Tesi M° Marco Malandrino

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Tesi M° Marco Malandrino
EVENTI MEDICI E TRAUMATICI NELLA
PRATICA DEL KARATE
AUTORI E RELATORI :
MARCO MALANDRINO
DAVIDE GIRELLI
TESI PER ESAME DI QUALIFICA A MAESTRO DI KARATE
Presentazione
Approfondiamo più ampiamente la nostra conoscenza medica
per migliorare la qualità del nostro insegnamento nell’arte del
Karate, usando nozioni più avanzate di Anatomia, Fisiologia,
Medicina e Traumatologia.
L’ ambizione è quella di gettare le basi per un ulteriore futuro
lavoro, finalizzato alla preparazione dei futuri Maestri alla
prevenzione di incidenti sportivi e preservando lo stato fisico nel
tempo.
Essa costituirà la base delle seguenti applicazioni: una diversa
modalità per “conoscersi, apprendere e migliorarsi”, nonché la
possibilità di “utilizzare il Karate con finalità Mediche”
(correzione di Squilibri Muscolari e Paraformismi, massima
riduzione possibile dei Microtraumatismi che rappresentano la
causa più frequente di incidenti e problematiche posturali nel
tempo, in ambito sportivo.
Era quindi un passaggio scritto che il percorso del karate
avrebbe, prima o dopo,
incrociato, “Fisica e Medicina”,
confrontandosi con esse e poi fondendosi su una “piattaforma
comune” di analisi ed elaborazione comune dei risultati ottenuti
singolarmente nel miglioramento si tecnico ma ancor più
importante preservando lo stato fisico nel tempo.
Ringraziamenti
Al M° Francesco Palandri, che nonostante la nostra lentezza
oramai storica, con pazienza e umiltà si dedica ad insegnarci
“l’essenza del Do” attraverso il karate, il kobudo, il kung-fu, il
tai-chi, il kenjitsu e lo jujitsu, senza mai credere che il suo
prezioso tempo non sia speso bene.
Al M° Michele Julitta, che pur non conoscendoci dall’alba delle
nostre preistoriche origini, crede nel nostro futuro di Maestri.
II
Indice analitico
Autori :
Marco Malandrino e Davide Girelli
Relatori : Marco Malandrino e Davide Girelli
Cap. I
1 CLASSIFICAZIONE DEGLI EVENTI
1.1 Classificazione degli eventi medici
1.1.1 Eventi medici
1.2 Classificazione degli eventi traumatici
1.2.1 Eventi traumatici
1.3 La valutazione primaria
1.3.1 Valutazione e intervento
Cap. II
2 EVENTI MEDICI
2.1 Generalità, definizione e trattazione degli eventi
medici
Cap. III
3 EVENTI TRAUMATICI
3.1 Generalità, definizione e trattazione degli eventi
traumatici
3.2 Trattazione degli eventi traumatici in basa alla
sezione corporea
3.3 Conclusioni
III
Cap. I
Colui che pratica karate non pratica semplicemente
uno sport ma è padrone di un’arte
1 CLASSIFICAZIONE DEGLI EVENTI
1.1 Classificazione degli eventi medici
Sono parte di questa categoria tutte quelle situazioni che
derivano direttamente da sollecitazioni negative allo stato
naturale di salute ed all’alterazione delle normali funzioni vitali.
1.2 Classificazione degli eventi traumatici
Sono
parte
di
questa
categoria
tutte
quelle
situazioni
appartenenti alla branca della medicina che studia gli effetti dei
traumi sull’ organismo. Le lesioni traumatiche correlate alla
pratica del karate, amatoriale o professionistico che sia, ci
permettono di limitare la nostra attenzione al solo apparato
locomotore.
E
occuparsene
non
significa
solo
cercare
di
restituire l’ atleta agli allenamenti e/o alle competizioni nel piu’
breve tempo possibile, ma, anche e soprattutto, studiare il
“razionale” per migliorare :
a) Materiali
b) Protezioni individuali
c) Impianti sportivi
d) Metodologia di allenamento
Col fine di poter ridurre le evenienze traumatiche o quanto
meno contenerne le conseguenze sul piano clinico.
IV
1.3 La valutazione primaria
Intervenire su di un infortunio in un dojo di karate :
Atleta cosciente, SI respiro, SI polso,
Valuta la scena
Chiama l’ atleta
“RISPONDE”
Ha certamente attività respiratoria
Tranquillizziamolo ed andiamo ad occuparci
dell’evento specifico
Vediamo in esempio due situazioni particolari e abbastanza rare
Atleta incosciente, SI respiro, SI polso, PLS
Valuta la scena
Chiama l’ atleta
“NON
RISPONDE”
Posiziona l’atleta supino, su piano rigido
e scopri il torace
Capo in posizione neutra, libera la bocca,
“RESPIRO
PRESENTE”
“CIRCOLO
PRESENTE”
POSIZIONE
LATERALE DI
SICUREZZA
Rileva la presenza di respiro accostando
l’orecchio alla bocca dell’atleta, ascoltandone i
rumori respiratori e guardando se il torace si
espande
Rileva il polso radiale sulla linea del pollice
con le dita lunghe della mano
Si pone a lato, piega il braccio omolaterale
del paziente a 90° adagiandolo sul piano di
appoggio
Posiziona il braccio controlaterale del paziente
sopra il torace fino a far raggiungere con la
mano l’orecchio
Piega la gamba controlaterale del paziente
Ancorandosi alla spalla e al bacino
controlaterali , avvicina il paziente ruotandolo
dal lato del soccorritore
Si accerta che la gamba piegata garantisca
stabilità e che il capo sia iperesteso
V
Atleta incosciente, no respiro, no polso
Valuta la scena
Chiama l’ atleta
“NON
RISPONDE”
Posiziona l’atleta supino, su piano rigido
e scopri il torace
Capo in posizione neutra, libera la bocca,
“RESPIRO
ASSENTE”
Rileva la presenza di respiro accostando
l’orecchio alla bocca dell’atleta, ascoltandone i
rumori respiratori e guardando se il torace si
espande
individua il punto esatto di compressione
ed esegui 15 compressioni toraciche (conta
ad alta voce)
Effettua 2 ventilazioni controllando
l’espansione toracica
Esegui 4 cicli di rcp
“CIRCOLO
ASSENTE”
Rileva la presenza di polso carotideo
e segni di circolo
Prosegui ad oltranza la rcp
VI
Cap. II
Colui che pratica karate non pratica semplicemente
uno sport ma è padrone di un’arte
2 EVENTI MEDICI
2.1
Generalità, definizione e trattazione degli eventi
medici
2.1.1 L’abrasione
Perdita dello strato corneo della cute, causato dallo sfregamento
del corpo contro una superficie ruvida o dura. Pulire con acqua
corrente, asciugare, mettere una pomata antisettica e se
possibile non medicare. Garze e cerotti mantengono l’umidità
della pelle, facilitando la crescita batterica.
2.1.2 La scottatura
Dovuta a prolungate frizioni della cute contro corpi solidi. La ci
si procura strisciando contro una superficie ruvida o dura. Si
cura come l’abrasione.
2.1.3 L’ipercheratosi
Vasta area di cute ispessita, che si forma nelle zone del corpo
sottoposte a carico. Il derma sottostante presenta spesso una
raccolta liquida che permette lo scorrimento del callo sui tessuti
sottostanti. Usare cuscinetti che aiutino a distribuire il carico su
più parti del corpo.
2.1.4 Lo stiramento
Distensione brusca di muscoli o di tendini, con o senza
lacerazione (vedi distrazione muscolare o stiramento 3.1.6)
VII
2.1.5 La contrattura
Contrazione persistente e involontaria di uno o più gruppi
muscolari che a seguito di eccessivo mantenimento posturale
non fisiologica o colpo di freddo mantengono anche a riposo un
grado di contrazione alterato che si manifesta col caratteristico
dolore localizzato e che se ricercato con palpazione si presenta
come una piccola zona circolare (pallina) rialzata e dura.
Punto chiamato “trigger point” che corrisponde alla parte di
fibre muscolari che rimanendo accavallate generano dolore.
È su quei punti nevralgici che si posizioneranno gli elettrodi per
una elettroterapia o si eseguirà un massaggio per ripristinare la
corretta funzionalità muscolare.
Assolutamente non utilizzare ghiaccio in quanto andrebbe ad
aumentare ulteriormente lo stato di contrazione.
2.1.6 Il crampo
Contrazione involontaria del muscolo; la causa esatta del
crampo è sconosciuta, è però possibile che freddo, mancanza di
sali, scarsa coordinazione muscolare provochino i crampi. Valido
mezzo di difesa per il tessuto muscolare.
Quindi non è necessario pensare alla cura dei crampi muscolari
quanto invece è utile e indispensabile la prevenzione di questi
mediante un buon preriscaldamento e streatching e soprattutto
con un allenamento adeguato.
