Tesi M° Marco Malandrino
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Tesi M° Marco Malandrino
EVENTI MEDICI E TRAUMATICI NELLA PRATICA DEL KARATE AUTORI E RELATORI : MARCO MALANDRINO DAVIDE GIRELLI TESI PER ESAME DI QUALIFICA A MAESTRO DI KARATE Presentazione Approfondiamo più ampiamente la nostra conoscenza medica per migliorare la qualità del nostro insegnamento nell’arte del Karate, usando nozioni più avanzate di Anatomia, Fisiologia, Medicina e Traumatologia. L’ ambizione è quella di gettare le basi per un ulteriore futuro lavoro, finalizzato alla preparazione dei futuri Maestri alla prevenzione di incidenti sportivi e preservando lo stato fisico nel tempo. Essa costituirà la base delle seguenti applicazioni: una diversa modalità per “conoscersi, apprendere e migliorarsi”, nonché la possibilità di “utilizzare il Karate con finalità Mediche” (correzione di Squilibri Muscolari e Paraformismi, massima riduzione possibile dei Microtraumatismi che rappresentano la causa più frequente di incidenti e problematiche posturali nel tempo, in ambito sportivo. Era quindi un passaggio scritto che il percorso del karate avrebbe, prima o dopo, incrociato, “Fisica e Medicina”, confrontandosi con esse e poi fondendosi su una “piattaforma comune” di analisi ed elaborazione comune dei risultati ottenuti singolarmente nel miglioramento si tecnico ma ancor più importante preservando lo stato fisico nel tempo. Ringraziamenti Al M° Francesco Palandri, che nonostante la nostra lentezza oramai storica, con pazienza e umiltà si dedica ad insegnarci “l’essenza del Do” attraverso il karate, il kobudo, il kung-fu, il tai-chi, il kenjitsu e lo jujitsu, senza mai credere che il suo prezioso tempo non sia speso bene. Al M° Michele Julitta, che pur non conoscendoci dall’alba delle nostre preistoriche origini, crede nel nostro futuro di Maestri. II Indice analitico Autori : Marco Malandrino e Davide Girelli Relatori : Marco Malandrino e Davide Girelli Cap. I 1 CLASSIFICAZIONE DEGLI EVENTI 1.1 Classificazione degli eventi medici 1.1.1 Eventi medici 1.2 Classificazione degli eventi traumatici 1.2.1 Eventi traumatici 1.3 La valutazione primaria 1.3.1 Valutazione e intervento Cap. II 2 EVENTI MEDICI 2.1 Generalità, definizione e trattazione degli eventi medici Cap. III 3 EVENTI TRAUMATICI 3.1 Generalità, definizione e trattazione degli eventi traumatici 3.2 Trattazione degli eventi traumatici in basa alla sezione corporea 3.3 Conclusioni III Cap. I Colui che pratica karate non pratica semplicemente uno sport ma è padrone di un’arte 1 CLASSIFICAZIONE DEGLI EVENTI 1.1 Classificazione degli eventi medici Sono parte di questa categoria tutte quelle situazioni che derivano direttamente da sollecitazioni negative allo stato naturale di salute ed all’alterazione delle normali funzioni vitali. 1.2 Classificazione degli eventi traumatici Sono parte di questa categoria tutte quelle situazioni appartenenti alla branca della medicina che studia gli effetti dei traumi sull’ organismo. Le lesioni traumatiche correlate alla pratica del karate, amatoriale o professionistico che sia, ci permettono di limitare la nostra attenzione al solo apparato locomotore. E occuparsene non significa solo cercare di restituire l’ atleta agli allenamenti e/o alle competizioni nel piu’ breve tempo possibile, ma, anche e soprattutto, studiare il “razionale” per migliorare : a) Materiali b) Protezioni individuali c) Impianti sportivi d) Metodologia di allenamento Col fine di poter ridurre le evenienze traumatiche o quanto meno contenerne le conseguenze sul piano clinico. IV 1.3 La valutazione primaria Intervenire su di un infortunio in un dojo di karate : Atleta cosciente, SI respiro, SI polso, Valuta la scena Chiama l’ atleta “RISPONDE” Ha certamente attività respiratoria Tranquillizziamolo ed andiamo ad occuparci dell’evento specifico Vediamo in esempio due situazioni particolari e abbastanza rare Atleta incosciente, SI respiro, SI polso, PLS Valuta la scena Chiama l’ atleta “NON RISPONDE” Posiziona l’atleta supino, su piano rigido e scopri il torace Capo in posizione neutra, libera la bocca, “RESPIRO PRESENTE” “CIRCOLO PRESENTE” POSIZIONE LATERALE DI SICUREZZA Rileva la presenza di respiro accostando l’orecchio alla bocca dell’atleta, ascoltandone i rumori respiratori e guardando se il torace si espande Rileva il polso radiale sulla linea del pollice con le dita lunghe della mano Si pone a lato, piega il braccio omolaterale del paziente a 90° adagiandolo sul piano di appoggio Posiziona il braccio controlaterale del paziente sopra il torace fino a far raggiungere con la mano l’orecchio Piega la gamba controlaterale del paziente Ancorandosi alla spalla e al bacino controlaterali , avvicina il paziente ruotandolo dal lato del soccorritore Si accerta che la gamba piegata garantisca stabilità e che il capo sia iperesteso V Atleta incosciente, no respiro, no polso Valuta la scena Chiama l’ atleta “NON RISPONDE” Posiziona l’atleta supino, su piano rigido e scopri il torace Capo in posizione neutra, libera la bocca, “RESPIRO ASSENTE” Rileva la presenza di respiro accostando l’orecchio alla bocca dell’atleta, ascoltandone i rumori respiratori e guardando se il torace si espande individua il punto esatto di compressione ed esegui 15 compressioni toraciche (conta ad alta voce) Effettua 2 ventilazioni controllando l’espansione toracica Esegui 4 cicli di rcp “CIRCOLO ASSENTE” Rileva la presenza di polso carotideo e segni di circolo Prosegui ad oltranza la rcp VI Cap. II Colui che pratica karate non pratica semplicemente uno sport ma è padrone di un’arte 2 EVENTI MEDICI 2.1 Generalità, definizione e trattazione degli eventi medici 2.1.1 L’abrasione Perdita dello strato corneo della cute, causato dallo sfregamento del corpo contro una superficie ruvida o dura. Pulire con acqua corrente, asciugare, mettere una pomata antisettica e se possibile non medicare. Garze e cerotti mantengono l’umidità della pelle, facilitando la crescita batterica. 2.1.2 La scottatura Dovuta a prolungate frizioni della cute contro corpi solidi. La ci si procura strisciando contro una superficie ruvida o dura. Si cura come l’abrasione. 2.1.3 L’ipercheratosi Vasta area di cute ispessita, che si forma nelle zone del corpo sottoposte a carico. Il derma sottostante presenta spesso una raccolta liquida che permette lo scorrimento del callo sui tessuti sottostanti. Usare cuscinetti che aiutino a distribuire il carico su più parti del corpo. 2.1.4 Lo stiramento Distensione brusca di muscoli o di tendini, con o senza lacerazione (vedi distrazione muscolare o stiramento 3.1.6) VII 2.1.5 La contrattura Contrazione persistente e involontaria di uno o più gruppi muscolari che a seguito di eccessivo mantenimento posturale non fisiologica o colpo di freddo mantengono anche a riposo un grado di contrazione alterato che si manifesta col caratteristico dolore localizzato e che se ricercato con palpazione si presenta come una piccola zona circolare (pallina) rialzata e dura. Punto chiamato “trigger point” che corrisponde alla parte di fibre muscolari che rimanendo accavallate generano dolore. È su quei punti nevralgici che si posizioneranno gli elettrodi per una elettroterapia o si eseguirà un massaggio per ripristinare la corretta funzionalità muscolare. Assolutamente non utilizzare ghiaccio in quanto andrebbe ad aumentare ulteriormente lo stato di contrazione. 2.1.6 Il crampo Contrazione involontaria del muscolo; la causa esatta del crampo è sconosciuta, è però possibile che freddo, mancanza di sali, scarsa coordinazione muscolare provochino i crampi. Valido mezzo di difesa per il tessuto muscolare. Quindi non è necessario pensare alla cura dei crampi muscolari quanto invece è utile e indispensabile la prevenzione di questi mediante un buon preriscaldamento e streatching e soprattutto con un allenamento adeguato. I crampi bloccando l’attività, consentono in ogni caso di preservare il muscolo da lesione ben più gravi, indotte dal sovraffaticamento. Per risolverlo bisogna stendere passivamente il muscolo compromesso, contraendo contemporaneamente il VIII muscolo antagonista, poi massaggiare. I farmaci possono essere d’aiuto, quindi consultate il medico. 