2-Ampli costi fissi con possibili economie di scala
3-Effetto di apprendimento migliorativo ( learnig effect )
4-Aspettative “adottabili”
1- Gli effetti del coordinamento si riferiscono alla interrelazione dei componenti di
un particolare sistema. I componenti tecnicamente intercorrelati non possono
essere valutati solo nel sistema di cui fanno parte.
La standardizzazione dei componenti ed il numero degli utilizzatori fanno la
grande differenza nell’ utilità e nel ritorno incrementale di una infrastruttura. Il
numero degli utilizzatori influenza anche gli altri servizi connessi con l’ utilità di
base della infrastruttura.
2- L’ economia di scala è un’ importante origine dei ritorni incrementali.
Una volta raggiunta la massa critica, il successivo prossimo utente beneficierà di
costi minori per i servizi offerti. Oltre l’ economia di scala c’è anche l’ economia
di “ scopo”.
Usando la stessa infrastruttura , altri servizi come Internet o il
passaggio di Linee telefoniche, possono essere offerti ai clienti.
Vedi grafico * Distribuzione di Noam
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3-La terza risorsa dei ritorni incrementali, sempre sottostimata, è quella detta “
dell’ apprendimento nel fare”. L’ organizzazione di produzione guadagna esperienza
e quindi può produrre di più ,e a meno, che in precedenza. Gli effetti dell’
apprendimento di una nuova infrastruttura sono difficilmente calcolabili con i vari
ROI, IRR etc. perché essi non sono conosciuti , ma possono essere significativi e
non copiabili dai concorrenti. Un esempio in tal senso è la scelta della propulsione
delle automobili. Molti anni si è avuta la competizione tra il motore a combustione
interna (di benzina o gasolio) ed il motore a vapore. Se avessimo scelto il motore a
vapore e fossimo andati avanti nella curva dell’ apprendimento del motore a vapore,
così come oggi siamo diventati conoscitori di quello a combustione interna,
avremmo potuto benissimo aver preferito il vapore. Allo stato attuale, chiaramente,
i costi di un’ eventuale conversione al vapore, date le incertezze sulla sua efficienza
a lungo termine, sarebbero ben difficilmente giustificati.
4-La quarta ed ultima fonte dei ritorni incrementali è quella delle cosiddette
“Aspettative adottabili”. Queste si riferiscono alle situazioni di scelta ,ove la
presunta predominanza di una specifica alternativa tra gli utilizzatori, rinforza la sua
adozione al punto che essa diviene la alternativa dominante.
Dopo aver esaminato i fattori dei ritorni incrementali di una infrastruttura
ritorniamo alle proprietà dei sistemi precedentemente elencate.
Gli equilibri multipli si riferiscono a sistemi di ritorno incrementali in un certo
numero di stati o configurazioni di equilibrio. Non c’è un “ Ottimo “ singolo.
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Le inefficienze potenziali possono esserci quando ad esempio c’è un ottimo del
welfare sociale che comporta necessariamente una inefficienza tecnica.
IL blocco del sistema si riferisce alla difficoltà del cambiamento di una particolare
condizione di stato una volta che è stata adottata.
La dipendenza del percorso o del tracciato si riferisce al fatto che la selezione tra i
possibili equilibri potrebbe bene avvenire su eventi piuttosto locali e scelte di
piccola scala .
Le nozioni descritte fin qui si applicano anche alle infrastrutture dell’idrogeno.
La lezione che emerge è quella
che ci deve essere standardizzazione, che bisogna conoscere gli effetti dell’ economia
di scala delle infrastrutture e che non bisogna sottovalutare gli effetti dell’
apprendimento. Questi ultimi devono essere considerati anche per la scelta del
cammino della transizione.
E’ meglio creare una visione finale dell’ economia dell’ idrogeno( lungo termine) e
vedere cosa si è capaci di fare ora( breve termine). Facendo così bisogna essere
consapevoli degli effetti negativi di rete , come il blocco , la dipendenza dal percorso
e le possibili inefficienze.
La teoria insegna anche che le possibili inefficienze sono strategicamente permesse
però con la visione finale in vista e con riguardo alla nozione degli equilibri multipli.
LA GESTIONE DELLA TRANSIZIONE DELLE INFRASTRUTTURE
La transizione è un processo continuo e graduale di cambiamento sociale in cui il
carattere della società ( o di un complesso sottosistema) cambia strutturalmente.
La transizione è un processo non determinato in anticipo e non genericamente
coinvolgente tutta la società. Esso può essere differente nel tempo e nella
dimensione.
Il processo di transizione è caratterizzato dalle alterazioni,dall’ apprendimento in
opera e dalle valutazioni durante l’ avanzata del processo.
Le transizioni sono pertanto percorsi potenziali la cui direzione, dimensione e
velocità sono soggette a cambiamenti dalla politica e nel tempo da specifiche
condizioni. Esse sono dinamiche e sono caratterizzate da equilibri multipli; non
hanno luogo in una disciplina ma interagiscono con tutti i tipi di discipline,
sociale,culturale,tecnica ,economica e gestionale.
Le transazioni in generale avvengono in quattro fasi:
-fase di pre-sviluppo
-decollo
-accelerazione
-stabilizzazione
La cosidetta curva ad “S” è analoga al ciclo di vita dei prodotti di consumo.
Le tre variabili di sistema nella transizione sono la velocità,il periodo di tempo e la
dimensione.
Vedi figura *
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Nella fase di pre-sviluppo vi è un bilancio dinamico in cui lo” status quo” non
cambia visibilmente. Nella fase di decollo il processo di transizione sta partendo
mentre le condizioni del sistema cominciano a muoversi. Nella fase dell’
accelerazione i cambiamenti strutturali diventano visibili con una accumulazione di
modifiche storiche, socio-culturali, economiche, ecologiche, istituzionali. Questa
fase è caratterizzata da processi di apprendimento collettivo, dalla diffusione ed
implementazione dei processi. Nella fase di stabilizzazione, la velocità del
cambiamento decresce ed un nuovo equilibrio viene raggiunto.
E importante ricordare alcune regole “d’oro” secondo Rotmans:
-Pensare a lungo termine come cornice alla politica di breve periodo,
-Pensare nei termini di multipli domini e multipli livelli,
-Apprendere facendo e fare apprendendo,
-Aver cura dell’ innovazione e dei miglioramenti del sistema
-Tenere le opzioni sempre aperte.
L’ obiettivo della transizione non è quindi la realizzazione della specifica
transizione, ma quello di imparare dai miglioramenti durante il processo e di
implementare questi miglioramenti. In analogia con i processi di management dei
cambiamenti a lungo termine, la partenza di ogni transizione è molto importante (
qui siamo nella fase di pre-sviluppo).
