In che direzione, Pd? C`è chi è tentato dalle elezioni subito
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In che direzione, Pd? C`è chi è tentato dalle elezioni subito
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46) ART.1, COMMA 1, DCB ROMA MERCOLEDÌ 6 MARZO 2012 ROGO NAPOLI N NUOVO PAPA M Melloni: come sarà iil conclave dopo la rinuncia d A PAGINA 3 di Benedetto XVI Il giorno dopo l’incendio che ha distrutto la Città della Scienza prende corpo l’ipotesi A PAGINA 2 del dolo. Si valuta lo stato di crisi ■ ■ BAGNOLI ANNO X • N°46 € 1,00 STRATEGIA EUROPEA Monti tesse l’euro-ragnatela per Grillo: tra il Quirinale, Bersani e Berlusconi. E la Lega PAGINA 2 sospetta: prove di governissimo? ■ ■ LA CRISI ➤ LE SCELTE DEI DEMOCRAT EDITORIALE Quella Napoli europea che dobbiamo ricostruire Emergenza, argomento a due lame STEFANO MENICHINI ALESSANDRO BIANCHI S L a Città della Scienza di Napoli se ne va in fumo portando via con sé una delle cose migliori realizzate in questa tormentata città. Nei prossimi giorni sapremo se si è trattato di un atto doloso, più esplicitamente di un attentato camorristico, che appare come la cosa più probabile anche se solo per via intuitiva. Ma ciò che oggi abbiamo comunque di fronte è la distruzione di un progetto carico di valenze simboliche, SEGUE A PAGINA 4 ■ ■ MEDIA Dalla calza di Silvio allo streaming di Grillo FILIPPO SENSI H a ragione Vasco Pirri, uno dei giornalisti di agenzia che si sono intrufolati e hanno raccontato dal di dentro la prima riunione degli eletti grillini: nel fuoco polemico dei cinque stelle verso i partiti, i sindacati e i media c’è la questione della disintermediazione, quasi un fastidio per i corpi intermedi o per chiunque pretenda di fare da tramite. SEGUE A PAGINA 4 ■ ■ VOTO Qualche consiglio ai dem, per non perdere ancora PAOLO NATALE L i abbiamo finalmente sentiti. Persone reali che sono da tempo vicine al Pd e nelle ultime elezioni lo hanno abbandonato, verso lidi diversi, più vicini ai loro sentimenti e ai loro desideri. Hanno parlato dei motivi di questo abbandono, senza vergognarsene. Prima erano soltanto numeri, ipotesi per giustificare sondaggi che non avevano previsto correttamente il decorso degli orientamenti di voto. SEGUE A PAGINA 2 In che direzione, Pd? C’è chi è tentato dalle elezioni subito Attesa per la relazione di Bersani, dalla sua segreteria Fassina esclude qualsiasi piano B: o noi a palazzo Chigi o il voto. Renzi vede Monti ma si tiene fuori dai giochi MARIO LAVIA I toni saranno fermi, l’orgoglio intatto, la rivendicazione della “prima mossa” confermata. Nella delicata riunione della direzione del Pd Pier Luigi Bersani vuole portare tutto il partito a chiedere che l’incarico venga affidato a lui, in quanto segretario del partito che pur non avendo vinto le elezioni è comunque arrivato primo. Ma forse non porrà condizioni ultimative, non evocherà scenari da fine-di-mondo. La relazione del segretario verrà messa ai voti, l’obiettivo del leader è ottenere l’unanimità su una posizione chiara. Una posizione nota, d’altronde. La stessa che lo stesso Bersani ha illustrato all’indomani del brutto voto del 24 febbraio e poi via via precisato. La proposta resta quella di un esecutivo di rinnovamento guidato da lui stesso, con un programma imperniato sulla necessità di riformare la politica e al tempo stesso di garantire misure economiche e sociali nel segno dell’equità: i famosi 8 punti che il Pd si appresta a presentare in parlamento con altrettante proposte di legge. Destinatario numero uno della proposta politica di Bersani è quel Movimento 5 stelle da cui però finora sono giunte solo risposte negative (ieri Grillo ha smentito qualsiasi apertura, rinverdendo l’odiosa pratica del dire e smentire). Il che autorizza scarsissimi entusiasmi sulla possibilità che l’operazione vada in porto. Stando così le cose, l’offensiva della sinistra del Pd – i Giovani turchi di Fassina e Orfini – rischia di costituire un problema per lo stesso segretario. I Giovani sostengono che nessun governo sia possibile senza Grillo, e con ciò non solo escludono qualsivoglia intesa con Berlusconi – d’altronde su questo sono d’accordo tutti – ma legano la vita della giovanissima legislatura al sì del M5S: se manca quello si va dritti dritti alle urne. Niente piani B, dunque. Una rigidità che rischia di imbrigliare lo stesso Bersani, che comprensibilmente per il momento si mantiene anch’egli su questa linea: ma sarà interessante capire se oggi il leader evocherà esplicitamente le urne come prevarrà l’ansia di chiudere unitariamente, acquisendo anche il sì di un Renzi (che ieri ha visto a lungo Monti) che non ha intenzione di farsi trascinare in ROTTAMAZIONE STANDBY una congiuntura confusa coLe sirene di Monti non L me l’attuale. La tensione però è iincantano il rottamatore, che si aattesta sulla linea del segretario. notevole anche su un fronte E intanto rilancia i suoi temi delicatissimo, quello dei rapper sfidare