TESTIMONIANZE. MALATI CASALESI E BADANTI MOLDAVI Figlio

Transcript

TESTIMONIANZE. MALATI CASALESI E BADANTI MOLDAVI Figlio
TESTIMONIANZE. MALATI CASALESI E BADANTI MOLDAVI
Figlio racconta: “La maledetta Sla
ha travolto tutta la mia famiglia”
SILVANA MOSSANO
CASALE MONFERRATO
«Sono il figlio di Franco che dal 2005 è malato di Sla. Anche se è mio padre a esserne affetto, ‘sta
maledetta ha colpito tutta la mia famiglia». Fabio Ferrero si sforza di tenere a bada la vibrazione
della voce, se ne avverte una traccia quasi impercettibile. Davanti a duecento persone, presenti al
convegno sulla Sclerosi laterale amiotrofica, promosso dai reparti di Cure Palliative e Neurologia
del S. Spirito di Casale, e dall'associazione Vitas, si concentra su quel che ha da dire cercando di
dominare l’emozione. Che è tanta. L’aveva travolto al momento della diagnosi. I medici sono
consapevoli che l’annuncio di quel verdetto equivale alla soglia di un baratro. Così è stato per
Franco e la sua famiglia. «Mi ha strappato un pezzo di cuore - racconta Fabio - vedere mio padre,
un uomo forte che era stato sempre il mio punto di riferimento, con gli occhi pieni di lacrime». Ma
la Sla - tra 120 e 140 casi all’anno in Piemonte, con attesa media di vita sui 4 anni, anche se si
registrano casi di sopravvivenza ben più lunghi fino a 30 - costringe a rivoluzionare più esistenze:
scompiglia abitudini, convincimenti, persino i caratteri. «Mia madre è diventata una roccia». Si
impara a costruire una barriera per arginare questo tsunami clinico e psicologico. Ma non basta,
perché, in più, «la Sla costa» in termini di assistenza e di vicinanza continua al malato. La famiglia,
gli amici, i volontari di Vitas, i medici (in assetto multidisciplinare, «perché la Sla non è guaribile,
ma si possono curare i vari sintomi») diventano la rete imprescindibile. Anzi, una rete che dà senso
alla vita. «Che vita vorrei?» si domandava Nadia quando era in Moldavia ed elencava mentalmente
«una bella macchina, una grande casa, molti vestiti». Arrivata in Italia è diventata la badante di
Daniela, casalese malata di Sla. «Un giorno, ho avvicinato alla finestra il letto su cui la Dani era
immobile perché vedesse fuori quanto erano belli i fiori. Lei, però, guardava verso l’alto, io non
capivo; dopo un po’, con lo sguardo mi ha ringraziato perché le avevo permesso di ammirare le
nuvole». Costantino, il marito di Nadia, pure lui moldavo, da 8 mesi è il badante di Franco. «Ho
scoperto la Sla stando vicino a Franco. All’inizio lui pronunciava qualche parola che io non capivo
e allora la cercavo nel dizionario. Ora ci intendiamo benissimo solo con lo sguardo. A volte faccio
delle battute e lui ride forte che “fermati, Franco - gli dico - altrimenti il respiratore esplode”.
Stando con lui ho imparato molto». Anche a dare una risposta a quella domanda, semplice e
fondamentale. «Quando, ora, mi chiedo che vita vorrei - dice Nadia - so che poter parlare, deglutire
la saliva, respirare senza macchine, muoversi, riuscire a guardare le nuvole sono le gioie della
vita».