I crampi bloccando l’attività, consentono in ogni caso di
preservare il muscolo da lesione ben più gravi, indotte dal
sovraffaticamento. Per risolverlo bisogna stendere passivamente
il muscolo compromesso, contraendo contemporaneamente il
VIII
muscolo antagonista, poi massaggiare. I farmaci possono
essere d’aiuto, quindi consultate il medico.
2.1.7 Le ferite
Bloccare
l’emorragia
facendo
pressione
con
delle
garze,
possibilmente sterili, o con un fazzoletto pulito, oppure se non
se ne dispone, usare le dita! Elevare il più presto possibile l’arto
ferito o la parte danneggiata; lavare la ferita con acqua fredda
per rimuovere eventuali detriti come polvere etc.; quindi
disinfettare. Se la ferita non è profonda, medicare con garza, se
invece lo è avvicinare i margini fissandoli con del cerotto telato
e consultare un medico.
2.1.8 Il capogiro
Sono sintomo di disfunzioni.
Sedersi, o meglio stendersi.
Dopo un’attività fisica intensa, è bene fare degli esercizi fisici di
rilassamento,
per
evitare
capogiri,
dovuti
a
scompensi
circolatori come quando passiamo da una posizione supina ad
una ortostatica.
2.1.9 La lipotimia o pre-sincope
Si ha quando le forze vengono meno, sensazione di imminente
perdita di coscienza
IX
2.1.10 La sincope
E’ una transitoria perdita di coscienza con collasso posturale
provocata da una ipoperfusione cerebrale acuta.
Sintomi :
Che danno un maggior margine di tempo alla comparsa :
sensazione di testa vuota, debolezza, nausea, offuscamento
visivo, acufeni, sudorazione
Che danno un minor margine di tempo alla comparsa :
pallore, sudorazione, polso debole o apparentemente assente,
la PA bassa o irrilevabile, mioclonie della durata di 5-10 sec
(occasionalmente)
Cause dovute alla circolazione :
ipovolemia, ipotensione posturale, emorragia, disidratazione,
cause miocardiche, stimolazione, seno carotideo
Cause cerebrali :
attacchi d’ansia, convulsioni isteriche
Cause dovute alla circolazione cerebrale :
ipossia, anemia, ipoglicemia, iperventilazione
2.1.11 Le ipotermie
Sono alterazioni della capacità di termoregolazione corporea
Le Cause :
esposizione ad un ambiente freddo, ventilato e umido
si suddividono in :
congelamento, geloni, piede da trincea, assideramento
X
2.1.11.a Il congelamento
Inizialmente è localizzato, interessa prima di tutto l’estremità
degli arti e volto, successivamente si estende fino a causare
coma e morte
Segni e sintomi :
insorgenza lenta : perdita di sensibilità distale, cute arrossata e
successivamente pallida, perdita graduale di coscienza
in fase intermedia :
cute cerea o bianca, rigida, tessuti sottostanti ancora palpabili
in fase profonda :
cute chiazzata ( colore grigio - blu ), cute e tessuti rigidi
Intervento :
mai sfregare le parti congelate ;
controllare lo stato di coscienza, controllare respirazione e
polso, riscaldare
il paziente
senza
eccedere, levare ogni
impedimento alla circolazione ricontrollare costantemente i
parametri vitali
2.1.11.b I geloni
Sono lesioni cutanee dolorose causate dall’esposizione ripetuta
e prolungata al freddo e umido
2.1.11.c Il piede da trincea
Sensazione di intorpidimento e formicolio dovuta al contatto
prolungato delle parti molli con un ambiente freddo e umido
XI
2.1.11.d L’assideramento
Si tratta di una condizione sistemica che può verificarsi anche in
situazioni ambientali non drastiche
la cui gravità è aumentata dalla eventuale debolezza dovuta ad
altre cause. Inizia quando la temperatura corporea scende sotto
i 35°C
Segni e sintomi :
Brividi diffusi (min di 35°C), difficoltà nel parlare, incipiente
rigidità
(min
sonnolenza
di
(min
33°C),
di
diminuzione
30°C),
della
irritabilità,
concentrazione,
stato
saporoso,
respirazione e polso, rallentati, facoltà visive ridotte, aritmie
(min di 27°C), coma, fibrillazione (min di 18°C)
Intervento :
controllare lo stato di coscienza, controllare respirazione e
polso, riscaldare il paziente partendo dal tronco, levare ogni
indumento bagnato, ricontrollare costantemente i parametri
vitali ; mai riscaldare per primi gli arti, soprattutto le gambe,
questo potrebbe causare shock ipovolemico grave, fibrillazione
ventricolare
2.1.12 Le ipertermie
Sono alterazioni della capacità di termoregolazione corporea
causate da esposizione ad un ambiente caldo, poco ventilato e
umido
Si suddividono in :
crampi da calore, collasso da calore, colpo di calore, colpo di
sole
XII
2.1.12.a Crampi da calore
Segni e sintomi :
crampi muscolari, anche a seguito di uno sforzo fisico, vertigini,
possibili segni di shock
Intervento :
riposo, massaggi, somministrare liquidi isotonici
2.1.12.b Collasso da calore
Segni e sintomi :
sono i tipici segni di shock, l’evento deve essere collegato
all’ambiente caldo, dopo avere escluso ogni altra causa
Intervento :
Controlli generali, riposo in ambiente fresco, impedire la ripresa
di attività fisica
2.1.12.c Colpo di calore
Segni e sintomi :
respirazione profonda, poi superficiale, polso rapido, prima forte
e poi debole, pelle secca e calda, midriasi, incoscienza
Intervento :
Controlli generali, riposo in ambiente fresco, impedire la ripresa
di attività fisica
XIII
2.1.12.d Colpo di sole
Segni e sintomi :
mal di testa, vertigini, irrequietezza, polso pieno e irregolare,
pelle secca, arrossata e calda, midriasi, rapida diminuzione della
coscienza
Intervento :
controlli generali, riposo in ambiente fresco, impedire la ripresa
di attività fisica
2.1.13 Il dolore toracico
Dolore nella regione sottocostale che si presenta spesso durante
la corsa. Durante l’attività fisica, il flusso ematico viene dirottato
dall’apparato gastrointestinale ai muscoli; la milza, serbatoio di
sangue dell’intero organismo, si contrae e provoca dolore.
2.1.14 La sensazione di soffocamento o debito d’ossigeno
Si presenta spesso durante le attività fisiche intense, dovuta alla
non corretta sincronizzazione tra l’apparato respiratorio e
l’apparato locomotore. Riprendere con brevi inspirazioni e
lunghe espirazioni il controllo della respirazione.
2.1.15 Le alterazioni del respiro
Sintomatologie direttamente collegate all’apparato respiratorio :
aumento FR, respiro superficiale, sforzo respiratorio rumori e
sibili inspiratori ed espiratori, fame d’aria difficoltà a dire frasi
lunghe diminuzione della Sat O2
XIV
Sintomatologie
direttamente
collegate
all’apparato
cardio-
circolatorio :
pallore, sudorazione, cianosi aumento FC vasocostrizione
Sintomatologie direttamente collegate allo stato emotivo :
agitazione, sopore, incoscienza
Terapia :
posizione seduta obbligata, monitoraggio dei parametri vitali,
chiamare un medico
Frequenze respiratorie :
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Pericolo
Accelerato
Normale
Lento
Pericolo
Neonato
1 - 5 aa
5 - 12 aa
Adulto
XV
2.1.16 Le alterazioni del circolo
Sintomatologie direttamente collegate all’apparato respiratorio :
spesso tachipnea e rumori respiratori diminuzione della Sat O2
Sintomatologie
direttamente
collegate
all’apparato
cardio-
circolatorio :
tachicardia , bradicardia, aritmia, ipotensione, cute pallida,
sudata, fredda, cianotica, edemi declivi
Sintomatologie direttamente collegate allo stato emotivo :
agitazione, sopore, incoscienza, dolore, nausea e vomito
Terapia :
postura obbligata, monitoraggio dei parametri vitali, chiamare
un medico
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
Frequenze cardio-circolatorie :
Pericolo
Accelerato
Normale
Lento
Pericolo
Neonato 1 - 5 aa
5 - 12 aa
XVI
Adulto
Cap. III
Colui che pratica karate non pratica semplicemente
uno sport ma è padrone di un’arte
3 EVENTI TRAUMATICI
3.1
Generalità, definizione e trattazione degli eventi
traumatici
Essi si dividono in :
“traumatismi esogeni”, i piu’ comuni, e
quelli “endogeni”.
3.1.1 Traumi esogeni :
Si realizzano quando il nostro corpo o una parte di esso “entra
in collisione” con un qualsiasi solido.
A seconda della estensione e della natura della zona colpita il
trauma contusivo avrà effetti diversi.
3.1.2 Traumi endogeni:
Quelli “endogeni” da sovraccarico funzionale sono imposti dalle
sempre crescenti attività agonistiche e di allenamento, da
cattive abilità degli istruttori che per “arroganza” o “ignoranza”
non vogliono abbandonare principi di allenamento che oramai si
sono rivelati solo dannosi (passeggiate a “canguro”, esercizi in
posizione completamente accosciata, addominali eseguiti in
posizioni errate)
E’ in questi casi che la traumatologia può suggerire come
raggiungere il delicato equilibrio tra le due opposte esigenze di
riposo e immobilizzazione da un lato e il mantenimento di un
accettabile livello di preparazione atletica dall’ altro.