Grillo p A PAGINA 2 porti con il Quirinale. Al punto che ieri il portavoce del ■ ■ ROBIN capo dello stato Cascella sull’Unità ha voluto chiarire che in questi giorni non c’è stato nessun contatto fra Napolitano e Bersani. Dopo gli spartani, nel Pd si È facile pensare che il presidente non apprezzi l’evocazione stanno organizzando gi ateniesi. di nuove elezioni e toni che quasi lo ammoniscono a non pretenBravi ragazzi, anche se farei dere di “dettare la linea” al Pd. E volentieri a meno di tutti questi intanto annota come la consapevolezza di dare un governo al pariferimenti alla Grecia. ese stia crescendo (persino Vendola ieri ha parlato di un esecutivo di tecnici caratterizzati a sinistra) e sa che un pezzo del Pd punta su di lui per una soluzione “tecnica” in grado di risolvere la più terribile crisi politica della Seconda repubblica, e non solo di questa. @mariolavia conseguenza di un suo fallimento. Bisognerà stare attenti alle parole, alle virgole, ai toni. E la previsione generale è che alla fine Grecia ono tutte simpatiche e brave persone, i parlamentari del Movimento 5 Stelle. Dal combattere la mafia a trasformare le strade di Roma in piste ciclabili, la gran parte dei loro intendimenti è condivisibile. Un po’ inquietante è l’obiettivo di annullare il proprio ego nel nome della causa comune, ma in generale i timori di tenuta democratica sollevati dalla vittoria di Grillo appaiono sproporzionati alla figura di coloro che dovrebbero minare la convivenza civile. Ogni critica o sarcasmo nei loro confronti si arena poi contro la replica: perché, che cosa ha fatto di buono chi l’ha preceduti in parlamento? E la risposta (che c’è) diventa troppo lunga per uno scambio su twitter, una chat su facebook, un giro di battute al bar. Il problema è che questi cittadini non sembrano rendersi conto del momento nel quale sono arrivati a difendere il bene comune. Entro pochi giorni da ora andranno rifinanziate la cassa integrazione e la copertura per gli esodati; andrà presentato a Bruxelles il piano nazionale delle riforme, come anticipo del Def; andrà riaperto il dossier della delega fiscale, a cominciare dal capitolo dei pagamenti alle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni; tutto ciò sotto lo sguardo attento di investitori finanziari in grado di manifestare a ogni asta del debito pubblico il voto sull’affidabilità italiana, e mentre Bankitalia avverte che il 65 per cento delle famiglie è in sofferenza col proprio reddito: non ce la fa. Liberi i grillini di disinteressarsi di queste scadenze. Diranno che sono problemi causati dall’incapacità altrui e dalle false leggi della finanza mondiale, alla quale l’Italia s’è legata mani e piedi. Del resto nella loro autopresentazione non si sono notate personalità in grado di sciogliere questi nodi, ma neanche di rifondare un’altra Italia senza euro, nella quale le famiglie impoverite possano consolarsi con la decrescita felice. Farà benissimo oggi Bersani a sfidare i grillini sul terreno sul quale gli italiani li aspettano alla prova. Sarà efficace, una volta incassato l’ennesimo no a qualsiasi governo, evidenziare la follia di un atteggiamento così leggero. Ma tutti questi argomenti sull’emergenza italiana non rimarrano in piedi anche un minuto dopo la relazione di Bersani, a militare severamente contro la tentazione (comprensibile, sia ben chiaro) di trascinare questo stesso stremato paese a nuove elezioni generali fra due mesi? @smenichini Chiuso in redazione alle 20,30 mercoledì 6 marzo 2013 2 < N E W S A N A L Y S I S > LE MOSSE DEL SINDACO DI FIRENZE Renzi non cede alle sirene del premier e guadagna tempo per la propria corsa RUDY FRANCESCO CALVO U fficialmente, «l’incontro era previsto da tempo». Ufficialmente, è servito a «discutere delle varie questioni ancora aperte tra il governo e la città di Firenze». Ma se Mario Monti chiama Matteo Renzi a palazzo Chigi in giorni concitati come questi e per di più alla vigilia della direzione che servirà a definire la linea del Pd sulla crisi politica, è evidente che il discorso è ruotato soprattutto su qualcos’altro. Non si rimane per due ore chiusi in una stanza a palazzo Chigi a parlare del Maggio fiorentino o del patto di stabilità, per quanto possano essere importanti. Il premier dimissionario vuole sondare gli umori interni ai Democratici e sa che il sindaco dopo l’esito del voto ha dalla sua il favore di un’area crescente del partito, oltre alla prospettiva di un ruolo sempre più centrale nello scenario politico italiano. Mentre Monti, dal canto suo, sta già pensando al futuro della sua lista, uscita asfittica dalle urne. Ecco allora che il confronto tra i due, partito dall’analisi dell’ingorgo attuale, si è spinto anche più in là. Renzi, ovviamente, non ha fatto altro che confermare la propria linea anche al premier: in questa fase, non sarà lui a mettere i bastoni tra le ruote a Pier Luigi Bersani. Anzi, la “sfida” ai grillini lanciata dal segretario gli consente