In che direzione, Pd? C`è chi è tentato dalle elezioni subito

Transcript

In che direzione, Pd? C`è chi è tentato dalle elezioni subito
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46)
ART.1, COMMA 1, DCB ROMA
MERCOLEDÌ 6 MARZO 2012
ROGO NAPOLI
N
NUOVO PAPA
M
Melloni:
come sarà
iil conclave dopo la rinuncia
d
A PAGINA 3
di Benedetto XVI
Il giorno dopo l’incendio che ha distrutto
la Città della Scienza prende corpo l’ipotesi
A PAGINA 2
del dolo. Si valuta lo stato di crisi
■ ■ BAGNOLI
ANNO X • N°46 € 1,00
STRATEGIA EUROPEA
Monti tesse l’euro-ragnatela per Grillo: tra il
Quirinale, Bersani e Berlusconi. E la Lega
PAGINA 2
sospetta: prove di governissimo?
■ ■ LA CRISI ➤ LE SCELTE DEI DEMOCRAT
EDITORIALE
Quella Napoli
europea
che dobbiamo
ricostruire
Emergenza,
argomento
a due lame
STEFANO
MENICHINI
ALESSANDRO
BIANCHI
S
L
a Città della Scienza di Napoli
se ne va in fumo portando via
con sé una delle cose migliori realizzate in questa tormentata città.
Nei prossimi giorni sapremo se
si è trattato di un atto doloso, più
esplicitamente di un attentato camorristico, che appare come la cosa
più probabile anche se solo per via
intuitiva. Ma ciò che oggi abbiamo
comunque di fronte è la distruzione
di un progetto carico di valenze simboliche,
SEGUE A PAGINA 4
■ ■ MEDIA
Dalla calza
di Silvio
allo streaming
di Grillo
FILIPPO
SENSI
H
a ragione Vasco Pirri,
uno dei giornalisti di
agenzia che si sono intrufolati e hanno raccontato dal di
dentro la prima riunione degli
eletti grillini: nel fuoco polemico dei cinque stelle verso i
partiti, i sindacati e i media
c’è la questione della disintermediazione, quasi un fastidio per i corpi intermedi o
per chiunque pretenda di fare
da tramite.
SEGUE A PAGINA 4
■ ■ VOTO
Qualche
consiglio ai
dem, per non
perdere ancora
PAOLO
NATALE
L
i abbiamo finalmente sentiti.
Persone reali che sono da
tempo vicine al Pd e nelle ultime
elezioni lo hanno abbandonato,
verso lidi diversi, più vicini ai loro sentimenti e ai loro desideri.
Hanno parlato dei motivi di questo abbandono, senza vergognarsene. Prima erano soltanto numeri, ipotesi per giustificare
sondaggi che non avevano previsto correttamente il decorso degli
orientamenti di voto.
SEGUE A PAGINA 2
In che direzione, Pd? C’è chi è
tentato dalle elezioni subito
Attesa per la relazione di Bersani, dalla sua segreteria Fassina esclude qualsiasi
piano B: o noi a palazzo Chigi o il voto. Renzi vede Monti ma si tiene fuori dai giochi
MARIO
LAVIA
I
toni saranno fermi, l’orgoglio
intatto, la rivendicazione della
“prima mossa” confermata. Nella delicata riunione della direzione del Pd Pier Luigi Bersani vuole portare tutto il partito a chiedere che l’incarico venga affidato
a lui, in quanto segretario del
partito che pur non avendo vinto
le elezioni è comunque arrivato
primo. Ma forse non porrà condizioni ultimative, non evocherà
scenari da fine-di-mondo. La
relazione del segretario verrà
messa ai voti, l’obiettivo del leader è ottenere l’unanimità su una
posizione chiara.
Una posizione nota, d’altronde. La stessa che lo stesso Bersani ha illustrato all’indomani del
brutto voto del 24 febbraio e poi
via via precisato. La proposta
resta quella di un esecutivo di
rinnovamento guidato da lui
stesso, con un programma imperniato sulla necessità di riformare
la politica e al tempo stesso di
garantire misure economiche e
sociali nel segno dell’equità: i famosi 8 punti che il Pd si appresta
a presentare in parlamento con
altrettante proposte di legge.
Destinatario numero uno della proposta politica di Bersani è
quel Movimento 5 stelle da cui
però finora sono giunte solo risposte negative (ieri Grillo ha
smentito qualsiasi apertura, rinverdendo
l’odiosa pratica del dire e
smentire). Il
che autorizza
scarsissimi entusiasmi sulla
possibilità che
l’operazione
vada in porto.
Stando così le cose, l’offensiva della sinistra del Pd – i
Giovani turchi di Fassina e Orfini
– rischia di costituire un problema per lo stesso segretario. I Giovani sostengono che nessun governo sia possibile senza Grillo,
e con ciò non solo escludono
qualsivoglia intesa con Berlusconi – d’altronde su questo sono
d’accordo tutti – ma legano la
vita della giovanissima legislatura al sì del M5S: se manca quello
si va dritti dritti alle urne. Niente piani B, dunque.