XVII
Come spiega il termine stesso, le cause del trauma sono interne
all’organismo; e’ quindi assente l’ agente vulnerante esterno.
Consistono essenzialmente nei cosiddetti “strappi muscolari” e
nelle “rotture tendinee da sforzo”.
Strappo muscolare :
Avviene quando si imprime una violenta contrazione ad un
muscolo ancora non ben irrorato e quindi per un non adeguato
riscaldamento muscolare.
Rottura tendinea da sforzo :
Si verifica in seguito ad una violenta contrazione di un muscolo
che si inserisce su tendini già sofferenti per motivi infiammatori
o degenerativi.
3.1.3
Contusione dei tessuti molli
Provoca generalmente conseguenze limitate in quanto tali
tessuti con la loro elasticità assorbono, deformandosi, gran
parte dell’ energia traumatizzante.
Può
comunque
provocare
la
formazione
di
un
ematoma
sottocutaneo dovuto alla rottura dei vasi muscolari. L’ematoma,
esito della contusione, può spostarsi, generalmente seguendo le
leggi di gravità, verso la parte del corpo più declive rispetto alla
zona lesionata.
Quadro clinico :
Modesto
dolore
nella
zona
contusa
con
lieve
emorragica per rottura dei minuscoli vasi cutanei.
XVIII
soffusione
3.1.4 Contusione muscolare da trauma diretto :
L’ effetto varia a seconda dello stato di tensione (contrazione) in
cui si trova il muscolo al momento del trauma.
In fase di rilassamento :
Esso si comporta come cute e sottocute, attutendo il trauma: si
possono
quindi
verificare
ematomi
ma
senza
produrre
discontinuità (rottura) di fibre.
Se il muscolo e’ contratto :
Le lesioni potranno invece produrre discontinuità di fibrille, fibre
e del ventre muscolare.
Se la contusione è lieve si produce infiltrazione emorragica
interstiziale con lesione di qualche fibrilla.
Se la contusione è di maggiore gravità lo stravaso emorragico
assume i caratteri dell’ ematoma e può coesistere lesione di
fibre più o meno circoscritta.
Nelle forme più gravi il muscolo subisce una interruzione
completa del ventre, con modificazione del tessuto: si parla di
rottura muscolare, che può essere completa se interrompe tutto
lo spessore muscolare, o incompleta se interessa solo la parte
del ventre.
A sua volta quest’ ultima viene distinta in centrale quando è
interessata una zona profonda di ventre (molto dolorosa con
evidente impotenza funzionale), periferica quando è interessata
solo una zona muscolare periferica (meno dolorosa, la mobilità
si ripristina rapidamente, l’ ematoma per gravità si drena lungo
gli interstizi tissutali).
XIX
Sintomatologia :
Per tutte le contusioni sono la presenza di tumefazione e
dolorabilità alla palpazione e nei movimenti.
Nei casi di discontinuità muscolare si osserva una zona di
depressione determinata dalla retrazione del tessuto muscolare
nella zona di interruzione.
Nel punto di applicazione dell‘ energia meccanica evidenza di
aree di ecchimosi.
Trattamento :
a) Riposo
b) Impacchi freddi
c) Compressione con bendaggio compressivo
Nei casi più gravi intervento chirurgico per riavvicinare i capi
muscolari e immobilizzazione per ottenere la cicatrizzazione.
Il muscolo non si ripara mai ricreando nuovo tessuto muscolare
nella zona lesionata, ma vi e’ sempre sostituzione con tessuto
connettivale (in altre parole, nella zona di muscolo che viene
lesa, si forma un tessuto cicatriziale rigido che non è muscolo:
quella zona pertanto non avrà più la peculiarità di contrarsi, ma
solo di “trasferire a valle della zona precedentemente lesa” la
forza di contrazione.
XX
3.1.5 Allungamento muscolare o “elongazione”
Eccessiva distensione di un muscolo tale da superare la
fisiologica capacità di resistenza elastica del tessuto.
Sintomatologia :
a)
Dolorabilità o fastidio dell‘ intero muscolo
b)
Mobilità conservata.
I disturbi si risolvono spontaneamente in pochi giorni.
3.1.6 Distrazione muscolare o “stiramento”
Si differenzia dalla precedente per l’ entità dell‘ allungamento,
tale da produrre rottura (ma sempre in quantità ridotta) di fibre
muscolari.
Sintomatologia :
Dolore acuto, circoscritto, sia spontaneo che provocato, relativa
impotenza funzionale.
L’ attività sportiva viene compromessa.
Trattamento :
a)
Riposo
b)
Applicazioni fredde
XXI
3.1.7 Rotture sottocutanee dei muscoli
Sono lesioni quasi esclusivamente a carico di
muscoli lunghi
che avvengono a livello delle giunzioni muscolo-tendinee,
raramente nella parte ventrale.
Può essere parziale o completa.
La fascia muscolare solitamente rimane integra.
Il meccanismo traumatico piu’ comune e’ uno sforzo improvviso
di notevole entità che causa la violenta contrazione di uno o piu’
muscoli sani.
Sintomatologia :
a)
Dolore acuto in sede di rottura
b)
Formazione di un avvallamento piu’ o meno profondo
tra le parti muscolari retratte
c)
Ematoma
d)
Impotenza funzionale correlata al tipo di rottura.
Alcuni
traumi
richiedono
cure
mediche
o
trattamenti
specialistici, altri di minore entità un trattamento piu’ semplice
che può essere effettuato anche a casa.
Tuttavia, quello di cui molto spesso non ci si vuol rendere conto
e’ che alcuni incidenti sono solo il piu’ semplice e ovvio risultato
di carenze tecniche, errate modalità di allenamento, stress da
sovraccarichi funzionali a carico dell’ apparato locomotore
(microtraumi ripetuti).
E questi principi valgono per i praticanti di qualunque livello,
dagli
“atleti
della
domenica”
internazionale.
XXII
a
chi
gareggia
a
livello
Molte lesioni da sport possono essere prevenute con adeguata
preparazione fisica e riscaldamento.
Una borsa da pronto soccorso riempita con poche ma essenziali
cose, se poi ben utilizzate da chi “sa almeno cosa non fare per
peggiorare la situazione”, possono essere un valido aiuto al
traumatizzato anche prima dell’ arrivo di soccorritori qualificati.
Un
paradosso
:
il
trattamento
di
una
vescica,
lesione
comunissima, è a conoscenza e portata di tutti? Va fasciata?
Oppure bucherellarla con un ago? Oppure rimuovere tutta la
parte di “pelle rialzata”?
Particolare attenzione alle lesioni da sovraccarico funzionale,
lesioni muscolo-tendinee e capsulo-legamentose.
3.1.8
Il rimedio piu’ semplice e più efficace per molte
lesioni :
i.c.e.
I : ice
C : compression
E : elevation
La combinazione di ghiaccio, compressione ed elevazione
aiuta a diminuire il gonfiore e la diffusione dell’ ematoma, che
tra l’ altro sono i responsabili del rallentamento dei processi di
guarigione.
Il piu’ presto possibile si dovrebbe mettere ghiaccio o acqua
fredda (non e’ sufficiente lo spray refrigerante) sulla parte
traumatizzata, comprimere l’ ematoma con una fasciatura,
mettere l’ arto in “posizione di scarico”, ossia rialzata.
XXIII
Il ghiaccio va utilizzato con criterio, perchè può provocare
ustioni come il caldo: va posizionato sulla zona lesa per 15
minuti, rimosso per i successivi 15, e riapplicato per altri 15
minuti. Raffreddare la zona nelle prime 48 ore e’ fondamentale.
Il freddo riduce la fuoriuscita di sangue dai capillari rotti.
Il caldo invece produrrebbe l’ effetto opposto, aumentando
ulteriormente
l’
afflusso
di
sangue
in
una
zona
“già
abbondantemente irrorata”.
Fasciare la zona traumatizzata limita il gonfiore: ma una
fasciatura “troppo delicata” e’ perfettamente inutile, una troppo
stretta impedirebbe però la circolazione sanguigna nel territorio
a valle.
3.1.9
3.1.9.a
Lesioni osteo-articolari
Distorsione, Lussazione e Sub-Lussazione
Lesione che si verifica in un’articolazione quando essa è
costretta
a
compiere,
attivamente
o
passivamente,
un
movimento che oltrepassa i limiti della normale mobilità
concessi dalla struttura anatomica.
Il risultato è la perdita di contatto dei capi articolari :
temporaneo nella Distorsione perché il riposizionamento è
immediato; permanente nella Lussazione finchè non viene
eseguita attivamente la riduzione.
Col
termine
Sub-lussazione
si
intende
una
dislocazione
incompleta, mentre la lussazione recidivante è la condizione che
porta a subire continue lussazioni perché l’apparato capsulolegamentoso non è più in grado di mantenere la coaptazione
articolare durante il movimento.