2.1.7 Le ferite Bloccare l’emorragia facendo pressione con delle garze, possibilmente sterili, o con un fazzoletto pulito, oppure se non se ne dispone, usare le dita! Elevare il più presto possibile l’arto ferito o la parte danneggiata; lavare la ferita con acqua fredda per rimuovere eventuali detriti come polvere etc.; quindi disinfettare. Se la ferita non è profonda, medicare con garza, se invece lo è avvicinare i margini fissandoli con del cerotto telato e consultare un medico. 2.1.8 Il capogiro Sono sintomo di disfunzioni. Sedersi, o meglio stendersi. Dopo un’attività fisica intensa, è bene fare degli esercizi fisici di rilassamento, per evitare capogiri, dovuti a scompensi circolatori come quando passiamo da una posizione supina ad una ortostatica. 2.1.9 La lipotimia o pre-sincope Si ha quando le forze vengono meno, sensazione di imminente perdita di coscienza IX 2.1.10 La sincope E’ una transitoria perdita di coscienza con collasso posturale provocata da una ipoperfusione cerebrale acuta. Sintomi : Che danno un maggior margine di tempo alla comparsa : sensazione di testa vuota, debolezza, nausea, offuscamento visivo, acufeni, sudorazione Che danno un minor margine di tempo alla comparsa : pallore, sudorazione, polso debole o apparentemente assente, la PA bassa o irrilevabile, mioclonie della durata di 5-10 sec (occasionalmente) Cause dovute alla circolazione : ipovolemia, ipotensione posturale, emorragia, disidratazione, cause miocardiche, stimolazione, seno carotideo Cause cerebrali : attacchi d’ansia, convulsioni isteriche Cause dovute alla circolazione cerebrale : ipossia, anemia, ipoglicemia, iperventilazione 2.1.11 Le ipotermie Sono alterazioni della capacità di termoregolazione corporea Le Cause : esposizione ad un ambiente freddo, ventilato e umido si suddividono in : congelamento, geloni, piede da trincea, assideramento X 2.1.11.a Il congelamento Inizialmente è localizzato, interessa prima di tutto l’estremità degli arti e volto, successivamente si estende fino a causare coma e morte Segni e sintomi : insorgenza lenta : perdita di sensibilità distale, cute arrossata e successivamente pallida, perdita graduale di coscienza in fase intermedia : cute cerea o bianca, rigida, tessuti sottostanti ancora palpabili in fase profonda : cute chiazzata ( colore grigio - blu ), cute e tessuti rigidi Intervento : mai sfregare le parti congelate ; controllare lo stato di coscienza, controllare respirazione e polso, riscaldare il paziente senza eccedere, levare ogni impedimento alla circolazione ricontrollare costantemente i parametri vitali 2.1.11.b I geloni Sono lesioni cutanee dolorose causate dall’esposizione ripetuta e prolungata al freddo e umido 2.1.11.c Il piede da trincea Sensazione di intorpidimento e formicolio dovuta al contatto prolungato delle parti molli con un ambiente freddo e umido XI 2.1.11.d L’assideramento Si tratta di una condizione sistemica che può verificarsi anche in situazioni ambientali non drastiche la cui gravità è aumentata dalla eventuale debolezza dovuta ad altre cause. Inizia quando la temperatura corporea scende sotto i 35°C Segni e sintomi : Brividi diffusi (min di 35°C), difficoltà nel parlare, incipiente rigidità (min sonnolenza di (min 33°C), di diminuzione 30°C), della irritabilità, concentrazione, stato saporoso, respirazione e polso, rallentati, facoltà visive ridotte, aritmie (min di 27°C), coma, fibrillazione (min di 18°C) Intervento : controllare lo stato di coscienza, controllare respirazione e polso, riscaldare il paziente partendo dal tronco, levare ogni indumento bagnato, ricontrollare costantemente i parametri vitali ; mai riscaldare per primi gli arti, soprattutto le gambe, questo potrebbe causare shock ipovolemico grave, fibrillazione ventricolare 2.1.12 Le ipertermie Sono alterazioni della capacità di termoregolazione corporea causate da esposizione ad un ambiente caldo, poco ventilato e umido Si suddividono in : crampi da calore, collasso da calore, colpo di calore, colpo di sole XII 2.1.12.a Crampi da calore Segni e sintomi : crampi muscolari, anche a seguito di uno sforzo fisico, vertigini, possibili segni di shock Intervento : riposo, massaggi, somministrare liquidi isotonici 2.1.12.b Collasso da calore Segni e sintomi : sono i tipici segni di shock, l’evento deve essere collegato all’ambiente caldo, dopo avere escluso ogni altra causa Intervento : Controlli generali, riposo in ambiente fresco, impedire la ripresa di attività fisica 2.1.12.c Colpo di calore Segni e sintomi : respirazione profonda, poi superficiale, polso rapido, prima forte e poi debole, pelle secca e calda, midriasi, incoscienza Intervento : Controlli generali, riposo in ambiente fresco, impedire la ripresa di attività fisica XIII 2.1.12.d Colpo di sole Segni e sintomi : mal di testa, vertigini, irrequietezza, polso pieno e irregolare, pelle secca, arrossata e calda, midriasi, rapida diminuzione della coscienza Intervento : controlli generali, riposo in ambiente fresco, impedire la ripresa di attività fisica 2.1.13 Il dolore toracico Dolore nella regione sottocostale che si presenta spesso durante la corsa. Durante l’attività fisica, il flusso ematico viene dirottato dall’apparato gastrointestinale ai muscoli; la milza, serbatoio di sangue dell’intero organismo, si contrae e provoca dolore. 2.1.14 La sensazione di soffocamento o debito d’ossigeno Si presenta spesso durante le attività fisiche intense, dovuta alla non corretta sincronizzazione tra l’apparato respiratorio e l’apparato locomotore. Riprendere con brevi inspirazioni e lunghe espirazioni il controllo della respirazione. 2.1.15 Le alterazioni del respiro Sintomatologie direttamente collegate all’apparato respiratorio : aumento FR, respiro superficiale, sforzo respiratorio rumori e sibili inspiratori ed espiratori, fame d’aria difficoltà a dire frasi lunghe diminuzione della Sat O2 XIV Sintomatologie direttamente collegate all’apparato cardio- circolatorio : pallore, sudorazione, cianosi aumento FC vasocostrizione Sintomatologie direttamente collegate allo stato emotivo : agitazione, sopore, incoscienza Terapia : posizione seduta obbligata, monitoraggio dei parametri vitali, chiamare un medico Frequenze respiratorie : 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Pericolo Accelerato Normale Lento Pericolo Neonato 1 - 5 aa 5 - 12 aa Adulto XV 2.1.16 Le alterazioni del circolo Sintomatologie direttamente collegate all’apparato respiratorio : spesso tachipnea e rumori respiratori diminuzione della Sat O2 Sintomatologie direttamente collegate all’apparato cardio- circolatorio : tachicardia , bradicardia, aritmia, ipotensione, cute pallida, sudata, fredda, cianotica, edemi declivi Sintomatologie direttamente collegate allo stato emotivo : agitazione, sopore, incoscienza, dolore, nausea e vomito Terapia : postura obbligata, monitoraggio dei parametri vitali, chiamare un medico 200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 Frequenze cardio-circolatorie : Pericolo Accelerato Normale Lento Pericolo Neonato 1 - 5 aa 5 - 12 aa XVI Adulto Cap. III Colui che pratica karate non pratica semplicemente uno sport ma è padrone di un’arte 3 EVENTI TRAUMATICI 3.1 Generalità, definizione e trattazione degli eventi traumatici Essi si dividono in : “traumatismi esogeni”, i piu’ comuni, e quelli “endogeni”. 3.1.1 Traumi esogeni : Si realizzano quando il nostro corpo o una parte di esso “entra in collisione” con un qualsiasi solido. A seconda della estensione e della natura della zona colpita il trauma contusivo avrà effetti diversi. 