Una rigidità che rischia di imbrigliare lo stesso Bersani, che
comprensibilmente per il momento si mantiene anch’egli su
questa linea: ma sarà interessante capire se oggi il leader evocherà esplicitamente le urne come
prevarrà l’ansia di chiudere unitariamente, acquisendo anche il
sì di un Renzi (che ieri ha visto a
lungo Monti) che non ha intenzione di farsi
trascinare in
ROTTAMAZIONE STANDBY
una congiuntura confusa coLe sirene di Monti non
L
me l’attuale. La
tensione però è
iincantano il rottamatore, che si
aattesta sulla linea del segretario. notevole anche
su un fronte
E intanto rilancia i suoi temi
delicatissimo,
quello dei rapper sfidare Grillo
p
A PAGINA 2
porti con il
Quirinale. Al
punto che ieri il portavoce del
■ ■ ROBIN
capo dello stato Cascella sull’Unità ha voluto chiarire che in questi
giorni non c’è stato nessun contatto fra Napolitano e Bersani.
Dopo gli spartani, nel Pd si
È facile pensare che il presidente non apprezzi l’evocazione
stanno organizzando gi ateniesi.
di nuove elezioni e toni che quasi lo ammoniscono a non pretenBravi ragazzi, anche se farei
dere di “dettare la linea” al Pd. E
volentieri a meno di tutti questi
intanto annota come la consapevolezza di dare un governo al pariferimenti alla Grecia.
ese stia crescendo (persino Vendola ieri ha parlato di un esecutivo di tecnici caratterizzati a
sinistra) e sa che un pezzo del Pd
punta su di lui per una soluzione
“tecnica” in grado di risolvere la
più terribile crisi politica della
Seconda repubblica, e non solo
di questa.
@mariolavia
conseguenza di un suo fallimento. Bisognerà stare attenti alle
parole, alle virgole, ai toni. E la
previsione generale è che alla fine
Grecia
ono tutte simpatiche e brave
persone, i parlamentari del
Movimento 5 Stelle. Dal combattere la mafia a trasformare le strade di Roma in piste ciclabili, la
gran parte dei loro intendimenti è
condivisibile. Un po’ inquietante è
l’obiettivo di annullare il proprio
ego nel nome della causa comune,
ma in generale i timori di tenuta
democratica sollevati dalla vittoria
di Grillo appaiono sproporzionati
alla figura di coloro che dovrebbero minare la convivenza civile.
Ogni critica o sarcasmo nei loro confronti si arena poi contro la
replica: perché, che cosa ha fatto di
buono chi l’ha preceduti in parlamento? E la risposta (che c’è) diventa troppo lunga per uno scambio su twitter, una chat su facebook, un giro di battute al bar.
Il problema è che questi cittadini non sembrano rendersi conto
del momento nel quale sono arrivati a difendere il bene comune.
Entro pochi giorni da ora andranno rifinanziate la cassa integrazione e la copertura per gli esodati; andrà presentato a Bruxelles
il piano nazionale delle riforme,
come anticipo del Def; andrà riaperto il dossier della delega fiscale,
a cominciare dal capitolo dei pagamenti alle imprese da parte delle
pubbliche amministrazioni; tutto
ciò sotto lo sguardo attento di investitori finanziari in grado di manifestare a ogni asta del debito
pubblico il voto sull’affidabilità
italiana, e mentre Bankitalia avverte che il 65 per cento delle famiglie è in sofferenza col proprio reddito: non ce la fa.
Liberi i grillini di disinteressarsi di queste scadenze. Diranno che
sono problemi causati dall’incapacità altrui e dalle false leggi della
finanza mondiale, alla quale l’Italia s’è legata mani e piedi. Del resto nella loro autopresentazione
non si sono notate personalità in
grado di sciogliere questi nodi, ma
neanche di rifondare un’altra Italia
senza euro, nella quale le famiglie
impoverite possano consolarsi con
la decrescita felice.
Farà benissimo oggi Bersani a
sfidare i grillini sul terreno sul
quale gli italiani li aspettano alla
prova. Sarà efficace, una volta incassato l’ennesimo no a qualsiasi
governo, evidenziare la follia di un
atteggiamento così leggero.
Ma tutti questi argomenti
sull’emergenza italiana non rimarrano in piedi anche un minuto dopo la relazione di Bersani, a militare severamente contro la tentazione (comprensibile, sia ben chiaro)
di trascinare questo stesso stremato paese a nuove elezioni generali
fra due mesi?
@smenichini
Chiuso in redazione alle 20,30
mercoledì
6 marzo
2013
2
< N E W S
A N A L Y S I S >
LE MOSSE DEL SINDACO DI FIRENZE
Renzi non cede alle sirene del premier e guadagna tempo per la propria corsa
RUDY FRANCESCO
CALVO
U
fficialmente, «l’incontro era
previsto da tempo». Ufficialmente, è servito a «discutere delle
varie questioni ancora aperte tra il
governo e la città di Firenze». Ma se
Mario Monti chiama Matteo Renzi a
palazzo Chigi in giorni concitati come questi e per di più alla vigilia
della direzione che servirà a definire
la linea del Pd sulla crisi politica, è
evidente che il discorso è ruotato
soprattutto su qualcos’altro. Non si
rimane per due ore chiusi in una
stanza a palazzo Chigi a parlare del
Maggio fiorentino o del patto di stabilità, per quanto possano essere
importanti.
Il premier dimissionario vuole
sondare gli umori interni ai Democratici e sa che il sindaco dopo l’esito del voto ha dalla sua il favore di
un’area crescente del partito, oltre
alla prospettiva di un ruolo sempre
più centrale nello scenario politico
italiano. Mentre Monti, dal canto
suo, sta già pensando al futuro della
sua lista, uscita asfittica dalle urne.
Ecco allora che il confronto tra i due,
partito dall’analisi dell’ingorgo attuale, si è spinto anche più in là.