XXIV
A seconda della gravità, la lesione interesserà anche la capsula
articolare, i legamenti, i menischi e la membrana sinoviale da
una semplice elongazione ad una rottura completa.
Il
dolore
provoca
incapacità
funzionale
temporanea,
accompagnato da tumefazione peri-articolare o addirittura
intrarticolare quando lo stravaso di sangue avviene all’interno di
essa, indice di rottura delle componenti legamentose.
Le articolazioni che abbiano subito lesioni di questo genere
risultano poi predisposte alla recidiva, soprattutto se non è stata
corretta l’ipotrofia locale dei muscoli interessati.
Spesso le lesioni legamentose sono accompagnate da piccoli
distacchi di frammenti ossei, strappati nel corso del trauma
dalle zone di inserzione dei legamenti stessi, predisponendo
l’insorgenza delle temute artrosi post-traumatiche.
3.1.9.b
Frattura
Definita come la soluzione di continuità dell’osso.
3.1.9.c
Lesioni da microtraumi ripetuti
Il vecchio concetto di traumatismo era in passato inteso come l’
effetto locale prodotto da un “agente vulnerante” (il proiettile di
un’ arma, una bastonata, una percossa col pugno o calcio etc.)
causato da una forza esterna all’ organismo che colpiva con
violenza il corpo o una sua parte. Solo il risultato di una azione
violenta, cioè unica, intensa e improvvisa rientrava nella
classificazione di traumatismo. Così era anche in ambito
sportivo.
XXV
Questo concetto col tempo si è gradualmente esteso fino a
comprendere le lesioni che prodotte da azioni meccaniche di
lieve entità ma ripetute (microtrauma da compressione,
torsione etc.) provocano, con meccanismo cumulativo, lesioni
ed effetti appartenenti alla sfera della traumatologia.
È lo stesso meccanismo di erosione creato dal continuo cadere
di una minuscola goccia d’acqua sul medesimo punto di un
sasso.
Il microtrauma genererà, col suo ripetersi nel tempo, la lesione.
Non sarà l’esecuzione saltuaria di una posizione eccessivamente
bassa o di un movimento non propriamente fisiologico a
generare questo tipo di lesione, ma il perpetrarsi degli stessi nel
tempo.
Un esempio dell’evoluzione di un microtrauma è il dare la
predisposizione all’insorgere di patologie come la sindrome della
plica sinoviale a carico dell’articolazione del ginocchio o le
borsiti.
3.1.9.d
Tendinopatie
Sono le lesioni infiammatorie o degenerative dei tendini e loro
annessi (guaine in cui scorrono).
Sono frequenti nei tendini più sollecitati che, nella pratica del
Karate, sono: tendine del quadricipite femorale-rotuleo, tendine
d’ Achille, tendini degli estensori delle dita della mano.
XXVI
Peritendiniti pure :
Caratterizzate da infiammazione dei soli “foglietti peritendinei”
e normalità del tendine vero e proprio.
Peritendinite con tendinosi:
Quando al caso precedente si associano lesioni al tendine.
Vanno poi aggiunti i tendini di inserzione d alcuni gruppi
muscolari: per il gomito gli epicondiloidei ed epitrocleari,
per
l’anca gli adduttori, per la spalla gli extrarotatori, sedi frequenti
delle cosiddette tendinopatie inserzionali (periartrite scapolo
omerale,
epicondilite
etc.),
i
fenomeni
infiammatori
delle
giunzioni osteo-tendinee.
Causa :
Microtraumi ripetuti (esempio: la continua ripetizione di uno
tzuki con completa estensione del gomito)
Ipersollecitazioni funzionali delle strutture muscolo-tendinee
(esempio: giri di palestra con andatura “a canguro” o “salti della
rana”, posizioni con ginocchio flesso oltre i 90°, allenamenti
difettosi per le caratteristiche del luogo di allenamento come
ripetizioni di salti su terreno rigido)
Predisposizioni individuali.
Trattamento :
Valutato il grado di infiammazione, la presenza o meno di
distacco
parziale
dei
muscoli
dalla
zona
di
inserzione,
microdistacchi ossei per strappo da trazione del tendine stesso,
avremo :
XXVII
Terapia conservativa :
a) Riposo per 10/15 giorni, mediante esclusione dagli
allenamenti dell’ arto e articolazione infiammate.
b) Ripresa graduale dell’ allenamento.
c) Farmaci antinfiammatori.
d) Se la limitazione funzionale fosse notevole non solo
durante la pratica del Karate ma anche nell’ attività di
tutti
i
giorni,
potrebbe
esserci
indicazione
alla
immobilizzazione dell’ articolazione.
e) Nelle recidive e casi più gravi il periodo di riposo può
rendersi prolungato, in associazione a infiltrazioni locali
di cortisone.
Terapia chirurgica :
Nei pochi casi resistenti ad ogni terapia conservativa il
trattamento è chirurgico.
FisioTerapia :
a) Ultrasuoni
b) Ionoforesi con farmaci antinfiammatori e fibrinolitici
c) LaserTerapia
d) Esercizi di distensione graduale della zona muscolotendinea interessata
e) Esercizi contro resistenza, successivamente con carichi
crescenti.
Caratteristiche delle forme croniche :
a) Infiammazione cronica nella zona di inserzione osteotendinea dei muscoli
b) Presenza di corpi mobili nell’ articolazione derivanti da
“distacchi parcellari” (piccole porzioni) di cartilagine
XXVIII
c) Dolore alla pressione nella zona interessata, specie
durante
“contrazione
contro
resistenza
della
muscolatura interessata
d) Calcificazioni ossee (osteofiti) che rendono ruvide le
superfici di scorrimento.
3.2
Trattazione degli eventi traumatici in base alla
sezione corporea
3.2.1 Lesioni al viso
Le lesioni al volto generalmente avvengono in seguito ad un
“atemi” (colpo), non controllato, portato al viso con “tsuki”
(parte frontale delle prime due nocche del pugno), il più
riccorrente, “ura-ken” (parte superiore delle nocche sul dorso
del pugno), “mawashi-geri” (calcio circolare) e con parti ossee
come gomito o ginocchio.
3.2.1.a Frattura delle ossa del setto nasale
Causa :
Le ossa nasali sono soggette a frattura da trauma diretto con
più facilità rispetto ad ossa di altri segmenti corporei.
Osservazione e primo soccorso :
Intenso dolore, deformità, setto nasale e zigomi con evidente
rigonfiamento
(edema)
e
colorazione
della
cute
bluastra,
epistassi che tratteremo al punto seguente.
Si può tentare di ridurre la frattura della cartilagine nasale,
posizionando e premendo le dita indice e medio di entrambe le
mani ai lati del naso, esercitando una trazione verso l’avanti e il
basso fintanto che il naso non riassuma una configurazione
corretta.
XXIX
Trattamento :
a) Ghiaccio
b) Ospedalizzare per controllo (RX) e immobilizzazione
3.2.1.b Epistassi/Rinoraggìa
Causa :
Generalmente derivanti da trauma diretto o più semplicemente
da cause fisiologiche diverse, come fragilità capillare, alterazioni
a forbice della pressione arteriosa, alti sbalzi di temperatura o
un semplice raffreddore per rottura della fitta rete capillare e
altro.
Osservazione e primo soccorso :
Anche la causa più semplice mostrerà comunque un’ingente
fuoriuscita di sangue, tenere l’atleta in posizione ortostatica o
seduto tamponando con garze ma non impedendo la fuoriuscita
di sangue, se trascorsi 3/4 minuti la fuoriuscita non è diminuita
comprimere maggiormente ad intervalli di 10 secondi circa e
ospedalizzare.
Nella maniera più assoluta NON portare indietro la testa,
il sangue non va ingerito in quanto non digeribile e
peggio
occludendo
le
vie
respiratorie
il
rischio
di
soffocamento è molto alto.
Non
blocchiamo
immediatamente,
con
occlusione
compressiva, la fuoriuscita di sangue in quanto non
arresteremo l’epistassi ma faciliteremo ad esso la strada
per le vie respiratorie con conseguente soffocamento,
oltre alla formazione di coaguli ostruttivi alla respirazioni
all’interno delle cavità del setto nasale.
XXX
Nella dotazione di materiale di pronto soccorso dovrebbero non
mancare le apposite garze (es. tabotamp), da utilizzare nel caso
non si riuscisse ad arrestare rapidamente l’emorraggia.
Trattamento :
a) Ghiaccio
b) Ospedalizzare in caso di trauma o nel caso di evento
medico se non si arresta la fuoriuscita del sangue
dopo 3/4 minuti.
3.2.2 Traumi dell’occhio
Se in traumatologia viene interessato l’occhio, l’intervento dello
specialista diventa urgente.
Fondamentalmente si verificano traumi diretti ed indiretti per
forti urti a livello dell’orbita oculare, del cranio e addirittura del
torace, nel qual caso il problema oculare è dovuto a improvvisi
disturbi vascolari.
XXXI
Possono
verificarsi
ipermetropia
del
alterazioni
corpo
ciliare
della
o
rifrazione,
miopia
da
come
spasmo
dell’accomodazione.
