Gli alpeggi del Trentino - Accademia della Montagna
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Gli alpeggi del Trentino - Accademia della Montagna
NATURA E CULTURA 10 sabato 23 luglio 2011 l’Adige 11 l’Adige sabato 23 luglio 2011 Di malga in malga sugli alpeggi di Folgaria e Lavarone: agritur e tradizioni fra vasti panorami Su circa 35 mila ettari di pascolo, nelle ultime stagioni sono state alpeggiate circa 300 malghe trentine Itinerari di montagna Circa 8.500 bovini da latte salgono sui pascoli montani in giugno, scendendo a metà settembre 5 Qui a fianco malga Pioverna, nella foto in basso malga Poste 2ª (foto Tiziano Dalprà) sugli Altipiani aperti Nel regno degli Altipiani MALGHE I territori degli Altipiani cimbri di Folgaria, Lavarone e Luserna si distendono per oltre 110 chilometri quadrati, ricoperti in gran parte da boschi e pascoli. I sentieri si intersecano, percorrendoli a piedi o in mountain bike ci si addentra in pascoli erbosi, delimitati dal filo di ferro, in mezzo ai quali sbuca sempre una malga. Visione bellissima. Abbracciata a questo territorio si distende la piana delle Vezzene, immenso altopiano che, prima di tuffarsi nella Val d’Assa, mostra le sue meravigliose malghe. Sono innumerevoli, appartengono catastalmente per la maggior parte al Comune di Levico, alcune a Calceranica e Caldonazzo. Il Comune di Folgaria ha recentemente ristrutturato malga Piovernetta, in una zona solitaria dopo Passo Coe. La gestione e la caseificazione sono affidate al casaro Fabio Comper di Besenello. Attorno, ampi pascoli ed estese abetaie, patrimonio che è vanto della comunità, la quale aveva nell’allevamento e nella silvicoltura la principale fonte di reddito fino a pochi decenni fa, prima dell’avvento del turismo. E proprio quassù, a poche decine di metri dalla malga, piste e nuove seggiovie. Segno dei tempi, la modernità spesso non dialoga con la storia e la tipicità dell’ambiente. Percorrendo la strada che da Ortesino si alza verso le sorgenti del torrente Gli alpeggi del Trentino Trecento in media quelle «caricate» In circa 80 il latte è trasformato in loco LA BUSSOLA Malghe «comuni» La malga «comunitaria», dalle Regole ai Comuni, dalle Asuc alla «Magnifica comunità di Fiemme», è un elemento caratteristico della zootecnia trentina. In passato, quasi ogni famiglia trentina possedeva alcuni capi di bestiame che, d’estate, venivano portati all’alpeggio, utilizzando il pascolo e sgravando i nuclei familiari da quel lavoro. I proprietari davano in affido gli animali e si dedicavano alla coltivazione. Con o senza latte Le malghe, diverse se per vacche da latte o per animali giovani, si articolano spesso in «basse» e «alte» sui versanti montani di valle. All’inizio di giugno, in Val di Rabbi o in Valle del Chiese, ad esempio, gli animali restavano sui pascoli «bassi», salendo verso la metà di luglio a quelli «alti», per tornare alle quote basse a fine agosto per sfruttare il ricaccio autunnale dell’erba. I pascoli ondulati o semipianeggianti, come quelli dei monti Lessini o del Baldo, ospitano in genere una struttura unica. I premi di alpeggio Il premio di alpeggio a beneficio dei soggetti gestori è finalizzato a favorire un corretto utilizzo degli alpeggi nel rispetto delle peculiarità ambientali. Si parla di 90 euro ad ettaro per l´alpeggio di bestiame bovino da latte con almeno 15 capi in mungitura, oppure con ovicaprini con almeno 100 capi in mungitura; di 72 euro ad ettaro per l´alpeggio di bovini, ovicaprini, equini con custodia continua; di 60 euro/ettaro per l´alpeggio di malghe con greggi transumanti. Contributi sulle strutture Contributi a fondo perduto vengono concessi per interventi di conservazione, miglioramento (acquedotti o energia) di edifici di pregio. Numeri oscillanti Nel 1980, i bovini alpeggiati in provincia di Trento erano 28.521, di cui 13.635 vacche, numeri