Fatto Quotidiano

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Fatto Quotidiano
Ci sono giorni difficili quando prevale la rassegnazione e
viene voglia di dire è tutto inutile. Ma oggi è un bel giorno
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Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Giovedì 8 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 14
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
BERLUSCONI TORNA IMPUTATO
LA CORTE NON SI È FATTA INTIMIDIRE
Lui rabbioso attacca anche Napolitano
GODO ALFANO
GRAZIE UMBERTO
di Marco Travaglio
n questo momento di gioia irrefrenabile per i sinceri
democratici, un pensiero di gratitudine va al vero
vincitore della giornata di ieri: Umberto Bossi. Il vecchio
Senatur, pur acciaccato, non tradisce mai. Da due giorni la
Corte costituzionale discuteva animatamente se la legge fosse
uguale per tutti o solo per qualcuno: un po' come se un
convegno di matematici dibattesse su quanto fa 2+2 e
qualcuno proponesse un onorevole compromesso a 3 e
mezzo. Per salvare capra e cavoli, Palazzo Grazioli e Quirinale.
Al Tappone e Al Fano si eran pure portati a cena due ermellini.
Poi avevano sguinzagliato l'Avvocatura dello Stato, pronta a
coprirsi di ridicolo pur di difendere una legge incostituzionale.
Cicchitto s'era levato il cappuccio, spettinandosi i boccoli, per
organizzare una marcia su Roma pro-impunito. Littorio Feltri
chiamava a raccolta i lettori per una colletta ai bisognosi
Fininvest. Il duo comico Pecorella & Ghedini, i Gianni e
Pinotto del diritto e soprattutto del rovescio, collezionavano
un'altra figura barbina sostenendo che l'Utilizzatore Finale è
un “primus super pares”: il più alto fra i bassi. Mancava solo
Giampi Tarantini, momentaneamente ristretto, nel collegio
difensivo. Insomma il pateracchio sembrava inevitabile.
Poi è entrato in scena Umberto B., che Dio lo benedica. Ha
chiamato alle armi il popolo padano, compresi galli, celti,
cimbri e teutoni. A quel punto anche qualche ponziopilato in
ermellino s’è guardato allo specchio: “Ma porc@#§%&$£!
Possibile arrivare a 90 anni di onorata carriera per farsi
minacciare da uno che inneggia a Odino, brandisce fuciletti a
tappo e ampolle di acqua fetida, si pulisce il culo col Tricolore
e si crede Alberto da Giussano? Che diranno i nostri nipoti?
Che scriveranno i libri di storia? Che ce la siamo fatta sotto e
abbiamo devastato la Costituzione, rinnegando tutto quel che
abbiamo studiato e insegnato per una vita, per salvare le
chiappe a un puttaniere corruttore che ne ha combinate di
tutti i colori e poi è andato in politica per farle pagare a noi?”.
urlo di battaglia dell'Umberto, astutamente studiato a
tavolino e piazzato lì nel momento del bisogno, ha
fatto pendere la bilancia dalla parte giusta. Ha dato
coraggio ai pavidi e li ha spinti al colpo di reni. Altro
che Pd: i diversamente concordi non avevano voluto
nemmeno firmare il referendum. Ma là dove non poterono i
pidini, potè l'Umberto. E' lui il Gran Visir che congiura contro
il premier, evocato da Calderoli. Oggi come nell'ottobre del
'93, quando fu decisivo per abrogare l'autorizzazione a
procedere. Castelli, Maroni e Bossi tuonarono a una voce
contro l’“inaccettabile degenerazione dell’immunità
parlamentare… trasformata in immotivato e ingiustificato
privilegio”, con “conseguenze aberranti”, trascinandosi dietro
Fini, Gasparri e La Russa che aggiunsero sdegnati: “L’uso
dell’immunità è visto dai cittadini e dai giudici come uno
strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia”. Nel
'94 il replay, quando Bossi, sempre in tandem con Fini,
costrinse il Cainano a ritirare il decreto Biondi che scarcerava
corrotti e corruttori. Poi, a fine anno, gli rovesciò il governo. E
ora dà un contributo decisivo a smantellare il Lodo Al Nano e a
restituire il premier al suo habitat naturale: il Tribunale. Grazie,
Umberto.
I
L’Italia che resiste
di Antonio
Padellaro
dc
rima di tutto, un grazie riconoscente ai nove giudici della Corte Costituzionale che
hanno detto basta all'impunità di uno soltanto. Stabilendo una
volta per sempre (speriamo) che
nessuno in questo Paese può essere
dichiarato, per legge, superiore alla
legge. Nessuno, nemmeno il padrone più potente e il premier più arrogante. Probabilmente, la vera storia delle lusinghe, delle promesse e
delle minacce che i giudici della
Consulta hanno dovuto sopportare
non la conosceremo mai. Mentre
sulla disinvoltura di altri giudici sorpresi a cenare cordialmente insieme a colui che dovevano giudicare
sappiamo già tutto.
Attenzione però alle prime dichiarazioni di Berlusconi e delle sue teste di cuoio. Se il premier dice che
la Corte è “di sinistra”, come i giornali, la magistratura e perfino lo
stesso Napolitano, che pure il lodo
Alfano ha firmato. Se aggiunge: “mi
fanno un baffo”, mostrando il solito
alto rispetto per le istituzioni. Se il
pittbull Gasparri afferma che da oggi quella stessa Corte “non è più un
organismo di garanzia ma politico”. Se Bossi chiama a raccolta la
piazza ed evoca la guerra civile. Se,
insomma, la destra delle teste di
cuoio scatena i suoi bassi istinti, significa che giorni più aspri ci attendono. Sembra chiara l'intenzione di spaccare e dividere l'Italia più
di quanto non lo sia già chiamando
tutti a un referendum pro o contro
Berlusconi. E non soltanto nelle urne, come sarebbe legittimo. Il timore è che il continuo straparlare
di golpe e di farabutti, che le accuse
di comportamenti “antinazionali”
preludano a qualcosa che sta ma-
P
turando nella testa di qualcuno e di
cui l'annunciata manifestazione
“spontanea” di popolo potrebbe
essere il detonatore. Non illudiamoci. La senteza della Corte ha soltanto stabilito una linea di demarcazione. Sappiamo cosa c'è di qua.
l'Italia pronta a difendere la sua co-
stituzione e il principio di uguaglianza. L'Italia onesta che disprezza evasori e bancarottieri. L'Italia
che non si nasconde dietro gli scudi e i privilegi. L'Italia che chiama
ladri i ladri. L'Italia che non si fa
intimidire. L'Italia che finalmente
ha detto basta.
REAZIONI x Soddisfatti Pd e Italia dei Valori
La destra nel panico
Bossi chiama alla guerra
Raffica di vertici a Palazzo
Udi Luca Telese
Grazioli. C’è chi invoca la
piazza, chi le urne pag. 2-3-4-5-6 z BRUNETTA:
“CONTRO NOI
UN GOLPE”
l ministro della Funzione
Ilusconi
Pubblica all’attacco: “Berè il leader. Ogni altra
via è un golpe”.
pag. 5 z
CATTIVERIE
Il premier: “Mi verrebbe da
lasciare l'Italia”. Ma sappiamo
che è uno che non cede alle
tentazioni.
(www.spinoza.it)
L'
pagina 2
Giovedì 8 ottobre 2009
Uguaglianza
dei cittadini e leggi
costituzionali
S
LA SENTENZA
ono due gli articoli della Costituzione
italiana per la violazione dei quali la
Corte costituzionale ha bocciato ieri il
Lodo Alfano. Il primo, l’articolo 3, è inserito nei
principi fondamentali e recita: “Tutti i cittadini
hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti
alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali. È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale
del Paese”. L’articolo 138, invece, fa parte del
Titolo VI “Garanzie costituzionali” e prescrive:
“Le leggi di revisione della Costituzione e le
altre leggi costituzionali sono adottate da
ciascuna Camera con due successive
deliberazioni ad intervallo non minore di tre
mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta
dei componenti di ciascuna Camera nella
seconda votazione. (...)”.
C’È GIÀ L’EXIT STRATEGY
Pronta una legge ad personam che toglie il valore
di prova alle sentenze passate in giudicato
di Peter Gomez
l piano B, quello che non
gli farà evitare i suoi tre
processi, ma almeno lo
metterà al riparo dal rischio di una condanna per corruzione giudiziaria, è scattato
non appena dalla Consulta è
arrivata la (per lui) ferale notizia: il lodo Alfano era stato
bocciato. È stato in quel momento che gli uomini di Silvio
Berlusconi hanno deciso di tirare fuori dalle secche della
commissione giustizia, dove
era impantanata da mesi, una
norma finora nascosta tra le
pieghe della riforma del codice di procedura civile. Una legge ad personam, l’ennesima,
che toglie il valore di prova alle
sentenze già passate in giudicato.
Quando sarà approvata, e c’è
da giurarci che lo sarà, i tempi
di centinaia di dibattimenti si
allungheranno a dismisura. E
tra questi c’è anche quello per
la presunta mazzetta da
600.000 dollari versata dal Cavaliere per comprare la testimonianza dell’avvocato inglese David Mills. L’idea della legge nasce infatti all’indomani
della decisione del tribunale
di Milano di stralciare la posizione di Berlusconi da quella
del suo coimputato. Eravamo
nell’autunno del 2008. Il processo al premier andava sospeso a causa del Lodo e quindi il
collegio aveva deciso di procedere solo contro il presunto
corrotto. In febbraio Mills era
stato così condannato a 4 anni
I
e mezzo di carcere e, a quel
punto, il problema era diventato evidente.
Quel giorno gli avvocati-parlamentari Niccolo Ghedini e
Piero Longo si accorgono che
il Lodo ha una falla. Grave. Comunque fosse finita davanti alla Consulta il processo contro
il premier sarebbe prima o poi
ricominciato. E il rischio che
ripartisse (o si concludesse)
quando ormai l’eventuale
condana in cassazione del legale inglese era già diventata
definitiva, sembrava altissimo.
Non per niente l’appello contro il solo Mills comincerà già
domani ed è prevedibile che
duri pochissimo, rendendo
così scontata una pronuncia
della suprema corte nei primi
mesi 2010.
