Il Quartino N.5 - Associazione Vicentina Malattia di Parkinson

Transcript

Il Quartino N.5 - Associazione Vicentina Malattia di Parkinson
RIVOLTO AI
MALATI DI
PARKINSON
(e non solo)
DI VICENZA
(e non solo)
ASSOCIAZIONE VICENTINA
MALATTIA DI PARKINSON
Direttore Editoriale: Leonilde Grigoletto
16 Marzo 2008
Anno VI Numero 5
Proprietà: ASSOCIAZIONE VICENTINA MALATTIA DI PARKINSON Viale Mercato Nuovo, 41 36100 VICENZA
Autorizzazione del Tribunale di Vicenza 8 Maggio 2003 n. 1049 - Stampa in proprio - Direttore Responsabile Piero Erle
IL PUNTO DEL DIRETTORE
di Leonilde Grigoletto
Carissimi amici ben ritrovati.
Le uscite del nostro Quartino non hanno
forse cadenza ravvicinata ma, quando compaiono, sono sempre dense di progetti, di iniziative concrete,
di notizie importanti. Questo numero presenta le conclusioni
del progetto Volere è Potere che tanto ha impegnato, su fronti
complementari, l’Associazione, l’ULSS n° 6 di Vicenza, la
Casa di Cura Villa Margherita di Arcugnano. Troverete
l’aggiornamento puntuale e scientifico dei nostri amici medici su farmaci e chirurgia, che fortunatamente offrono continue novità legate alla ricerca e alla sperimentazione.
E poi ci sono le testimonianze dei nostri associati, i racconti e
le cronache di momenti di aggregazione, le relazioni sui Parkincontri del sabato.
Infine una notizia sportiva: il nostro Presidente Bruno Cappelletti e Stefano Cucco, rientrati dalla Svezia dove hanno
partecipato con la grinta di sempre alla mitica Vasaloppet, ci
hanno rilasciato un’intervista sull’importante gara di fondo.
La cronaca dell’evento, l’intervista e le foto nel prossimo
numero. Restate con noi!■
In questo numero:
●
Concluso il progetto Volere è Potere
●
Escursione sui Colli
Pag.2
Pag.2
L’infusione intestinale continua di levodopa/
carbidopa Pag.4
●
●
Quarant’anni a Bogotà
Pag.5
● La pratica del Tai-Chi per fronteggiare il Morbo
di Parkinson Pag.5
Prospettive nuove per la chirurgia del
parkinson? Pag.6
●
●
Amadablam: due patologie sull’Himalaya Pag.7
•
In farmacia il cerotto per il Parkinson
•
Móvarla in palestra
Pag.7
Pag.8
●
Séguimi: un manuale da seguire a casa
Pag.8
•
L’arte della calligrafia, nonostante tutto
Pag.8
UNA PASSIONE, UN PROBLEMA, UNA SORPRESA
Testimonianza di vita
prima e dopo la DBS - Stimolazione Cerebrale Profonda
Luglio.
Aveva accostato due lettini singoli per timore di cadere durante il
sonno anche se, da oltre un anno, dormiva supino senza mai potersi rigirare per tutta la notte.
Quella mattina, nel grande letto, a fatica riuscì a raggiungere le medicine che la sera prima aveva preparato sul comodino.
Avvertiva dolori in tutti i muscoli, forse dovuti all’immobilità notturna, ma sapeva che sarebbero passati quando, dopo il benefico
effetto dei farmaci, si fosse alzato. Ingoiava, quasi famelico, quelli
necessari per iniziare la giornata: quattro compresse. Le prime quattro, pensava, indugiando ancora un po’ nel letto . Era stato svegliato
dalla luce dell’alba filtrata tra le gelosie e ascoltava, lontano, il rumore del mare.
Ormai già da alcuni anni aveva imparato a valutare le condizioni
del mare, ascoltando il rombo delle onde che frangevano in grotte,
nella scogliera, lo sciacquio della risacca oppure il silenzio assoluto
che indicava la calma piatta.
Ascoltava con tanto interesse perché solo la calma piatta gli avrebbe
consentito di andare a pescare. Aguzzava l’udito appena sveglio:
tutta la giornata dipendeva da quel primo, ansioso ascolto.
Quella mattina il mare taceva, era calma piatta e lui avrebbe potuto
uscire in barca; nonostante tutto, si ostinava ad uscire in barca, da
solo, anche perché praticava il tipo di pesca più noioso del mondo,
a suo dire. E doveva essere nel vero perché non trovava quasi mai
qualcuno che gli facesse compagnia. In verità preferiva così per il
pudore e la ritrosia di mostrarsi con le sue limitazioni e le sue crisi.
Dopo mezz’ora dall’assunzione dei farmaci si poteva alzare dal
letto: traballante e incerto sui suoi passi, in pochi minuti acquistava
maggiore autonomia. Trascorreva una ventina di minuti in bagno (si
faceva la doccia la sera) e si radeva la barba nel lasso di tempo, a
volte molto breve, che intercorreva tra la acquisita mobilità e la
fastidiosa comparsa di movimenti involontari non ampli ma, nello
specifico, devastanti. La vestizione non era semplice: infilare i pantaloni era un rischio costante, dovendo stare su una sola gamba, in
precario equilibrio. Il più delle volte si sedeva, per maggior sicurezza.
Indossare la camicia non avrebbe creato particolari problemi se non
per i bottoncini che venivano accuratamente chiusi da chi la stirava;
per lui sbottonarli era gran perdita di tempo e fonte di malumore.
Avrebbe potuto usare delle magliette ma erano più difficili da infilare. Toccava poi alle scarpe da barca che, con i lacci che si scioglievano facilmente, richiedevano un difficoltoso doppio nodo.
Indossava anche il tipico gilè da pesca, utilissimo per le innumerevoli tasche, nelle quali riponeva telefonino e molte cose utili alla
pesca e, in una tasca più sicura, le medicine per la giornata. Si preparava il caffè e poi, raccolte le canne (già pronte dalla sera prima
accanto alla porta), si avviava lentamente verso la barca.
(continua a pag.3)
2
16 Marzo 2008
CONCLUSO IL PROGETTO
VOLERE E’ POTERE
Con la presentazione del manuale di ginnastica ricostruttiva
“Séguimi” (vedi articolo a parte) alla presenza del Presidente del
Centro per il Volontariato Prof. Mario Zocche, si è conluso l’iter
del progetto “Volere è Potere” della nostra Associazione.
Tutte le attività del progetto sono state condotte con impegno dai
soggetti coinvolti: i nostri malati, i medici e le loro strutture, i
volontari.
