Il Luogo Ideale, Primavera 2008, pag. 70

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Il Luogo Ideale, Primavera 2008, pag. 70
Benedetti toscani
Un viaggio nel Chianti seguendo il filo invisibile che lega i più antichi “santuari” della carne, dalla
Chianina ai salumi di Cinta Senese, al celebre e celebrato vino rosso del Gallo nero. Per scoprire la vera
essenza della Fiorentina autentica.
A Firenze, fin dal medioevo, si diceva: “Sei ricco come se tu avessi un podere in Chianti!”, il che
lasciava intendere come quei settantamila ettari di territorio, che scendevano a sud fino a Siena, mossi
da colline ricoperte di vigneti, uliveti e macchie di bosco, fossero già noti come una specie di paese di
bengodi. Un angolo di Toscana benedetto dalla natura, dove la terra e i suoi prodotti primeggiavano in
bontà e generosità. Da allora, questa fama non si è incrinata, e il Chianti Classico può ben fregiarsi del
titolo di terra di eccellenze territoriali, culturali ed enogastronomiche. Patria del vino italiano più
esportato al mondo; di carni squisite, come quelle dei bovini di razza Chianina; di salumi unici, come
quelli di Cinta senese; di pecorini aromatici e profumati, di un olio extravergine di sapore fruttato e, più
in generale, di una non comune attenzione per il territorio, l’agricoltura, le tradizioni, la conservazione
delle razze autoctone(non solo il maialino di Cinta senese è stato salvato dall’estinzione, ma anche il
caratteristico gallo dal piumaggio nero con riflessi violacei, simbolo medievale della Lega del Chianti e
dello stesso vino).
Per conoscerlo, questo paese di bengodi, che gli inglesi non hanno esitato a ribattezzare Chiantishire,
vale la pena tuffarcisi dentro, percorrerlo senza fretta da nord a sud, con la curiosità e, magari,
l’emozione di scoprire strade storiche e cruciali, come la Chiantigiana; toccare pievi millenarie, casali
isolati sui poggi, spettacolari borghi fortificati e tranquilli paesini si carattere. Lasciata l’autostrada al
casello di Firenze Certosa o di Incisa, si imbocca la strada statale 2 all’altezza di San Casciano in val di
Pesa e si punta su Greve in Chianti, capoluogo dell’omonima valle, in un crescendo di bellezza
paesaggistica, con la strada che serpeggia su fianchi collinosi, buca zone di boscaglia fitta, fa su e giù tra
file di cipressi dritti come fusi, disegna ghirigori tra ordinate geometrie di vigneti e uliveti. A una ventina
di chilometri dal fondovalle, dopo il borgo medievale di Montefioralle, spunta Greve in Chianti,
cittadina con poco più di 12mila abitanti, il cui centro si avvita attorno alla bella piazza porticata,
animata il sabato mattina dal mercato. La fila di bancarelle traboccanti di frutta, verdura, fiori, e altri
prodotti di fattoria, la rende particolarmente attraente e ricorda che Greve, sulla rotta per Firenze, ai
margini di strade storiche, come la Francigena e la Volterrana, è sempre stata un’importante piazza
commerciale. Da non mancare, una visita alla Chiesa di santa Croce, che custodisce un pregiato trittico
di Lorenzo Bicci (prima metà del XV secolo), e a un rinomatissimo covo per buongustai, come
l’Antica Macelleria Falorni. Fondata nel 1729, macella in proprio esclusivamente bovini di razza
Chianina: “Ci consideriamo artigiani della carne”, spiega Stefano Bencistà, uno dei titolari,
rappresentante dell’ottava generazione di allevatori e macellai. “scegliamo i capi unicamente in centri di
nostra fiducia, tra cui anche aziende biologiche”. Le chianiche, inconfondibili nell’aspetto (mantello
bianco; corna, palpebre, musetto, coda e unghielli neri), sono tra i bovini più grandi e maestosi al
mondo; vengono allevate allo stato semibrado e macellate tra i 16 e i 18 mesi di età, quando pesano
700-800 chilogrammi. I tagli migliori, quelli da cui si ricava le celebre bistecca, provengono dalla zona
dorso-lombare. Ma Falorni è una garanzia anche sul fronte sei salumi: “alleviamo circa 150 capi di Cinta
senese” continua Stefano, “che ha una richiesta fortissima. Un buon prosciutto Dop ci viene prenotato
anche con un anno di anticipo”. Squisiti sono inoltre il prosciutto crudo di cinghiale, il salamino di toro
Antica Macelleria Falorni
Sede e Negozio: Piazza Giacomo Matteotti, 71 - Tel.: +39 055 853029 - Fax: +39 055 8544312 - e-mail:
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chianino, i classici guanciali, capocolli, rigatini, salsicce, finocchione sbriciolone “alla maniera della casa”
e i pecorini Dop, aromatici e profumati (il loro segreto sta nella quantità di erbe aromatiche presenti
nelle zone di pascolo), messi a stagionare in un’antica grotta della macelleria. Tutti sapori di una
tradizione inossidabile, che, sulle ricche tavole locali, siglano un’alleanza di ferro con il vino Chianti
Classico Docg. Proseguendo verso sud con la statale 222, la storica Chiantigiana, si possono visitare due
pievi solitarie e antichissime: San Leolino (XII sec.), che conserva affreschi, tavole, maioliche medievali
e un suggestivo chiostro trecentesco (unico esempio nel Chianti), e l’Oratorio di Sant’Eufrosino, meta
di massicci pellegrinaggi medievali.