Un bel guaio per Berlusconi.
Perché con le norme in vigore
il giudice del processo all’imputato Berlusconi, dovrebbe
solo limitarsi a stabilire se il
premier ha dato o meno l’ordine di pagare Mills. Il dibattimento sarebbe insomma rapidissimo. Perché il fatto storico
- cioè la mazzetta versata dalla
Fininvest all’avvocato inglese sarebbe già provato dall’eventuale sentenza, o di condanna
o di prescrizione, in terzo grado. La legge attuale finisce
dunque per mettere il premier
in un angolo.
La strategia processuale di Berlusconi, infatti, non può che
essere quella di sempre. Chiedere che vengano ascoltati
centinaia di testimoni, domandare lunghissime nuove peri-
Milano, 05 maggio 2003, Processo Sme, Silvio Berlusconi durante la sua dichiarazione spontanea (FOTO EMBLEMA)
zie sulla rete di conti esteri gestiti da Mills, far saltare
un’udienza dopo l’altra sollevando una serie di legittimi impedimenti parlamentari suoi o
dei suoi avvocati. Insomma
puntare alla prescrizione. In
fondo il Cavaliere non deve
non resistere molto. Un’apposita legge, la ex Cirielli, approvata dal centro-destra nel
2005, proprio quando Berlusconi scoprì di essere indagato
per il caso Mills, ne ha dimezzato la lunghezza: se il processo contro di lui cominciasse
settimana prossima (ma non
sarà così) il premier nel giro di
circa due anni la farebbe franca. Ventiquattro mesi sono un
niente se la norma che toglie
alle sentenze il valore di prova
sarà approvata. Sono invece
pochi, ma forse sufficienti per
arrivare fino alla cassazione, se
la legge non viene cambiata.
Il futuro giudiziario e politico
del premier si gioca insomma
sul filo dei giorni, anzi delle
ore. Berlusconi ha bisogno di
tempo. E già domani, quando
comincerà l’appello contro il
solo Mills, la strategia diventerà evidente. L’avvocato Franco
Cecconi, affiancato all’ultimo
momento da Alessio Lanzi, un
tempo difensore di Fedele
Confalonieri e altri uomini Fininvest, chiederà il rinnovo
del dibattimento e una perizia
sui flussi finanziari esteri del
proprio assististo. E tra le sei
persone che Mills vuole portare a testimoniare c’è pure il
premier.
Berlusconi, che in primo grado si era rifiutato di farsi interrogare, ora dovrebbe raccontare tutti i retroscena di almeno tre incontri avuti, secondo
la sentenza di condanna, con
l’avvocato inglese. Faccia a
faccia, avvenuti anche ad Arcore nel 1995, in cui il Cavaliere promise a Mills 10 miliardi di lire, poi versati, se solo
avesse dichiarato di essere il
proprietario di una serie di off
shore della Fininvest, utilizzate dal Biscione per controllare
- di nascosto e in violazione
della legge antitrust- la tv criptata, Telepiù. In aula, insomma, sarà battaglia. E lo stesso
accadrà nel processo per i cosiddetti diritti Mediaset. Qui il
dibattimento era stato sospeso causa Lodo per tutti gli imputati e la prescrizione aveva
falcidiato buona parte dei capi
d’imputazione. Ma in ballo
adesso c’è pure l’onore del
premier. Difficile pensare che
i media nei prossimi mesi non
lo seguano con attenzione. Il
rischio è che gli Italiani si rendano conto di come Berlusconi sia accusato di aver “rubato”
decine e decine di milioni di
euro agli azionisti di Mediaset,
gonfiando a dismisura il prezzo di acquisto di film e programmi televisivi. Un po’ lo
stesso reato ipotizzato contro
di lui nell’indagine Mediatrade, ormai arrivata al deposito
degli atti. Un procedimento in
cui il capo del governo dovrà
spiegare se davvero per quasi
trent’anni ha avuto come socio occulto Frank Agrama, un
libanese, naturalizzato americano, divenuto talmente ricco
grazie all’amico da nascondere sui suoi conti svizzeri circa
100 milioni di euro. E anche
questi, secondo l’accusa, erano soldi rubati.
L’analisi
di Lorenza Carlassare*
a Costituzione ha vinto.
LtieriL’articolo
3, malvolenapplicato dai gover-
La Costituzione ha vinto
nanti, è stato spesso in gioco anche quando si
è trattato di valutare la conformità alla Carta di
leggi recentissime: il lodo Alfano, sottoposto
al giudizio della Corte per violazione del principio di eguaglianza di fronte alla giurisdizione che non consente privilegi per le alte cariche dello Stato, ieri è stato dichiarato illegittimo. Per lo stesso motivo il lodo Schifani era
stato dichiarato illegittimo nel 2004.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali”: così inizia l’articolo 3. L’eguaglianza, vessillo delle rivoluzioni
settecentesche vola da un continente all’altro
- dalle ex colonie inglesi d’America (1776) alla
Francia (1789) - e sta ora alla base delle democrazie costituzionali di tutto il mondo.
Non c’è più “per nessun individuo, privilegio,
né eccezione al diritto comune di tutti i francesi” stabiliva la Costituzione del 1791: l’eguaglianza di fronte alla legge vieta sia le discriminazioni sia i privilegi. Ma è sempre vero?
alore condiviso, l’eguaglianza ha percorso
un difficile cammino insidiata da interessi
potenti: nella stessa Francia della rivoluzione,
la borghesia, arrivata al potere, non volendo
dividerlo con altri, escluse subito che tutti
avessero il diritto di votare. Nell’esperienza
italiana l’eguaglianza perse ogni valore duran-
V
te il fascismo. Le violazioni furono continue.
Alle discriminazioni contro i non iscritti al
partito, contro le donne e i celibi, seguirono le
discriminazioni drammatiche nei confronti
dei cittadini di razza ebraica, sottoposti a limiti o esclusioni in tutti i settori: dai diritti politici alla scuola, dalle professioni all’attività
industriale e commerciale, fino alla sfera privatissima della libertà di sposarsi. Oggi, eliminata dalle norme (da quasi tutte almeno), la
diseguaglianza resiste nei fatti non essendosi
realizzato il programma sociale che la seconda parte dell’art.3 prevede. Neanche il “privilegio” è morto: chi è al potere tende ancora
a risuscitarlo per sé.
L’articolo 3 stabilisce il principio generale di
eguaglianza dei cittadini di fronte all’ordinamento, e, insieme, vieta alla legge di dar rilievo a determinate caratteristiche o situazioni: sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. La legge
che, nonostante il divieto, le ponga a base di
una disciplina differenziata sarà sempre illegittima, salvo che la Costituzione stessa lo
consenta (come ad esempio all’articolo 6: “la
Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”). Quando invece non
siano in gioco sesso, razza o altre situazioni
elencate, il discorso è diverso. La legge non
deve trattare tutti all’identico modo, ma deve
tener conto delle situazioni differenti: una mi-
sura a favore dei soli invalidi, ad esempio, non
sarà un privilegio, e chi non è invalido non
potrà pretendere di usufruirne. Vietate sono
soltanto le differenze “ingiustificate”, in tutti i
settori dell’ordinamento.
L’ampia sfera di applicazione del principio di
eguaglianza spiega perché la violazione
dell’articolo 3 sia il motivo più frequente di
incostituzionalità delle leggi. Di fronte
all’inerzia del legislatore, spesso lunghissima
e ingiustificata, il contributo della Corte costituzionale è stato determinante per eliminare norme del passato (sulle libertà, sul processo penale, sul diritto di famiglia, sull’accesso
ai pubblici uffici, ecc.).
3, comma 2. Nella realtà i cittadini
Ade rticolo
non sono eguali e la Costituzione ne prenatto: i profondi dislivelli economici, culturali, sociali che li dividono devono essere ridotti perché si realizzi un minimo di omogeneità sociale indispensabile al funzionamento
della democrazia. Nel primo comma si tutela
la persona e la sua dignità - tutti i cittadini hanno “pari dignità sociale” e sono eguali davanti
alla legge senza distinzione “di condizioni
personali e sociali” -, nel secondo si impone
allo Stato il compito di assicurare le condizioni necessarie per il pieno sviluppo della persona e per una partecipazione effettiva all’organizzazione politica, economica sociale del
Paese. Si riconferma così,
in nome della persona, il
necessario intervento dello Stato al fine di “rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale che limitando di fatto la
libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana
“e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il
secondo comma dell’articolo 3 è la base dei
diritti sociali , senza i quali i diritti di libertà
sono formule vuote: che cosa se ne fa della
libertà di stampa un analfabeta? O chi non può
comperare un giornale? L’istruzione, la salute, oltre a condizioni economiche sufficienti a
rendere dignitosa la vita, sono le precondizioni della democrazia. E' però un programma da
realizzare. Un programma che, a sessant'anni
dall'entrata in vigore della Costituzione, non è
stato ancora realizzato. Oggi anzi l'ordinamento italiano sembra aver imboccato un
cammino a ritroso, verso un' ulteriore estensione delle diseguaglianze. Paiono in discussione le stesse basi ideali sulle quali poggia il
nostro sistema democratico.
*professore emerito di Diritto costituzionale
“L’art. 3 è stato valutato
anche quando si è trattato
di esaminare la conformità
alla Carta di leggi recenti”
Giovedì 8 ottobre 2009
pagina 3
Diritti tv, Mills
e Mediatrade:
ecco cosa riparte
S
LA SENTENZA
ilvio Berlusconi tornerà in aula, come
imputato, almeno per tre volte. In fase
di dibattimento sono il processo sulle
presunte irregolarità nella compravendita di
diritti televisivi da parte di Mediaset, che vedono
imputati il premier e parte del management
Fininvest, e quello in cui Berlusconi è imputato
per corruzione in atti giudiziari con l’avvocato
inglese David Mills. La sua posizione era stata
stralciata e il processo sospeso per il Lodo
Alfano. Per un terzo procedimento, quello
cosiddetto Mediatrade, il pm Fabio De Pasquale
ha da poco consegnato l’avviso di chiusura delle
indagini che, di norma, prelude alla richiesta di
rinvio a giudizio. A Roma, invece, Berlusconi è
indagato per istigazione alla corruzione, per un
presunto tentativo di avvicinamento, a ridosso
dell’approvazione della Legge Finanziaria del
2007 del governo Prodi, di alcuni parlamentari
della maggioranza di centrosinistra. Il gip
Orlando Villoni, che aveva sospeso la sua
pronuncia in attesa della decisione della
Consulta, dovrà decidere sulla richiesta di
archiviazione avanzata dalla Procura.