Poiché si deve pensare al lungo termine per avere, poi, una politica di breve periodo
, nel caso dell’ economia dell’ Idrogeno vi dovrebbe essere un’ immagine a lungo
termine del risultato definitivo.
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Quindi vi dovrebbero essere degli obiettivi intermedi , si dovrebbero attuare degli
esperimenti e dovrebbe aver luogo la valutazione e l’ apprendimento. Le valutazioni
devono essere usate per ridefinire gli obiettivi ed i processi. In fine, ma non meno
importante, è necessaria una vasta committenza per completare la transizione.
LA CATENA DELL’ IDROGENO
L’ idrogeno ,come detto, è differente dai correnti combustibili, e deve essere
prodotto.
L’ Idrogeno deve essere considerato in modo sistematico per giungere ad un
sistema energetico sostenibile.
Per considerare tale sistema viene usato il concetto di Catena dell’ Idrogeno:
Vedi figura*
La catena parte con una materia prima che, nella fase di produzione, viene
convertita in H2. Poiché la produzione e l’ utilizzo sono scollegati , l’H2 deve essere
immagazzinato e distribuito. Infine l’ idrogeno viene impiegato in un gran numero di
applicazioni. Ciò vale per le applicazioni sia industriali che energetiche.
La produzione avviene tramite reforming, ossidazione parziale e per elettrolisi. Altri
metodi come il nucleare ed altre produzioni potenziali oggi non sono significativi ma
potrebbero avere un qualche ruolo nel futuro.
Questi tre metodi sono familiari e non necessitano di alcuna ulteriore spiegazione .
Tuttavia può esser utile una comparazione tra essi e l’ uso dell’idrogeno prodotto
come vettore energetico:
Vedi fig*
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Come si vede la produzione può causare la emissione di CO2. Quando la anidride
carbonica viene emessa da composti organici di alberi e piante ( biomasse), viene
detta a “Breve Ciclo”. Al contrario i componenti carbonici del gas naturale e del
greggio impiegano milioni di anni per formarsi.
L’ idrogeno come vettore energetico deve essere prodotto in larga quantità e ciò
può avvenire solo per reforming o per ossidazione parziale associati al sequestro
della CO2. L’ elettrolisi giocherà il suo ruolo in piccole utenze decentrate e nella
fase di avvio e ciò sembra essere il suo ruolo naturale. Eventualmente l’ elettrolisi
potrebbe diventare più popolare quando l’ elettricità sarà prodotta in modo
sostenibile. Anche allora si capirà che è stupido convertire tutta l’ elettricità in
idrogeno. Questa conversione sarà sensibile quando ci sarà una supercapacità di
elettricità e quando l’ accumulo di H2 sarà più favorevole che l’ elettricità stessa..
Questo è il caso dello storing di H2 per l’ uso nell’ autotrazione.
Lo storing convenzionale è allo stato gassoso sotto alta pressione o allo stato liquido
,ma la densità energetica non è ancora sufficiente. Una ricerca continua è in atto
sull’ adsorbimento di H2 su metalli leggeri per formare idruri metallici o su nano
strutture di carbonio; tale storage è importante solo per le applicazioni mobili e non
per gli impieghi stazionari. Lo storage non viene considerato nel problema
infrastrutturale.
Quali sono i vantaggi dell’ idrogeno?
Primo, quando è prodotto centralmente, le emissioni di CO2 sono localizzate e
possono essere catturate. Oggi la CO2 viene emessa dalle vetture in modo diffuso ed
è impossibile catturarla.
Secondo, l’ idrogeno usato nelle FuellCells ha un’ efficienza maggiore, doppia in
paragone a quella di un veicolo a combustione interna. Un vantaggio secondario
delle Fuell cells è quello di essere silenziose.
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Terzo,la conversione idrogeno-energia emette solo acqua e non altri inquinanti come
NOx, SO, particolato etc. specialmente NOx e polveri sono dannose per la salute
umana e comportano dei gravi costi sociali.
Quarto ed ultimo, l’H2 può essere prodotto da fonti rinnovabili ed avere fonti
potenzialmente infinite.
Usando un approccio sistematico si potrà rispondere anche alla domanda di quale
sarà il prezzo dell’ idrogeno in futuro. Se l’ H2 è prodotto da fonti fossili, esso sarà
più caro del combustibile di partenza, esempio metano. Tuttavia quando l’ idrogeno
è usato nelle fuell cells ed aumenta notevolmente il rendimento, porta il costo di
utilizzo ad un valore quasi pari all’ attuale combustibile fossile.
TRANSIZIONE ALL’ ECONOMIA DELL’ IDROGENO
Possiamo ora definire presupposti e criteri per individuare il percorso all’ economia
dell’ idrogeno ed, in base alle ns. nozioni, possiamo definire anche i percorsi
sbagliati.
Benchè ci potrebbero essere più percorsi di successo della transizione
vediamo solo quello che a ns. avviso è il più logico ed attuabile: quello di mescolare
l’ idrogeno nella infrastruttura del gas naturale.
Transizione potenzialmente di successo:
La prima transizione, come schematizzato, partirà con il mescolare l’ H2 nell’
esistente infrastruttura del gas naturale. Il primo stadio terminerà appena si arriverà
al primo punto critico ( collo di bottiglia). Si prevede che la prima criticità da
superare sarà l’ infragilimento , causato dall’ H2, delle saldature e dei giunti delle
tubazioni o dei diffusori delle cucine domestiche. Dopo averla superata, il
successivo stadio che partirà sarà quello di incrementare il contenuto di H2 nella
miscela gassosa. Questo processo di superamento dei problemi continuerà fino a chè
l’ intera struttura sarà usata per il 100% di H2.
All’ inizio della transizione avremo bisogno di grandi quantità e lo Steam Reforming
e l’ ossidazione parziale di metano, o di idrocarburi anche liquidi, sono i metodi più
sensibili per farlo. L’ elettrolisi come detto sarebbe perfetta ma non vi è sufficiente
energia elettrica” sostenibile” per applicarla, né la scala di produzione è
sufficiente.
Pertanto occorre fare l’ H2 più efficientemente possibile e miscelarlo con il gas
naturale. La ricerca comunque continua anche sugli altri metodi di produzione della
miscela H2/ CH4.
Un trucco, in questa fase transitoria, è applicare la tecnologia delle membrane per
separare la miscela nei punti di utilizzo dell’ idrogeno, per esempio industrie o
stazioni di rifornimento.
La rete dei metanodotti sarebbe allora usata come portatrice di idrogeno,
costituendo così un buon esempio di “ esternalizzazione della rete”.