Le tre sezioni nelle quali si è condotta la ricerca sottesa
all’obiettivo del Progetto si sono articolate in modo autonomo
secondo metodologie che necessariamente hanno tenuto conto
della difficoltà di coinvolgere un numero importante di soggetti
malati.
● Il programma seguito da ULSS 6 di Vicenza ha potuto
“contare” su 60 pazienti accolti presso l’Ambulatorio dei disturbi
del movimento .
● La Casa di Cura Villa Margherita ha trovato grosse difficoltà
nel reperire soggetti disposti a seguire il protocollo ovvero presentanti condizioni fisiche generali compatibili con le attività richieste dalla ricerca (osserveremo, al riguardo, come già l’emergere
di queste difficoltà possa costituire punto interessante dal quale
non prescindere per pensare ad un allargamento del campione) .
● La sezione del Progetto condotta all’interno della nostra Associazione ha coinvolto un numero di pazienti oscillante da 10 a 35
e un numero di volontari attestantesi sulle 7-8 unità.
I lavori presentati si sono conclusi nel dicembre 2007.
Le tre relazioni finali recano i titoli dei rispettivi ambiti di intervento :
Ulss n. 6 di Vicenza : l’elaborazione delle emozioni nei pazienti
con malattia di Parkinson .
Casa di Cura Villa Margherita di Arcugnano : studio controllato
per valutare l’effetto dell’esercizio fisico in pazienti affetti da malattia di Parkinson.
Associazione Vicentina Malattia di Parkinson : raccolta del maggior numero di informazioni su: sintomi, sensazioni e comportamenti di un campione significativo di malati, mediante utilizzo di
questionari realizzati con la determinante collaborazione dei malati stessi. Acquisizione ed elaborazione statistica delle indicazioni
ottenute.
Grado di raggiungimento degli obiettivi del Progetto.
In merito agli specifici risultati ai quali sono pervenuti i tre Enti,
può trarsi la conclusione che orienta verso la possibilità di definire
un metodo di determinazione del percorso terapeutico, non tradizionale, personalizzato sul singolo malato (e, per taluni aspetti,
per gruppi di malati opportunamente selezionati allo scopo).
Tale percorso, tracciabile in integrazione della cura farmacologia,
comprende sia gli aspetti motori sia quelli psicologici, tenendo
conto delle abitudini e delle attitudini fisico-sportive e della dimensione emotiva e cognitiva del paziente.
Si è trattato di un impegno importante : il Consiglio Direttivo
dell’Associazione, al di là dei ringraziamenti rivolti a tutti coloro
che si sono prestati per il miglior esito delle ricerche e delle sperimentazioni, utilizza il veicolo del “Quartino” per ribadire e rendere pubblica questa sua gratitudine.
Un grazie particolare va rivolto al Centro di servizio per il volontariato della Provincia di Vicenza – e in particolare alla dottoressa
Veronese – che ci ha accompagnato, fin dall’inizio, con la sensibilità propria delle persone votate all’aiuto di chi è più sfortunato.■
IL QUARTINO
MOMENTI DI AGGREGAZIONE
UN’ESCURSIONE SUI COLLI
Nella mattinata di Domenica 28 Ottobre 2007 è stata effettuata
una breve ma interessante escursione nei boschi dei nostri Colli Berici. Promossa nell’ambito del progetto Volere è Potere e
organizzata da Ampelio Pillan e Pulcheria Tonello, ha visto la
partecipazione di un bel gruppetto di soci, familiari e simpatizzanti che, con coraggio, hanno sfidato le pessime previsioni
del tempo.
L’appuntamento era stato fissato per le 9,00 presso la sede
della nostra Associazione. Dopo aver raggiunto la Trattoria
Alla Quercia, sulla strada che conduce a Villabalzana, il gruppo si è incamminato lungo il sentiero che porta alla Croce di
Lumignano. Nonostante la giornata grigia i boschi si presentavano nella loro splendida veste autunnale e le foglie cadute dei
castagni facevano da tappeto lungo quasi tutto il cammino.
Alcuni tratti sdrucciolevoli per la pioggia, caduta la notte precedente, hanno creato qualche difficoltà che la bellezza del
paesaggio e l’allegra compagnia hanno ben compensato. Dopo
aver visitato una delle famose grotte dei Berici, il gruppo è
salito fino alla Croce di Lumignano. Di lassù la vista spaziava
a sinistra sulla pianura vicentina e a destra sui Colli Euganei.
A non far rimpiangere il fatto che la foschia avesse precluso la
vista delle nostre Prealpi e della Laguna, hanno provveduto
Pulcheria e Ampelio che, con gli amici Liana e Mario Cocco,
hanno preparato e offerto un ricco spuntino a base di salumi,
formaggi, pane, dolci e vino. Non è mancato neppure lo
Champagne che il presidente ha portato fin lassù, nello zaino.
Non c’è dubbio che il gruppo abbia trascorso in compagnia
una bella mattinata che si è conclusa alla Trattoria alla Quercia, dove Domenico ha offerto il caffè a tutti, prima dei saluti e
i baci di commiato.
E’ stata un’ occasione di aggregazione e di aiuto reciproco,
una bella e utile esperienza che quest’anno verrà ripetuta.
Le date e gli itinerari verranno definiti e comunicati entro la
fine di marzo.■
L’OSPEDALE CIVILE SAN BORTOLO DI VICENZA
PER I DISTURBI DI MOVIMENTO
Il dipartimento di Neuroscienze del San Bortolo di Vicenza ha un
team multidisciplinare organizzato per offrire assistenza specializzata
ai pazienti con disturbi di movimento.
Questo gruppo offre:
■ Neurologi, neurochirurghi, neuroradiologi e neuropsicologi con
interesse specifico nel campo dei disturbi del movimento.
■ Collaborazione con il Centro di Genetica dell’Ospedale e con la
dottoressa Enza Maria Valente dell’Istituto Genetico di Roma per la
creazione di una banca del DNA per i pazienti affetti da malattia di
Parkinson.
■ Collaborazione con il laboratorio centrale dell’Ospedale e con il
Centro Baschirotto per i test metabolici e genetici che permettono
una diagnosi precisa di alcune di queste patologie.
■ Trattamenti aggiornati, incluse numerose terapie mediche, iniezioni di tossina botulinica e (DBS) Stimolazione Cerebrale Profonda
PER PRENDERE APPUNTAMENTO:
telefonare al CUP 800403960
dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle 16.00
PER PRENOTARE TENERE A PORTATA DI MANO:
la richiesta del medico e la tessera sanitaria
la penna per annotare i dati
IL QUARTINO
16 Marzo 2008
UNA PASSIONE, UN PROBLEMA, UNA SORPRESA
3
Giugno
Si svegliò nel grande letto aguzzando l’udito per sentire il mare.
