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NASCITA DEI SISTEMI PLANETARI
I CORPI DEI SISTEMI PLANETARI
LA FASCIA DI ABITABILITA’ NEI SISTEMI PLANETARI
ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
DAL DISCO PROTOPLANETARIO AI PLANETESIMI
DAI PROTOPIANETI AI PIANETI GASSOSI E
ROCCIOSI
LA MIGRAZIONE DEI PIANETI
CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Un
è
una regione dello spazio
occupata da una stella e dagli
astri (soprattutto pianeti) che
gravitano intorno ad essa e
nella quale la stella stessa
esercita
una
attrazione
gravitazionale predominante
rispetto a quella delle altre
stelle.
In prima approssimazione i
sistemi
planetari
sono
composti da una o più stelle,
pianeti e corpi minori.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – NASCITA DEI SISTEMI PLANETARI
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CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Immanuel Kant
Pierre
Laplace
de
Il primo ad intuire che i sistemi planetari
derivino da u gioco gravitazionale fu
Immanuel Kant nel 1755, teoria avallata
dopo 40 anni da Pierre de Laplace che la
dimostrò anche scientificamente insieme a
Lagrange.
La teoria di Laplace non riusciva a
giustificare la grande disparità di
distribuzione del momento angolare
esistente tra il Sole e i pianeti, con questi
ultimi che ne detengono circa il 99%. Fu
così messa da parte, per poi essere ripresa
e affinata fino al modello di Viktor
Safronov, chiamato Solar Nebular Disk
Model (SNDM), e poi a quello di George
Wetherill sull’accrescimento galoppante.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – NASCITA DEI SISTEMI PLANETARI
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Senza scendere in dettagli, la conservazione del momento angolare è un fenomeno che
possiamo sperimentare facilmente ipotizzando una pattinatrice su ghiaccio che effettua
una piroetta: se la pattinatrice allarga le braccia aumenta la propria superficie in rotazione
e la velocità di rotazione diminuisce, mentre se porta le braccia adese al corpo la sua
velocità aumenta di nuovo perché diminuisce la superficie in rotazione.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – NASCITA DEI SISTEMI PLANETARI
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Offset (anni)
Evento
0
Stella in sequenza principale
500,000
Planetesimi e protopianeti
1,000,000
Formazione del primo gigante gassoso
2,000,000
Migrazione del primo gigante gassoso
10,000,000
Formazione degli altri giganti gassosi e migrazione
20,000,000
Formazione dei pianeti rocciosi
100,000,000
Riorganizzazione delle orbite planetarie
1,000,000,000
Sistema planetario stabile
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – NASCITA DEI SISTEMI PLANETARI
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Abbiamo visto già nella sesta
serata come nasce una stella:
una nebulosa estesa, per ragioni
prevalentemente
di
disturbo
esterno unite a valori di massa e
concentrazione in linea o quasi con
la Legge di Jeans, inizia a collassare
in
più
punti
chiamati
PROTOSTELLE.
Nebulosa
Carena
della
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Da questa protostella, il resto è un
gioco di masse: se la massa che
collassa è abbastanza da accendere
una fusione nucleare dell’idrogeno,
allora nasce una nuova stella.
Ma tutto il materiale che
spiraleggia intorno alla protostella
va a formare la stella?
Albireo (beta Cigni)
Rispetto allo schema di partenza,
siamo al tempo zero.
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Disco circumstellare intorno a una stella giovane in
M42
La protostella ha NECESSITA’ di
disperdere il momento angolare in
eccesso nel momento in cui si
comprime, quindi deve per forza
esserci, fin dalle prime fasi, un disco
di materia che gira intorno alla
protostella, in grado di tenerne una
quantità non indifferente: si tratta
del DISCO CIRCUMSTELLARE.
Il disco deriva dalla forza centrifuga
impressa
dall’aumento
della
velocità di rotazione della stella in
contrazione.
Visto che questo disco sta ancora
acquisendo materiale, si parla di
DISCO DI ACCRESCIMENTO.
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Rappresentazione artistica dell’effetto del vento
stellare
Nel momento in cui la stella si
forma, i suoi venti stellari iniziano a
soffiare ad una velocità ed intensità
tale che il disco circumstellare cessa
di crescere per acquisizione di
materia in collasso (termina la
«fase» di disco di accrescimento) e
perde gran parte del materiale della
zona più interna, più facilmente
raggiunto dal vento stellare.
