MODULO 2
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MODULO 2
Corso ECM-FAD I BISOGNI INSODDISFATTI DELLA CARDIOPATIA IISCHEMICA SCHEMICA CRONICA CRONICA Siamo in n linea lin nea con con lle e LLinee inee G Guida: uida: p possiamo ossia amo ffare are m meglio? Moduli M d li formativi f i i tratti dalla Campagna Educazionale Nazionale (CEN) ANMCO MODULO 2 Gestione del paziente con cardiopatia ischemica cronica secondo le Linee Guida ESC Andrea Di Lenarda (Trieste) Caso clinico 3: Un paziente con dispnea e pregresso infarto miocardico Giancarlo Casolo (Lido di Camaiore) Caso clinico 4: Paziente in follow-up dopo Sindrome Coronarica Acuta rivascolarizzata con test ergometrico positivo ad alto carico Pier Luigi Temporelli (Veruno) Modulo 2 1 Gestione del paziente con cardiopatia ischemica cronica secondo le Linee Guida ESC Andrea Di Lenarda (Trieste) Una volta posta la diagnosi di malattia coronarica si devono individuare i pazienti a rischio di eventi coronarici, in quanto il trattamento di questi soggetti comporta una riduzione significativa della possibilità di insorgenza di tali eventi. La stratificazione del rischio basata soltanto su tre fattori, quali età, sesso e tipologia dell’angina, come proposto da Diamond e Forrester, sebbene possa apparire riduttivo, rappresenta comunque il punto di partenza per la costruzione del successivo percorso. I gruppi di pazienti con una probabilità pre-test (PTP) compresa nel range 15-65% ed una funzione ventricolare sinistra normale possono essere sottoposti ad un ECG da sforzo come test iniziale (costi minori, diffusa disponibilità ed agevole esecuzione) oppure, se la disponibilità e le competenze locali lo consentono, possono effettuare un imaging test non invasivo per l’ischemia come seconda scelta. Al contrario, i pazienti con PTP compresa nel range 66-85% o in presenza di disfunzione ventricolare sinistra dovrebbero effettuare in prima istanza un test di imaging non invasivo, mentre il test da sforzo (ergometrico) è da ritenersi di seconda scelta per la sua sensibilità relativamente bassa. A questo punto, se il test da sforzo fornisce un risultato dubbio si può effettuare un ulteriore approfondimento diagnostico funzionale ricorrendo all’imaging stress test (se non effettuato in precedenza); qualora, invece, il test da sforzo abbia evidenziato la presenza di ischemia e confermato la diagnosi di SCAD si procede all’ulteriore stratificazione del rischio per stabilire se la mortalità è >3% per anno ed il paziente è candidabile alla coronarografia, mentre in assenza di ischemia si deve considerare la possibilità di una coronaropatia funzionale o ricercare altre cause. Quando la PTP rientra in un range intermedio basso (15-50%), se il paziente presenta le caratteristiche adatte ed esistono disponibilità e competenze a livello locale, è possibile considerare l’impiego della TC coronarica. La stratificazione del rischio tiene conto di diversi parametri che includono l’esito del test ergometrico valutato mediante il Duke Treadmill Score, nonché i risultati dell’imaging stress test e della TC coronarica. In tal senso un paziente viene definito ad alto rischio se: l’ECG da sforzo si associa in termini prognostici ad una mortalità cardiovascolare media annuale >3%; l’imaging test non invasivo (scintigrafia) rileva la presenza di un’area di ischemia >10%; la TC coronarica evidenzia malattia di tre vasi con stenosi prossimale, coronaropatia del tronco comune o della discendente anteriore prossimale. In questi casi esiste l’indicazione alla coronarografia; la valutazione coronarica