Ore 18,05
suona la Consulta:
incostituzionale
LA CORTE STRONCA IL LODO
di Antonella Mascali
inque ore e mezza ieri e
due ore martedì pomeriggio per sancire che il lodo
Alfano è una legge incostituzionale, illegittima, un privilegio che ha coinvolto il capo
dello Stato e i due presidenti
delle Camere esclusivamente
per garantire l'immunità a una
sola persona: il presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi,
l'uomo che secondo i giudici di
Milano ha dato 600 mila dollari
all'avvocato David Mills perché
testimoniasse il falso, in suo favore, nei processi degli anni '90
Fininvest-Guardia di finanza e
All Iberian. In mezzo una sfilza
di leggi ad personam per garantire quantomeno la prescrizione dei reati al Premier e ai suoi
amici.
Ma ieri la Corte Costituzionale
ha confermato un principio
fondante della nostra Repubbli-
C
ca: l'uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge. Infatti nel dispositivo della sentenza, le cui
motivazioni arriveranno soltanto tra un paio di settimane, si
legge che il lodo Alfano è illegittimo perché viola l'articolo 3
della Costituzione. Inoltre viola
l'articolo 138 della Carta che regola le riforme che si debbono
fare per via costituzionale. Invece, il lodo Alfano è stato fatto
con legge ordinaria, anche perché altrimenti non sarebbe mai
passato in Parlamento. Il verdetto è stato preso a maggioranza, e secondo indiscrezioni che
sono rimbalzate dalla Consulta
al Parlamento, 9 giudici si sono
pronunciati per la bocciatura
del lodo Alfano e 6 per mantenerlo. Tra questi i giudici Luigi
Mazzella e Paolo Maria Napolitano, i compagni di banchetto
di Silvio Berlusconi, del ministro Alfano, del sotto segretario
Gianni Letta e del presidente
della commissione affari Costituzionali, Carlo Vizzini nella famosa cena del maggio scorso. Il
menù sarà stato buono, ma non
è bastato perché la Consulta abdicasse ai principi costituzionali. Nei giorni dello scandalo, l'estate scorsa, il presidente Francesco Amirante, aveva detto:
“La Corte costituzionale nella
sua collegialità deciderà come
ha sempre fatto, in serenità e
obiettività, le questioni sottoposte al suo giudizio”.
I giudici con la sentenza di ieri
hanno accolto i rilievi mossi dai
giudici dei processi milanesi
Mills e Mediaset-diritti Tv. Vale
la pena riportare un passaggio
dell'ordinanza emessa dal “collegio-Mills”, presieduto da Nicoletta Gandus, che si è appellato alla Consulta nell'ottobre
dell'anno scorso: “Va in primo
luogo sollevata la questione in
relazione all’art. 138 della Costituzione. La norma in esame
dispone l’automatica sospensione dei processi, qualunque
sia il titolo ed il tempo del reato
commesso, in favore del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Presidenti della Camera e del Senato, per tutta la durata del mandato conferito. La
normativa sullo status dei titolari delle più alte istituzioni della Repubblica è in sé materia tipicamente costituzionale, e la
ragione è evidente: tutte le disposizioni che limitano o differiscono nel tempo la loro responsabilità si pongono quali
eccezioni rispetto al principio
generale dell’uguaglianza di
IL RETROSCENA
UN SECONDO DI GELO, POI IL VOTO:
NOVE “SÌ” CONTRO SEI “NO”
uando il professore Franco Gallo, relatore
Qsottoposto
della sentenza che ha bocciato il Lodo, ha
ai 14 colleghi la sua proposta c’è
stato un attimo di gelo nella camera di consiglio al secondo piano del palazzo della Consulta. Al termine di una dotta dissertazione che
analizzava, in punta di diritto, i vizi del Lodo
Alfano, Gallo ha posto le toghe di fronte alla
loro responsabilità: “l’articolo 1 della legge numero 124 del 23 luglio 2008, nota come ‘lodo
Alfano’, viola il principio dell’uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge, previsto dall’articolo 3, e inoltre pretende di modificare con
legge ordinaria la disciplina della responsabilità penale del presidente del consiglio, regolata da norme di rango costituzionale. Pertanto”, ha concluso il relatore, “sottopongo alla
votazione dei colleghi la proposta di dichiarare
illegittimo l’articolo 1 della legge per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione”. Il
presidente Francesco Amirante ha chiesto la
votazione per alzata di mano. In sala è calato il
silenzio. Si è sentito solo il fruscio solenne delle toghe di raso. Le mani alzate erano nove.
Quelle basse, sei.
Quelle nove mani alzate come per ergere l’ultimo muro contro lo strapotere di Silvio Berlusconi, hanno salvato la faccia all’Italia rispetto al mondo e hanno confermato, e ce n’era
bisogno, che la legge è uguale per tutti. Il relatore Franco Gallo ha avuto un ruolo fondamentale in questo riscatto. Nella discussione
hanno pesato la sua relazione e i pareri, contrari alla legge, di uomini che nessuno può avvertire come di parte o vicini alla magistratura
politicizzata, personaggi come Sabino Cassese, Giuseppe Tesauro e Maria Rita Saulle. Que-
sto poker di professori ha avuto un ruolo fondamentale nell’orientare le scelte dei colleghi.
Quando un luminare come Franco Gallo sostiene che il Lodo Alfano è incostituzionale non si
può liquidare la sua relazione come un attacco
politico al Cavaliere senza perdere la faccia. Gallo è stato ministro tecnico del Governo Ciampi,
nel 1993, ma non è un politico, è un giurista. Se
Visco è l’anti-Tremonti, Gallo è il contrario di Tremonti. Da ministro delle finanze, nel 1993 con la
crisi della lira e le casse dello Stato vuote, non
volle condoni e, quando il suo collega professore
di Sondrio prese il suo posto al ministero, nel
1994, Gallo rassegnò le dimissioni dalla Scuola
Centrale Tributaria. Nel primo Governo Ciampi
c’era un altro giudice costituzionale che ha pesato molto nell’influenzare la discussione contro
il Lodo.
Sabino Cassese occupava con ben altra dignità la
postazione oggi coperta da Renato Brunetta. Come Gallo, è uomo di accademia. Laureato a 21
anni, ha insegnato a Stanford e Nantes. Conosce
quattro lingue ed è considerato un padre del diritto amministrativo europeo. Sono persone come lui o come i due giudici docenti di diritto internazionale, Maria Rita Saulle e Giuseppe Tesauro, ad avere pesato. Tesauro per esempio, prima
ancora di essere Garante Antitrust e oppositore
della legge Gasparri, è un signore che si è laureato a 22 anni e che a 40 era già direttore dell’istituto di diritto internazionale. Uomini così, che
per decenni hanno spiegato cosa è la legge ai propri allievi, non potevano far passare la vergogna
del lodo Alfano. In fondo, il padre di questa vittoria, è il presidente gentiluomo che li ha nominati: Carlo Azeglio Ciampi.
M.L.
Angelino
Alfano (FOTO ANSA)
tutti i cittadini davanti alla legge
previsto dall'articolo 3 della Costituzione, principio fondante
di uno Stato di diritto...”. Conseguenze? “Adesso Berlusconi
dovrà fissare la data dal giudice” spiega soddisfatto Alessandro Pace, presidente dei costituzionalisti che martedì si è visto respingere la costituzione
in giudizio della procura di Milano contro il Lodo Alfano.
La sentenza della Corte Costituzionale è arrivata dopo una
giornata in cui giornalisti italiani, russi, francesi, inglesi hanno
aspettato sotto un sole rovente
in piazza del Quirinale il pronunciamento. I commessi avevano l'ordine di non far sostare
la stampa neppure davanti al
portone della Corte che guarda
la residenza del Presidente della Repubblica. Dal primo pomeriggio c'è stato anche un via
vai di semplici cittadini, addirittura un motociclista si ferma in
mezzo alla strada per chiedere
della sentenza con più interesse che per una finale del Mondiale di calcio. Una coppia di
Milano prima che arrivasse la
decisione ci aveva detto: “Speriamo che boccino il lodo Alfano, per lui, per il suo futuro”.
Lui è Attilio, il loro bimbo di un
anno e mezzo. La signora Maria,
della provincia di Imperia, dice
di non poterne più di Berlusconi: “Vorrei che avesse il pudore
di dimettersi, ma non credo
che avrà questa dignità, sto sperando troppo”.
LODO-SPIGOLA
UN’ASSOLUZIONE DAVVERO
SPECIALE
’assoluzione dell'on. gen. Roberto Speciale per le
spigole aviotrasportate con aerei di Stato riempie il
cuore di gioia. L'ex comandante della Gdf, ora deputato
Pdl, era imputato per peculato dinanzi al Tribunale
militare. Il pm aveva chiesto di condannarlo a 3 anni. I
giudici invece l'hanno assolto. L'accusa riguardava dieci
casse di pesce fresco fatto recapitare a spese dei
contribuenti, a bordo di un apposito Atr42 militare, da
Roma alla scuola alpina di Predazzo (Bolzano), dove il
generale granturismo trascorreva un'amena settimana
bianca con moglie, consuoceri e amici. “Un semplice atto di
liberalità”, ha sostenuto Speciale, “nessun danno alla
collettività”. Bisogna approfittarnei. Se vi trovate in alta
montagna e vi viene un'irrefrenabile voglia di pesce fresco,
anziché catapultarvi al mare, chiamate il centralino della
Finanza, chiedete di Speciale o di qualche suo amico (ne ha
lasciati parecchi, pare) e ordinate una bella cassa di spigole.