calati rispettivamente a 17.680 e 7.602 nel 1993. Poi, l’incremento ha portato ad oscillare fra i 22mila e i 23 mila bivini in alpeggio fra il 1999 e il 2005. FABRIZIO TORCHIO C irca 35 mila ettari di pascolo di montagna utilizzati, su 65mila ettari di terreno disponibile per la zootecnia, indicano l’attuale rapporto trentino fra l’allevamento e l’alpeggio in quota. Circa 300 malghe sono state alpeggiate nelle ultime stagioni, con un totale stimato in circa 8.500 vacche da latte. Solo in un’ottantina di malghe il latte d’alpeggio viene trasformato sul posto, il resto viene conferito ai caseifici di valle. Una trentina di malghe svolgono servizio di agriturismo. A Malga Juribello, gestita dalla Federazione provinciale allevatori, l’agriturismo si affianca alle dimostrazioni di lavorazione del latte Il carico dell’alpe verso la metà di giugno, e la demonticazione di settembre (desmontegada, smalgada, ecc.), rito immutato per secoli, dopo aver perso importanza nei decenni scorsi ha ritrovato vitalità in molte valli, anche grazie ad un premio di alpeggio (90 euro/ettaro per bovini da latte con almeno 15 capi in mungitura, cifre inferiori per custodia continua o greggi). Ma è probabilmente il prodotto di qualità genuina (solo latte di malga), combinato ad un turismo di sapori, paesaggi e natura, la formula di riscatto del settore che sembra oggi più convincente. «L’erba verde del pascolo è ricca di carotene, che conferisce il caratteristico colore giallognolo al burro e al formaggio», spiega Claudio Valorz, della Federazione provinciale allevatori. «L’ampia varietà vegetale dei pascoli significa vitamine, enzimi e latte più ricco di grassi. La Federazione provinciale gestisce da anni malga Juribello, dove gli animali pascolano liberi mediamente per 8, 9 ore al giorno sullo sfondo delle Pale di San Martino. L’integrazione alimentare viene fatta con cereali, la concimazione chimica non è permessa. Qui, in stagione si contano circa 150 vacche da latte che vengono munte due volte al giorno nella sala attrezzata: la mattina presto e nel pomeriggio (dopo la metà di agosto), verso le 15.30-16. La lavorazione del formaggio viene fatta una volta la settimana, di solito il martedì, a scopo didattico: un operatore della Federazione illustra le fasi di trasformazione del latte in burro, formaggio o ricotta. Attorno, oltre ai bovini, gli animali che un tempo erano diffusi in tutti i paesi e che oggi attraggono la curiosità del turista di città: pecore, cavalli, l’asino e il puledrino, conigli e maiali. Soprattutto in giugno e in luglio, Juribello ospita gruppi di studenti con un programma di soggiorno settimanale fra didattica, sapori e ambiente: il pascolo, la mungitura, la cucina tradizionale, la lavorazione del latte, la zootecnia trentina, il Parco Paneveggio Pale di San Martino. «La corretta gestione del pascolo - argomenta Valorz - si ottiene anzitutto con un carico di animali adeguato alla superficie: troppi bovini danno problemi di calpestio, pochi comportano viceversa il degrado del pascolo e la proliferazione del nardeto. Poi serve una corretta rotazione degli animali, dalle quote basse alle alte e con un consumo delle essenze che segue il ciclo vegetativo». Le malghe della zona conferiscono il latte al caseificio del Primiero e i «carichi» vanno dalle 50-70 vacche delle malghe Vallazza e Pala alle 120-130 di malga Rolle, con 60-70 animali circa per le malghe Venegia, Venegiota, Bocche, Fosse. Il circuito delle malghe, facilitato dalla strada del Rolle e dal servizio di agriturismo molto diffuso, è un percorso turistico molto frequentato. Sui pascoli delle Dolomiti Nella foto grande, bovini sui pascoli di malga Juribello, sullo sfondo delle Pale di San Martino; sopra gli edifici della malga, di proprietà della Provincia, e l’abbeverata. A fianco, forme di formaggio a malga Arnò, che