3.1.2 Traumi endogeni: Quelli “endogeni” da sovraccarico funzionale sono imposti dalle sempre crescenti attività agonistiche e di allenamento, da cattive abilità degli istruttori che per “arroganza” o “ignoranza” non vogliono abbandonare principi di allenamento che oramai si sono rivelati solo dannosi (passeggiate a “canguro”, esercizi in posizione completamente accosciata, addominali eseguiti in posizioni errate) E’ in questi casi che la traumatologia può suggerire come raggiungere il delicato equilibrio tra le due opposte esigenze di riposo e immobilizzazione da un lato e il mantenimento di un accettabile livello di preparazione atletica dall’ altro. XVII Come spiega il termine stesso, le cause del trauma sono interne all’organismo; e’ quindi assente l’ agente vulnerante esterno. Consistono essenzialmente nei cosiddetti “strappi muscolari” e nelle “rotture tendinee da sforzo”. Strappo muscolare : Avviene quando si imprime una violenta contrazione ad un muscolo ancora non ben irrorato e quindi per un non adeguato riscaldamento muscolare. Rottura tendinea da sforzo : Si verifica in seguito ad una violenta contrazione di un muscolo che si inserisce su tendini già sofferenti per motivi infiammatori o degenerativi. 3.1.3 Contusione dei tessuti molli Provoca generalmente conseguenze limitate in quanto tali tessuti con la loro elasticità assorbono, deformandosi, gran parte dell’ energia traumatizzante. Può comunque provocare la formazione di un ematoma sottocutaneo dovuto alla rottura dei vasi muscolari. L’ematoma, esito della contusione, può spostarsi, generalmente seguendo le leggi di gravità, verso la parte del corpo più declive rispetto alla zona lesionata. Quadro clinico : Modesto dolore nella zona contusa con lieve emorragica per rottura dei minuscoli vasi cutanei. XVIII soffusione 3.1.4 Contusione muscolare da trauma diretto : L’ effetto varia a seconda dello stato di tensione (contrazione) in cui si trova il muscolo al momento del trauma. In fase di rilassamento : Esso si comporta come cute e sottocute, attutendo il trauma: si possono quindi verificare ematomi ma senza produrre discontinuità (rottura) di fibre. Se il muscolo e’ contratto : Le lesioni potranno invece produrre discontinuità di fibrille, fibre e del ventre muscolare. Se la contusione è lieve si produce infiltrazione emorragica interstiziale con lesione di qualche fibrilla. Se la contusione è di maggiore gravità lo stravaso emorragico assume i caratteri dell’ ematoma e può coesistere lesione di fibre più o meno circoscritta. Nelle forme più gravi il muscolo subisce una interruzione completa del ventre, con modificazione del tessuto: si parla di rottura muscolare, che può essere completa se interrompe tutto lo spessore muscolare, o incompleta se interessa solo la parte del ventre. A sua volta quest’ ultima viene distinta in centrale quando è interessata una zona profonda di ventre (molto dolorosa con evidente impotenza funzionale), periferica quando è interessata solo una zona muscolare periferica (meno dolorosa, la mobilità si ripristina rapidamente, l’ ematoma per gravità si drena lungo gli interstizi tissutali). XIX Sintomatologia : Per tutte le contusioni sono la presenza di tumefazione e dolorabilità alla palpazione e nei movimenti. Nei casi di discontinuità muscolare si osserva una zona di depressione determinata dalla retrazione del tessuto muscolare nella zona di interruzione. Nel punto di applicazione dell‘ energia meccanica evidenza di aree di ecchimosi. Trattamento : a) Riposo b) Impacchi freddi c) Compressione con bendaggio compressivo Nei casi più gravi intervento chirurgico per riavvicinare i capi muscolari e immobilizzazione per ottenere la cicatrizzazione. Il muscolo non si ripara mai ricreando nuovo tessuto muscolare nella zona lesionata, ma vi e’ sempre sostituzione con tessuto connettivale (in altre parole, nella zona di muscolo che viene lesa, si forma un tessuto cicatriziale rigido che non è muscolo: quella zona pertanto non avrà più la peculiarità di contrarsi, ma solo di “trasferire a valle della zona precedentemente lesa” la forza di contrazione. XX 3.1.5 Allungamento muscolare o “elongazione” Eccessiva distensione di un muscolo tale da superare la fisiologica capacità di resistenza elastica del tessuto. Sintomatologia : a) Dolorabilità o fastidio dell‘ intero muscolo b) Mobilità conservata. I disturbi si risolvono spontaneamente in pochi giorni. 3.1.6 Distrazione muscolare o “stiramento” Si differenzia dalla precedente per l’ entità dell‘ allungamento, tale da produrre rottura (ma sempre in quantità ridotta) di fibre muscolari. Sintomatologia : Dolore acuto, circoscritto, sia spontaneo che provocato, relativa impotenza funzionale. L’ attività sportiva viene compromessa. Trattamento : a) Riposo b) Applicazioni fredde XXI 3.1.7 Rotture sottocutanee dei muscoli Sono lesioni quasi esclusivamente a carico di muscoli lunghi che avvengono a livello delle giunzioni muscolo-tendinee, raramente nella parte ventrale. Può essere parziale o completa. La fascia muscolare solitamente rimane integra. Il meccanismo traumatico piu’ comune e’ uno sforzo improvviso di notevole entità che causa la violenta contrazione di uno o piu’ muscoli sani. Sintomatologia : a) Dolore acuto in sede di rottura b) Formazione di un avvallamento piu’ o meno profondo tra le parti muscolari retratte c) Ematoma d) Impotenza funzionale correlata al tipo di rottura. Alcuni traumi richiedono cure mediche o trattamenti specialistici, altri di minore entità un trattamento piu’ semplice che può essere effettuato anche a casa. Tuttavia, quello di cui molto spesso non ci si vuol rendere conto e’ che alcuni incidenti sono solo il piu’ semplice e ovvio risultato di carenze tecniche, errate modalità di allenamento, stress da sovraccarichi funzionali a carico dell’ apparato locomotore (microtraumi ripetuti). E questi principi valgono per i praticanti di qualunque livello, dagli “atleti della domenica” internazionale. XXII a chi gareggia a livello Molte lesioni da sport possono essere prevenute con adeguata preparazione fisica e riscaldamento. Una borsa da pronto soccorso riempita con poche ma essenziali cose, se poi ben utilizzate da chi “sa almeno cosa non fare per peggiorare la situazione”, possono essere un valido aiuto al traumatizzato anche prima dell’ arrivo di soccorritori qualificati. Un paradosso : il trattamento di una vescica, lesione comunissima, è a conoscenza e portata di tutti? Va fasciata? Oppure bucherellarla con un ago? Oppure rimuovere tutta la parte di “pelle rialzata”? Particolare attenzione alle lesioni da sovraccarico funzionale, lesioni muscolo-tendinee e capsulo-legamentose. 3.1.8 Il rimedio piu’ semplice e più efficace per molte lesioni : i.c.e. I : ice C : compression E : elevation La combinazione di ghiaccio, compressione ed elevazione aiuta a diminuire il gonfiore e la diffusione dell’ ematoma, che tra l’ altro sono i responsabili del rallentamento dei processi di guarigione. Il piu’ presto possibile si dovrebbe mettere ghiaccio o acqua fredda (non e’ sufficiente lo spray refrigerante) sulla parte traumatizzata, comprimere l’ ematoma con una fasciatura, mettere l’ arto in “posizione di scarico”, ossia rialzata. XXIII Il ghiaccio va utilizzato con criterio, perchè può provocare ustioni come il caldo: va posizionato sulla zona lesa per 15 minuti, rimosso per i successivi 15, e riapplicato per altri 15 minuti. Raffreddare la zona nelle prime 48 ore e’ fondamentale. Il freddo riduce la fuoriuscita di sangue dai capillari rotti. Il caldo invece produrrebbe l’ effetto opposto, aumentando ulteriormente l’ afflusso di sangue in una zona “già abbondantemente irrorata”. Fasciare la zona traumatizzata limita il gonfiore: ma una fasciatura “troppo delicata” e’ perfettamente inutile, una troppo stretta impedirebbe però la circolazione sanguigna nel territorio a valle. 