A soli 7 km da Greve, c’è la frazione di Panzano, accogliente e vivace, dove una tappa del gusto
s’impone, per acquistare il classico pane “sciocco” toscano dell’Antico Forno Cennini, compagno ideale
di carni, salumi, olio, formaggi e vino. E le specialità dell’Antica Macelleria Cecchini., gestita da un
personaggio eclettico come Dario Cecchini, la figura più famosa non solo di Panzano, ma di tutto il
Chianti gastronomico. Nella sua bottega “all’antica”, dove le carni e i salumi convivono con libri, quadri
e statue di bronzo, sono richiestissime ghiottonerie come il burro del Chianti, un lardo cremoso
spalmabile, la soppressata medicea e il tonno del Chianti, a base di carne di maiale cotta e marinata.
Negli ultimi anni, Cecchini ha inoltre aperto due ristorantini, entrambi, come dice lui, “al servizio
dell’artigiano”: L’Officina della Bistecca e Solociccia, rispettivamente, sopra e di fronte alla bottega. Qui,
attorno a lunghi tavoloni conviviali, si gusta il meglio dell’estro del macellaio-artista, capace, mentre
affetta la carne, di declamare un intero canto dell’Inferno dantesco, senza sbagliare una virgola. Il tutto,
accompagnato dalle verdurine dell’orto, dall’olio e dal vino Chianti Classico della casa. Prima di lasciare
Panzano un’ultima tappa s’impone all’Azienda Agricola Fontodi, in località San Leolino, dove la
famiglia Manetti produce un pregiato olio extravergine di oliva di colore verde, caratterizzato da un fine
aroma di foglia di carciofo e un saporino gradevolmente piccante.
Da Panzano, la statale 429 prende a correre verso sud, guardata a vista dal Castello di Volpaia, borgo
del XII secolo, incorniciato da ulivi e vigneti, i cui restauri ne hanno valorizzato la struggente bellezza.
Qui, il Chianti, offre veramente uno dei suoi angoli più romantici. La statale si dipana tra ambienti che
diventano via via più selvaggie inaspettati:colline ricoperte di boscaglia, che sono l’habitat ideale non
solo del cinghiale, ma anche della Cinta senese, allevata allo stato semibrado. Valle che somigliano a
piccole gole vertiginose, dove i raggi del sole faticano a raggiungere la terra. C’è però, l’ininterrotta
sequenza dei cartelli con il Gallo nero a ricordare che ci si trova su una delle strade del vino pin famose
d’Italia e, probabilmente, del mondo. Un microcosmo dove il vino e dappertutto: “in chiesa, in casa, in
Cucina”, come ricordava lo scrittore Piero Chiara. Dietro l’ultimo tornante, appare all’improvviso
Radda in Chianti, adagiata su un poggio, da dove, un tempo, si spiava la Valdarno. Protetta da spesse
mura, Radda, come tutto il Chianti, si trovò al centro delle scaramucce medievali tra Firenze e Siena,
finché, nel 1384, vide nascere la Lega del Chianti, con simbolo il Gallo nero, una specie di giurisdizione
autonoma, che inglobava il contado fiorentino, con tanto di statuto e potestà difensive.