Per piccoli traumi si repertano spesso emorragie palpebrali e
sottocongiuntivali, di modesta entità clinica.
Tuttavia l’occhio va sempre esaminato nella sua interezza
perché
emorragie
sottocongiuntivali
massive
con
edema
possono nascondere talvolta delle rotture del bulbo.
A livello corneale la lesione più frequente è l’abrasione, più o
meno vasta e profonda, con riduzione della capacità visiva e
incapacità di tenere l’occhio aperto per dolore e lacrimazione
imponente.
Nella così detta camera anteriore dell’occhio si può verificare un
versamento emorragico che se vasto può nascondere l’iride.
In questo caso è sempre necessario il ricovero perché dopo la
prima emorragia può verificarsi in III e IV giornata una seconda
emorragia più abbondante pericolosa.
Per contusione periorbitale si posizionerà immediatamente la
borsa del ghiaccio.
L’ematoma potrà diffondersi nelle successive ore anche alla
guancia ed alle zone contigue.
Utilizzare pomate enzimatiche.
Nel caso di ferite periorbitarie (apertura dell’arcata sopraciliare)
il primo intervento consisterà nel dover fermare l’emorraggia
avvicinando e tenendo uniti i due lembi cutanei.
XXXII
Per l’iride un trauma può dare una midriasi od una miosi da
reazione.
Cioè
dilatazione
o
restringimento
facilmente
osservabile.
Spesso dopo il trauma la pupilla appare non rotonda, ma
irregolare o più o meno deformata per rottura parziale o
completa del muscolo dell’iride.
Lesioni ancora più gravi sono veramente rare e comunque in un
trauma oculare diretto o indiretto più o meno grave si consiglia
sempre l’intervento di uno specialista.
3.2.3 Polso e mano
L’ estremità dell’ arto superiore, l’insieme di polso e mano,
rappresentano
il nostro “sensore di prima linea”, la parte del
corpo con cui l’uomo “interagisce con l’universo circostante,
esplorandolo, toccandolo e costruendo”.
L’elevata mobilità e precisione dei movimenti di queste parti del
corpo si estende dalla raffinatezza del cucire al funzionare come
pericolosa arma nel karate.
La nostra arte marziale ha addirittura preso da essa ispirazione
e parte del significato nel nome, “karate” (mano vuota).
Ma, per il notevole numero di ossa e piccole articolazioni che la
compongono, la rende piu’ esposta a traumi e a difficoltà
nell’eseguire auto-diagnosi ad esempio fra stiramenti o rotture.
XXXIII
3.2.4 Distorsione di polso
Causa :
Solitamente dovuta a una torsione o caduta sulla mano che
causa lo stiramento dei legamenti.
Osservazione e primo soccorso :
È doloroso muovere il polso in qualsiasi direzione.
a) L’esame
obiettivo
deve
escludere
deformità
o
tumefazioni, facendo effettuare una serie di movimenti
liberi e contro resistenza.
b) Ghiaccio e immobilizzazione in leggera flessione.
Trattamento :
a) I.c.e.
b) Fasciatura con benda da 3-5 cm.: il polso va posizionato
e poi fissato in posizione di leggera estensione. Dopo
alcuni giorni passare ad un sostegno elastico (come
polsiere o “ortesi”).
XXXIV
c) Farmaci antinfiammatori.
d) Laser-terapia.
Allenamento :
Per
2/4
settimane
il
polso
va
sostenuto
nei
movimenti
(bendaggi o ortesi). Il movimento va mantenuto entro i limiti
articolari che non generano dolore.
Rieducazione :
Esercizi
3.2.5
Pollice, articolazione carpo-metacarpale,
distorsione
Il
dito
subisce
un
trauma
diretto
che
ne
provoca
la
iperestensione o iperflessione..
Osservazione e primo soccorso :
La “base” del pollice (metacarpo e falange) è gonfia ed è quasi
impossibile la mobilizzazione attiva.
Questa lesione generalmente interessa capsula articolare e
legamenti.
a) Assicurarsi di escludere una lussazione.
b) Ghiaccio e immobilizzazione in leggera semiflessione.
c) Eseguire rx per escludere “frattura di Bennet”
Trattamento :
a) I.c.e. (essenziale la compressione)
b) Bloccaggio semirigido per prevenire distensione (ortesigesso), nei casi più gravi per tre settimane
c) Farmaci antinfiammatori.
d)
Ultrasuoni, laser-terapia.
XXXV
3.2.5.a Sublussazione e lussazione
Causa :
Stesso meccanismo che genera la distorsione, ma con forza
nettamente
superiore
da
lacerare
capsula
articolare
e
legamenti.
Spesso si associa frattura della base del metacarpo, in quanto lì
sono fissati i legamenti capsulari anteriori.
Osservazione e primo soccorso :
La “base” del pollice (metacarpo e falange) presenta deformità,
dolore, impossibilità ad eseguire movimenti.
a) Deformità, dolore, impotenza funzionale.
b) Ghiaccio.
Trattamento :
a) “riduzione, eseguendo trazione lungo l’asse maggiore
del pollice e contemporaneamente pressione sulla faccia
dorsale dell’ estremita’ prossimale della falange, forzare
il metacarpo per riprendere i rapporti col carpo”.
b) Immobilizzazione
c) Nelle recidive sono a volte utilizzate le infiltrazioni locali
di cortisonici.
d) Nelle fasi di ripresa usare “bloccaggi protettivi”.
XXXVI
3.2.6 Articolazione metacarpo-falangea
3.2.6.a Distorsione sub-lussazione e lussazione
Causa :
Il dito subisce un trauma diretto da contatto: la parte distale del
dito ruota in iperestensione o in abduzione, o in adduzione: sarà
pertanto
presente
lesione
(rottura
nella
lussazione)
della
capsula articolare o del legamento collaterale (mediale o
laterale).
Osservazione e primo soccorso :
Nella distorsione :
Dolore e impotenza funzionale.
Nella sublussazione o lussazione :
Deformità.
Va subito effettuata riduzione riportando lungo l’ asse naturale
il dito, poi bloccare con fasciatura-stecca.
Trattamento :
a) Immobilizzazione per almeno 3 settimane.
b) Intervento chirurgico sui legamenti collaterali, per
evitare
la
lassità
laterale
nei
casi
di
instabilità
articolare notevole.
Allenamento :
Nelle fasi di ripresa usare “bendaggi-bloccaggi protettivi”.
3.2.7 Articolazione interfalangea
3.2.7.a Lussazione
Causa :
Identica alla lussazione metacarpo-falangea.
XXXVII
Osservazione e primo soccorso :
a) Dolore
violento,
impossibilità
a
flettere
il
dito,
l’articolazione è gonfia e tumefatta. Vi è sempre una
lesione al legamento collaterale.
b) Ghiaccio.
Trattamento :
a) Riduzione: fissare la falange prossimale e con l’altra
mano tirare e ruotare a “spirale” in un verso e nell’ altro
lungo l’ asse naturale del dito quella distale.
b) Immobilizzazione totale per 48 ore.
c) Iniziare poi a muovere lentamente il
dito; possono
servire i “bagni in acqua” per facilitare il movimento.
d) Antinfiammatori.
e) Se vi è lacerazione o frammentazione del leg. Collaterale
intervento chirurgico.
Allenamento :
a) Bendaggio
(taping)
per
3
settimane
così
da
immobilizzare solo parzialmente le articolazioni.
b) Il gonfiore può permanere anche svariati mesi.
3.2.8 Regione metacarpale :
3.2.8.a Frattura di bennet :
Causa :
Identica alla meccanica di lussazione dell’ articolazione carpo
metacarpale. Si frattura una parte del margine prossimale
mediale della base del primo metacarpo.
XXXVIII
Osservazione e primo soccorso :
Dolore violento, il pollice si presenta accorciato e ispessito alla
base.
a) Ospedalizzare
per
eseguire
rx,
riduzione
della
lussazione e completa immobilizzazione con gesso.
b) A volte si rende necessario l’ intervento chirurgico per
fissare la base del metacarpo.
Trattamento :
a)
Riduzione della lussazione associata con una trazione in
abduzione.
b)
A volte si rende necessario l’ intervento chirurgico per
fissare la base del metacarpo.
3.2.9
2°-3°-4°-5° dito
3.2.9.a Regione metacarpale
Lussazione
Causa :
Il dito subisce una iperestensione o abduzione o adduzione a
seguito di un contatto.
Osservazione e primo soccorso :
Dolore violento e impossibilità a flettere o estendere il dito.
a) Ghiaccio.
b) Immobilizzare.
c) Nell’ iperestensione vi è rottura della capsula articolare
nella sua porzione anteriore.
d) Nell’ abduzione o adduzione rottura del legamento
collaterale mediale o laterale.
XXXIX
Trattamento :
a) Nel primo caso blocco in flessione per 2 settimane.
b) Nel secondo invece bloccaggio con steccatura del dito
vicino per 2 settimane.
c) Ultrasuoni-laserterapia.
