FOTOgraphia, n. 163, lug. 2010
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FOTOgraphia, n. 163, lug. 2010
LA VIE EN ROSE di Maurizio Rebuzzini ssolto il dovere di cronaca, con la certificazione che la personale La vie en rose, di Malick Sidibé, ritrattista del Mali, a cura di Laura Serani e Laura Incardona, è allestita nell’ambito dell’attuale quinta edizione di Fotografia europea, a Reggio Emilia fino al trentuno luglio, scartiamo a lato. Da una parte, sia in senso giornalistico sia per altri nostri distinguo (che ci tengono accuratamente lontani da quei voli pindarici che si esauriscono in se stessi e nell’appagamento individuale dei curatori, di certi curatori), la consistente selezione di ritratti di Malick Sidibé ci appare lontana da qualsiasi idea di Incanto (tema della manifestazione). Da un’altra parte, continuiamo a non sintonizzarci su quell’eccesso di teoretica speculativa, che dà spessore e valore alla fotografia soltanto mediante alzate di tono assolutamente artificiose. Personalmente, siamo convinti che tutto transiti a livello più basso, ma non per questo inferiore (anzi, è vero l’esatto contrario). Così come siamo persuasi di quanto la Storia dipenda soprattutto, o forse soltanto, dalla consecuzione di una serena cronaca quotidiana. Giorno dopo giorno, la vita; scatto dopo scatto, la fotografia. A Studio Malick; Bamako, 1977. do vengono presentate con cura: raffinati ingrandimenti in mostra, accurate messe in pagina di monografie illustrate. Ciò a dire che qualsivoglia archivio di fotografo di paese, e tanti ce ne sono anche in Italia -basta avere la voglia e possibilità di andarli a individuare e valorizzare-, contiene esattamente lo stesso identico materiale: volti e posture che esprimono molto oltre l’intenzione originaria del ritratto finalizzato (dalla semplice fototessera al posato più intenso), arrivando a rappresentare straordinarie so- Ampia personale di Malick Sidibé, ritrattista del Mali, allestita a Reggio Emilia nell’ambito del contenitore della Fotografia europea [sic], che da cinque stagioni si propone e offre come osservatorio privilegiato dell’espressività visiva contemporanea. Quest’anno è di scena l’Incanto, inteso come senso e direzione di uno sguardo affascinato, meravigliato, positivo, proiettato in avanti, che sa vedere con occhi nuovi ciò che sta di fronte, che si interroga sui segni di trasformazione e cambiamento ESAGERAZIONI Non stiamo per rilevare che la fama internazionale di Malick Sidibé, che recentemente lo ha anche portato ad ottenere incarichi nella moda, per la quale ha declinato lo stilema maturato in decenni di fotografia quotidiana, sia immeritata. Dio ce ne scampi! Però, dal punto di vista privilegiato di una osservazione della Storia della fotografia, e del suo conseguente linguaggio, da angolature a un tempo classiche e anticonformiste, come è nella nostra natura e preparazione, non possiamo non prendere qualche distanza. Per quanto Malick Sidibé meriti ampiamente i riconoscimenti che da qualche anno gli vengono attribuiti, e che lo hanno proiettato nell’Olimpo degli autori significativi del Novecento, dobbiamo comunque rilevare quanto questa sorta di ri-valutazione della fotografia quotidiana sia quantomeno sospetta. Infatti, come tutti ben sappiamo, il valore dell’immagine dipende anche, e spesso soprattutto, dal proprio contenitore, dalla propria forma. Così, fotografie semplicemente banali acquistano spessore e significato se e quan- 42 cialità e inquietanti cambiamenti del Tempo. In questo senso, ogni manifestazione fotografica che si rispetti, da tempo accosta le immancabili passerelle di autori affermati e celebrati dalla Storia con rassegne individuate all’interno di esperienze professionali quotidiane, fino a ieri l’altro ignorate, se non già addirittura disdegnate. Se servisse, a conferma, segnaliamo che L’Été des Portraits 2010, festival che si svolge a Bourbon-Lancy, in Bourgogne du Sud, Francia, fino al ventisei settembre, per il quale abbiamo commentato la presenza di ritrattisti italiani (da pagina 34), ha giusto in programma la celebrazione di Germain Eblé, fotografo della provincia francese, attivo dagli anni Trenta. Se tutto dovesse andare per il verso giusto, anche l’oscuro Germain Eblé, oscuro fino all’altro giorno, potrebbe essere proiettato in avanti e alto, e trovare posto nella Storia. Vue de dos, Studio Malick; Bamako, fine anni Novanta. 