Nessun rumore giungeva dalla scogliera, segno che c’era calma e
(Segue da pag. 1)
che avrebbe potuto prendere la barca.
Il porto distava solo cinque minuti di cammino, ma lui ne impieAvvertiva un po’ di dolenzia alle anche, ma non se ne preoccupò,
gava molti di più, anche perché si fermava in pescheria per comdopo un po’ sarebbe passato.
prare le esche: seppie e calamari. Affrontava i cinque gradini, in
Si alzò lentamente per andare in bagno: le medicine le avrebbe
discesa, che portavano al piccolo esercizio, solo se si sentiva soliprese dopo.
do e sicuro sulle gambe, altrimenti indugiava in un piccolo bar
Si muoveva, lento e con qualche esitazione, ma si muoveva.
adiacente. Prendeva un altro caffè sfogliando il giornale e scamPoteva andare in bagno, fare quanto necessario e, a volte, anche
biava poche parole, in genere sul tempo e le condizioni del mare,
la doccia, prima di assumere le medicine.
con il barista e qualche raro avventore.
A lenti passi tornò in camera a prendere le medicine della mattiAspettava cupo ed irritato di dover perdere quei pochi minuti e
na: una di un tipo e una e mezza di un altro delle otto giornaliere.
mal dissimulava l’impazienza. Quando finalmente si sentiva in
Poi si vestì. Si infilò i pantaloni appoggiandosi alla spalliera del
forze scendeva i maledetti cinque gradini ed effettuava gli acquiletto, aprì un cassetto e ne estrasse una camicia stirata e rigorosasti.
mente abbottonata, la sbottonò con qualche difficoltà e la indosSi avviava alla barca percorrendo una cinquantina di metri di bansò, pensando che, l’indomani, avrebbe dato disposizioni a che le
china terribilmente stretta ed instabile. Giunto alla barca (un nacamice, dopo la stiratura, non fossero piegate e abbottonate, ma
tante con motore fuori bordo) ormeggiata di poppa, deponeva sullasciate su un ometto a guisa di giacche.
la banchina le canne ed il sacchetto con le esche appena comprate
Pronto, si accinse a raggiungere la barca ormeggiata al solito poe, con cautela, si chinava lentamente per afferrare la cima. Esesto.
guiva questo movimento a gambe larghe, per non perdere
Per quanto ansioso di prendere il mare, non potè esimersi da una
l’equilibrio ma, a volte, la manovra non gli riusciva al primo tenlunga sosta all’unico bar del porto per salutare , dopo oltre sette
tativo. Presa la cima, si rialzava e la tendeva, accostava la poppa a
mesi di lontananza, un certo numero di persone con le quali, negli
sé e, con un piccolo salto, raggiungeva la plancetta di poppa. Non
anni, aveva instaurato un rapporto amichevole e che si interessasempre il salto era immediato e, spesso, doveva concentrarsi privano alle sue vicende.
ma di tentarlo ed afferrare saldamente un ‘tientibene’ che aveva
Più o meno tutti, nel piccolo borgo marinaro, con discrezione, ma
fatto installare appositamente, a lato del motore. Poi andava barcon quell’attenzione che riservavano ai forestieri che frequentacollando a prua, mollava un poco la cima dell’ancora, in modo che
vano abitualmente il porto, avevano avuto modo di notare, negli
la barca potesse più facilmente accostarsi alla banchina dove toranni precedenti, l’evoluzione inesorabile della sua condizione.
nava a prendere canne ed esche, che non si era fidato di tenere in
Si attardò con piacere dilungandosi, forse con un po’ di narcisimano, mentre saltava nella barca.
smo, in forse troppo minuziose ed enfatiche descrizioni
Erano intanto trascorse due ore dall’assunzione delle prime medisull’intervento, oggettivamente
cine e già avvertiva un formicolio
inconsueto, che aveva subìto in
alla mano destra. Se non avesse
febbraio.
preso subito altre due compresse
Parlò ad un auditorio stupito e
di Levodopa sarebbero comparsi
quasi incredulo del casco avvitato
di lì a poco il tremore e poi
nel cranio, dell’anestesia, solo
l’ipocinesia e non avrebbe più
locale, della durata di otto ore
potuto pescare per altre due ore,
dell’intervento, come se fosse stato
al termine delle quali il problema
l’interprete di un atto eroico. Quel
si sarebbe riproposto e per di più
giorno non prese il mare.
sarebbe stata l’ora delle seconde
Trascorse la mattinata con quelle
due compresse.
persone che, rivedendolo dopo
Se però avesse preso le medicine
sette mesi, avevano valutato la sua
troppo presto, sarebbero comparnuova condizione e se ne congrase le ipercinesie con le quali atulavano con lui, dimostrandogli
vrebbe anche potuto pescare, sebinteresse e simpatia.
bene in modo maldestro.
Si dilungava nel racconto, ripetenOptava sempre per il rischio didolo ad ognuno che arrivava per
scinesie e una volta su due gli
salutarlo e si aggiungeva al grupandava bene.
po. Avvertiva, palpabile, la sinceDa tempo in cima ai suoi pensieri
rità affettuosa di quelle persone
c’era la DBS, l’intervento di Stiche conosceva da anni, ma che non
molazione Cerebrale Profonda, di
aveva mai sentito così vicine.
cui sapeva tutto.
Era cresciuto nelle simpatie di
E proprio in uno di quei giorni
Due dentici di tre e quattro chili
quelle persone semplici: pescatori,
decise: si sarebbe operato.
baristi, portuali.
Un pescatore professionista gli regalò addirittura le esche per le
aguglie che, a loro volta, diventano esche per la pesca delle ricFebbraio.
ciole. Il proprietario del bar, esperto di mare e di pesca, si offerse
Deep Brain Stimulation ( Stimolazione Cerebrale Profonda).
di uscire in barca con lui. E tutti gli vollero offrire il caffè, che
Nei primi giorni dopo l’intervento, l’aggiustamento della terapia
non potè rifiutare. Avrebbe pagato da bere la prossima volta.
non fu del tutto piacevole. Poi, un mese più tardi, si stabilizzò a
Si era fatto tardi e non aveva tanta voglia di uscire da solo.
otto compresse al giorno (prima erano ventuno).
L’indomani sarebbe uscito in compagnia.
