Scettici gli avvocati d`affari e i commercialisti «Le banche non
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Scettici gli avvocati d`affari e i commercialisti «Le banche non
«Ma quale ripresa Le nostre aziende sono allo stremo» Scettici gli avvocati d'affari e i commercialisti «Le banche non erogano, le ditte non pagano» Boom di concordati, ecco le restrizioni anti abusi «Manca ancora la fiducia delle imprese in una svolta positiva» ^ ^ ^ H L'annunciata ripresa economica poi magari ci sarà per davvero, ma, intanto, in questo periodo agostano, gli studi degli avvocati d'affari e dei commercialisti di Bergamo non la vedono neppure col binocolo. «Non c'è questa percezione dice Mario Caffi, dello studio legale Caffi Maroncelli e associati - a parte qualche ripresina settoriale di imprese che hanno rapporti con l'estero. Le aziende, al contrario, sono allo stremo assoluto, anche perché devono fare i conti con un sistema bancario che sostiene di erogare finanziamenti a più non posso e invece in realtà lo fa col contagocce e comunque in misura insufficiente rispetto a quanto il mercato richiede. Le banche dicono che non erogano perché non c'è richiesta di finanziamenti ma è chiaro che, se si impongono criteri selettivi rigidissimi, è difficile poi trovare qualcuno idoneo. No, la situazione è ancora molto ferma e, tra l'altro, legata alla politica. Si tratta, cioè, di vedere se resiste questa stabilità di facciata attorno al governo Letta. Per ora non mi pare che ci sia molta voglia di andare alle elezioni da parte di nessuno». «Ai limiti della sopravvivenza» Dello stesso avviso Alberto Carrara, dell'omonimo studio, e presidente dell'Ordine dei commercialisti: «Segnali positivi dietro l'angolo non ce ne sono. Le aziende che operano all'estero vanno bene, ma vedo anche cali di fatturato e imprese ai limiti della ORDINE COMMERCIALISTI sopravvivenza. Bisognerà anche vedere se l'annunciato sblocco dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione sarà poi effettivamente attuato, perché, altrimenti, la situazione non cambierà. Intanto, le aziende medio grandi che sono andate in concordato preventivo hanno trascinato con sé un elenco di fornitori che vedono l'incasso dei loro crediti ridimensionato e posticipato nel tempo». Sulla stessa lunghezza d'onda Enrico Felli, dello studio legale Zonca Briolini Felli: «Le cose non sono messe bene, tutte le crisi aziendali principali sono tuttora aperte, dalla Magnetti alla Cavalieri, e non mancano i timori sulla copertura della Cassa in deroga e sui ritardi dei pagamenti, problema, questo, che non riguarda solo la pubblica amministrazione. Le crisi aziendali hanno imposto alle banche di fare Pag. 1 accantonamenti sui crediti in sofferenza, le sofferenze riducono la liquidità che viene data in misura ridotta anche alle imprese sane, e così riscuotere diventa un'impresa. Faticano a incassare le aziende, ma anche i professionisti». E il commercialista Gianfranco Massarelli, dello studio Aspesi e Arsuffi e associati: «Non solo la situazione è tutt'altro che rosea, ma non si vede proprio una via d'uscita, e le imprese sono in difficoltà soprattutto sul fronte della liquidità. Vanno bene le aziende che esportano, soffrono quelle che invece operano sul mercato interno. Non vedo, per ora, un cambio di direzione, mi sembra una situazione stabile in negativo, in particolare per settori come l'immobiliare e il tessile. Non c'è fiducia per l'autunno, le previsioni dei nostri clien- ti sono all'insegna del pessimismo. E poi c'è il problema dei pagamenti mancati o ritardati. Le banche non elargiscono credito facilmente, le aziende in difficoltà non riescono a far fronte ai pagamenti e così si innesca un circolo vizioso dovuto al problema della carenza di liquidità in circolazione». Il boom dei concordati Non poche aziende in difficoltà cercano la salvezza nei concordati preventivi, giunti in luglio a Bergamo a quota 70, quando in tutto il 2012 erano