invasiva è indicata anche nei pazienti severamente sintomatici in un contesto di rischio elevato o severamente sintomatici che non rispondono adeguatamente alla terapia medica. Se i risultati della coronarografia non sono conclusivi o è necessaria una conferma rispetto alla significatività della stenosi coronarica la riserva frazionale di flusso (FFR) può essere utile ad identificare i pazienti con valori <0.80 che hanno indicazione alla rivascolarizzazione. Il problema dell’appropriatezza dell’angioplastica consiste nel fatto che spesso ci si preoccupa più di come effettuare l’intervento o quale stent utilizzare piuttosto che stabilire con maggiore accuratezza il perché eseguirla, quando praticarla e quali pazienti candidare a tale procedura. A completamento del percorso rimane da valutare l’approccio terapeutico. Nel caso dei pazienti a basso rischio di eventi (mortalità annua <1%) si ricorre alla terapia medica ottimizzata (OMT), che va continuata in caso di miglioramento dei sintomi o intensificata se non si osserva alcuna attenuazione della sintomatologia; qualora il paziente risulti refrattario anche all’intensificazione della OMT va considerato il ricorso alla coronarografia più l’eventuale FFR, quando indicata. In presenza di rischio intermedio di eventi (mortalità annua >1% ma <3%) è possibile instaurare la OMT oppure, sulla base delle comorbilità e della preferenza del paziente, entrare nel circuito della valutazione invasiva (coronarografia più eventuale FFR laddove indicata). Infine, per quanto riguarda le opzioni per la OMT, i farmaci di prima linea sono rappresentati dai betabloccanti o dai calcio-antagonisti. Nel caso in cui i sintomi non sono controllati con i farmaci di prima linea, ad essi possono essere associati i farmaci di seconda linea, ad es. ranolazina o ivabradina; questi ultimi sono inoltre da considerarsi come “terapia di prima linea” nei pazienti che mostrano controindicazioni o intolleranza ai beta-bloccanti/calcio-antagonisti. Sebbene tra i farmaci di seconda linea siano inclusi anche i nitrati a lunga durata d’azione, le linee guida invitano a rivalutare criticamente, nel singolo paziente, il loro utilizzo. I nitrati, infatti, non hanno un’efficacia continua se assunti per un periodo prolungato, necessitano quindi di un intervallo libero dall’utilizzo e possono indurre un peggioramento della funzionalità endoteliale come potenziale complicanza. Tutto ciò va inserito in un contesto di prevenzione secondaria che prevede un corretto stile di vita ed il controllo dei fattori di rischio, nonché l’impiego di acido acetilsalicilico, statine ed eventualmente ACE-inibitori. Modulo 2 2 Caso clinico 3 Un paziente con dispnea e pregresso infarto miocardico Giancarlo Casolo (Lido di Camaiore) Uomo, 74 anni, BMI 27 kg/m2, ex fumatore, non diabetico, iperteso, dislipidemico. Effettua un controllo ambulatoriale per dispnea, nel corso del quale si riscontra la seguente obiettività: Pressione Arteriosa (PA) 150/80 mmHg, assenza di soffi, Murmure Vescicolare (MV) ridotto, polsi presenti. L’ECG evidenzia ritmo sinusale, PR nei limiti e Frequenza Cardiaca (FC) di 70 battiti al minuto; la morfologia del tracciato mostra un aspetto compatibile con pregressa necrosi anteriore. Quest’ultimo può considerarsi come un reperto occasionale, in quanto la necrosi miocardica risultava misconosciuta. Ciò implica l’opportunità di chiedersi qual è l’incidenza annuale di infarto del miocardio (IM) in soggetti adulti. Subito dopo, considerando lo specifico caso clinico, ci si deve porre l’interrogativo di quale sia