Aveva perso la mattinata ma era contento ugualmente, forse di
più. Aveva trovato la vicinanza degli uomini...■
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16 Marzo 2008
La parola ai medici 1
L’INFUSIONE INTESTINALE
CONTINUA
DI LEVODOPA/CARBIDOPA
Dott.Luigi Bartolomei
Neurologo
O.C. San Bortolo, Vicenza
Si occupa in prevalenza
di neurofisiologia clinica
e disturbi del movimento
La terapia più efficace per la malattia di Parkinson (MdP) è quella
con levodopa. Infatti nei primi anni di trattamento con questo farmaco i disturbi motori sono talmente ben controllati che i pazienti
a stento ricordano di essere ammalati. Questa è la fase che definiamo con felice espressione “luna di miele”. Col tempo però
l’incantesimo si rompe e, poiché la malattia purtroppo non si ferma, cominciano a manifestarsi complicanze motorie caratterizzate
da frequenti periodi “off”, da fasi “on” di breve durata e con inizio
prolungato rispetto all’assunzione del farmaco e da fasi “on” con
movimenti involontari talora disabilitanti (discinesie).
Si ritiene che queste fluttuazioni motorie dipendano dal
“bombardamento” anormale, intermittente e pulsatile dei recettori
dopaminici nei nuclei della base denervati, da parte della levodopa
che ha una durata d’azione, ovvero il periodo in cui risulta efficace, relativamente corta.
Studi sperimentali e sui pazienti con MdP hanno infatti dimostrato
che l’utilizzo di farmaci dopaminoagonisti a lunga durata d’azione
riduce il rischio di comparsa di complicazioni motorie.
In questo “paradiso perduto” la cosiddetta finestra terapeutica è
molto stretta ed i pazienti riescono a sbloccarsi solo assumendo
una certa quantità di levodopa al di sotto della quale sono in “off”
e al di sopra presentano discinesie. Anche cercando di modificare
lo schema della terapia aggiungendo dopaminoagonisti e inibitori
delle COMT, amantadina ecc., spesso non è più possibile migliorare le fluttuazioni motorie.
In questa fase di malattia al paziente vengono proposte due vie una
medica con infusione continua di farmaci dopaminergici e una
chirurgica con l’impianto di stimolatori intracerebrali.
L’infusione continua di farmaci produce una stimolazione dopaminergica continua e superando l’inconveniente della stimolazione
pulsatile, riesce a migliorare le fluttuazioni motorie.
L’infusione continua tramite pompa può essere effettuata con apomorfina iniettata sottocute o con gel di levodopa/carbidopa
(Duodopa) iniettato in duodeno tramite PEJ (percutaneous enterojejunostomy).
Come detto la levodopa rimane la terapia più efficace nella MdP e
quindi ideale sarebbe la sua somministrazione continua endovenosa, tuttavia le caratteristiche chimiche della molecola rendono impraticabile la soluzione in acqua. Recentemente è stata individuata
una formulazione che ne permette una sospensione in gel con la
possibilità di essere infusa a livello intestinale tramite una pompa
esterna; questa strategia oltre ad evitare una stimolazione dopaminergica intermittente permette di aggirare le difficoltà di assorbimento della levodopa secondarie ad uno svuotamento gastrico irregolare.
L’infusione intestinale continua di levodopa/carbidopa in effetti si
è dimostrata valida ed efficace nel trattamento dei pazienti in fase
avanzata, tuttavia non è ancora del tutto chiaro quali siano i pazienti da selezionare per questo genere di trattamento.
Possiamo comunque identificare alcune caratteristiche cliniche
fondamentali per l’inclusione ovvero: pazienti con fluttuazioni
IL QUARTINO
motorie e discinesie gravi non più responsivi a modificazioni
della terapia standard, non dementi e che presentino una buona
risposta alla levodopa.
L’età non sembra essere fondamentale come in altre procedure
(pompa di apomorfina e DBS) per cui visto anche l’alto costo
della terapia, l’inclusione, potrebbe essere limitata a pazienti di
età avanzata (≥ 70 anni). Pazienti che non tollerano più
l’infusione con apomorfina e che non accettano la terapia chirurgica potrebbero essere altri candidati.
Il paziente incluso nella terapia infusionale con levodopa/
carbidopa dovrà essere ricoverato presso centri specializzati e la
durata del ricovero prevista è di circa 10 giorni.
Nei primi 3 giorni il paziente effettuerà un periodo di prova
assumendo il farmaco attraverso un sondino nasoduodenale che
può essere posizionato da un infermiere. Durante questo periodo
oltre ad osservare la risposta clinica il paziente valuterà
l’accettabilità della pompa. Successivamente il paziente sarà
sottoposto a gastroscopia e il collega gastroenterologo posizionerà la PEJ in anestesia locale con cateterino in duodeno. Una
preventiva terapia antibiotica evita la comparsa di infezioni della
stomia. I giorni successivi saranno necessari per aggiustare la
dose e per educare il paziente e i familiari o comunque il caregiver all’utilizzo della pompa.
L’infusione generalmente viene mantenuta per 14 ore (8:0022:00) e sospesa di notte. Alla mattina e se entra in fase “off” il
paziente si somministrerà una dose addizionale preprogrammata.
Ogni ml di sospensione contiene 20 mg di levodopa e si somministrerà una dose giornaliera, equivalente a quella che il paziente
assumeva per via orale. E’ chiaro che in qualsiasi momento, se
non ben sopportata, la terapia può essere sospesa e la PEJ tolta
con successiva cicatrizzazione spontanea della stomia.
In conclusione la terapia infusionale intestinale di levodopa è per
ora destinata ad un numero limitato di pazienti in fase avanzata
di malattia, tuttavia sarà possibile una sua maggiore diffusione
se:
● il costo e le dimensioni della pompa verranno ridotti
● sarà possibile una maggiore semplicità nella gestione della
pompa
● sarà modificato il catetere duodenale impedendone la dislocazione nello stomaco.■
E’ ANCORA STRAVICENZA
Si è appena conclusa la gara podistica e noi della redazione del
Quartino non volevamo mancare all’appuntamento e…..alla
sua cronaca.
Anche quest’anno abbiamo aderito, assieme agli amici di Udine, alla manifestazione podistica Stravicenza, con la consapevolezza che il movimento e la pratica dell’attività sportiva ci
aiutano a superare i nostri quotidiani momenti di difficoltà.
Questa mattina ci siamo trovati alle 9,30 in Piazza Matteotti
per essere pronti alla partenza delle ore 10,00 da Piazza dei
Signori, fieri del nostro motto “Corri che ti passa”.