3.2.9.b Articolazione interfalangea :
Lussazione :
Causa :
Il dito subisce una torsione.
Osservazione e primo soccorso :
Dolore vivo e intenso che impedisce qualsiasi movimento
volontario o sollecitato. La deformità è sempre presente.
Riduzione: fissare la falange prossimale e con l’altra mano tirare
e ruotare a “spirale” in un verso e nell’ altro lungo l’asse
naturale del dito quella distale.
a) Ghiaccio.
b) Immobilizzazione totale per 48 ore.
c) Iniziare poi a muovere lentamente il dito
d) possono servire i “bagni in acqua” per facilitare il
movimento.
e) Antinfiammatori.
Quasi sempre, in questo tipo di trauma, vi è la rottura della
capsula articolare. Molto spesso con lesione dei legamenti
collaterali.
Ultrasuoni-laserterapia.
XL
Allenamento :
Bendaggio (taping) per 3 settimane così da immobilizzare solo
parzialmente le articolazioni.
Complicanze :
a)
Il gonfiore può permanere anche svariati mesi.
b)
Rigidità.
3.2.9.c Fratture interfalangee
Causa :
Simile alla lussazione ma più violenta, spesso associata a
lussazione.
Osservazione e primo soccorso :
Dolore violento associato a una evidente deformità del dito.
Intervento :
Ghiaccio e ospedalizzare.
3.2.10 Le costole
La patologia delle costole nell’ambito del karate è la più
frequente e le modalità che portano a lesioni si possono
ricondurre a traumi diretti e indiretti.
Nei traumi indiretti non vi è contatto diretto con l’avversario ma
è
colui che
esegue
il movimento,
che
con una
brusca
sollecitazione provoca la lesione dei muscoli inseriti sulla
costola.
XLI
3.2.10.a Frattura delle coste
Causa :
Durante l’esecuzione di un allenamento specifico di kumite non
è raro che un “atemi” (colpo) portato senza controllo al costato,
bersaglio grande, possa provocare un danno,
grave
fino
alla
rottura delle coste, per impatto o compressione.
Osservazione e primo soccorso :
a) Dolore immediato e difficoltà respiratoria
b) Soccorrere immediatamente l’atleta mantenendolo sdraiato
c) Comprimere leggermente la zona costale per identificare la
costola o le costole colpite
d) Se
vi
è
frattura
si
avvertirà
il
crepitio
sintomatico
dell’avvenuta frattura
e) Valutare che non ci sia la possibilità di lesione ad organi
interni
f) Ospedalizzare per controllo (RX)
Trattamento :
a) Ghiaccio
b) Bendaggio
leggero
posto
leggermente
sotto
la
costa
fratturata
c) Riposo assoluto per le prime settimane
Allenamento :
Dopo almeno 60 giorni ripresa progressiva con leggera fasciatura
di sostegno
XLII
3.2.11
Contusione ai genitali
Un trauma diretto in questa sezione corporea provoca dolore
immediato, incapacità di movimento e difficoltà respiratoria.
Trattamento :
Fermarsi tenendo posizione ortostatica (eretta) aiutando l’atleta a
mantenere una respirazione lenta e controllata.
L’applicazione di ghiaccio non trova in questo caso indicazione in
quanto raffreddare i genitali provocherebbe ulteriori problematiche.
La
presenza
di
sangue
nelle
urine
renderà
necessaria
l’ospedalizzazione. Farmaci antinfiammatori ed antidolorifici.
3.2.12
Arti inferiori
I muscoli posteriori della coscia sono sempre a rischio di lesioni
quando le tecniche vengono eseguite ad elevata velocità,
con
improvvise partenze e arresti.
Questi muscoli si inseriscono in alto sul bacino e in basso sulla
gamba, attraversando perciò sia l’ articolazione dell’ anca che
quella del ginocchio, estendendo coscia su bacino e flettendo
gamba su coscia.
In velocità una lieve scoordinazione nell’ esecuzione di tecniche di
calcio può portare il muscolo ad allungarsi in una delle sue due
metà, e a rilassarsi nell’ altra: l’ effetto che ne deriva è di una
grossa tensione nella parte centrale del ventre muscolare che
spesso si strappa.
XLIII
3.2.13
Stiramento del quadricipite alla inserzione rotulea
Causa :
Eccessive
ripetizioni
di
esercizi
che
comprendono,
fanno
raggiungere o sono eseguiti con posizioni accovacciate (squat con
massimo
grado
di
flessione
del
ginocchio,
passeggiate
con
andatura a canguro o peggio con i salti della rana).
Eccessiva permanenza in posizioni accovacciate, ad esempio
quando la posizione “Seizà” viene mantenuta oltre le proprie
capacità.
Osservazione e primo soccorso :
Dolore localizzato all’apice della rotula o leggermente sopra, simile
a quello di uno stiramento ma che compare in modo più graduale
nella zona di muscolo che con le sue espansioni tendinee avvolge
la rotula.
a)
Riposo
b)
Ghiaccio
Trattamento :
a)
I.c.e.
b)
Riposo inteso come evitare di caricare la gamba con
ginocchio flesso.
c)
Ultrasuoni.
Allenamento :
Sara possibile riprendere l’allenamento gradualmente partendo da
posizioni con meno carico per la parte (più alte).
XLIV
3.2.14
Stiramento/strappo di adduttori e bicipiti femorali
Causa :
a)
Slancio nell’esecuzione di calci (frontale o laterale) senza
un adeguato pre-riscaldamento della sezione muscolare
coinvolta.
b)
Slancio nell’esecuzione di calci (frontale o laterale)
eccessivo rispetto alle proprie capacità.
c)
Scoordinazione muscolare nel meccanismo di sinergia
della contrazione e decontrazione.
Osservazione e primo soccorso :
Stiramento :
Dolore immediato e che si ripresenta ad ogni ripetizione del
movimento causa della lesione e nei tentativi di allungamento del
muscolo compromesso.
Trattamento :
a) I.c.e.
b) Eliminare dall’allenamento i movimenti che potrebbero
portare alla medesima lesione (tecniche di gamba).
c) Ultrasuoni.
Osservazione e primo soccorso :
Strappo :
Se la lesione ha provocato uno strappo, il dolore sarà molto più
intenso con formazione di ematoma nella zona. Se quest’ultimo
sarà quantitativamente importante o localizzato superficialmente
sarà anche visibile.
Trattamento :
Ospedalizzazione e valutazione della possibilità di eseguire un
drenaggio della raccolta ematica.
XLV
3.2.15
Il ginocchio
Le lesioni che interessano questa articolazione possono essere a
carico dei Menischi, della Capsula, dei Legamenti Crociati e
Collaterali, frattura della cartilagine rotulea, lesioni delle Borse
Sierose.
Se suddivise in rapporto al trauma subito ed alla zona interessata,
potremmo avere lesioni del compartimento interno (parte
mediale del ginocchio) o lesioni del compartimento esterno
(parte laterale esterna del ginocchio).
3.2.15.a
Frattura della cartilagine articolare
Le zone colpite sono la rotula e i condili femorali.
Causa :
Caduta sulla rotula a ginocchio flesso. A seconda dell’ intensità, il
danno alla cartilagine varierà tra una contusione, una fissurazione
o una frattura completa con porzione di cartilagine separata dall’
osso.
Osservazione e primo soccorso :
d) Dolore alla flesso-estensione
e) Ghiaccio e immobilizzazione.
Trattamento :
Se
c’
è
rottura
della
cartilagine
chirurgicamente in artroscopia.
XLVI
essa
può
essere
rimossa
3.2.15.b
Versamento rapido
Entro 2/4 ore e generalmente ematico
Causa :
Il gonfiore si manifesta entro 2/4 ore in conseguenza a una
distorsione di grossa entità che fa supporre importante lesione ai
legamenti. Generalmente lo “strappo” del Legamento Crociato
Anteriore causa stravaso ematico nella cavità articolare.
Trattamento :
a) Ghiaccio
b) Riposo
c) I.C.E.
d) Farmaci antinfiammatori
e) Recarsi da medico ortopedico.
3.2.15.c
Versamento lento
Dopo 6/24 ore e generalmente sieroso
Causa :
Il gonfiore si manifesta entro 6/24 ore in conseguenza a una
distorsione, a lesione dei legamenti o della cartilagine articolare.
Trattamento :
a)
Ghiaccio
b)
Riposo
c)
I.C.E.
d)
Farmaci antinfiammatori
e)
Recarsi da medico ortopedico.
XLVII
3.2.16
Lesione dei compartimenti
La lesione avviene per gradi di intensità in rapporto alla rotazione.
In sequenza avremo: lesione al legamento collaterale-meniscolegamento crociato.
3.2.16.a
Compartimento interno
Causa :
Con piede fisso la coscia ruota verso l’ interno e la gamba verso
l’esterno; il ginocchio è forzato verso l’ interno e la sollecitazione è
esercitata sui legamenti del lato interno del ginocchio (legamento
collaterale mediale). Se la rotazione continua la lesione raggiunge il
menisco mediale, infine il crociato anteriore.