l’incidenza di IM non riconosciuti in soggetti adulti. A tale riguardo va detto che, in base ai risultati del Rotterdam study (pubblicato nel 2006 su European Heart Journal), condotto su una popolazione di soggetti con età pari o superiore a 55 anni, di entrambi i sessi, l’incidenza annuale di IM è pari al 5 per 1000, mentre quella di IM non riconosciuto è del 3 per 1000, la cui frequenza, peraltro, è più elevata nelle donne (Figura 1). Uomini FIGURA 1 Donne Età (anni) Frequenza di IM non riconosciuti, come proporzione di tutti gli infarti incidenti, in rapporto all’età. Età (anni) De Torbal et al. Eur Heart J 2006 La dispnea può essere dovuta a cause cardiache o extra-cardiache (Figura 2). Uno studio pubblicato nel 2005 su The New England Journal of Medicine, riguardante circa 18000 pazienti sottoposti a scintigrafia perfusionale cardiaca, ha evidenziato che sia in caso di storia clinica nota di cardiopatia ischemica (CAD), sia nei pazienti Dispnea: Cause con anamnesi negativa per CAD, la dispnea ha un FIGURA significato prognostico sfavorevole. Nello studio in ogCardiache getto la dispnea ha un valore prognostico sfavorevole • Scompenso cardiaco addirittura superiore al dolore anginoso. • Valvulopatie • CAD In relazione al paziente in esame, tra le possibili cause cardiache di dispnea si possono annoverare Extracardiache l’equivalente anginoso, la disfunzione sistolica, la • Polmonari • Ipertensione polmonare disfunzione diastolica o una valvulopatia, per cui si è • Psichiatriche reso necessario il ricorso ad indagini strumentali per orientare la diagnosi (Figura 3). 2 Modulo 2 Quale Test? L’esame ritenuto più opportuno in prima istanza nel FIGURA presente caso clinico è l’ecocardiografia bidimensio• Test da sforzo • Ecocardiogramma bidimensionale nale, per verificare le condizioni funzionali del cuore • Imaging durante stress (ECO-SPECT) ed escludere la presenza di scompenso o valvulo• TC coronarica patie come cause della dispnea. Inoltre, mediante • Risonanza magnetica l’ecocardiografia è possibile ricavare elementi utili • Angiografia coronarica anche ai fini prognostici, quali: il numero di segmenti sinergici, la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, i volumi ventricolari, il rigurgito mitralico, la funzione ventricolare destra e la funzione diastolica. Viene, pertanto, eseguita l’ecocardiografia bidimensionale ed il referto è il seguente: “Atrio sinistro lievemente dilatato (41 mm); ipo-acinesia anterosettale (3 segmenti); Frazione di Eiezione (FE) ventricolo sinistro 45%; ventricolo destro privo di alterazioni; mitrale continente; alterato rilasciamento del ventricolo sinistro”. A questo punto è necessario effettuare un ulteriore approfondimento diagnostico, individuando l’indagine più indicata al caso clinico in esame (Figura 4). Quale Test? A tale proposito, le Linee Guida suggeriscono come FIGURA • Test da sforzo primo step l’impiego del test ergometrico nei soggetti • Imaging durante stress (ECO-SPECT) in grado di effettuare uno sforzo. Tale indicazione • TC coronarica nelle Linee Guida ha Livello di Raccomandazione 1, • Risonanza magnetica Evidenza C. Pertanto è stato effettuato a scopo pro• Angiografia coronarica gnostico un test da sforzo. Come risultato del test ergometrico, che è stato interrotto precocemente al carico di 50Watt per la comparsa di dispnea, è stato possibile rilevare il sottolivellamento ST di 1mm in V4-V6 e l’assenza di angina. Secondo la valutazione effettuata in base al Duke Treadmill Score, il test da sforzo nel caso specifico comporta in termini prognostici un rischio