di rilanciare alcuni tra i temi portanti della sua agenda, soprattutto in materia di riduzione dei costi della politica e lotta alla corruzione e alla criminalità. Un po’ un “aiuto” a Bersani, un po’ – anzi, soprattutto – un avvio della prossima campagna elettorale, che vedrà il Pd impegnato a recuperare i voti persi proprio a vantaggio del M5S. Non è comunque l’intenzione di Renzi quella di premere sull’acceleratore. Da una parte, non ha alcuna intenzione di presentarsi come “salvatore della patria” se il segretario dem dovesse fallire nel proprio compito. Dall’altra, sa che una eventuale polarizzazione dello scontro interno al partito potrebbe giocare a suo vantaggio: più l’ala sinistra guidata dai Giovani turchi spinge verso il voto immediato, con un Pd che assume posizioni marcatamente laburiste, più attorno al sindaco aumentano i consensi dei dirigenti nazionali e locali. Un sintomo di questo sta già accadendo nella “rossa” Emilia. Il sindaco, come la grandissima parte dei dirigenti dem, oggi si attesterà quindi su una linea attendista: un mandato a Bersani per provare a ottenere la fiducia su un governo «di combattimento», con la non-ostilità dei grillini. Se non ci riuscirà, l’idea di quasi tutti i dem – e di Renzi, fra questi – è quella di affidarsi alla saggezza del capo dello stato per trovare una soluzione. @rudyfc LA STRATEGIA DELL’INCLUSIONE Monti tesse l’euro-ragnatela per Grillo: tra Quirinale, Bersani e Berlusconi FRANCESCO LO SARDO D oveva aspettarselo, Grillo. Ma non così in fretta, prima ancora della convocazione delle camere. Perciò l’imbarazzo delle prime ore e il tentennamento è direttamente proporzionale al sospetto del predatore che, a sua volta, fiuta odore di trappola. Bersani andrà a palazzo Chigi giovedì, Berlusconi il giorno dopo. E Beppe Grillo? «Ci va, ci va», si mormorava tra i suoi nell’impenetrabile silenzio del Conducator. A prima vista, l’invito del compassato Mario Monti ai leader di coalizioni o delle forze politiche «rappresentate nel nuovo parlamento» per fare un punto in vista del Consiglio europeo di Bruxelles del 14 e 15 marzo sembre- reduce dalla visita di stato in Germania, per rebbe aver preso in contropiede l’astuto, pirodiscutere – è la versione ufficiale – del summit tecnico, carismatico leader politico-mediatico di Bruxelles. A sera Monti fa sapere del M5S. Innervosendolo: perché, dicotramite palazzo Chigi di aver inviano, se c’è una cosa che manda in bestia to un invito «agli onorevoli Bersani, Grillo sono gli imprevisti, eventi grandi Il leader di Berlusconi e al signor Grillo» per e piccini che interferiscono con la sua narrazione della realtà. Il dissenso in- M5S spiazzato «un’informativa e uno scambio di opinioni». A Bruxelles si farà un terno, le aperture da parte degli avver- dall’invito bilancio dei progressi compiuti nel sari, le cronache giornalistiche... 2012, si parlerà degli orientamenti Ciò premesso, chi ha intravisto die- del Prof sui programmi di stabilità e convertro il cortese invito di Monti – in primis in vista del genza del 2013 e dei rapporti con la a Grillo – a parlare di impegni europei Russia. «Data la particolare situal’ombra discreta del Quirinale non sba- Consiglio Ue zione attuale non è possibile svolglia. Mai come in questo caso la “patergere un preventivo scambio di opinità” istituzionale dell’improvvisa mosnioni con il parlamento, così riterrei opportuno sa di Monti fu più chiara. Al mattino di lunedì supplirvi...», ha scritto Monti. Già, ma esiste Monti viene ricevuto al Colle da Napolitano, anche un secondo livello – occulto – di questo primo atto della “strategia dell’inclusione” istituzionale di Grillo che Monti vuol far passare attraverso la cruna dell’ago europea per mettere spalle al muro l’utopica Grillonomics? La Lega insinua: «Potrebbe trattarsi di prove tecniche per un accordo politico». Cioè: Monti vuol stanare Grillo ora, subito, sull’Europa, ovvero ciò che più divide Grillo dal Pd, oltre che da Scelta civica e dal Pdl. Se il sospetto fosse fondato, Monti avrebbe steso sì una ragnatela, ma per impigliarci Bersani e Berlusconi e isolare il M5S. Costringendo Grillo a una disonorevole fuga dall’incontro o ad accettarlo per esprimere tutta la sua radicale e non negoziabile alterità: mettendone però anche a nudo il suo velleitarismo. @francelosardo BAGNOLI Napoli attonita di fronte al rogo della Città della Scienza si chiede perché FABRIZIA BAGOZZI A poche ore dal crollo di un palazzo della elegante Riviera di Chiaia sul lungomare, Napoli ha assistito attonita al rogo di una notte senza vento nella quale da sei punti diversi le fiamme hanno aggredito e distrutto la Città della Scienza, il simbolo della riconversione e della rinascita di Bagnoli. E si è svegliata ancora più attonita chiedendosi da dove arrivano quelle fiamme divampate a museo chiuso. Incidente – un cortocircuito – o, come molto farebbe presagire, dolo? Mentre tutte le piste investigative rimangono per ora