Il percorso si è snodato lungo le vie e i parchi cittadini sulla
distanza di 10 km. per gli agonisti , mentre i percorsi non competitivi sono stati di km.4,5 e 1,5.
Dopo la gara ci siamo trasferiti nella nostra sede di Viale Mercato Nuovo dove ha avuto luogo la tradizionale Festa del Baccalà alla vicentina. Il dopo-pranzo è stato rallegrato dalla musica, dai canti del coro La Corale Gioconda di Udine, dai balli
e infine dall’estrazione della altrettanto tradizionale lotteria.
Prima dei saluti è stata distribuita a tutti una copia del Quartino...fresca di stampa.■
16 Marzo 2008
IL QUARTINO
QUARANT’ANNI A BOGOTA’
di Angelo Neglia
Mi avvicinavo ai 66 anni quando cominciai a sentire alcune novità nel
corpo, come un tremolìo nella mano
destra, un po’ di rigidità in una gamba….
Consultai un neurologo della famosa
Università diretta dai gesuiti, nella
capitale della Colombia, dove io stesso
ero professore.
Mi ricevette con un suo assistente, un
giovane all’ultimo anno di studi in
neurologia. Ad un certo momento mi invitarono a camminare nel
corridoio.
L’allegria dell’assistente fu notevole: Parkinson! gridò.
Aveva notato che il mio braccio destro non dondolava come il
sinistro. Il medico avallò la diagnosi.
Mi trattarono immediatamente con Sinemet che mi faceva vomitare. Non c’era niente da fare. Ero parkinsoniano e sarei rimasto
così per tutta la vita.
In quel tempo ero preside della Facoltà di Economia e dirigevo
importanti progetti di ricerche.
Che cosa ne sarebbe stato della mia attività accademica?
Però il tempo passava ed io continuavo con lo stesso impegno: a
dare lezioni, a dirigere la Facolta, a portare avanti ricerche.
Non sentivo alcun freno alle mie attività. La testa continuava a
funzionare come prima.
Nel frattempo, all’Università si presentò una novità: valutare la
possibilità di aprire la Facoltà di Sociologia.
In Colombia le Facoltà di Sociologia erano in recesso: tutte erano
diventate di sinistra, rivoluzionarie, contestatarie, in mano ai
“tirapietre”. E la Colombia era un paese che aveva bisogno di
sociologi.
Io, che sono più sociologo che economista, mi offersi di elaborare il piano di studio di una Facoltà di Sociologia e di gestirlo per
ottenere l’approvazione del governo.
Così, da Preside della Facoltà di Economia, creai la Facoltà di
Sociologia e ne divenni Preside.
Fu l’epoca nella quale lavorai nei settori più emarginati della città
e della campagna.
In quel periodo completai la pubblicazione di quattordici libri e di
innumerevoli articoli che riguardavano prevalentemente la povertà del paese.
Continuavo a guidare la macchina per andare all’Università ubicata a 16 km. dalla mia residenza. Per evitare il traffico, arrivavo
all’Università prima delle sei del mattino e ritornavo a casa solo
quando il traffico diminuiva.
Dopo un paio di anni dovetti trovare un tassista che guidasse per
me.
La malattia continuava, era controllata da uno specialista in Parkinson il cui padre era anch’esso parkinsoniano.
Arrivai ai 70 anni in buone condizioni fisiche e mentali.
Frattanto la situazione in Colombia si stava deteriorando. Da sempre ero a conoscenza dei gruppi guerriglieri che bruciavano paesini, ammazzavano contadini, sequestravano soprattutto chi aveva
un cognome straniero, ma lo scontro tra guerriglieri e paramilitari
si stava inasprendo. La mia famiglia ed io sentimmo un’aria irrespirabile che ci obbligò a ritornare in patria, a lasciare la Colombia dopo averci vissuto 40 anni.
Ed eccoci qui: la malattia è andata avanti ma, per fortuna, la testa
è attiva e produttiva. D’altra parte a Vicenza ho incontrato uno
5
spirito di integrazione e un’associazione che riunisce un gruppo
di parkinsoniani, con un eccellente presidente che la dirige ed
alcune dedicatissime volontarie.
So che le ricerche sul Parkinson stanno avanzando, però so che
l’esito di tali ricerche esige del tempo e che, probabilmente, io
non arriverò ad esserne un beneficiario. Non resta che la preghiera. Ci sono stati miracoli accertati di guarigione dal Parkinson nei processi di canonizzazione: la scelta del beneficiario
dipenderà dalla forza della nostra fede e dalla volontà di Dio.
Quindi vale la pena di continuare a pregare, giacchè nel Vangelo sta scritto:
“ …se due di voi sopra la terra si accorderanno
per domandare qualunque cosa, il Padre mio
che è nei cieli ve la concederà” (S.Mt. 18-10)
Se non siamo designati da Dio per essere soggetti di un miracolo, almeno ci faccia la grazia di mantenere il nostro spirito aperto, il cervello in buone condizioni e ci dia l’allegria di vivere
che la malattia non ci tolga. E faccia che coniugi, parenti, amici
e colleghi non debbano soffrire a causa nostra. ■
LA PRATICA DEL TAI-CHI
PER FRONTEGGIARE
IL MORBO DI PARKINSON
di Roberto Benetti
Vi propongo la traduzione di un articolo
apparso negli Stati Uniti sulla prestigiosa rivista di arti marziali Tai Chi
Magazine del Giugno 2007. Si tratta
dell’esperienza di David Loney, un malato di Parkinson, che attraverso il Tai Ji
Quan, che già praticava prima della malattia, riesce a trovare quell’equilibrio
fisico-emotivo che lo aiuta ad affrontare la sua realtà.
Tramite la lettura di questa esperienza di vita e di pratica
mi auguro possiate ritrovare gli insegnamenti,
l’atmosfera ed il benessere che insieme sperimentiamo
durante i nostri incontri.
E’ venerdi mattina e incontro i miei compagni di pratica di Tai
Chi nel parco. Mentre stiamo in silenzio in Wu Ji tra cespugli di
rose in fiore e alberi di mandorlo, mi sforzo di svuotare la mente. Sono nervoso. Sarò in grado di eseguire la forma? Gli altri
noteranno le mie mani tremare? Perderò l’equilibrio eseguendo
“Il Gallo Dorato sta su una Gamba Sola”? Sarò in grado di eseguire i calci?
Il mio istruttore di Tai Chi, Arieh Breslow, esegue lentamente
un respiro profondo, espira e affonda nella gamba destra. Iniziamo tutti a seguire quando inizia la forma.