XLVIII
3.2.16.b
Compartimento esterno
Causa :
La coscia ruota esternamente e la gamba verso l’ interno a piede
fisso. In rapporto alla rotazione presenza di lesione al legamento
collaterale laterale, menisco laterale, legamento crociato anteriore.
L’
iperestensione
forzata
della
gamba
può
invece
danneggiare il legamento crociato posteriore.
Osservazione e primo soccorso :
Dolore e impotenza funzionale.
a) Controllare se il ginocchio è bloccato o flette ed estende
attivamente.
b) Se osservata eccessiva mobilità in rotazione laterale,
anteriore e posteriore della tibia sul femore: presenza di
lesione a leg. Crociato-collaterale.
c) Osservare comparsa-quantità di eventuale tumefazione.
XLIX
La distorsione può essere suddivisa in tre gradi :
1° grado-lieve :
Strappo legamentoso :
a) Sono presenti dolore alla palpazione nella zona
dello strappo.
b) Eventuale tumefazione locale.
c) Dolore nella ripetizione del movimento che ha
causato lo strappo.
L’ articolazione è comunque in grado di mantenere la
tenuta.
d) Assenza di versamento.
e) Blocco
e
dolore
nel
movimento
di
flesso-
estensione.
2° grado-moderata :
a) Lacerazione di porzioni più estese delle fibre
legamentose.
b) Dolore alla palpazione nella sede del trauma,
maggior limitazione al movimento rispetto al grado
lieve.
c) Presenti tumefazione e versamento articolati.
d) Spesso presente blocco articolare (se c’è danno al
menisco).
e) Assenza
di
movimenti
“lassità”
di
fra
scorrimento
tibia
e
femore
antero-posteriore
nei
e
laterale perché il legamento è leso ma non
strappato.
L
3° grado-grave :
a) Totale limitazione funzionale.
b) Estremo dolore al momento della lesione.
c) Impossibilità
a
compiere
movimenti
attivi
o
passivi.
d) Versamento ematico nell’ articolazione che si
infiltra anche nei tessuti circostanti.
e) Gonfiore.
Il legamento è rotto, spesso associato ad una lesione
meniscale.
Trattamento :
1° grado :
Impacchi di ghiaccio per i primi due giorni.
Riposo articolare, antinfiammatori, bendaggio semirigido
o
con
tutore.
Ripresa progressiva lell’attività
2° grado :
Impacchi di ghiaccio per i primi due giorni.
In presenza di versamento articolare va eseguita artrocentesi.
Bloccaggio con tutore per 2/3 settimane.
Trascorse le prime 3/4 giornate con il tutore si può iniziare ad
eseguire fisioterapia.
3° grado :
Ghiaccio – bloccaggio con tutore rigido e rx.
Successivamente tac o rmn per una precisa valutazione del danno
ed eventuale intervento.
Rieducazione :
Elettrostimolazione,
esercizi
isometrici,
natatoria in piscina.
LI
attività
riabilitativa
3.2.17
Talalgia
Nota in gergo sportivo come “tallonite”, caratterizzata da dolore in
regione calcaneare di eziologia (cause di origine) variabile.
a) Reazione infiammatoria della fascia plantare e dei
muscoli corti del piede nella loro inserzione calcaneare
b) Periostite (infiammazione del periostio – la membrana
che
avvolge
l’
osso)
reattiva
della
tuberosità
del
calcagno nella zona dove si inseriscono il tendine di
Achille e la fascia plantare (“aponeurosi plantare”)
c) Frequentemente associata a tendinopatia dell’ Achilleo e
Borsite retrocalcaneare
d) Negli
adolescenti
“Osteocondrite”
del
nucleo
di
ossificazione del calcagno.
Quadro clinico e radiografico :
Dolore in corrispondenza dell’ inserzione della fascia plantare e
della
tuberosità
del
calcagno,
che
compare
sotto
sforzo
e
pressione, specie se prolungato, e ecessa col riposo: nei casi più
gravi
questa
sintomatologia
si
manifesta
anche
durante
la
deambulazione
a) Dolore alla pressione sulla regione calcaneare
b) A volte presente limitazione articolare antalgica della
estensione dorsale del piede
c) Frequente “Zoppia di fuga” (termine che indica il classico
atteggiamento
di
appoggiare
velocemente
il
piede
dolorante per passare più in fretta il peso del corpo sull’
altra gamba durante il cammino) o cammino sulla punta
del piede per “scaricare” il calcagno.
LII
Trattamento :
Nell’ adulto :
a) Sospensione dell’ allenamento per 3-4 settimane
b) Uso di plantari con “scarico calcaneare”
c) Terapia antinfiammatoria
d) Infiltrazioni di cortisone-anestetici
e) Nei casi resistenti alla terapia conservativa si ricorre ad
interventio chirurgico
Nell’ adolescente :
(osteocondrite calcaneare) :
a) Sospensione dell’ attività sportiva per alcuni mesi
b) Uso di plantari con scarico calacneare in calzature adatte
Fisioterapia :
a) Ionoforesi
b) Ultrasuoni ad immersione
c) LaserTerapia
3.2.18 La caviglia
Durante gli spostamenti rapidi e i cambi di direzione, soprattutto se
improvvisi, instabilità o appoggio errato del piede possono dar
luogo a stiramenti e lesioni dei legamenti o a distorsioni.
Avremo pertanto un trauma in Inversione e una distorsione al
compartimento esterno se il piede scivola lateralmente rivolto
verso l’ altro piede e la gamba è ruotata esternamente.
LIII
LIV
Al contrario nel trauma in Eversione la distorsione interesserà
il compartimento interno : la pianta del piede ruota verso l’
esterno mentre la gamba ruota internamente.
LV
Distorsione
Osservazione e primo soccorso :
Dolore anche a riposo, la zona e parte della pianta del piede si
presenta gonfia, rossa, calda.
Con danno al Compartimento Laterale spesso è presente lesione
del Legamento Collaterale Laterale. Si associa invece in quello del
Compartimento Mediale lesione del Legamento Collaterale Mediale
e frattura dell’ apice malleolare laterale.
a) Ghiaccio.
b) Non riprendere l’ allenamento perché la lesione potrà
solo diventare più grave.
Trattamento :
a)
Riposo
b)
I.C.E.
c)
Antinfiammatori Antidolorifici
d)
Valutazione medica
e)
Evitare di caricare il peso sulla caviglia soprattutto per i
primi due giorni
f)
Utile per le prime notti rialzare la parte del letto di
appoggio ai piedi posizionando anche semplici coperte
fra materasso e rete.
g)
Fasciatura “a Staffa” che andrà mantenuta soprattutto
quando si riprende il cammino.
Se il grado di lesione sarà lieve dopo 3-4 giorni sarà possibile
riprendere il cammino caricando l’ arto.
Da quel momento avrà inizio la fase più delicata perché
condizionerà la qualità del recupero :
i primi passi dovranno essere eseguiti lentamente , cercando di
appoggiare prima il tallone poi la punta del piede e non sui bordi
esterno o interno. Verrà istintivo eseguire questa andatura
LVI
eseguendo
torsioni
delle
anche
e
ginocchia
del
tutto
antifisiologiche ma dovute alle contrazioni muscolari antalgiche
e alla paura di poter sentir male: lo sforzo dovrà pertanto
consistere nel cercare il più possibile di mantenere ad ogni
passo piede e ginocchio rivolti dritti davanti e flettere il
ginocchio solo nella direzione del piede.
In presenza di lesione di grado medio si renderà necessario
bloccare l’ articolazione con tutori o bendaggi.
Con lesione grave l’ immobilizzazione durerà più a lungo.
Fisioterapia :
A seguito di questo tipo di lesioni si creerà una situazione di
instabilità funzionale del piede per mancanza di coordinazione
motoria ed alterata propriocezione.
La rieducazione consisterà
proprio nell’evitare le recidive
utilizzando esercizi eseguiti in equilibrio monopodalico su di una
superficie dura ma instabile (tavolette basculanti propriamente
chiamate propriocettive).
Così facendo la pressione e la sollecitazione attiva delle volte
plantari, inducono da una parte a raggiungere una maggiore
elasticità di sostegno e dall’altra un aumento della tensione
muscolo-legamentosa.
Si realizza inoltre uno stato di “allarme permanente” a livello dei
recettori propriocettivi con invio di continue informazioni di
elaborazione del movimento al cervello
LVII
3.2.19
Il “taping” : la tecnica di confezionare bendaggi
funzionali
Fra i diversi tipi di Bendaggi citiamo:
a) Bendaggi compressivi
b) Bendaggi Funzionali o Taping
c) Bendaggi gessati rigidi
d) Bendaggi costrittivi elastici
Il Bendaggio Compressivo viene eseguito con 2 bende e utilizzato
soprattutto in caso di ematomi, edemi post-immobilizzazione
frequentemente
localizzati
a
livello
della
caviglia,
problemi
vascolari come le flebiti, e in alcune particolari patologie che per le
loro caratteristiche appartengono ad aree più specialistiche, come il
“piede torto congenito” nel bambino.