stati 69. Dietro il boom c'è anche il sospetto dell'abuso. «In effetti - dice Felli - questo strumento, talvolta, si presta ad abusi che potrebbero essere evitati imponendo una percentuale minima di pagamento, ad esempio il 25%, ai creditori chirografari. Molte azien- de che scelgono la strada del concordato "in continuità" prose0linnn l'attività m a a STIRSP Hfii creditori che non vengono pagati. Così, i concorrenti, per essere in condizioni di parità, ricorrono allo stesso strumento». «La recente normativa - aggiunge Caffi - ha imposto alcune restrizioni, e quindi c'è un po' più di controllo da parte degli organi della giustizia. Ma su questo tema c'è ancora molta difficoltà interpretativa, per noi come per gli stessi magistrati». E Carrara: «L'eventuale uso distorto del concordato va disincentivato e punito. Da un paio di mesi, in sede di pre-domanda, viene nominato già da subito il commissario giudiziale e questo serve ad esercitare una funzione di immediato controllo sulla presentazione del piano e sull'attività svolta». • P.S. M Mario Caffi Alberto Carrara Economia %% » Enrico Felli Gianfranco Massarelli ORDINE COMMERCIALISTI Pag. 2 Scegliere e prevenire le liti: le regole per passare il testimone in azienda Il cambio generazionale è da sempre uno dei passaggi più delicati e traumatici nella vita d'impresa Cruciale individuare il successore, ma anche far sentire ancora importante chi cede il comando «Obiettivo: frovarela soluzione più consona per tatti» MASSIMO LODI DIRETTORE DI UBITRUSTEE ANDREA IANNOTTA ^^^m «In Italia, il 53% degli imprenditori ha più di 60 anni. E nel gruppo Ubi, la percentuale supera il 60%». Basterebbe questo dato snocciolati da Massimo Lodi, direttore di Ubi Trustee s.a. (Gruppo Ubi) nonché responsabile Family business advisory di Ubi - a fornire l'idea di quanto sia importante e attuale il tema del passaggio generazionale nella famiglia e nell'impresa, di cui si è discusso a più riprese al Centro formazione Ubi Academy di Ubi e che ha avuto il suo momento centrale in un convegno che ha visto il coinvolgimento dell'Ordine dei dottori commercialisti e contabili di Bergamo e la partecipazione, tra gli altri, di Osvaldo Ranica, direttore generale dell'istituto di piazza Vittorio Veneto e fresco neoconsigliere camerale, Alberto Carrara, presidente dell'Ordine commercialisti, Paolo Ludovici, consulente dello Studio Misto di Milano. «Ci occupiamo di questi temi da 15 anni - precisa Lodi - e abbiamo che individuato un nostro metodo di approccio, che tenga conto delle esigenze sia dell'imprenditore senior, sia della generazione junior. La nostra filosofia di supporto privilegia il trovare la soluzione più confortevole per facilitare il passaggio generazionale. Si tratta di un accompagnamento nel processo che poi dà sbocco ad una nuova situazione, nella quale tutte le parti in causa si possano trovare a loro agio, perché l'hanno capita e sono in grado di gestirla». Un delicato trasferimento di poteri, in cui chi lascia la plancia di comando non deve ritenersi «fatto fuori» e chi subentra deve trovarsi nelle condizioni di una partecipazione utile e non solo sulla carta. «L'approccio - prosegue Lodi - deve svilupparsi su quattro linee: scelta degli eredi, prevenzione delle liti, adozione di nuove regole del gioco, individuazione delle fonti di benessere. La scelta del successore è connessa alla paura di delegare, all'invidia generazionale. Il come evitare le liti, invece, riguarda eludere possibili contrasti tra senior e ju- ORDINE COMMERCIALISTI nior, tra eredi con la propria uscita dall'azienda. Le nuove regole del gioco si riferiscono alla prospettiva di abbandonare la propria creatura, alla perdita di status o la preoccupazione di rimanere senza nulla da fare». Senza contare «il timore che l'azienda non sopravviva alla successione». Preoccupazione tutt'altro che campata per aria: secondo un'indagine Prometeia, «solo un terzo delle imprese rimane in vita a cinque