Prove tecniche per la Casa Bianca

Transcript

Prove tecniche per la Casa Bianca
4
ILMONDO
Il tifone Haiyan provoca 1200 vittime
Il satellite Goce in caduta sulla Terra
È un bilancio drammatico quello del tifone “Haiyan” che ha
colpito le Filippine. Secondo le stime della Croce Rossa
sarebbero oltre 1200 i morti, ma si tratterebbe di un
numero destinato a salire. Il ciclone, tra i più potenti della
storia, con onde alte sei metri. Ha distrutto centinaia di case
e provocato frane. Sarebbero oltre 900mila le famiglie
colpite dal disastro, ben 4 milioni di persone in tutto.
Il satellite “Goce” sta cadendo sulla Terra e si disintegrerà a
contatto con l’atmosfera. Frammenti del velivolo potrebbero
precipitare in Italia tra le 19 di oggi, domenica, e le 8 di
domani mattina. Le potenziali zone a rischio saranno quelle
del Centro-Nord Italia, comprese Piemonte e Lombardia, e
la Sardegna. La protezione civile italiana ha invitato gli
abitanti delle aree a rischio a restare in casa.
L’analisi
IL CAFFÈ 10 novembre 2013
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
LA CORSA
ALLA PRESIDENZA
Turisti scattano
foto davanti alla
Casa Bianca,
l’America sarà
chiamata alle
urne tra due anni
per le elezioni
presidenziali
Reuters
La politica espansiva
degli Emirati Arabi
muove verso l’Italia
Prove tecniche per la Casa Bianca
Il voto in Virginia e New Jersey lancia la volata a Hillary Clinton
ALESSANDRA BALDINI
da New York
Prove per la Casa Bianca 2016 alle
ultime elezioni americane. Da un
lato Chris Christie, il repubblicano
moderato con malcelate ambizioni presidenziali, rieletto martedì
governatore del New Jersey , dall’altro nella repubblicana Virginia
l’elezione del democratico Terry
MacAuliffe, “avatar” di Hillary
Clinton per esser stato un grande
alleato di lei e del marito Bill, fin da
quando l’ex prima coppia arrivò a
Washington dall’Arkansas nel
1992.
Erano elezioni “minori” quelle del
5 novembre, strizzate tra il voto
2012 che ha riconfermato Barack
Obama e il difficile midterm del
2014, ma hanno rivelato trend interessanti di un’America in cambiamento.
Per Christie il New Jersey è solo un
trampolino di lancio, a dispetto
delle affermazioni dell’interessato:
“L’attenzione mi lusinga, ma per
ora ho un lavoro da fare”, si è schermito il governatore su cui, a un
anno esatto dalla sconfitta di Mitt
Romney, il partito sfrattato dalla
Casa Bianca conta per ottenere la
sospirata rivincita. Il New Jersey è
uno Stato tradizionalmente democratico, tra i più “blu” degli Stati
Uniti: Christie ha vinto aprendo le
braccia a molti gruppi esterni alla
base tradizionale del Gop, il grande vecchio partito, conquistando il
57 per cento delle donne e la maggioranza degli ispanici, il 47 per
cento dei cattolici, il 20 per cento
dei neri e 3 democratici su 10. Il
tutto grazie a una politica del compromesso trasversale che lo ha
portato un anno fa sulle spiagge
devastate dall’uragano Sandy al
fianco di Obama: un lungo abbrac-
LA FAVORITA
Hillary Clinton,
favorita per la
successone
a Obama
cio fraterno, un “bromance” venne
definito allora, che offrì al presidente in corsa per la riconferma
una preziosa “photo opportunity”.
Christie all’epoca fu trattato dai
compagni di partito come un “giuda” e poco importa che a un anno
di distanza la sua sfidante fosse
una “signora nessuno”, Barbara
Buono, con un quarto del suo budget, e nessun aiuto politico dai vertici del partito: il successo dell’incumbent è stato salutato come la
grande storia politica del voto di
martedì.
Christie, ma anche de Blasio. Nulla
è più monolitico nel Paese che ha
mandato a City Hall, al posto del
miliardario Michael Bloomberg,
un liberal fino al midollo come
l’italo-americano Bill e la sua “modern family” che tanto assomiglia
a quella dell’omonimo show della
Abc: moglie Charline, nera e ex lesbica, e i figli birazziali Chiara e
Dante dalla vistosa chioma afro.
Ma il 2016 è lontano (790 giorni) e
molto da qui ad allora può cambiare. Se si votasse oggi, tra Hillary e
Christie vincerebbe Hillary 50 a 43
secondo l’ultimo sondaggio
NbcNews. Programmi elettorali vicini, da un lato le rughe di lei, dal-
l’altro la ciccia di lui, ma “gli elettori
vogliono un approccio bipartisan
non scontri a muso duro”, ha commentato McAuliffe dopo la “sua”
vittoria. Il nuovo governatore democratico della Virginia, che dal
1973 era repubblicana, è un clintoniano doc. Il 5 novembre ha vinto
di un soffio sul rivale Ken Cuccinelli, ultrà conservatore sostenuto
dagli integralisti anti-tasse.