I dischi che restano raggiungono
spesso diametri di 1000 U.A. e
temperature che variano tra 100 K
nelle zone più esterne a circa 1000
K nelle zone più interne.
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Disco protoplanetario intorno a Beta Pictoris
Quando la stella inizia la fase T-Tauri, il disco si
raffredda e si schiaccia dando vita ai primi
addensamenti di materiali nelle zone più
interne, con granuli del diametro massimo di 1
micron. Questi addensamenti fanno si che abbia
inizio il DISCO PROTOPLANETARIO.
La turbolenza del interna al disco comporta un
rimescolamento di materiale dall’esterno che
fonde i granuli interni con quelli esterni, più
ricchi di sostanze organiche, e spezza il disco in
più «sottodischi» in grado di poter collassare.
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Laddove il disco circumstellare superi (a quanto
sembra) le 0,3 masse solari, i grumi riescono ad
addensarsi ma molti restano estranei alla
formazione dei pianeti maggiori, dando vita a
corpi più piccoli che battezzeremo, in seguito,
asteroidi e comete.
Nel caso in cui la massa non riesca a dar vita a
corpi consistenti, la radiazione stellare o altri
fenomeni di fotoevaporazione spazzano via le
polveri lasciando intorno alla stella soltanto
detriti, o addirittura nulla.
Dettaglio
Carena
della
nebulosa
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I grani maggiori di un millimetro
sono più veloci del gas, che quindi
li frena costringendoli ad un’orbita
a spirale verso il centro del disco. I
grani si riscaldano fino a un
determinato punto in cui il
ghiaccio che li riveste sublima.
Questo punto è chiamato
e segna la
separazione tra i pianeti rocciosi e
quelli di materiale volatile allo
Lungo la linea della neve, i grani vengono avvolti da particelle
di acqua e accelerano, il
stato solido.
che li rallenta nella caduta verso la stella. Il processo dà vita quindi a una sorta di
intasamento di questa zona, aumentando le possibilità di collisione tra grani che si
amalgamano raggiungendo dimensioni anche di qualche centimetro.
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I granuli continuano ad addensarsi
sempre di più dando vita a quello che un
giorno sarà un pianeta. A questo stadio,
queste aggregazioni di materiale vengono
dette
.
Un planetesimo è la «parte più piccola di
un pianeta» derivante da aggregazione
gravitazionale
di
granuli
minori.
Raggiunta la dimensione di un
chilometro, questi planetesimi hanno
iniziato ad attrarsi anche tra di loro: i più
grandi sono rimasti a scapito dei più
piccoli che sono stati inglobati oppure
espulsi verso le zone più esterne del
sistema planetario in formazione.
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: per un
periodo compreso tra 10.000 e 100.000
anni i planetesimi continuano a crescere
di dimensione con un tasso elevatissimo,
dipendente da massa e raggio. Maggiore
è un planetesimo e più rapidamente
questo cresce di dimensione.
Al termine del periodo, i corpi maggiori
hanno ormai diametri superiori ai 1.000
chilometri e il processo rallenta perché
anche questi corpi maggiori iniziano a
disturbarsi gravitazionalmente.
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: negli
strati più interni del Sistema Planetario in
formazione restano poche centinaia di
corpi grandi («oligarchi») che continuano
ad accrescersi ad un tasso dipendente
dalla massa in maniera inversa.
Questi corpi sono separati da dischi di
planetesimi, e continuano a fondersi con
questi ultimi ma capita a volte che si
fondano anche tra di loro.
Ciò che resta è un centinaio di corpi delle
dimensioni comprese tra quella della
Luna e quella di Marte.
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Si giunge così a questi corpi dominanti,
chiamati
.
Alcuni planetesimi sono riusciti a sfuggire
alle collisioni e possono essere catturati
gravitazionalmente dai corpi più grandi,
come ad esempio è accaduto alle lune di
Marte, Phobos e Deimos.
E’ chiaro che trovare e studiare questi
corpi equivale a studiare la composizione
di un sistema planetario durante le sue
prime fasi di vita.
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:
Oltre la Frost Line
:
I modelli non spiegano come si
possano acquisire 10 Masse
Terrestri a 5 UA di distanza e in
10 milioni di anni. Si tira in ballo
la migrazione dei pianeti.
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(1) Entro la Frost Line si formano granuli
di polvere rocciosa che poi danno vita a
planetesimi rocciosi.
(2) Accrescimento galoppante e crescita
oligarchica portano a protopianeti con
massa pari a circa 0,1 masse terrestri
(come Marte) che iniziano a (3)
perturbarsi vicendevolmente dando vita
a orbite caotiche e alla fase del «Merger
Stage».
