Generation Three - Transformers Generation 3

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Generation Three - Transformers Generation 3
Transformers
Generation Three
by mentre83
Volume XV – L'Evaso
00 - Prologo
Tre settimane fa.
Inferno aveva atteso pazientemente la sua occasione, studiando attentamente le abitudini dei suoi
nemici, la successione dei turni di guardia, la durata delle ronde.
Il carcere dove si trovava, un tempo una struttura di massima sicurezza costruita dagli Autobots,
veniva sorvegliato giorno e notte da strani droni dalla testa di forma allungata armati di fruste,
presumibilmente al servizio degli alieni che avevano occupato Cybertron.
Le notizie in quel luogo arrivavano raramente, spesso insieme a nuovi prigionieri, i quali avevano
un quadro della situazione più aggiornato di chi, come Inferno, era stato imprigionato
immediatamente dopo l'invasione del pianeta.
L'Autobot non era il primo a tentare la fuga, tuttavia sperava che il suo tentativo avesse un epilogo
un po' più felice di quelli che l'avevano preceduto. Ogni volta che aveva visto un fuggitivo tornare
nella sua cella gravemente danneggiato, a malapena funzionante, o non tornarvi affatto, Inferno
aveva giurato che il loro sacrificio non sarebbe stato vano, poiché avrebbe imparato dai loro errori,
e avrebbe fatto in modo di salvare tutta la loro gente.
In piedi a qualche passo di distanza dalle sbarre percorse da Energon, il Transformer osservò i droni
dall'aspetto ripugnante che erano i suoi carcerieri passare oltre la sua cella, senza neppure gettare
uno sguardo all'interno.
Finalmente le due sentinelle svoltarono l'angolo, sparendo alla vista; Inferno iniziò a contare i click
che mancavano al loro prossimo passaggio.
Con la rapidità conseguita con giorni di prove ed esercitazioni, afferrò una piccola scheggia di
metallo che aveva trovato fra le sue giunture – un ricordo del morso di una di quelle mostruosità
meccaniche che avevano invaso il pianeta – per poi inserirla nella sottile fessura che consentiva
l'apertura delle manette di stasi che portava ai polsi.
Con pochi, rapidi movimenti, Inferno riuscì ad aprire la serratura, che si aprì con un debole scatto.
Immediatamente sentì l'Energon fluire nuovamente al massimo nei suoi circuiti, che raggiunsero in
breve tempo la massima potenza.
Controllò il tempo a sua disposizione, constatando con soddisfazione che aveva migliorato il suo
record di alcuni nanoclick, per poi maledire se stesso per averli già perduti in pensieri inutili.
Velocemente si diresse alle sbarre, ben attento a non toccarle, avvicinandovi le manette. Giunte a
una certa distanza, scattarono automaticamente, adattandosi allo spessore delle sbarre per stringerle
in una morsa. Inferno si assicurò di applicarle a due aste metalliche percorse da differenti flussi di
Energon: in questo modo, una variazione di flusso sufficientemente potente avrebbe mandato in
corto l'intero sistema.
Rapido e deciso, Inferno si recò nell'angolo della cella dove si trovava il cavo per il ciclo di ricarica,
e lo strattonò in modo da staccarlo dal muro; non aveva mai potuto provare questa parte del suo
piano, ma constatò soddisfatto che non c'era alcun allarme che suonava in seguito al suo gesto.
Velocemente tornò verso le sbarre, aprendo il pannello sul torace che custodiva la sua Scintilla.
Armeggiò per qualche istante con un'estremità del cavo che reggeva nelle mani, avvicinandolo il
più possibile a uno degli elettrodi che mantenevano accesa la fonte della sua stessa esistenza: provò
dapprima un leggero fastidio, poi una parvenza di dolore, ma se voleva uscire da lì non poteva
preoccuparsene.
Controllò il tempo a sua disposizione: secondo i suoi calcoli, le sentinelle in quel momento si
trovavano nel punto più lontano dalla cella.
Con un gesto secco e determinato, Inferno inserì l'altra estremità del cavo nella serratura delle
manette di stasi. Il suo corpo venne percorso da spasmi e scariche, un torrente di scintille fuoriuscì
dalle manette, le sbarre presero a pulsare violentemente del colore cangiante tipico dell'Energon.
Poi ci fu un'esplosione, sufficiente a scagliare un colosso come Inferno dall'altra parte della cella e a
inondarla di fumo.
Le sbarre non brillavano più, la serratura magnetica della cella si era aperta, tuttavia ora gli allarmi
trillavano alla massima intensità, e Inferno era ancora a sdraiato terra, apparentemente inerte...
01 – Tempo di decisioni
Oggi.
Gli ultimi avvenimenti avevano radicalmente cambiato la vita nella base Autobot della Terra,
nascosta fra i ghiacci del Polo Nord.
La struttura, che fino a poco tempo prima appariva deserta, anche con due squadre che la
occupavano, brulicava ora di vita, poiché al team di stanza sul pianeta e a quello di Hot Rodimus si
erano aggiunti l'equipaggio di Metroplex e un consistente gruppo di civili.
Le settimane successive alla battaglia avvenuta nel porto di Le Havre erano state decisamente
difficili per gli Autobots: sfuggiti ai loro inseguitori umani, avevano alloggiato Metroplex e Sixgun
in una cavità scavata nel ghiaccio, a fianco della quale era stata ricavata una sorta di prigione
improvvisata per Full-Tilt, il colossale Decepticon che erano riusciti a catturare. Fortunatamente
erano riusciti ad applicargli un inibitore della trasformazione che lo intrappolava nella sua forma
alternativa, altrimenti avrebbe potuto aprirsi una via verso la superficie con relativa facilità, vista la
sua forza; invece così, privato delle armi, era stato immobilizzato dal ghiaccio che ne avvolgeva lo
scafo e ne bloccava i motori. Per ogni evenienza Metroplex e Sixgun erano comunque sempre
pronti a intervenire, e i loro equipaggi lo sorvegliavano di continuo.
Slammer invece pareva l'ombra di se stesso: il sacrificio del suo compagno Scamper, del quale
ancora non comprendeva il motivo, pesava su di lui come un macigno, impedendogli di prendere
decisioni rapide e decise. Di recuperare i civili rimasti in territorio francese al termine della
battaglia dovettero incaricarsi Jazz e la sua squadra, poiché il Minicon, nonostante le migliori
intenzioni, sembrava incapace di organizzarne l'estrazione.
Chi invece stava affrontando la propria perdita con un comportamento esemplare erano Kup,
Mirage e Blurr, che avevano perso il loro capitano. Dopo aver visto Ironhide sparire nelle grinfie
del Decepticon Apeface, tutti lo davano ormai per spacciato, ma non il suo equipaggio.
“Se la caverà anche stavolta.” diceva a tutti Kup, “Ha la pellaccia dura, proprio come dice il suo
nome.”
L'umore di Hot Rodimus era decisamente peggiore. Anche se si era fatto convincere da Jazz a non
partecipare alla precedente battaglia, ora se ne pentiva amaramente. Non poteva fare a meno di
pensare che, se lui e i suoi fossero intervenuti, forse le cose sarebbero andate diversamente, e
Scamper, Ironhide e tutti gli altri Autobots che non conosceva e che erano morti sarebbero stati
salvi. La notte successiva allo scontro, durante il suo ciclo di ricarica, non riuscì a darsi pace e a
mettersi offline, decidendo che niente e nessuno gli avrebbe impedito di fare la sua parte, da quel
momento in poi.
Costrinse la sua squadra ad assumere configurazioni di veicoli terrestri – il più difficile da
convincere fu Sideswipe – in modo da essere sempre pronti a intervenire, rispettando il protocollo
d'infiltrazione che ora imponeva di mimetizzarsi con la tecnologia degli indigeni. Sottopose ciascun
membro del team a duri allenamenti al simulatore, in modo da imparare a conoscere meglio
ciascuno di loro, combattendo al fianco di ognuno di loro in modo da conquistarne il rispetto e la
fiducia.
Un giorno, dopo l'ennesimo allenamento, il caposquadra trovò Jazz ad attenderlo fuori della sua
stanza.
“Devo parlarti.” disse semplicemente.
Hot Rodimus annuì, e invitò l'altro a entrare.
“Spero non ti dispiaccia se nel frattempo mi ricarico.” aggiunse, “Sono sfinito, se non assimilo un
po' di Energon potrei cadere in Blocco Statico da un momento all'altro.”
“Fai pure.” replicò Jazz, che intanto si era accomodato su un'enorme sedia in titanio.
In realtà Hot Rodimus non era affatto stanco, voleva solo prendere tempo per cercare di capire di
cosa gli volesse parlare Jazz: non era da lui assumere un tono così serio, perciò temeva che la
questione potesse essere grave. Il Transformer rosso fiammante impiegò più tempo del necessario
ad allacciarsi alla rete elettrica della base, poi lentamente si accomodò sulla sua branda.
“Dimmi tutto.” disse, incrociando le gambe e appoggiandosi con le braccia all'indietro.
In realtà, anche Jazz era a disagio: temeva che ciò che stava per dire potesse suscitare in Hot
Rodimus una pessima impressione, pertanto decise di allentare un po' la tensione iniziando a parlare
d'altro.
“Prima di venire alla questione di cui volevo parlarti,” disse, “lascia che ti chieda perché hai scelto
una nuova forma alternativa così... diversa da quella che avevi quando eri a capo della mia
squadra.”
Hot Rodimus accolse quell'ulteriore ritardo nell'affrontare la discussione con sollievo.
“Non lo so.” disse, “Quando Wheelie e io siamo tornati su Cybertron abbiamo mantenuto per un po'
le configurazioni terrestri, nella speranza di tornare qui il più presto possibile, poi, quando ci hanno
assegnato a una nuova squadra, abbiamo deciso di cambiare: ci ricordavano troppo degli amici che
non avevamo neppure potuto salutare come si doveva. Quanto al perché abbia scelto proprio questa
configurazione... beh, semplicemente mi ha ricordato Prime.”
Jazz sembrava non capire, così Hot Rodimus decise che sarebbe stato più semplice mostrargliela.
Alzandosi si recò al centro della stanza, dove c'era più spazio, e si trasformò in un carro attrezzi
modello Western Star 4900 SA, rosso e giallo, con un grosso argano arancione che in forma di
robot si collocava sul braccio destro di Hot Rodimus.
In effetti il mezzo assomigliava abbastanza alla motrice in cui si trasformava Optimus Prime, ma
non era solo questo. Mentre l'altro si ritrasformava nella sua configurazione di base, Jazz non poté
fare a meno di pensare che Hot Rodimus era sempre più simile al loro defunto leader. Non avrebbe
saputo spiegare perché: forse era semplicemente l'aspetto più imponente che la nuova forma aveva
conferito anche al suo aspetto di robot, o forse Hot Rodimus, nel corso degli ultimi tre anni, era
cresciuto, maturando come guerriero e come leader.
Optimus Prime era stato il primo a scorgere il vero valore di Jazz, l'unico fra gli insegnanti che
aveva avuto in Accademia a riuscire a vedere oltre la sua sfacciataggine e la sua esuberanza, e che
decise di dargli la possibilità di dimostrare a tutti le sue capacità... forse per questo Jazz sentiva di
poter affrontare una questione tanto delicata come quella che stava per proporre con Hot Rodimus.
“Veniamo al sodo.” disse, “Sono venuto qui per parlarti di Slammer e dei civili che si è portato
dietro.”
Hot Rodimus annuì. Dentro di sé provò un immediato sollievo: la questione non riguardava lui o i
suoi... o almeno così credeva.
Jazz proseguì.
“Ora che i Decepticons sanno che si trovano sulla Terra, questo pianeta non è più sicuro per loro.
Certo, questa base per loro è ancora segreta, ciò non toglie che più lontano andranno da qui, meglio
sarà per loro.”
“Concordo in pieno,” replicò Hot Rodimus, “però non è con me che devi discutere della questione:
sono certo che Slammer sarebbe...”
“Il problema è proprio lui.” lo interruppe Jazz, “Dalla morte di Scamper non ha più mosso un dito,
si è limitato a chiudersi nel suo dolore... per Primus, non si è mosso nemmeno per recuperare i civili
che aveva fatto evacuare lui stesso in Francia, abbiamo dovuto pensarci la mia squadra ed io!”
Hot Rodimus finalmente capì perché Jazz aveva voluto affrontare la questione in privato: accuse
tanto gravi, mosse perdipiù contro un proprio superiore, avrebbero potuto essere fraintese e passare
per alto tradimento. Sfortunatamente anche lui la pensava come il compagno riguardo a Slammer,
tuttavia decise di spezzare una lancia in suo favore.
“Ha perso il suo partner,” disse Hot Rodimus, “dobbiamo essere comprensivi... ne uscirà da solo, se
gli concediamo un po' di tempo.”
Jazz scosse la testa.