43 Studio Malick; Bamako, 1977. Non conosciamo ancora i suoi ritratti, e ci auguriamo che siano degni di particolare nota. Però, per esperienza diretta, sappiamo bene come e quanto queste proposizioni dell’ultima ora siano quantomeno modeste, spesso inferiori alla soglia di decenza minima accettabile. Non è stato così, va riconosciuto, per tante altre scoperte: tra le quali, consideriamo proprio Malick Sidibé, oggi in passerella, e anche l’avvincente Karl Hugo Schmölz (Archiv Wim Cox), di Colonia, che abbiamo avvicinato in due edizioni successive della Photokina: 60 Years of Peace, con coinvolgente testimonianza dei bombardamenti alleati su Colonia, nel 2006 [FOTOgraphia, febbraio 2007]; e Sale cinematografiche: l’architettura del cinema tra gli anni Trenta e Cinquanta, nel 2008 [Alla Photokina e ritorno, di Maurizio Rebuzzini]. Insomma, e a conclusione, noi potremmo mettere da parte tante delle nostre riserve se e quando certo potere fotografico smetterà di elevare di tono ciò che legittimamente può e deve rimanere a livelli inferiori (peraltro degni e ammirevoli, in relazione ai propri limiti oggettivi). Basta mettersi d’accordo. MERITI Devant mon faux bâtiment, Studio Malick; Bamako, 1977. 44 Fortunatamente, sia per lui sia per noi, Malick Sidibé è un ritrattista africano che merita ampiamente quanto gli viene attribuito e riconosciuto da qualche anno, che merita di stare nella Storia, appena ci si deciderà a uscire dalle visioni geograficamente americanocentriche che, per decenni, ne hanno limitato e compromesso il racconto. Senza più preconcetti, si indirizzino i propri sguardi anche verso l’Africa, l’Oriente, l’Europa dell’Est, il Sud America. Alla cronaca, ora. Allestita nei prestigiosi e autorevoli locali della Collezione Maramotti, di Reggio Emilia, La vie en rose si offre e propone come la più ampia personale italiana dedicata a Malick Sidibé. A cura di Laura Serani e Laura Incardona, sono state selezionate cinquanta fotografie, per lo più inedite, realizzate tra gli anni Sessanta e Settanta a Bamako, capitale e più popolosa città del Mali. Come è sempre riferito alla fotografia di Malick Sidibé, che rappresenta se stessa nello stesso momento nel quale identifica un continente e un’epoca, si tratta di immagini «che rivelano tutta la magia e l’entusiasmo della vita a Bamako in quegli anni, quando la voglia di stare insieme, di essere dentro il corso della storia sembrava un imperativo». Sono queste le fotografie che hanno reso famoso Malick Sidibé nel mondo: le feste degli anni Sessanta, i ritratti in studio e una selezione di stampe d’epoca (vintage, in codice) dal suo capace archivio. Ovvero, fotografie che raccontano un lungo periodo della storia del Mali, e che proprio per questo merita- Réveillon de Noël; Bamako,1963. BIOGRAFIA Malick Sidibé è nato nel 1936, a Soloba, un villaggio a circa trecento chilometri da Bamako, capitale e città più popolosa del Mali. Nel 1955, si è diplomato in disegno e gioielleria all’École des Artisans Soudanais, dove si distinse come miglior allievo. Affascinato dalla fotografia, dopo il percorso scolastico si ferma da Ge’rard Guillat-Guignard (noto con il soprannome di Ge’ge’ la pellicule) come apprendista, dopo aver ricevuto l’incarico di decorare il negozio del fotografo francese. Nel 1957, comincia a realizzare i primi reportage di feste, battesimi e matrimoni. Nel 1960, si stacca dallo studio e si mette in proprio; due anni dopo, nel 1962, apre lo Studio Malick, nel quartiere popolare di Bagadadji, dove per decenni ha svolto la sua attività di ritrattista. Parallelamente al lavoro in sala di posa, Malick Sidibé racconta le notti di Bamako e i pomeriggi di festa passati sulle rive del fiume Niger: da poco, il Mali ha ottenuto l’indipendenza e il paese è percorso da nuove energie. Le informazioni circolano, arrivano i film da Europa, India e Stati Uniti, ma è soprattutto la musica che porta cambiamenti veloci e diffusi nella società di Bamako. Malick Sidibé frequenta le feste dei ragazzi che si vestono all’occidentale e ballano al suono dei giradischi: le sue fotografie ritraggono giovani pieni di gioia, voglia di vivere, fiducia nell’avvenire. I club notturni