L`architettura rurale di Ustica - Centro Studi e Documentazione Isola
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L`architettura rurale di Ustica - Centro Studi e Documentazione Isola
1 ATTIVITA’ DEL CENTRO L'architettura rurale di Ustica di Lina Bellanca e Erminia Manno. Negli studi pubblicati sull’isola di Ustica non manca un accenno all’architettura rurale costituendo, pur nella semplicità delle tecniche costruttive, un elemento caratteristico del paesaggio dell’isola. Alcuni esempi rilevati sui luoghi offrono un contributo alla conoscenza delle tipologie degli insediamenti sparsi nella campagna, per riconoscere i “tipi”, che in quest’isola, distinguono le case rurali usticesi da quelle delle altre parti della Sicilia. Nel primo periodo di colonizzazione, in assenza ancora di un nucleo urbano, sorgono nella campagna a servizio dell’agricoltura e del pascolo i primitivi “pagghiari”, tipologia utilizzata esclusivamente come ricovero temporaneo. Coevamente al riutilizzo del diruto insediamento urbano di “Case vecchie” già abitato dai benedettini nel 1300, nei lotti di terreno assegnati ai coloni cominciano a realizzarsi delle costruzioni in muratura di ridotte dimensioni, che via via si trasformeranno mediante successive aggregazioni e la realizzazione dei servizi necessari alla vita della famiglia contadina. Si configura Il pagliaro (’pagghiaru’) era realizzato con pietra lavica a secco e tetto di paglia (pagghia) a spiovente. (incisione di Ludovico Salvatore d’Asburgo 1898) così la vera e propria casa colonica: al nucleo abitativo dotato anche di cucina e forno esterni alla casa si aggiungono la stalla, il fienile, il pollaio, il magazzino per gli attrezzi. Ed inserita anche la donna nel ciclo produttivo, nel periodo da maggio ad ottobre queste costruzioni vengono abitate stabilmente da tutta la famiglia (‘arricugghiuta’). È un modo per facilitare il lavoro del contadino, ma anche di consentire alle donne di casa di preparare le conserve, i fichi secchi, l’uva passa, le mostarde, ecc. utilizzando gli stenditoi (‘cannizzi’ e ‘marte’). Solo successivamente, con lo sviluppo e la differenziazione delle attività economiche della società locale, sorgono nella campagna case che, richiamando la stessa tipologia costruttiva, non sono finalizzate esclusiva- mente all’uso agricolo e talvolta sono vere e proprie case di villeggiatura. Alcune caratteristiche accomunano queste tipologie come: l’esposizione a levante, la giacitura del piano di posa in posizione elevata, la presenza di uno spazio pianeggiante antistante, che consente le coltivazioni e la conservazione dei prodotti d’uso comune. La tipologia della casa rurale di Ustica richiama quella delle Eolie, portatavi dai coloni provenienti da quelle isole, che contribuirono al ripopolamento operato dai Borbone nel Settecento; un impianto planimetrico semplice, di forma rettangolare, con copertura piana o a falda e antistante terrazzo, delimitato da un sedile, coperto da un pergolato (‘prieula’), talvolta inte- La casa colonica monocellulare aveva una sola stanza utilizzata come camera da letto in estate e come magazzino in inverno. 2 Un esempio della evoluzione di una casa rurale da “monocellulare” ad “aggregata”: al primo nucleo, generalmente costruito con larghi muri di pietrame lavico a secco poi “accusturate” con malta di calce e allattate, si aggiunge una stanza (non comunicante) in conci di tufo locale, per adibirla al riparo degli attrezzi e delle sementi, successivamente a seconda camera da letto; quindi si alloca in modo meno precario la cucina ed il forno talvolta in ambiente coperto; la cisterna ed il lavatoio (’a pila’) in continuità col terrazzo; la mangiatoia sotto il grande albero di carrubo o di mandorlo viene sostituita da una stalla aperta da un lato e coperta con tegole (‘a pinnata’) a cui si affianca il pollaio ed l’ampio fienile (’a casa ‘i pagghia’) in cui si depositano anche gli attrezzi; immancabile nelle adiacenze il giardinetto riparato per il limone (’u limuni’), il piccolo orto e l’aia (‘l’aria’). grato da incannucciato, sostenuto da travi di legno posti su pilastri in muratura tondi o quadrati. Di questo patrimonio d’architettura rurale tradizionale si conservano numerosi