Renzi, ovviamente, non ha fatto
altro che confermare la propria linea
anche al premier: in questa fase, non
sarà lui a mettere i bastoni tra le
ruote a Pier Luigi Bersani. Anzi, la
“sfida” ai grillini lanciata dal segretario gli consente di rilanciare alcuni
tra i temi portanti della sua agenda,
soprattutto in materia di riduzione
dei costi della politica e lotta alla
corruzione e alla criminalità. Un po’
un “aiuto” a Bersani, un po’ – anzi,
soprattutto – un avvio della prossima campagna elettorale, che vedrà il
Pd impegnato a recuperare i voti persi proprio a vantaggio del M5S.
Non è comunque l’intenzione di
Renzi quella di premere sull’acceleratore. Da una parte, non ha alcuna
intenzione di presentarsi come “salvatore della patria” se il segretario
dem dovesse fallire nel proprio compito. Dall’altra, sa che una eventuale
polarizzazione dello scontro interno
al partito potrebbe giocare a suo
vantaggio: più l’ala sinistra guidata
dai Giovani turchi spinge verso il voto immediato, con un Pd che assume
posizioni marcatamente laburiste,
più attorno al sindaco aumentano i
consensi dei dirigenti nazionali e locali. Un sintomo di questo sta già
accadendo nella “rossa” Emilia.
Il sindaco, come la grandissima
parte dei dirigenti dem, oggi si attesterà quindi su una linea attendista:
un mandato a Bersani per provare a
ottenere la fiducia su un governo «di
combattimento», con la non-ostilità
dei grillini. Se non ci riuscirà, l’idea
di quasi tutti i dem – e di Renzi, fra
questi – è quella di affidarsi alla saggezza del capo dello stato per trovare una soluzione.
@rudyfc
LA STRATEGIA DELL’INCLUSIONE
Monti tesse l’euro-ragnatela per Grillo: tra Quirinale, Bersani e Berlusconi
FRANCESCO
LO SARDO
D
oveva aspettarselo, Grillo. Ma non così in
fretta, prima ancora della convocazione
delle camere. Perciò l’imbarazzo delle prime ore
e il tentennamento è direttamente proporzionale al sospetto del predatore che, a sua volta,
fiuta odore di trappola. Bersani andrà a palazzo Chigi giovedì, Berlusconi il giorno dopo. E
Beppe Grillo? «Ci va, ci va», si mormorava tra
i suoi nell’impenetrabile silenzio del Conducator. A prima vista, l’invito del compassato Mario Monti ai leader di coalizioni o delle forze
politiche «rappresentate nel nuovo parlamento» per fare un punto in vista del Consiglio
europeo di Bruxelles del 14 e 15 marzo sembre-
reduce dalla visita di stato in Germania, per
rebbe aver preso in contropiede l’astuto, pirodiscutere – è la versione ufficiale – del summit
tecnico, carismatico leader politico-mediatico
di Bruxelles. A sera Monti fa sapere
del M5S. Innervosendolo: perché, dicotramite palazzo Chigi di aver inviano, se c’è una cosa che manda in bestia
to un invito «agli onorevoli Bersani,
Grillo sono gli imprevisti, eventi grandi Il leader di
Berlusconi e al signor Grillo» per
e piccini che interferiscono con la sua
narrazione della realtà. Il dissenso in- M5S spiazzato «un’informativa e uno scambio di
opinioni». A Bruxelles si farà un
terno, le aperture da parte degli avver- dall’invito
bilancio dei progressi compiuti nel
sari, le cronache giornalistiche...
2012, si parlerà degli orientamenti
Ciò premesso, chi ha intravisto die- del Prof
sui programmi di stabilità e convertro il cortese invito di Monti – in primis in vista del
genza del 2013 e dei rapporti con la
a Grillo – a parlare di impegni europei
Russia. «Data la particolare situal’ombra discreta del Quirinale non sba- Consiglio Ue
zione attuale non è possibile svolglia. Mai come in questo caso la “patergere un preventivo scambio di opinità” istituzionale dell’improvvisa mosnioni con il parlamento, così riterrei opportuno
sa di Monti fu più chiara. Al mattino di lunedì
supplirvi...», ha scritto Monti. Già, ma esiste
Monti viene ricevuto al Colle da Napolitano,
anche un secondo livello – occulto – di questo
primo atto della “strategia dell’inclusione” istituzionale di Grillo che Monti vuol far passare
attraverso la cruna dell’ago europea per mettere spalle al muro l’utopica Grillonomics?
La Lega insinua: «Potrebbe trattarsi di prove tecniche per un accordo politico». Cioè:
Monti vuol stanare Grillo ora, subito, sull’Europa, ovvero ciò che più divide Grillo dal Pd,
oltre che da Scelta civica e dal Pdl. Se il sospetto fosse fondato, Monti avrebbe steso sì una
ragnatela, ma per impigliarci Bersani e Berlusconi e isolare il M5S. Costringendo Grillo a
una disonorevole fuga dall’incontro o ad accettarlo per esprimere tutta la sua radicale e non
negoziabile alterità: mettendone però anche a
nudo il suo velleitarismo.
@francelosardo
BAGNOLI
Napoli attonita di fronte al rogo della Città della Scienza si chiede perché
FABRIZIA
BAGOZZI
A
poche ore dal crollo di un palazzo della elegante Riviera di
Chiaia sul lungomare, Napoli ha assistito attonita al rogo di una notte
senza vento nella quale da sei punti
diversi le fiamme hanno aggredito e
distrutto la Città della Scienza, il
simbolo della riconversione e della
rinascita di Bagnoli. E si è svegliata
ancora più attonita chiedendosi da
dove arrivano quelle fiamme divampate a museo chiuso. Incidente – un
cortocircuito – o, come molto farebbe presagire, dolo?