Inspiro profondamente la fredda aria di Gerusalemme ed espiro
mentre affondo, ripetendomi di rilassare, rilassare. Mentre proseguo nella forma, inizio ad acquisire fiducia nel mio corpo.
Respirando profondamente nel Dantian, affondando, fluendo,
rilassando, sciogliendo le tensioni, realizzo di poterlo ancora
fare. Mi sento bene. Mi sento meravigliosamente bene.
Iniziare la forma non è sempre stato carico di tale trepidazione.
Un tempo mi sentivo totalmente fiducioso. Il morbo di Parkinson mi ha cambiato.
I primi sintomi del morbo si sono manifestati all’età di 49 anni.
La moglie di Arieh, Anne, notò che la mia spalla sinistra non si
(Continua a pag.6)
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muoveva in modo sciolto durante gli esercizi di riscaldamento e la
mano sinistra non era sempre nella posizione corretta durante la
forma di Tai Chi. A quel tempo interpretavo il tutto come rigidità.
Un anno più tardi, sviluppai un leggero tremore nella mano sinistra e il braccio non oscillava più correttamente, mentre camminavo. Fu allora che decisi di consultare un neurologo. A seguito
della visita e di alcuni esami, mi fu diagnosticato il morbo di Parkinson.
Mia madre è mancata due settimane dopo la mia prima diagnosi.
Sono entrato in un breve periodo di depressione, in cui mi sembrava di aver ricevuto una condanna a morte. Il mio futuro sembrava tetro, mentre peggioravo. Durante quell’anno di lutto, penso
di essere stato maggiormente in lutto per la perdita della mia vita
che per la perdita di mia madre.
Sapevo che se volevo mantenere il più alto livello di vita possibile
e ottenere il massimo dagli anni che mi rimanevano, avrei dovuto
sviluppare una strategia per fronteggiare la malattia.
Praticavo Tai Chi già da 8 anni e sapevo che avrebbe svolto un
ruolo importante nella mia gestione del Parkinson.
Il mio dottore mi prescrisse un cocktail di medicinali per ridurre i
sintomi, con una miriade di effetti collaterali. Questo mi stimolò a
ricercare approcci alternativi che mi avrebbero permesso di procedere nel modo più normale possibile.
La mia ricerca medica mi
portò alla medicina erboristica cinese e ai trattamenti ayurvedici di un
dottore indiano. Inoltre,
sperimentai il massaggio
con digitopressione e
l’agopuntura da un monaco tibetano e presi lezioni
di Yoga. Nel frattempo
prosegui nella mia pratica
del Tai Chi, ma fui sul
punto di rinunciare, quando la mia forma peggiorò
in modo frustrante.
Dopo un anno di esperimenti con questi trattamenti alternativi, compresi che avevo già gli strumenti di cui necessitavo
per la gestione della mia condizione. Malgrado questi trattamenti
mi dessero sollievo, sentivo che nessuno di essi poteva essere
paragonato alla combinazione di medicinali adeguati e Tai Chi.
Oggi il mio programma personale è basato su tre pilastri: minima
quantità di medicine, esercizio fisico (con Tai Chi come base) e
una dieta vegetariana povera di grassi e ricca di antiossidanti per
proteggere e sostenere le rimanenti cellule cerebrali. Il programma non è assolutamente statico, lo adatto costantemente alle mie
mutevoli condizioni mediche, mantenendo enfasi sul migliorare la
mia forma Tai Chi.
Nel tempo ho notato gli effetti progressivi del mio regime salutistico – il mio organismo lavora meglio e la mia forma Tai Chi è
lentamente migliorata. Una buona pratica di Tai Chi sembra essere per me tanto efficace quanto prendere una pastiglia e il risultato
di una sessione ha effetti per ore. Il Tai Chi mi aveva fornito gli
strumenti per fronteggiare il morbo di Parkinson ben prima che mi
fosse diagnosticato.
Il Tai Chi è una forma di arte marziale interna che si serve della
mente per controllare i movimenti del corpo. Aiuta a divenire
consapevoli del proprio corpo e dell’integrazione di ogni parte
con il tutto. L’immaginazione visiva è utilizzata per contribuire a
questa connessione mente-corpo e per aiutare nel movimento e
nella coordinazione. (Fine della prima parte)
La seconda parte sul prossimo numero del Quartino. ■
IL QUARTINO
La parola ai medici 2
PROSPETTIVE NUOVE
PER LA CHIRURGIA
DEL PARKINSON ?
Dott.Massimo Piacentino
Neurochirurgo
O.C. San Bortolo, Vicenza
Si occupa prevalentemente di
neurochirurgia funzionale nell’ambito
dei disturbi del movimento,
del dolore e dell’epilessia.
Prima di tutto calma! Purtroppo la novità non riguarda le cellule staminali, siamo infatti ancora lontani da una situazione di
questo tipo che, apparentemente, potrebbe essere la panacea
poiché in grado di ricostituire il pool di cellule perdute dalla
sostanza nigra nel corso della malattia. Nonostante le novità
non riguardino elementi sostanziali, vi sono comunque dei
possibili e prossimi progressi che potrebbero trovare applicazione nell’ arco di un anno. Come è noto l’ intervento di stimolazione cerebrale profonda rappresenta per il paziente un vero e
proprio scoglio poiché la privazione del sostegno farmacologico, la anestesia locale e la lunghezza della procedura costituiscono, nel loro insieme, una tortura inevitabile. E’ sicuramente
vero che nella scelta dei candidati all’ intervento si tiene conto
di numerosi elementi, tra i quali anche le condizioni fisiche
generali e quelle psicologiche, ritenuti elementi imprescindibili
nella valutazione preoperatoria per resistenza allo stress. Nonostante ciò, assistiamo molto spesso a dei decorsi postoperatori che, per quanto brevi, costituiscono un momento delicato e di
sofferenza. A tutto questo si aggiunge la assoluta necessità di
utilizzare il cosiddetto casco stereotassico che, avvitato alla
testa del paziente, resterà complessivamente posizionato per
molte ore. Pur non essendo nulla di realmente traumatico, resta
comunque un sistema che limita la mobilità del paziente, impedendogli di variare la sua posizione sul letto operatorio ed
obbligandolo a mantenere una posizione supina per numerose
ore. Non esiterei ad aggiungere, oltre alla già citata deprivazione farmacologia, anche quella relativa ad alimenti e liquidi,
cosa che sicuramente determina un’ulteriore azione debilitante.
