P.Emiliano Tardif

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Un giorno un giornalista colombiano mi chiese: “Lei compie miracoli?”. Risposi: “Niente affatto!
E’ molto semplice: io prego e Gesù guarisce”. Il giorno seguente pubblicò un articolo sul
giornale, intitolato: “Padre Tardif prega e Gesù guarisce”. Quando lo vidi esclamai: “Finalmente
un giornalista ha capito come funziona!”. Il carisma di guarigione è per gli altri, non per se
stessi. Se così fosse, quando mi è capitato di ammalarmi, mi sarei imposto le mani sulla testa,
avrei pregato e sarei guarito, ma non è così!
Un fine settimana, durante un ritiro a Tucson, in Arizona, per 200 latino-americani, il Signore
sanò molti infermi, anche da malattie molto gravi, soprattutto artriti e paralisi. La domenica, alle
due del pomeriggio, avevo la febbre molto alta. Ero raffreddato e riuscii a esporre l’ultimo
argomento con difficoltà. Finito il ritiro mi misi a letto per un giorno e mezzo. Dicevo: “Se il dono
di guarigione dipendesse da me, mi imporrei le mani, guarirei e mi alzerei subito dal letto”. Ma il
Signore mi insegnò ancora una volta che non sono io che guarisco, ma è Lui.
Ci racconti una guarigione che le è rimasta particolarmente impressa.
Ne racconterò alcune che mostrano il buonumore di Dio. Nel 1984 stavo predicando un ritiro
nella città di Monterrey. Durante la messa era molto difficile distribuire la comunione, perché i
corridoi erano gremiti di gente. Aiutato da alcuni sorveglianti mi incamminai verso il retro.
Mentre passavo tra la folla, e alcuni volevano toccarmi e altri mi chiedevano di fermarmi a
pregare per loro, pensavo : “E’ solo Gesù che può guarirli, ma non smettono di cercare il padre
Emiliano…”.
In mezzo a tanta gente vidi una signora con gli occhi lucidi di pianto, con un bambino in braccio.
Il piccino mi guardava con dolcezza. Mi ricordai del paralitico della piscina di Betzaetà (Gv 5),
che non poteva entrare nell’acqua miracolosa, perché non aveva nessuno che potesse aiutarlo.
Così mi avvicinai al bambino e gli diedi un bacio. Mi fece un sorriso e continuai a distribuire la
comunione.
Normalmente non do baci mentre distribuisco la comunione, ma in quel momento mi sentii
spinto a farlo… Il giorno dopo, la signora prese il microfono e, in piedi davanti alla folla, disse :
“Ieri, al momento della comunione, il padre Emiliano Tardif passò vicino a noi. All’improvviso si
fermò e diede un bacio al mio bambino di due anni, che era completamente sordo. Do gloria al
Signore perché da ieri il mio bambino ha cominciato a udire. Dio lo ha guarito. Gloria al Suo
nome!”.
Da quel momento la mia vita si complicò. Tutti volevano essere baciati da me, ma io
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rispondevo: “I baci sono solo per i bambini. Le signore si facciano baciare dai loro mariti!”.
Senza dubbio l’insegnamento fu molto efficace. Io non avevo guarito nessuno. Il bacio, per
quanto amore esprimesse, non poteva sanare neppure un mal di testa. La verità è che portavo
Gesù tra le mani, e Gesù stesso guarì il bambino sordo. Io sono solo l’asino che porta Gesù,
per questo Lui continua a guarire gli infermi. Il peggio sarebbe fissarsi sull’asino e non su chi lo
cavalca. Il giorno in cui prenderemo coscienza che portiamo Gesù Cristo, il nostro ministero si
trasformerà, e non ci limiteremo più tanto a parlare di Gesù, ma lo lasceremo agire con tutta la
sua potenza.
Il modo di guarire di Gesù è così strano, che non posso tacere ciò che è accaduto a Monte
Maria, dove ogni domenica si riuniscono più di 50.000 persone per la celebrazione Eucaristica
in cui padre Gilberto Gómez prega per gli infermi.
In una di queste celebrazioni l’asta della bandiera del Vaticano cadde e colpì una persona
storpia, gettandola a terra. Tutti furono addolorati, vedendo che quell’asta così grande e
pesante era caduta proprio su un infermo. Tra lo stupore generale, l’infermo si alzò in piedi da
solo. La sbarra gli aveva raddrizzato la colonna vertebrale e a tutt’oggi cammina normalmente.