Mentre tutte le piste investigative
rimangono per ora doverosamente
aperte, a caldo il sindaco Luigi de
Magistris non esclude la seconda
ipotesi: «Mi sembra che dietro le
fiamme ci sia una mano criminale. La
città è sotto attacco». Ma se è così
quali sono le mani che hanno appiccato l’incendio a un polo museale di
eccellenza – riconosciuto dalla comunità scientifica e frequentato da
350mila visitatori all’anno – anche
magari solo per un’intimidazione finita in disastro? Se lo chiedono tutti,
a Napoli. Come l’ex sindaco Bassoli-
no, che all’Huffington Post dice: «Vorrei capire un dolo con quale obiettivo
e non mi è chiaro. Se Napoli è sotto
attacco, ed è indubbio che lo sia, è
importante capire da parte di chi».
Roberto Saviano twitta: «Da sempre
i clan vorrebbero edificare a Bagnoli». La camorra, in particolare il clan
Lago che ha come territorio di elezione proprio Bagnoli. Ma c’è chi fa notare che quella zona è al centro di
diversi interessi e aspettative, non
solo quelli della camorra, attratta
dalle potenzialità edilizie dell’area.
Le indagini procedono fra messa
a fuoco delle dinamiche e analisi del
cui prodest. Intanto su Napoli e sui
160 dipendenti della Città della
Scienza (che peraltro da 11 mesi lavoravano senza stipendio) si riversa
un’ondata di solidarietà, a partire da
quella del capo dello stato Napolitano: «Ho appreso con grande rammarico della devastante distruzione. Al
di là dell’accertamento delle responsabilità si pone ai poteri pubblici il
problema di creare le condizioni per
colmare un vuoto così grave». Il sindaco di Torino Fassino telefona a de
Magistris. Bersani: «Fondamentale
l’impegno delle istituzioni per ricostruire ciò che andava distrutto».
Dal Miur arriva un primo segnale: il ministro per la coesione territoriale Barca e quello dell’istruzione
Profumo hanno individuato un capitolo di spesa a valere sui fondi europei anche grazie alla disponibilità
fornita dalla Comunità europea.
@gozzip011
••• LA LEZIONE DEL VOTO •••
Qualche consiglio ai dem, per non perdere ancora
SEGUE DALLA PRIMA
PAOLO
NATALE
P
er colpa della presenza di un alieno nel panorama politico,
o grazie alla sua presenza, che finalmente ha fatto emergere il malcontento di molti. Svanita come per incanto la sfida
anti-berlusconiana, ora si aprono le vere sfide, per dare una
visione del futuro, non soltanto per combattere le derive cui
voleva portare il paese il duopolio Bossi-Berlusconi.
Ma quale sono i desideri di questi traditori dell’ultima ora?
Quali le cose che si aspettano nel prossimo futuro per tornare
sui loro passi? Facciamone un breve elenco, una specie di piccolo decalogo delle aspettative inevase, che hanno prodotto
questo voltafaccia per la maggior parte dei casi in favore del
movimento di Grillo.
Pronunciare parole chiare sui costi della politica. Niente
sfumature, niente difese (magari anche corrette nel profondo)
del finanziamento pubblico dei partiti, degli stipendi ai parlamentari, niente deroghe sulla vecchia classe politica che non
vuole andarsene dal parlamento. I padri e le madri nobili certo
devono esserci, ma possono anche stare a casa a parlare, a discutere, a pungolare il partito.
Dare indicazioni precise sul piano occupazionale che si
vuole proporre, con cifre plausibili, con scadenze specifiche, non
certo con numeri a caso, ma con un percorso cui ci si possa
credere, cui ci si possa appassionare, come una meta da raggiungere nei prossimi 3-4 anni. E fuori dai tradizionali recinti del
sindacato, che possa parlare ai giovani e ridare loro fiducia nel
futuro.
Fare riferimento ad un nuovo mondo ambientale. D’accordo
sulla green economy, ma non citata così, un po’ genericamente,
bensì con attenzione ai comportamenti quotidiani, a dettagliati piani di risparmio energetico, alla tutela del paese e delle
opere d’arte, alla trasformazione delle coscienze, al sentimento
di appartenenza all’Italia.
Impostare una trasformazione radicale sul tema delle nuove
tecnologie. Internet, banda larga per tutti, nel nord ma anche
nel sud del paese, con interventi mirati per trasformare il mondo della comunicazione così arretrato da noi rispetto alla gran
parte dei paesi europei. E i giovani lo sanno.
Impostare un rilancio economico con scelte chiare e definite, specificando il tipo di economia che si intende sostenere, con
obiettivi dettagliati senza proposte generiche che verranno
adottate chissà come e chissà quando.
Maggior attenzione alla scuola e alla cultura, anche in questo caso avvalendosi di un piano concreto e con una visione
chiara dei rapporti che devono intercorrere tra il mondo dello
studio e quello del lavoro, che possa comportare proposte in cui
i giovani possano credere e in cui le aziende ci si possano ritrovare. Con un ritrovato afflato europeo: cosa deve diventare
l’Italia nel mondo?
Infine, ultimo ma non ultimo, e fin troppo facile: ricambio
generazionale.