3.1.9 3.1.9.a Lesioni osteo-articolari Distorsione, Lussazione e Sub-Lussazione Lesione che si verifica in un’articolazione quando essa è costretta a compiere, attivamente o passivamente, un movimento che oltrepassa i limiti della normale mobilità concessi dalla struttura anatomica. Il risultato è la perdita di contatto dei capi articolari : temporaneo nella Distorsione perché il riposizionamento è immediato; permanente nella Lussazione finchè non viene eseguita attivamente la riduzione. Col termine Sub-lussazione si intende una dislocazione incompleta, mentre la lussazione recidivante è la condizione che porta a subire continue lussazioni perché l’apparato capsulolegamentoso non è più in grado di mantenere la coaptazione articolare durante il movimento. XXIV A seconda della gravità, la lesione interesserà anche la capsula articolare, i legamenti, i menischi e la membrana sinoviale da una semplice elongazione ad una rottura completa. Il dolore provoca incapacità funzionale temporanea, accompagnato da tumefazione peri-articolare o addirittura intrarticolare quando lo stravaso di sangue avviene all’interno di essa, indice di rottura delle componenti legamentose. Le articolazioni che abbiano subito lesioni di questo genere risultano poi predisposte alla recidiva, soprattutto se non è stata corretta l’ipotrofia locale dei muscoli interessati. Spesso le lesioni legamentose sono accompagnate da piccoli distacchi di frammenti ossei, strappati nel corso del trauma dalle zone di inserzione dei legamenti stessi, predisponendo l’insorgenza delle temute artrosi post-traumatiche. 3.1.9.b Frattura Definita come la soluzione di continuità dell’osso. 3.1.9.c Lesioni da microtraumi ripetuti Il vecchio concetto di traumatismo era in passato inteso come l’ effetto locale prodotto da un “agente vulnerante” (il proiettile di un’ arma, una bastonata, una percossa col pugno o calcio etc.) causato da una forza esterna all’ organismo che colpiva con violenza il corpo o una sua parte. Solo il risultato di una azione violenta, cioè unica, intensa e improvvisa rientrava nella classificazione di traumatismo. Così era anche in ambito sportivo. XXV Questo concetto col tempo si è gradualmente esteso fino a comprendere le lesioni che prodotte da azioni meccaniche di lieve entità ma ripetute (microtrauma da compressione, torsione etc.) provocano, con meccanismo cumulativo, lesioni ed effetti appartenenti alla sfera della traumatologia. È lo stesso meccanismo di erosione creato dal continuo cadere di una minuscola goccia d’acqua sul medesimo punto di un sasso. Il microtrauma genererà, col suo ripetersi nel tempo, la lesione. Non sarà l’esecuzione saltuaria di una posizione eccessivamente bassa o di un movimento non propriamente fisiologico a generare questo tipo di lesione, ma il perpetrarsi degli stessi nel tempo. Un esempio dell’evoluzione di un microtrauma è il dare la predisposizione all’insorgere di patologie come la sindrome della plica sinoviale a carico dell’articolazione del ginocchio o le borsiti. 3.1.9.d Tendinopatie Sono le lesioni infiammatorie o degenerative dei tendini e loro annessi (guaine in cui scorrono). Sono frequenti nei tendini più sollecitati che, nella pratica del Karate, sono: tendine del quadricipite femorale-rotuleo, tendine d’ Achille, tendini degli estensori delle dita della mano. XXVI Peritendiniti pure : Caratterizzate da infiammazione dei soli “foglietti peritendinei” e normalità del tendine vero e proprio. Peritendinite con tendinosi: Quando al caso precedente si associano lesioni al tendine. Vanno poi aggiunti i tendini di inserzione d alcuni gruppi muscolari: per il gomito gli epicondiloidei ed epitrocleari, per l’anca gli adduttori, per la spalla gli extrarotatori, sedi frequenti delle cosiddette tendinopatie inserzionali (periartrite scapolo omerale, epicondilite etc.), i fenomeni infiammatori delle giunzioni osteo-tendinee. Causa : Microtraumi ripetuti (esempio: la continua ripetizione di uno tzuki con completa estensione del gomito) Ipersollecitazioni funzionali delle strutture muscolo-tendinee (esempio: giri di palestra con andatura “a canguro” o “salti della rana”, posizioni con ginocchio flesso oltre i 90°, allenamenti difettosi per le caratteristiche del luogo di allenamento come ripetizioni di salti su terreno rigido) Predisposizioni individuali. Trattamento : Valutato il grado di infiammazione, la presenza o meno di distacco parziale dei muscoli dalla zona di inserzione, microdistacchi ossei per strappo da trazione del tendine stesso, avremo : XXVII Terapia conservativa : a) Riposo per 10/15 giorni, mediante esclusione dagli allenamenti dell’ arto e articolazione infiammate. b) Ripresa graduale dell’ allenamento. c) Farmaci antinfiammatori. d) Se la limitazione funzionale fosse notevole non solo durante la pratica del Karate ma anche nell’ attività di tutti i giorni, potrebbe esserci indicazione alla immobilizzazione dell’ articolazione. e) Nelle recidive e casi più gravi il periodo di riposo può rendersi prolungato, in associazione a infiltrazioni locali di cortisone. Terapia chirurgica : Nei pochi casi resistenti ad ogni terapia conservativa il trattamento è chirurgico. FisioTerapia : a) Ultrasuoni b) Ionoforesi con farmaci antinfiammatori e fibrinolitici c) LaserTerapia d) Esercizi di distensione graduale della zona muscolotendinea interessata e) Esercizi contro resistenza, successivamente con carichi crescenti. Caratteristiche delle forme croniche : a) Infiammazione cronica nella zona di inserzione osteotendinea dei muscoli b) Presenza di corpi mobili nell’ articolazione derivanti da “distacchi parcellari” (piccole porzioni) di cartilagine XXVIII c) Dolore alla pressione nella zona interessata, specie durante “contrazione contro resistenza della muscolatura interessata d) Calcificazioni ossee (osteofiti) che rendono ruvide le superfici di scorrimento. 3.2 Trattazione degli eventi traumatici in base alla sezione corporea 3.2.1 Lesioni al viso Le lesioni al volto generalmente avvengono in seguito ad un “atemi” (colpo), non controllato, portato al viso con “tsuki” (parte frontale delle prime due nocche del pugno), il più riccorrente, “ura-ken” (parte superiore delle nocche sul dorso del pugno), “mawashi-geri” (calcio circolare) e con parti ossee come gomito o ginocchio. 3.2.1.a Frattura delle ossa del setto nasale Causa : Le ossa nasali sono soggette a frattura da trauma diretto con più facilità rispetto ad ossa di altri segmenti corporei. Osservazione e primo soccorso : Intenso dolore, deformità, setto nasale e zigomi con evidente rigonfiamento (edema) e colorazione della cute bluastra, epistassi che tratteremo al punto seguente. Si può tentare di ridurre la frattura della cartilagine nasale, posizionando e premendo le dita indice e medio di entrambe le mani ai lati del naso, esercitando una trazione verso l’avanti e il basso fintanto che il naso non riassuma una configurazione corretta. XXIX Trattamento : a) Ghiaccio b) Ospedalizzare per controllo (RX) e immobilizzazione 3.2.1.b Epistassi/Rinoraggìa Causa : Generalmente derivanti da trauma diretto o più semplicemente da cause fisiologiche diverse, come fragilità capillare, alterazioni a forbice della pressione arteriosa, alti sbalzi di temperatura o un semplice raffreddore per rottura della fitta rete capillare e altro. Osservazione e primo soccorso : Anche la causa più semplice mostrerà comunque un’ingente fuoriuscita di sangue, tenere l’atleta in posizione ortostatica o seduto tamponando con garze ma non impedendo la fuoriuscita di sangue, se trascorsi 3/4 minuti la fuoriuscita non è diminuita comprimere maggiormente ad intervalli di 10 secondi circa e ospedalizzare. Nella maniera più assoluta NON portare indietro la testa, il sangue non va ingerito in quanto non digeribile e peggio occludendo le vie respiratorie il rischio di soffocamento è molto alto. Non blocchiamo immediatamente, con occlusione compressiva, la fuoriuscita di sangue in quanto non arresteremo l’epistassi ma faciliteremo ad esso la strada per le vie respiratorie con conseguente soffocamento, oltre alla formazione di coaguli ostruttivi alla respirazioni all’interno delle cavità del setto nasale. XXX Nella dotazione di materiale di pronto soccorso dovrebbero non mancare le apposite garze (es. tabotamp), da utilizzare nel caso non si riuscisse ad arrestare rapidamente l’emorraggia. Trattamento : a) Ghiaccio b) Ospedalizzare in caso di trauma o nel caso di evento medico se non si arresta la fuoriuscita del sangue dopo 3/4 minuti. 