sorge a 1558 metri nella valle di Breguzzo (foto archivio Federazione provinciale allevatori) PRIMIERO MUCCHE E CAPRE DA LATTE PER I SAPORI DELLE MALGHE Lagorai, liberi pastori 4 STANZE L’albeggiare del pino, la serietà del larice; se l’abete sprigiona calore fa tenerezza il cirmolo Tesori di Vallorsara Astico, ecco apparire Vallorsara, una valle solitaria, selvaggia e immacolata, dove tra le «marenzane» nidificano i galli cedroni. Siamo in una terra nascosta da piante secolari, paradiso invernale per gli amanti delle ciaspole. Nell’anfratto, nascosto dalla «scaffe» di Pioverna sorge malga Vallorsara, ristrutturata dal Comune di Folgaria e in gestione ad una giovane coppia di contadini che ne hanno ricavato un accogliente agriturismo. Quattro le stanze per gli ospiti, ognuna arredata con legno locale: ecco l’albeggiare del pino, la serietà montana del larice, mentre sprigiona calore l’abete e tenerezza il cirmolo. Tra le malghe più belle e fotografate del Trentino, la 1ª e la 2ª Posta. A poca distanza l’una dall’altra (sulla strada da Passo Sommo all’altopiano dei Fiorentini/Tonezza) escono dalle distese di forte Cherle e «dialogano» con il Becco di Filadonna e gli altipiani che sembrano seduti ai loro piedi. Il Comune di Folgaria, proprietario, dovrà intervenire per un recupero delle «pendane» che servono per il ricovero delle vacche. Le malghe possono ospitare fino a 200 capi bovini adulti, e una ventina di cavalli. Da anni la famiglia di Giancarlo Carbonari «carica» la 1ª Posta, mentre la famiglia De Guidi di Verona si dedica la seconda. Ma altre malghe sembrano custodire mille segreti, come Millegrobbe o Laghetto a Lavarone, o Costesin e Costalta a Luserna. La Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai, costituia dal 2000, lavora «per la promozione e la diffusione del valore etico, ecologico, culturale e salutistico, legato alle esperienze lavorative in malga e dei suoi prodotti in ambito istituzionale, accademico, mediatico ed educativo». Il formaggio con il marchio originale «Malghe del Lagorai» viene prodotto lavorando solo il latte di vacche e capre che pascolano in malga, preferibilmente di razza autoctona. I pascoli vengono fertilizzati con concime organico naturale e l’alimentazione base dei bovini è l’erba dei pascoli lagorini con integrazione di concentrati di cereali ( preferibilmente provenienti da bioagricoltura) non superiore al 20% sulla sostanza secca, salvo casi di emergenza, e sale marino integrale pastorizio. Il latte crudo viene lavorato a una temperatura tra i 35°- 45°, la stagionatura delle forme è su piane d’abete poste nel caserin. Le malghe che fanno capo alla Libera associazione pastori e malghesi del Lagorai sono le seguenti: Trenca, Fravort, Colo, Busa, Casapinello, Setteselle, Cagnon de sora, Valpiana, Montalon. Viene prodotto da panna di latte crudo d’alpeggio estivo e da quest’anno tutta la burrificazione avviene in malga Il Botìro, burro d’eccellenza Famoso già nel ’700, ora è presidio Slow Food MAGRO O GRASSO Per un prodotto stagionabile in malga si produceva un tempo formaggio magro (con il vantaggio di avere più burro); per il consumo più immediato formaggio grasso da latte intero di una sola mungitura. CAPRE DA LATTE L’allevamento caprino da latte è sviluppato soprattutto nelle valli di Fiemme, Ledro e Giudicarie e di Peio. Le razze più utilizzate sono la Camosciata delle Alpi, la Saanen, la Bionda dell’Adamello, la Pezzata mochena e altre. PROGETTO FORMAGGIO Un progetto 2011-2013 della Camera di commercio e della Fondazione Mach prevede l’utilizzo sperimentale di fermenti selezionati nelle produzioni casearie in due aree: sinistra Brenta, Altipiani e Valli del Noce. I segreti di Costesin a malga sugli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna è un insieme di fattori produttivi, economici, sociali, ambientali. Vi si specchiano