(4) Da questa fase i planetesimi minori
vengono espulsi o collidono dando vita,
entro 100 milioni di anni, a pianeti
rocciosi di massa terrestre in numero da
2 a 5.
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: coinvolge i pianeti
rocciosi all’interno della Frost Line e
determina una perdita di momento angolare
a vantaggio del disco residuo, quindi i pianeti
si avvicinano alla stella madre.
: coinvolge i pianeti
gassosi, che aprono lacune nel disco in grado
di arrestare la migrazione di tipo I. Il materiale
del disco affluisce nelle lacune facendo
perdere il momento angolare e quindi
causando un avvicinamento dei pianeti e
delle lacune. Spesso i pianeti entrano nella
Frost Line, e da qui hanno origine gli «hot
Jupiter».
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Le migrazioni hanno determinato:
1. acquisizione di massa ulteriore da
parte dei pianeti maggiori durante il
passaggio vicino ad altri planetesimi
e nelle altre zone del disco;
2. espulsione dal disco di alcuni
planetesimi o protopianeti minori a
causa della fionda gravitazionale;
3. Acquisizione di satelliti da parte dei
pianeti maggiori;
4. Stabilizzazione del sistema
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PIANETI
SATELLITI
ASTEROIDI
COMETE
NANOPIANETI
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Stella/e, pianeti, corpi minori (nanopianeti, comete, asteroidi, satelliti,
meteoroidi)
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I pianeti sono corpi celesti, (1)
orbitanti attorno ad una stella
(senza esserlo essi stessi), (2) la cui
massa è sufficiente a conferirgli
una forma sferoidale e (3) la cui
fascia orbitale è priva di eventuali
corpi di dimensioni confrontabili o
superiori.
Definizione IAU 24/08/2006 che declassò Plutone da
pianeta a pianeta nano
Se orbitano intorno a stelle diverse
dal sole sono detti esopianeti.
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L’orbita totalmente diversa rispetto agli
altri otto pianeti ma soprattutto il fatto di
incrociare l’orbita di Nettuno e di avere
migliaia di altri oggetti simili a lui fece sì
che Plutone venisse declassato a pianeta
nano.
Non senza polemiche americane…
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I pianeti nani sono corpi celesti, orbitanti
intorno ad una stella e caratterizzata da
una massa sufficiente a conferir loro una
forma sferoidale ma che, a differenza dei
pianeti veri e propri, non sono stati in
grado di ripulire la propria fascia orbitale
da altri oggetti di dimensioni non
trascurabili.
I plutoidi, istituiti dalla UAI l’11 giugno
2008 e relativi al Sistema Solare, sono
i pianeti nani la cui orbita è
prevalentemente oltre l'orbita di Nettuno
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I satelliti naturali sono i corpi celesti non
stellari che orbitano intorno ad un altro
corpo celeste che non sia una stella.
Possono quindi anche essere galassie
satellite, ma non ne parliamo in questa
sede.
:
1. Cattura gravitazionale
2. Impatti più o meno grandi
Una curiosità: i satelliti mostrano molto
spesso la stessa faccia al loro pianeta di
origine a testimoniare una risonanza
orbitale maturata nel tempo. Ci sono
eccezioni
rappresentate
da
moti
totalmente caotici.
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Un asteroide è un corpo roccioso di forma
irregolare, non più grande di 1000 Km di
diametro ma che in genere non supera i
100 Km di diametro. Il limite inferiore
invece è indicato in poche decine di
metri.
1. Gli asteroidi sono ciò che rimane dalla
distruzione di un pianeta;
2. Sono pianeti mai formati: è la tesi più
accreditata e proprio per questo
studiare gli asteroidi vuol dire studiare
gli oggetti più antichi di un sistema
planetario.
1. CARBONACEI C;
2. SILICEI S;
3. METALLICI M
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Le comete sono corpi di diametro
variabile da qualche chilometro a decine
di chilometri, formati da ghiaccio, silicati e
grafite. Il ghiaccio è dovuto al fatto che
occupano,
generalmente,
fasce
lontanissime dalla stella centrale e di
conseguenza
molto fredde. Sono
composte da un nucleo, una chioma (o
coma) e da una coda apparente (o più
code).
