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Sentenza Commissione tributaria regionale LOMBARDIA Milano, sez. 44, 21-01-2008, n. 2 Pres. D'Agostino Claudio - Rel. D'Agostino Claudio
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 13 dicembre 2006 la Commissione tributaria provinciale di Como accoglieva il
ricorso proposto da Ha. S.r.l. avverso il provvedimento dell'Agenzia delle entrate - Ufficio UTIF di
Como, notificatole il 15 marzo 2006 ed impugnato il giorno 5 giugno successivo, con cui - per il
periodo dal 9/9/2005 al 7/2/2006 - veniva da un lato riconosciuto il diritto all'esenzione dall'imposta
erariale di consumo sull'energia elettrica consumata presso l'opificio di So.Ar., "come riscaldamento
negli usi indispensabili al compimento di processi industriali veri e propri", in forni di
presinterizzazione e di sinterizzazione, mentre per contro si sottoponeva quel consumo all'imposta
addizionale, per asserito difetto dei requisiti di cui all'art. 52 comma 3, lettera e - ter) del D.Lgs. n.
504/1995, e ritenuta applicabilità della lettera n) di cui al precedente comma 2, con conseguente
obbligo di versare la relativa rata mensile di acconto in misura di Euro 926,00.
Contro la sentenza, che aveva fra l'altro fatto richiamo al disposto dell'art. 4 del D.L. n. 250/1995,
convenuto con modificazioni nella legge n. 349/1995, proponeva quindi appello in data 20 aprile
2007 l'Agenzia delle Dogane di Como.
Si costituiva nel grado l'appellata resistendo al gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Sarà opportuno rammentare, circa le (due) addizionali all'imposta di consumo sull'energia elettrica
implicate nel quadro normativo di riferimento e di seguito delineato, che esse erano state istituite in
rapida progressione di tempo a mezzo dapprima dell'articolo 6 del D.L. n. 511/1988 e poi dell'art. 4
del D.L. n. 332/1989 (nei testi stabiliti dalle rispettive leggi di conversione n. 20/1989 e 384/1989),
con l'espressa previsione - sarà peraltro qui il caso di sottolineare - che si applicavano anche ai
consumi esenti dall'imposta erariale medesima.
Di poi l'articolo 4 del citatosi D.L. n. 250 nel suo unico comma - avente natura e funzione di
interpretazione autentica - aveva stabilito che le suindicate disposizioni normative andavano
interpretate nel senso che era assoggettata alle addizionali ivi previste anche l'energia elettrica
impiegata negli opifici industriali come riscaldamento negli usi indispensabili al compimento di
processi industriali veri e propri, mentrechè non era assoggettata alle addizionali l'energia elettrica
utilizzata come materia prima nei processi industriali elettrochimici ed elettrometallurgici, ivi
comprese le lavorazioni siderurgiche e delle fonderie.
Dopo oltre un decennio, infine, la legge n. 388/2000, la c.d. legge finanziaria 2001, al suo articolo
28.1 avrebbe stabilito che l'addizionale erariale di cui all'articolo 4 del D.L. n. 332 cit. e successive
modificazioni era soppressa, e che il surriferito suo articolo 4 era abrogato.
Nel contempo, però, il medesimo articolo 28, con il proprio quarto comma, interveniva ad abrogare
altresì l'articolo 4 del D.L. n. 250 prima citatosi.
Alla luce dunque di questa descritta situazione normativa sussistente al tempo dell'effettuato
consumo di energia elettrica e così del provvedimento oggetto del giudizio, l'Ufficio impositore
aveva in esso stabilito che nella fattispecie l'accisa, ovvero l'imposta erariale cui l'art. 52.1 del
D.Lgs. n. 504/1995 (il testo unico della materia) sottoponeva l'energia elettrica non trovava positiva
applicazione, e tuttavia determinandosi insieme a pretendere invece il pagamento dell'addizionale:
quella cioè sancita dal D.L. n. 511/1988.
Tanto premesso, in questa sede di riesame converrà perciò richiamare in primo luogo l'accennatasi
autonomia (parziale) della disciplina normativa dell'addizionale all'accisa di cui all'articolo 6.2 del
D.L. n. 511/1988 rispetto alle disposizioni di cui all'art. 52 del T.U. nella formulazione, ben
s'intende, all'epoca in vigore - in prosieguo modificata.
Al quale riguardo va altresì rilevato che il secondo comma dell'articolo 52 appena citato
contemplava i casi di (mera) esenzione dall'accisa sull'energia elettrica, in cui cioè, pur sussistendo i
presupposti dell'imposizione, questa tuttavia non veniva applicata per una sorta di concessa
agevolazione, mentre invece il successivo terzo comma contemplava i casi di non sottoposizione
all'imposta: cosicché le due categorie appena menzionatesi risultano, anche ai fini qui rilevanti,
denotate da una saliente differenza non già terminologica, bensì costitutiva, quanto alle varie ipotesi
rispettivamente in esse declinate.
D'altro canto, venuta meno la norma di interpretazione autentica che consentiva ed imponeva di
operare, ai fini dell'applicazione o meno dell'addizionale, le distinzioni che vi erano enunciate, è poi
da riferirsi che la società Ha., per parte propria, fin dal ricorso introduttivo presso la Commissione
tributaria provinciale aveva sostenuto di utilizzare, nell'attività industriale di sinterizzazione dei
metalli, grandi quantità di energia elettrica come materia prima nei forni elettrici.