Un Atr2 si librerà in volo dallo scalo di Partica di Mare e ve
lo recapiterà seduta stante, pronta consegna. O no?
L
Anche
Niccolò
Ghedini
non è più
un uomo
infallibile
di Luca Telese
ella grande sconfitta (di
Nanche
Berlusconi) si consuma
una piccola grande
sconfitta (la sua). Ieri si è definitivamente infranto l’ultimo mito di inespugnabilità
del berlusconismo, quello di
Niccolò l’invitto, Niccolò
Mavalà Ghedini, ultimo baluardo. Finché ha giocato sul
suo terreno - le Aule giudiziarie - Ghedini si è guadagnato
lo stipendio (e il seggio). Ma
aveva ragione lui a sconsigliare al premier la via del Lodo confidando in quella giudiziaria (era in conflitto di interessi e - ironia della sorte! non gli hanno creduto). Il
calvario di Niccolò l’imperturbabile inizia quando il
suo cliente lo costringe agli
straordinari. Il leggendario
“Mavalà” nasce sulla poltrona arroventata di Annozero
quando Ghedini è costretto
a parare l’imparabile.
Si parte dall’inchiesta sulle
veline Rai, e il povero Ghedini è costretto a spostare il
suo impegno dai codici alle
sottane. Quando scoppia il
Noemi-gate, lui dà la caccia
ai paparazzi. Ghedini ancora
una volta tenta l’impossibile, provando a dimostrare
che la Certosa (un tempoproclamata luogo di interesse per la sicurezza nazionale) è in realtà “una residenza
privata”. Mitico. Ligio alla
causa ci prova, con l’aiuto di
un Garante che corre in soccorso, e vieta la pubblicazione delle foto sgradite. Ghedini passa l’estate a mandare
fax alle redazioni di tutto il
mondo. Ma lì garanti non ce
nè: El Pais pubblica. Memorabile il comunicato di Ghedini: “Chiunque fa taglia incolla di quelle foto, anche a
casa, è perseguibile penalmente”. Memorabili alcune
massime di questo periodo
(in cui nello studio legale
vengono mobilitate persino
le sorelle). Ad esempio sul
collega che difende Zappadu: “Non è casuale che l'avvocato del fotografo sia eurodeputato Idv: una doppia
veste - avvocato e parlamentare - che non si dovrebbe
confondere...” (Detto da lui,
è da incorniciare).
Ma la frase che riscrive il vocabolario (e completa la mutazione da avvocato penalista a ad avvocato “mavalista”) è sulla D’Addario: “Ancorché fossero vere le indicazioni della ragazza, e vere
non sono, il premier sarebbe
l'utilizzatore finale e quindi
mai penalmente punibile”.
Utilizzatore finale entra nel vocabolario. Ma non nel senso
che voleva Ghedini. Eppure
Niccolò non molla. Inibisce,
dissuade, difende fino allo
stremo tutto quel che riguarda il Cavaliere, tombe etrusche comprese.
pagina 4
Giovedì 8 ottobre 2009
La notizia subito
on line sulla stampa
internazionale
L
LA SENTENZA
a sentenza della Consulta ha fatto in
breve tempo il giro del mondo,
rimbalzando sui siti dei quotidiani
esteri. “L’immunità di Berlusconi è respinta”,
titolava ieri sera in apertura il New York Times.
“La Suprema Corte italiana priva Berlusconi
dell’immunità”, si leggeva sul Times online. Titolo
simile per The Guardian: “La Corte italiana
stabilisce che la legge sull’immunità di Berlusconi
viola la Costituzione”. “La Corte annulla
l’immunità di Berlusconi”, facevano eco il Financial
Time e Al Jazeera online. “La Corte annulla la legge
sull’immunità che proteggeva Berlusconi”,
raccontava Le Monde. “Annullata l’immunità di
Berlusconi”, il francese L’Express.
El Mundo spiegava: “Si riaprono due casi contro il
cavaliere”. Uno degli altri quotidiani spagnoli, El
Pais: “La Corte costituzionale apre la porta ai
processi a carico di Berlusconi”. Liberation
riporta le parole del presidente del Consiglio, che
ha parlato di “sentenza politica” che non fermerà
il suo governo. “A Berlusconi si è finalmente
posto un freno”, il titolo più forte del tedesco Die
Zeit.
BERLUSCONI CONTRO IL COLLE:
“LA
CONSULTA
È
DI
SINISTRA”
Napolitano: “Sto dalla parte della Costituzione”
E Bossi: “Se si ferma il federalismo facciamo la guerra”
di Wanda Marra
entenza politica”. Intorno a questa lettura, la
maggioranza si compatta. Arriva dopo una giornata di estrema tensione la decisione della Consulta, che boccia il
Lodo Alfano. Berlusconi aspetta
quasi 2 ore per parlare, ma poi lo
fa con una dichiarazione netta:
“Con o senza lodo andiamo avanti, dobbiamo governare cinque
anni". Poi accusa: “Una Corte Costituzionale con 11 giudici di sinistra era impossibile che approvasse tutto questo”. Se la prende
anche col Capo dello Stato: “Sapete da che parte sta”. E definisce
“una farsa” i processi contro di
lui. Ma Napolitano lo stoppa immediatamente: “Tutti sanno da
che parte sta il Presidente della
Repubblica. Sta dalla parte della
Costituzione, esercitando le sue
funzioni con assoluta imparzialità
“S
L’IDV: ORA DIMISSIONI,
IL PD “NESSUNO SCONTO”
di Paola Zanca
fallito il tentativo di Berlusconi di fugÈsteggia.
gire dai processi. E l’opposizione feAntonio Di Pietro chiede le dimissioni di Berlusconi: "Spero che da oggi, alla
luce della decisione della Consulta il presidente del Consiglio la smetta di fare leggi
a proprio uso e consumo, si dimetta dall’incarico e vada a fare quello che da 15 anni si
ostina a non voler fare: l’imputato”. Mentre
il Pd si limita a esprimere soddisfazione perché la legge è di nuovo uguale per tutti.
D’altra parte, l’Idv aveva già pronto il referendum per abrogare la legge salva-premier. “Anche la Corte Costituzionale ci ha
dato ragione”, commentano dalla “macchina” referendaria dell´Idv, e quindi “non
possiamo che essere contenti”. Va detto
però che avevano fatto un lavoro certosino, “svizzero”. La corsa contro il tempo per
raccogliere le cinquecentomila firme in tre
mesi. La paura di sbagliare che gliene aveva
fatte cercare il doppio. E poi il countdown
che avrebbe potuto portare al voto la prossima primavera. Ma quel patrimonio da un
milione di firme, resta: “La sentenza della
Corte Costituzionale rende inutile il referendum - afferma l´Idv Leoluca Orlando ma dimostra come fosse fondata l'indignazione dei cittadini, e come le perplessità
espresse sulla firma da parte del Capo dello
Stato avessero oltre che un fondamento etico, anche un fondamento giuridico e costituzionale”. Ed è già pronta la prossima
battaglia, quella per le dimissioni: “Noi riteniamo che il presidente Berlusconi debba trarne tutte le conseguenze - dice il capogruppo al Senato, Felice Belisario - Farebbe bene a prendere le valigie e a cambiare aria”. Usa parole ancora più esplicite
il suo omologo alla Camera, Massimo Donadi: “Il Governo ora ha il dovere morale di
dimettersi e il presidente del Consiglio di
fare quello che qualsiasi altro italiano nelle
sue condizioni dovrebbe fare: l'imputato.
con maggior forza. Non mi fermeranno, continuerò a governare”, aveva chiarito ancor prima di sapere come sarebbe andata il Cavaliere.
L’epilogo arriva alla fine di una
giornata che si era consumata in
una strana attesa. A Montecitorio le voci si erano rincorse dalla
mattina: in maniera insistente si
parlava di una bocciatura per “9
a 6”. Pochi e ben poco visibili i
Pdl nel panico, Alfano
torna con un volo low
cost per un vertice
notturno. Il coro:
“Sentenza politica”
deputati del Pdl in Transatlantico. Tanto è vero che per ben due
volte la maggioranza era andata
sotto su un provvedimento
sull’infanzia presentato dal Ministro Carfagna: ordine di scuderia voleva che l’aula rimanesse vuota per evitare schiamazzi
al momento della sentenza.
Nella tarda mattinata era arrivata la chiamata alla piazza di Umberto Bossi, prima di iniziare un
pranzo col Presidente della Camera, Gianfranco Fini: “Se la
Consulta dovesse bocciare il LoL'Italia dei Valori chiede che si vada subito
do noi potremmo entrare in funad elezioni”. Di Pietro ne approfitta per rizione solo trascinando il popospondere a chi lo accusa di avere la polelo. E il popolo lo abbiamo, sono
mica facile con il Presidente Napolitano:
i vecchi Galli". L’opposizione
già un anno fa a piazza Navona, dice, “ci
era insorta, parlando di pressiorivolgemmo al capo dello Stato per pregarne indebita sulla Corte. Ma in
lo di non firmare questo scempio che il prerealtà dopo il pranzo con Fini il
sidente della Repubblica, d'ora in poi, non
Senatur aveva espresso quella
sia così frettoloso nel firmare provvediche sembra la posizione conmenti incostituzionali e immorali”.
giunta dei due: “Non voglio le
Dal Pd, invece nessuna richiesta esplicita di
elezioni e Fini non le vuole. Noi
dimissioni. “Mi pare - dice il candidato alla
vogliamo le riforme". Sarebbesegreteria Pierluigi Bersani - che la decisioro, aveva detto ancora Bossi, le
ne metta un punto fermo e dica che senza
elezioni regionali, in caso di
una legge costituzionale Berlubocciatura del Lodo,
sconi e le alte cariche sono citad assumere un valotadini come tutti gli altri e sono
re politico: "Berludi Giampiero Calapà
PRATO E PISA
tenuti a sottoporsi a giudizio”.
sconi vincerà, non si
Anche per Dario Franceschini
puo' perdere con un
la Consulta “ha ristabilito il
alleato come noi".