3.2.2 Traumi dell’occhio Se in traumatologia viene interessato l’occhio, l’intervento dello specialista diventa urgente. Fondamentalmente si verificano traumi diretti ed indiretti per forti urti a livello dell’orbita oculare, del cranio e addirittura del torace, nel qual caso il problema oculare è dovuto a improvvisi disturbi vascolari. XXXI Possono verificarsi ipermetropia del alterazioni corpo ciliare della o rifrazione, miopia da come spasmo dell’accomodazione. Per piccoli traumi si repertano spesso emorragie palpebrali e sottocongiuntivali, di modesta entità clinica. Tuttavia l’occhio va sempre esaminato nella sua interezza perché emorragie sottocongiuntivali massive con edema possono nascondere talvolta delle rotture del bulbo. A livello corneale la lesione più frequente è l’abrasione, più o meno vasta e profonda, con riduzione della capacità visiva e incapacità di tenere l’occhio aperto per dolore e lacrimazione imponente. Nella così detta camera anteriore dell’occhio si può verificare un versamento emorragico che se vasto può nascondere l’iride. In questo caso è sempre necessario il ricovero perché dopo la prima emorragia può verificarsi in III e IV giornata una seconda emorragia più abbondante pericolosa. Per contusione periorbitale si posizionerà immediatamente la borsa del ghiaccio. L’ematoma potrà diffondersi nelle successive ore anche alla guancia ed alle zone contigue. Utilizzare pomate enzimatiche. Nel caso di ferite periorbitarie (apertura dell’arcata sopraciliare) il primo intervento consisterà nel dover fermare l’emorraggia avvicinando e tenendo uniti i due lembi cutanei. XXXII Per l’iride un trauma può dare una midriasi od una miosi da reazione. Cioè dilatazione o restringimento facilmente osservabile. Spesso dopo il trauma la pupilla appare non rotonda, ma irregolare o più o meno deformata per rottura parziale o completa del muscolo dell’iride. Lesioni ancora più gravi sono veramente rare e comunque in un trauma oculare diretto o indiretto più o meno grave si consiglia sempre l’intervento di uno specialista. 3.2.3 Polso e mano L’ estremità dell’ arto superiore, l’insieme di polso e mano, rappresentano il nostro “sensore di prima linea”, la parte del corpo con cui l’uomo “interagisce con l’universo circostante, esplorandolo, toccandolo e costruendo”. L’elevata mobilità e precisione dei movimenti di queste parti del corpo si estende dalla raffinatezza del cucire al funzionare come pericolosa arma nel karate. La nostra arte marziale ha addirittura preso da essa ispirazione e parte del significato nel nome, “karate” (mano vuota). Ma, per il notevole numero di ossa e piccole articolazioni che la compongono, la rende piu’ esposta a traumi e a difficoltà nell’eseguire auto-diagnosi ad esempio fra stiramenti o rotture. XXXIII 3.2.4 Distorsione di polso Causa : Solitamente dovuta a una torsione o caduta sulla mano che causa lo stiramento dei legamenti. Osservazione e primo soccorso : È doloroso muovere il polso in qualsiasi direzione. a) L’esame obiettivo deve escludere deformità o tumefazioni, facendo effettuare una serie di movimenti liberi e contro resistenza. b) Ghiaccio e immobilizzazione in leggera flessione. Trattamento : a) I.c.e. b) Fasciatura con benda da 3-5 cm.: il polso va posizionato e poi fissato in posizione di leggera estensione. Dopo alcuni giorni passare ad un sostegno elastico (come polsiere o “ortesi”). XXXIV c) Farmaci antinfiammatori. d) Laser-terapia. Allenamento : Per 2/4 settimane il polso va sostenuto nei movimenti (bendaggi o ortesi). Il movimento va mantenuto entro i limiti articolari che non generano dolore. Rieducazione : Esercizi 3.2.5 Pollice, articolazione carpo-metacarpale, distorsione Il dito subisce un trauma diretto che ne provoca la iperestensione o iperflessione.. Osservazione e primo soccorso : La “base” del pollice (metacarpo e falange) è gonfia ed è quasi impossibile la mobilizzazione attiva. Questa lesione generalmente interessa capsula articolare e legamenti. a) Assicurarsi di escludere una lussazione. b) Ghiaccio e immobilizzazione in leggera semiflessione. c) Eseguire rx per escludere “frattura di Bennet” Trattamento : a) I.c.e. (essenziale la compressione) b) Bloccaggio semirigido per prevenire distensione (ortesigesso), nei casi più gravi per tre settimane c) Farmaci antinfiammatori. d) Ultrasuoni, laser-terapia. XXXV 3.2.5.a Sublussazione e lussazione Causa : Stesso meccanismo che genera la distorsione, ma con forza nettamente superiore da lacerare capsula articolare e legamenti. Spesso si associa frattura della base del metacarpo, in quanto lì sono fissati i legamenti capsulari anteriori. Osservazione e primo soccorso : La “base” del pollice (metacarpo e falange) presenta deformità, dolore, impossibilità ad eseguire movimenti. a) Deformità, dolore, impotenza funzionale. b) Ghiaccio. Trattamento : a) “riduzione, eseguendo trazione lungo l’asse maggiore del pollice e contemporaneamente pressione sulla faccia dorsale dell’ estremita’ prossimale della falange, forzare il metacarpo per riprendere i rapporti col carpo”. b) Immobilizzazione c) Nelle recidive sono a volte utilizzate le infiltrazioni locali di cortisonici. d) Nelle fasi di ripresa usare “bloccaggi protettivi”. XXXVI 3.2.6 Articolazione metacarpo-falangea 3.2.6.a Distorsione sub-lussazione e lussazione Causa : Il dito subisce un trauma diretto da contatto: la parte distale del dito ruota in iperestensione o in abduzione, o in adduzione: sarà pertanto presente lesione (rottura nella lussazione) della capsula articolare o del legamento collaterale (mediale o laterale). Osservazione e primo soccorso : Nella distorsione : Dolore e impotenza funzionale. Nella sublussazione o lussazione : Deformità. Va subito effettuata riduzione riportando lungo l’ asse naturale il dito, poi bloccare con fasciatura-stecca. Trattamento : a) Immobilizzazione per almeno 3 settimane. b) Intervento chirurgico sui legamenti collaterali, per evitare la lassità laterale nei casi di instabilità articolare notevole. Allenamento : Nelle fasi di ripresa usare “bendaggi-bloccaggi protettivi”. 3.2.7 Articolazione interfalangea 3.2.7.a Lussazione Causa : Identica alla lussazione metacarpo-falangea. XXXVII Osservazione e primo soccorso : a) Dolore violento, impossibilità a flettere il dito, l’articolazione è gonfia e tumefatta. Vi è sempre una lesione al legamento collaterale. b) Ghiaccio. Trattamento : a) Riduzione: fissare la falange prossimale e con l’altra mano tirare e ruotare a “spirale” in un verso e nell’ altro lungo l’ asse naturale del dito quella distale. b) Immobilizzazione totale per 48 ore. c) Iniziare poi a muovere lentamente il dito; possono servire i “bagni in acqua” per facilitare il movimento. d) Antinfiammatori. e) Se vi è lacerazione o frammentazione del leg. Collaterale intervento chirurgico. Allenamento : a) Bendaggio (taping) per 3 settimane così da immobilizzare solo parzialmente le articolazioni. b) Il gonfiore può permanere anche svariati mesi. 3.2.8 Regione metacarpale : 3.2.8.a Frattura di bennet : Causa : Identica alla meccanica di lussazione dell’ articolazione carpo metacarpale. Si frattura una parte del margine prossimale mediale della base del primo metacarpo. XXXVIII Osservazione e primo soccorso : Dolore violento, il pollice si presenta accorciato e ispessito alla base. a) Ospedalizzare per eseguire rx, riduzione della lussazione e completa immobilizzazione con gesso. b) A volte si rende necessario l’ intervento chirurgico per fissare la base del metacarpo. Trattamento : a) Riduzione della lussazione associata con una trazione in abduzione. b) A volte si rende necessario l’ intervento chirurgico per fissare la base del metacarpo. 3.2.9 2°-3°-4°-5° dito 3.2.9.a Regione metacarpale Lussazione Causa : Il dito subisce una iperestensione o abduzione o adduzione a seguito di un contatto. Osservazione e primo soccorso : Dolore violento e impossibilità a flettere o estendere il dito. a) Ghiaccio. b) Immobilizzare. c) Nell’ iperestensione vi è rottura della capsula articolare nella sua porzione anteriore. d) Nell’ abduzione o adduzione rottura del legamento collaterale mediale o laterale. XXXIX Trattamento : a) Nel primo caso blocco in flessione per 2 settimane. b) Nel secondo invece bloccaggio con steccatura del dito vicino per 2 settimane. c) Ultrasuoni-laserterapia. 