di mortalità compreso nel range 1.5-2% (Figura 5). Deviazione Linea di Angina del segmento lettura durante ST durante dell’ischemia l’esercizio l’esercizio Nessuna Prognosi Sopravvivenza a 5 anni Mortalità annua media Durata dell’esercizio Met Min 3 3 4 FIGURA 5 Duke Treadmill Score: test da sforzo. Ischemia non limitante Limitante l’esercizio 3 METS 25W 5 METS 75W 6-7 METS 100W 9 METS 150W 13 METS 200W Nel paziente in esame, che dal punto di vista clinico manifestava dispnea, l’ecocardiografia ha evidenziato una FE del ventricolo sinistro pari al 45% e lo stress test ha mostrato elementi suggestivi di rischio; pertanto, viene ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento diagnostico. In questo caso si decide di effettuare l’esame di imaging durante stress (ECO-SPECT) per documentare l’estensione dell’area ischemica a fini prognostici, dal momento che, quanto minore è la percentuale di miocardio totale ischemico (valore cut-off 10%), tanto meno efficace risulta la rivascolarizzazione rispetto alla terapia medica in termini di riduzione del tasso di mortalità cardiaca (Figura 6). Modulo 2 Terapia medica Rivascolarizzazione Tasso di mortalità da causa cardiaca 10% FIGURA 6 Tassi di mortalità da causa cardiaca durante il periodo di follow-up in pazienti sottoposti a rivascolarizzazione oppure a terapia medica, in funzione della percentuale di miocardio totale ischemico. * § 8% 6.7% 6.3% 6% 4.8% 3.7% 4% 3.3% 2.9% 2.0% 1.8% 2% 1.0% 0.7% 0% 7110 16 1331 56 718 109 545 243 0% 1-5% 5-10% 11-20% 4 252 267 >20% % Miocardio totale ischemico La scintigrafia miocardica da sforzo relativa al caso clinico in esame ha rilevato quanto segue: “Difetto non reversibile antero-settale coinvolgente il 15% del miocardio nel territorio dell’IVA. Difetto reversibile posterolaterale circa 10% del miocardio ventricolare”. Pertanto, il risultato dell’indagine si colloca nell’“area grigia”, in quanto non supera il cut-off, indicando un rischio intermedio. Resta, pertanto, da stabilire l’opportunità di effettuare la coronarografia.In riferimento a ciò, i risultati di uno studio pubblicato su Journal of the American College of Cardiology nel 2011, condotto con l’obiettivo di valutare il valore prognostico della rilevazione di coronaropatia mediante TC coronarica utilizzando i dati del registro osservazionale CONFIRM (Coronary CT Angiography Evaluation for Clinical Outcomes: An International Multicenter Registry), relativi a oltre 23000 pazienti senza malattia coronarica nota, evidenziano il “peso” prognostico dell’anatomia coronarica (estensione e gravità delle lesioni) per quanto riguarda la mortalità, che è più elevata nei pazienti con malattia ostruttiva trivasale (Figura 7). FIGURA 7 Mortalità annua con terapia medica 1 Vaso 1.4 2 Vasi 2.4 1 Vaso, >95% LAD prossimale Estensione CAD 3.4 4.2 2 Vasi, >95% LAD prossimale 4.2 3 Vasi 3 Vasi, >95% in almeno 1 di essi 5.4 3 Vasi, >75% LAD prossimale 6.6 8.2 0 2 4 Peso dell’anatomia coronarica (estensione e gravità delle lesioni) sulla mortalità. 6 8 3 Vasi, >95% LAD prossimale 10 12 14 (%) Nel caso in esame, si potrebbe praticare indifferentemente la TC coronarica o la coronarografia, a seconda della disponibilità locale; si decide, anche in considerazione dei più brevi tempi d’attesa per eseguire l’esame, di effettuare la coronarografia, il cui referto è il seguente: “Dominanza sinistra; TC indenne; occlusione di IVA medio-apicale; CDx priva di lesioni significative; stenosi >50% di MO; ATS diffusa”. Modulo 2 5 Pertanto, al termine dell’iter diagnostico cui è stato sottoposto il paziente, si