“Proprio il tempo è la variabile cruciale.” disse, “Hai visto anche tu le forze di cui dispongono ora i
Decepticons, non gli ci vorrebbe molto a invadere tutto il pianeta, se lo volessero. L'ultima volta
siamo stati fortunati, ma potrebbe non ricapitare.”
Ancora una volta, l'altro Transformer dovette suo malgrado concordare col compagno.
“Cosa proponi dunque?” chiese Hot Rodimus, “Di forzarlo e di costringerlo a ripartire?”
Jazz fece ancora cenno di no con il capo.
“Non servirebbe.” rispose, “Si farebbe acciuffare non appena lasciata l'atmosfera, nello stato in cui
si trova ora, e a bordo di Metroplex non c'è nessuno in grado di aiutarlo a prendere delle decisioni.
Per questo volevo proporti di imbarcarti con lui, di lasciare la Terra e aiutarlo a proteggere i civili.”
Hot Rodimus ringraziò Primus di essersi già rimesso a sedere, perché l'idea di Jazz lo scosse così
profondamente da fargli perdere ogni energia.
“Che cosa?” chiese, incredulo.
Jazz si inginocchiò di fronte a lui, poggiandogli le mani sulle spalle.
“So che è una decisione difficile,” disse, “che vorresti restare qui sulla Terra... accidenti, non c'è
nulla che mi farebbe più felice di averti di nuovo qui, come ai vecchi tempi. Però su questo pianeta i
civili non sono al sicuro, la mia squadra non può muoversi da qui, e tu sei l'unico che può dare una
possibilità ai profughi. Non pretendo che tu parta così, su due piedi: promettimi però di pensarci su,
magari parlane coi tuoi soldati, ma ricorda che più tempo passa, più è probabile che i Decepticons
ritornino... stavolta con forze sufficienti a finire il lavoro.”
Hot Rodimus annuì.
“Ci penserò su.” disse, “Però vorrei che ne discutessimo anche con Slammer.”
“Ah!” sorrise Jazz, “Certamente.”
L'altro lo guardò con aria interrogativa.
“Perché sorridi?” domandò.
“No, nulla...” rispose Jazz, “Solo poco fa ho pensato a quanto tu assomigliassi a Optimus Prime... e
lui avrebbe risposto esattamente la stessa cosa.”
02 – S.O.S.
Tre settimane fa.
Inferno si riebbe in pochi istanti, destato dal Blocco Statico dal fastidioso suono degli allarmi.
“Accidenti!” esclamò, per poi controllare immediatamente il cronometro: per fortuna era stato
offline solo pochi click.
Immediatamente si rialzò e corse fuori dalla cella, svoltando a sinistra: dai passa parola coi vicini di
cella, quella doveva essere la via più breve per giungere a dove era rinchiuso il suo Minicon Blades.
Mentre percorreva i corridoi al massimo della velocità a lui consentita, Inferno si sforzò di ignorare
le urla e le richieste d'aiuto di chi lo circondava: non poteva permettersi di perdere neppure un
istante per liberare uno di loro, poiché ogni deviazione dalla strategia originale rischiava di mandare
a monte l'intero piano. Se fosse riuscito a fuggire, allora ci sarebbe stata speranza anche per loro...
ma avrebbero dovuto aspettare. Blades gli era essenziale per riuscire nell'impresa, altrimenti, pensò
non senza vergogna, non avrebbe perso tempo neppure per lui.
Contò le celle mentre scorrevano accanto a lui, e finalmente arrivò a quella che gli era stata
indicata.
Vuota.
Inferno si disperò. Aveva atteso troppo a lungo? Il suo maniacale desiderio di conoscere tutte le
variabili prima di agire era forse costato la Scintilla al suo compagno?
“Sono qui, maledetto rottame!”
Inferno riconobbe immediatamente la voce che proveniva da dietro di lui: era Blades, seduto al
centro della cella opposta a quella dove pensava si trovasse.
Inferno non perse tempo e disattivò le sbarre di Energon che intrappolavano il compagno, il quale
mostrò la propria abilità liberandosi dei ceppi che lo legavano prima ancora dell'ingresso del
Transformer nella cella.
Non persero tempo e, senza una parola, uscirono di lì. Blades si fermò un istante solamente per
chiedere:
“E gli altri prigionieri?”
Inferno scosse la testa.
“Torneremo.” rispose semplicemente, per poi invitare il compagno a seguirlo.
Mentre il Transformer iniziava a correre, Blades attese un momento per guardare i prigionieri
supplicanti che lo circondavano e rassicurarli.
“Ritorneremo.” disse, “Ve lo prometto.”
Ciò detto, si affrettò a seguire il compagno nel dedalo di corridoi che li separava dalla libertà.
Oggi.
Hot Rodimus e Jazz vennero interrotti dal suono di un allarme. Entrambi i capisquadra si
precipitarono all'interfono, ma Jazz fu più veloce e rispose per primo.
“Che succede?” chiese.
Gli rispose Streetwise dalla sala di controllo.
“Una richiesta di soccorso,” disse, “proviene da una piccola nave di fattura Cybertroniana...
apparentemente è inseguita da un incrociatore nemico, come confermato anche dai rilevamenti
radar.”
“Sappiamo di chi si tratta?” chiese Hot Rodimus, “Ha fornito un codice di riconoscimento valido?”
“Sì, certo.” rispose Streetwise, “È stata la prima cosa che ho controllato... ma, se posso permettermi,
con Cybertron e tutti i nostri computer in mano ai Decepticons, la cosa ha scarsa importanza.”
Hot Rodimus si maledì per non averci pensato prima... davvero Jazz credeva che un simile idiota
assomigliasse a Optimus Prime? Si sforzò di non pensarci, concentrandosi invece sul problema
attuale.
“Nessuno dovrebbe conoscere l'esistenza di questa base,” intervenne Jazz, “era nota solo a pochi
alti gerarchi Autobots... chi, a parte i Decepticons, potrebbe cercarci su questo pianeta?”
Streetwise rispose dall'altro capo dell'interfono.
“Il pilota del vascello più piccolo ci ha fornito il suo identificativo e quello del suo unico compagno
di viaggio... apparentemente rispondono ai nomi di Inferno e Blades.”
Il semplice udire quei due nomi riaprì ferite di cui Hot Rodimus si era sforzato di ignorare il dolore.
“Erano membri della mia squadra...” disse, “Sono stati loro a permetterci di raggiungere la Terra col
Ponte Spaziale... nulla di strano che conoscano questa base, dopo averne visto le coordinate in
quell'occasione.”
Naturalmente Hot Rodimus si rendeva conto che avrebbe potuto essere una trappola dei
Decepticons, pertanto si trovò ad esitare. Lo svegliò dal torpore la voce di Streetwise.
“Hanno subito gravi danni.” disse, “Dubito che riusciranno a fuggire a lungo: presto saranno
costretti ad atterrare.”
Hot Rodimus decise che, se c'era anche solo una piccola speranza di salvare il suo vicecomandante
e il suo Minicon, allora avrebbe dovuto coglierla: glielo doveva, in fondo.
“Streetwise!” disse, premendo con forza il pulsante dell'interfono, “Fai radunare la mia squadra
nell'hangar e calcola la traiettoria delle navi: cercheremo di precederle sul luogo dell'atterraggio.”
Hot Rodimus chiuse la comunicazione e fece per precipitarsi fuori della sua stanza, ma venne
trattenuto per un braccio da Jazz.
“Aspetta,” disse questi, “ti rendi conto che potrebbe essere una trappola?”
“Lo so perfettamente.” replicò l'altro, “Ma devo comunque andare.”
“Lascia che vada io.” rispose Jazz, serrando ancor di più la stretta, “Ti ho già detto che, in fondo,
proteggere questo pianeta è compito della mia squadra.”
Hot Rodimus divincolò il braccio, liberandosi.
“Non è il tuo pianeta a essere in pericolo, stavolta.” disse poi, “Adesso è un membro della mia
squadra ad aver bisogno d'aiuto, ed è pertanto affar mio.”
Così dicendo, corse via verso l'hangar, pentendosi per la durezza delle parole rivolte a Jazz. In
fondo voleva soltanto aiutarlo... pensò che al suo ritorno si sarebbe scusato con lui.
Hot Rodimus giunse a destinazione qualche istante dopo il resto del suo team. Erano presenti anche
alcuni membri del team di stanza sulla Terra, fra cui Sunstreaker e Tailgate, che erano impegnati in
una discussione a quattro con Sideswipe e Windcharger.
“Guarda qua e muori d'invidia!” disse il Transformer rosso, trasformandosi in una Lamborghini
Reventón. Ovviamente voleva dimostrare a Sunstreaker la propria superiorità, sottolineando come
la sua modalità alternativa fosse un passo avanti alla Lamborghini Gallardo del Transformer di
colore giallo.
“Maledetto!” gli urlò contro quest'ultimo, “Adesso vado subito a riformattarmi e...”
“No.” intervenne Hound, giunto a sedare gli animi, “Niente sprechi di Energon, con tutti quei civili
nella base ci serve ogni goccia di energia che possiamo risparmiare.”
“Ma Hound...” piagnucolò Sunstreaker, ma il veterano fu inflessibile.
“Mi spiace, Sunstreaker.” disse, “Ordini di Jazz.”
“Si può sapere che state facendo?” intervenne Hot Rodimus, rivolto ai suoi, “Perché non vi siete
ancora imbarcati su un trasporto?”
Gli rispose Hubcap:
“Sixgun si è offerto di accompagnarci, stiamo aspettando che arrivi.”
Hot Rodimus annuì. In effetti la sua forza avrebbe potuto essere utile, in caso di guai... si domandò
se non fosse stato Jazz a suggerirgli di proporsi, e sorrise.
Vedendo il caposquadra perso nei suoi pensieri, Sideswipe riprese a canzonare Sunstreaker.
“Sei su-pe-ra-to!” disse.
Hound trascinò via il Transformer giallo per evitare che la cosa degenerasse, accompagnato da
Tailgate. Windcharger osservava il compagno con sguardo accusatore, e non appena questi tornò al
suo aspetto di robot lo sgridò dicendo:
“Non puoi proprio farne a meno? Siamo stati tutti assemblati insieme, abbiamo frequentato insieme
l'Accademia... perché tu e Sunstreaker non potete andare d'accordo come me e Tailgate?”
Sideswipe scrollò le spalle.
“Quante storie.” disse, “Sono sicuro che anche Tailgate, di cui prendi sempre le parti, in realtà è
geloso da morire di noi, che abbiamo potuto riformattarci negli ultimi modelli presenti sul mercato
terrestre...”
“Improbabile.” replicò Windcharger, portando le mani ai fianchi, “Guarda un po' qui.”
Improvvisamente, il Minicon si trasformò in un Can-Am Spyder, identico in tutto e per tutto alla
forma alternativa di Tailgate, eccezion fatta per il colore rosso fiammante.
“No!” urlò Sideswipe, “Non puoi avermi fatto questo... tu, il mio fedele compagno, non puoi
costringermi ad avere anche questo in comune con quel pallone gonfiato di Sunstreaker...”
Ma le sue ulteriori lamentele si persero nel frastuono dei motori di Sixgun che fece il suo ingresso
nell'hangar in forma di aerocargo A 400 M, aprendo la stiva per permettere ai compagni di salire a
bordo.
Terminate le operazioni di imbarco, Hot Rodimus si sedette al suo posto, i pensieri rivolti ai
compagni che stavano andando a soccorrere.
“Resistete... stiamo arrivando.”
03 – Scontro
Tre settimane fa.
Inferno e Blades giunsero all'uscita della prigione. Il Minicon tentò di digitare la sequenza numerica
per l'apertura sul pannello apposito, ma come immaginava fu inutile.
Anche Inferno l'aveva previsto, e proprio per questo necessitava dell'aiuto del compagno per uscire
di lì.
“Configurazione da battaglia.” disse all'amico.
Blades non se lo fece ripetere, e immediatamente si trasformò in qualcosa che sembrava un grosso
fucile pieno di tubicini trasparenti lungo tutta la canna.
Inferno premette il grilletto, e dopo un istante in cui l'arma si caricò questa emise un fascio
d'energia bianca e azzurra, la quale ebbe l'effetto di ricoprire istantaneamente di brina il portone che
gli si parava davanti.
“E ora configurazione di potenziamento!” disse il Transformer, e il suo partner Minicon si
trasformò nuovamente, agganciandosi al suo dorso. Inferno sentì la sua potenza crescere
esponenzialmente, poi si scagliò con tutta la sua forza contro il portone congelato, rompendolo
come fosse vetro.
Giunti dall'altra parte, nei corridoi dell'ex base Autobot adiacente le carceri, Blades si sganciò dal
compagno e guardò i detriti alle loro spalle con aria compiaciuta. Fu una fortuna, perché così ebbe
modo di vedere i droni di guardia dei Quintessenziani spuntare dai corridoi della prigione, con le
fruste che già schioccavano in aria.