Se almeno 3 o 4 di questi punti verranno ben veicolati, in una
comunicazione non così asfittica come spesso è capitato di
vedere negli ultimi anni, è possibile che il Pd possa rivedere la
luce. I temporanei traditori forse torneranno e, soprattutto, non
mi capiterà più di sbagliare le mie previsioni di voto. Un piccolo regalo anche per me.
terza pagina 3
mercoledì
6 marzo
2013
Un conclave
nuovo?
Il successore
La preoccupazione è
che questo passaggio
«avvenga con forme
trasparenti, così da non
usurare il prestigio del
prescelto e sollecitare
ataviche diffidenze»
ALBERTO
MELLONI*
I
l conclave del 2013, dunque, è il primo
che si apre dopo secoli non a valle del
decesso del papa, ma a valle di una rinunzia: che si impone come un precedente al quale potranno fare appello
eletti ed elettori in un futuro nel quale
l’antico sistema di elezione del vescovo
di Roma verrà di nuovo sottoposto ad
una pressione. Non è questa volta il caso di insistere troppo sulla composizione geografica del collegio
cardinalizio, come se questo fosse capace di predire l’esito delle scelte di quell’organo della chiesa
romana. Ormai ogni sito internet – e soprattutto lo
splendido catalogo della University of Florida di
Mirandas – fornisce ogni tipo di ripartizione e consente perfino comparazioni di carattere plurisecolare.
Sul piano delle ripartizioni per «appartenenze»
(generazionali, linguistiche, nazionali, culturali,
regolari) il collegio cardinalizio mostra dal Novecento ad oggi linee di sviluppo dalle quali s’evince
indubitabilmente che esso ha guadagnato nella rappresentatività sui generis di una cattolicità divenuta sempre più concretamente multiforme. La vocazione ad essere segno d’unità del genere umano, con
la quale la chiesa s’è autocompresa nel Vaticano II,
ha risignificato tutte le dimensioni del cattolicesimo, a prescindere dalla loro impermeabilità istituzionale − incluso il ceto chiamato a dare un successore al romano pontefice. Una chiesa che presenta
la fede come luogo d’incontro fra culture e popoli
ha dovuto ripartire proprio dal munus petrinum del
vescovo di Roma: il collegio che lo elegge cerca
dunque di esprimere così la pluralità e le instabilità
che segnano quella chiesa: e non è un caso che
nell’atto di rinuncia dello stesso Ratzinger vi fosse
la vigorosa sottolineatura, secondo una tradizione
inconcussa, della qualifica di successore di Pietro e
di vescovo di Roma.
D’altro canto le norme si spogliano di drammatizzazioni e sacralizzazioni inutili, diventano più
semplici e lineari, tanto più davanti all’inatteso
concretizzarsi di una eventualità come quella della
a
rinunzia. Forse non è sempre stato o non è l’obiet-tivo primario, ma in tale semplificazione c’è l’esi-genza di dar corpo all’irrevocabile impegno ecume-nico della chiesa di Roma e al desiderio di riforma-re il modo di esercizio del munus Petrinum evocato
o
già dall’enciclica Ut unum sint (n. 95) di Giovanni
ni
Paolo II1. Per quanto contraddetta o bilanciata da
a
atti di diverso segno, quell’enciclica fissa un punto
o
di non ritorno. Rispetto a questo orizzonte il modo
o
di scegliere il successore di Pietro non è decisivo,
o,
ma la preoccupazione del papato è che questo pas-saggio avvenga con forme trasparenti, così da non
n
usurare il prestigio del prescelto e da non sollecita-re ataviche diffidenze interconfessionali.
Il modo in cui norme e linee di tendenza si in-contrano nell’elezione crea dunque oggettive con-traddizioni. Il papa, che regola liberamente l’acces-so al collegio e può derogare alle regole che
si è dato, garantisce la funzione di
rappresentanza dei cardinali. E il
collegio che rispecchia la chiesa
universale elegge il vescovo di
Roma con la stessa legittimità
con cui il patriarca d’Occidente
(un titolo del quale Ratzinger, ispirandosi a studi
malcerti, si è spogliato con una
disinvoltura degna di miglior
causa) nomina i
vescovi delle chiese latine: non è facile impedire che
ciò avvenga a prezzo
di una frammentazione generalizzata e
crescente, causa ed
effetto di frizioni che
riemergono ad
ogni creazione di
nuovi cardinali.
Anche
nel collegio
d’oggi manca
l’egemonia nazionale che ha segnato
l’italianissimo cardinalato della controriforma e mancano quei nuclei
nazionali minoritari, ma compatti (i cardinali di
Francia!) che favorivano la dialettica fra culture e
poteri politici. Anzi fattori congiunturali causano
compressioni o dilatazioni singolari delle rappresentanze delle diocesi (nel 2013 la diocesi di Genova si presenta al conclave come fosse una grande
nazione d’America Latina), ma pur sempre destinate a variare perché, il papa – è storicamente documentato – crea cardinale chi vuole, ma la somma di
IN LIBRERIA
Edizione aggiornata
del libro di Melloni
È in libreria per il Mulino una nuova edizione
de “Il conclave. Storia dell’elezione del papa” di
Alberto Melloni. Il volume è arricchito da
un’analisi del conclave del 2005 e da una
valutazione storica della scelta di Benedetto XVI,
che rinunciando al soglio nel febbraio scorso ha
portato,
p
per la prima volta
d
dopo
molti secoli, a un
c
conclave
destinato a eleggere
i successore di un pontefice
il
a
ancora
vivente. La prima
e
edizione
di questo libro è stata
t
tradotta
in tedesco, spagnolo,
p
portoghese
e polacco.
questi
atti liberi riflette sempre veti e pressioni più
q
larghi
di cui il pontefice non può o non sa prescinl
dere,
in vista di propri obiettivi pastorali, spirituad
li
l o istituzionali.