sono ottenuti i seguenti risultati: - all’ecocardiografia è stata rilevata una frazione di eiezione del ventricolo sinistro pari al 45%; - la scintigrafia miocardica ha evidenziato un’area ischemica di circa 10% (rischio intermedio); - all’esame coronarografico è stata riscontrata malattia di due vasi, uno verosimilmente critico (non IVA). Una meta-analisi (pubblicata nel 2014 su JAMA Arch Intern Med) di studi clinici randomizzati condotti con l’obiettivo di confrontare l’angioplastica coronarica (PCI) ed impianto di stent con la terapia medica (MT) in pazienti con coronaropatia (CAD) stabile e segni di ischemia miocardica ha evidenziato che la strategia iniziale di effettuare la PCI e la MT non comportava vantaggi in termini di riduzione della mortalità, dell’infarto miocardico, della rivascolarizzazione non programmata o dell’angina rispetto alla sola terapia medica. Per quanto riguarda i farmaci indicati nel trattamento medico della CAD stabile, le linee guida raccomandano: - Per il controllo sintomatologico, oltre ai nitrati short acting, i beta-bloccanti ed i calcio-antagonisti come farmaci di prima linea; in caso di inadeguato controllo dei sintomi con i farmaci di prima linea, possono essere associate come terapia di “seconda linea” la ranolazina e l’ivabradina, le quali peraltro diventano farmaci “di prima linea” in caso di intolleranza e/o controindicazioni ai beta-bloccanti e ai calcio-antagonisti. - Per la prevenzione degli eventi, oltre all’adozione di un corretto stile di vita ed al controllo dei fattori di rischio, si suggerisce l’impiego dell’acido acetilsalicilico (ASA), delle statine, nonché l’eventuale somministrazione di ACE-inibitori o antagonisti dei recettori dell’angiotensina (Figura 8). Nel caso in esame, il paziente viene sottoposto a terapia medica con bisoprololo (2.5 mg), ASA (100 mg/die), ramipril (5 mg/die), atorvastatina (40 mg) e nitrato transdermico (10 mg), verificando Sollievo dei sintomi anginosi Prevenzione degli eventi 1a linea Nitrati a breve durata di azione, più • Beta bloccanti o calcio antagonisti che riducono la frequenza cardiaca • Valutare calcio-antagonisti diidropiridinici se frequenza cardiaca bassa o intolleranza/controindicazioni • Valutare beta-bloccanti + calcioantagonisti diidropiridinici se CCS Angina >2 • Management dello stile di vita • Controllo dei fattori di rischio Si può aggiungere o sostituire (1a linea in alcuni casi) • Acido acetilsalicilicob • Statine • Considerare ARB e ACE-inibitori 2a linea + Educazione dei pazienti • Ivabradina • Nitrati a lunga durata di azione • Nicorandil • Ranolazinaa + • Trimetazidinaa Valutare angio → PCI-stent o CABG FIGURA 8 Trattamento farmacologico dei pazienti con cardiopatia ischemica cronica stabile. ACEI= inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina; CABG= bypass graft coronarico; CCB= calcioantagonisti; CCS= Canadian Cardiovascular Society; DHP= diidropiridina; PCI= intervento coronarico percutaneo. a Dati per diabetici. b In caso di intolleranza, considerare clopidogrel. Modulo 2 6 l’eventuale necessità di • Aggiunto diuretico senza beneficio ma con ipotensione passare ad una terapia FIGURA 9 Cosa fare? di II livello in caso di Il paziente persistenza dei sintomi. continua ad a) Introduco in terapia un diuretico risparmiatore di K In effetti, il paziente noavere dispnea da b) Effettuo una ecocardiografia da sforzo nostante il trattamento sforzo. farmacologico continua c) Esamino la presenza ed entità della cicatrice con RMC a manifestare dispnea da sforzo e l’ulteriore aggiunta del diuretico non