LA COLLANA “MEDITAZIONI BIBLICHE” DEL

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LA COLLANA “MEDITAZIONI BIBLICHE” DEL
N°7 · 2017
FC · IN ITALIA E NEL MONDO
LA COLLANA “MEDITAZIONI BIBLICHE” DEL CARDINALE MARTINI
un regalo
da riscoprire
DON VIRGINIO COLMEGNA, DIRETTORE DELLA CASA DELLA CARITÀ
DI MILANO, DEFINISCE COSÌ L’ARCIVESCOVO CHE HA LASCIATO
IN EREDITÀ ALLA CITTÀ UN LUOGO DI ACCOGLIENZA E CULTURA.
DALLA SETTIMANA PROSSIMA CON “FAMIGLIA CRISTIANA”
DIECI VOLUMI CON LE SUE PIÙ BELLE RIFLESSIONI SULLA BIBBIA
di Antonio Sanfrancesco
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L’INTUIZIONE
A destra: il cardinale
Martini durante
la visita in un oratorio.
Sopra: con don
Virginio Colmegna
all’inaugurazione
di Casa della Carità
nel 2004. A sinistra:
il primo volume allegato
a “Famiglia Cristiana”.
FONDAZIONE CARLO MARIA MARTINI
C
osa sarebbe stata Milano senza il
cardinale Carlo Maria Martini?
Sono ancora vivi il suo insegnamento e la sua visione profetica? Lui, che
nei 22 anni di ministero episcopale si
è sempre preoccupato di insediarsi
nei crocevia della “città dell’uomo”
guidato dalla lampada della Parola di
Dio, cosa ha ancora da dire alla città di oggi? Alla
sua frenetica quotidianità e alla sua vivace cultura? Ai suoi problemi e ai suoi drammi? Ai suoi
slanci e alle sue miserie? Alle genti di tutte le razze e culture che la abitano, a quelli che la fanno
grande o semplicemente migliore e a quelli che
la feriscono e la sporcano?
Domande ineludibili non tanto per questioni di calendario (il 15 febbraio ricorre il 90°
anniversario della nascita di Martini e Famiglia
Cristiana propone ai suoi lettori, in dieci volumi,
le sue più belle meditazioni bibliche, dal Padre
Nostro ai racconti della Passione, fino ai profeti), ma per il luogo dove ci troviamo, la Casa
I LIBRIGI LIA
DI FAISMTIANA
CR
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FC · I LIBRI DEL CARDINALE MARTINI
IN DIALOGO
Martini insieme ai leader
religiosi durante l’incontro
promosso da Sant’Egidio nel
1993 a Milano. Sotto: pianta
un albero a Gerusalemme.
della Carità, tra Crescenzago e il
quartiere Adriano, periferia nordest
della città, che Martini volle come segno ed eredità del suo lungo servizio
pastorale alla guida della più grande
diocesi italiana e una delle maggiori del mondo. Chiamò a guidarla don
Virginio Colmegna, uno di quei “pretacci” raccontati con amabile semplicità da Candido Cannavò che portano
il Vangelo tra i reietti e i senzatutto,
talvolta anche fregandosene dei pregiudizi del mondo.
Evochi il cardinale e don Virginio,
uomo pratico e lontano da ogni retorica, ha un lampo negli occhi. «Martini»,
dice nel suo ufficio di questo caloroso
rifugio di disperati, «è stato un grande
regalo che va riscoperto oggi nella sua
attualità, che ci provoca ancora». La città non ha dimenticato il suo Pastore,
che la guidò tra i marosi di anni non
meno difficili e complessi di quelli attuali: «Milano», aggiunge don Virginio,
«è riconoscente per quello che Martini
è stato per la Chiesa e per la città, alla
quale ha dato autorevolezza culturale
e il volto di una comunità amica, fortemente radicata nella Parola di Dio da
lui amata, contemplata e insegnata con
grande passione».
È proprio alla luce della Scrittura
che Martini levava la sua voce alta e
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«HA DATO A MILANO
AUTOREVOLEZZA
CULTURALE E IL VOLTO
DI UNA COMUNITÀ
AMICA, RADICATA NELLA
PAROLA DI DIO»
severa: «Intuì certi processi che dovevano succedere e che ora hanno
il risvolto della drammaticità, penso
al rapporto con l’islam», dice don
Virginio. «È un patrimonio che sta segnando il nostro cammino, è presente
ancora. La vitalità di papa Francesco ci
ricorda l’attualità di Martini».
Un biblista di fama internazionale
che amava passeggiare per le vie della
città e toccare tutte le realtà della diocesi, dalla minestra servita ai barboni nel rifugio di fratel Ettore sotto la
Stazione Centrale agli incontri con gli
operai, fino ai giovani che gremivano il
Duomo per la lectio divina: «Martini»,
riflette Colmegna, «fu un innovatore
nel quotidiano, nella normalità che è
il vero orizzonte d’azione del credente.
Come papa Francesco, fu accusato di
essere solo un prete attento al sociale,
ma la sua diagnosi sui temi sociali
scaturiva dall’ascolto e dalla contemplazione della Parola».
La “Cattedra dei non credenti” fu
un’altra intuizione che varcò i confini
della diocesi. «In un certo senso mise
in cattedra i non credenti perché riteneva profondamente serie le loro inquietudini, giudicandole capaci di fecondare anche la fede di tanti cristiani.