Le leggi particolari del conclave hanno normato
fino
fi alla pignoleria quel diritto/dovere d’eleggere il
papa
che il Codex juris canonici del 1983 riconosce
p
come
identità istituzionale del sacro collegio: hanc
no
n come accade da tempo ritoccato il quorum, fino
alla
a decisione ultima di Benedetto XVI di ripristinare
i 2/3 per ogni votazione, pur conservando un
n
ballottaggio.
Esse non hanno però saputo e non
b
avrebbero
potuto ovviare ai problemi di frammena
tazione
d’un collegio che quando si riunisce può
t
trovarsi privato, nel silenzio
delle norme, di quel dialogo
con i media che è l’unico modo per diluire nel dibattito
pubblico ciò che deve accadere nel segreto.
*dal libro “Il conclave.
Storia dell’elezione
del Papa”, edito dal Mulino
Illustrazione di
Giancarlo Montelli
VATICANO
Pochi segreti
nel villaggio globale I
dei cardinali
MARIA
GALLUZZO
l mondo alla rovescia. Accade un po’ di tutto in
questo 2013 segnato dalla cifra della “sede
vacante”, politica e religiosa. Accade anche che nei
luoghi avvezzi al microfono e alla dichiarazione,
come quelli parlamentari, spuntino i nuovi eletti del
Movimento Cinque Stelle che evitano come la peste
qualsiasi contatto con i giornalisti italiani. E se
invece ci si sposta in Vaticano, verso l’arco delle
Campane che conduce all’aula del sinodo dei vescovi
– dove si stanno svolgendo le congregazioni dei
cardinali per la preparazione del conclave – e dove
in passato la parola d’ordine è sempre stata “non
parlare con i giornalisti”, la musica cambia come
non ti saresti mai aspettato. I porporati arrivano a
piedi, come turisti qualunque – alcuni capisci che
sono cardinali solo perché hanno il paltò nero lungo
dal quale punta la croce dorata –, pronti a sostenere
l’assedio dei giornalisti e alla battuta cordiale:
«Tutto bene. Sono molto contento. L’ambiente è
positivo e il clima è molto buono», dice il cardinale
Carlos Amigos Vallejo, arcivescovo emerito di
Siviglia. «Ringraziamo il Signore. Andate a
mangiare...», esclama il cardinale di Napoli
Crescenzio Sepe.
I briefing con la stampa non si contano più. Il
portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, da
quando Benedetto XVI ha rinunciato, ne tiene uno
al giorno: notizie, numeri, dettagli consentono una
cronaca dettagliata di questo straordinario conclave.
Anche il gruppo degli undici cardinali
statunitensi – il più numeroso dopo quello degli
italiani che ne hanno 28 –dal punto di vista della
comunicazione si è organizzato in modo molto
professionale: da quando è iniziata la sede vacante,
tengono tutti giorni una conferenza stampa nel
Collegio americano, al Gianicolo. Ieri è stato il turno
dei cardinali Daniel Di Nardo e Sean Patrick
O’Manley. In saio francescano, l’arcivescovo di
Boston – uno dei papabili più forti – ha spiegato ai
giornalisti che i cardinali nelle congregazioni hanno
bisogno di tempo per confrontarsi e riflettere, e che
Vatileaks non è determinante per l’elezione del
futuro pontefice.
Al flusso delle informazioni ufficiali, si deve
affiancare il “villaggio globale del conclave”, come è
stato ribattezzato Borgo Pio. Nei ristoranti, tra una
portata e l’altra, tra porpore e portaborse è tutto uno
scambiarsi di consigli e informazioni.
Di segreto insomma per ora c’è molto poco.
Quello scatterà quando le porte della cappella
Sistina si chiuderanno.
@galluzzo_m
mercoledì
6 marzo
2013
lettere e commenti 4
FEDERICO
ORLANDO
RISPONDE
Favorire il Quirinale preparando la rivincita
Cara Europa, leggo nel vostro numero del 5 marzo che la direzione del Pd, che si riunirà oggi, dovrà
dare indicazioni ragionevoli per un governo
dell’emergenza (un’altra) rimandando alla fase immediatamente successiva l’autoesame del perché
della vittoria-sconfitta del 24-25 febbraio, della
perdita di milioni di voti che sembravano sicuri fin
dal 2011: quando dovevamo andare alle elezioni e
non ci andammo per amor di patria, come chiedeva
il Quirinale. Nasca ora il governo di scopo, come lo
definisce Bersani, o istituzionale, come dicono i
quirinalisti, abbiamo pochi mesi per aggiornare il
nostro progetto e i nostri quadri per la rivincita in
autunno o in primavera: quando, spero questa volta senza intoppi, torneremo alle urne.
Arduino Melchiorre, Alessandria
C
aro Melchiorre, mentre a Napoli brucia la Città
della scienza, metafora dell’Italia tutta, concordo
con lei sull’esigenza, per una volta utile anche a noi oltre
che alla patria, di un governo di tregua, se non fosse
possibile, come io invece auspicherò fino alla fine, un
governo Bersani di scopo.