doverosamente aperte, a caldo il sindaco Luigi de Magistris non esclude la seconda ipotesi: «Mi sembra che dietro le fiamme ci sia una mano criminale. La città è sotto attacco». Ma se è così quali sono le mani che hanno appiccato l’incendio a un polo museale di eccellenza – riconosciuto dalla comunità scientifica e frequentato da 350mila visitatori all’anno – anche magari solo per un’intimidazione finita in disastro? Se lo chiedono tutti, a Napoli. Come l’ex sindaco Bassoli- no, che all’Huffington Post dice: «Vorrei capire un dolo con quale obiettivo e non mi è chiaro. Se Napoli è sotto attacco, ed è indubbio che lo sia, è importante capire da parte di chi». Roberto Saviano twitta: «Da sempre i clan vorrebbero edificare a Bagnoli». La camorra, in particolare il clan Lago che ha come territorio di elezione proprio Bagnoli. Ma c’è chi fa notare che quella zona è al centro di diversi interessi e aspettative, non solo quelli della camorra, attratta dalle potenzialità edilizie dell’area. Le indagini procedono fra messa a fuoco delle dinamiche e analisi del cui prodest. Intanto su Napoli e sui 160 dipendenti della Città della Scienza (che peraltro da 11 mesi lavoravano senza stipendio) si riversa un’ondata di solidarietà, a partire da quella del capo dello stato Napolitano: «Ho appreso con grande rammarico della devastante distruzione. Al di là dell’accertamento delle responsabilità si pone ai poteri pubblici il problema di creare le condizioni per colmare un vuoto così grave». Il sindaco di Torino Fassino telefona a de Magistris. Bersani: «Fondamentale l’impegno delle istituzioni per ricostruire ciò che andava distrutto». Dal Miur arriva un primo segnale: il ministro per la coesione territoriale Barca e quello dell’istruzione Profumo hanno individuato un capitolo di spesa a valere sui fondi europei anche grazie alla disponibilità fornita dalla Comunità europea. @gozzip011 ••• LA LEZIONE DEL VOTO ••• Qualche consiglio ai dem, per non perdere ancora SEGUE DALLA PRIMA PAOLO NATALE P er colpa della presenza di un alieno nel panorama politico, o grazie alla sua presenza, che finalmente ha fatto emergere il malcontento di molti. Svanita come per incanto la sfida anti-berlusconiana, ora si aprono le vere sfide, per dare una visione del futuro, non soltanto per combattere le derive cui voleva portare il paese il duopolio Bossi-Berlusconi. Ma quale sono i desideri di questi traditori dell’ultima ora? Quali le cose che si aspettano nel prossimo futuro per tornare sui loro passi? Facciamone un breve elenco, una specie di piccolo decalogo delle aspettative inevase, che hanno prodotto questo voltafaccia per la maggior parte dei casi in favore del movimento di Grillo. Pronunciare parole chiare sui costi della politica. Niente sfumature, niente difese (magari anche corrette nel profondo) del finanziamento pubblico dei partiti, degli stipendi ai parlamentari, niente deroghe sulla vecchia classe politica che non vuole andarsene dal parlamento. I padri e le madri nobili certo devono esserci, ma possono anche stare a casa a parlare, a discutere, a pungolare il partito. Dare indicazioni precise sul piano occupazionale che si vuole proporre, con cifre plausibili, con scadenze specifiche, non certo con numeri a caso, ma con un percorso cui ci si possa credere, cui ci si possa appassionare, come una meta da raggiungere nei prossimi 3-4 anni. E fuori dai tradizionali recinti del sindacato, che possa parlare ai giovani e ridare loro fiducia nel futuro. Fare riferimento ad un nuovo mondo ambientale. D’accordo sulla green economy, ma non citata così, un po’ genericamente, bensì con attenzione ai comportamenti quotidiani, a dettagliati piani di risparmio energetico, alla tutela del paese e delle opere d’arte, alla trasformazione delle coscienze, al sentimento di appartenenza all’Italia. Impostare una trasformazione radicale sul tema delle nuove tecnologie. Internet, banda larga per tutti, nel nord ma anche nel sud del paese, con interventi mirati per trasformare il mondo della comunicazione così arretrato da noi rispetto alla gran parte dei paesi europei. E i giovani lo sanno. Impostare un rilancio economico con scelte chiare e definite, specificando il tipo di economia che si intende sostenere, con obiettivi dettagliati senza proposte generiche che verranno adottate chissà come e chissà quando. Maggior attenzione alla scuola e alla cultura, anche in questo caso avvalendosi di un piano concreto e con una visione chiara dei rapporti che devono intercorrere tra il mondo dello studio e quello del lavoro, che possa comportare proposte in cui i giovani possano credere e in cui le aziende ci si possano ritrovare. Con un ritrovato afflato europeo: cosa deve diventare l’Italia nel mondo? Infine, ultimo ma non ultimo, e fin troppo facile: ricambio generazionale. Se almeno 3 o 4 di questi punti verranno ben veicolati, in una comunicazione non così asfittica come spesso è capitato di vedere negli ultimi anni, è