Il processo di analisi e superamento dei problemi è caratterizzato dagli equilibri
multipli. Il pericolo degli effetti di blocco e della dipendenza dal percorso è limitato,
mentre ogni stadio è il successore logico del precedente. Sarebbero facilmente
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raggiunte le economie di scala di produzione di H2, giacchè anche una piccola
percentuale di H2 nel gas naturale giustifica l’ investimento di uno steam reformer.
Ultimo , ma non trascurabile motivo, il consumatore non perderà il beneficio di
usare energia in forma gassosa.
TRANSIZIONI POTENZIALMENTE SBAGLIATE
La seconda transizione è basata sullo switching totale ad idrogeno dei network
regionali del gas naturale, procedendo nel cambiamento di rete su rete finchè l’
intero sistema sia convertito. Questo tipo di transizione richiede una differente
visione della produzione e della distribuzione dell’idrogeno. Esso deve essere
prodotto nelle regioni in modo decentralizzato ; se la produzione sarà centralizzata,
occorrerà usare le condotte dorsali per alimentare le varie reti regionali. La scala
della produzione dipende dalla scala della introduzione prescelta e gli effetti delle
economie di scala dipendono dalla dimensione della rete regionale.
Vi è una grande differenza con la prima transizione giacchè in questa seconda
transizione occorre già aver individuato tutti i punti critici e nodali e, benchè si parli
di infrastrutture regionali, i costi potrebbero essere elevati. Il sequestro della CO2,
l’adattamento della infrastruttura, nonché le applicazioni domestiche ed industriali,
sono i grandi passi da affrontare in un solo passaggio difficilmente gestibile. Questa
poi non sarebbe una transizione ma un vero radicale cambiamento con limitate fasi
scalari. I vantaggi della esternalità di rete comincerebbero a vedersi solo dopo il
raggiungimento della massa critica di conversione delle infrastrutture e perciò
occorrerebbe anticipare tale raggiungimento quanto prima.
Una terza ed ultima transizione è menzionata nell’ High Level Group Report, draft
2003, dove il gas naturale è usato come fuel di transizione, specialmente nella
trazione. Ciò implica un grande pericolo a causa degli effetti di blocco e di percorso
della infrastruttura. Oltre a ciò occorrerebbe trasformare due volte: la prima al gas
naturale e la seconda all’ idrogeno. I costi dello switching sarebbero alti.
CONCLUSIONI
Abbiamo visto che basandoci sull’ attuale infrastruttura del gas naturale il miglior
passo per l’ avvio dell’ economia dell’ idrogeno può avvenire con la miscela di H2
nella rete. Il processo incrementale dà agli utilizzatori il tempo di adattarsi all’
idrogeno senza perdere i suoi benefici. E’ anche virtualmente impossibile il cambio
radicale verso l’ economia dell’ idrogeno ed il gas naturale come fuel preminente
non è molto conveniente, per gli alti costi dello switching, specialmente nella
trazione, Il più importante argomento è avere una visione affidabile di lungo periodo
ed un piano di azione a breve periodo; imparare tenendo sempre evidenti in mente
gli effetti di blocco, di dipendenza dal percorso, di aspettative adattative.
Rif. Ing. Hendrick De Wit, The Netherlands
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Le Miscele di idrogeno e gas naturale- Proprietà termodinamiche e di
trasporto.
L’ idrogeno come vettore energetico ha il potenziale di ridurre l’ impatto dell’ uso
dell’ energia sul cambiamento climatico globale. Le conseguenze dell’ iniezione di
idrogeno nella rete del gas naturale sono studiate in un progetto nazionale dell’
Olanda. Parte di questo progetto è lo studio degli effetti dell’ idrogeno sulle
proprietà di trasporto del gas. Le proprietà termodinamiche della miscela possono
differire considerevolmente da quelle dei gas naturali e ciò avrà conseguenze in vari
punti delle linee di trasporto. Vediamo i più importanti aspetti connessi con il
trasporto del gas, in particolare i cambiamenti della pressione e temperatura.
La condensa degli idrocarburi pesanti dovuta a questi cambiamenti in P ed in T è un
onere per le compagnie del gas ed un beneficio in tal senso può influenzare
considerevolmente la decisione di introdurre l’ idrogeno.
Prima di tutto vi è un effetto di temperatura ( diminuzione) nel punto ove viene
iniettato l’ idrogeno nella corrente gassosa. Questo è in gran parte dovuto alla
miscela dei gas ed in piccola parte alla espansione dell’ idrogeno.
Nelle stazioni di riduzione della pressione della rete del gas naturale la temperatura
del gas diminuisce per effetto della espansione” Joule-Thompson” e , in alcuni casi
deve essere fornito calore per prevenire la condensazione degli idrocarburi pesanti.
La caduta di temperatura è sostanzialmente minore in un gas miscelato con
idrogeno. Per esempio un’ espansione da 60 a 40 bar di
un gas naturale magro( CH4 82,5%, N2 11,7%,CO2 1,1%, C2H6 3,5%, C3H8 0,75%,
e bilancio di C>3 ) oppure di
un gas naturale ricco ( CH4 85,5%, N2 0,5%, CO2 1,8%, C2H6 8,5%, C3H8 2,7%
e bilancio di C>3 ), produce una caduta di temperatura di 9,5 K° o di 12,5 K°
rispettivamente, mentre nel caso di miscela al 25 % di idrogeno il salto è di 5,8 K° o
di 7,2 K°.
Giacché il potere calorifico dell’ idrogeno è di circa un terzo di quello del gas
naturale, la densità energetica diminuisce sostanzialmente se viene iniettato l’
idrogeno. Inoltre la compressibilità dell’ idrogeno è minore che quella del gas
naturale così che l’ effetto della pressione sulla densità è minore. Per esempio l’
aumento della densità dallo stato standard ( 273, 15K° e 1,01325 bar) a 40 bar e 280
K° è del 7% minore per la miscela al 25% di H2.
Pertanto in queste condizioni la densità energetica della miscela è il 77% di quella
del gas naturale e per trasportare la stessa quantità di energia la portata del gas
deve essere maggiore.
<
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L’ iniezione dell’ idrogeno cambia l’ indice di WOBBE ,definito come il rapporto tra
il potere calorifico superiore e la radice quadrata della densità relativa. L’ indice di
Wobbe dell’ idrogeno è più alto di quello del gas magro ma più piccolo di quello del
gas ricco. Ci si potrebbe aspettare che aggiungendo idrogeno al gas magro si
incrementi l’ indice ,ma ciò non avviene . Aggiungendo il 10% di idrogeno al gas
magro si abbassa l’ indice con uno 0,94 MJ/m3 e per il gas ricco di 1,46 MJ/ m3.