Per amor di patria noi abbiamo rinunciato a vincere
non una ma due volte: la prima fu quando nel 2010 concedemmo mesi a Berlusconi per votare “prima” della crisi
la legge di stabilità; la seconda nel novembre 2011 quando
Napolitano liquidò quel governo e chiamò Monti per un
governo d’union sacrée. Ora basta. Da un lato i tecnici
hanno dimostrato l’impossibilità di salvare la democrazia
col loro unilateralismo (niente a che vedere coi governi
lacrime e sangue dei grandi politici: da quelli della Destra
Storica liberale nell’Italia appena costituita a quello di
Churchill per la guerra al nazifascismo). Dall’altro lato,
non possiamo dimenticare che il Pd, forse tranquillizzato
dall’irreversibile crisi berlusconiana, ha dimenticato non
di costruire la nuova weltanschauung per la quale era
nato e di cui era stato fatto qualche abbozzo fin nel convegno del 2011 al Capranica: dove Bersani aveva lucidamente posto il problema di una più forte presenza del
pubblico in economia, poi annegato nelle baruffe leopoldine per le primarie: con grande partecipazione dei militanti ma con tacito progressivo disincanto dell’elettorato,
che non solo ci vedeva passare dal governo Berlusconi al
governo Monti, ma non dare segni di novità sostanziali
per il dopo. Intendo quel New Deal che fu, oltre il tampone per l’emergenza del 1929, la risposta di lunga prospettiva di cui ci siamo riempiti la bocca per tutto il Novecento, anche in Italia, dopo le due ricostruzioni industriali di
Beneduce e di De Gasperi (entrambe a forte comprimarietà statale). Dopo le quali, con annessi boom e miracoli, ci
siamo addormentati in un welfare «sostanzialmente riparativo», come l’hanno definito, con progressiva emarginazione delle classi più giovani. Abbiamo lasciato languire le infrastrutture, il capitale umano, l’energia, l’ambiente, la ricerca, cioè il programma che avrebbe dovuto
essere da anni alla base del legame tra liberaldemocratici
e socialdemocratici europei per avviare, col Ppe, il bipolarismo continentale e cancellare le anomalie nazionali:
berlusconismo in testa.
Credo che, all’ombra del governo breve che nascerà
dall’ultima meritoria fatica di Napolitano, sarà alla definizione di questa weltanschauung per il centrosinistra
che dovranno lavorare i democratici, senza miracoli nominalisti: Renzi, Bersani, Barca o altri degnissimi.
••• BAGNOLI •••
Quella Napoli europea che dobbiamo ricostruire
SEGUE DALLA PRIMA
ALESSANDRO
BIANCHI
U
n progetto che aveva interpretato nel
modo migliore il tema della riconversione produttiva e della rigenerazione urbana.
Gli ingredienti erano presenti tutti e al massimo livello: un relitto industriale di dimensioni gigantesche come l’Italsider; un’intera
area, Bagnoli, ridotta in uno stato di altissimo inquinamento e degrado; un tessuto sociale sconvolto, una prima volta dall’avvento
della produzione industriale e una seconda
dalla sua fine.
A fronte di una simile condizione, il progetto promosso dal fisico Vittorio Silvestrini
si era mosso sulla scia di una idea forte e pie-
namente calata in una tematica che ha riguardato negli ultimi cinquanta anni molte
grandi città europee, quello della riconversione delle aree produttive dismesse, tema tipico della società post-industriale e postmoderna. In molti casi la soluzione è stata
quella di lasciare spazio alla speculazione
immobiliare, che ha realizzato i soliti, orrendi complessi residenziali-commerciali-direzionali.
In altri l’intelligenza di amministratori e
imprenditori, accompagnata dalla bravura di
architetti e urbanisti, ha dato vita a straordinarie soluzioni basate sull’intuizione di sostituire la capacità di produrre e creare occupazione dell’industria, con la medesima capacità espressa dal mondo della scienza e della
cultura. Basta pensare alla riconversione del
dattiche per accostare giovani studenti alle
bacino carbonifero della Ruhr in parco multipratiche scientifiche, un grande centro confunzionale; alla straordinaria esperienza del
gressi e una serie di incubatori d’impresa atti
lungo fiume di Bilbao, legata al museo capoa creare i presupposti per nuove produzioni
lavoro di Ghery; alla riconversione dell’area
ed occupazione.
industriale di Manchester, con un campus
Insomma è stata il punto di forza su cui
universitario, sale concerti e musei; al Parc de
poggiare un complessivo progetto
La Villette nella zona nord di Parigi,
di riconversione e rigenerazione
che ha sostituito il vecchio mattatoio
urbana dell’intera area di Bagnoli.
con la Citè des sciences et industries.
Il progetto
Oggi siamo costretti a pianLa Città della Scienza di Bagnoli
gerne la perdita che, come ha detera un esempio, sia pure a scala ridot- interpretava
to il sindaco De Magistris, è dolota, di questo modo di intendere la rirosa come un lutto. Ma già da doconversione produttiva e la rivitalizza- nel modo
mani dovremo superare lo sgozione sociale delle grandi aree dismes- migliore la
mento e avviarne la ricostruzione,
se. Considerata a buon diritto nel noriconversione perché la strada che aveva tracvero dei grandi e innovativi musei inteciato era quella giusta e Napoli
rattivi d’Europa, offriva agli oltre
produttiva
non può che riprenderla.