Le comete si avvicinano, periodicamente
o meno, alla stella centrale sublimando e
Più numerosi sono i passaggi, e vicini, nei pressirilasciando
della stella
maggiore
è il ghiaccio
la efamosa
e visibile
coda. che
sublima, quindi la fine delle comete è segnata dalla disgregazione in passaggi troppo
ravvicinati alla stella oppure dall’esaurimento del ghiaccio da sublimare.
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Un meteoroide è un corpo di dimensioni più
o meno piccole, presente lungo l’orbita di un
pianeta o comunque nel suo spazio
gravitazionale. La maggior parte è formata
da schegge di asteroidi oppure da resti di
code cometarie che hanno attraversato il
piano orbitale di uno o più pianeti.
Secondo l'astronomia moderna, in pratica,
un meteoroide è un frammento roccioso o
metallico relativamente piccolo dei residui
rimasti della condensazione della nebulosa
da cui si formò il Sistema Solare.
Le dimensioni, stabilite nel 1961 dall'Unione Astronomica Internazionale, sono comprese
tra 10-9 e 107 Kg, in pratica tra un granello di sabbia ed un masso comune.
Se il meteoroide entra nell’atmosfera di un pianeta dà vita ad una meteora e, se
recuperato sulla superficie di un pianeta, ad un meteorite.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – CORPI DEI SISTEMI PLANETARI
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DOVE CERCARE LA VITA
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Un ambiente abitabile è un luogo in cui la
vita, come noi la conosciamo, può nascere e
svilupparsi.
Alcune condizioni essenziali sono:
1. Acqua e situazione superficiale;
2. Presenza di fonti di energia;
3. Protezione da radiazione ionizzante
Alcune condizioni sono dovute alla stella,
altre alle orbite planetarie, altre al sistema
planetario in sé ed altre ancora al singolo
pianeta.
Il primo elemento da tenere in considerazionie è la
, che dipende dalla
radiazione ricevuta dalla stella e da quella ritenuta dal pianeta per effetto-serra, nonché
dal calore interno del pianeta.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – LA FASCIA DI ABITABILITA’
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Conosciamo il comportamento dell'acqua in
superficie. Ora, se ipotizziamo un sistema
planetario simile al nostro, con una stella
comparabile al Sole, possiamo determinare
facilmente il range di distanza che può avere
un pianeta comparabile alla Terra per
struttura e atmosfera affinché possa
presentare acqua liquida, visto che sappiamo
calcolare la temperatura superficiale del
pianeta stesso.
L'intervallo di distanze compreso tra la distanza minima e quella massima è chiamato
(LWHZ - Liquid Water Habitable Zone). Ad influire sulle
condizioni climatiche, e quindi sulla fondamentale temperatura superficiale, concorrono
moltissimi parametri, soprattutto climatici, propri del pianeta, e propri della stella
(temperatura, dimensione, ecc).
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – LA FASCIA DI ABITABILITA’
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La
fascia
di
abitabilità
dipende,
astronomicamente, dalla stella-madre:
1. Temperatura: maggiore è la radiazione e
maggiore è la distanza della fascia (al
quadrato)
2. Dimensione: maggiore è il diametro
stellare e maggiore è la distanza della
fascia (lineare)
La linea punteggiata indica una copertura nuvolosa
dello 0% mentre quella tratteggiata indica una
copertura del 100%. Le scritte in alto rappresentano la
classe spettrale delle stelle ed il tempo di permanenza
nella sequenza principale, espresso in miliardi di anni.
Sull'asse orizzontale c'è la luminosità rispetto alla
luminosità solare, mentre sull'asse verticale c'è la
distanza rispetto alla distanza Terra-Sole.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – LA FASCIA DI ABITABILITA’
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La fascia di abitabilità dipende, astronomicamente, dal
pianeta:
1. Atmosfera: da questa dipende la pressione per il
mantenimento dell’acqua liquida e l’effetto-serra per la
temperatura.
2. Massa e raggio: servono a trattenere l’atmosfera
3. Nucleo metallico fuso in rotazione: genera un campo
magnetico che devia le particelle cariche dall’atmosfera
e le indirizza ai poli.:
4. Oceani: servono a mitigare le escursioni climatiche;
5. Ghiacci: servono a riflettere parte della radiazione.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – LA FASCIA DI ABITABILITA’
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La fascia di abitabilità dipende,
astronomicamente, dal pianeta:
1. Calore geotermico derivante
da decadimento radioattivo
2. Calore geotermico derivante
dalle forze mareali
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – LA FASCIA DI ABITABILITA’
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CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Innanzitutto la stella deve essere
stabile: se aumenta la radiazione
incidente
aumenta
la
temperatura,
quindi
l’evaporazione e l’effetto serra e il
pianeta diventa incandescente.