manufatti, la maggior parte in condizioni di degrado o allo stato ruderale. Questi manufatti che sembrano mimetizzarsi nel contesto paesaggistico, un tempo avevano un impatto netto e volumetricamente perentorio con l’ambiente circostante. Oggi invece non è facile individuarle a distanza sia perché sono costituite di materiale lapideo di estrazione locale sia perché sopraffatte dalla macchia della vegetazione spontanea, che ha sostituito le colture che i coloni avevano impiantato nella fase di ripopolamento dell’isola quando ebbero assegnati i lotti di terreno. Nel dopoguerra, infatti, il progressivo abbandono dell’agricoltura ha profondamente modificato il panorama. In analogia a quanto avviene negli altri gruppi insulari siciliani le costruzioni conservano l’arte costruttiva popolare rispondente alle sia pur limitate esigenze di “comodità” (‘cummirità’). Risulta evidente in tali manufatti la funzionalità ai bisogni del lavoro dei campi, alle condizioni di clima e geologiche e alle tradizioni dei luoghi di provenienza. In conseguenza di ciò l’elemento formale che ne deriva, man- cante di elementi decorativi, è caratterizzato dai volumi netti delle masse cubiche. Queste in mancanza di aggetti e cornici sono interrotte da una serie di elementi: dall’andamento lineare degli embrici e dei tetti piani; dal bianco delle pareti attenuato dalla scabrosità delle superfici della pietra sottostante semplicemente allattate o intonacate; dai pergolati antistanti i prospetti principali, sostenuti da travi poggianti su pilastri tondi o quadrati; dal collegamento orizzontale dei pilastri stessi mediante un sedile (‘bisolu’) interrotto soltanto da un ingresso, per cui il terrazzo assume la funzione di anticamera, di salotto all’a- 3 Lo spaccato dell’antico cratere della Falconiera. La casa dei Florio, sotto il Fortino, domina gli audaci terrazzamenti ed il pianoro sottostante. In lontanazza la costa di Tramontana ed il Faraglione. (incisone di L.Salvatore d’Asburgo, 1898) perto, di sala di riunione; dagli elementi accessori esterni come il focolare, il forno, la cisterna, il lavatoio, il ricovero per gli animali, ecc.. Altro elemento caratterizzante il paesaggio usticese è la pietra locale, tutta di natura vulcanica. Si distingue fra una pietra dura, molto compatta e scura, generalmente tondeggiante (basalti) e una pietra tufacea (piroclastiti) tenera, grigia, molto porosa e permeabile che viene tagliata in conci regolari detti chiappuni. In generale la pietra dura e compatta è sapientemente assestata a secco per creare muri di contenimento, recinzioni, stalle, ricoveri temporanei per pastori o animali (simil tholos), raramente per le abitazioni; la pietra tufacea, allettata secondo filari regolari su malta, è utilizzata per la realizzazione delle abitazioni in muratura. La difficoltà di reperimento di altri materiali idonei nell’isola ha spesso costretto all’uso o al riuso di pietrame facilmente rinvenibile nei luoghi, con evidente discapito di una migliore tecnica costruttiva delle murature. Il rivestimento ad intonaco, quindi, in molti casi é una scelta obbligata per un’adeguata protezione dagli agenti atmosferici delle murature di pietrame informe. L’uso della pietra a secco si ripropone fin dall’antichità, come può ancora osservarsi sul costone roccioso proteso sul mare a Tramontana, dove emergono i resti del Villaggio preistorico dei Faraglioni. La cinta muraria e le parti residue delle capanne messe in luce dagli scavi, costruite con pietrame a secco e cementate solo dal fango, si integrano nell’ambiente. Questa tradizione costruttiva si è trasmessa nel tempo e permane nelle divisioni di proprietà, marcate dai terrazzamenti e dalle recinzioni di muri a secco. Ed ancora nelle costruzione dei muri di contenimento delle grandi vasche per la raccolta della acque piovane ad uso degli allevamenti animali (Gorgo Caezza, Gorgo Maltese, Gorgo Salato, Gorgo Baggiano e Gorghi Oliastrello), alcune di certa fattura preistorica (Maltese, Salato, Bagiano). Nelle pianure agricole di Tramontana e dell’Ogliastrello i muri sono l’elemento che rende visibile, come detto, l’assetto delle proprietà, come si è configurato fin dalla colonizzazione dell’isola ma in molti casi