Il borgo é domimato dal quattrocentesco Palazzo del Podestà, come una bella torre merlata. Appena
fuori, invece, merita una sosta il convento francescano di Santa Maria al Prato, trasformato in Museo di
Arte Sacra del Chianti, che espone polittici, pale d’altare e croci astili di epoca romanica. Nonostante le
dimensioni modeste, Radda ha avuto un ruolo cruciale in fatto di vino e politica vinicola, come ricorda
anche una lapide sotto il portico del Palazzo Comunale: qui, il 24 maggio 1924, nacque il Consorzio del
vino Chianti Classico (oggi, la sede e a Sant’Andrea in Percussina, a due passi da Firenze), e furono
prese tutte le decisioni più importanti in fatto di marchio storico, promozione e commercializzazione di
Antica Macelleria Falorni
Sede e Negozio: Piazza Giacomo Matteotti, 71 - Tel.: +39 055 853029 - Fax: +39 055 8544312 - e-mail:
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Uffici e Lavorazione: Via di Colognole, 67 - Tel.: +39 055 854363 - Fax: +39 055 8544521 - e-mail:
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questo nettare color rubino. A Radda, però, non c’è solo il vino; per rendersene conto, basta anche una
breve sosta a Casa Porciatti, il negozio dei fratelli Anna e Luciano Porciatti, piano di salumi, formaggi e
specialità tipiche, come il coniglio ripieno; il lardo di Radda da usare sulle bruschette; il buristo, un
insaccato preparato con tutte le parti della testa del maiale e il tonno di Radda, un delicato filetto di
maiale stagionato. Proseguendo a sud, la statale 429 e poi la 484 aprono scorci dal fascino antico e
magnetico, snocciolando Badia a Coltibuono, un’abbazia millenaria trasformata in azienda agricola, che
dell’originario complesso vallombrosano conserva la torre campanaria merlata e la chiesa, con una
cupola ottagonale.
Il monumentale Castello di Meleto (XII secolo), poco oltre Gaiole in Chianti, e quello di Brolio, con il
giardino all’italiana e un parco romantico, con pregiate essenze arboree. Fu costruito dai fiorentini alla
fine del Quattrocento, su un poggio isolato, alle pendici dei Monti del Chianti, a più di 500 metri
d’altezza. Dalle mura di cinta, alte fino a 16 metri, il panorama è grandioso: nelle giornate limpide, lo
sguardo spazia da Siena all’Amiata, ai monti di Volterra. L’odierno palazzo fu fatto costruire nel 1860
da Bettino Ricasoli, il "barone di ferro”, primo ministro del Regno d’Italia e compilatore del primo
Disciplinare del vino Chianti Classico. Il tratto meridionale della statale 484 offre gli ultimi scampoli di
Chianti. Una deviazione a pochi chilometri da Brolio porta ad ammirare le viuzze e
la Pieve di Borgo San Felice, complesso turistico adagiato su un colle nel comune di Castelnuovo
Berardenga, a un tiro di schioppo da Siena. Dalla cortina verde dei suoi vigneti e uliveti l’occhio cattura
i fianchi boscosi dei monti dell’Alto Chianti e le torri ardite della città del Palio.
Il borgo è un sogno a occhi aperti. Perfettamente restaurato, è meta di un turismo discreto e d’élite,
complici l’alto livello dei servizi e la qualità dei prodotti dell’azienda agricola. Covo di delizie è il Poggio
Rosso, il ristorante del Relais, dove lo chef Antonio Fallini propone i sapori del territorio sobriamente
rivisitati: “Alla classica cucina internazionale”, spiega, “abbiamo preferito i piatti della tradizione
chiantigiana in una chiave più fantasiosa, esaltata dalla freschezza degli ingredienti di stagione e dalla
genuinità dell’olio, del Chianti Classico Docg e degli altri vini aziendali”. Accanto agli immancabili
salumi tipici, ecco allora i crostini di fegatini, i ravioli di piccione al Chianti Classico ridotto, la bistecca
di Chianina alla Fiorentina con fagioli zolfini e la spuma di ricotta con confettura di fichi. Piccoli
capolavori, che esaltano l’anima di una grande terra, luogo ideale di ospitalità e convivialità.
Maurizia Ghisoni
Antica Macelleria Falorni
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