Se diminuisce la radiazione,
invece, aumentano ghiacci e
neve e quindi l’albedo: il pianeta
riflette più luce e si raffredda
sempre di più.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – LA FASCIA DI ABITABILITA’
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CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Anche l’orbita planetaria dovrebbe ricadere
completamente all’interno della fascia di abitabilità
al fine di sviluppare una vita evoluta superficiale,
visto che altrimenti ci sarebbero troppe variazioni
di temperatura.
Questo, secondo uno studio di settembre 2012,
sembra invece non essere necessario per la vita
sub-superficiale, che come sulla Terra potrebbe
avere natura di vita estremofila.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – LA FASCIA DI ABITABILITA’
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METODI DI SCOPERTA DEGLI
ESOPIANETI
ALCUNI SISTEMI PLANETARI
INTERESSANTI
CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Al 5 ottobre:
confermati 839 esopianeti
suddivisi in 662 sistemi
planetari
dei quali 125 sono multipli
(exoplanet.org)
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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I pianeti sono stati finora scoperti attraverso differenti tecniche, delle quali le principali
sono:
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Fino al termine del 2008
nessun pianeta extra-solare era
stato visto orbitare intorno alla sua
stella. Il primo è stato Fomalhaut b,
intorno alla giovanissima e
brillantissima stella Fomalhaut nella
costellazione del Pesce Australe.
Gli esopianeti fotografati sono ben
quattro a fine 2008: uno intorno
a Fomalhaut e tre intorno alla
stella HR8799 nella costellazione di
Pegaso. Ad oggi sono ben 31!
Immortalare pianeti intorno a una
stella di classe A, brillantissima, è
possibile solo per le grandi
dimensioni del disco.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
La presenza di un pianeta nei paraggi della
stella comporta la presenza di un campo
gravitazionale che altera il movimento della
stella stessa.
L'analisi spettrografica della stella mostrerà,
quindi, delle variazioni di effetto Doppler (o
di redshift) che consentiranno la stima della
massa del pianeta e del suo periodo
orbitale.
Effetti osservabili, però, saranno presenti soltanto in caso di pianeti giganti in orbita
stretta. Se qualcuno osservasse il Sole da fuori il Sistema Solare ed il suo
unico pianeta fosse Mercurio, di certo non si accorgerebbe di nulla. Con il metodo
delle velocità radiali nel 1995 fu scoperto il primo esopianeta, 51 Pegasi. Gli esopianeti
successivi sono stati trovati per la maggior parte con questo metodo.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Il metodo consiste nel misurare precisamente la
posizione di una stella e nell'osservare quanto
essa cambia nel tempo a causa dell'interazione
gravitazionale con un oggetto compagno. Dato
che il cambio di posizione è piccolissimo, soltanto
recentemente (giugno 2009, con pubblicazione
su The Astrophysical Journal di Luglio 2009) è
stato possibile identificare tramite astrometria un
pianeta extrasolare e per lungo tempo questo
metodo è rimasto da parte. A differenza delle
velocità radiali, in pratica, non si guarda lo spettro
ma la posizione della stella rispetto alle altre.
Il pianeta è stato scoperto in orbita intorno ad una stella nana ultrafredda, ha massa pari
a 6,4 Mj (Jupiter Mass), con periodo orbitale di 0,744 anni intorno alla stella VB10 (van
Biesbroeck 1944), vicina alla massa limite inferiore per una stella.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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Se un pianeta passa davanti ad una stella
ne oscura il disco per una frazione
temporale che è pari al quadrato del
rapporto tra i raggi dei due corpi celesti. In
pratica si osserva la curva di luce della
stella, e laddove questa sia più luminosa il
calcolo è ancora più facile. Anche stavolta,
ovviamente, i risultati migliori si hanno nei
casi di pianeti giganti in orbita stretta. Il
grande vantaggio è dato dal fatto che,
studiando l'oscuramento del disco stellare,
si riesce a capire anche il raggio del pianeta
e
l'inclinazione
dell'orbita
rispetto
Il primo pianeta ad essere stato scoperto grazie
al metodo dei transiti è stato, nel
all'eclittica.
1999, HD209458. Una informazione in più: durante il transito è possibile anche capire la
composizione chimica del pianeta visto che gli spettri si sommano.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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In determinate circostanze un pianeta di
grandi dimensioni distorcerebbe il raggio di
luce emesso da una stella (facendone
aumentare quasi impercettibilmente la
luminosità), ed in tal caso sarebbe possibile
individuare più semplicemente anche i
pianeti terrestri.
