Questa piccola città sapeva vincere ovunque Trionfo a Chalon? Si può

Transcript

Questa piccola città sapeva vincere ovunque Trionfo a Chalon? Si può
DNA EUROPEO Paolo Vittori e i successi con Real e Maccabi
«Questa piccola città
sapeva vincere ovunque
Trionfo a Chalon? Si può»
H Paolo Vittori c'era, quando la
Pallacanestro Varese iniziò a scrivere la storia di questo sport.
C'era nel gennaio del 1966, quando a Madrid Varese conquistò la
prima storica edizione della Coppa Intercontinentale: «Me lo ricordo benissimo, ma le finali di
coppa io a Madrid non le giocai e
vi spiego perché. Vinicio Nesti era
stato esonerato a dicembre, poco
meno di un mese prima, e la gestione della squadra fu affidata a
me e a a Giovanni Gavagnin. Così
quella Coppa Intercontinentale la
guardai dalla panchina. A Madrid
in quegli anni non vinceva nessuno, tutti prendevano delle belle
legnate dal Real. Noi giocammo la
semifinale contro il Real, che era
imbattibile da anni, avevano due
o tre americani tosti, alcuni addirittura li naturalizzavano, più
mezza nazionale iberica. Una
squadra tosta. Vincere fu una goduria, in casa loro, in un palazzetto pieno, contro la squadra più
forte d'Europa di quel tempo. Una
grande vittoria di squadra, prima
contro il Real in semifinale e poi
in finale contro i brasiliani del Corinthians, le abbiamo vinte tutte.
Fu una grande vittoria della Ignis,
di Guido Borghi ma, permettetemi, di tutta Varese».
«Sembrava impossibile...»
La Varese del 2016 vivrà una situazione simile a quella della Varese del 1966, giocando la semifinale in casa della squadra ospitante. Chalon come lo fu il Real
Madrid, con le dovute proporzioni. Quell'impresa può essere stimolo? «Sì, assolutamente. Sembrava impossibile battere il Real,
come ora appare difficile vincere
in casa dei francesi, ma questa
squadra è capace di fare l'impresa. Se Varese gioca di squadra,
può fare qualsiasi cosa».
Altro salto nel passato: primavera del 1967, finale di Coppa delle Coppe tra Varese e Maccabi Tel
Aviv: «Quella volta ero in campo,
si giocò in andata e ritorno. A Masnago vincemmo di 10, mentre a
Tel Aviv fu una partita di contenimento. Ci fecero giocare all'aperto: da lontano si sentivano le prime avvisaglie della Guerra dei Sei
Giorni. C'era il presidente israeliano a vedere la partita, lo stadio
era gremito. Non dovevamo per-
dere con più di dieci punti di scarto, e ci riuscimmo, finì 69-67 per
loro nonostante cercassero i supplementari. Come a Madrid, fu
una soddisfazione immensa, in
un ambiente difficile, dimostrazione che la piccola Varese era capace di vincere ovunque».
«Portiamola a casa»
Varese e l'Europa sono sempre
state legate a doppia mandata, e
quest'anno si torna ad avere voce
in capitolo dopo anni d'assenza:
«Per tempo ci siamo comportati
molto bene fuori dai confini nazionali, e spero che questi ragazzi
facciano il loro anche a Chalon.
Già esserci è una soddisfazione,
però credo si possa fare qualcosa
di bello. Alla prima partita in casa
al PalaWhirlpool eravamo in trecento, con l'andare delle partite
l'entusiasmo è cresciuto. All'inizio nessuno ci credeva, quindi è
davvero una grande cosa. Ora
cerchiamo di portare a casa la
coppa, perché ogni volta che Varese vince qualcosa, anche se non
sono più in campo da un pezzo, è
un po' come se sentissi mio ogni
successo». • A. Cor.