tradizione, storia, cultura della montagna. Le mucche, libere di muoversi in spazi immensi, danno un latte straordinariamente migliore di quello che riescono a dare in stalle anguste. L’erba di montagna e il clima, arricchiscono e irrobustiscono le vacche e gli L LA SCHEDA TIZIANO DALPRÀ ovini. La malga ha sempre rappresentato per il montanaro il «rifugio», inteso come casa, riparo territorio da preservare perché patrimonio collettivo. Luserna, piccola isola cimbra, ha quattro malghe: Costesin, Costalta, Rivetta e Campo. Malga Rivetta è diventata un ritrovo per colonie di turisti, malga Campo un rifugio raggiungibile in bicicletta o a piedi, le uniche monticate sono Costesin e Costalta, quest’ultima gestita da Gianfranco Nicolussi Galeno. Costesin racconta le leggende del più vecchio contadino cimbro, Giuseppe Serafini detto il «Puccio» , rimasto vedovo alcuni anni fa ma stoicamente sempre sul pezzo. Le 80 primavere sono nascoste dal suo fare sornione e fiero di combattente. La sera, prima delle orazioni, osserva la luce intensa che va a spegnersi nella foresta cimbra. Sulla casara sventola la bandiera della pace. T. D. LE GUIDE UTILI Due guide vanno segnalate per programmare escursioni alle malghe nella regione: «Le malghe del Trentino» di Luigi Faggiani (Vivalda) ed «Escursioni alle malghe del Sudtirolo» di Hanspaul Menara (Athesia). IVANO ORSINGHER Primiero è in atto, ormai dal 2007, un progetto per la salvaguardia di un prodotto d’eccellenza, il Botìro di Primiero di Malga: un burro da panna di latte crudo d’alpeggio, prodotto solo tra giugno e settembre, periodo in cui le bovine pascolano libere in malga. Il Botìro di Primiero ha un passato prestigioso che risale almeno alla seconda metà del Settecento, quando era talmente rinomato, richiesto e ben pagato dalla Repubblica di Venezia da rendere necessaria, a Primiero, l’istituzione di un calmiere. Era questo l’unico modo per garantire anche alla gente di montagna almeno la quantità minima di burro necessaria per cucinare. Ma, negli ultimi anni questo prodotto d’eccellenza rischiava di scomparire. È per questo che, dal gennaio 2009, A il Botìro è anche un presidio Slow Food: un progetto di salvaguardia del prodotto ma anche del territorio da cui proviene, del benessere dagli animali e della giusta remunerazione degli allevatori coinvolti, sostenuto dalla Comunità di Primiero e attuato dal Caseificio sociale di Primiero. Un rigoroso disciplinare (scaricabile all’indirizzo web: http://feltrinoeprimiero.word press.com) elenca accuratamente tutti i passaggi e gli obblighi dei produttori nella fabbricazione del Botìro. Tra l’altro, quel disciplinare concedeva (per facilitare l’avvio del progetto e solo fino al 2010) la possibilità di portare la panna, affiorata naturalmente in malga, nel caseificio di fondovalle e qui poi lavorarla. È la novità di quest’anno: da luglio tutta la burrificazione avverrà invece in malga e sarà quindi in tutto rispettosa dell’antica tradizione produttiva. Per rendere possibile questo passo in avanti, il Comune (proprietario della malga Fossernica di Fuori, dove il Botìro è prodotto), il Parco Paneveggio Pale di San Martino e il locale ufficio forestale si sono impegnati ad eseguire una serie di ammodernamenti e adeguamenti degli edifici. Altre opere seguiranno per rendere del tutto autonoma e sostenibile energeticamente la malga. Per chi fosse interessato a seguire da vicino gli sviluppi del progetto, il 27 luglio, a malga Fossernica di Fuori, si terrà una giornata di «Gusto trentino», con dimostrazione di burrificazione e degustazioni guidate di botìro di Primiero di malga fresco di zangola, abbinato ad altri prodotti locali e vini trentini. Tipico Il botìro, burro da panna di latte crudo tipico del Primiero e presidio Slow Food (Archivio Slow Food, foto A. Peroli) e a fianco malga Fossernica di Fuori