3.2.9.b Articolazione interfalangea : Lussazione : Causa : Il dito subisce una torsione. Osservazione e primo soccorso : Dolore vivo e intenso che impedisce qualsiasi movimento volontario o sollecitato. La deformità è sempre presente. Riduzione: fissare la falange prossimale e con l’altra mano tirare e ruotare a “spirale” in un verso e nell’ altro lungo l’asse naturale del dito quella distale. a) Ghiaccio. b) Immobilizzazione totale per 48 ore. c) Iniziare poi a muovere lentamente il dito d) possono servire i “bagni in acqua” per facilitare il movimento. e) Antinfiammatori. Quasi sempre, in questo tipo di trauma, vi è la rottura della capsula articolare. Molto spesso con lesione dei legamenti collaterali. Ultrasuoni-laserterapia. XL Allenamento : Bendaggio (taping) per 3 settimane così da immobilizzare solo parzialmente le articolazioni. Complicanze : a) Il gonfiore può permanere anche svariati mesi. b) Rigidità. 3.2.9.c Fratture interfalangee Causa : Simile alla lussazione ma più violenta, spesso associata a lussazione. Osservazione e primo soccorso : Dolore violento associato a una evidente deformità del dito. Intervento : Ghiaccio e ospedalizzare. 3.2.10 Le costole La patologia delle costole nell’ambito del karate è la più frequente e le modalità che portano a lesioni si possono ricondurre a traumi diretti e indiretti. Nei traumi indiretti non vi è contatto diretto con l’avversario ma è colui che esegue il movimento, che con una brusca sollecitazione provoca la lesione dei muscoli inseriti sulla costola. XLI 3.2.10.a Frattura delle coste Causa : Durante l’esecuzione di un allenamento specifico di kumite non è raro che un “atemi” (colpo) portato senza controllo al costato, bersaglio grande, possa provocare un danno, grave fino alla rottura delle coste, per impatto o compressione. Osservazione e primo soccorso : a) Dolore immediato e difficoltà respiratoria b) Soccorrere immediatamente l’atleta mantenendolo sdraiato c) Comprimere leggermente la zona costale per identificare la costola o le costole colpite d) Se vi è frattura si avvertirà il crepitio sintomatico dell’avvenuta frattura e) Valutare che non ci sia la possibilità di lesione ad organi interni f) Ospedalizzare per controllo (RX) Trattamento : a) Ghiaccio b) Bendaggio leggero posto leggermente sotto la costa fratturata c) Riposo assoluto per le prime settimane Allenamento : Dopo almeno 60 giorni ripresa progressiva con leggera fasciatura di sostegno XLII 3.2.11 Contusione ai genitali Un trauma diretto in questa sezione corporea provoca dolore immediato, incapacità di movimento e difficoltà respiratoria. Trattamento : Fermarsi tenendo posizione ortostatica (eretta) aiutando l’atleta a mantenere una respirazione lenta e controllata. L’applicazione di ghiaccio non trova in questo caso indicazione in quanto raffreddare i genitali provocherebbe ulteriori problematiche. La presenza di sangue nelle urine renderà necessaria l’ospedalizzazione. Farmaci antinfiammatori ed antidolorifici. 3.2.12 Arti inferiori I muscoli posteriori della coscia sono sempre a rischio di lesioni quando le tecniche vengono eseguite ad elevata velocità, con improvvise partenze e arresti. Questi muscoli si inseriscono in alto sul bacino e in basso sulla gamba, attraversando perciò sia l’ articolazione dell’ anca che quella del ginocchio, estendendo coscia su bacino e flettendo gamba su coscia. In velocità una lieve scoordinazione nell’ esecuzione di tecniche di calcio può portare il muscolo ad allungarsi in una delle sue due metà, e a rilassarsi nell’ altra: l’ effetto che ne deriva è di una grossa tensione nella parte centrale del ventre muscolare che spesso si strappa. XLIII 3.2.13 Stiramento del quadricipite alla inserzione rotulea Causa : Eccessive ripetizioni di esercizi che comprendono, fanno raggiungere o sono eseguiti con posizioni accovacciate (squat con massimo grado di flessione del ginocchio, passeggiate con andatura a canguro o peggio con i salti della rana). Eccessiva permanenza in posizioni accovacciate, ad esempio quando la posizione “Seizà” viene mantenuta oltre le proprie capacità. Osservazione e primo soccorso : Dolore localizzato all’apice della rotula o leggermente sopra, simile a quello di uno stiramento ma che compare in modo più graduale nella zona di muscolo che con le sue espansioni tendinee avvolge la rotula. a) Riposo b) Ghiaccio Trattamento : a) I.c.e. b) Riposo inteso come evitare di caricare la gamba con ginocchio flesso. c) Ultrasuoni. Allenamento : Sara possibile riprendere l’allenamento gradualmente partendo da posizioni con meno carico per la parte (più alte). XLIV 3.2.14 Stiramento/strappo di adduttori e bicipiti femorali Causa : a) Slancio nell’esecuzione di calci (frontale o laterale) senza un adeguato pre-riscaldamento della sezione muscolare coinvolta. b) Slancio nell’esecuzione di calci (frontale o laterale) eccessivo rispetto alle proprie capacità. c) Scoordinazione muscolare nel meccanismo di sinergia della contrazione e decontrazione. Osservazione e primo soccorso : Stiramento : Dolore immediato e che si ripresenta ad ogni ripetizione del movimento causa della lesione e nei tentativi di allungamento del muscolo compromesso. Trattamento : a) I.c.e. b) Eliminare dall’allenamento i movimenti che potrebbero portare alla medesima lesione (tecniche di gamba). c) Ultrasuoni. Osservazione e primo soccorso : Strappo : Se la lesione ha provocato uno strappo, il dolore sarà molto più intenso con formazione di ematoma nella zona. Se quest’ultimo sarà quantitativamente importante o localizzato superficialmente sarà anche visibile. Trattamento : Ospedalizzazione e valutazione della possibilità di eseguire un drenaggio della raccolta ematica. XLV 3.2.15 Il ginocchio Le lesioni che interessano questa articolazione possono essere a carico dei Menischi, della Capsula, dei Legamenti Crociati e Collaterali, frattura della cartilagine rotulea, lesioni delle Borse Sierose. Se suddivise in rapporto al trauma subito ed alla zona interessata, potremmo avere lesioni del compartimento interno (parte mediale del ginocchio) o lesioni del compartimento esterno (parte laterale esterna del ginocchio). 3.2.15.a Frattura della cartilagine articolare Le zone colpite sono la rotula e i condili femorali. Causa : Caduta sulla rotula a ginocchio flesso. A seconda dell’ intensità, il danno alla cartilagine varierà tra una contusione, una fissurazione o una frattura completa con porzione di cartilagine separata dall’ osso. Osservazione e primo soccorso : d) Dolore alla flesso-estensione e) Ghiaccio e immobilizzazione. Trattamento : Se c’ è rottura della cartilagine chirurgicamente in artroscopia. XLVI essa può essere rimossa 3.2.15.b Versamento rapido Entro 2/4 ore e generalmente ematico Causa : Il gonfiore si manifesta entro 2/4 ore in conseguenza a una distorsione di grossa entità che fa supporre importante lesione ai legamenti. Generalmente lo “strappo” del Legamento Crociato Anteriore causa stravaso ematico nella cavità articolare. Trattamento : a) Ghiaccio b) Riposo c) I.C.E. d) Farmaci antinfiammatori e) Recarsi da medico ortopedico. 3.2.15.c Versamento lento Dopo 6/24 ore e generalmente sieroso Causa : Il gonfiore si manifesta entro 6/24 ore in conseguenza a una distorsione, a lesione dei legamenti o della cartilagine articolare. Trattamento : a) Ghiaccio b) Riposo c) I.C.E. d) Farmaci antinfiammatori e) Recarsi da medico ortopedico. XLVII 3.2.16 Lesione dei compartimenti La lesione avviene per gradi di intensità in rapporto alla rotazione. In sequenza avremo: lesione al legamento collaterale-meniscolegamento crociato. 