possibile che il Pd possa rivedere la luce. I temporanei traditori forse torneranno e, soprattutto, non mi capiterà più di sbagliare le mie previsioni di voto. Un piccolo regalo anche per me. terza pagina 3 mercoledì 6 marzo 2013 Un conclave nuovo? Il successore La preoccupazione è che questo passaggio «avvenga con forme trasparenti, così da non usurare il prestigio del prescelto e sollecitare ataviche diffidenze» ALBERTO MELLONI* I l conclave del 2013, dunque, è il primo che si apre dopo secoli non a valle del decesso del papa, ma a valle di una rinunzia: che si impone come un precedente al quale potranno fare appello eletti ed elettori in un futuro nel quale l’antico sistema di elezione del vescovo di Roma verrà di nuovo sottoposto ad una pressione. Non è questa volta il caso di insistere troppo sulla composizione geografica del collegio cardinalizio, come se questo fosse capace di predire l’esito delle scelte di quell’organo della chiesa romana. Ormai ogni sito internet – e soprattutto lo splendido catalogo della University of Florida di Mirandas – fornisce ogni tipo di ripartizione e consente perfino comparazioni di carattere plurisecolare. Sul piano delle ripartizioni per «appartenenze» (generazionali, linguistiche, nazionali, culturali, regolari) il collegio cardinalizio mostra dal Novecento ad oggi linee di sviluppo dalle quali s’evince indubitabilmente che esso ha guadagnato nella rappresentatività sui generis di una cattolicità divenuta sempre più concretamente multiforme. La vocazione ad essere segno d’unità del genere umano, con la quale la chiesa s’è autocompresa nel Vaticano II, ha risignificato tutte le dimensioni del cattolicesimo, a prescindere dalla loro impermeabilità istituzionale − incluso il ceto chiamato a dare un successore al romano pontefice. Una chiesa che presenta la fede come luogo d’incontro fra culture e popoli ha dovuto ripartire proprio dal munus petrinum del vescovo di Roma: il collegio che lo elegge cerca dunque di esprimere così la pluralità e le instabilità che segnano quella chiesa: e non è un caso che nell’atto di rinuncia dello stesso Ratzinger vi fosse la vigorosa sottolineatura, secondo una tradizione inconcussa, della qualifica di successore di Pietro e di vescovo di Roma. D’altro canto le norme si spogliano di drammatizzazioni e sacralizzazioni inutili, diventano più semplici e lineari, tanto più davanti all’inatteso concretizzarsi di una eventualità come quella della a rinunzia. Forse non è sempre stato o non è l’obiet-tivo primario, ma in tale semplificazione c’è l’esi-genza di dar corpo all’irrevocabile impegno ecume-nico della chiesa di Roma e al desiderio di riforma-re il modo di esercizio del munus Petrinum evocato o già dall’enciclica Ut unum sint (n. 95) di Giovanni ni Paolo II1. Per quanto contraddetta o bilanciata da a atti di diverso segno, quell’enciclica fissa un punto o di non ritorno. Rispetto a questo orizzonte il modo o di scegliere il successore di Pietro non è decisivo, o, ma la preoccupazione del papato è che questo pas-saggio avvenga con forme trasparenti, così da non n usurare il prestigio del prescelto e da non sollecita-re ataviche diffidenze interconfessionali. Il modo in cui norme e linee di tendenza si in-contrano nell’elezione crea dunque oggettive con-traddizioni. Il papa, che regola liberamente l’acces-so al collegio e può derogare alle regole che si è dato, garantisce la funzione di rappresentanza dei cardinali. E il collegio che rispecchia la chiesa universale elegge il vescovo di Roma con la stessa legittimità con cui il patriarca d’Occidente (un titolo del quale Ratzinger, ispirandosi a studi malcerti, si è spogliato con una disinvoltura degna di miglior causa) nomina i vescovi delle chiese latine: non è facile impedire che ciò avvenga a prezzo di una frammentazione generalizzata e crescente, causa ed effetto di frizioni che riemergono ad ogni creazione di nuovi cardinali. Anche nel collegio d’oggi manca l’egemonia nazionale che ha segnato l’italianissimo cardinalato della controriforma e mancano quei nuclei nazionali minoritari, ma compatti (i cardinali di Francia!) che favorivano la dialettica fra culture e poteri politici. Anzi fattori congiunturali causano compressioni o dilatazioni singolari delle rappresentanze delle diocesi (nel 2013 la diocesi di Genova si presenta al conclave come fosse una grande nazione d’America Latina), ma pur sempre destinate a variare perché, il papa – è storicamente documentato – crea cardinale chi vuole, ma la somma di IN LIBRERIA Edizione aggiornata del libro di Melloni È in libreria per il Mulino una nuova edizione de “Il conclave. Storia dell’elezione del papa” di Alberto Melloni. Il volume è arricchito da un’analisi del conclave del 2005 e da una valutazione storica della scelta di Benedetto XVI, che rinunciando al soglio nel febbraio scorso ha portato, p per la prima volta d dopo molti secoli, a un c conclave destinato a eleggere i successore di un pontefice