produce alcun beneficio, ma bensì provoca ipotensione. Pertanto, si pone la necessità di considerare altre strategie di intervento (Figura 9). Tra le possibili opzioni valutate, si decide di effettuare l’ecocardiografia da sforzo (opzione C) da cui si ottengono le seguenti informazioni aggiuntive: “Al II stadio del test si evidenzia comparsa di importante insufficienza mitralica. Tethering del lembo posteriore della valvola mitrale con relativo movimento ristretto. Lenta risoluzione della insufficienza nel recupero”. Alla luce dei dati disponibili le opzioni terapeutiche consistono nell’incremento della terapia medica, aggiungendo i farmaci raccomandati per raggiungere la terapia medica ottimale (OMT) e nel tentativo di risoluzione dell’ischemia trattando la lesione della Cx (vaso coronarico in genere poco importante, ma in questo caso determinante). Modulo 2 7 Caso clinico 4 Paziente in follow-up dopo Sindrome Coronarica Acuta rivascolarizzata con test ergometrico positivo ad alto carico Pier Luigi Temporelli (Veruno) Uomo (A.P.), età 71 anni, con fattori di rischio rappresentati da ipertensione arteriosa, dislipidemia ed abitudine tabagica, all’anamnesi riferisce l’insorgenza, negli ultimi due mesi, di dolori retrosternali atipici da sforzo, di breve durata. Pertanto, si sottopone a controllo cardiologico nel corso del quale si riscontrano RS 78/min, ipertensione arteriosa (PA 165/90 mmHg) ed ipercolesterolemia (250 mg/dl). Viene consigliata terapia con acido acetilsalicilico (100 mg/die), olmesartan (20 mg) e simvastatina 20 mg; inoltre, si decide di prenotare un test ergometrico. In effetti, nel caso in esame, non era ancora noto se si trattasse di un soggetto ischemico, per cui la decisione di prescrivere l’acido acetilsalicilico (ASA) non appare del tutto appropriata; inoltre, a causa degli eccessivi tempi di attesa non è stato eseguito l’ecocardiogramma, che invece avrebbe potuto fornire utili informazioni. La stratificazione del rischio basata su età, sesso e tipologia dell’angina, come proposto da Diamond e Forrester, colloca il paziente nella fascia intermedia della probabilità pre-test (PTP) di malattia coronarica (Figura 1). Nei pazienti con sintomi di angina e PTP intermedia di arteriopatia coronarica (66%-85%) le linee guida ESC raccomandano di effettuare lo stress imaging test come indagine di prima linea per porre diagnosi di malattia coronarica stabile (SCAD), se la disponibilità e le competenze locali lo consentono o, in alternativa, l’ECG da sforzo. Il paziente, in attesa di eseguire il test ergometrico, continua ad accusare dolori retrosternali da sforzo che diventano più frequenti; il giorno 10/4/2014, alle 8.45, insorge per la prima volta dolore retrosternale a riposo, che si protrae con andamento discontinuo nel corso della mattinata. Alle ore 15 il paziente viene accompagnato dalla moglie al P.S. del più vicino Ospedale, dove viene praticato un ECG ed il dosaggio della troponina I (TnI), che risultano entrambi negativi. Alle 16.30 il dolore diventa continuo ed un secondo ECG evidenzia sopraslivellamento del tratto ST in sede inferiore confermando la diagnosi di infarto del miocardio. Vengono somministrati eparina non frazionata e.v. e dose da carico di clopidogrel; in seguito al trattamento farmacologico si osserva riduzione del sopraslivellamento del tratto ST. Si decide comunque di trasferire il paziente, ancora sintomatico, presso il Centro Hub di riferimento. Angina tipica Angina atipica Dolore non anginoso Età Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine 30-39 59 28 29 10 18 5 