dai nomi esotici fioriscono in città, e non c’è avvenimento al quale Malick Sidibé non venga invitato: la sua fama è talmente grande che, se non può partecipare, si sposta l’orario o addirittura il giorno del ritrovo. Dalla fine degli anni Settanta, Malick Sidibé limita la propria attività ai ritratti in studio. Dopo aver brevemente scambiato qualche parola per mettere a proprio agio il soggetto, lui stesso sceglie in che posa ritrarre le persone, riuscendo a cogliere in poche battute l’essenza della loro personalità. Nel 1994, durante la prima edizione dei Rencontres de la Photographie de Bamako, i suoi ritratti sono stati esposti per la prima volta, insieme a quelli di Seydou Keïta (l’altro grande autore di Bamako, più anziano di una decina di anni, scomparso nel 2001). Autori e critici occidentali scoprono il loro talento. Subito dopo, le fotografie di Malick Sidibé sono a Parigi, prima alla Fnac Etoile e poi alla Fondation Cartier pour l’art contemporaine; in breve tempo, musei e gallerie di tutto il mondo espongono il suo lavoro. L’autore continua a vivere e a lavorare a Bamako. Attualmente, Malick Sidibé è considerato il più importante fotografo africano vivente. La Biennale d’Arte di Venezia 2007 lo ha consacrato con il Leone d’Oro alla carriera, premio assegnato per la prima volta a un fotografo. Nel 2003, ha vinto il Premio Hasselblad, nel 2008 l’ICP Award, a New York, nel 2009 il premio PhotoEspaña - Baume & Mercier, a Madrid, e, quest’anno, il World Press Photo, nella sezione Arts and Entertainment. 45 Au club Les trois fumeurs; Bamako, 1962. no il posto in prima fila che ora viene loro riservato. Alla resa dei conti, sono fotografie che, con intenzione o meno, spontaneità o consapevolezza matura, rivelano la vita nel proprio svolgersi, raccontata attraverso una incessante consecuzione di volti e atteggiamenti, comunque sia nel quotidiano delle singole esistenze: istantanee e pose in studio, senza alcuna soluzione di continuità. L’autore Malick Sidibé è esplicito riguardo la sua attività di fotografo e il valore della sua fotografia nel contesto della storia personale e sociale del suo paese: «Credo al potere della fotografia. È per questo che ho passato tutta la vita a ritrarre le persone nel miglior modo possibile, cercando di restituire loro tutta la bellezza che potevo, perché la vita è un dono di Dio ed è migliore se la si affronta con un sorriso. Troppo spesso, l’immagine del mio paese è legata al dolore, alla povertà, alla miseria. Ma l’Africa non è solo questo e l’ho voluto mostrare nelle mie fotografie». Ancora, e nello specifico: «Da sempre possiedo un talento di osservatore. Mi piace guardare le persone, cercare di capirle, entrare in contatto con loro. Sono un testimone fedele dei mutamenti del mio paese. Perché la fotografia non mente, non quella in bianconero che ho sempre fatto io. Per questo affermo con decisione che la mia fotografia è molto 46 più sincera, autentica e diretta di qualsiasi parola. È semplice, la può comprendere chiunque e racconta un’epoca, senza nessun inganno. L’uomo ha sempre cercato l’immortalità nella pittura o nella poesia, nella scrittura, ma un tempo solo i re e i ricchi potevano avere un ritratto. La fotografia è un modo per vivere anche dopo la morte». La ricostruzione dello Studio Malick e la presenza del fotografo nei primi giorni di apertura della mostra, all’inizio di maggio, hanno permesso di vedere l’autore all’opera nella realizzazione di alcuni scatti a persone scelte a caso tra i visitatori. In occasione della mostra è stato pubblicato il catalogo La vie en rose: prima monografia italiana di Malick Sidibé. Realizzato da SilvanaEditoriale, il libro è completo di contributi delle curatrici Laura Serani e Laura Incardona e si allunga su un centinaio di immagini, il doppio di quelle in esposizione a Reggio Emilia. ❖ Malick Sidibé: La vie en rose; a cura di Laura Serani e Laura Incardona. Collezione Maramotti, via Fratelli Cervi 66, 42124 Reggio Emilia; 0522-382484; www.collezionemaramotti.org, [email protected]. Fino al 31 luglio; giovedì e venerdì 14,30-18,30, sabato e domenica 9,30-12,30 - 15,00-18,00. ❯ Volume-catalogo Malick Sidibé. La vie en rose; a cura di Laura Incardona e Laura Serani; SilvanaEditoriale, 2010; 160 pagine 17x24cm, cartonato; 35,00 euro.