Il Minicon diede un colpetto alla gamba del compagno, che si era fermato per riprendesi dallo
sforzo appena compiuto, dicendo:
“Stanno arrivando, meglio muoversi.”
Inferno annuì, ed entrambi si trasformarono per seminare gli inseguitori. Questi non erano molto
veloci, se paragonati a loro, tuttavia i loro compagni potevano spuntare da ogni angolo in qualsiasi
momento, e loro erano praticamente disarmati. Scorgendo uno stretto corridoio scarsamente
illuminato, Inferno urlò a Blades di infilarcisi dentro. Compiendo una brusca curva ad angolo retto,
i due Cybertroniani riuscirono a imboccarlo senza perdere velocità, per poi svoltare nuovamente in
modo brusco al termine di esso. Si infilarono nella prima porta che trovarono, per poi rimanere
perfettamente immobili e in silenzio, in attesa.
Quando furono certi che i nemici fossero passati oltre, si misero a studiare la stanza: era un
ripostiglio pieno di droni per la manutenzione e attrezzi di vario genere.
“Perfetto.” sussurrò Inferno.
Blades capì immediatamente cosa intendesse il compagno: solitamente stanze come quelle erano
dotate di un accesso ai tunnel di servizio, i quali avrebbero permesso loro di raggiungere l'esterno in
modo discreto.
Inferno forzò una botola con una sorta di enorme piede di porco, poi mentre il suo compagno si
inoltrava nell'oscurità sottostante, il Transformer afferrò una torcia e alcuni attrezzi che potevano
servire lungo il cammino, poi seguì il Minicon nel sottosuolo.
Oggi.
La navicella che aveva mandato la richiesta di soccorso precipitò in un campo di grano in
Kentucky, per fortuna senza grossi danni. L'astronave che la seguiva aveva le tipiche linee di un
piccolo incrociatore dei Decepticons, e stava lentamente scendendo sul vascello abbattuto come un
predatore in procinto di finire la preda.
Sixgun irruppe sulla scena come un fulmine, volando ad altissima velocità tra le due astronavi,
destabilizzando l'assetto di quella dei Decepticons, che oscillò paurosamente a mezz'aria.
L'equipaggio aprì immediatamente il fuoco sul grosso Autobot, tuttavia fu inutile, poiché la velocità
del Minicon, unita al fatto che i piloti del vascello nemico ancora faticavano a riprenderne il
controllo, fece andare a vuoto tutti colpi. Ciò diede a Hot Rodimus e alla sua squadra tutto il tempo
di paracadutarsi a terra, mentre Springer, in forma di elicottero Piasecki X-49, li copriva fornendo
loro un diversivo.
Non appena toccò terra, Hot Rodimus prese a dare ordini.
“Trailbreaker e Gears,” disse, “raggiungete la nave abbattuta e soccorrete l'equipaggio...
Smokescreen, vai con loro e coprili: potrebbe essere una trappola.”
I tre annuirono, e presero le rispettive forme alternative, dirigendosi verso la loro destinazione.
Trailbreaker apriva il gruppo in forma di uno Sterling Acterra Crew Cab nero, seguito da Gears
trasformato in una Mini Cooper S blu e rossa, mentre Smokescreen arrancava dietro di loro sui
cingoli di una gru Link-Belt 298 HSL arancione e blu.
Frattanto il resto degli Autobots aveva aperto il fuoco contro l'astronave dei Decepticons, e Sixgun
si stava trasformando per unirsi alla battaglia dai cieli. I loro avversari non persero comunque
tempo, e uscirono dal loro mezzo, pronti alla battaglia.
Li guidava Octane, che saltò a terra incurante dell'altezza, trasformandosi in serpente durante il volo
e scavando una buca col suo corpo, sparendo nel sottosuolo. Insieme a lui si trovavano Skywarp e
Thundercracker, che ingaggiarono battaglia con Springer nei cieli, Buzzsaw, Frenzy, Onslaught e
Blast Off; a bordo del vascello erano rimasti Cyclonus e Dirge, i quali stavano adoperando le
batterie di cannoni per tenere a bada Sixgun.
Sideswipe fece fuoco col lanciamissili sulla spalla sinistra verso i nemici in caduta libera, centrando
Onslaught in pieno.
“Sì!” esclamò soddisfatto, mentre il Decepticon veniva sbalzato all'indietro di vari metri, atterrando
sulla schiena in malo modo.
Ma in quel momento Octane spuntò dal terreno davanti all'Autobot, vomitando un torrente di
fiamme azzurre che oltre a investire Sideswipe incendiò tutte le messi attorno a lui.
Il Triple Changer venne costretto ad allontanarsi dal fuoco combinato di Windcharger e Wheelie,
che si affrettarono a trascinare via il compagno caduto in Blocco Statico. Tuttavia il Transformer
pesava troppo per loro, e stavano impiegando più tempo del previsto, fornendo ai nemici un facile
bersaglio. Fu allora che comparve Huffer, il quale si offrì di aiutarli. Si tramutò in un piccolo
quadriciclo arancione e grigio, un Viatrec Aebi VT450, sopra il quale adagiarono il corpo di
Sideswipe. Pur essendo molto più piccolo del compagno trasportato, Huffer non ebbe grossi
problemi a portarlo lontano da lì, alla relativa sicurezza di un piccolo casolare ai margini del campo.
Springer stava avendo qualche problema ad affrontare due nemici contemporaneamente, i quali tra
l'altro sembravano avere un'intesa pressoché perfetta tra loro. I due caccia di fattura Cybertroniana
in cui si erano trasformati avevano una maneggevolezza nettamente superiore al mezzo che si era
scelto, e non avevano particolari problemi a evitare i colpi, a differenza di lui.
D'un tratto sentì la voce di Hot Rodimus nel comunicatore.
“Portali verso di me.” diceva.
Springer decise di fare come gli veniva suggerito, spense i rotori e prese a planare sulle ali, diretto
verso il proprio caposquadra, acquattato dietro a un capanno. Skywarp e Thundercracker lo
seguirono nel suo volo, e quando passarono vicino a Hot Rodimus questi uscì fuori all'improvviso,
menando un sonoro colpo al muso dell'aereo azzurro con il pesante argano del carro attrezzi sul suo
braccio. L'urto fu terribile per Thundercracker, che precipitò rovinosamente al suolo riassumendo le
sue fattezze di robot.
L'attacco subito dal compagno ruppe la concentrazione di Skywarp, che deviò parte dei suoi sensori
dalla sua preda per accertarsi delle condizioni del caduto. Springer ne approfittò immediatamente,
trasformandosi in robot a mezz'aria e aggrappandosi alla fusoliera dell'avversario, che a causa del
suo peso non riusciva più a prendere quota.
“Lasciami andare, maledetto Autobot!” urlava Skywarp, ondeggiando per liberarsi del passeggero.
“Non penso proprio.” replicò Springer, il quale vide il suo Minicon Hubcap stagliarsi all'orizzonte,
proprio lungo la loro traiettoria.
“Hubcap!” urlò, e il compagno capì immediatamente cosa doveva fare. Corse incontro al caccia
stealth in avvicinamento, spiccando un balzo e allungando un braccio all'ultimo istante. Springer lo
afferrò al volo, e mentre lo tirava su, Hubcap cambiò, divenendo una spada nelle mani del
compagno.
“Per Cybertron!” urlò Springer, mentre faceva affondare la lama nel dorso di Skywarp, che urlò di
dolore e finì per precipitare. Gli Autobots balzarono via un istante prima dello schianto, e Springer
eseguì un'elegante capriola all'indietro, atterrando sicuro sulle sue gambe.
“Ringrazia che sono un Cybertroniano d'onore,” disse, puntando la spada verso Skywarp, “e non ti
do il colpo di grazia, anche se lo meriteresti.”
Ciò detto, consentì ad Hubcap di ritrasformarsi e insieme a lui si diresse verso il centro della
battaglia.
Nel frattempo Onslaught si era ripreso e stava disturbando le operazioni di soccorso dei naufraghi
impedendo a Trailbreaker, Gears e Smokescreen di agire. Purtroppo il Decepticon, pur se da solo,
era in una posizione decisamente vantaggiosa rispetto agli avversari, i quali non riuscivano a
contrattaccare efficacemente.
“Sei un arsenale su due gambe!” esclamò Gears rivolto a Trailbreaker, “Vedi di escogitare
qualcosa!”
“Facile parlare!” esclamò il Transformer in risposta, “Perché non ci pensi tu?”
Il Minicon, per nulla scoraggiato, replicò:
“Guarda e impara!” e così dicendo uscì allo scoperto, caricando a testa bassa in direzione del
colossale Decepticon.
In principio Onslaught fu divertito dalla cosa: un piccolo Minicon lo sfidava apertamente a
misurarsi con lui. Gli sparò un paio di volte, colpendolo in pieno, ma questi pareva non
accorgersene e continuava ad avanzare. A quel punto divenne una seccatura, e lo bersagliò a
ripetizione, centrandolo ancora, ma l'Autobot continuava ad avanzare... finché non gli fu addosso,
colpendolo con una sonora testata alla cintola.
“Ti è piaciuto?” lo schernì Brawn, nonostante la testa gli vibrasse un po'.
Onslaught, assorbito l'urto iniziale, non era particolarmente scosso.
“Vediamo se a te piace questo!” urlò, e afferrando Gears per le spalle, lo gettò via con una facilità
impressionante.
Fregandosi le mani soddisfatto, Onslaught si preparò a tornare a tormentare gli Autobots nascosti
dietro il relitto dell'astronave, ma si bloccò non appena sentì una pesante mano battere sulla sua
schiena per farlo girare.
Davanti a lui si trovava un enorme Autobot arancione e blu, con un'espressione decisamente seccata
sul volto.
“Ti dirò...” disse Smokescreen, “Non è bello quando lo fanno a te.”
E pronunciando queste parole, sollevò Onslaught sopra la testa, scagliandolo nuovamente lontano.
04 – Il salvataggio
Tre settimane fa.
Inferno e Blades procedettero a lungo nel buio, incerti su dove li stesse conducendo la galleria che
stavano percorrendo. Talvolta giungevano a delle grate che consentivano loro di sbirciare fuori e
farsi un'idea di dove si trovassero, ma nessuno dei luoghi che avevano scorto risultava loro
familiare; decisero così di continuare a strisciare nelle ombre, nella speranza di individuare, prima o
poi, una via d'uscita. A un certo punto giunsero in prossimità di una biforcazione.
“Che facciamo?” chiese Inferno, “Destra o sinistra?”
Blades illuminò entrambe le vie con la sua torcia.
“La strada di sinistra pare risalire un po',” disse, “direi di provare a prendere quella.”
I due proseguirono nella direzione scelta, e a un certo punto iniziarono a udire un brontolio.
“Forse è un generatore.” suggerì il Minicon, ma non ne era convinto neppure lui. Comunque
proseguirono, finché non giunsero a una piccola apertura che consentì loro di guardarsi intorno.
Erano giunti in luogo che nessuno dei due aveva mai visto. Era come una specie di enorme pozzo,
attraversato da una passerella che avrebbe permesso il passaggio di non più di tre Transformers per
volta. Da dove si trovavano, i due Autobots non potevano scorgere il fondo del pozzo, scarsamente
illuminato, ma pareva abbastanza profondo. Alla passerella si accedeva da un sontuoso portone
bronzeo, in corrispondenza del quale si trovava una piccola piattaforma galleggiante; dall'altra parte
del ponticello c'era come un altare, posto molto in alto, e sopra di esso, su un fianco, si trovava una
sorta di balcone.
Benché incuriositi dallo scopo di un simile locale, Inferno e Blades decisero di proseguire,
rimandando le domande a tempi meno turbolenti. Stavano per andarsene quando il portone si aprì
con un leggero cigolio, inondando di luce la stanza. I due Autobots si acquattarono per evitare di
essere visti, indugiando un istante per capire se chi stava entrando stava cercando proprio loro.
Fece il suo ingresso un grosso drone verde scuro di stazza paragonabile a un Allicon, le spalle irte
di aculei, un elmo cornuto sul capo e la bocca viola protesa in avanti. Reggeva un'asta metallica
dall'aspetto piuttosto pesante, con una palla chiodata all'estremità inferiore e una coppia di ali simili
a quelle di un pipistrello all'altra. Si guardò un po' intorno mentre le luci soffuse del locale si
accendevano una dopo l'altra, poi con un verso nasale fece segno a qualcun altro di entrare.
Il nuovo arrivato era un Quintessenziano a quattro facce; Inferno e Blades avevano già conosciuto
altri esponenti di quella razza quando avevano visitato le carceri per il loro diletto.
“Ah!” ruggì, mostrando un volto scavato con le orbite vuote, “Quei barbari dei Cybertroniani hanno
dimenticato persino la giustizia? È giunto il momento di ripristinare le antiche tradizioni... Usciere!”
Il drone si mise sull'attenti, pronto a ricevere disposizioni.