40-49 69 37 38 14 25 8 50-59 77 47 49 20 34 12 60-69 84 58 59 28 44 17 70-79 89 68 69 37 54 24 >80 93 76 78 47 65 32 FIGURA 1 Probabilità clinica pre-test in pazienti con dolore anginoso stabile. Modulo 2 8 All’ingresso in sala di emodinamica, dove il paziente viene trasportato direttamente, si rileva il seguente quadro clinico: PA 100/70 mmHg, sudorazione, soffio olosistolico apicale, stasi polmonare basale (Killip 2). L’angiografia coronarica evidenzia quanto segue: “Subocclusione della coronaria destra, dominante, nel tratto medio. Flusso TIMI 2. Stenosi subcritica 50% su Cx media”. Viene eseguito l’intervento di angioplastica (PTCA) sulla coronaria destra con impianto di stent metallico. Durante il periodo di ricovero, si riscontra un aumento dei marker enzimatici: CPKmb - attività massima 70 U/L (valore normale, fino a 25 U/L); TnI - livelli massimi 11 mg/ml (valore normale, fino a 0.2 mg/ml). In seguito alla PTCA si osserva la regressione della stasi polmonare. L’ecocardiogramma pre-dimissione permette di evidenziare quanto segue: “Acinesia inferiore basale. Frazione di eiezione pari al 52%. Rigurgito mitralico lieve. Diastole non restrittiva”. Il paziente viene dimesso in quinta giornata con diagnosi di SCA STEMI inferiore e programma di controllo ambulatoriale a distanza di 30 giorni. Al paziente viene prescritta la seguente terapia medica: pantoprazolo 20 mg (1 cpr al mattino a digiuno); metoprololo 100 mg (1/2 cpr ore 8-20); ramipril 2.5 mg (1 cpr ore 8); ASA 100 mg (1 cpr dopo pranzo); clopidogrel 75 (1 cpr dopo cena); atorvastatina 80 mg (1 cpr dopo cena); inoltre, viene raccomandata la cessazione dell’abitudine al fumo di sigaretta (Figura 2). AP maschio a. 71 Nel corso del ricovero movimento enzimatico: CPKmb attività max 70 U/L (VN fino a 25 U/L); TnI max 11 mg/ml (VN fino a 0.2 mg/ml). Regressione della stasi polmonare dopo PTCA. All’ecocardiogramma pre-dimissione acinesia inferiore basale. FE 52%. Rigurgito mitralico lieve. Diastole non restrittiva. Il paziente viene dimesso in 5a giornata con diagnosi di SCA STEMI inferiore con programma di controllo ambulatoriale a 30 giorni Terapia: Pantoprazolo 20 mg 1 cp al mattino a digiuno Metoprololo 100 mg 1/2 cp ore 8-20 Ramipril 2.5 mg 1 cp ore 8 Cardioaspirina 1 cp dopo pranzo Clopidogrel 75 1 cp dopo cena Atorvastatina 80 mg 1 cp dopo cena FIGURA 2 Raccomandazioni per sospensione fumo Non si ritiene necessario effettuare la riabilitazione post-infarto in quanto il paziente viene considerato a basso rischio, alla luce dei seguenti elementi clinici: frazione di eiezione del 52%, vascolarizzato in maniera efficace, non diabetico, senza patologie concomitanti quali BPCO o insufficienza renale (Figura 3). Quanto alla terapia antiaggregante dopo intervento di rivascolarizzazione coronarica percutanea, va ricordato che le linee guida suggeriscono di utilizzare preferibilmente clopidogrel, in alternativa a prasugrel o ticagrelor, quando questi ultimi non sono disponibili o risultano controindicati. In occasione del controllo clinico programmato a 30 giorni dalla dimissione viene confermata la terapia in atto e ribadita la raccomandazione di sospendere il fumo. Amb. CR CR Amb. cardiologici cardiologici Counseling degenziale ambulatoriale dedicati prev. sec. MMG ++ Alto rischio Rischio trombotico elevato Basso rischio + ++ + ++ + ++ FIGURA 3 Percorsi di riabilitazione e prevenzione secondaria in funzione del profilo di rischio nel 1 anno.. Modulo 2 1. Test ergometrico va fatto per escludere sintomi in esercizio 2. Test ergometrico in terapia piena per svelare