il a ancora vivente. La prima e edizione di questo libro è stata t tradotta in tedesco, spagnolo, p portoghese e polacco. questi atti liberi riflette sempre veti e pressioni più q larghi di cui il pontefice non può o non sa prescinl dere, in vista di propri obiettivi pastorali, spirituad li l o istituzionali. Le leggi particolari del conclave hanno normato fino fi alla pignoleria quel diritto/dovere d’eleggere il papa che il Codex juris canonici del 1983 riconosce p come identità istituzionale del sacro collegio: hanc no n come accade da tempo ritoccato il quorum, fino alla a decisione ultima di Benedetto XVI di ripristinare i 2/3 per ogni votazione, pur conservando un n ballottaggio. Esse non hanno però saputo e non b avrebbero potuto ovviare ai problemi di frammena tazione d’un collegio che quando si riunisce può t trovarsi privato, nel silenzio delle norme, di quel dialogo con i media che è l’unico modo per diluire nel dibattito pubblico ciò che deve accadere nel segreto. *dal libro “Il conclave. Storia dell’elezione del Papa”, edito dal Mulino Illustrazione di Giancarlo Montelli VATICANO Pochi segreti nel villaggio globale I dei cardinali MARIA GALLUZZO l mondo alla rovescia. Accade un po’ di tutto in questo 2013 segnato dalla cifra della “sede vacante”, politica e religiosa. Accade anche che nei luoghi avvezzi al microfono e alla dichiarazione, come quelli parlamentari, spuntino i nuovi eletti del Movimento Cinque Stelle che evitano come la peste qualsiasi contatto con i giornalisti italiani. E se invece ci si sposta in Vaticano, verso l’arco delle Campane che conduce all’aula del sinodo dei vescovi – dove si stanno svolgendo le congregazioni dei cardinali per la preparazione del conclave – e dove in passato la parola d’ordine è sempre stata “non parlare con i giornalisti”, la musica cambia come non ti saresti mai aspettato. I porporati arrivano a piedi, come turisti qualunque – alcuni capisci che sono cardinali solo perché hanno il paltò nero lungo dal quale punta la croce dorata –, pronti a sostenere l’assedio dei giornalisti e alla battuta cordiale: «Tutto bene. Sono molto contento. L’ambiente è positivo e il clima è molto buono», dice il cardinale Carlos Amigos Vallejo, arcivescovo emerito di Siviglia. «Ringraziamo il Signore. Andate a mangiare...», esclama il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe. I briefing con la stampa non si contano più. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, da quando Benedetto XVI ha rinunciato, ne tiene uno al giorno: notizie, numeri, dettagli consentono una cronaca dettagliata di questo straordinario conclave. Anche il gruppo degli undici cardinali statunitensi – il più numeroso dopo quello degli italiani che ne hanno 28 –dal punto di vista della comunicazione si è organizzato in modo molto professionale: da quando è iniziata la sede vacante, tengono tutti giorni una conferenza stampa nel Collegio americano, al Gianicolo. Ieri è stato il turno dei cardinali Daniel Di Nardo e Sean Patrick O’Manley. In saio francescano, l’arcivescovo di Boston – uno dei papabili più forti – ha spiegato ai giornalisti che i cardinali nelle congregazioni hanno bisogno di tempo per confrontarsi e riflettere, e che Vatileaks non è determinante per l’elezione del futuro pontefice. Al flusso delle informazioni ufficiali, si deve affiancare il “villaggio globale del conclave”, come è stato ribattezzato Borgo Pio. Nei ristoranti, tra una portata e l’altra, tra porpore e portaborse è tutto uno scambiarsi di consigli e informazioni. Di segreto insomma per ora c’è molto poco. Quello scatterà quando le porte della cappella Sistina si chiuderanno. @galluzzo_m mercoledì 6 marzo 2013 lettere e commenti 4 FEDERICO ORLANDO RISPONDE Favorire il Quirinale preparando la rivincita Cara Europa, leggo nel vostro numero del 5 marzo che la direzione del Pd, che si riunirà oggi, dovrà dare indicazioni ragionevoli per un governo dell’emergenza (un’altra) rimandando alla fase immediatamente successiva l’autoesame del perché della vittoria-sconfitta del 24-25 febbraio, della perdita di milioni di voti che sembravano sicuri fin dal 2011: quando dovevamo andare alle elezioni e non ci andammo per amor di patria, come chiedeva il Quirinale. Nasca ora il governo di scopo, come lo definisce Bersani, o istituzionale, come dicono i quirinalisti, abbiamo pochi mesi per aggiornare il nostro progetto e i nostri quadri per la rivincita in autunno o in primavera: quando, spero questa volta senza intoppi, torneremo alle urne. Arduino Melchiorre, Alessandria C aro Melchiorre, mentre a Napoli brucia la Città della scienza, metafora dell’Italia tutta, concordo con lei sull’esigenza, per una volta utile anche a noi oltre che alla patria, di un governo di tregua, se non fosse possibile, come io invece auspicherò fino alla fine, un governo Bersani di scopo. Per amor di patria noi abbiamo rinunciato a vincere non una ma due volte: la prima fu quando nel 2010 concedemmo