Tuttavia l’ indice di Wobbe deve essere tenuto entro certi limiti ristretti , limitando
anche la quantità di idrogeno che può essere iniettata.
La portata è data usualmente in m3 alle condizioni Standard STP. Per una data
portata la diminuzione della pressione lungo il tubo dipende dal tipo di gas. Alla
stessa portata gassosa la diminuzione di pressione è minore nella miscela a causa
della minore densità. Tuttavia a pari portata dell’energia la pressione si abbassa di
più nella miscela a causa della maggiore velocità. Per esempio in un tubo del
diametro di 1 metro, la portata di 400 m3/sec ed una pressione iniziale di 65 bar, la
caduta di pressione dopo 100 km è di circa 12 bar nel caso di gas magro ,ma è di 10
bar nel caso di miscela con il 25% di idrogeno. Alla stessa velocità di trasporto di
energia la caduta di pressione è di 15 bar nel caso di miscela.
In ultimo, la fase della miscela con idrogeno si comporta differentemente da quella
dal solo gas naturale ed anche la quantità del condensato può differire. A causa dei
molti componenti è difficile calcolare il comportamento del condensato del gas
naturale. Ancora più difficile è nel caso di miscela per la bassa temperatura critica
dell’ idrogeno. In generale si può dire che il condensato è minore nel caso di miscela
con idrogeno.
In conclusione possiamo affermare che:
-La caduta di temperatura ,alle stazioni di riduzione della pressione, si riduce di
circa 1/3 se il gas naturale contiene il 25% di idrogeno, riducendo così anche la
energia necessaria per il riscaldamento del gas alla stazione di trasferimento.
-La densità energetica diminuisce se l’ idrogeno viene aggiunto ( circa del 20% a
fronte dell’ iniezione del 25% di H2)
-La iniezione di idrogeno fino al 75% riduce l’ indice di Wobbe,
-La iniezione di azoto, come è praticato generalmente in paesi come l’ Olanda, può
essere parzialmente sostituita dall’idrogeno
-Se si trasporta la stessa quantità di energia vi è una caduta di pressione maggiore
di pochi bar nel caso di miscela al 25% di idrogeno , ma la quantità di condensato è
nella maggior parte dei casi inferiore rispetto al solo gas naturale.
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Stazioni di rifornimento.
Le Stazioni di rifornimento di Idrogeno
Un’ applicazione auspicabile per una stazione di rifornimento di Idrogeno potrebbe
essere quella che preveda le seguenti fasi ::
1a Fase: Introduzione dell’ uso di H2 su FCV o su veicoli a ICE in piccole flotteL’impianto di rifornimento avrà uno stoccaggio di idrogeno prodotto centralmente e
trasportato via gomma oppure prodotto in sito per via elettrolitica in piccole
quantità ( fino ad un max di 50-60 Mc/ hr).
La energia elettrica può derivare da una fonte rinnovabile ed il consumo energetico
stimato è di circa 5 Kwh/ Mc H2.
La suddetta fonte rinnovabile può essere, ad esempio, un impianto ibrido
fotovoltaico-eolico.
L’ idrogeno prodotto potrà essere immagazzinato con una compressione a 350-400
bar in appositi contenitori di materiale composito.
2a Fase : Consolidamento ed espansione dell’ uso di Idrogeno per la trazione di Bus
o vetture private.
Impianto avrà la produzione in sito di H2 , da gas naturale che giunge via tubo. La
produzione avverrà con steam reforming o Ossidazione parziale ed avrà una
capacità superiore ai 100 Mc/ hr.
L’ eccesso di idrogeno prodotto e non veicolato a bordo dei mezzi potrà essere
stoccato sotto pressione o potrà essere utilizzato in una Fuel Cell stazionaria per
produrre Energia elettrica e calore( Cogenerazione) da utilizzare sull’ impianto fino
alla autosufficienza energetica media dello stesso. Per ottimizzare il rendimento
globale del sistema si potrà anche ricorrere a microturbine.
La cella stazionaria sarà probabilmente del tipo SOFC ; tuttavia sono allo studio
anche sistemi ( vedi Nuvera) che utilizzano le PEMFC per l’ impiego stazionario .
NB: Per la prime si inizia anche in Italia una fase di industrializzazione e
commercializzazione fino a potenze ( elettriche ) di 100-150 Kw idonee per le
stazioni di servizio Multifuels più grandi . Per le PEMFC stazionarie si prevedono
potenze elettriche di 60/ 70 Kw fino ad oltre 100 Kw.
Sono molte le realizzazioni in corso di stazioni di rifornimento in tutto il mondo e le
più numerose sono quelle Californiane e quelle Giapponesi.
Al momento ci sono ancora poche stazioni di rifornimento di Idrogeno in Europa e la
maggior parte di esse è dedicata al rifornimento di mezzi di trasporto prototipo .
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Tra le prime realizzazioni, analizziamo la stazione studiata della norvegese Norsk
Hydro insieme alla Shell in Islanda, a Reykjavik,( nell’ ambito del Progetto ECTOS),
perché è stata la prima stazione pubblica in occidente.
Nell’ ambito del progetto CUTE ( Clean Urban Trasport for Europe) sono in corso di
realizzazione altre 9 stazioni in 9 differenti città europee, con tecnologie produttive e
lay-out diversi, per rifornire, ognuna, 3 autobus a fuell cells forniti dalla Daimler –
Chrysler
Inoltre sono avviati svariati altri progetti tra cui quello CEP per una realizzazione a
Berlino e quello ZERO REGIO che vede impegnata anche l’ ENI in Lombardia ed in
Germania.
Per quanto riguarda la stazione Islandese del progetto ECTOS , essa è costituita da
quattro componenti principali:
-Unità di produzione e di purificazione del gas,
-Unità di compressione,
-Stoccaggio dell’ idrogeno e pannello-valvole di distribuzione,
-Erogatore
Vedi schema *figura
DESCRIZIONE DELLE ATTREZZATURE
L’ idrogeno viene generato per via elettrolitica alla pressione di 15 bar e con una capacità
massima di 60 Nmc/ hr pari a 128 kg /giorno.
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L’ossigeno viene disperso in aria. La corrente alternata viene trasformata e
“rettificata “ in corrente continua adatta per la capacità dell’ elettrolizzatore.
Il down stream dell’ idrogeno è costituito da un equipaggiamento di purificazione
cioè un “Deossigenatore” ed un essiccatore a due stadi per eliminare ogni traccia di
umidità.