eventuale restenosi 3. Test ergometrico non indispensabile in paziente asintomatico ma qualora eseguito non è per svelare restenosi e va fatto in terapia piena 4. Stress imaging invece di test ergometrico 9 FIGURA 4 Opzioni. Dopo circa 6 mesi il cardiologo curante, in assenza di sintomi, decide, tra le varie opzioni valutate, di far eseguire il test ergometrico in sospensione parziale (cioè per 24 ore) della terapia con beta-bloccante (Figura 4). Nel frattempo il medico curante ha ridotto il dosaggio dell’atorvastatina a 20 mg/die (colesterolo LDL, 92 mg/dl; altri parametri ematochimici nella norma) ed il paziente ha diminuito, ma non sospeso, il fumo. In base alle linee guida europee ESC ed a quelle statunitensi ACC/AHA, tra i parametri del test da sforzo associati a prognosi sfavorevole è inclusa la ridotta capacità di esercizio (Figura 5). • Positività a basso carico • Spiccato sottoslivellamento di ST (>2mm) • Sottoslivellamento di ST in più di 5 derivazioni • Persistenza di anomalie ECG di natura ischemica per più di 5 minuti nel recupero • Ridotta capacità di esercizio FIGURA 5 Parametri del test da sforzo associati a prognosi sfavorevole. • Calo PA sistolica durante sforzo • Aritmie ventricolari maggiori durante sforzo (TV) Nel caso del paziente in esame, il test da sforzo al cicloergometro (Figura 6) viene interrotto a 125 w 1 min (prot. 25 w ogni 3’) per fatica muscolare, FC massima 141 bpm (a riposo 67 bpm), con incremento della PAS da 120 a riposo a 190 mmHg al picco, in presenza di lieve sottoslivellamento del tratto ST asintomatico al massimo carico (<1 mm) in V3-V6 (DP 26.600) a rapido recupero, per cui va individuata la successiva strategia più adatta al paziente in esame. Il cardiologo prescrive atorvastatina al dosaggio di 40 mg (invece di 20 mg) e richiede una scintigrafia da sforzo il cui referto è il seguente: “Piccolo difetto fisso infero-basale, frazione di eiezione conservata, minima ischemia latero-distale”. In riferimento a questo risultato si propongono varie opzioni. La decisione del cardiologo è quella di associare alla terapia in atto un farmaco antiischemico long-acting e di programmare una scintigrafia di controllo a distanza di 1 anno. Va ricordato a tale riguardo che la somministrazione di nitrati non appare utile in questo tipo di paziente, ma può addirittura causare problemi. Infatti, ricerche sperimentali e studi clinici hanno evidenziato che la prolungata esposizione ai nitrati può provocare effetti sfavorevoli nei pazienti con malattia cardiovascolare, tra cui stress ossidativo e disfunzione endoteliale; quindi i nitrati long-acting sono farmaci potenzialmente rischiosi, malgrado l’apparente innocuità, tanto che a proposito di essi è stata evocata in un recente articolo la suggestiva metafora di “lupo in veste d’agnello” (Figura 7). Pertanto, considerati nel loro insieme, questi risultati hanno condotto ad una revisione critica del ruolo dei nitrati long-acting nella profilassi dell’angina, il cui impiego a lungo termine si ritiene attualmente come non “evidence-based”. Modulo 2 Basale test da sforzo al Cicloergometro 10 FIGURA 6 Picco esercizio FIGURA 7 “Nel loro insieme, evidenze preliminari e dati emergenti da studi preclinici sui nitrati potrebbero indurre ad un ripensamento e ad una rivalutazione delle attuali strategie terapeutiche per quanto riguarda il loro ruolo nei pazienti con malattie caratterizzate da disfunzione vascolare” Ipotesi dall’articolo di Rassaf et al., Eur Heart J 2013; 34:3173-3174 “Isosorbide5-mononitrate and entothelial function: a wolf in sheep’s clothing”.