mesi a Berlusconi per votare “prima” della crisi la legge di stabilità; la seconda nel novembre 2011 quando Napolitano liquidò quel governo e chiamò Monti per un governo d’union sacrée. Ora basta. Da un lato i tecnici hanno dimostrato l’impossibilità di salvare la democrazia col loro unilateralismo (niente a che vedere coi governi lacrime e sangue dei grandi politici: da quelli della Destra Storica liberale nell’Italia appena costituita a quello di Churchill per la guerra al nazifascismo). Dall’altro lato, non possiamo dimenticare che il Pd, forse tranquillizzato dall’irreversibile crisi berlusconiana, ha dimenticato non di costruire la nuova weltanschauung per la quale era nato e di cui era stato fatto qualche abbozzo fin nel convegno del 2011 al Capranica: dove Bersani aveva lucidamente posto il problema di una più forte presenza del pubblico in economia, poi annegato nelle baruffe leopoldine per le primarie: con grande partecipazione dei militanti ma con tacito progressivo disincanto dell’elettorato, che non solo ci vedeva passare dal governo Berlusconi al governo Monti, ma non dare segni di novità sostanziali per il dopo. Intendo quel New Deal che fu, oltre il tampone per l’emergenza del 1929, la risposta di lunga prospettiva di cui ci siamo riempiti la bocca per tutto il Novecento, anche in Italia, dopo le due ricostruzioni industriali di Beneduce e di De Gasperi (entrambe a forte comprimarietà statale). Dopo le quali, con annessi boom e miracoli, ci siamo addormentati in un welfare «sostanzialmente riparativo», come l’hanno definito, con progressiva emarginazione delle classi più giovani. Abbiamo lasciato languire le infrastrutture, il capitale umano, l’energia, l’ambiente, la ricerca, cioè il programma che avrebbe dovuto essere da anni alla base del legame tra liberaldemocratici e socialdemocratici europei per avviare, col Ppe, il bipolarismo continentale e cancellare le anomalie nazionali: berlusconismo in testa. Credo che, all’ombra del governo breve che nascerà dall’ultima meritoria fatica di Napolitano, sarà alla definizione di questa weltanschauung per il centrosinistra che dovranno lavorare i democratici, senza miracoli nominalisti: Renzi, Bersani, Barca o altri degnissimi. ••• BAGNOLI ••• Quella Napoli europea che dobbiamo ricostruire SEGUE DALLA PRIMA ALESSANDRO BIANCHI U n progetto che aveva interpretato nel modo migliore il tema della riconversione produttiva e della rigenerazione urbana. Gli ingredienti erano presenti tutti e al massimo livello: un relitto industriale di dimensioni gigantesche come l’Italsider; un’intera area, Bagnoli, ridotta in uno stato di altissimo inquinamento e degrado; un tessuto sociale sconvolto, una prima volta dall’avvento della produzione industriale e una seconda dalla sua fine. A fronte di una simile condizione, il progetto promosso dal fisico Vittorio Silvestrini si era mosso sulla scia di una idea forte e pie- namente calata in una tematica che ha riguardato negli ultimi cinquanta anni molte grandi città europee, quello della riconversione delle aree produttive dismesse, tema tipico della società post-industriale e postmoderna. In molti casi la soluzione è stata quella di lasciare spazio alla speculazione immobiliare, che ha realizzato i soliti, orrendi complessi residenziali-commerciali-direzionali. In altri l’intelligenza di amministratori e imprenditori, accompagnata dalla bravura di architetti e urbanisti, ha dato vita a straordinarie soluzioni basate sull’intuizione di sostituire la capacità di produrre e creare occupazione dell’industria, con la medesima capacità espressa dal mondo della scienza e della cultura. Basta pensare alla riconversione del dattiche per accostare giovani studenti alle bacino carbonifero della Ruhr in parco multipratiche scientifiche, un grande centro confunzionale; alla straordinaria esperienza del gressi e una serie di incubatori d’impresa atti lungo fiume di Bilbao, legata al museo capoa creare i presupposti per nuove produzioni lavoro di Ghery; alla riconversione dell’area ed occupazione. industriale di Manchester, con un campus Insomma è stata il punto di forza su cui universitario, sale concerti e musei; al Parc de poggiare un complessivo progetto La Villette nella zona nord di Parigi, di riconversione e rigenerazione che ha sostituito il vecchio mattatoio urbana dell’intera area di Bagnoli. con la Citè des sciences et industries. Il progetto Oggi siamo costretti a pianLa Città della Scienza di Bagnoli gerne la perdita che, come ha detera un esempio, sia pure a scala ridot- interpretava to il sindaco De Magistris, è dolota, di questo modo di intendere la rirosa come un lutto. Ma già da doconversione produttiva e la rivitalizza- nel modo mani dovremo superare lo sgozione sociale delle grandi aree dismes- migliore la mento e avviarne la ricostruzione, se. Considerata a buon diritto nel noriconversione perché la strada che aveva tracvero dei grandi e innovativi musei inteciato era quella giusta e Napoli rattivi d’Europa, offriva agli oltre produttiva non può che riprenderla. 