Le corse in Virginia e New Jersey
sono differenti e gli osservatori
hanno messo in guardia dal trarne
troppi presagi. Detto ciò è stato un
momento simbolico dai segnali
convergenti: un repubblicano centrista e pragmatico trionfa nello
Stato “blu”, i democratici si conquistano la Virginia che sfugge alla
morsa del Tea Party. Gioca l’effetto
shutdown, l’intransigenza dei duri
e puri alla Ted Cruz che avevano
sostenuto la corsa di Cuccinelli,
ma è un po’ come se il baricenttro
politico degli Usa nella notte del 5
novembre si sia spostato a sinistra.
Uno scivolamento che promette
bene sia per Hillary che per Christie, ma non per altri papabili dell’ala destra repubblicana come
Marc Rubio, lo stesso Cruz, Rand
Paul e Paul Ryan.
Se si guarda la carta geografica è facile constatare che quella striscia di terra che quasi rinchiude il Golfo Persico, controllandone gli accessi marittimi, e che si chiama Emirati Arabi
Uniti (sono 7, in realtà, per meno di 8 milioni
di abitanti, con il sesto più alto reddito pro-capite al mondo), si ritrova al centro geografico e
politico del problema fondamentale della realtà contemporanea. Ovvero il dilemma sulle
tendenze del futuro del mondo: il suo motore
si andrà a collocare tra Asia e Africa. E sarà,
per ora, più veloce nella prima che non nella
seconda. La cerniera tra queste due aree si
colloca proprio sull’asse del Golfo Persico. Dagli Emirati ci si può guardare intorno, e cogliere le dinamiche in atto. Una quantità di linee
di frattura o di tensione si incrociano in quella
parte del pianeta. Le loro traiettorie attraversano il Golfo Persico e gli Emirati. Con le loro
ricchezze naturali, sono oggi in grado di influire su qualsiasi politica, spostandosi da
una parte o dall’altra. E sono totalmente esenti da ogni appesantimento ideologico, appartenendo
per di più alla versione sunnita,
dominante, dell’Islam.
Le linee di frattura vedono l’Arabia
Saudita contro l’Iran, che sta riavvicinandosi agli Stati Uniti mentre
Riyad vuole allontanarsene per il disaccordo
rispetto alla questione siriana. Ma mentre gli
Usa accolgono con gioia la novità iraniana, gli
israeliani minacciano di sabotare le trattative
sulla Palestina, come rappresaglia contro quella che appare loro l’ingenua cecità americana
che non coglie le intenzioni ingannevoli dell’Iran. E poi c’è la Russia, che si schiera dalla
parte di Assad, in Siria, e dissente fortemente
dall’America che vorrebbe che Assad cadesse,
ma non può permettersi un intervento armato.
Rispetto a tutto questo intrico di lealtà che si
incrociano e si spezzano, gli Emirati fingono
di occuparsi esclusivamente di calcio e di
Formula Uno. Ma fanno sapere che Dubai
potrebbe essere interessata all’acquisto dell’Alitalia: non per impadronirsi del parco-aerei, ovviamente, o delle rotte più vantaggiose.
Ma perché la compagnia di bandiera italiana
si porterebbe dietro Roma con un hub di
grande centralità geografica. Diceva Mussolini che l’Italia era una grande portaerei naturale; forse lo pensano anche gli emiri che ne
potrebbero fare il centro logistico delle loro
politiche future.
Ċ¸ IJʼnĺƳOøĺ¸Ÿ Ċ¸ ʼnƍĒʯʯʼnĺƳĒŸ Ċ¸ ĨǍ„¸Õ
/OĺƳĒ
ūʼnĨʘ¸ƍʼnƓĒ
ǍƓ„ĒĺĒ
Ɠ¸ƳʼnƓĒ
CG/ GC _;/X__ Nj ‚ CGcc /C =\+G
-) NjýƉɊ = +/G\CGƉ
&™™†ĤĽE džEȾwE ƆĤ ƆĤĩáÖE wŎĤEÖĽ† Èġ¾ÖĽ†Ĥá ĩá­­¾áĤÖá ֆ­È¾ EÈW†Ĥ­¸¾ Ew†Ĥ†ÖĽ¾ EÈÈġ¾Ö¾Ǐ¾EĽ¾džEĐ
/Ĥ†ÖáĽEĽ† ĩŎ LJLJLJІ֭Ew¾ÖĐĩĽÏáĤ¾ĽǏĐb¸