“Vai da Sixshot e fatti consegnare un prigioniero,” continuò il Quintessenziano, “uno degli ultimi
acquisti, magari... almeno risparmieremo tempo, analizzando le sue memorie direttamente in fase di
giudizio. Poi provvedi a contattare il giudicatore Deliberata, l'accusatore Inquirata e Ghyrik... io
chiederò a lord Kledji, lord Sevax e lord Rexian se vogliono assistermi nel ruolo di giurati... e
naturalmente sarei felice se Alpha Quintesson ci onorasse della sua presenza.... sei ancora qui?
Vai!”
Il drone scattò, dedicandosi ai compiti che gli erano stati assegnati. Il Quintessenziano invece
percorse la passerella fino al centro della stanza, per poi sollevare i tentacoli in aria e ammirare la
stanza. Disse anche qualcosa, ma a voce così bassa che Inferno e Blades non poterono sentirlo; i
due Autobots comunque decisero che la cosa non li riguardava, così proseguirono oltre nelle
tenebre.
Oggi.
Hot Rodimus osservò il campo di battaglia. Thundercracker, Skywarp e Onslaught erano fuori
combattimento, i loro Minicons riuscivano a malapena a resistere sotto il fuoco di Windcharger,
Wheelie e Huffer, mentre Sixgun stava letteralmente demolendo la loro astronave, benché Cyclonus
fosse uscito in forma di elicottero MH-53J Pave Low III per ostacolarlo, con scarsi risultati. Solo il
leader del gruppo, quello chiamato Octane, mancava ancora all'appello, e la battaglia avrebbe
potuto dirsi vinta.
Dopo aver attaccato Sideswipe ed essere stato respinto dai Minicons, era tornato nel sottosuolo
senza più riemergerne. Forse stava aspettando il momento propizio per colpire, perciò comunicò a
Springer di decollare di nuovo e di sorvolare il campo di battaglia per individuarlo. Si fece
aggiornare anche sulla situazione dell'incendio, che andava espandendosi, ma ci avrebbero pensato
a scontro concluso.
C'era qualcosa che non lo convinceva in tutta quella situazione... i Decepticons si erano dati la briga
di inseguire quella navicella fin sulla Terra, dove sapevano chi si sarebbero trovati di fronte, eppure
erano venuti con così poche forze? Che quell'orda di esseri che avevano invaso Cybertron non fosse
sterminata come pensavano all'inizio?
Decise che ci sarebbe stato tempo per pensare a quello in futuro, ora era imperativo individuare
Octane. Non poteva dire di conoscerlo, tuttavia non gli era parso un individuo particolarmente
coraggioso: era ricorso all'effetto sorpresa per stendere uno di loro, poi era scappato davanti a
qualche Minicon quando avrebbe invece potuto almeno tentare di resistere. E ora non sembrava
intenzionato a farsi trovare...
D'improvviso ebbe un'illuminazione: e se non fosse un codardo, ma un individuo che non amava
sporcarsi le mani? Se per tutto questo tempo avesse strisciato nel sottosuolo, dirigendosi verso
l'unico di loro che non era in grado di difendersi?
Immediatamente prese a correre verso il luogo dove giaceva Sideswipe in Blocco Statico,
trasformandosi in un carro attrezzi lungo il tragitto per fare più in fretta.
“Springer,” disse nel comunicatore, “riesci a vedere Sideswipe da lassù?”
“Negativo.” rispose il Transformer, “Il vento soffia proprio in quella direzione, e il fumo mi oscura
la visuale. Perché?”
“Ho un brutto presentimento.” rispose il caposquadra, “Continua a monitorare dall'alto, ma tieniti
pronto a intervenire.”
Hot Rodimus spinse a fondo sull'acceleratore, e lungo il tragitto venne affiancato da una
motocicletta arancione, una Suzuki GSX 650F.
“Che succede?” chiese Wheelie, “Ho sentito la conversazione con Springer nel comunicatore.”
“Forse il nemico mira a Sideswipe.” rispose Hot Rodimus, “Hai lasciato gli altri da soli?”
“Possono cavarsela.” rispose il Minicon, “Mi sono fatto sostituire da Hubcap.”
In breve i due Cybertroniani giunsero in vista del luogo dove Huffer aveva adagiato il corpo di
Sideswipe, e davanti a lui uno spaventoso serpente meccanico, in procinto di colpire.
“Wheelie!” esclamò Hot Rodimus, “Afferra il mio gancio!”
La motocicletta si mise in coda al carro attrezzi, poi impennò prima di trasformarsi in robot. Il
Minicon allungò il braccio e afferrò l'argano sul retro dell'altro mezzo, che lo fece scattare in avanti,
catapultando il compagno in avanti a tutta velocità.
Octane nel frattempo stava spalancando le fauci per finire l'inerme Sideswipe col suo alito
infuocato, ma si vide arrivare in bocca il Minicon arancione a tutta velocità, e questi agganciò al suo
palato il cavo collegato a Hot Rodimus.
Prima che Octane capisse cosa gli stava accadendo, Hot Rodimus lo oltrepassò come un fulmine e,
quando il cavo raggiunse la massima tensione, il Triple Changer venne letteralmente sradicato dal
terreno e trascinato per centinaia di metri sul dorso. Octane si dimenò a lungo e infine riuscì a
liberarsi, poi si trasformò in robot e ordinò la ritirata.
“Decepticons!” urlò, con voce sofferente, “Andiamocene da qui!”
Con una velocità che sorprese tutti gli Autobots, tutti gli avversari a terra si rialzarono, e quelli che
ancora combattevano si disimpegnarono in breve tempo. Grazie ai loro zaini propulsori, Octane,
Onslaught, Frenzy e Buzzsaw fecero immediatamente ritorno all'astronave, mentre Thundercracker,
Skywarp e Blast Off aiutarono Cyclonus a liberarsi di Sixgun che, colpito al volto da un missile, fu
costretto a lasciare la presa sull'astronave dei Decepticons. Questi furono così liberi di partire,
assumendo una rotta che lasciava presupporre la loro intenzione di abbandonare subito il pianeta.
Hot Rodimus chiese a Sixgun di tornare a terra e di non inseguire il nemico: se avevano una flotta
d'appoggio sarebbe caduto in trappola, e comunque in tal caso dovevano sbrigarsi a tornare alla
base.
Smokescreen stava frattanto forzando il portello dell'astronave precipitata, aiutato da Trailbreaker
che, usando il cannoncino al posto della mano sinistra, stava facendo saltare uno ad uno i blocchi di
sicurezza.
La porta si aprì con un risucchio, e un istante dopo Hot Rodimus fu dentro. Avanzò deciso fino alla
cabina di pilotaggio, dove trovò un Transformer e un Minicon riversi sui comandi. Li capovolse
entrambi per vedere i loro volti, e con profondo sollievo vide che si trattava proprio di Inferno e
Blades. Immediatamente usò i suoi sensori per appurare le condizioni dei due fuggitivi: erano
offline, ma sostanzialmente stavano bene, se si esclude qualche ammaccatura, frutto probabilmente
del loro tentativo di fuga.
Il caposquadra chiese a Springer e Huffer di entrare ad aiutarlo, in modo da trasportare fuori i feriti,
ma mentre afferrava Inferno da sotto le braccia per sollevarlo, questi d'improvviso si destò e, come
scosso da delle convulsioni, disse guardando Hot Rodimus:
“No! Non devi... non dovete... noi non...”
Poi Inferno cadde nuovamente in Blocco Statico, e non disse più nulla fino all'arrivo alla base.
05 – Riunione
Tre settimane fa.
Inferno e Blades avevano proseguito lungo il buio corridoio fino alla sua fine, trovandosi di fronte a
un vicolo cieco. Avevano camminato per quasi un'ora e perso tempo inutilmente, così fecero marcia
indietro senza indugiare oltre.
Prima di giungere alla biforcazione incontrata all'andata, dove speravano di avere migliore fortuna
scegliendo l'altra via, si ritrovarono a passare a fianco dello strano locale dove avevano visto il
Quintessenziano e quel drone e, gettando nuovamente lo sguardo attraverso la medesima apertura,
videro che dal loro passaggio le cose erano un po' cambiate.
La stanza era stata arredata con sontuosi drappi verdi bordati in oro, inoltre al suo interno vi si
trovavano molti altri droni ed alieni. Il robot visto l'ultima volta era in piedi a fianco del portone
d'ingresso, sull'attenti, mentre un altro, più simile ad un insetto, viola, col volto e le giunture verde
chiaro, stava in piedi sotto quella specie di altare dall'altra parte della passerella. Al suo fianco, un
Quintessenziano con tre sole facce, mentre un altro, anch'esso con soli tre volti, si trovava in cima a
quell'altare, e stringeva nei tentacoli una piccola sfera che sprizzava scintille; altri quattro
Quintessenziani, tutti recanti quattro volti, discutevano tra loro sottovoce sul balcone che dominava
il locale.
A parte il sommesso brusio di questi quattro, nel locale regnava il più assoluto silenzio. Inferno era
profondamente curioso di scoprire cosa stava succedendo, ma Blades lo afferrò per un braccio,
facendogli un gesto col capo in direzione della loro destinazione, come per dirgli che dovevano
proseguire.
Inferno stava per cedere all'invito del compagno, quando una voce nasale riattirò la sua attenzione
sull'interno della stanza.
“Salutate Alpha Quintesson, primo figlio di Quintessa!”
Le parole furono pronunciate dal drone all'ingresso, che contemporaneamente batté l'asta che
reggeva in pugno sul pavimento per cinque volte.
I quattro Quintessenziani in alto fecero largo a un nuovo arrivato, che si collocò in mezzo a loro;
Inferno osservò che aveva una celata sul volto, e dietro di lui poteva scorgere la sagoma di quello
che appariva essere un Transformer.
Alpha Quintesson fece un cenno con una delle sue quattro braccia, poi il drone parlò ancora.
“Presiede la corte di Quintessa il giudicatore Deliberata.”
Il Quintessenziano sull'altare batté la strana sfera che reggeva per tre volte.
“L'accusa è rappresentata da Inquirata.”
Il Quintessenziano sulla passerella fece un cenno coi tentacoli.
Inferno osservava con attenzione.
“Ha tutta l'aria di un processo,” sussurrò a Blades, “voglio vedere chi è l'imputato.”
Il Minicon scrollò le spalle: secondo lui era solo una perdita di tempo, ma in fondo potevano
cogliere l'occasione per riposarsi un po'.
Il giudicatore, dall'alto della sua posizione, batté la sfera sul piano davanti a lui e disse:
“Portate qui l'imputato. Ghyrik?”
Il grosso drone insettoide sotto di lui fece qualche passo, poi disse con voce roca:
“Fate entrare il prigioniero.”
L'altro drone, quello di fianco all'ingresso, batté l'asta una volta, e fecero il loro ingresso altri due
droni simili a Ghyrik, soltanto leggermente più piccoli e di colore tendente all'azzurro. Stavano
trascinando un Transformer color rosso fuoco che Inferno non conosceva.
Il prigioniero venne portato fino al centro della passerella, dove spuntarono dei ceppi coi quali
venne prontamente immobilizzato dalla sua scorta. I due droni più piccoli si ritirarono con un
inchino, tornando da dove erano venuti.
“Di cosa è accusato l'imputato?” chiese il giudicatore Deliberata.
“Alto tradimento, resistenza all'arresto e incitamento alla rivolta.” gli rispose Inquirata, “Inoltre ha
distrutto due droni di sorveglianza durante un tentativo di fuga.”
“Qual è il suo nome?” chiese ancora Deliberata.
“Non lo so.” rispose l'altro Quintessenziano, “Perché non glielo chiediamo?”
Ghyrik si avvicinò al prigioniero, che si reggeva a malapena in piedi, e gli sollevò il capo con una
delle sue appendici prive di mani, simili alle zampe di un insetto.
“Hai sentito?” chiese, “Come ti chiami?”
Sulle prime il prigioniero non rispose, poi Ghyrik gli appoggiò sul ventre l'altro braccio,
somministrandogli una leggera scarica, che fece urlare il Transformer e lo fece cadere in ginocchio.
Ghyrik si chinò su di lui, poi gli alzò nuovamente il volto, solo stavolta il suo gesto risultò più
minaccioso, poiché col bracciò mimò l'atto di puntare un'arma al mento del Cybertroniano.
“Allora?” chiese, “Stiamo aspettando.”
Il Cybertroniano strinse i denti.
“Ironhide.” disse, “Mi chiamo Ironhide.”
Oggi.
Hot Rodimus e la sua squadra erano tornati alla base, dove ora attendevano il responso di Ratchet e
First Aid riguardo lo stato di Inferno, Blades e Sideswipe.
I due medici erano chiusi in infermeria da ore, e tutti i presenti iniziavano a essere nervosi.
Hubcap non la smetteva di parlare, tentando di distrarre Windcharger parlando del più e del meno.