Bisogna comunque ricordare, in modo chiaro ed inequivocabile, che tutte queste difficoltà verranno poi ripagate del miglioramento raggiunto grazie all’ intervento e che, quando il paziente ne coglierà i vantaggi, tutti i patimenti verranno dimenticati come se mai fossero stati subiti. Indubbiamente, questo
svanire delle esperienze negative, alla luce di quanto viene guadagnato successivamente, grazie all’ effetto della stimolazione,
non implica che si debba rinunciare a nuove possibilità che
riducano o addirittura elimino il disagio per il paziente. A questo proposito, è attualmente in avanzata fase di studio una nuova procedura chirurgica che non necessita dell’ utilizzo del
casco stereotassico. In termini comprensibili ai non addetti al
lavori, questo significa, in primo luogo, che il paziente avrà la
testa libera e non bloccata in un cerchio metallico, a sua volta
ancorato al lettino operatorio e che, soprattutto, godrà di un
notevole grado di mobilità nel corso dell’ intervento. Avrà la
possibilità di chiedere al chirurgo di consentirgli un aggiustamento della sua posizione e di poter godere di un intervallo per
recuperare energie fisiche e psicologiche.
Avrà addirittura la possibilità di poter assumere qualche sorso
d’ acqua, per lenire la sua arsura o placare un languore, e an-
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che quella di poter urinare autonomamente.
I vantaggi sarebbero tali da permettere, laddove se ne ravvisi la
necessità, anche di sospendere l’ intervento a metà per poterlo
comodamente continuare il giorno seguente, senza stress ed
eccessivi patemi per l’ ammalato. Quest’ ultima considerazione
rappresenta inoltre un vantaggio anche per il chirurgo che, alcune volte, porta avanti la sua azione con preoccupazione, poiché
costretto dagli eventi e dalle necessità di terminare l’ intervento, cercando il miglior compromesso tra il risultato chirurgico e
lo stress operatorio. Allo stato attuale il sistema al quale si fa
riferimento è stato testato, ma non ancora commercializzato. La
neurochirurgia di Vicenza gode però di un piccolo vantaggio,
poiché ha già in uso il sistema di localizzazione idoneo all’ utilizzo di questo nuovo presidio. Di conseguenza, dovrebbe essere uno dei primi centri nazionali a poterne garantire il funzionamento.
Resta comunque una incognita non indifferente che mi rimanda
a quanto verificatosi in un recente passato: mi riferisco alla questione dei costi. Attualmente, infatti, il sistema di neurostimolazione che impiantiamo, costituisce una spesa della quale si fa
carico la regione del Veneto. Un’ulteriore componente costituirebbe un nuovo elemento di spesa per le nostre ULSS o per la
nostra regione e, conseguentemente, potrebbe non essere cosi
semplice poter garantire il suo utilizzo. Vedremo, in un prossimo futuro, di affrontare, magari insieme, le possibili difficoltà,
convinto come sono di trovare, nella voce dei pazienti, un elemento di sostengo e forza per portare avanti il nostro impegno
a favore dei parkinsoniani.■
I NOSTRI PARKINCONTRI DEL SABATO 1
Amadablam: due patologie
e un’amicizia sull’Himalaya
Sabato 23 Febbraio, presso il Teatro della Parrocchia di
S.Antonio in Via Prandina, si è tenuta la conferenza dei quattro
scalatori che recentemente hanno conquistato l’Amadablam, una
Da sinistra Marco Peruffo, Stefano Cucco, Ferruccio Svaluto e Sara Bertoldo
cima di quasi settemila metri nella catena dell’Himalaya.
Dopo una breve introduzione del dottor Luigi Bartolomei, neurologo appassionato di montagna, gli alpinisti vicentini Marco
Peruffo, diabetico, e Stefano Cucco, parkinsoniano, hanno presentato il filmato della scalata effettuata lo scorso ottobre.
Con loro hanno raggiunto la vetta la guida alpina Ferruccio Svaluto, parkinsoniano di Pieve di Cadore, e la coraggiosa moglie di
Marco Peruffo, Sara Bertoldo che i compagni hanno eletto, sul
campo, capo-spedizione.
Ad applaudirli erano presenti numerosi soci e famigliari e tanti
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amici. Dopo la presentazione del documentario, i quattro scalatori hanno risposto alle numerose domande del pubblico che ha
voluto conoscere molti particolari della loro impresa sia dal
punto di vista tecnico, sia da quello farmacologico. Al termine,
il presidente Cappelletti, che non ha potuto presenziare alla
conferenza, fatto sentire la sua voce, via telefono, ringraziando
gli alpinisti e complimentandosi con loro per la bella impresa.
Un simpatico rinfresco ha concluso l’incontro. E’ stato un momento di allegra aggregazione che ha visto vecchi e nuovi associati confrontarsi, con gli scalatori, sulle tematiche comuni del
superamento delle difficoltà, piccole o grandi che siano.
A tutti e quattro è andato il nostro arrivederci alla prossima
impresa.■
La parola ai medici 3
DA MARZO FINALMENTE IN FARMACIA
IL CEROTTO PER IL PARKINSON
Dott.Giampietro Nordera
Neurologo
Responsabile dell’unità operativa
di Neurologia della Casa di Cura
Villa Margherita di Arcugnano (VI)
Nella terapia della Malattia di Parkinson da molti anni ormai
non vi sono grosse novità.
I nuovi farmaci: L’Entacapone (Comtan), il Tolcapone
(Tasmar), la levodopa-carbidopa-entacapone (Stalevo) e la
Rasagilina (Azilect) altro non sono che degli additivi che miglioravano l’utilizzo della L-Dopa prolungandone la durata
d’azione.
Con il Neupro si assiste ad una doppia novità in un farmaco
dopamino-agonista nuovo: la Rotigotina con una nuova via di
somministrazione di un farmaco per il Parkinson: quella transdermica mediante un cerotto.
Cosa ci dovremmo aspettare da tutto ciò? Quanto di meglio!
In primo luogo perché si presume che un dipamino-agonista
nuovo, per essere concorrenziale con quelli già esistenti in
commercio, debba evere una marcia in più. Questo ce lo diranno i dati che emergeranno dal suo impiego clinico. In secondo
luogo perché il cerotto che viene applicato ogni 24 ore è in
grado di erogare il farmaco in maniera continua, per così dire,
“fisiologica”. E ciò comporta una sua concentrazione stabile
nel sangue, in grado di stimolare in maniera costante i
“recettori” che sono organi bersaglio in grado di mandare al
nostro cervello delle corrette informazioni. La conseguenza di
tutto ciò dovrebbe essere la riduzione, o addirittura la scomparsa delle “fluttuazioni” cioè dell’alternarsi di momenti in cui ci
si sente protetti dal farmaco, ed i momenti in cui il farmaco
sembra non funzionare. Dovrebbero, inoltre, trovare miglioramento le “discinesie” cioè i movimenti involontari, così frequenti nelle fasi avanzate di malattia,che sembrano essere causati dalla stimolazione cosiddetta “pulsatile” propria dei farmaci ingeriti per bocca.