principio dell'uguaglianza di
Nell’incertezza della
tutti i cittadini davanti alla leggiornata questa era
ge”, mentre la capogruppo Pd
sembrata una strateal Senato Anna Finocchiaro si
gia preventiva: nesnche Prato introduce i ticket, ma non
limita a chiedere al Premier
suna ipotesi di eleper transitare dal centro con l’auto. Il
“come intende conciliare i
zioni anticipate, nessindaco Roberto Cenni (Pdl) vuole far pagare
suoi impegni di presidente del
suno si sogni di far
Consiglio con quelli di impucadere il governo e
un euro al giorno ai rom maggiorenni che vitato in due processi”. E ancora
nessuno - neanche il
vono nei campi attrezzati dal Comune. “Penso
il leader dell´Udc, Casini:
Cavaliere - invochi il
la cifra non sia eccessiva neppure per i rom”,
“Non è il giudizio universale.
richiamo alle urne,
spiega l’assessore Giorgio Silli. La giunta Cenni
La Corte costituzionale ha
perché la Lega vuole
pensa anche all’istituzione di un “registro delle
espresso un'opinione su di
fare le riforme. Di
presenze”. Nella sempre rossa Pisa, invece, il
una legge e ci si deve attenere a
più: la Lega è deterComune ha predisposto il “rimpatrio volontaquesta. Naturalmente, il gominante nell’unico
verno che ha preso i voti degli
test politico possibirio e assistito”. Rom e Sinti sono invitati a
elettori deve continuare a fare
le. Fini, dal canto
ritornare nel loro Paese, con un incentivo
il suo lavoro, a occuparsi dei
suo, aveva stoppato
in denaro che va da 500 a 1500 euro: viene
problemi degli italiani, che
le voci di nuovi gofatto firmare un contratto, in lingua romevengono prima di quelli di Berverni: “Non ho in
na, senza valore giuridico, con cui il rimlusconi”. Infine una ventina di
mente né grandi coapatriato dichiara che non rientrerà a Pisa
militanti di Sinistra e Libertà:
lizioni, né partiti con
almeno per un anno. Alla faccia della libera
dal momento della notizia,
Montezemolo, Riccircolazione delle persone.
stanno davanti a Palazzo Chigi.
cardi o Letta..."
Urlano Dimissioni, dimissio(ha collaborato Carlo
ni”.
Tecce)
Il Presidente Napolitano all’inaugurazione dell’anno giudiziario (FOTO ANSA)
LE OPPOSIZIONI
e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale", dice una
nota del Quirinale.
Mentre il Premier dà la linea, i suoi
fanno quadrato: andiamo avanti,
il governo è legittimato dal voto.
Seppure qualcuno nei vertici che
si susseguono a Palazzo Grazioli
tira in ballo l’ipotesi di elezioni anticipate, la posizione ufficiale è
questa. Lo dice per primo Paolo
Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: "E' una sentenza politica, ma
il presidente Berlusconi, il governo e
la
maggioranza
continueranno a
governare". E a seguire sono su questa falsariga le dichiarazioni un po’
di tutti, dal ministro della Difesa, La
Russa, al vicecapogruppo a Palazzo Madama, Quagliariello, dal
portavoce Verdini al capogruppo
alla Camera, Cicchitto. Il ministro
della Giustizia Alfano, sgomento,
parla di “sentenza sorprendente”. E il ministro delle Riforme,
Umberto Bossi, che si dichiara
“vicino a Berlusconi”, arriva alla
minaccia: "Se si ferma il federalismo facciamo la guerra".
Dichiarazioni forti, concitate. Il
Pdl è disorientato: la bocciatura
totale evidentemente arriva inaspettata, soprattutto dopo la relativa calma della giornata di
martedì, quando si era parlato al
massimo di una bocciatura parziale. Via del Plebiscito viene
transennata. Sopra Palazzo Grazioli, dove Berlusconi aveva
convocato preventivamente i
vertici del Pdl, volano gli elicotteri. Presenti, tra gli altri, Alfano,
tornato di corsa da Madrid con
un volo low cost, Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Gianni
Letta, Paolo Bonaiuti e Fabrizio
Cicchitto. “Vado avanti, ancora
Mettono il ticket
ai rom
A
IL FATTO POLITICO
dc
Sinistra
Futura
di Stefano Feltri
una di quelle
Pcheercoincidenze
temporali
per i giornali
berlusconiani sono sempre
“ad orlogeria”, mentre la
politica aspettava il verdetto
della Consulta sul lodo
Alfano, tra gli stucchi di
palazzo Colonna, a Roma,
Luca di Montezemolo
presentava “Italia Futura”.
L’uomo di punta di quello
che doveva essere “il
complotto delle élite”
ribadisce per l’ennesima
volta che non sta battezzando
un golpe, un movimento o
un partito ma un think-tank.
Un pensatoio attivo nel
dibattito pubblico e nella
società, che promuove
convegni e finanzia progetti
innovativi. E gli si può anche
credere, non fosse per un
rapido accenno all’orizzonte
temporale su cui ragiona
“Italia Futura”: 5 anni, giusto
il tempo di una legislatura.
“Immaginiamoci l’Italia fra
cinque anni, come sarà?”, si
domanda Montezemolo.
nche il resto della platea
Acompulsa
se lo chiede, mentre
i Blackberry per
capire se è arrivata la
sentenza sul lodo.
Ammettendo la buona fede di
Montezemolo e che quindi
per ora lui non voglia entrare
in politica (anche perché è
ancora presidente della Fiat),
bisogna comunque tenere
conto del clima. In platea
c’erano tutti, dal banchiere
Luigi Abete alla sindacalista
della Cgil Susanna Camusso
(perfino Vittorio Sgarbi) con
la voglia di ragionare già su
scenari post-berlusconiani.
Sul palco, infatti, c’è
Gianfranco Fini.
«Montezemolo presenta un
rapporto sulla mobilità
sociale e l’Italia bloccata e
qui ad ascoltarlo ci sono tutti
quelli che la bloccano», celia
un direttore di giornale.
alle speculazioni sui
Ospalleltre
complotti e agli sfottò alle
di Montezemolo che
parla di meritocrazia contro
la cooptazione (lui che fu
cooptato da Gianni Agnelli),
resta il dato politico: nel suo
discorso il presidente della
Fiat tocca una lunga lista di
temi, dalla questione
meridionale all’abolizione
delle province fino a
un’uguaglianza delle
opportunità sostanziali e non
solo formali per i giovani, che
dimostrano come ci sia lo
spazio - culturale se non
politico ed elettorale - per un
nuovo centro che si
appropria di alcuni temi della
sinistra (dimenticati dal Pd) e
scoperti dalla destra
berlusconiana (la lotta ai
fannulloni e alla burocrazia).
Se poi, dopo i cinque anni
evocati da Montezemolo, il
Pd sarà ancora quello di oggi,
forse Italia Futura potrebbe
diventare perfino la Sinistra
Futura. Molto centrista, però,
e quindi - spera qualcuno vincente.
Giovedì 8 ottobre 2009
pagina 5
Dalle “gondolette”
ai “fannulloni”
ecco la Renato story
di Luca Telese
inistro, lei concede
questa intervista a
noi della “sinistra
per male”?
(Renato Brunetta sorride): “Ma
voi non siete per male!”
(Insisto) Per malissimo, direi,
dal suo punto di vista.
“E lei che ne sa del mio punto
di vista? Non prendete soldi
dallo Stato, fate lotta-dura-senza-paura, siete mille volte meglio di tanti ipocriti assistiti
che campano di sussidi”.
Siamo tecnicamente antiberlusconiani
“E chi se ne frega! E’ libertà di
opinione, ci mancherebbe”.
Il ministro mi riceve nel suo ufficio. Bella stanza, tavolone
immenso, un grande modellino, una Ferrari rossa. Lui spiega: “La Ferrari per me è l'Italia
migliore. l'Italia che vince, l'Italia che piace”. Nel giorno
della sentenza su Lodo Brunetta stupisce almeno due volte.
La prima quando dice: “Quello
che decide la Consulta è fisiologia del sistema democratico.
L’unico giudice su chi governa
sono comunque gli elettori”.
La seconda quando aggiunge:
“Sono stato il primo a parlare
di golpe. Mi hanno dato del
matto... Ora nel centrodestra
si svegliano”. Secondo lei è in
atto un golpe contro il centrodestra? “Oh sì. Lodo o non lodo, il tentativo di rovesciare il
risultato elettorale è in atto”.
Ma il ragionamento di Brunetta parte da più lontano.
Quindi noi de il Fatto non
dobbiamo andare a morire
ammazzati?
“Ma lei pensa che io sia uno
stupido?”.
Per nulla. Chi è la “sinistra
per male” con cui ce l'ha?
“Io a Cortina ho parlato un’ora
e mezza: ho detto quel che penso su tante cose: la crisi, la bolla
finanziaria, le dinamiche speculative, i prezzi...”.
E ha puntato l'indice contro
le elites parassitarie.
“Certo. Se ci pensa questa parola è un ossimoro”.
Più che un ossimoro è un'ingiuria. Di chi parlava?
“Le elites parassitarie esistono
da sempre, nascono con gli stati preunitari. Sono sacche di ceto dirigente che vive in modo
assistito: nell'università, nella
burocrazia, nell'industria dello
spettacolo...”
Lei ha attaccato “ i cineasti
della rendita parassitaria”.
“Oh sì! Si autodefiniscono cultura, e puntano solo a beccare
soldi pubblici”.
Sono la sua bestia nera?
“Sono loro che ci odiano perché gli chiudiamo i rubinetti di
approvvigionamento”.
Tutti fannulloni comunisti?
“Non è questo il discorso. Le
elites, soprattutto quelle parassitarie, sono storicamente vicine ai governi. Ma adesso che si
vedono in pericolo, si buttano
sull'opposizione. Siamo come
quei ricercatori che combattono il cancro tagliando le fonti di
alimentazione alle cellule malate”.
Quindi il golpe è stata una
parola che le è sfuggita?
“Al contrario. E' il punto di caduta di questo ragionamento:
queste elites desiderano sopra
ogni cosa il ritorno al passato,
si incazzano con noi e sognano
il golpe. Così trovano una sponda nella sinistra per male”.
Lei non dice chi sono questi
'per male', così si può riferire a tutti.