Springer attendeva perfettamente immobile, in completo raccoglimento, e al suo fianco si trovava
Huffer, appoggiato al muro con le braccia incrociate. Trailbreaker si lucidava la bocca da fuoco in
cui terminava il suo braccio sinistro, mentre Gears gli passeggiava nervosamente davanti.
Smokescreen non aveva retto alla tensione ed era andato a fare due passi accompagnato da Wheelie,
e poco dopo la loro partenza erano giunti Slammer, Jazz, Groove, Prowl, Sunstreaker e Tailgate.
“Novità?” chiese quest'ultimo avvicinandosi a Windcharger, ma l'altro Minicon scosse il capo.
Poco dopo, la porta dell'infermeria si aprì, e ne uscì fuori First Aid.
“Allora?” chiese Groove, che era il più vicino.
“Posso solo dirvi che Sideswipe non è in pericolo.” rispose, “Per gli altri due saranno necessarie
ulteriori analisi.”
Il Minicon sparì in direzione del deposito, dal quale doveva prelevare alcuni ricambi, accompagnato
da Prowl, che si offrì di aiutarlo. Windcharger tirò un sospiro di sollievo, e come lui anche Tailgate,
che gli mise una mano sulla spalla. Hot Rodimus non ne era sicuro, ma gli parve di cogliere una
profonda felicità anche sul volto di Sunstreaker.
First Aid e Prowl tornarono poco dopo, poi il Minicon sparì nuovamente in infermeria per ore.
Smokescreen e Wheelie tornarono e vennero aggiornati sulle condizioni di Sideswipe, poi rimasero
lì ad attendere con gli altri.
Infine, First Aid fece nuovamente capolino dall'infermeria; insieme a lui stavolta c'era Ratchet.
“Sono fuori pericolo.” disse il Transformer, “Potete entrare a salutarli, ma solo per pochi minuti.”
Sunstreaker, Tailgate e Windcharger si recarono al capezzale di Sideswipe, che sembrava stare
piuttosto bene, nonostante le evidenti bruciature. Jazz, Groove, Prowl e Slammer attesero fuori,
mentre Hot Rodimus e gli altri andavano da Inferno e Blades.
I due Autobots parevano provati dalle loro ultime vicissitudini, tanto che i sensori ottici di Blades
lampeggiavano, come se si trovasse in bilico tra Blocco Statico e non. Inferno salutò tutti con un
sorriso, e Hot Rodimus gli strinse una mano.
“Non mi hai dato neppure il tempo di ringraziarti, su Cybertron.” gli disse, “Bel colpo, tra
parentesi.”
Inferno si limitò a sorridere ancora, poi il suo volto si fece serio.
“Io... Noi...” sussurrò con un filo di voce.
“Non ti sforzare,” gli disse Hot Rodimus, “ci sarà tempo in seguito.”
Ma il volto di Inferno tradiva una certa urgenza, accompagnata a frustrazione; non ebbe però tempo
di spiegarsi, perché finì nuovamente offline.
Hot Rodimus gli appoggiò delicatamente la mano sulla branda, e fece segno ai suoi di andare a
salutare Sideswipe prima di lasciare l'infermeria. Il Transformer rosso pareva essersi ripreso
pressoché completamente, tant'è che si stava già punzecchiando con Sunstreaker.
“Sei i-nu-ti-le!” lo canzonò il Transformer giallo, “I tuoi compagni mi hanno raccontato che sei
caduto in Blocco Statico non appena ti sei visto il nemico davanti...”
“Non è vero!” replicò energicamente Sideswipe, “Credi che queste bruciature me le sia fatte da
solo? Tu saresti finito in un blocco di metallo fuso, se fossi stato lì al mio posto!”
“Ah, sì?” disse Sunstreaker, “E invece tu...”
Ma non ebbe modo di terminare la frase, perché Ratchet, aiutato da First Aid e Tailgate, lo trascinò
fuori dell'infermeria con la forza.
Sideswipe sorrise osservando la scena, ma non era un sorriso di compiacimento, bensì di pura
felicità: Hot Rodimus pensò che i due, nonostante il loro atteggiamento, erano legati come fossero
Transformer e Minicon.
Comunque Sideswipe fu ancora più felice quando vide i suoi compagni venire verso di lui e
riferirgli che anche Inferno e Blades stavano sostanzialmente bene. Si fece raccontare la fine della
battaglia, ringraziando Huffer per averlo trasportato e Hot Rodimus e Wheelie per averlo salvato,
poi Ratchet tornò e invitò tutti a lasciare riposare i suoi pazienti. Ubbidienti, gli Autobots
abbandonarono l'infermeria per tornare alle loro normali mansioni, ma Hot Rodimus venne bloccato
in corridoio da Slammer.
“Congratulazioni per il buon esito della missione.” disse il Minicon; l'altro si limitò ad annuire.
Slammer proseguì.
“So che ultimamente non sono stato molto d'aiuto,” disse, “e che probabilmente non ti ho fatto una
buona impressione finora...”
Hot Rodimus fece per negare, ma Slammer glielo impedì.
“Tuttavia,” continuò, “vorrei che mi permettessi di parlare con i due fuggitivi, non appena staranno
bene.”
“Certamente.” rispose il Transformer, “Ma... scusi, signore, c'è forse qualche problema?”
Slammer sospirò.
“Mi spiace di aver agito senza la tua approvazione,” disse, “ma quando hai comunicato di preparare
l'infermeria per i tuoi compagni fuggiti da Cybertron, ho chiesto a Ratchet e First Aid di controllare
che nei loro corpi non fossero nascosti bombe o dispositivi di tracciamento.”
Hot Rodimus era infastidito dal fatto di non essere stato consultato, tuttavia ammise con se stesso
che era talmente preso dal ritorno dei compagni dispersi da non averci minimamente pensato.
Comunque era anche felice dal fatto che Slammer fosse uscito dalla depressione, e che da ora in
avanti potessero contare nuovamente su di lui.
“Teme un inganno, signore?” chiese poi.
“Spero di no.” rispose il Minicon, “Ma fuggire da Cybertron, col pianeta in mano ai Decepticons,
infestato da quelle creature spaventose? So che Inferno e Blades sono veterani pluridecorati... ma
meglio essere sicuri che non siano le pedine inconsapevoli di qualcun altro.”
06 – L'incidente
Tre settimane fa.
Il Quintessenziano chiamato Inquirata chiese alla corte di far entrare il suo primo testimone.
Il droide usciere batté l'asta sul pavimento, il portone si aprì e fece il suo ingresso un grosso robot
che Inferno e Blades conoscevano, almeno per sentito dire nelle prigioni. La sua stazza, le ali
scarlatte sul dorso... poteva essere solo Apeface, uno di quei misteriosi robot che avevano preso il
controllo dei Decepticons.
Il Triple Changer pareva decisamente poco a suo agio e si bloccò sulla soglia. L'usciere gli fece
cenno col capo di avanzare, mentre Inquirata gli indicò di mettersi a fianco di Ironhide.
Apeface guardò il prigioniero, ancora piegato in due dal dolore. A Inferno parve di scorgere un
accenno di pietà nel suo sguardo... ma fu solo un istante.
“Apeface,” iniziò Inquirata, “riconosci l'accusato?”
Il Triple Changer annuì.
“Sì,” rispose, “si tratta del Cybertroniano che ho catturato sulla Terra.”
“Sulla Terra?” interruppe uno dei quattro Quintessenziani a quattro volti sul balcone, “Come
possono essere già qui?”
Gli rispose uno dei compagni al suo fianco, mostrando un volto giocondo bordato di oro.
“Non è stato informato, lord Vashik?” disse, “Il Gate di quel settore è stato completato in anticipo
sui tempi... possiamo arrivare sulla Terra in un paio di giorni e viceversa, ormai. Basta imboccare il
giusto portale, senza complicate impostazioni, a differenza di quel rudimentale Ponte Spaziale di
cui abbiamo trovato i resti qui su Cybertron.”
Inferno imprecò in silenzio: dunque la distruzione dell'apparecchio aveva solamente rimandato
l'inevitabile.
“Possiamo tornare al processo?” chiese Alpha Quintesson, “Da troppo tempo non assisto a un
procedimento legale, e la cosa mi diverte.”
I due Quintessenziani si scusarono, e fecero cenno all'accusa di riprendere.
Inquirata sfoggiava un volto serio, adornato di aculei neri e gialli sul capo.
“Apeface, puoi raccontarci le circostanze della sua cattura?” chiese, e il Decepticon prese a
raccontare dell'inseguimento di Scamper sulla Terra e della battaglia avvenuta a Le Havre.
Questa volta il processo venne interrotto dallo stesso Alpha Quintesson.
“Ma che noia!” esclamò, “Non possiamo vedere una proiezione dei suoi ricordi?”
Inquirata cambiò volto, sfoggiandone uno sormontato da una sorta di alta corona verde scuro.
“Sono spiacente, Alpha Quintesson.” disse, abbozzando un inchino, “Tuttavia la struttura del
cervello elettronico di questi Triple Changer è radicalmente differente da quella dei Cybertroniani...
non è possibile utilizzare le medesime apparecchiature per la proiezione della memoria.”
“E allora inventatene di nuove, per i miei cinque volti!” sbottò Alpha Quintesson, “Non siamo forse
una razza rinomata per le sue conoscenze scientifiche?”
“Provvederemo subito a informare i nostri ricercatori dei suoi desideri, Alpha Quintesson.” gli
rispose uno dei quattro Quintessenziani al suo fianco.
Alpha Quintesson fece un cenno con un braccio, e il processo riprese; Inquirata sfoggiò il suo volto
scavato verso Apeface, come tacito suggerimento di concludere in fretta il suo resoconto.
Inferno e Blades appresero così degli ultimi sviluppi, della morte di Scamper e delle circostanze in
cui Ironhide era stato rapito.
“Molto bene.” disse Deliberata, “La giuria ha formulato un verdetto?”
Ironhide fece per alzarsi ed esclamò:
“Ehi! Che razza di processo è, senza neppure una difesa?”
Deliberata batté numerose volte la sua sfera sul piano davanti a lui, per intimare al prigioniero il
silenzio. Poiché Ironhide però non la smetteva di parlare, Ghyrik lo colpì nuovamente con una
scarica elettrica, stavolta al collo, sotto lo sguardo di Apeface; il Triple Changer evidentemente non
approvava in pieno quanto stava accadendo.
“Non ti è permesso parlare!” ringhiò Ghyrik. A Inferno e Blades parve troppo espressivo per essere
un semplice drone... probabilmente era un essere artificiale molto più avanzato, più vicino a un
Cybertroniano.
Ironhide era a terra, scosso da spasmi, incapace di fare alcunché. Ghyrik segnalò al giudicatore che
potevano proseguire.
“Dicevo,” continuò Deliberata, “la giuria ha raggiunto un verdetto?”
Alpha Quintesson e gli altri si consultarono qualche momento, poi uno di loro, sfoggiando il volto
sormontato dalla corona di aculei neri e gialli, avanzò fino al parapetto e disse:
“L'unico possibile, ovviamente... Colpevole!”
Deliberata batté la sfera ancora una volta, poi rivolto al prigioniero chiese:
“Hai sentito? Hai qualcosa da dire?”
Ironhide si sforzò di mettersi in piedi, poi, guardando fisso Alpha Quintesson con aria di sfida,
ringhiò:
“I miei amici torneranno. E qualunque destino abbiate in serbo per me, il vostro sarà mille volte
peggiore.”
“A proposito,” intervenne uno dei Quintessenziani della giuria, “cosa ci propone il boia,
quest'oggi?”
Inferno in quell'istante capì che il processo era solo l'antipasto in attesa del vero spettacolo,
l'esecuzione.
Si fece avanti Ghyrik.
“Vi piacerà.” disse, “Ho pensato che vi avrebbe fatto piacere rivedere un lascito dei giorni antichi,
qualcosa che rimase qui su Cybertron, completamente dimenticato. Fui sorpreso di trovarlo ancora
in vita, al nostro ritorno su questo pianeta... ma probabilmente è soltanto un'ulteriore testimonianza
della genialità della razza Quintessenziana.”
Oggi.
Sideswipe venne dimesso in giornata, al termine del ciclo di ricarica. Immediatamente rassicurò
tutti delle sue condizioni e, a ulteriore riprova del fatto che si era ripreso, la prima cosa che fece fu
di lucidare la sua carrozzeria per eliminare la fuliggine rimasta.
Con un pensiero in meno per la mente, Hot Rodimus si mise alla ricerca di Jazz, trovandolo nella
sua stanza ad ascoltare musica terrestre e tutto volume.
“Entra pure.” disse Jazz, abbassando lo stereo.
Hot Rodimus si accomodò, poi venne al sodo senza tanti preamboli.
“Ho riflettuto sulla tua proposta.” disse, “Secondo me non è più necessario che io parta insieme a
Slammer.”
Jazz sorrise.