La benda più utilizzata è il “TENSOPLAST” (benda elastica adesiva).
La zona su cui verrà applicato il bendaggio dovrebbe essere
preparata con depilazione o ricoperta con apposito tessuto per
evitare, alla rimozione, il dolore dell’ “effetto ceretta”.
Terminata l’ esecuzione del bendaggio, è necessario controllare per
almeno 20 minuti che la circolazione sanguigna sia rispettata: al
contrario saranno avvertiti formicolii e la pelle presentarsi bluastra.
In tal caso si procede immediatamente ad allentare il bendaggio
per diminuirne la forza compressiva. Sopra questi bendaggi è
possibile applicare il ghiaccio.
Il “Bendaggio Funzionale” trova la sua massima espressione di
utilizzo nell’ ambito sportivo, perché permette di eseguire una
prestazione nonostante il trauma subito: serve a sostenere e
scaricare in modo selettivo le parti lese di una articolazione (al
contrario di un gesso che costringe alla immobilizzazione totale
LVIII
anche
le
2
articolazioni
più
vicine),
guidarne
i
movimenti,
impedirne gli estremi, consentire il carico.
Concetti fondamentali prima di eseguire il Bendaggio Funzionale
a) Pulizia accurata della cute
b) Tricotomia
c)
Se presenti ferite disinfettarle e coprirle
d) La pelle va sgrassata e detersa altrimenti le strisce di
cerotto non avranno sufficiente presa rendendo inutile
il bendaggio.
Tipi di Bendaggio :
a) Strisce di ancoraggio o di tenuta :sono le basi del
Taping, l’ancoraggio di base sopra le quali vengono poi
fissate le briglie che lo compongono. La direzione delle
strisce di ancoraggio sono stabilite in base a fattori
anatomici
o
funzionali,
posizionate
pertanto
longitudinalmente, trasversalmente o in entrambi i
sensi.
b) Briglie:
sono le strutture più importanti perché
sospendono e
“scaricano” i muscoli, i legamenti, le
strutture più interne e le restanti parti dell’ articolazione.
Le Briglie possono essere applicate e distinte come:
a) briglia “ascendente” da distale a prossimale
b) briglia “discendente” da prossimale a distale
c) briglia “a staffa” o ad “U”
d) briglia “incrociata”
e) briglie “ad incrocio” (più strette delle precedenti)
f) briglie “a clessidra”
g) briglie “a ventaglio”
h) Strisce di fissaggio: fissano le briglie applicandosi
generalmente perpendicolarmente a queste ultime.
LIX
i) Strisce di chiusura o di rivestimento: sono l’ultima parte
del bendaggio
e
ne
derminano
il
fissaggio.
Sono
applicate in modo circolare, semicircolare o longitudinale
Materiali per la realizzazione :
a) Benda adesiva elastica ipo-allergenica tipo “Tensoplast”
cotone 100%.
b) Cerotti da Taping in viscosa, adesivi e anelatici, non
allungabili o lacerabili in direzione verticale.
c) Bende salvapelle da mettere sotto il bendaggio per soggetti
con
allergie,
altrimenti
sconsigliabile
perché
riduce
drasticamente la tenuta del bendaggio.
d) Compresse di schiume di lattice, adesive, da applicare per
proteggere piccole parti irritabili, dopo di che saranno
coperte col bendaggio.
e) Spray per migliorare l’ adesività del bendaggio stesso.
f) Benda autoavvolgente non adesiva tipo “Cobain”.
LX
LXI
LXII
3.3
Conclusioni
Vorremmo
terminare
questo
lavoro
con
alcune
riflessioni
principalmente per gli atleti che praticano l’arte del karate da
agonisti, agonisti perché ci risulterà maggiormente esemplificativo
trasmettervi i concetti trattati nella tesi, ma anche ai loro compagni
ed agli insegnanti che li crescono migliorando le loro capacità
tecniche e contribuendo, anche se nell’ombra, a costruire i loro
successi.
L’atleta agonista, a differenza dell’atleta che pratica karate per
divertimento,
cultura
o
altro,
realizza
in
esso
una
parte
fondamentale di se stesso, anteponendola a tutto quello che un
giovane può desiderare in un’età così ricca d’attrazioni e di
possibilità apparentemente a sua portata.
Non che con questo si voglia dire che l’atleta agonista sia per scelta
un’asceta e rinunci agli amici o a divertimenti naturali della sua
età, ma comunque durante la sua carriera crea una scala di valori
dove le rinunce, i sacrifici, sono superati da un obbiettivo che
diventa la spinta a superare gli ostacoli quotidiani ed i momenti
difficili.
Vi è indubbiamente una differenza sostanziale tra gli sport
propriamente definiti ricchi e quelli detti poveri, e quindi vi è una
differenza di motivazioni tra un atleta che guadagnerà milioni ed
uno che si accontenterà di una magra borsa di studio di una
federazione sportiva nazionale.
Ma nel vero atleta sia esso ricco o povero la spinta a raggiungere il
risultato, ad emergere migliorando se stesso sono identiche. Ed
entrambi si affideranno ai loro insegnanti nel quale riporranno tutta
LXIII
la loro fiducia. Ed è in quest’ambito che talvolta si possono
commettere errori tanto gravi da non compromettere solo una
competizione sportiva bensì il futuro dell’atleta.
Ricorderanno un po’ tutti che in prossimità della preparazione di
un’importante competizione o un importante esame si respiri
un’aria diversa dove tutto il nostro quotidiano, dal mangiare al
dormire e altro si viva in funzione di quel evento.
Così come il programma di allenamento sarà più intenso e
dettagliato.
Ebbene questo diventa il momento più pericoloso per l’atleta il
momento nel quale egli può perdere la propria identità ed il suo
insegnante vederlo non più nella giusta visione di persona bensì di
atleta che deve rispettare una rigida tabella di marcia con carichi di
lavoro e ritmi che non si possono alterare.
E’
questo
il
momento
come
dei
piccoli
sintomi
come
una
diminuzione dell’appetito con lieve perdita di peso corporeo,
mancanza di attenzione in esercitazioni banali possono passare
inosservati agli occhi di chi è attento all’evoluzione delle tabelle e
distratto sulle reazioni comportamentali dell’atleta.
Sono i sintomi di un carico fisico o psicologico che l’atleta non
riesce più a controllare.
Si avrà una progressiva perdita della soglia di attenzione da parte
dell’atleta fino ad avere, a causa di un banale incidente di
allenamento, compromesso l’obbiettivo finale.
Nessuna colpa ma sicuramente l’inesperienza dell’insegnante nella
valutazione d’insieme in un allenamento specifico sotto tensione.
LXIV
L’evento
più
frequente
è
da
considerarsi
l’infortunio
pre-
gara/esame la cui valutazione da parte dell’insegnante determinerà
l’esito dell’evento prossimo se non addirittura la carriera stessa
dell’atleta.
Vi sono tutta una parte di infortuni che pur essendo di particolare
gravità apparentemente non rendono nell’immediato consapevoli
che
la
continuazione
dell’attività
fisica
in quelle
circostanze
causerebbe all’atleta un danno irreversibile.
Ne citiamo solo alcuni tra quelli trattati nella tesi, come una
commozione cerebrale senza perdita di coscienza, una lesione
legamentosa di media gravità, un malore transitorio.
In
questi
casi
l’insegnante,
si
dimostrerà
anche
un
Buon
insegnante, dimostrando di essere in ogni momento cosciente della
responsabilità della salute e della vita sportiva del proprio atleta, in
quanto l’atleta ripone in lui tutta la sua fiducia accettandone
qualunque indicazione.
Solo dopo molta esperienza in quest’arte si avrà sufficiente
padronanza
in
decisioni
così
importanti
e
fondamentali
per
l’integrità di un atleta.
Un dato importante che si è evinto da questo lavoro è che come
nelle
situazioni
accidentali
trattate
nel
testo
della
tesi,
bisognerebbe tenere in considerazione nient’altri che l’atleta ed
effettuare
lucidamente
quello
che
in
pronto
soccorso
viene
propriamente chiamato “esame obiettivo”, cioè rendersi conto se il
danno subito potrà arrecare maggiori danni con la continuazione
dell’attività fisica, non eccedendo in una diagnosi affrettata in
nessuno dei due sensi.
LXV
La
capacità
coinvolgono
di
un
mantenere
intervento
autocontrollo
di
soccorso
in
è
situazioni
che
fondamentale
per
mantenere il giusto grado di obiettività per intervenire mettendo in
pratica l’intero bagaglio di conoscenze teorico-pratiche, più o meno
ampio per ognuno di noi, senza cadere nell’errore di non fare o
strafare per paura o presunzione.
Una
delle
considerazioni
più
importanti
emersa
durante
la
redazione di questa tesi, ci ha portato a una riflessione : voglio
ottenere il recupero dello stato di salute dell’atleta infortunato
perché prima di tutto ho a cuore lui come persona o perché così
sarà
minore
la
assenza
di
lui
(allenamenti, gare, stage e altro).
LXVI
dagli
impegni
come
atleta?