M
L
L’INTERVISTA
e sue “gondolette” ormai sono
diventate leggenda. Le vendeva
insieme al padre, che aveva un banco
ambulante di souvenir a Venezia. Renato
Brunetta ne ha parlato molti anni più tardi, in
una celebre intervista a Gian Antonio Stella.
Socialista fin da ragazzo: cresce con Maurizio
Sacconi nella corrente lombardiana del Psi. Si
laurea in Scienze politiche ed economiche
all'Università degli Studi di Padova, nel 1973.
Lavora a Roma, presso la fondazione Brodolini.
A 25 anni diventa consulente del ministero del
Lavoro. Nel 1983 viene messo sotto scorta per
la minacce ricevute dalle Brigate rosse. Quando
nasce Forza Italia entra nel partito di Berlusconi.
Si candida a sindaco contro Massimo Cacciari,
BRUNETTA:
“Vi spiego perchè
c’è un golpe”
E’ in atto contro Berlusconi. Ci sono personalità
che sognano una spallata senza passare per le urne
“ODIO LA GAUCHE CAVIAR!”. Il ministro Renato Brunetta visto da Manolo Fuchecchi (
“Non è vero. Ci sono tanti amministratori locali di sinistra
che stimo: sindaci assessori: riformismo vero...”.
E “i per male” chi sono?
“Le terrazze, i radical chic,
quelli che: ‘Abbiamo un banca!’. Quelli stanno sulle scatole
anche a voi de il Fatto”.
Lei in realtà ce l'ha con chi si
oppone a Berlusconi...
“No, li combatto perché difendo il governo. Ma ce l'ho con
chi sogna la spallata fuori dal
parlamento. E' questo che è
inaccettabile”.
Anche Brunetta sognava la
spallata contro Prodi.
“Certo! Sono andato in piazza a
manifestare. Ma volevo un voto
popolare. Loro vogliono un pasticcio in parlamento”.
Allora mi dica i nomi di chi
vuole la spallata.
“Sto facendo un ragionamento, come De Mita. Dopo diciamo chi”.
L'aiuto. Lei ce l'ha con D'Alema. Perché l'ha definita 'energumeno tascabile'?
“Era una cattiveria razzista”.
“Le élites
parassitarie
ci odiano, noi gli
togliamo i soldi”
Di cui le ha chiesto scusa....
“Solo privatamente”.
E allora com'è che io lo so?
(Sorriso) “Perché l'ho fatto sapere io”.
Torniamo al ragionamento
sul golpe. Non penserà davvero che lo facciano quelli
delle terrazze?
“Anche. E' una miscela che si
crea: un po' di finanza, politica,
establishment, editoria.... Poi
arriva il catalizzatore...”
Il catalizzatore finale?
(Ride) “Già. Quando arriva il catalizzatore finale, il golpe è a un
passo”.
Lei non ci crede davvero...
“Sta scherzando? E' già accaduto una volta, nel 1994, può accadere di nuovo”.
Ma quale golpe? C'era un avviso di garanzia.
“Che, guardacaso, fu recapitato da Il Corriere della sera”.
Anche lei avrebbe pubblicato quella notizia.
“No, se frutto di un reato”.
Lei teme che la Corte sia un
nuovo catalizzatore”?
“Che ci siano una Corte e un
verdetto è fisiologico. Io le dico che il pericolo esiste a prescindere da quello che decide
la Consulta. E che persiste”.
Lei usa la parola golpe fuori
luogo: i golpe sono Pinochet
e generali russi che sequestrano Gorbaciov...
“Troppo facile! Io non evoco
poteri occulti o servizi. La loro
è perversa opposizione. Ho
detto a Berlusconi: Fai due consigli dei ministri a settimana. Rispondi con le riforme”.
Crede che il governo abbia
buona immagine? Fate riforme senza soldi.
“Non è un limite. La mia riforma della pubblica amministrazione non costa nulla. E di soldi
ne fa risparmiare”.
La riforma della scuola manda a casa i precari.
“Ma ci salva dal fallimento”.
Lei parla di merito, ma c'è il
rischio che gli incentivi diventino una regalia in mano
ai dirigenti pubblici.
“Peggio di come è ora? Non credo. Ci sarà una Authority indipendente che valuta. Proviamo. Se sbaglio io fra due anni si
capirà. Io sono certo che arriveremo al merito”.
Stavano per piazzare le gabbie salariali...
“Non è vero: è stata solo una
battuta estiva”.
Lei dice? Se n'è parlato per
tutto agosto: Bossi, Berlusconi, Tremonti...
“E’ un controsenso, una follia
economica. L'ho sempre detto: l'unica variante è il salario di
produttività”.
Quindi lei si opporrebbe?
“Finché ci sono io non ci saran-
ma viene sconfitto. Nel 1999 diventa
eurodeputato azzurro. Nel 2008 viene nominato
Ministro della funzione pubblica. Nel’estate del
2008 il governo promulga il suo provvedimento
più importante, il famoso “decreto
anti-fannulloni”. Due mesi fa la polemica più
feroce: quella contro “la sinistra per male che
deve andare a morire ammazzata”.
no gabbie”.
Si dimetterebbe?
“Con me non ci saranno”.
Lei si definisce un socialista
liberale. Cosa pensa quando
si arresta per clandestinità
un cingalese che ha denunciato un furto?
“La questione non è in questi
termini”.
E delle escort a Palazzo Grazioli?
“Nulla. Perché non sono un
guardone e non mi interessano
le vicende private”.
Quello che voi definite gossip fa parte del golpe?
“Il gossip non è nulla. E poi, chi
è senza peccato scagli la prima
pietra”.
Lei ha fatto il professore alla
scuola quadri per veline.
“Secondo me i guardoni e gli invidiosi invidiano Berlusconi. Il resto sono leggende romane”.
Ci vuole dire che per un riformista come lei l'invidia è
un merito?
“Senta, questo voi non lo volete capire: Berlusconi vince da
15 anni, e ha fatto anche la fortuna di Travaglio”.
Un liberale non vede una
stretta nel campo dell'informazione?
“La vedete solo voi. Annozero
va in onda tutti i giovedì”.
Peccato che l'azienda volesse chiuderlo.
“Guardi, io di Santoro mi considero quasi un amico. Eravamo colleghi a Bruxelles. Ho fatto l'editorialista in un suo programma quando era a Mediaset...”.
Lo spot di Videocracy non
può andare in onda...
“L'unica limitazione alla libertà
di stampa è l'ignobile persecuzione contro Minzolini”.
Per lei il Tg1 può attaccare
una parte del paese?
“Perché no? Lo faceva anche
Curzi al Tg3. C'è una montagna
di ipocrisia in questi critici. Il
mondo dell'informazione è
pieno di tante porcherie, che
non è difficile trovarne”.
Fra queste il licenziamento
di Mentana ci rientra?
“E’ il mercato. Ha incassato una
buona liquidazione. Al suo posto mi sarei fatto licenziare dieci volte.
Però non lavora più.
“E' un fior di professionista.
Una pausa retribuita è un rischio del mestiere”.
Vauro l’ha querelata.
“Bene! Adesso mi diverto”.
Lei gli ha dato del razzista.
“La satira non è una entità
extraterritoriale. Sotto il nazismo gli ebrei venivano raffigurati con il naso adunco. Non è
satira, ma propaganda”.
Sta paragonando Vauro a
Goebbels?
“Ho detto che le sue sono vignette razziste. Adesso in tribunale ci divertiremo: ci sarà un
giudice a Berlino?”.
Lei però, per questo motivo
non va ad Annozero.
“Lei andrebbe in un ristorante
in cui le sputano sul piatto?
Nulla contro Santoro, ma anche nulla a che vedere con chi
mi disprezza per il mio aspetto
fisico. Dovrei far finta di ridere?
Sono profondamente offeso.
Avrò il diritto di non averci nulla a che fare?”.
“Il governissimo
sarebbe un
colpo di Stato.
Voto anticipato”
Cosa pensa dei ministri
pro-Fininvest sul lodo Mondadori?
“Quali? Io non ne vedo”.
Il ministro Bondi, per esempio a Ballarò.
“Non l'ho visto. Io difendo il governo. A parte il fatto che è una
sentenza di venti anni fa, e molto anomala”.
Previti è stato condannato
per corruzione.
“Le cose sono molto complesse. In ogni caso, se mi invitano
in un programma a parlare di
questo non vado. Non conosco
le carte”.
Lei attacca i conservatori di
sinistra. Chi sono?
“Per esempio Bersani. Uno che
in privato dice: ‘Va’ avanti’, e in
pubblico mi critica”.
E' giusto che lei lo riveli?
“Non sono capace di essere
doppio”.
Per lei gli ex diessini sono
tutti “comunisti”.
“E come chiamarli? Nel partito
socialista non li ho mai visti”.
Quando dicono che Brunetta cerca il riscatto nella politica cosa pensa?
“Che sono psicologismi d'accatto. Poveretti”.
Lei è un populista?
“Sono un riformista”.
Che ha avuto sei minuti di
applausi prima di parlare al
congresso del Pdl
“Gente che mi vuole bene, è
una colpa se sono amato?”.
Si è montato la testa?
“No. I sondaggi dicono che sono al 58% di popolarità!”.
Stoccata ai colleghi?
“Macchè, siamo tutti amici”.
A parte Tremonti?
“E' una bella domanda”.
In consiglio dei ministri chi
cede il passo tra voi?
“A volte io. A volte lui”.
Lei parla di merito e produttività. Come ha fatto ad accettare lo scudo fiscale?
“Perché non sono un ipocrita.
E' un male necessario”.
Con cui tornano anche i capitali della mafia.
“Per me quelli non tornano”.
Chi torna è tassato al 5%.
Pensi a chi paga le tasse.
“E' come una grazia, un'amnistia. Ora l'importante sarà usare questi fondi a fin di bene. Cosa di cui probabilmente – sorride - erano convinti anche i 26
dell’opposizione che hanno
fatto passare lo Scudo”.
Di Franceschini che pensa?
“E chi è?”.
Questo non è dileggio?
“No, è una constatazione. Se
mai dirà qualcosa di significativo mi farò un'idea”.