facilita lo spietramento dei terreni coltivabili. La distribuzione della terra ai primi colonizzatori, sapientemente realizzata con assegnazione di strisce di superfici agricole ortogonali all’andamento delle curve di livello, è ancora oggi segnalata da muri rettilinei e da muri trasversali che oltre a facilitare un corretto drenaggio, determinano un gradevole effetto di ordine e di efficienza che migliorano l’aspetto estetico del panorama. È solo all’interno di questi fondi (talvolta solo strette strisce di terre) si sviluppa l’insediamento rurale che si è voluto approfondire, come detto, nelle tre tipologie appresso definite. La prima più borghese, identificata nella casa dei Florio, rappresenta un esempio classico di abitazione extra-urbana. La costruzione ben esposta a Levante, con il tradizionale terrazzo delimitato dai bisoli e sovrastato dal pergolato, si affaccia come un balcone privilegiato su un panorama di 4 La casa ha all’interno una ampia cucina con cappa e lavatoio. L’areazione era assicurata anche da due finestre contrapposte sulla direzione nord-sud. I tetti a tegole spioventi raccoglievano l’acqua nella cisterna scavata sotto il vano cucina. Le sezioni mettono in evidenza l’ampio dislivello tra le fondazioni del muro di sostegno del terrazzo e l’apice della scala d’accesso. Si noti che la casa non ha dotazioni funzionali all’agricoltura: nè stalla, né fienile, nè pollaio o porcilaia. I proprietari neanche panificano dato che non hanno neanche il forno. particolare bellezza, sul versante settentrionale della Falconiera, sotto il Fortino, all’intero dell’antico cratere prodotto dall’ultima spettacolare eruzione idromagmatica, fortemente esplosiva, che risale a 130.000 anni fa. Appollaiata come un falco, appunto, su un ripido pendio sul quale la costruzione vi s’incunea perfettamente, documentando le modalità semplice ed al contempo intelligenti adottate per adattarsi alle asperità del luogo e di sfruttare l’esiguità dello spazio. È insomma un valido esempio della capacità dell’uomo di costruire in armonia con l’ambiente, utilizzando in pieno le risorse naturali. Le asperità in qualche dettaglio sono financo sfruttate per migliorare i conforti: a monte l’unità abitativa viene difesa dall’umidità tipica del tufo della Falconiera con un areato canale di scolo; ed ancor più su due cisterne, cui si accede con erti gradini scavati nella roccia, raccolgono con una sapiente canalizzazione l’acqua piovana e garantiscono, per caduta, “acqua corrente” alla casa sottostante; un viale d’accesso con due rampe combinate a gradinate scavate nel tufo supera con eleganza, forse affettata, il dislivello. Ancora oggi, nonostante il lungo abbandono, il crollo parziale della copertura piana e la crescita di arbusti che in parte la nascondono, la casa arricchisce di valore il paesaggio. La seconda tipologia giunge a noi come risultato di una spontanea aggregazione e crescita della costruzione, strettamente funzionale alle necessità dell’attività agricola. L’ultima è rappresentativa del concetto elementare di ricovero inteso come monocellula. Nei tre esempi sono evidenti le già accennate caratteristiche costruttive e formali determinate da un diverso “status” dei proprietari. Possidenti, ma non lavoratori del- la terra nel primo caso, esperti coltivatori di un fondo di notevole ampiezza nel secondo, piccoli coltivatori con abitudini e bisogni ridotti all’essenziale nel terzo esempio. LINA BELLANCA ERMINIA MANNO Lina Bellanca e Erminia Manno, architetti, architetti, sono soci del nostro Centro Studi. Il rudere della Casa Florio ricade all’interno dell’area interessata dal progetto di sistemazione del giardino storico e di restauro delle strutture esistenti nella Rocca della Falconiera. Grazie al finanziamento dell’assessorato Regionale beni Culturali e Ambientali, nell’ambito della L.R. 26/88, un primo intervento di recupero e valorizzazione dell’area della Rocca è stato già realizzato dal Comune di Ustica. È auspicabile che ulteriori finanziamenti consentano il completamento dei lavori ed il recupero del rudere per offrire alla pubblica fruizione un esempio di abitazione tradizionale dell’isola, in un contesto archeologico e paesaggistico di rilevante interesse.