E poi, la Scuola della Parola, il convegno diocesano “Farsi prossimo” del
1987. Non erano solo parole ma azioni,
dalle quali sono scaturiti una visione e
gesti concreti».
Uno di questi è proprio Casa della Carità, nata nel 2004 da una scuola
abbandonata e che ogni giorno si prende cura di quelli che Martini chiamò
“sprovveduti”: famiglie senza casa,
immigrati, anziani soli, mamme con
bambini e persone con problemi di salute mentale. Colmegna ricorda il discorso che Martini tenne il 28 giugno
2002 davanti al Consiglio comunale
di Milano, durante il quale annunciò
questo “dono” alla città: «Voleva un
luogo che fosse non solo di ospitalità ma anche culturale. Ecco perché la
biblioteca l’abbiamo dedicata a lui. È
aperta a tutti ed è diventato un fermento culturale per il quartiere».
La parola al cardinale: «L’accoglienza, come categoria generale, non
è per la milanesità solo un affare di
buon cuore e di buon sentimento, ma
uno stile organizzato di integrazione
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GIANCARLO GIULIANI/PSP - FAUSTO TAGLIABUE/PSP - FONDAZIONE CARLO MARIA MARTINI (2)
NELLA CITTÀ
Alcuni momenti d’incontro
con la città del cardinale
durante il suo episcopato.
A sinistra: con i ragazzi; sotto,
sulle terrazze del Duomo.
che rifugge dalla miscela di princìpi
retorici e di accomodamenti furbi, e
si alimenta soprattutto a una testimonianza fattiva. Per questo sono lieto che sia possibile, in collaborazione
anche con il Comune, offrire alla città
una “Casa della carità” che risponda
alle intenzioni di un generoso benefattore milanese e rimanga come segno di
accoglienza verso i più sprovveduti».
La Casa della Carità racchiude
tutta l’eredità di Martini: «Stando
con i poveri», dice don Virginio, «nasce
un modo di pensare e di inquietare la
propria fede, di dare peso al tema dei
diritti e della giustizia. È il senso del
Vangelo ed è la lezione cui il cardinale
ci ha sempre richiamato».
A cominciare proprio da don Virginio, “snidato” dalla sua parrocchia di
Sesto San Giovanni per guidare Caritas
ambrosiana su incarico di Martini: «Mi
affidò il compito di rendere la Caritas
capace di modellare con l’esempio il
vivere della Chiesa e della comunità
civile. Ma ogni sua indicazione», insiste
Colmegna, «prendeva le mosse da una
profonda spiritualità e radicamento
nella Parola». Agli sgoccioli del suo episcopato, nel 2002, «lo incontrai e gli dissi: “Che bello sarebbe lasciare a Milano
un segno di attenzione verso gli ultimi”.
Lui mi prese subito in parola, venne a
«FU UN INNOVATORE
NEL QUOTIDIANO,
NELLA NORMALITÀ
CHE È IL VERO
ORIZZONTE D’AZIONE
DEL CREDENTE»
visitare il cantiere e mi incoraggiò ad
andare avanti. Ogni sera, mi confidò,
pregava per la Casa della Carità».
Sulla parete campeggiano le foto
di Martini, già fiaccato dalla malattia,
mentre celebra il 40° anniversario di
sacerdozio di don Virginio nella comunità religiosa dei Gesuiti di Gallarate,
dove si era ritirato negli ultimi anni.
Gallarate fu l’ultima tappa. «Quando
andai a trovarlo mi prese per un braccio e mi regalò un libro sul Vangelo
di Giovanni. Scoprii la sua tenerezza
affettuosa che prima il suo volto aristocratico e severo quasi nascondeva».
La penultima tappa fu Gerusalemme. Là il cardinale ritrovò le radici
della fede, sentì echeggiare le voci dei
profeti e la presenza di Cristo. «Una sera
andammo a trovarlo», ricorda don Virginio, «e ci fece una lezione stupenda
sull’eccedenza della carità che è anche,
disse, sapienza. Io la chiamo la follia
della carità, perché senza follia forse
non ci sarebbe neanche la carità».
IL RIFUGIO DEGLI ULTIMI
ECCO COME AIUTARE
CASA DELLA CARITÁ
Nata per volere del cardinale Martini,
Casa della Carità apre i battenti
nel 2004 nei locali di una scuola
abbandonata e ristrutturata
in via Francesco Brambilla, periferia
nordest di Milano. A guidarla, don
Virginio Colmegna, 71 anni, già
direttore della Caritas ambrosiana.
Ogni giorno la Casa si prende cura di
centinaia di persone in difficoltà: famiglie
senza casa, migranti, anziani soli,
persone con problemi di salute mentale.
In totale ospita circa 140 persone.
A quelle che non riesce ad accogliere,
offre alcuni servizi: docce e guardaroba,
ambulatori medici, consulenza legale.
Altre ancora sono seguite nelle
“favelas” urbane della città. Si può
sostenere la Casa della Carità con una
donazione tramite bonifico bancario
intestato a “Fondazione Casa della
Carità A. Abriani-Onlus” IT 08 O 03359
01600 100000067281 oppure con un
versamento tramite bollettino sul conto
corrente postale N° 36704385. Per info:
www.casadellacarita.org
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