E il governissimo?
“Non mi piacciono gli issimi.
Santissimi, intelligentissimi,
governissimi...”.
Come sono i suoi rapporti
con Montezemolo?
“...Buonissimi, grazie. Come forse lei sa, mi ha fatto i complimenti dopo il discorso di Cortina. Gli faccio tutti i miei auguri, a lui e ai suoi figli”.
Anche in politica?
“Senta, Montezemolo ha tutto
il diritto di candidarsi. Ma in
questa legislatura il mandato è
andato a Berlusconi, chiaro?”.
E quindi?
“Ogni altra via è un golpe più o
meno mascherato”.
E al golpe come reagite?
“Con la protesta, con la nostra
gente in piazza, con la richiesta
inderogabile di elezioni anticipate. Chi voglia governare, dopo Berlusconi, non può avere
legittimità senza un voto popolare. Non è d'accordo anche
lei?”.
pagina 6
Giovedì 8 ottobre 2009
COMPLOTTI
N
LA SINDROME GOLPE
CONTI PUBBLICI
TUTTA COLPA DELLA CIA
Il premier costretto a smentire le voci
sui servizi segreti stranieri
di Stefano
Citati
uando si tratta di servizi
segreti, può una smentita cancellare un sospetto? Nel dubbio Berlusconi parla di “follie e quindi non si smentiscono”, “e io
non sono certo abituato a a
rincorrere le follie soprattutto di certa stampa. Ma quando vedo che qualcuno le raccoglie in maniera spregevole
e strumentale, intervengo
non solo per smentire ma per
esprimere tutto il mio sdegno
verso chi sostiene che avrei
fatto ricorso a servizi segreti
di un Paese amico ma non alleato. Una vera, assoluta follia". Traduzione possibile:
non è assolutamente vero – di
più, possibile - che il presidente del Consiglio abbia approfittato dei buoni rapporti,
dei legami di amicizia, con il
presidente russo Putin (ed ex
agente segreto del Kgb ai tempi dell'Urss) per chiedergli il
favore di capire se ci sia effettivamente in atto un complotto, una strategia per screditare e scaricare il suo governo. Alla guida della manovra,
di questa operazione anti-italiana – secondo il retroscena
di Verderami sul Corriere della
Sera di martedì – ci sarebbe
l'America, ovverosia un cattivo servizio che Obama sta facendo al suo alleato.
Si potrebbe usare il refrain
che fu un classico: è colpa
della Cia. Ci crede l'ex presidente della Repubblica
Francesco Cossiga che si dice
“non "meravigliato" dalla notizia – divenuta un'interrogazione parlamentare da parte
del senatore del Pd Luigi Zanda. L'ex capo dello Stato e ministro degli Interni negli anni
Settanta fa riferimento a ricordi personali: “Durante il sequestro Moro e più in generale nella lotta contro il terrorismo rosso e nero, interno, estero e internazionale
cercai d'avvalermi della collaborazione non solo dei servizi americani, britannici,
francesi e tedesco-occidenta-
Q
li, ma anche della Spagna e
della Jugoslavia di Tito”. E poi
un consiglio: “Se Berlusconi
me l'avesse chiesto l'avrei
sconsigliato di avvalersi
dell’Aise (Agenzia informazioni e Sicurezza esterna) dato che settori deviati di questa agenzia hanno complottato contro di lui. E ciò nonostante la totale protezione
che a tutta questa Agenzia è
con passione accordata dal
sottosegretario alla presidenza del Consiglio che è anche
Autorità delegata ai servizi”,
ovvero Gianni Letta, tirato in
ballo come “gran visir” traditore da parte del leghista Calderoli nei retroscena com-
Si parla di una
richiesta di
aiuto a Mosca
per capire se
gli americani
hanno
deciso di
abbandonarlo
prio a Putin attraverso l'interesse per l'oleodotto South
Stream contro il progetto Nabucco che aggira il territorio
russo, come polemicamente
ricordato dal neo ambasciatore Usa David H. Thorne. Al
momento Roma è il secondo
partner commerciale di Mosca, ma con il nuovo governo
tedesco potrebbe presto salire al primo posto. Quella
americana è una preoccupazione strategica: “Tutti i soldi
dati a Putin finiscono in rifornimenti di tecnologia militare
avanzata,
determinando
un’escalation bellica costosa
e lunga da colmare. In estate il
think-tank Aspen institute
americano ha organizzato a
Denver un dibattito sul 'Pericolo Italia'. Altro piccolo segnale: chi è andato a trovare
per primo l'ambasciatore
Thorne?: il presidente della
Camera Gianfranco Fini, in
questi ultimi tempi visto come l'unico vero oppositore
del premier”, mette in fila
plotteschi.
Provando a mettere insieme
elementi reali, può emergere
l'abbozzo di un quadro che rivela l'aria che tira, il segno di
questi ultimi tempi: “La ormai
aperta, dichiarata opposizione degli Stati Uniti al governo
italiano. A Washington sono
molto preoccupati per la situazione italiana e per il modo in cui vanno le cose e addirittura furiosi fuori dagli incontri diplomatici ufficiali
per il preteso ruolo di mediatore tra Usa e Russia che Berlusconi vuole mostrare di essersi ritagliato”, condensa il
senatore Paolo Guzzanti. Con
basi concrete, geopolitiche:
l'appoggio di Berlusconi pro-
Commissione Ue:
procedura contro
l’Italia
L
a Commissione
europea applica i
parametri di Maastricht
anche nella crisi e avvia la
procedura d’infrazione
contro 9 Paesi che non
hanno mantenuto il
rapporto tra deificit e Pil
al 3 per cento. Tra questi
c’è l’Italia, soprattutto
perché lo scostamento
“non è temporaneo”.
C’ERA UNA VOLTA
I SERVIZI A SINISTRA
el resto il Muro è caduto. E non da ieri. Nulla di
cui stupirsi, quindi, se il mondo va al rovescio e il
più anticomunista tra gli anticomunisti sia fraterno
amico di Vlad Putin: ex Kgb, ex un mucchio di cose,
soprattutto ex comunista. Nel ribaltone cosmico, ci
finisce a buon diritto anche la Cia: “nemica” storica
delle sinistre del globo terracqueo, è stata alibi e spettro
di innumerevoli retroscena nazionali ed internazionali.
Alla rinfusa: si parlò sei servizi segreti a stelle e strisce ai
tempi di Craxi nella crisi di Sigonella, durante il
sequestro Moro e all’ombra di Gladio. Ora si scrive che
il signor B. sospetta manovre anti-nazionali ai danni
della maggioranza di centrodestra. E l’allusione sarebbe
proprio alla cara vecchia Cia. Saltate le marcature,
perché no? Dopotutto succedono e si succedono cose
assai bizzarre: la Consulta (di sinistra) dichiara
illegittime le leggi, le gentili signorine parlano con i
magistrati (di sinistra), a capo della maggiore potenza
del mondo è stato eletto un signore abbronzato (di
sinistra). Sarà mica diventata comunista anche la Cia?
D
Barack Obama e Silvio Berlusconi (DI) Foto Ansa (
Guzzanti.
Altro che complotto dei poteri forti, quelli che non si capisce mai chi siano. Altro che
golpe. La situazione è più simile a “un assedio” descrive il
deputato che ha rotto con
l'ex amico Berlusconi: assedio da parte di Usa e Chiesa. Il
Vaticano critica fermamente,
ma senza nomi, il comportamento privato dei politici; l'America usa le forme vellutate
della diplomazia. “Ma c'è un
punto del quale mi pare si
debba tener conto: il tesoretto svizzero legato alla vicenda
Frank Agrama-Paramount, le
fatture gonfiate per i film Mediaset, e la sottrazione di denaro al fisco italiano e agli
azionisti; se entra in gioco il
Revenue service americano sono dolori: non c'è lodo Alfano
o altro che tenga, un reato
contro l'erario Usa non viene
certo parato dalla legge italiana, mentre lo scudo fiscale
può anche coprire il ritorno
dei capitali dalla Svizzera”.
Altro che problema interno, anche a Bruxelles si giudica Roma
Lo storico leader Verde Cohn-Bendit: sono in gioco i diritti fondamentali. Critiche anche ai liberali
L’ANM
“Lodo Mondadori,
accuse assurde”
“È
incredibile che
esponenti politici
possano parlare di
"disegno eversivo" e
affermare che ci sia "chi
sta tentando, con mezzi
impropri, di contrastare
la volontà democratica
del popolo italiano". Lo
sostiene la giunta
dell’Anm a difesa della
sentenza che ha
condannato la Fininvest a
un risarcimento di 750
milioni di euro a favore
della Cir (nella foto,
Segrate sede Mondadori).
PARLAMENTO
Sanzione
per Barbato
C
hi contesta la mafia è
cacciato dalle
istituzioni, nelle quali,
restano i mafiosi". "Viva
don Silvio da Corleone!": è
quanto ha urlato nell’Aula
della Camera, Franco
Barbato, il deputato Idv,
cui l’ufficio di presidenza
della Camera ha
comminato la sanzione
procedurale.
INFANZIA
Governo sotto
due volte
D
ue volte sotto: il
governo inciampa
sul garante dell’infanzia,
la cui istituzione è in
discussione alla Camera.
Dopo esser stato sconfitto
martedì sera, ieri a farlo
andare sotto è stata una
votazione su una
questione procedurale.
FIDUCIA CONSUMATORI
di Alessandro
Cisilin
e fotografie del leader sessantottino sono oramai remote, e
a Daniel Cohn-Bendit non interessa nascondere il tempo.
La conversione a politico navigato
gli si addice - fin troppo, obiettano
da sinistra – al punto da consegnargli alle europee di quest’anno un
inaspettato trionfo elettorale, coi
Verdi a rappresentare l’unico partito continentale ad aumentare i
propri seggi. L’atmosfera in queste
ore è però tesissima e la ragione è
l’Italia.