Nella nostra Galassia è stimato che un
evento del genere potrebbe verificarsi con
una probabilità di uno su un milione per
ciascuna stella, visto che occorre un
allineamento perfetto tra stella, pianeta e
In realtà di lenti gravitazionali, grazie agli Terra.
strumenti oggi utilizzabili, ne sono state
scoperte a migliaia ma non si ha la prova di una combinazione stella-pianeta, quindi ad
oggi nessun esopianeta è stato scoperto con questo metodo.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
A volte, scoperto un pianeta, è possibile
determinare la presenza di un altro pianeta
che esercita un effetto gravitazionale sul
primo.
Se conosciamo il tempo di rivoluzione del
primo, può accadere che a volte passi dopo
e a volte passi prima rispetto a quanto
preventivato, il che è dovuto alla presenza
di un altro pianeta che a volte trattiene il
primo pianeta (se si trova dietro) ed a volte
lo accelera (se si trova davanti).
In base a questi disturbi gravitazionali sono stati scoperti Nettuno, nel nostro sistema, ed
un pianeta nella Lira nel 2011, ad esempio.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
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Pianeta
Massa
Periodo
Semiasse
Maggiore
Eccentricità
Discovery
HD 114762 b
10.98
83.9151
0.353
0.3354
1989
PSR 1257 12 b
7e-05
25.262
0.19
—
1992
PSR 1257 12 c
0.013
66.5419
0.36
0.0186
1992
PSR 1257 12 d
0.012
98.2114
0.46
0.0252
1992
PSR B1620-26 b
2.5
36525.0
23.0
—
1994
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
48
CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
51 Pegasi è una nana gialla di tipo spettrale G2,5IV distante
dica 48 anni luce da noi, nella costellazione di Pegaso.
Raggio medio 1,3 raggi solari, massa 1,04 masse solari,
temperatura 5,600 K e luminosità di circa 1,30 luminosità
solari.
Il pianeta 51 Pegasi b è stato il primo esopianeta scoperto
intorno ad una stella simile al Sole, nel 1995, grazie al
metodo delle velocità radiali.
Distanza media dalla sua stella di 0,0527 UA, percorsa in
circa 4,23 giorni. La massa è di circa 0,45 masse gioviane.
Si tratta di un gioviano caldo.
In base a questi disturbi gravitazionali sono stati scoperti Nettuno, nel nostro sistema, ed
un pianeta nella Lira nel 2011, ad esempio.
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
49
CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
55 Cancri è una stella doppia di classe G8-V a 41 anni luce
da noi, nel Cancro, accompagnata da una nana rossa.
Presenta 5 pianeti gassosi, dei quali 55 Cancri f si trova in
fascia di abitabilità.
Pianeta
Massa
Periodo orbitale
Sem. Maggiore
Eccentricità
Scoperta
e
0.027 Mj
0,74 giorni
0.0156 UA
0.57
2004
b
> 0,824 ± 0,007 MJ
14,65162 ± 0,0007
giorni
0,115 UA
0,014
1996
c
> 0,169 ± 0,008 MJ
43,93 ± 0,021 giorni
0,240 UA
0,086
2002
f
> 0,144 ± 0,04 MJ
260 ± 1,1 giorni
0,781 UA
0,2
2007
d
>3,835 ± 0,08 MJ
5218 ± 230 giorni
5,77 UA
0,025
2002
SERATA n° 10 – I SISTEMI PLANETARI – ESOPIANETI E TECNICHE DI SCOPERTA
50
CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
Pianeta
Tipo
Massa
Periodo orb.
Sem.
maggiore
E
Super Terra
≥1,7 M⊕
3,14867 giorni 0,0284533 UA
B
Gig. Gassoso
≥15,65 M⊕
5,36841 giorni 0,0406163 UA
C
Super Terra
≥5,36 M⊕
12,9191 giorni 0,072993 UA
g
(tbc)
Super Terra
≥3,1 M⊕
36,562 giorni 0,14601 UA
D
Super Terra
≥5,6 M⊕
66,87 giorni
0,21847 UA
f
(tbc)
Super Terra
≥7 M⊕
433 giorni
0,758 UA
Nana rossa di classe M3 V a 20 anni
luce da noi, nella Bilancia.
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51
CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE 2012
VIA LATTEA E SISTEMA SOLARE