3.2.16.a Compartimento interno Causa : Con piede fisso la coscia ruota verso l’ interno e la gamba verso l’esterno; il ginocchio è forzato verso l’ interno e la sollecitazione è esercitata sui legamenti del lato interno del ginocchio (legamento collaterale mediale). Se la rotazione continua la lesione raggiunge il menisco mediale, infine il crociato anteriore. XLVIII 3.2.16.b Compartimento esterno Causa : La coscia ruota esternamente e la gamba verso l’ interno a piede fisso. In rapporto alla rotazione presenza di lesione al legamento collaterale laterale, menisco laterale, legamento crociato anteriore. L’ iperestensione forzata della gamba può invece danneggiare il legamento crociato posteriore. Osservazione e primo soccorso : Dolore e impotenza funzionale. a) Controllare se il ginocchio è bloccato o flette ed estende attivamente. b) Se osservata eccessiva mobilità in rotazione laterale, anteriore e posteriore della tibia sul femore: presenza di lesione a leg. Crociato-collaterale. c) Osservare comparsa-quantità di eventuale tumefazione. XLIX La distorsione può essere suddivisa in tre gradi : 1° grado-lieve : Strappo legamentoso : a) Sono presenti dolore alla palpazione nella zona dello strappo. b) Eventuale tumefazione locale. c) Dolore nella ripetizione del movimento che ha causato lo strappo. L’ articolazione è comunque in grado di mantenere la tenuta. d) Assenza di versamento. e) Blocco e dolore nel movimento di flesso- estensione. 2° grado-moderata : a) Lacerazione di porzioni più estese delle fibre legamentose. b) Dolore alla palpazione nella sede del trauma, maggior limitazione al movimento rispetto al grado lieve. c) Presenti tumefazione e versamento articolati. d) Spesso presente blocco articolare (se c’è danno al menisco). e) Assenza di movimenti “lassità” di fra scorrimento tibia e femore antero-posteriore nei e laterale perché il legamento è leso ma non strappato. L 3° grado-grave : a) Totale limitazione funzionale. b) Estremo dolore al momento della lesione. c) Impossibilità a compiere movimenti attivi o passivi. d) Versamento ematico nell’ articolazione che si infiltra anche nei tessuti circostanti. e) Gonfiore. Il legamento è rotto, spesso associato ad una lesione meniscale. Trattamento : 1° grado : Impacchi di ghiaccio per i primi due giorni. Riposo articolare, antinfiammatori, bendaggio semirigido o con tutore. Ripresa progressiva lell’attività 2° grado : Impacchi di ghiaccio per i primi due giorni. In presenza di versamento articolare va eseguita artrocentesi. Bloccaggio con tutore per 2/3 settimane. Trascorse le prime 3/4 giornate con il tutore si può iniziare ad eseguire fisioterapia. 3° grado : Ghiaccio – bloccaggio con tutore rigido e rx. Successivamente tac o rmn per una precisa valutazione del danno ed eventuale intervento. Rieducazione : Elettrostimolazione, esercizi isometrici, natatoria in piscina. LI attività riabilitativa 3.2.17 Talalgia Nota in gergo sportivo come “tallonite”, caratterizzata da dolore in regione calcaneare di eziologia (cause di origine) variabile. a) Reazione infiammatoria della fascia plantare e dei muscoli corti del piede nella loro inserzione calcaneare b) Periostite (infiammazione del periostio – la membrana che avvolge l’ osso) reattiva della tuberosità del calcagno nella zona dove si inseriscono il tendine di Achille e la fascia plantare (“aponeurosi plantare”) c) Frequentemente associata a tendinopatia dell’ Achilleo e Borsite retrocalcaneare d) Negli adolescenti “Osteocondrite” del nucleo di ossificazione del calcagno. Quadro clinico e radiografico : Dolore in corrispondenza dell’ inserzione della fascia plantare e della tuberosità del calcagno, che compare sotto sforzo e pressione, specie se prolungato, e ecessa col riposo: nei casi più gravi questa sintomatologia si manifesta anche durante la deambulazione a) Dolore alla pressione sulla regione calcaneare b) A volte presente limitazione articolare antalgica della estensione dorsale del piede c) Frequente “Zoppia di fuga” (termine che indica il classico atteggiamento di appoggiare velocemente il piede dolorante per passare più in fretta il peso del corpo sull’ altra gamba durante il cammino) o cammino sulla punta del piede per “scaricare” il calcagno. LII Trattamento : Nell’ adulto : a) Sospensione dell’ allenamento per 3-4 settimane b) Uso di plantari con “scarico calcaneare” c) Terapia antinfiammatoria d) Infiltrazioni di cortisone-anestetici e) Nei casi resistenti alla terapia conservativa si ricorre ad interventio chirurgico Nell’ adolescente : (osteocondrite calcaneare) : a) Sospensione dell’ attività sportiva per alcuni mesi b) Uso di plantari con scarico calacneare in calzature adatte Fisioterapia : a) Ionoforesi b) Ultrasuoni ad immersione c) LaserTerapia 3.2.18 La caviglia Durante gli spostamenti rapidi e i cambi di direzione, soprattutto se improvvisi, instabilità o appoggio errato del piede possono dar luogo a stiramenti e lesioni dei legamenti o a distorsioni. Avremo pertanto un trauma in Inversione e una distorsione al compartimento esterno se il piede scivola lateralmente rivolto verso l’ altro piede e la gamba è ruotata esternamente. LIII LIV Al contrario nel trauma in Eversione la distorsione interesserà il compartimento interno : la pianta del piede ruota verso l’ esterno mentre la gamba ruota internamente. LV Distorsione Osservazione e primo soccorso : Dolore anche a riposo, la zona e parte della pianta del piede si presenta gonfia, rossa, calda. Con danno al Compartimento Laterale spesso è presente lesione del Legamento Collaterale Laterale. Si associa invece in quello del Compartimento Mediale lesione del Legamento Collaterale Mediale e frattura dell’ apice malleolare laterale. a) Ghiaccio. b) Non riprendere l’ allenamento perché la lesione potrà solo diventare più grave. Trattamento : a) Riposo b) I.C.E. c) Antinfiammatori Antidolorifici d) Valutazione medica e) Evitare di caricare il peso sulla caviglia soprattutto per i primi due giorni f) Utile per le prime notti rialzare la parte del letto di appoggio ai piedi posizionando anche semplici coperte fra materasso e rete. g) Fasciatura “a Staffa” che andrà mantenuta soprattutto quando si riprende il cammino. Se il grado di lesione sarà lieve dopo 3-4 giorni sarà possibile riprendere il cammino caricando l’ arto. Da quel momento avrà inizio la fase più delicata perché condizionerà la qualità del recupero : i primi passi dovranno essere eseguiti lentamente , cercando di appoggiare prima il tallone poi la punta del piede e non sui bordi esterno o interno. Verrà istintivo eseguire questa andatura LVI eseguendo torsioni delle anche e ginocchia del tutto antifisiologiche ma dovute alle contrazioni muscolari antalgiche e alla paura di poter sentir male: lo sforzo dovrà pertanto consistere nel cercare il più possibile di mantenere ad ogni passo piede e ginocchio rivolti dritti davanti e flettere il ginocchio solo nella direzione del piede. In presenza di lesione di grado medio si renderà necessario bloccare l’ articolazione con tutori o bendaggi. Con lesione grave l’ immobilizzazione durerà più a lungo. Fisioterapia : A seguito di questo tipo di lesioni si creerà una situazione di instabilità funzionale del piede per mancanza di coordinazione motoria ed alterata propriocezione. La rieducazione consisterà proprio nell’evitare le recidive utilizzando esercizi eseguiti in equilibrio monopodalico su di una superficie dura ma instabile (tavolette basculanti propriamente chiamate propriocettive). Così facendo la pressione e la sollecitazione attiva delle volte plantari, inducono da una parte a raggiungere una maggiore elasticità di sostegno e dall’altra un aumento della tensione muscolo-legamentosa. Si realizza inoltre uno stato di “allarme permanente” a livello dei recettori propriocettivi con invio di continue informazioni di elaborazione del movimento al cervello LVII 3.2.19 Il “taping” : la tecnica di confezionare bendaggi funzionali Fra i diversi tipi di Bendaggi citiamo: a) Bendaggi compressivi b) Bendaggi Funzionali o Taping c) Bendaggi gessati rigidi d) Bendaggi costrittivi elastici Il Bendaggio Compressivo viene eseguito con 2 bende e utilizzato soprattutto in caso di ematomi, edemi post-immobilizzazione frequentemente localizzati a livello della caviglia, problemi vascolari come le flebiti, e in alcune particolari patologie che per le loro caratteristiche appartengono ad aree più specialistiche, come il “piede torto congenito” nel bambino. La benda più utilizzata è il “TENSOPLAST” (benda elastica adesiva). La zona su cui verrà applicato il bendaggio dovrebbe essere preparata con depilazione o ricoperta con apposito tessuto per evitare, alla rimozione, il dolore dell’ “effetto