Un compressore ad alta pressione è posto in un contenitore montato su slitta per
assicurare sicurezza ed affidabilità. Nel caso di stoccaggio a 440 bar è previsto un
compressore a diaframma del tipo oil-free.
A valle del compressore è incluso un sistema di stoccaggio del gas. Esso consiste in
tre linee indipendenti di stoccaggio per provvedere , così, ad un sistema tri-stadio di
rifornimento di idrogeno a bordo del bus senza superare la temperatura di 85°C .
Per assicurare tale risultato è stato ideato un modello matematico e sono stati
verificati i dati sperimentali. Le simulazioni delle temperature e delle pressioni
durante i rifornimenti sono riportate in figura*.
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La massima utilizzazione del volume di stoccaggio e del sistema tri-stadio di
riempimento si ottiene tramite un Pannello di distribuzione del fuel.
Un erogatore trasferirà l’ idrogeno gassoso ad alta pressione dai banchi di
stoccaggio della stazione al serbatoio del veicolo. Esso è simile ad un dispenser
convenzionale e costituisce una interfaccia” meccanica” della catena del
rifornimento. I dispositivi di sicurezza e di misurazione assicurano una operazione
sicura ed affidabile. L’erogatore ha anche una sua unità di misurazione , di controllo
della pressione e di comunicazione con il sistema di controllo della stazione.
L’ intero impianto è stato consegnato completo di un sistema integrato e
computerizzato per la sicurezza e per le operazioni impreviste.
SICUREZZA
La Norsk Hydro fornitrice dell’ impianto , partecipa a numerosi progetti
internazionali per stabilire Standars e Linee Guida sulla sicurezza per la
progettazione delle Stazioni di Rifornimento dell’ Idrogeno.
In generale viene verificata la ubicazione e la distanza dell’ impianto di
rifornimento rispetto alle altre fonti di combustibili , comprese la pipes lines, ed ai
depositi di infiammabili liquidi e gassosi.
Ogni attrezzatura è scelta per una operatività e manutenzione semplice e sicura.
Inoltre tutti gli equipaggiamenti sono accessibili per il servizio di prevenzione
incendi ed è prevista una facile via di fuga alle persone nel caso di emergenza.
L’ elettrolizzatore ed il compressore sono in due separati contenitori ed il concetto
della sicurezza si basa sulla normativa IEC 60079-10 per la classificazione delle
zone in base ad ogni equipaggiamento applicato, certificata per area come mostrato
in figura**
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La IGC, Industrial Gases Council , europea ha fornito le linee guida per i reparti di
compressione, purificazione e stoccaggio. Il documento IGC 15/96 E/F/D insieme
con NFPA 50A sono stati usati per determinare la distanze di sicurezza.
Sia il contenitore dell’ elettrolizzatore che quello del compressore sono stati muniti
con doppi sistemi di indagine del fuoco, quello UV e quello di fumo insieme al
sensore di perdite di gas nell’ area classificata pericolosa .
L’ intera stazione di rifornimento, ad esclusione dell’ erogatore, è recintata per
impedire l’ accesso al pubblico.
LE SFIDE PER LE PROSSIME STAZIONI DI RIFORNIMENTO
Progettando la stazione del futuro, il modello del rifornimento (profilo di carica) ed
il costo dell’ elettricità ( per l’ elettrolisi) giocheranno un ruolo importante per
determinare la capacità di produzione e di stoccaggio. L’ esperienza delle stazioni
test già realizzate prova che grandi volumi di stoccaggio possono rendere difficile la
localizzazione della stazione, considerando le stridenti limitazioni di dimensione che
hanno la esistenti stazioni di servizio petrolifere. Questo ha portato alla
considerazione di “ quanto si possa ridurre la capacità di stoccaggio aumentando la
capacità di produzione oltre il consumo medio giornaliero stimato, per minimizzare
il capitale ed i costi operativi”.
Vedi figure** con la influenza e la correlazione dei differenti parametri
Queste considerazioni che nascono da un impianto di produzione per via
elettrolitica, valgono per molti aspetti anche per le altre tecnologie di produzione
dell’ Idrogeno.
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SPAZIO e STOCCAGGIO
Una stazione di rifornimento tipica può avere il layout indicato qui di seguito ( Vedi
figura*).
La capacità produttiva di questa stazione soddisfa il consumo medio giornaliero.
Si può vedere che la capacità dello stoccaggio occupa circa il 50% dello spazio,
rappresentando un possibile rischio a causa del grande volume di idrogeno stoccato.
Questo fatto, molto importante, avrà una grande attenzione giacchè molte delle
stazioni di rifornimento sono e saranno localizzate in aree densamente popolate.
Dal lavoro di simulazione deriva che, ogni aggiuntiva capacità di produzione
comporta una riduzione significativa del volume del gas stoccato in sito, con la
proporzionale riduzione dello spazio richiesto.
Il risparmio migliore si ha quando è usato un sistema a 3 bancate, giacchè con un
sistema a 4 o più bancate, lo spazio richiesto non cambia virtualmente, come
mostrato in figura *. Si vede che il minimo spazio si ha con le tre bancate quando la
capacità di produzione in eccesso è del 100%
Aumentando molto il numero delle bancate di stoccaggio, si può ridurre l’ eccesso
della capacità produttiva. Nel caso in figura si è assunto un consumo medio di 400
Nmc/hr( circa il rifornimento di un autobus ogni ora ).
Analogo esercizio può essere fatto per il costo di equipaggiamento come funzione
della capacità di produzione.
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Come mostra la Figura** il maggiore risparmio nell’ aumentare la capacità di
produzione avviene quando è usato un sistema con 3 bancate di stoccaggio. Il
minimo del costo totale dell’ investimento si ha approssimativamente al 50% di
eccesso della capacità produttiva
TECNOLOGIE E SOLUZIONI PIU ‘ COMPATTE
Per una ulteriore riduzione dei costi è necessario introdurre equipaggiamenti più
sensibili al costo ed allo spazio. Per esempio per la produzione di idrogeno ,
utilizzare elettrolizzatori ad alta efficienza che operano a pressione di oltre 30 bar
con alta densità di corrente. Ciò comporterà un design compatto ed un favorevole
target del costo e del consumo di energia.
Così si potrebbe avere un elettrolizzatore da 500 Nmc/hr, collocato in un container
standard , con un ingombro di m 2,5x2,3x3,0, un consumo di 4,1 kwh/ Nmc/hr , una
densità di corrente a 8kA/m2, una temperatura di 80 °c.