“Immaginavo che alla fine avresti rifiutato.” rispose, “Anche a me è parso che Slammer stia
decisamente meglio... gli serviva semplicemente qualcosa che lo tenesse impegnato. Spero solo che
ora non esageri, e lasci a quei poveretti il tempo di riprendersi.”
Ovviamente alludeva a Inferno e Blades; Hot Rodimus sorrise a sua volta.
“A proposito di loro,” continuò Jazz, “hai voglia di far loro visita? Devo discutere con Ratchet e
First Aid riguardo alle scorte di ricambi... sai, non potendo più contare sui rifornimenti da
Cybertron... comunque se ti va puoi venire con me.”
Hot Rodimus accettò con piacere, e insieme si diressero verso l'infermeria.
Ratchet stava controllando Inferno coi suoi scanner per l'ennesima volta. Il Transformer non si era
più risvegliato e, nonostante i valori fossero buoni, il medico iniziava a essere preoccupato.
L'unico valore leggermente fuori della norma riguardava gli impulsi cerebrali: era un'oscillazione
minima, facilmente correggibile, tuttavia non si azzardava a intervenire sul software di Inferno
finché questi non si fosse risvegliato.
Era strano che fosse ancora in Blocco Statico: in fondo il grosso dei danni riguardavano la corazza e
le giunture, non i sistemi centrali. Probabilmente, considerato ciò che aveva saputo dagli altri
riguardo il suo sacrificio su Cybertron, era stato catturato dai Decepticons, e ora stava ancora
subendo le conseguenze della prigionia e delle angherie subite... forse per la prima volta da
settimane si sentiva al sicuro, e poteva finalmente riposare.
Ratchet si voltò solo un istante per verificare un dato sui monitor che Inferno si ridestò
d'improvviso, lanciando un urlo atroce.
La base venne scossa da un'esplosione, i corridoi vicini all'infermeria si riempirono di fumo mentre
scattava l'allarme antincendio. In brevissimo tempo Skyfire, che si trovava lì vicino, fu sul posto, e
senza indugio si precipitò dentro l'ambulatorio. Attraverso la coltre di fumo vide immediatamente
Ratchet e Inferno riversi a terra in un angolo, mentre Blades giaceva ancora sulla sua branda. Per
primo soccorse quest'ultimo, dato che si trovava più vicino all'epicentro delle fiamme, portandolo
fuori insieme al lettino, dotato fortunatamente di ruote, e all'attrezzatura di supporto vitale.
Mentre usciva dall'infermeria, pronto a rientrarvi subito, gli vennero incontro Jazz e Hot Rodimus.
“Che succede?” gli chiesero all'unisono.
“Un incendio...” rispose, “Non conosco le cause. Torno dentro a prendere Ratchet e l'altro ferito.”
“No,” lo bloccò Jazz, “a loro pensiamo noi. Tu occupati delle fiamme.”
Skyfire annuì, e mentre i suoi compagni si caricavano in spalla i due Transformers in Blocco
Statico, egli estrasse il fucile, collegandolo con un tubo alla sua schiena.
Premendo il grilletto, invece di emettere una scarica di proiettili, il mitragliatore di Skyfire fece
uscire un agente ritardante usato per lo spegnimento di incendi; in fondo la sua nuova forma
alternativa era quella di un Bombardier Canadair CL-415, quindi non c'era nulla di cui stupirsi: si
era semplicemente immedesimato nel ruolo.
In breve le fiamme vennero domate, e l'arrivo tempestivo di First Aid permise di accertarsi
immediatamente delle condizioni dei feriti.
Inferno e Blades erano affumicati ma illesi, Ratchet invece aveva riportato qualche danno.
Probabilmente era stato investito dall'onda d'urto dell'esplosione, perché i vetri anteriori
dell'ambulanza Horton Emergency Vehicle Series 623, ben visibili sul suo torace, erano andati in
frantumi.
In breve quasi tutti i membri di entrambe le squadre di Autobots arrivarono sul posto, insieme a
Kup, Mirage, Blurr e ad altri civili, incuriositi dall'esplosione.
Ratchet si riprese dopo pochi minuti e, dopo che si furono assicurati che stesse bene, gli altri gli
chiesero cos'era accaduto.
“A dire il vero non lo so.” disse, “Stavo controllando i monitor di Inferno, lui ha urlato, mi sono
voltato per soccorrerlo... poi più nulla. Ricordo vagamente un'esplosione, ma non...”
“Probabilmente è stato un corto circuito.” intervenne Prowl, appena uscito dall'infermeria,
“L'incendio pare essersi sviluppato a partire dalle apparecchiature a fianco del letto di Inferno...
devono essere esplose per un malfunzionamento.”
La spiegazione parve soddisfare tutti. Ratchet venne accompagnato nella sua stanza, mentre Inferno
e Blades vennero temporaneamente spostati nell'infermeria a bordo di Metroplex.
“Fortuna che nessuno si è fatto male!” disse Bluestreak, che era stato incaricato del trasporto dei
feriti.
“Già.” gli rispose Searchlight, che camminava al suo fianco, “Questi poveretti ne hanno già passate
abbastanza.”
07 – Di nuovo in squadra
Tre settimane fa.
I Quintessenziani attendevano impazienti che Ghyrik rivelasse loro la sorpresa che aveva in serbo
per loro.
“Fate aprire i cancelli!” urlò, e per tutta risposta il drone usciere batté la sua asta due volte.
Con un sinistro cigolio, un grosso cancello si aprì in fondo alla stanza. Sulle prime non comparve
nulla, si udì solo un fruscio, poi il suono di qualcosa che strisciava, finché dalle tenebre non emerse
una spaventosa creatura simile a un grosso verme marrone, con occhi rossi iniettati di sangue e
fauci che rilucevano come acciaio. Sul suo dorso erano ben evidenti numerosi innesti cibernetici, i
più evidenti dei quali erano una serie di lunghi tentacoli che terminavano in tenaglie di titanio.
“Vi presento il Dweller.” disse Ghyrik, “Questa creatura è stato uno dei primi tentativi di applicare
la tecnologia Cybertroniana a esseri organici; purtroppo il suo fabbisogno energetico era troppo
elevato, per cui il progetto è stato abbandonato. Probabilmente dopo che gli scienziati hanno
lasciato il pianeta è stato dimenticato qui, ma ha trovato il modo di sopravvivere rubando l'energia
che gli serviva per vivere... a dire il vero un tempo era molto più piccolo, immagino che il
nutrimento non gli sia mancato, in questi cicli stellari.”
“Impressionante...” mormorò uno dei Quintessenziani sul balcone, “Quanto è pericoloso, Ghyrik?”
“Molto.” replicò questi, “Catturarlo ha richiesto parecchi sforzi, ha eliminato tre squadre di
Horrorcons prima di finire in trappola.”
In quel preciso istante, la bestia ruggì, agitando i tentacoli in alto per tentare di afferrare gli
individui presenti sulla passerella.
Inquirata era visibilmente preoccupato, tuttavia Ghyrik lo rassicurò:
“Qui non può raggiungerci.”
A parte il sommesso brontolio della creatura, nella corte cadde il silenzio. Deliberata batté la sua
sfera, poi disse rivolto a Ironhide:
“Preparati ad accettare il tuo destino, Cybertroniano. Ma prima, poiché non siamo dei barbari,
scaricheremo i tuoi ricordi e li inseriremo nel nostro database, in modo che anche un'esistenza
peccaminosa come la tua abbia l'occasione di contribuire alla crescita della civiltà Quintessenziana.
Portate l'interfaccia!”
L'usciere si fece avanti reggendo un anello metallico nelle mani, che collocò sul capo di Ironhide,
nonostante i tentativi di quest'ultimo di sottrarsi all'apparecchio. Le luci della stanza si abbassarono,
e nell'aria comparve una proiezione dei ricordi di Ironhide, come se la sua esistenza stesse
scorrendo a velocità elevatissima davanti agli occhi di tutti. Era pressoché impossibile cogliere
qualcosa: solo un volto qui, un paesaggio là... solo verso la fine del processo, dove si trovavano le
memorie più recenti, si riusciva a distinguere qualcosa in più.
“Fermate il processo!” urlò Alpha Quintesson, d'improvviso.
L'usciere si affrettò a eseguire, mentre tutti osservavano il leader dei Quintessenziani in attesa di
risposta.
“Vorrei rivedere le ultime sequenze più lentamente.” spiegò.
Il drone armeggiò col dispositivo, lottando sempre contro la riluttanza a collaborare di Ironhide, e
pur senza capire eseguì quanto richiesto.
Le scene che stavano osservando ora riguardavano la battaglia finale tra Optimus Prime e
Megatron, in particolare il momento in cui Ultra Magnus respinse il primo colpo proveniente dal
gigantesco robot che era la luna di Cybertron. Dal petto di Optimus Prime veniva emanata una luce
accecante, che sosteneva Ultra Magnus dandogli la forza di resistere alla potenza schiacciante del
nemico.
“Guardate il petto di Optimus Prime.” disse Alpha Quintesson, “Cosa pensate che sia?”
“La Matrice!” esclamò uno degli alieni al suo fianco.
“Proseguiamo nella visione da qui.” ordinò Alpha Quintesson, “Aumentate leggermente la
velocità.”
Ironhide si sentiva mortificato da quella violazione del suo cervello, ma non riusciva a opporvisi in
alcun modo. Anche Inferno era disgustato dai modi degli alieni, e il pensiero di fuggire era
completamente sparito dalla sua mente.
Assistettero così alla fusione tra Optimus Prime e Ultra Magnus in un unico robot, quello che venne
successivamente battezzato Ultra Prime, alla loro sofferenza in seguito alla scissione, al breve check
up cui vennero sottoposti mentre Ironhide, Roller e Fireflight controllavano che il gigante nei cieli
non attaccasse ancora.
Poi videro i due Transformers tornare e fondersi un'ultima volta prima di sparire per sempre,
insieme al loro nemico, e il rammarico dei loro compagni...
“Ho visto abbastanza.” sentenziò Alpha Quintesson, “Terminate il processo e sbrigatevi a
eliminarlo, ho voglia di tornare nelle mie stanze.”
L'usciere riportò il procedimento alla massima velocità, concludendo in pochi secondi. Poi rimosse
la tiara dal capo di Ironhide e si allontanò, permettendo al giudice di pronunciare la sentenza.
“Ironhide,” disse Deliberata, “la corte di Quintessa ti dichiara...”
“Non riconosco questa corte!” urlò Ironhide, interrompendolo, “Non avete diritto di...”
In un lampo Ghyrik fu su di lui, stordendolo con una scarica al collo da una delle sue braccia
appuntite.
“Taci e accogli il giudizio con dignità.” disse ringhiando.
Deliberata riprese:
“Questa corte ti dichiara colpevole, e ti condanna a divenire vittima del Dweller!”
Quasi avesse compreso che si parlava di lui, il grosso verme in fondo al pozzo ruggì. Frattanto, nel
tunnel di servizio, Inferno stringeva i pugni.
“Andiamocene.” sussurrò Blades, “Aiutarlo sarebbe un suicidio... guardare sarebbe peggio.”
“No...” replicò Inferno, “Non aiutarlo, quello sarebbe peggio.”
Oggi.
Il mattino successivo all'incidente Inferno e Blades furono nuovamente in piedi. Piombarono senza
preavviso nella stanza del simulatore alla fine di una sessione della loro vecchia squadra, che li
accolse a braccia aperte.
“Già pronti a tornare in azione?” chiese Trailbreaker abbracciandoli.
“Ci piacerebbe.” replicò Inferno, “Ma il dottore ci ha detto di metterci a riposo per un po'.”
“Peccato!” esclamò Hubcap, scambiandosi un saluto con Blades, “Ma l'importante è che siate
tornati.”
Hot Rodimus decise di sospendere gli allenamenti per quel giorno, e propose di recarsi tutti nella
sala ricreativa e festeggiare il ritorno dei compagni. Furono ore felici, piene di discorsi, risate,
rievocazioni di vecchi episodi e racconti di imprese eroiche. Inferno e Blades sembravano sereni e
felici, e anche Hot Rodimus e Wheelie si sentirono finalmente parte della squadra. Presto ai
festeggiamenti si unirono anche altri membri del team di Jazz, tra cui Wheeljack e Bumblebee, i
quali facevano del loro meglio per celare un grosso pacco dono, con tanto di fiocco, come usa sulla
Terra.
Il mistero del suo contenuto venne svelato da Smokescreen.
“Dunque,” disse, “visto che presto o tardi tornerete in azione, ci è parso giusto che non lo faceste
impreparati. Così ho chiesto a questi due amici del team terrestre – due ottimi ingegneri, non c'è che
dire – di costruire due repliche delle vostre armi preferite.”
Blades scartò il regalo, e al suo interno si trovavano una pistola per il Minicon, con le medesime
personalizzazioni di quella che usava su Cybertron, e un lanciafiamme per Inferno, con le funzioni
anche di un fucile di precisione.
