Il Pil è morto, abbasso il Pil. Rifacciamo i conti

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Il Pil è morto, abbasso il Pil. Rifacciamo i conti
Il Pil è morto, abbasso il Pil.
Rifacciamo i conti
Il Pil è morto, abbasso il Pil. Rifacciamo i conti
Elisabetta Segre
Da Sarkozy al Sole 24 Ore: la revisione degli indicatori economici sfonda il muro dell'ortodossia.
Ma non tutte le misure alternative sono davvero alternative
Sono ormai molti anni che numerosi economisti, scienziati sociali ed ambientalisti si sgolano per
portare all’attenzione della disciplina economica, dell’opinione pubblica e dei
policy makers la necessità di distinguere, sia nella misurazione che nel design delle politiche, tra
performance economica, benessere economico e benessere in senso generale. Sono decine,
forse centinaia, gli esempi di classifiche, indici sintetici, set di indicatori, realizzate da ricercatori
pubblici e privati, universitari e della società civile, in cerca di una misura per benessere, felicità,
sostenibilità ambientale, qualità della vita… esperimenti che si muovono all’interno di un dibattito
affatto concluso sia sui metodi che sui significati.
L’accademia che conta, ovvero quella che in questi anni non ha lesinato consigli su
liberalizzazioni, flessibilità e politiche restrittive, ha sempre intimamente snobbato questi tentativi
mentre la politica semplicemente li ignorava. In questi ultimi anni però le cose sono cambiate: per
primo inizia l’Ocse di Giovannini (ora presidente Istat) che nel 2006 lancia il Global Project on
Measuring the Progress of Societies, nel 2007 la Commissione Europea e il Parlamento Europeo
organizzano una grande conferenza a Bruxelles, Beyond GDP, ed infine nel 2008 Sarkozy
incarica due premi Nobel Stiglitz e Sen di curare un rapporto proprio sulle misure di performance
economica e progresso sociale. I risultati politici non si fanno attendere: ultimo fra molti, poche
settimane fa in una comunicazione la Commissione Europea ha adottato una roadmap in cui si
impegna ad orientare le proprio politiche in virtù di un set di indicatori più ampio.
Se da un lato il lavoro dell’Ocse consiste in un interessante e dinamico work in progress che
coinvolge moltissimi protagonisti del dibattito a livello intercontinentale, quello della commissione
Stiglitz consiste piuttosto in un riassunto delle puntate precedenti ragionato e culturalmente
avanzato: un esercizio di sistematizzazione del sapere indubbiamente utile, in particolare per chi
non era avvezzo ad un certo tipo di linguaggio. Tuttavia il rapporto formula delle
raccomandazioni, rivolte sia a chi si vede impegnato nella proposta di nuovi indicatori sia a chi
abbia come compito la realizzazione delle politiche, che mantengono un’impostazione
decisamente economista. Niente di male se non fosse che questa caratteristica si tramuta in
debolezza nell’affrontare la complicata relazione benessere/ambiente. Ad ogni modo, nel
rapporto vengono individuate 8 dimensioni molto articolate al loro interno che, secondo gli autori,
devono essere prese in considerazione quando si voglia misurare il benessere.
E' probabile che in molti seguiranno queste prestigiose raccomandazioni. Un primo esempio in
Italia è certamente il nuovo indicatore prodotto dal
Sole24Ore per le province italiane: il BIL - Benessere Interno Lordo- nasce aggregando 8
indicatori ciascuno rappresentativo delle 8 dimensioni di cui sopra.
C’è da dire che in questi anni molti erano arrivati a conclusioni simili a quelle della commissione
seguendo strade diverse spesso meno sistematiche e decisamente più empiriche. Una un po’
fuori dal coro l’ha
cheseguita
negli ultimi
la campagna
6 anni ha Sbilanciamoci!
prodotto un
indicatore sintetico di sviluppo per le regioni italiane (QUARS) proprio a partire dall’aggregazione
di dimensioni (7, articolate in 42 indicatori) molto simili a quelle sopraccitate, individuate
attraverso un processo di consultazione della società civile coinvolta nella campagna (il rapporto
Documento esportato da www.sbilanciamoci.info
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2009 verrà presentato il 3 ottobre al Salone dell’Editoria Sociale, spazio ex-GIL Roma).
La metodologia di aggregazione statistica dei dati di QUARS e BIL è identica, e nemmeno le
classifiche differiscono molto: le regioni (per il BIL le province, ma poco cambia) centrali vengono
premiate a scapito delle più ricche regioni del nord, mentre le regioni del sud occupano gli ultimi
posti di entrambe le classifiche. Tralasciando il fatto che questo risultato delude i molti che si
aspettano che invertendo la logica del PIL vengano premiati il sole, l’ottima cucina, la bassa
industrializzazione e le relazioni sociali del sud, uno si può domandare: che cosa c’è di diverso
tra questi due lavori? Ed è qui che arriviamo al punto. Il BIL sembra piuttosto un esercizio di stile
che rimane sulla superficie considerata la complessità del fenomeno che vuole misurare. É un
disegno appena abbozzato che non permette di
zoomare all’interno di ciascuna dimensione di per sé altrettanto complessa e interessante. La
dimensione sicurezza per esempio: mentre nel rapporto Stiglitz si parla di sicurezza in termini di
vulnerabilità, ovvero di esposizione a rischi o a shock improvvisi che possono essere la perdita
del lavoro, della salute piuttosto che rischi di natura fisica come terremoti e alluvioni, per i
ricercatori del
Sole24Ore la sicurezza ha un solo volto: quello della criminalità. Così la dimensione salute si
riduce al tasso di mortalità infantile (tra l’altro quello italiano è uno dei più bassi al mondo), le
relazioni sociali alla spesa per andare al cinema o a teatro e la dimensione ambiente è
identificata con le emissioni di CO2. Le pari opportunità non vengono neppure prese in
considerazione. Lungi dal voler affermare il lavoro della Campagna Sbilanciamoci! come
ultimativo ed esaustivo, il set di 42 indicatori che descrivono 7 dimensioni messi in campo nella
costruzione del QUARS forse permette di andare ad analizzare un po’ più a fondo i fenomeni
per cercare delle soluzioni di policy più coerenti: non c’è dubbio che ridurre le emissioni di CO2
sia una priorità ma siamo sicuri che basti a migliorare l’ambiente? o forse bisogna parlare anche
di inquinamento acustico, delle acque o di sfruttamento insostenibile delle risorse? Ovviamente la
mortalità infantile è un dato da monitorare, ma forse all’amministratore di un paese avanzato
interessa capire quali possano essere altre cause di mortalità evitabile, come tumori o violenze, o
l’accessibilità dei servizi sanitari. E si potrebbe estendere il ragionamento a tutte le dimensioni
tirate in causa, tanto che viene da chiedersi perché il Sole abbia abbandonato il vecchio lavoro
sulla qualità della vita basato su un set di informazioni molto più ricco.
Sentire il Sole24Ore o Sarkozy che parlano della necessità di superare il PIL è un po’ come
sentire Fini parlar bene della finanza etica, la Merkel della Tobin tax o ancora Tremonti di tassare
gli extraprofitti delle imprese energetiche. Certamente sarebbe sbagliato non cogliere con
soddisfazione il successo politico che stanno ricevando quelle che per anni sono stati i cavalli di
battaglia di molti movimenti. Ma non sarà forse che i liberisti conservatori ci stanno solo
dimostrando come è facile predicare bene per poter continuare a razzolare male ed indisturbati?
Sì
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