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VALUTAZIONI DI RISCHIO –PRODUZIONE ON SITE
Nell’ ambito della seconda fase del Progetto europeo integrato dell’idrogeno
(EIHP2) sono studiati i casi di rischio delle stazioni di rifornimento. Tali studi sono
stati eseguiti in Norvegia e l’EIHP2 provvederà a fornire gli inputs alle attività di
regolamentazione e normativa nell’ EU, facilitando così lo sviluppo della sicurezza,
la introduzione e la operatività giornaliera di veicoli alimentati ad idrogeno sulle
pubbliche strade ed il loro rifornimento nelle stazioni.
E’ stata adottata una comune metodologia di valutazione del rischio in molteplici
tipologie di stazioni di rifornimento( e produzione) di idrogeno gassoso ( 5 tipi ) ed
un caso di idrogeno liquido.
Per semplicità riportiamo solo i due casi a noi più vicini e cioè quello della
produzione tramite Reforming del gas naturale e quello elettrolitico.
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Vediamo alcuni aspetti legati agli scenari individuati a rappresentare rischi
inaccettabili e alle accortezze per ridurre tali rischi:
Unità di Compressione
L’ ingresso di aria nel lato di aspirazione del compressore implica il rischio di
accensione interna e di esplosione con danni significativi. Una progettazione
speciale del compressore di idrogeno per prevenire l’immissione di aria e la
dotazione di indicatori di temperatura e di pressione, ridurrà tale rischio.
I compressori sono unità con alte frequenze di perdite e se localizzati in aree
confinate, deve essere previsto il rischio di accumulo del gas e devono essere prese le
misure per controllare la situazione.
Perdite in Alta Pressione.
Le alte pressioni nello stoccaggio e nelle attrezzature a valle del compressore ,
comporteranno ,in caso di perdite, delle alte portate di rilascio gassoso rispetto ai
sistemi a bassa pressione. Anche se tale rilascio avviene fuori , in aree aperte ed in
buone condizioni di diluizione dell’ idrogeno, si potrebbero formare consistenti
nuvole di gas infiammabile con il conseguente obbligo di aumentare di molti metri
la distanza di rispetto. Il motivo è che le forze di impulso prevalgono sulle forze di
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gravità negativa ad una distanza significativa rispetto alla origine della fuga
gassosa.
E’ importante la direzione del rilascio gassoso.
Poiché è alta la probabilità di accensione dell’ idrogeno e la sua fiamma , come
detto, è pressoché invisibile alla luce diurna, questa è una situazione di rischio
importante.
Perdite in Alta Pressione in Aree Confinate.
Se una perdita di idrogeno in alta pressione avviene in un’ area confinata ( per
esempio in un container per la compressione o entro un’ area chiusa di stoccaggio)
gli effetti di impulso e di leggerezza influenzeranno la dispersione.
Il confinamento intrappolerà il gas, il getto di gas urterà contro le pereti, il
pavimento e gli altri ostacoli presenti, perderà velocità e così l’ impulso si ridurrà,
Ci potrebbero essere speciali condizioni rapportate al modello di flusso nell’ area
confinata, alla ventilazione, alla posizione e grandezza degli ostacoli etc.. che
potrebbero portare all’ accumulo dell’ idrogeno in strati a basso livello. Tuttavia il
gas rilasciato di solito salirà al soffitto.
Il gas si accumulerà e grandi avvolgimenti di gas infiammabile si creeranno se non
si prenderanno misure per ridurre la fuoriuscita oppure per diluire e rimuovere il
gas.
Uno scenario di una fuga di 10 g/s di idrogeno in un container di 40 m2 è illustrato
qui di seguito.
Il risultato indica che , quando è possibile, i sistemi di processo o di stoccaggio di
idrogeno ad alta pressione dovrebbero essere piazzati all’ esterno in aree ben
ventilate. Se , per qualche ragione i sistemi si devono mettere all’ interno, è molto
importante valutare il rischio delle perdite e dell’ accumulo. Se il rischio non è
accettabile debbono essere prese delle misure di riduzione come gas- sensori
accoppiati all’ attivazione automatica della ventilazione di emergenza, spurgo di
idrogeno in area di sicurezza, etc..
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Rilascio di idrogeno verso l’ atmosfera dalle valvole di sicurezza.
L’ idrogeno può essere rilasciato in atmosfera, di tanto in tanto, dalle valvole di
sicurezza a causa della sovrapressione o dal controllo della ventilazione in caso di
manutenzione. Il rilascio attraverso le valvole può causare alte portate quando la
retro-pressione del gas è alta. La nube di gas infiammabile può raggiungere diversi
metri di lontananza dalla uscita. E’ importante quindi che sia ben individuato il
punto di rilascio così che le perdite non causino pericolo per il vicinato. Questo
dovrebbe essere seriamente preso in considerazione nel caso di collocazione in
grandi città con alta densità di alti edifici.
Pericoli durante le operazioni di rifornimento
Come detto, le perdite dalle attrezzature contenenti idrogeno ad alta pressione
possono comportare la formazioni di nubi gassose infiammabili anche in aree aperte.
Le perdite durante il rifornimento, dove le persone possono essere esposte al getto
del gas, sono un forte pericolo. L’ idrogeno gassoso e le fughe di idrogeno sono
virtualmente invisibili alla luce diurna. E’ quindi molto importante che tutte le
precauzioni siano prese per evitare situazioni di pericolo durante i rifornimenti di
veicoli dove i clienti possono essere esposti alle conseguenze di ignizione della
perdita
Si suggeriscono le seguenti misure di riduzione del rischio:
-Impiego esclusivo di attrezzature di alta qualità che siano certificate per le
pressioni, temperature e ciclicità di esercizio
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-Ispezioni regolari periodiche
-Rapido rilevamento della perdita e immediato distacco
-Progettazione e layout atti a ridurre al minimo la probabilità del rischio vicino all’
erogatore:
- ritorno automatico del tubo alla fine del rifornimento
- progetto del percorso del veicolo che minimizza la probabilità di collisioni
- assenza di fonti di ignizione ( sigarette, fuochi liberi, telefonini sono
proibiti)
- meglio evitare le pensiline o tetti sugli erogatori oppure essi devono essere
disegnati in modo che il gas rilasciato non si accumuli
- messa a terra equipotenziale del veicolo , del tubo dell’ erogatore e dell’
operatore.
Layout-Distanze di sicurezza- Limitazioni di area- muri antifuoco/ protezioni.
La pressione è una sfida importante in relazione alla localizzazione in aree
densamente abitate, dove è impossibile ottenere grandi distanze di sicurezza.
La collocazione in tali aree quindi comporta stretti requisiti di qualità, ispezione e
protezione delle stazioni di rifornimento contro gli accidenti che possano produrre
perdite.
Si deve prendere in considerazione anche il sabotaggio.