ceretta”. Terminata l’ esecuzione del bendaggio, è necessario controllare per almeno 20 minuti che la circolazione sanguigna sia rispettata: al contrario saranno avvertiti formicolii e la pelle presentarsi bluastra. In tal caso si procede immediatamente ad allentare il bendaggio per diminuirne la forza compressiva. Sopra questi bendaggi è possibile applicare il ghiaccio. Il “Bendaggio Funzionale” trova la sua massima espressione di utilizzo nell’ ambito sportivo, perché permette di eseguire una prestazione nonostante il trauma subito: serve a sostenere e scaricare in modo selettivo le parti lese di una articolazione (al contrario di un gesso che costringe alla immobilizzazione totale LVIII anche le 2 articolazioni più vicine), guidarne i movimenti, impedirne gli estremi, consentire il carico. Concetti fondamentali prima di eseguire il Bendaggio Funzionale a) Pulizia accurata della cute b) Tricotomia c) Se presenti ferite disinfettarle e coprirle d) La pelle va sgrassata e detersa altrimenti le strisce di cerotto non avranno sufficiente presa rendendo inutile il bendaggio. Tipi di Bendaggio : a) Strisce di ancoraggio o di tenuta :sono le basi del Taping, l’ancoraggio di base sopra le quali vengono poi fissate le briglie che lo compongono. La direzione delle strisce di ancoraggio sono stabilite in base a fattori anatomici o funzionali, posizionate pertanto longitudinalmente, trasversalmente o in entrambi i sensi. b) Briglie: sono le strutture più importanti perché sospendono e “scaricano” i muscoli, i legamenti, le strutture più interne e le restanti parti dell’ articolazione. Le Briglie possono essere applicate e distinte come: a) briglia “ascendente” da distale a prossimale b) briglia “discendente” da prossimale a distale c) briglia “a staffa” o ad “U” d) briglia “incrociata” e) briglie “ad incrocio” (più strette delle precedenti) f) briglie “a clessidra” g) briglie “a ventaglio” h) Strisce di fissaggio: fissano le briglie applicandosi generalmente perpendicolarmente a queste ultime. LIX i) Strisce di chiusura o di rivestimento: sono l’ultima parte del bendaggio e ne derminano il fissaggio. Sono applicate in modo circolare, semicircolare o longitudinale Materiali per la realizzazione : a) Benda adesiva elastica ipo-allergenica tipo “Tensoplast” cotone 100%. b) Cerotti da Taping in viscosa, adesivi e anelatici, non allungabili o lacerabili in direzione verticale. c) Bende salvapelle da mettere sotto il bendaggio per soggetti con allergie, altrimenti sconsigliabile perché riduce drasticamente la tenuta del bendaggio. d) Compresse di schiume di lattice, adesive, da applicare per proteggere piccole parti irritabili, dopo di che saranno coperte col bendaggio. e) Spray per migliorare l’ adesività del bendaggio stesso. f) Benda autoavvolgente non adesiva tipo “Cobain”. LX LXI LXII 3.3 Conclusioni Vorremmo terminare questo lavoro con alcune riflessioni principalmente per gli atleti che praticano l’arte del karate da agonisti, agonisti perché ci risulterà maggiormente esemplificativo trasmettervi i concetti trattati nella tesi, ma anche ai loro compagni ed agli insegnanti che li crescono migliorando le loro capacità tecniche e contribuendo, anche se nell’ombra, a costruire i loro successi. L’atleta agonista, a differenza dell’atleta che pratica karate per divertimento, cultura o altro, realizza in esso una parte fondamentale di se stesso, anteponendola a tutto quello che un giovane può desiderare in un’età così ricca d’attrazioni e di possibilità apparentemente a sua portata. Non che con questo si voglia dire che l’atleta agonista sia per scelta un’asceta e rinunci agli amici o a divertimenti naturali della sua età, ma comunque durante la sua carriera crea una scala di valori dove le rinunce, i sacrifici, sono superati da un obbiettivo che diventa la spinta a superare gli ostacoli quotidiani ed i momenti difficili. Vi è indubbiamente una differenza sostanziale tra gli sport propriamente definiti ricchi e quelli detti poveri, e quindi vi è una differenza di motivazioni tra un atleta che guadagnerà milioni ed uno che si accontenterà di una magra borsa di studio di una federazione sportiva nazionale. Ma nel vero atleta sia esso ricco o povero la spinta a raggiungere il risultato, ad emergere migliorando se stesso sono identiche. Ed entrambi si affideranno ai loro insegnanti nel quale riporranno tutta LXIII la loro fiducia. Ed è in quest’ambito che talvolta si possono commettere errori tanto gravi da non compromettere solo una competizione sportiva bensì il futuro dell’atleta. Ricorderanno un po’ tutti che in prossimità della preparazione di un’importante competizione o un importante esame si respiri un’aria diversa dove tutto il nostro quotidiano, dal mangiare al dormire e altro si viva in funzione di quel evento. Così come il programma di allenamento sarà più intenso e dettagliato. Ebbene questo diventa il momento più pericoloso per l’atleta il momento nel quale egli può perdere la propria identità ed il suo insegnante vederlo non più nella giusta visione di persona bensì di atleta che deve rispettare una rigida tabella di marcia con carichi di lavoro e ritmi che non si possono alterare. E’ questo il momento come dei piccoli sintomi come una diminuzione dell’appetito con lieve perdita di peso corporeo, mancanza di attenzione in esercitazioni banali possono passare inosservati agli occhi di chi è attento all’evoluzione delle tabelle e distratto sulle reazioni comportamentali dell’atleta. Sono i sintomi di un carico fisico o psicologico che l’atleta non riesce più a controllare. Si avrà una progressiva perdita della soglia di attenzione da parte dell’atleta fino ad avere, a causa di un banale incidente di allenamento, compromesso l’obbiettivo finale. Nessuna colpa ma sicuramente l’inesperienza dell’insegnante nella valutazione d’insieme in un allenamento specifico sotto tensione. LXIV L’evento più frequente è da considerarsi l’infortunio pre- gara/esame la cui valutazione da parte dell’insegnante determinerà l’esito dell’evento prossimo se non addirittura la carriera stessa dell’atleta. Vi sono tutta una parte di infortuni che pur essendo di particolare gravità apparentemente non rendono nell’immediato consapevoli che la continuazione dell’attività fisica in quelle circostanze causerebbe all’atleta un danno irreversibile. Ne citiamo solo alcuni tra quelli trattati nella tesi, come una commozione cerebrale senza perdita di coscienza, una lesione legamentosa di media gravità, un malore transitorio. In questi casi l’insegnante, si dimostrerà anche un Buon insegnante, dimostrando di essere in ogni momento cosciente della responsabilità della salute e della vita sportiva del proprio atleta, in quanto l’atleta ripone in lui tutta la sua fiducia accettandone qualunque indicazione. Solo dopo molta esperienza in quest’arte si avrà sufficiente padronanza in decisioni così importanti e fondamentali per l’integrità di un atleta. Un dato importante che si è evinto da questo lavoro è che come nelle situazioni accidentali trattate nel testo della tesi, bisognerebbe tenere in considerazione nient’altri che l’atleta ed effettuare lucidamente quello che in pronto soccorso viene propriamente chiamato “esame obiettivo”, cioè rendersi conto se il danno subito potrà arrecare maggiori danni con la continuazione dell’attività fisica, non eccedendo in una diagnosi affrettata in nessuno dei due sensi. LXV La capacità coinvolgono di un mantenere intervento autocontrollo di soccorso in è situazioni che fondamentale per mantenere il giusto grado di obiettività per intervenire mettendo in pratica l’intero bagaglio di conoscenze teorico-pratiche, più o meno ampio per ognuno di noi, senza cadere nell’errore di non fare o strafare per paura o presunzione. Una delle considerazioni più importanti emersa durante la redazione di questa tesi, ci ha portato a una riflessione : voglio ottenere il recupero dello stato di salute dell’atleta infortunato perché prima di tutto ho a cuore lui come persona o perché così sarà minore la assenza di lui (allenamenti, gare, stage e altro). LXVI dagli impegni come atleta?