350.000 visitatori annui strutture di-
••• MEDIA •••
Dalla calza allo streaming
Seconda Repubblica, la videocassetta con cui Silvio
Berlusconi annunciava la sua discesa in campo, quella
FILIPPO
della calza, recapitata a scatola chiusa ai telegiornali,
SENSI
senza possibilità di metterci becco, al massimo la tagliavi o decidevi di non trasmetterla, non altro.
otrebbe sembrare un punto tutto interno alla logiL’arco dell’intera stagione del New Labour di Tony
ca della Rete, alla politica 2.0 che consente a
Blair può essere letta attraverso la lente dello scontro
chiunque di mettersi in proprio, di fare da sé, senza bicon i giornalisti, l’epopea dello spin che, da principio,
sogno della vidimazione o della validazione di chissà
utilizzava la sponda dei media per veicolare il proprio
quale agenzia.
messaggio, per poi provare a farne a meSe posso twittare direttamente a Barack
no, ad entrare nelle case dei, ahem, cittaObama e ricevere risposta, a che mi serve scridini.
vere la lettera al quotidiano locale? Se con un
Nel fastidio
Ma in tutti gli inquilini del Palazzo, il
video su YouTube arrivo potenzialmente a migrillino per
riflesso di dribblare l’intermediazione
lioni di persone, perché convocare una confegiornalistica, tanto più utilizzando gli strurenza stampa o elemosinare una citazione in un le mediazioni
menti tecnologici della Rete, è fortissimo, e
articolo che sarà visto da un pugno di lettori? Se
c’è una storia non solo in campagna elettorale: la pretesa
uno vale uno non ho bisogno di connettori, di
di una comunicazione monodirezionale,
spazi intermedi, di traduzione. E’ tutto diretto, antica, non
top-down, fatta di post sul blog, ahem, di
in diretta, streaming. Senza pagare dazio alla
solo italiana
tweet e video, di lunghi commenti su Faceselezione operata dal giornalista, agli interessi
book per spiegare e, ahem, precisare, diretvestiti e ai pregiudizi di cui vengono accusati i
tamente all’elettore.
cronisti, come se fossero agenti provocatori di
Nel gioco degli equivoci, delle correzioni di tiro,
chissà quale complotto.
delle smentite e delle precisazioni, c’è tutta la fatica e
Ma, in realtà, questa ossessione della presa diretta,
il dispetto per il lavoro giornalistico. Meglio tenerli aldel rivolgersi direttamente al pubblico, ai “cittadini”,
la larga, scegliendo posti fuori dai radar, o impedendocome usa adesso con calco sanculotto, non è solo del
ne l’accesso, ahem, nel backstage (ricordo la sollevaweb. Ma è un antico riflesso della politica, e non solzione dei fotografi e delle telecamere a un congresso di
tanto di quella italiana.
partito, secoli fa, tenuti in tribuna senza poter girare
Qualche giorno fa l’internettiano Politico.com, una
tra i delegati durante i lavori).
delle storie di successo – finora almeno – dell’inforInsomma, nil sub sole novi. L’illusione di poter
mazione americana, passava in rassegna il vizio del
controllare il messaggio da parte della politica, il batPresidente Obama, il “burattinaio”, di non concedere
timuro del giornalismo che si fa più occhiuto e tignoso,
interviste ai quotidiani, nessuno escluso. Meglio le
attacco e difesa, facciamo a chi segna prima. Compreconversazioni one-on-onecon le televisioni o la produso il marziano che pretende di cambiare le regole del
zione a getto continuo di video della Casa Bianca, già
gioco, di scavalcare il custode con la sua rete, e se la
tagliati in pillole per gli aggregatori e i servizi tv.
ritrova bucata, come fosse una zona rossa qualsiasi.
E ne sappiamo qualcosa anche dalle nostre parti: a
@nomfup
partire dall’atto mediatico fondativo della cosiddetta
SEGUE DALLA PRIMA
P
INFORMAZIONI
E
ANALISI
www.europaquotidiano.it
ISSN 1722-2052
Registrazione
Tribunale di Roma
664/2002 del 28/11/02
Direttore responsabile
Stefano Menichini
Condirettore
Federico Orlando
Vicedirettori
Giovanni Cocconi
Mario Lavia
Filippo Sensi
EDIZIONI DLM EUROPA Srl
Distribuzione
Prestampa
Abbonamenti
con socio unico
Sede legale via di Ripetta, 142
00186 – Roma
SEDI 2003 SRL
Via D.A.Azuni,9 – Roma
Direzione tel. 06-50917341
Telefono e fax : 06-30363998
333-4222055
COMPUTIME Srl – via Caserta, 1 – Roma
Segreteria di redazione
Consiglieri
Annuale Italia 180,00 euro
Sostenitore 1000,00 euro
Simpatizzante 500,00 euro
Semestrale Italia 100,00 euro
Trimestrale Italia 55,00 euro
Estero (Europa) posta aerea
433,00 euro
● Versamento in c/c postale
n. 39783097
● Bonifico bancario: Allianz Bank
Financial Advisor Spa
Coordinate Bancarie
Internazionali (IBAN)
ITO5W0358903200301570239605
[email protected]
Redazione e Amministrazione
via di Ripetta, 142 – 00186 Roma
Tel 06 684331 – Fax 06 6843341/40
Consiglio di amministrazione
Presidente
V.Presidente
Amm. delegato
Mario Cavallaro
Lorenzo Ciorba
Marina Magistrelli
Domenico Tudini
Enzo Bianco
Arnaldo Sciarelli
Andrea Piana
Pubblicità:
A. Manzoni & C. S.p.A.
Via Nervesa, 21
20139 Milano
Tel. 02/57494801
Stampa
LITOSUD Srl
via Carlo Pesenti, 130 Roma
Responsabile del trattamento dati
D.Lgs 196/2003 Stefano Menichini
Organo dell’Associazione Politica
Democrazia è Libertà La Margherita in liquidazione
«La testata fruisce dei contributi
statali diretti di cui alla Legge 7
agosto 1990 n.250»