I muri o recinti intorno alle unità possono ridurre le distanze di sicurezza , se essi
sono ideati affinché la concentrazione infiammabile non fuoriesca da queste
protezioni.
Nel progettare tali protezioni si dovrebbero prendere in considerazione i seguenti
parametri:
-Modello di flusso, effetti dello scarico,aumento della probabilità di accumulo
del gas
-Maggiore probabilità di esplosione o maggiore onda d’ urto esplosiva in caso
di ignizione dovuta all’ incremento del confinamento
-Probabilità di detriti volanti in caso di esplosione
-Ante delle finestre a prova di schegge.
Conclusioni
Anche se sono stati individuati tutti gli scenari rappresentativi di pericolo in ogni
tipo di stazione di rifornimento, questi scenari devono comunque essere analizzati
più nel dettaglio per ottenere accurate stime del rischio attuale.
Il concetto base è che la perdita di idrogeno in alta pressione, comporta aumento
delle distanze di sicurezza e che le fughe di idrogeno in aree confinate comportano il
rischio di esplosioni.
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Le misure di riduzione dei rischi devono essere prese in considerazione nello
sviluppo degli Standards . Occorre sviluppare ancora l’esperienza e la ricerca in
materia.
Rif. Sandra Nilsen, Norsk Hydro ASA, Gerd P. Haugom,Company DNV , Harald
Rikheim,The Research Council of Norway.
Normativa italiana
L’ idrogeno può avere diversi campi di applicazioni come:
-refrigerante
-reagente
-riducente
-combustibile o vettore energetico
In Italia ancora non esiste una normativa specifica dedicata alle applicazioni dell’
idrogeno come vettore energetico.
I possibili documenti di riferimento possono essere:
-ISO 14687: Hydrogen Fuel- Product specification
-CGA G-5 : Hydrogen
-CGA G-5.3 : Commodity Specification for Hydrogen
-CGA P-6 : Standard Density Data , Atmospheric Gases and Hydrogen
La diffusione dell’ idrogeno come vettore energetico impone il problema della
sicurezza, nell’ impiego da parte di una utenza non addestrata. In campo civile il
livello della sicurezza ed affidabilità dei componenti deve essere incrementato
rispetto al settore industriale.
Lo sviluppo di codici e di standard per l’ uso sicuro dell’ idrogeno rappresenta un
aspetto essenziale per favorirne la diffusione .
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I codici e gli standard possono facilitare la progettazione e la realizzazione delle
applicazioni e migliorare la loro accettabilità agli occhi degli utilizzatori.
Trasporto e distribuzione
-su strada : regolamento ADR ( direttiva 94/55/CE e 2003/28/CE)
-via ferrovia: regolamento RID ( direttiva 96/49/CE e 2003/29/CE)
-direttiva 1999/36/CE- D. Lgs.23/2002 e D.M. 12/08/02 (TPED)
-via mare : IMDG Code – D.M. 2 Ottobre 1995 ( G.U. 235 , 07/10/95)
Trasporto e distribuzione : le tubazioni.
In Italia non esistono specifiche per la distribuzione dell’ Idrogeno mediante
canalizzazioni. Il riferimento è costituito dal D.M. 24/11/84 relativo al trasporto,
distribuzione, accumulo ed utilizzazione del gas naturale con densità non superiore a
0,8.
Occorrono le seguenti precauzioni:
-oculata scelta del materiale
-sistemi di sfiato
-rilevatori di fughe
-dispositivi per prevenire eventuali cause di innesco.
Trasporto e distribuzione: la stazione di rifornimento
E’ al lavoro un Comitato Tecnico per la stesura di un documento contenente le
disposizioni di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio
degli impianti di distribuzione di idrogeno gassoso per autotrazione.
Il lavoro si ispira al Decreto per la prevenzione incendi di un impianto di
distribuzione stradale del gas naturale per autotrazione, DM 24 Maggio 2002
rettificato con Decreto 28 Giugno 2002.
Questo Decreto Ministeriale modifica le disposizioni ,già emanate per la
distribuzione del Gas Naturale per autotrazione , nella Parte Terza del più amplio
D.M. 24 Novembre 1984.
Vengono analizzati i criteri generali di sicurezza e vengono messe in evidenza le
misure tipiche di prevenzione e protezione antincendio.
L’ attenzione è concentrata sulle modalità costruttive prescritte per conferire ad uno
specifico elemento un’ assegnata caratteristica di sicurezza e specificarne le relative
distanze di sicurezza.
I componenti sono quelli tipici di una stazione di rifornimento di gas naturale.
La stazione non è solo deposito ma anche “ impianto di produzione”.
Le tipologie di impianto sono 4 ma gli elementi costitutivi sono suddivisi in 2 gruppi :
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-alimentazione da condotta o da impianto di produzione in sito
-carro bombolaio.
L’ elemento nuovo è l’ impianto di produzione in sito.
Possiamo evidenziare che la proposta “Regola Tecnica per la Progettazione ,
Costruzione ed Esercizio degli Impianti di distribuzione di Idrogeno per
Autotrazione” , prevederà anche i piccoli impianti alimentati da Idrogeno prodotto
in sito , di capacità inferiore a 50 Nmc/hr, ( se saranno senza accumulo di Idrogeno
non avranno obbligo di Certificato Prevenzione incendi).
Tali impianti sono destinati ai rifornimenti di singoli veicoli privati o di piccole
flotte aziendali.
Per gli impianti la cui produzione ( essenzialmente elettrolitica) è inferiore a 20
Nmc/hr verrà anche accettata l’ unicità del modulo contenente tutti gli elementi
costituenti l’ impianto( generatore , purificatore, compressore, sistema di sicurezza),
purché localizzato all’ aperto o in locali ben ventilati
Le distanze di Protezione e di Sicurezza Interne ed Esterne saranno ridotte rispetto
agli impianti maggiori e multifuels. Infine questi piccoli impianti elettrolitici
potranno essere collocati anche nelle Aree Urbane residenziali.
Per gli impianti ad uso pubblico e con una produzione in sito superiore a 50 Nmc/
hr, sono state proposte Distanze di Protezione, di Sicurezza Interna ed Esterna
mutuate da quelle del Gas Naturale del DM 24 Maggio 2002 , per un coefficiente
moltiplicatore di 1,5.
Tali distanze saranno però ridotte, al pari di quelle del Metano , a seguito della
istallazione di sensori e rilevatori di fughe che portino al blocco dei sistemi in caso
di pericolo.
Inoltre verrebbero previsti elementi di sicurezza, esclusivamente di 1° grado, per i
recipienti di accumulo di idrogeno.
In definitiva ci sarà un ampliamento delle aree necessarie ad un impianto misto
idrogeno- metano –gpl- fuels tradizionali ,con servizi alle persone, ad uso pubblico.