“Non so che dire... grazie.” mormorò Blades.
Inferno osservò le armi sorridente, fece per dire qualcosa, ma non vi riuscì. Il suo volto venne
attraversato da una smorfia di dolore.
“Tutto bene?” chiese Sideswipe, che era al suo fianco.
Inferno scosse la testa, poi però disse:
“Cioè, credo di sì... solo una fitta. Comunque è passato.”
Fatto salvo quel piccolo momento di preoccupazione, la festa continuò senza ulteriori problemi.
Ore dopo, quando tutti decisero di ritirarsi, Hot Rodimus si avvicinò a Inferno.
“Tutto bene?” chiese, “Altri impulsi di dolore improvvisi?”
Inferno fece cenno di no col capo.
“No, tutto a posto.” disse.
Hot Rodimus voleva essere sicuro che non stesse mentendo per non far preoccupare gli altri.
“Ricordo dal mio primo viaggio sulla Terra,” disse, “che Ratchet e First Aid eseguivano il ciclo di
riposo molto tardi... Ratchet magari è ancora un po' debole per l'incidente di ieri, però sono sicuro
che First Aid non avrà problemi a darti una controllata veloce.”
“No...” disse Inferno, “Davvero, non è necessario, sto bene...”
“No, ha ragione.” intervenne Blades, “Lo accompagno io, Hot Rodimus, e mi assicurerò che si
faccia visitare a dovere.”
Soddisfatto, il caposquadra li salutò e si recò alla sua stanza.
Il suo ciclo di riposo venne interrotto qualche ora dopo dal suono dell'interfono.
“Qui Hot Rodimus.” disse rispondendo.
“Sono Jazz.” disse la voce dall'altra parte, “Spiacente di disturbarti, ma ci sono problemi...
raggiungimi in sala riunioni.”
Pochi minuti dopo, Hot Rodimus arrivò sul luogo, trovandovi già, oltre allo stesso Jazz, anche
Inferno, Blades, Ratchet e Slammer.
“Che succede?” chiese.
“I qui presenti Inferno e Blades,” disse Jazz, indicandoli col pollice, “sostengono che li hai mandati
a cercare First Aid per un check up, è così?”
“Sì.” rispose Hot Rodimus, “Qual è il problema?”
“Il problema,” rispose Ratchet, “è che non l'hanno trovato. Da nessuna parte. Sostengono di averlo
cercato ovunque, poi sono venuti da me per vedere se era nella mia stanza, ma al momento ero solo.
Mi sono preoccupato e ho chiamato Jazz, la sua squadra l'ha cercato ancora per tutta la base, ma
nulla. Allora abbiamo chiesto a Slammer di vedere se si trovava su Metroplex, ma pare non sia
neppure lì.”
“Non risponde neanche al comunicatore.” aggiunse Jazz, “Dubito che sia uscito sul pack, ma al
momento non vedo altre possibilità. Posso contare sui tuoi soldati per la ricerca?”
“Certamente!” esclamò Hot Rodimus, “Li faccio radunare subito.”
Poco dopo, le squadre di Jazz e Hot Rodimus, insieme a Bluestreak, Searchlight e a un altro paio di
Autobots dello staff di Slammer si radunarono in prossimità dell'uscita della base, nascosta in una
formazione di ghiaccio vicinissima al Polo Nord. Anche Kup, Mirage e Blurr volevano dare il loro
contributo, ma vennero convinti a rimanere con Ratchet perché non facesse la sciocchezza di uscire
anche lui. Inferno e Blades invece non vollero sentire ragioni: erano parte della squadra, quindi
avevano il diritto, anzi il dovere di unirsi alle ricerche. Avevano già provveduto a riformattarsi in
veicoli terrestri durante la giornata appena trascorsa, così, quando uscirono a fianco degli altri e si
trasformarono, Inferno assunse le fattezze di un'autopompa Seagrave Marauder II, mentre Blades si
tramutò in un piccolo elicottero rosso e bianco, un Bell 407 Helitack.
Il gruppo si divise in unità di quattro elementi ciascuna e, mentre infuriava la tormenta, la ricerca
ebbe inizio.
08 – Ricerca
Tre settimane fa.
Inferno si mosse come un fulmine.
Dopo aver congelato la parete con l'aiuto di Blades, il Transformer l'abbattè e balzò sulla
piattaforma al centro del pozzo, per poi stendere Apeface con un pugno.
Il Triple Changer cadde all'indietro, ma fu sufficientemente pronto per afferrarsi alla passerella,
evitando di cadere nelle fauci del Dweller. Non fu altrettanto fortunato il drone usciere, che venne
colpito da una spallata di Blades, e finì sul fondo della stanza. Immediatamente il mostro fu su di
lui, e non ebbe neppure il tempo di emettere un grido.
I Quintessenziani presero ad agitarsi: Deliberata si nascose sotto il tavolo del giudicatore, Inquirata
dietro a Ghyrik, mentre Alpha Quintesson e gli altri quattro sparirono attraverso un passaggio
segreto. Inferno e Blades comunque non erano interessati a loro, volevano semplicemente liberare
Ironhide e andarsene il più presto possibile.
“Un click e sarai libero.” disse Inferno al prigioniero, chinandosi per aprire i ceppi.
“Attento!” urlò Ironhide, ma era troppo tardi.
Inferno venne colpito alle spalle da un calcio, e rischiò di precipitare di sotto. Si voltò per
identificare l'attaccante, e vide che si trattava di Sixshot.
L'Autobot maledì se stesso: solo ora si ricordò della figura giunta con Alpha Quintesson e rimasta
nell'ombra. Durante tutto il processo era stata perfettamente immobile e in silenzio, al punto che si
era dimenticato della sua presenza.
Inferno si rialzò appena in tempo per parare un altro calcio, mentre Blades giungeva in suo
soccorso.
“Preparati alla connessione!” urlò il Minicon, ma Inferno lo fermò.
“No,” disse, “libera Ironhide!”
Inferno infatti aveva visto che Apeface si stava tirando su, e da solo contro due, benché potenziato
dall'energia di Blades, non ce l'avrebbe fatta a resistere e liberare il prigioniero.
La comparsa di Sixshot fece ritrovare il coraggio a Ghyrik, che si avvicinò per partecipare alla
battaglia. Da una delle sue braccia prive di mani comparve una frusta simile a quella delle guardie
della prigione, con la quale tentò di colpire Blades a distanza. Il Minicon evitò agilmente il colpo,
ma nel farlo si sbilanciò, rischiando di cadere. Guardò verso il basso e vide il Dweller sotto di sé
che infilzava coi tentacoli metallici la carcassa del drone precipitato, banchettando con la sua
energia, e fu uno stimolo sufficiente a tirarsi su il più in fretta possibile.
Lo scontro tra Sixshot e Inferno impedì a Ghyrik di disturbarlo ulteriormente, e in breve Ironhide fu
libero.
“Stai bene?” gli chiese il Minicon.
“Sopravviverò.” rispose il Transformer rosso.
“Allora cerca di fuggire da qui,” replicò Blades, “io devo aiutare il mio compagno.”
Ciò detto, Blades corse verso Inferno chiamandolo per nome, per poi trasformarsi a mezz'aria in
fucile congelante. Inferno lo afferrò al volo, facendo fuoco verso Apeface e congelandogli entrambe
le braccia in un colpo; bloccato in quel modo, il Decepticon non riusciva più né a tirarsi su, né a
lasciarsi cadere.
Inferno tentò poi di colpire Sixshot, ma questi evitò il colpo piegandosi di lato, e la scarica finì per
centrare Ghyrik e Inquirata, i quali vennero rinchiusi in una prigione di ghiaccio. Prima che Inferno
potesse caricare un altro colpo, il leader dei Decepticons fece scattare gli artigli sugli avambracci,
sfregiando il braccio sinistro di Inferno. Il colpo fu sufficiente a far sbagliare mira all'Autobot, che
sparò in basso.
Sixshot sorrise dietro la piastra facciale, e si preparò a scattare in avanti per il colpo finale... ma non
ci riuscì.
Nella sua foga, non si era infatti accorto che l'ultima scarica del fucile congelante, pur non avendolo
centrato in pieno, gli aveva bloccato la gamba sinistra, inchiodandolo al suolo.
Quel colpo di fortuna venne accolto da Inferno con un sorriso.
“Blades!” urlò, “Potenziamento!”
Il Minicon cambiò configurazione, attaccandosi alla schiena del compagno per fornirgli la sua
energia. Inferno caricò il colpo, Sixshot fece per proteggersi, ma fu uno sforzo inutile:
improvvisamente infatti Inferno si ritrovò nel vuoto, e precipitò in fondo al pozzo.
Deliberata sorrideva compiaciuto col suo volto bordato d'oro.
“Ah!” esclamò, “Era proprio sulla botola per l'esecuzione!”
Oggi.
Hot Rodimus e Wheelie fecero squadra con Inferno e Blades. Il caposquadra temeva che questi
ultimi non fossero ancora in grado di sopportare l'inospitale clima artico, pertanto voleva assicurarsi
personalmente che non si sforzassero troppo.
Comunque non ebbero problemi a raggiungere il settore assegnato al loro team, e Blades riuscì
persino a mantenersi in volo nonostante la tormenta che infuriava.
Quando giunsero ai margini dell'area di ricerca, Wheelie estrasse lo scanner portatile e iniziò a
perlustrare l'etere in cerca della firma di First Aid.
“Nessuna risposta.” sentenziò il Minicon.
“E i sensori di movimento?” chiese Hot Rodimus, “E i metal detector?”
“Nessuna risposta dal metal detector,” rispose Wheelie, “a parte ovviamente le nostre; il sensore di
movimento mi segnala qualcosa più avanti, ma dubito si tratti di un Minicon...”
Era comunque l'unica traccia che avevano, e decisero di proseguire; purtroppo si rivelò inutile, e
incapparono solamente in un orso bianco.
Wheelie tirò fuori nuovamente tutta l'attrezzatura, alla ricerca di ulteriori segnali.
“Ho qualcosa in quella direzione.” disse, indicando un punto alla sua sinistra, “Il segnale è debole,
ma anche come massa e volume più o meno ci siamo.”
Hot Rodimus sentì riaccendersi la speranza.
“Cosa stiamo aspettando?!?” esclamò, “Trasformatevi e avanziamo!”
Nonostante il clima avverso, il team composto da Silverbolt, Powerglide, Springer e Hubcap
terminò la ricerca nel suo settore a tempo di record. Silverbolt comunicò a Slammer, rimasto alla
base per coordinare le operazioni, che sarebbero passati all'area adiacente, assegnata a Hound,
Brawn, Smokescreen e Huffer, che stavano invece trovando qualche difficoltà.
Hubcap osservò i compagni spiccare nuovamente il volo e sospirò. Era l'unico dotato di una forma
alternativa terrestre, una Toyota IQ gialla, e, oltre a non poter volare, sul ghiaccio aveva anche
qualche problema di tenuta. Ma non si sarebbe dato per vinto, avrebbe tenuto duro e non avrebbe
rallentato i compagni.
Prese così ad avanzare sul pack, sentendo i pneumatici che talvolta slittavano o giravano a vuoto,
finché non sentì una voce provenire dalla sua destra.
“Bumblebee!” gridava.
Hubcap pensò che si trattasse di un richiamo tra membri di un'altra squadra di ricerca, e proseguì
lungo la rotta dei compagni. Ma la voce insisteva.
“Bumblebee!!!”
Hubcap decise di fermarsi: forse c'era qualche problema.
Un Suzuki Kingquad 400 AS verde scuro gli si avvicinò, per poi trasformarsi e prendere le
sembianze di Brawn.
“Che ci fai qui?” chiese, rivolto a Hubcap, anche lui intento a trasformarsi, “Questo non era il tuo
settore...”
Hubcap fece per spiegargli che la sua squadra aveva ricevuto il permesso di passare a quell'area da
Slammer, ma le successive parole di Brawn chiarirono l'equivoco.
“Ma tu non sei Bumblebee!” disse il Minicon, “Sei, uh, Huffer? No, Hubcap, ecco!”
Il Minicon giallo si irritò non poco. C'era un po' di neve nell'aria ed era buio, questo glielo
concedeva, ma come aveva potuto quell'altro Minicon scambiarlo per Bumblebee? Le differenze
erano palesi... e perdipiù aveva pure confuso il suo nome con quello di un altro.
Brawn venne sommerso da un torrente di parole: un elenco delle differenze tra il suo interlocutore e
Bumblebee, un'accurata descrizione del Minicon col nome simile al suo, e per finire lo spelling –
ripetuto per ben tre volte – dell'identificativo corretto con cui rivolgersi a lui.
Brawn non capiva il motivo di tutto quell'astio, così decise di tagliare corto.
“Poche chiacchiere,” disse, “c'è ancora un disperso da trovare.”
Ma mentre i due Minicons sparivano nella tormenta, il flusso di proteste di Hubcap non fece che
intensificarsi...