anni dall'awenuto passaggio generazionale - osserva il responsabile di Family business di Ubi -. Quelle non sopravvissute hanno chiuso i battenti per un 50% perché l'attività era strettamente legata al fondatore e per l'altro 50% per un mercato ormai saturo». Un complesso di motivazioni che ha portato a sviluppare «modalità di identificazione dell'erede designato - sottolinea Lodi - e di efficaci meccanismi di governance, di gestione della delicata fase del passaggio delle consegne, della forma societaria, della riorganizzazione dell'assetto patrimoniale e del mantenimento dell'equità tra gli eredi». Lavoro articolato, che richiede la presenza di «professionalità molto valide. Può non essere sufficiente, infatti, rivolgersi solo al commercialista o avvocato di fiducia. Il passaggio generazionale va svi- Pag. 3 scerato in tutti i suoi aspetti conclude il direttore di Ubi Trustee - e non con l'obiettivo principale di ridurre il più possibile l'esborso fiscale. Questo è solo uno dei tanti risvolti da considerare. L'importante è scegliere be- ne gli obiettivi da conseguire. La questione fiscale viene dopo». • ©RIPRODUZIONE RISERVATA Il caso 1 / Impresa immobiliare Un fondatore e 5 nipoti C'è il trust per la gestione Al di là di quello che delinea la teoria, è bene anche scendere nel concreto e vedere cosa è avvenuto, quando ad Ubi Banca è stato chiesto di prestare consulenza per individuare proposte per favorire passaggi generazionali dai contorni difficili. Come nel caso di un'impresa attiva nel campo immobiliare, con l'imprenditore capostipite in procinto di passare la mano ai cinque nipoti. Siamo in Bergamasca, località imprecisata, con un fondatore dal piglio deciso, intenzionato a gestire con lungimiranza il passaggio. Cinque eredi, ritenuti però non in grado di salire sul ponte di comando. Viene richiesta la consulenza della banca, che deve individuare la migliore forma di governance, senza ledere i diritti di discendenza. La soluzione individuata da Ubi è quella del trust, meccanismo in grado di «pesare» gli interessi dei vari soggetti, garantendo l'operatività del manager e le legittime aspettative degli eredi. Il trust è un istituto di origine anglosassone, col quale - attraverso un atto tra vivi o per testamento - un soggetto dispone di spogliarsi della proprietà di beni o utilità affidandoli a un soggetto terzo (detto «trustee»), affinché questo li gestisca e li amministri. «Purtroppo - osserva Lodi - solo il 18% degli imprenditori dispone la successione con testamento, secondo stime del Consiglio nazionale del notariato». Il caso 2 / Azienda del settore tubazioni Due fratelli e cinquefigli:tutti nel cda Una governance snella evita contrasti Sempre in provincia di Bergamo, un altro caso ha visto impegnati i professionisti di Ubi Banca: riguarda un'azienda del settore delle tubazioni metalliche, a conduzione familiare, alla terza generazione e con due fratelli al vertice. I due imprenditori hanno due figli il primo e tre il secondo, tutti impegnati in azienda. Il Consigi io d'amministrazione è composto da 7 (i 2 titolari più i 5 figli) componenti. Viene su- bito scartata l'ipotesi di dividere il patrimonio in cinque parti. Nel rispetto delle quote, viene individuato un meccanismo per gestire in maniera coordinata il complesso dei beni (che riguardano l'azienda, ma anche gli immobili e la stessa liquidità) e per stabilire delle regole per l'assunzione delle decisioni, la nomina dei leader, la risoluzione delle controversie, senza ledere l'azienda e la sua capacità di busi- ORDINE COMMERCIALISTI ness o senza cadere nell'ingovernabilità. Aquesto punto, la struttura scelta per la governance stabilisce che ciascuna delle due stirpi individui un proprio singolo rappresentante. I dividendi ottenuti dall'attività d'impresa vengono inoltre distribuiti solodalla holding. In questo modo tutti escono vincenti o perdenti insieme. Una visione considerata da Lodi «molto lungimirante»^ i Pag. 4