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D'Amico, Giovanna: Rezension über: Emilio Drudi, Un cammino
lungo un anno. Gli ebrei salvati dal primo italiano "giusto tra le
nazioni", Firenze: Giuntina, 2012, in: Il Mestiere di Storico, 2013, 2,
S. 215, http://recensio.net/r/95c043e60adc4d17bc0003b0ff609779
First published: Il Mestiere di Storico, 2013, 2
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i libri del 2012 / 2 - monografie
215
Emilio Drudi, Un cammino lungo un anno. Gli ebrei salvati dal primo italiano “Giusto tra
le nazioni”, Firenze, Giuntina, 152 pp., € 15,00
«Il 5 maggio del 1964, lo Yad Vaschem [sic!] conferisce a [Ezio] Giorgetti il titolo di
“Giusto tra le Nazioni”» (p. 100). Proprietario dell’Hotel Savoia di Bellario, in provincia
di Rimini, a partire dal 13 settembre 1943, data d’approdo nella località marina di ventisette ebrei stranieri fuggiti dopo l’annuncio dell’armistizio dal campo di Asolo, dislocato
nel Trevigiano, Giorgetti divenne promotore di soccorsi in loro favore e nei confronti di
ulteriori dieci perseguitati «razziali» giunti successivamente. Il primo gruppo, quasi compattamente residente in Zagabria al momento dell’ingresso delle truppe dell’Asse nella
Croazia che da lì a poco sarebbe stata governata dal regime antisemita di Ante Pavelić, si
sarebbe in larga parte trasferito nella Spalato italiana, per sottrarsi alle incalzanti persecuzioni degli ustaša. L’Italia fascista, dal canto suo, avrebbe provveduto prontamente al loro
internamento ad Asolo, il 30 novembre 1941; alcuni di loro, sarebbero, invece, approdati
nel campo trevigiano per altre strade. Il 14 aprile del 1985 a piantare un carrubo, simbolo
di imperitura memoria ma anche di «umiltà», nel «bosco dei giusti» sono i familiari di
Osman Carugno, nel 1943 maresciallo a Bellario: fu lui ad aggregare le famiglie «Lehrer
Deutch» [sic!] e «Frohlich»[sic!] agli ebrei giunti in paese il 13 settembre.
Il titolo del testo non rende giustizia a una vicenda che vede allargarsi nel tempo la
rete dei soccorritori, sicché si sarebbe dovuto forse più propriamente scrivere di «giusti» al
plurale: ad essere coinvolti negli aiuti sono il segretario del Fascio repubblicano del paese,
Mirko Mussoni, ma anche il farmacista Giuseppe Olivi e gli impiegati comunali pronti
a falsificare i documenti di queste persone, più volte costrette a spostarsi per gli allestimenti sempre più impellenti della linea Gotica da parte dei tedeschi. Effettivamente, è la
dimensione della Gemeinschaft (comunità) quella che domina gli aiuti, in una rete di alleanze che taglia trasversalmente gli schieramenti politici. Nella lettera di augurio di buon
capodanno del 1944 di Ezio Giorgetti a Ziga Neumann, che, assieme al genero, si sarebbe
fatto carico di gestire i contatti col mondo esterno per favorire la protezione di tutto il
gruppo, affiorano le parole di un uomo semplice e generoso: «Sento tutta la dolcezza della
natura e vorrei coprirvi con tutto questo. Peccato: mi manca la prosa e sinceramente, vi
confesso, ne sono dolentissimo» (p. 121).
Il tono «antieroico» del racconto è la parte più riuscita del libro, mentre penalizzante
è l’assenza di rigore scientifico: l’a. non sempre chiarisce da dove ricava le informazioni
che dà e le schede degli ebrei stranieri proposte in calce al volume si «ispirano» un po’
troppo al lavoro di Daniele Ceschin, In fuga da Hitler. Gli ebrei stranieri internati nel
trevigiano (1941-1943), 2008. Né mancano errori di contenuto, come quello secondo il
quale l’origine della Todt risalirebbe al 1938 (p. 61, nota 5), mentre invece venne istituita
nel 1933 e cioè nell’anno in cui Fritz Todt – da cui ne avrebbe più tardi mutuato il nome
– diventò ispettore generale per la rete viaria.
Giovanna D’Amico
Il mestiere di storico, V / 2, 2013