Vi sarà inoltre l’ impedimento alla localizzazione urbana, in aree classificate “Zona
A” nel PRG, con densità media di edificazione superiore a 1,5 m3 /m 2( per il metano
3,0 m 3/ m 2 ) nel raggio di 200 metri dal sito individuato per l’ impianto, cioè proprio
ove è prevedibile e necessario l’ impiego di veicoli alimentati ad idrogeno.
Non sono ancora disponibili le prescrizioni e le distanze di sicurezza relative ai
dispositivi di distribuzione automatica ma presumibilmente saranno quelle stesse del
metano..
E’ importante accennare a quanto avviene negli Stati Uniti ed in campo Europeo a
riguardo della Normativa Tecnica dell’ idrogeno:
Stati Uniti
Negli USA i regolamenti Federali che si applicano all’ Idrogeno sono contenuti
principalmente nei documenti 49CFR del 1995 e 29 CFR del 1996 che vengono
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citati per brevità come DOT ( Departement of Trasportation) e OSHA ( Occupational
Safety and Health Administration).
DOT si occupa del trasporto dell’ idrogeno in quanto sostanza altamente
infiammabile , mentre OSHA si applica alla manipolazione sicura dell’ idrogeno sul
posto di lavoro.
Non esistono invece Standards specifici per quanto riguarda i sistemi per il
rifornimento di idrogeno per autotrazione.
I documenti principali che vengono applicati a tali sistemi ( Vedi quanto citato nel
paragrafo della Norsk Hydro per l’ impianto di Reykjavik a pag
) sono :
-NFPA 50 A Standard for Gaseous Hydrogen Systems at Consumer Site- ed 1999.
-NFPA 50 B Standard for Liquefied Hydrogen Systems at Consumer Site- ed 1999.
Questi Standards stabiliscono i requisiti per la progettazione dei sistemi di idrogeno,
per l’ ubicazione delle aree di stoccaggio, per l’ esercizio e la manutenzione, per la
protezione antincendio, per la sicurezza.
Sono tuttavia Standards rivolti essenzialmente allo stoccaggio ed accumulo di
idrogeno ed escludono sia il veicolo del rifornimento sia le tubazioni di
distribuzione; i sistemi presi in considerazione sono infatti i recipienti tra il punto di
attacco per il riempimento dell’ impianto ed il punto di ingresso dell’ idrogeno nella
tubazione di distribuzione.
Sia NFPA 50 A ed. 1994 che NFPA 50 B ed 1994 sono stati incorporati nello
Standard OSHA 29CFR 1910.103 con il titolo “ Hydrogen”.
Dato il limite applicativo dei Documenti NFPA sull’ idrogeno , anche negli USA si fa
riferimento al Gas Naturale ed al documento NFPA 52 –Compressed Natural Gas
Vehicular Fuel Systems Code ed 2002.
Per le tubazioni di idrogeno in pressione uno standard specifico è contenuto in CGA
G-5.4 che fa parte di una serie di di pubblicazioni della CGA ( Compressed Gas
Association) sul trasporto, manipolazione e lo stoccaggio dei liquidi criogenici , gas
compressi e prodotti annessi.
Europa
L’ organizzazione europea EIGA ( European Industrial Gases Association)
comprende la maggioranza delle aziende ( anche non europee) che producono e
distribuiscono gas tecnici.
L’ EIGA è in costante contatto con le Organizzazioni ed Autorità di
regolamentazione e di standardizzazione internazionali ed ha pubblicato un' amplia
letteratura tecnica nella quale sono compresi tre documenti relativi alla gestione
dell’ idrogeno:
-IGC Doc 15/96 , Gaseous Hydrogen Stations ed 2002- che ha come oggetto le
istallazioni di compressione, purificazione, rifornimento dell’ idrogeno gassoso nel
sito del cliente.
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-DOC 06/02 , Safety in Storage, Handling and Distribution of Liquid Hydrogen
(2002).
-IGC Doc 100/ 03 , Hydrogen Cylinders and transport vessels ( 2003).
Questi documenti sono solo delle norme di buona tecnica e si fondano sulle pratiche
industriali e sull’ esperienze delle Aziende industriali, quindi ribadiscono il rispetto
delle normative nazionali in materia dei sistemi via via analizzati.
IGC Doc 15/96 è utile principalmente per informazioni sui sistemi di manipolazione
dell’ idrogeno e può pertanto costituire un buon riferimento per un documento e le
norme operative ( europeo o nazionale) di una stazione di rifornimento di idrogeno
gassoso.
In Europa nell’ ambito del Progetto Integrato Europeo dell’ Idrogeno – EIHP2 - è
stato pubblicato il WP2, Working Progress 2, dal gruppo che si occupa delle
stazioni di rifornimento dell’ idrogeno. Di questo gruppo fanno parte :
Air Liquide-Air Products-BP –DNV – Linde – Norsk Hydro – Shell Hydrogen –
Vandenborre Hydrogen Systems.
Questo documento prende a base il documento EIGA – IGC 15/96/E ed ha come
scopo di raggruppare i contenuti tecnici per le stazioni di rifornimento di idrogeno
gassoso nonché essere la base di preparazione di un documento di standardizzazione
europea ISO.
La terza revisione del documento è stata pubblicata il 22 Gennaio 2004 sul sito
EIHP2 per le osservazioni pubbliche. In essa vengono ripresi i seguenti Codici e
Standards:
EIGA Document IGC 15/96/E- Gaseous Hydrogen Installations,
NFPA 50 A – Standard for Gaseous Hydrogen Systems at Customer Sites ed 1999,
German TRG 406 regulatios: Refuelling stations for Pressurised Gases (Include
CGH2),
ISO/PDTR 15916 – Basic consideratios for safety of Hydrogen systems.
Citiamo infine altri esistenti e collaterali riferimenti normativi europei:
- Direttiva 98/37/CE
-DPR 459/96 ( Direttiva Macchine)
“ 94/9/CE -DPR 126/98 (ATEX)
“ 97/23/CE -D.Lgs. 93/2000 (PED)
« 1999/36/CE-D.Lgs. 23/2002 e D.M. 12/08/02 ( TPED)
« 73/23/CE -Legge 791/77 e D.Lgs 626/96 e 277/97 ( Direttiva Bassa
Tensione)
“ 89/336/CEE-D.Lgs: 615/96 ( Direttiva Compatibilità Elettromagnetica)
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RIF.
Ing. Nicola Grasso-Ing. Alessia Marangon - Dipartimento Ingegneria
Meccanica,Nucleare e della produzione
Università di Pisa.
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