350.000 visitatori annui strutture di- ••• MEDIA ••• Dalla calza allo streaming Seconda Repubblica, la videocassetta con cui Silvio Berlusconi annunciava la sua discesa in campo, quella FILIPPO della calza, recapitata a scatola chiusa ai telegiornali, SENSI senza possibilità di metterci becco, al massimo la tagliavi o decidevi di non trasmetterla, non altro. otrebbe sembrare un punto tutto interno alla logiL’arco dell’intera stagione del New Labour di Tony ca della Rete, alla politica 2.0 che consente a Blair può essere letta attraverso la lente dello scontro chiunque di mettersi in proprio, di fare da sé, senza bicon i giornalisti, l’epopea dello spin che, da principio, sogno della vidimazione o della validazione di chissà utilizzava la sponda dei media per veicolare il proprio quale agenzia. messaggio, per poi provare a farne a meSe posso twittare direttamente a Barack no, ad entrare nelle case dei, ahem, cittaObama e ricevere risposta, a che mi serve scridini. vere la lettera al quotidiano locale? Se con un Nel fastidio Ma in tutti gli inquilini del Palazzo, il video su YouTube arrivo potenzialmente a migrillino per riflesso di dribblare l’intermediazione lioni di persone, perché convocare una confegiornalistica, tanto più utilizzando gli strurenza stampa o elemosinare una citazione in un le mediazioni menti tecnologici della Rete, è fortissimo, e articolo che sarà visto da un pugno di lettori? Se c’è una storia non solo in campagna elettorale: la pretesa uno vale uno non ho bisogno di connettori, di di una comunicazione monodirezionale, spazi intermedi, di traduzione. E’ tutto diretto, antica, non top-down, fatta di post sul blog, ahem, di in diretta, streaming. Senza pagare dazio alla solo italiana tweet e video, di lunghi commenti su Faceselezione operata dal giornalista, agli interessi book per spiegare e, ahem, precisare, diretvestiti e ai pregiudizi di cui vengono accusati i tamente all’elettore. cronisti, come se fossero agenti provocatori di Nel gioco degli equivoci, delle correzioni di tiro, chissà quale complotto. delle smentite e delle precisazioni, c’è tutta la fatica e Ma, in realtà, questa ossessione della presa diretta, il dispetto per il lavoro giornalistico. Meglio tenerli aldel rivolgersi direttamente al pubblico, ai “cittadini”, la larga, scegliendo posti fuori dai radar, o impedendocome usa adesso con calco sanculotto, non è solo del ne l’accesso, ahem, nel backstage (ricordo la sollevaweb. Ma è un antico riflesso della politica, e non solzione dei fotografi e delle telecamere a un congresso di tanto di quella italiana. partito, secoli fa, tenuti in tribuna senza poter girare Qualche giorno fa l’internettiano Politico.com, una tra i delegati durante i lavori). delle storie di successo – finora almeno – dell’inforInsomma, nil sub sole novi. L’illusione di poter mazione americana, passava in rassegna il vizio del controllare il messaggio da parte della politica, il batPresidente Obama, il “burattinaio”, di non concedere timuro del giornalismo che si fa più occhiuto e tignoso, interviste ai quotidiani, nessuno escluso. Meglio le attacco e difesa, facciamo a chi segna prima. Compreconversazioni one-on-onecon le televisioni o la produso il marziano che pretende di cambiare le regole del zione a getto continuo di video della Casa Bianca, già gioco, di scavalcare il custode con la sua rete, e se la tagliati in pillole per gli aggregatori e i servizi tv. ritrova bucata, come fosse una zona rossa qualsiasi. E ne sappiamo qualcosa anche dalle nostre parti: a @nomfup partire dall’atto mediatico fondativo della cosiddetta SEGUE DALLA PRIMA P INFORMAZIONI E ANALISI www.europaquotidiano.it ISSN 1722-2052 Registrazione Tribunale di Roma 664/2002 del 28/11/02 Direttore responsabile Stefano Menichini Condirettore Federico Orlando Vicedirettori Giovanni Cocconi Mario Lavia Filippo Sensi EDIZIONI DLM EUROPA Srl Distribuzione Prestampa Abbonamenti con socio unico Sede legale via di Ripetta, 142 00186 – Roma SEDI 2003 SRL Via D.A.Azuni,9 – Roma Direzione tel. 06-50917341 Telefono e fax : 06-30363998 333-4222055 COMPUTIME Srl – via Caserta, 1 – Roma Segreteria di redazione Consiglieri Annuale Italia 180,00 euro Sostenitore 1000,00 euro Simpatizzante 500,00 euro Semestrale Italia 100,00 euro Trimestrale Italia 55,00 euro Estero (Europa) posta aerea 433,00 euro ● Versamento in c/c postale n. 39783097 ● Bonifico bancario: Allianz Bank Financial Advisor Spa Coordinate Bancarie Internazionali (IBAN) ITO5W0358903200301570239605 [email protected] Redazione e Amministrazione via di Ripetta, 142 – 00186 Roma Tel 06 684331 – Fax 06 6843341/40 Consiglio di amministrazione Presidente V.Presidente Amm. delegato Mario Cavallaro Lorenzo Ciorba Marina Magistrelli Domenico Tudini Enzo Bianco Arnaldo Sciarelli Andrea Piana Pubblicità: A. 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