Il nome del nuovo farmaco è Neupro ed è commercializzato in
scatole da 28 cerotti di dimensioni variabili a seconda del dosaggio prescritto. Si va dai 3 x3 cm con il dosaggio di 2 mg ai
6x6 cm con il dosaggio di 8 mg.
Ci saranno avviamente alcuni problemi da risolvere, che riguarderanno soprattutto la parte del corpo dove dovrà essere applicato il cerotto che non dovrà essere la stessa se non dopo 14
giorni, ed inoltre l’adesione del cerotto alla cute che può essere
ostacolata da un eccesso di peluria o da abbondante sudorazione. Ostacoli questi, facilmente superabili grazie ai suggerimenti
circostanziati del vostro medico.■
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MÒVARLA, PER DUE ORE
Presso la palestra della nostra Sede è ripresa, dallo scorso ottobre,
la pratica della ginnastica ricostruttiva tenuta dall’istruttore Ampelio Pillan. Quest’anno è stata programmata un attività più intensa e specifica, con un doppio incontro settimanale nei giorni di
lunedì e giovedì, dalle 11 alle 12. Con grande soddisfazione degli
organizzatori, le adesioni e la partecipazione dei soci sono state
numerose. Gli esercizi proposti dall’allenatore sono sempre nuovi
e stimolanti: riguardano sia la tonicità dell’apparato muscolare sia
lo stimolo di alcune sensibilità quali l’equilibrio ed il movimento
armonico del camminare. Essi aiutano a risolvere, rendendoli
automatici, alcune situazioni e movimenti particolarmente difficoltosi come alzarsi da soli, sedersi, girarsi, raccogliere oggetti e
altri. Mensilmente tutti i partecipanti, con l’istruttore, fanno punto della situazione. Ognuno esprime il proprio parere facendo
emergere le personali difficoltà incontrate ed i limiti
nell’esecuzione tecnica degli esercizi proposti. Tutti hanno confermato un miglioramento sia nel fisico che nel morale esprimendo il desiderio di continuare con regolarità l’attività in palestra.
Il motto dei partecipanti è diventato: “Mòvarla” dal soprannome
dato ad Ampelio per il suo pungolante intercalare.
Così, l’ora piacevole, passata in palestra, ha creato un gruppo
affiatato e ha favorito nuove amicizie che garantiscono un aiuto
ed un incitamento reciproco. Alla fine dell’ora, anche se affaticati
e sudati, si abbandona la palestra contenti.■
IL QUARTINO
PER AIUTARE
L’ASSOCIAZIONE VICENTINA
MALATTIA DI PARKINSON
DESTINALE IL CINQUE PER MILLE
DELLE IMPOSTE SUL REDDITO
CHE COMUNQUE DEVI PAGARE
NELLA TUA DENUNCIA
DEI REDDITI 2007
(Modello 730 oppure UNICO oppure CUD)
FAI LA TUA FIRMA
NELL’APPOSITA CASELLA
E SCRIVI IL CODICE FISCALE
DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE
03034960249
PER ULTERIORI INFORMAZIONI TELEFONA
ALLO 0444.963246
IL MARTEDI’ E IL GIOVEDI’ DALLE 0RE 10 ALLE 12
I NOSTRI PARKINCONTRI DEL SABATO (2)
CI DANNO UNA MANO
Un grazie anche a tutti quelli che ci sostengono
finanziariamente preferendo l’anonimato.
L’ARTE DELLA CALLIGRAFIA
Nonostante Mister Parkinson (è così
che chiama la sua malattia)
avanzi inesorabilmente, prendendo lo
spazio vitale delle sue giornate sempre troppo corte, Gino Bernardini
continua, con immutata gioia di vivere, nel suo hobby preferito: la scrittura
manuale dello stile gotico-antico.
La sua è una difesa ad oltranza dal
male che, nei suoi mutamenti improvvisi, spesso lo mette in crisi .
Il calligrafo amanuense di Montecchio Maggiore, che oggi ha 67 anni ,
si diletta ancora, ormai unico nel
vicentino, a
realizzare
pergamene di piccolo o grande formato, per le molte persone che ne
fanno richiesta. Uno degli ultimi
lavori è stato la ricopiatura , in
stile gotico , della Novella di
Giulietta e Romeo ridotta e curata
dal Professore Francesco Festival e
della quale vi proponiamo due
particolari.■
PRESENTATO ‘SÉGUIMI’
IL MANUALE DI GINNASTICA
Sabato 8 Marzo, nella sala della nostra sede di Viale Mercato
Nuovo, è stato presentato, a un numeroso gruppo di soci, familiari e amici, il manuale ‘Séguimi’.
Curato dai volontari della nostra Associazione e realizzato
nell’ambito del progetto “Volere è Potere” con la collaborazione del Centro Servizi per il Volontariato della Provincia di Vicenza, il manuale mostra una serie di esercizi, da fare a casa e
in palestra, utili per ricostruire quei movimenti che la malattia,
nel tempo, ha reso difficili se non impossibili.
Il volumetto è nato dall’incontro di due esperienze: quella del
malato, Bruno Cappelletti, e quella dell’allenatore Ampelio
Pillan.
Bruno ha sintetizzato le sue sensazioni in tre concetti base:
1. la pratica dello sport ha potere terapeutico contro il Parkinson;
2. la ripetizione quotidiana degli esercizi, che richiede costante
attenzione e continuo controllo di ogni parte del corpo, consente ottimi risultati nei riguardi della capacità motoria dei malati;
3. alcuni movimenti che il Parkinson impedisce o rende difficili
si possono eseguire studiandone l’esecuzione e razionalizzandone la dinamica.
Ampelio li ha messi in pratica, aggiungendo fantasia e tecnica.
Una copia del manuale è stata distribuita a tutti i presenti al
termine dell’incontro.■
Il 30 Gennaio scorso ci ha lasciati il Prof. Giuseppe Alessandro Lauricella, socio fondatore
della Associazione Vicentina Malattia di Parkinson. Un uomo che ha saputo lottare contro la
malattia con grande forza e dignità ma soprattutto con grande discrezione, senza mai riversare
sugli altri le proprie sofferenze.
Grazie Sandro, sei stato per tutti noi un grande maestro di
vita : è stato un privilegio conoscerti. Monica