D'improvviso Wheelie si fermò e, riprese le normali fattezze di robot, estrasse gli scanner dalla loro
custodia.
“Ci siamo.” disse, “Dovrebbe essere da queste parti.”
La tormenta si era intensificata, al punto che Blades aveva dovuto farsi trasportare da Inferno
nell'ultimo tratto. L'oscurità era così fitta che i fanali servivano a poco, così tutti i membri del
gruppo si trasformarono e passarono alla visione notturna o all'infrarosso per tentare di scorgere
qualcosa.
D'un tratto, Wheelie urlò qualcosa.
“Laggiù,” disse, “guardate!”
Gli altri tre membri del gruppo si avvicinarono. Intrappolato in una formazione cristallina di puro
ghiaccio, First Aid giaceva immobile, bloccato in un istante della sua esistenza. La posa in cui si
trovava faceva pensare a un tentativo di balzare via da qualcosa.
“Impossibile...” mormorò Wheelie, “Da quanto tempo è qua fuori, per essere ridotto a un blocco di
ghiaccio? A meno che...”
Ma non terminò la frase.
Blades lo colpì con una scarica della sua arma, facendolo cadere sul ghiaccio in Blocco Statico.
Hot Rodimus fece per agire, ma si ritrovò la canna del lanciafiamme di Inferno a pochi centimetri
dal volto.
“Ma cosa...” iniziò il caposquadra, ma Inferno disse:
“Mi spiace... Non vorrei, ma non ho scelta.”
09 – Il tradimento
Tre settimane fa.
Inferno atterrò sulla schiena in malo modo, schiacciando Blades col suo stesso peso e mandandolo
in Blocco Statico. Il Minicon si sganciò dal dorso di Inferno che, disarmato, aveva ora davanti a sé
il Dweller.
Istintivamente il Transformer afferrò l'asta dell'usciere, benché si rendesse conto che gli sarebbe
servita a poco. L'enorme verme allungò i suoi tentacoli verso il Transformer, che li respinse
agitando l'asta, ma il mostro l'afferrò e gliela strappò via.
Inferno indietreggiò, evitando le sferzate dell'avversario per un soffio, finché lo spazio per fuggire
non finì.
Purtroppo era la fine, non c'era modo di togliersi da quella brutta situazione... decise che avrebbe
fatto di tutto per risultare indigesto al Dweller.
Tuttavia qualcosa colpì violentemente il mostro su un lato della testa, facendolo cadere sul fianco
con un tonfo sordo. Inferno alzò lo sguardo, e vide Ironhide volteggiare a bordo della piattaforma
galleggiante che si trovava originariamente a lato dell'ingresso.
Manovrandola abilmente, Ironhide la fece atterrare e, dopo aver recuperato Blades, aiutò Inferno a
salire a bordo. Frattanto il Dweller si tirò su, il capo coperto di una mistura di sangue e olio, ruggì e
tentò di afferrare la piattaforma, per fortuna invano. In breve Ironhide la riportò a livello della
passerella, dove Sixshot e Apeface si erano quasi liberati dal ghiaccio.
“Prendeteli!” urlò Deliberata, nuovamente nascosto dietro al banco del giudicatore, “Non lasciateli
fuggire!”
Ma Inferno e Ironhide non avevano intenzione di farsi catturare. L'Autobot disse al suo salvatore di
avvicinarsi il più possibile all'apertura dalla quale era entrato, e insieme fuggirono nuovamente nei
tunnel di servizio. Giunti al bivio, presero l'altra via, e Inferno pregò Primus che non portasse a un
nuovo vicolo cieco.
Blades, che fino ad allora era stato trasportato da Ironhide, finalmente si riprese, ed essendo in
grado di correre smise di rallentare il gruppo.
Frattanto Sixshot era nuovamente libero, e con un balzo raggiunse anch'egli i tunnel. Corse fino al
bivio, poi, incerto sulla via da prendere, si tramutò in giaguaro per potenziare i suoi sensori olfattivi
e, una volta individuata la direzione giusta, si lanciò all'inseguimento.
Il Decepticon era molto più rapido dei fuggitivi, e Inferno poteva già sentirlo avvicinare. Ma poco
più avanti a dove si trovavano loro intravedeva una luce, e si faceva sempre più vicina...
Il tunnel sbucava fuori dell'edificio, a livello della strada. Ironhide riuscì a forzare la grata che lo
bloccava senza problemi, e in breve i tre furono liberi.
“Andiamo!” propose Ironhide, “Lo Spazioporto è da questa parte!”
Il Transformer aveva già iniziato a correre, ma Inferno e Blades non lo seguirono.
“Che state aspettando?” li esortò Ironhide, “Forza, possiamo farcela!”
Ma i due Autobots continuavano a guardare verso l'apertura dalla quale erano usciti, ora occupata
da un'enorme belva meccanica alata.
“Vai avanti.” disse Inferno, rivolto al compagno, “Noi ti raggiungiamo dopo.”
Dal tono Ironhide capì che discutere sarebbe stato inutile. Così si trasformò in un furgone
Volkswagen Eurovan T5 e sparì per le strade di Iacon, augurando ai compagni buona fortuna.
Blades si avvicinò a Inferno.
“Credi che ce la farà?” chiese il Minicon, guardando il nuovo amico sparire all'orizzonte.
“Lo spero.” replicò l'altro.
Poi Blades si fuse ancora una volta alla schiena di Inferno e insieme affrontarono la belva, che si
scagliò a sua volta contro di loro...
Oggi.
Blades girò sul dorso il corpo inerte di Wheelie, per poi aprire il vano sul suo torace.
“Niente.” disse, “Non è neanche lui.”
“Questo significa,” disse Inferno, “che dev'essere Hot Rodimus il nuovo custode della Matrice!”
Il caposquadra Autobot scosse la testa.
“Non capisco di che parli.” disse, “La Matrice è andata perduta insieme a Optimus Prime, il nostro
ultimo leader...”
“Ah, sì?” ringhiò Inferno, costringendo Hot Rodimus a voltarsi verso di lui col braccio libero dal
fucile, “E questa come la spieghi?”
Colpendo la piastra pettorale di Hot Rodimus sul comando d'apertura di emergenza e facendola
saltare via, Inferno fece scaturire dal corpo dell'altro Transformer un raggio di luce accecante,
talmente forte da tramutare la notte in giorno; la fonte di quell'immensa potenza era ovviamente
l'antico artefatto che cercava.
“Finalmente...” mormorò Blades, avvicinandosi per ammirarla meglio.
“Perché ce l'hai tu?” chiese Inferno, puntando l'arma contro il torace privo di difese del prigioniero.
“Optimus Prime me l'ha lasciata prima di affrontare Megatron.” rispose Hot Rodimus, “Mi offrii di
consegnarla a Scamper non appena le cose si sistemarono, ma lui mi chiese di tenerla nascosta
ancora per un po'.”
“Ora capisco...” sussurrò Inferno, “Per questo non ti hanno concesso di tornare sulla Terra. Per
questo motivo ti hanno assegnato la mia squadra, un gruppo di veterani: per proteggere la Matrice!”
Hot Rodimus annuì; era arrivato alle medesime conclusioni di Inferno già da tempo. Ora tuttavia gli
premeva di conoscere il motivo di tutto quello che stava accadendo.
“Perché?” chiese, “Inferno, Blades... l'incidente in infermeria, la sparizione di First Aid... è tutto
opera vostra? Perché avete agito in questo modo? Che interesse avete nella Matrice?”
Inferno scosse la testa.
“Tu non capisci...” disse, “I Decepticons sono solo delle pedine... i veri signori di Cybertron sono i
Quintessenziani! Sostengono di averci creato... di aver dato origine ai Cybertroniani! E hanno una
macchina per sondare la memoria... Hanno scoperto dai ricordi di un vostro compagno che Optimus
Prime, prima di sparire, era rimasto con te, Wheelie, Ratchet e First Aid, e che poteva aver lasciato
la Matrice solo a uno di voi... e loro la vogliono. Non so perché, ma la desiderano sopra ogni altra
cosa.”
Hot Rodimus capì che Inferno non agiva secondo la propria volontà dal modo in cui parlava.
Dovevano avergli fatto qualcosa... e se veramente i Quintessenziani avevano creato i Cybertroniani,
non doveva essere stato difficile.
Tuttavia mentre Blades sembrava determinato e sicuro di ciò che faceva, Inferno esitava. Forse c'era
ancora speranza per lui, e decise di provare a parlargli.
“E cos'hanno fatto a voi due, Inferno?”
Gli occhi dell'altro Transformer brillarono come stelle, mentre rievocava ciò che aveva dovuto
sopportare.
Il duello con Sixshot, la sconfitta, la cattura... e poi quel laboratorio, gli scienziati che
riprogrammavano il suo cervello e quello di Blades. E lui che resisteva, che tentava disperatamente
di aggrapparsi al suo essere... e i Quintessenziani che ridevano, che gli dicevano che resistere
avrebbe semplicemente reso tutto ancor più doloroso. Poi ricordava se stesso, sull'attenti come un
bravo soldato, e Sixshot di fronte a lui che impartiva ordini...
“Andate sulla Terra,” diceva, “e scoprite chi ha la Matrice.”
Solo allora Inferno si accorse che Hot Rodimus gli stava ancora parlando.
“Possiamo aiutarvi.” disse, “Ratchet può farlo, dovete solo fidarvi di me...”
Inferno sorrise.
“Fiducia!” esclamò, “Ah! Siamo noi quelli di cui non avreste dovuto fidarvi!”
E con un potente montante fece cadere Hot Rodimus a terra, in Blocco Statico.
“Perfetto.” disse soddisfatto Blades, chinandosi sul corpo del caduto, “Ora non resta che recuperare
la Matrice e riportarla a Cybertron.”
Inferno era d'accordo, tuttavia dalle sue labbra uscì un secco “No”.
Blades lo guardò con aria interrogativa, solo per vedere Inferno abbassare il pugno su di lui,
mettendolo offline.
Per un istante, la personalità originale di Inferno ebbe la meglio sui programmi installati dai
Quintessenziani. Già altre volte aveva tentato di riaffacciarsi in superficie, di avvertire i compagni,
ma ogni volta che Inferno tentava di andare contro le direttive impartitegli da Sixshot provava un
immenso dolore. Tuttavia ora aveva l'occasione di ribellarsi, di rovinare i piani di chi lo aveva
costretto a tradire i suoi amici: gli ordini erano di scoprire chi possedeva la Matrice, non di
recuperarla.
Certamente i Decepticons non sarebbero stati contenti, forse lo avrebbero eliminato – meglio così,
piuttosto che un'esistenza da burattino nelle loro mani – ma almeno i suoi amici avrebbero
guadagnato un po' di tempo.
Prese Blades sotto braccio e decise che era tempo di andarsene. Avrebbe rubato una navicella e
sarebbe tornato a Cybertron per riferire il successo della missione. Si chiese se Hot Rodimus avesse
ragione, se Ratchet potesse effettivamente aiutare lui e Blades a tornare loro stessi, ma preferiva
non rischiare di fare altro male ai suoi amici. Così, dopo aver comunicato la posizione di First Aid
alle altre squadre, sparì nella tormenta senza lasciare traccia.
Epilogo
Sixshot era furibondo.
Octane gli aveva appena comunicato che i due infiltrati fra gli Autobots erano appena tornati alla
nave d'appoggio ai margini del Sistema Solare, ma che lo avevano fatto a mani vuote.
Non appena udì la loro giustificazione – che la missione prevedeva di scoprire chi possedesse la
Matrice, non di recuperarla – il leader dei Decepticons capì di essere stato giocato.
Qualcosa non aveva funzionato nel condizionamento del Transformer... il suo Minicon affermava di
essere stato messo fuori combattimento proprio da lui, e a un passo dall'impossessarsi della Matrice.
Quando aveva scoperto dai ricordi di Ironhide che tutti i possibili custodi dell'artefatto erano sulla
Terra e che Inferno e Blades ne conoscevano alcuni, Sixshot pensò che il destino gli stesse servendo
la Matrice su un piatto d'argento, che finalmente avrebbe avuto l'occasione di compiacere Alpha
Quintesson... e invece aveva fallito ancora.
“Riportateli su Cybertron.” disse rivolto a Octane, sullo schermo, “Sottoporremo Inferno a un
nuovo ciclo di condizionamento... poi si vedrà.”
Octane annuì.
“Lord Sixshot?” chiese poi, ossequioso come sempre.
“Che c'è?” chiese brusco il Six Changer.
“A me e alla mia squadra non è affatto piaciuto fingere di perdere contro gli Autobots.” disse l'altro,
“Vorrei che ci concedesse l'opportunità di una rivincita.”
Sixshot scrollò le spalle.
“Come vuoi.” rispose, “Hai forse già in mente qualcosa?”
Octane sorrise.
“Oh, sì...” disse, “Certo che sì...”
Continua...