E' pertanto da stabilirsi il rapporto intercorrente fra le due categorie contemplate dall'articolo 52 più
volte menzionato nei suoi rispettivi commi 2 e 3 - nel testo, si ribadisce, all'epoca vigente -, e
stabilire a quale di esse effettivamente appartenga la dedotta funzione d'impiego, non potendo
rivestire vincolante portata la riferita qualificazione subiettiva data dal contribuente.
In proposito è inoltre da osservarsi che il prodotto realizzato viene descritto dall'interessata in
termini di elementi di metallo duro - come barrette, blocchi, piastre, quadri, anelli di macchinari e
via dicendo - che devono resistere ad elevate sollecitazioni d'attrito con una contenuta loro usura
superficiale: un risultato per cui il riscaldamento di tipo elettrico si considera - ed è incontroverso in
causa - insostituibile nel processo produttivo, dal momento che un diverso vettore di calore sarebbe
per più motivi non compatibile con le peculiari esigenze della lavorazione in oggetto, a cui necessita
un'atmosfera controllata che non generi fenomeni ossidativi, ed una modulazione del gradiente
termico regolabile con esattezza.
Secondo quanto è dato dunque di desumere dalla vasta documentazione in atti allegata, nella specie
l'energia elettrica viene bensì impiegata in funzione termica senz'altro infungibile nel processo di
produzione metallurgica, ma, tiene anche a sottolineare l'Ufficio impositore, quale agente esterno
ovvero - assume - per riscaldare il materiale da trattarsi senza tuttavia partecipare direttamente,
quale materia prima, alla sua trasformazione, senza cioè essere implicata nella struttura molecolare
del materiale attraverso una reazione chimica o chimico - fisica e costituire una componente
intrinseca del prodotto finale, siccome combinatasi in esso.
Ciò riferito, il farsi conseguente richiamo, circa un tale utilizzo del calore elettrico, all'ipotesi
enunciata nella lettera n) dell'articolo 52 comma 2 del citato testo unico, ed in ragione, più
genericamente, del risultare esso appunto indispensabile nella lavorazione, non pare in realtà
interpretazione da condividersi.
In effetti la connotazione dell'uso indispensabile costituisce solo un primo, più immediato livello di
lettura che di per sé non esaurisce però l'ambito di una compiuta interpretazione, che deve infatti
articolarsi alla stregua del più generale contesto dell'articolo ultimo sopra menzionato, dal quale
l'ipotesi di elettiva pertinenza emerge essere quella invece contemplata nella lettera e - ter) del
successivo comma 3: disposizione che, introdottasi a partire dal 1° gennaio 2001, concerne l'energia
elettrica impiegata come materia prima nei processi industriali elettrochimici, elettrometallurgici ed
elettrosiderurgici.
E, se la locuzione materia prima che ivi ricorre appare in sé almeno discutibile, posto che l'energia
elettrica non può definirsi una materia, tale manifesta improprietà terminologica non può tuttavia
impedire l'individuazione della finalità pur volutasi di certo perseguire dal legislatore, perché in
diverso modo si giungerebbe ad una pratica disapplicazione della disposizione stessa.
S'impone cioè di individuare la ragion d'essere inerente a siffatto dettato; ed in merito è proprio la
compresenza nel testo regolativo di un impiego dell'energia elettrica definito indispensabile a
suffragare la sicura esistenza di più specifiche ipotesi che il legislatore ha in tali termini, non
oppositivi ma differenziali, inteso disciplinare: enunciando un criterio, all'interno di quella più
generale area d'impiego, provvisto di maggior selettività.
E la conveniente applicazione della norma in tema di materia prima è allora da rinvenirsi in
quell'utilizzo attraverso il quale l'energia medesima costituisca un fattore - elemento termico che
partecipa alla reazione chimica di combinazione o sintesi, nel senso di causare la fusione del
materiale metallico, come qui si verifica in appositi forni - ad induzione elettromagnetica.
Trattasi, detto altrimenti, di una accentuata compenetrazione dell'elettricità nel processo industriale,
assimilabile nella sua portata al fenomeno dell'elettrolisi, nel senso cioè che la forza - elettricità vale
(o concorre) a provocare la rottura dell'integrità delle molecole del metallo nella specie sottoposto a
quel trattamento, determinandone - risultato indiscusso in causa - una trasformazione di natura
strutturale.
Postasi questa conclusione, la disposizione che si ravvisa essere applicabile attiene pertanto al
perimetro normativo della non sottoposizione all'imposta di consumo: il che comporta che essa resti
quindi altresì sottratta all'applicazione dell'addizionale invece pretesa dall'Amministrazione
finanziaria, e però con riferimento al diverso caso previsto dal comma 4 dell'art. 6 del D.L. n.
511/1988, in forza del quale le esenzioni vigenti per l'imposta erariale sul consumo di energia
elettrica non si estendono alle addizionali di cui al comma 2 (e si fa qui riferimento al testo
parimenti in vigore ratione temporis).
Le considerazioni che si sono svolte, e che vanno per quanto occorra a correggere e ad integrare la
motivazione espressa dall'antecedente Commissione, determinano la conferma della decisione
finale resane di accoglimento del ricorso, ma in egual tempo consigliano la compensazione fra le
parti delle spese processuali del grado.
P.Q.M.
La Commissione tributaria regionale di Milano rigetta l'appello.
Spese compensate.