Le vie di Dio sono piene di buonumore. A volte Dio ci guarisce con un bacio, a volte con un
colpo.
Qual è l’ostacolo principale che impedisce di ricevere i carismi?
Credo sia la paura di perdere la reputazione. I carismi sono una croce e molti non sono disposti
a portarla. L’esercizio di alcuni carismi provoca non poco scherno, disprezzo e persecuzioni.
Alcuni ci giudicano pazzi. Finché non si è disposti a morire a se stessi, anche a costo di perdere
la fama e i privilegi, non riceveremo questi carismi.
Ricordo molto bene un parroco nei dintorni che si burlava dei carismatici. Nelle sue omelie
domenicali assicurava che chi parlava in lingue mancava di vitamine… Molti hanno problemi,
non lasciano operare lo Spirito liberamente. Vogliono rinchiuderlo in schemi prestabiliti e non lo
lasciano agire con la libertà del vento che soffia dove vuole. Chi ha problemi con il microfono è
perché dà troppa importanza al giudizio degli altri.
Se fossimo meno gelosi della nostra reputazione, saremmo più aperti allo Spirito Santo. La
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paura di cadere nel ridicolo ci impedisce di aprirci ai doni dello Spirito. I carismi certamente
sono umilianti, ci portano alla croce. Per questo molti li temono e altri li rifiutano. Tolgono ore al
riposo e al sonno. Non migliorano la nostra reputazione, ma ci procurano burle, critiche e
sarcasmo... Ma in fondo, se non abbiamo problemi a parlare al microfono, tutto questo si
sopporta.
Molti credono che il padre Emiliano Tardif sia un santo, cosa ne pensa? Ci rido sopra. A volte, mentre sono solo e sto per andare a letto, dico: “Se sapessero chi sono,
starebbero più tranquilli”. Sono sempre il curato di un paese, in un’isoletta sperduta nel mar dei
Caraibi. Non potrei mai pensare di essere qualcosa di più dell’asino che porta Gesù.
So bene che quando mi coprono di gratitudine, e mi stendono a terra i mantelli, è per salutare
Gesù che io porto. E quando l’ho portato, mi rimandano di nuovo nella stalla e al ritorno non ci
sono mantelli di fiori né premi: entro nel tempio del mio cuore e dico: “Signore, come sei
grande!”.
Il ritorno dell’asino a casa è ciò che ci mantiene umili. La solitudine e restare al cospetto di
Gesù non ci permettono di ingannarci. Quando mi inginocchio e celebro con i salmi le
meraviglie di Dio, penso che se la gente conoscesse meglio Dio, si fisserebbe meno su di noi.
La mia comunità sa che non sono santo, ma che desidero diventarlo. E’ la vocazione di tutti i
battezzati. Sbagliamo quando pensiamo che un santo è solo qualcuno che compie miracoli o la
cui immagine è sopra un altare.
Per me la santità è molto più di questo: è essere come Gesù. Chi non desidera essere santo?
Fin dal battesimo, radicato nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, porto in me il germe di
santità per il dono gratuito dello Spirito Santo che ho ricevuto senza merito.
Il dono di guarigione non è un segno di santità, è un dono gratuito. Se lo metto al
servizio degli infermi con pazienza e amore può contribuire a santificarmi, perché è un
esercizio di carità, talvolta molto pesante. Un giorno qualcuno mi ha detto: “Emiliano, non ti
spaventa che la gente ti canonizzi da vivo per i numerosi miracoli?”. Ho risposto: “Preferisco
che mi credano un santo, piuttosto che un bandito”.
Cosa prova per quelli che non guariscono ?
Provo compassione, ma non li considero defraudati di qualcosa. Preciso che Gesù non ha mai
detto che tutti gli ammalati guariranno, ma che avrebbe dato dei segni per evangelizzare. Le
guarigioni sono segni che accompagnano l’annuncio del Vangelo, ma non è necessario che tutti
siano guariti per credere alla Parola di Dio.
“El don de sanacion”, por el padre Emiliano Tardif. Libera traduzione di Patrizia Cattaneo dal
sito :
http://radiocristiandad.wordpress.com/2007/06/14/el-don-de-sanacion-segun-el-p-tardiff/
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