A Bruxelles rimbalzano le notizie
sul Lodo Alfano e sulle minacce degli alleati del premier. Incontriamo
la centrista fiamminga Annemie
Neyts, presidente del Partito liberale europeo, che si dice “indignata” e richiama ai principi democratici dell’“indipendenza della magi-
L
stratura e dell’uguaglianza di tutti
davanti alla legge”, precisando
“senza distinzione alcuna”. Nei corridoi europei prevale però la prudenza, anche perché l’assemblea è
già coinvolta in un’altra emergenza
italiana, quella sull’informazione, e
per giunta si trova costretta a subire
l’assedio degli uomini del premier.
Il Partito popolare europeo, facendosi portavoce del Pdl – che ne fornisce un’importante quota di deputati – con un blitz tenta di togliere dall’ordine del giorno di stamani la prevista discussione
sull’anomalia mediatica in Italia.
Ma ai voti perde, anche perché il
mite Cohn-Bendit ritrova in aula
l’antica verve e sbotta, accusando
la destra di voler zittire anche l’europarlamento.
La destra però forse non ha tutti
torti nell’argomentare che si
tratta di un “problema interno
all’Italia”.
“Non esiste alcun ‘problema interno’ nell’Unione europea, tantomeno quando si tratta di diritti essenziali. La libertà di informazione è
nei Trattati, nella Carta europea dei
diritti fondamentali, nella Convenzione del 1950 sui diritti dell’uomo. Abbiamo il dovere di occuparcene”.
Il nodo-informazione e il dibat-
L’Europarlamento
discuterà
oggi del conflitto
di interesse,
nonostante
i tentativi di stop
tito di oggi induce i suoi colleghi
a tenere la bocca cucita su altre
emergenze italiane, a cominciare dal Lodo Alfano. In Italia però
i sostenitori del provvedimento
citano proprio la legislazione del
suo paese.
“In Francia la sospensione dei processi è stata introdotta per il presidente della Repubblica, e anche a
questo sono fermamente contrario. Figuriamoci se poi si vuol
estendere l’immunità al presidente
del Consiglio…”.
I legali di Berlusconi però parlano di un premier “primus super pares”
(la risposta è una risata)
Ora però ci sono gli attacchi del
governo alla Corte costituzionale che ha bocciato il Lodo e gli
appelli della Lega alla piazza.
“Una pericolosa situazione istituzionale emotiva”.
Presto i prezzi
torneranno su
I
l pericolo deflazione
sembra evitato.
Secondo lo Eurozone
Economic Outlook,
l’inflazione sarà dell’1%
nell’ultimo trimestre del
2009 e nel primo del 2010.
ALITALIA
Su Malpensa
non si cambia
R
occo Sabelli, ad della
nuova Alitalia, spiega
che “su Malpensa la
strategia è definita:
potenziaeremo le offerte
a corto e medio raggio
con il brand Air One”.
Giovedì 8 ottobre 2009
pagina 7
PROCESSI
Il Lodo Mondadori
e quella verità
mai ascoltata in tv
questa somma di danaro, lo stesso giorno lo trasmette a favore
del conto Pavoncella, intestato
ad Attilio Pacifico, presso una
banca di Chiasso. Appena pervenuta questa somma, Pacifico
la preleva in contanti, e siamo al
16 ottobre 1991. Poi di questa
somma non vi è più traccia documentale.
La legge è uguale
per tutti
PARLA IL GIUDICE
Nella primavera 2006 la rete televisiva franco-tedesca Arte ha mandato
in onda il film documentario “Berlusconi, l'affaire Mondadori”, prodotto in
Francia e realizzato dal regista Mosco Boucault con Gianni Barbacetto.
Nel film, dedicato alla conquista della Mondadori da parte di Silvio
Berlusconi e mai visto in Italia, il giudice Paolo Carfì, presidente del collegio
del tribunale che nell’aprile 2003 aveva condannato in primo grado
Cesare Previti e i suoi coimputati nel processo Imi-Sir/Lodo Mondadori,
per la prima volta accetta di spiegare lo svolgimento di quel processo.
Quella vicenda è nei giorni scorsi arrivata al suo esito finale dal punto di
vista civile, con la sentenza che ordina ora alla Fininvest di pagare 750
milioni di euro alla Cir di De Benedetti, a cui è stata sottratta la
Mondadori attraverso una sentenza comprata e venduta. Il giudice Carfì
ebbe a subire, durante il processo, una serie infinita di ricusazioni,
rimessioni, attacchi, a cui non ha mai risposto. Pubblichiamo qui, tratto
dal film andato in onda in Francia e in Germania, una parte del suo
racconto dello svolgimento processuale che nessuno in Italia ha potuto
finora ascoltare.
di Paolo Carfi
l Tribunale da me presieduto ha calcolato che se la
segretaria di Metta avesse
dattiloscritto la sentenza
che il giudice aveva scritto a
mano, avrebbe avuto bisogno
di non meno di cinque giorni,
lavorando a tempo pieno. Aveva infatti dichiarato di essere in
grado di dattiloscrivere 20, 25
pagine al giorno. Calendario
alla mano, deve avere cominciato a scriverla il 18 gennaio.
Quindi il giudice Metta avrebbe avuto a disposizione per
scrivere 120 pagine su una vicenda estremamente complessa, solamente i giorni 15,
16 e 17 gennaio. E al Tribunale
è parso praticamente impossibile, anche in considerazione
del fatto che i tempi medi del
I
giudice Metta per depositare
qualsiasi tipo di sentenza erano dai 60 ai 90 giorni. Dunque
la sentenza era stata scritta prima della Camera di consiglio
del 14 gennaio del 1991. E questo era un grave indizio circa la
preferenza accordata a una
delle parti del processo.
Il giudice Metta
e i soldi
È risultato, dall’esame dei conti
correnti del giudice Metta, che
nell’arco di un anno e mezzo,
dal 1990 fino alla metà del ’91,
sui suoi conti correnti erano stati depositati, in contanti e in varie rate con cadenza più o meno
mensile, oltre 600 milioni di lire, con versamenti che vanno
dai 10-15 milioni di lire ai 60 mi-
lioni di lire per volta. Nell’aprile
1992, il giudice Metta firmò un
compromesso per l’acquisto di
un appartamento in Roma da
900 milioni, cioè 450 mila euro
attuali. Di questi 900 milioni,
150 furono pagati con soldi prelevati dal giudice dal suo conto
corrente, 350 milioni erano un
mutuo stipulato dal giudice con
la banca, gli altri 400 milioni furono dal giudice consegnati in
contanti in una valigetta.
Per sette volte gli imputati hanno chiesto la ricusazione (prevista dal nostro qualora ritenga
che nel corso del processo il
giudice abbia compiuto atti
contro di lui, oppure che non
abbia dimostrato imparzialità).
Per sette volte la Corte d’appello ha respinto la richiesta. Per
sette volte gli imputati hanno
fatto ricorso in Cassazione. Per
sette volte la Cassazione ha respinto definitivamente la richiesta. Ma questo ha comportato in
alcuni momenti la paralisi del
processo.
Inoltre nel corso del processo
sono state varate anche numerose leggi che non solo avevano
delle conseguenze dirette sul
processo in corso, ma che hanno comportato anche il blocco
del processo stesso, in alcuni casi anche per diversi mesi. La legge sulle rogatorie internazionali
fu appunto approvata dal Parlamento nell’ottobre del 2001 e
prevedeva che tutti i documenti
arrivati dall’estero e trasmessi
Paolo Carfi durante il processo. In basso, Giovanni Lipari (FOTO ANSA)
dall’autorità straniera (migliaia
di pagine) fossero timbrati foglio per foglio dall’autorità giudiziaria straniera. Fino ad allora
invece era stata sufficiente una
semplice lettera di trasmissione
con cui l’autorità giudiziaria
straniera confermava l’autenticità degli atti. Il problema era
estremamente rilevante nel
processo Imi-Sir/Lodo Mondadori perché, guarda caso, le prove principali a carico degli imputati erano rappresentate da
documenti bancari provenienti
dall’estero, Svizzera, Lussemburgo, Liechtenstein, Montecarlo... In base alla nuova legge,
noi avremmo dovuto, immagino, affittare camion su camion
per rimandare tutti questi documenti all’estero per far timbrare
tutto. Conseguentemente il
processo sarebbe rimasto paralizzato per mesi.
I conti
all’estero
Pochi giorni dopo la pubblicazione della sentenza Mondadori di Metta, avvenuta il 24 gennaio 1991, si erano realizzate
delle movimentazioni finanziarie estero su estero che, come
dire, avevano colpito la pubbli-
In conclusione, il Tribunale ha
ritenuto che il quadro indiziario
a carico degli imputati con riferimento al caso Lodo Mondadori fosse di particolare gravità. Il
tribunale ha messo insieme tutti
questi indizi: la stesura della sentenza in tempi rapidissimi e assolutamente incompatibili sia
con la logica sia con le abitudini
del giudice Metta; il fatto che si
può ritenere che la sentenza sia
stata scritta prima del 14 gennaio 1991 e fuori dai circuiti del
tribunale; il fatto che neanche
venti giorni dopo
la pubblicazione
della sentenza arrivano sul conto
di Previti 3 miliardi di lire con l’itinerario che è stato descritto; il fatto che al giudice
Metta compaiono
improvvisamente in mano 400
milioni, utilizzati
per l’acquisto della casa... Insomma, tutto questo
ha fatto ritenere al Tribunale
provata la responsabilità degli
imputati non solo per il caso
Imi-Sir, ma anche per il caso Lodo Mondadori.
Devo dire che ci sono stati dei
momenti in cui ho pensato veramente che l’unica cosa importante fosse non tanto la decisione che eravamo chiamati a
prendere – e cioè decidere se
erano colpevoli o innocenti –
quanto arrivare comunque a
concludere questo processo.
Riuscire a portarlo malgrado
tutto a conclusione, perché solamente in questo modo quella
frase che campeggia alle spalle
di ogni giudice nelle aule giudiziarie italiane, “La legge è uguale
per tutti”, ha un senso. E credo
che quella frase sia l’unica cosa
che dia un senso al lavoro di un
magistrato.
Paolo Carfi racconta
il processo
in un film inedito
trasmesso solo
in Francia e Germania
ca accusa. Mi riferisco in particolare al fatto che in data 13 febbraio 1991 dal conto All Iberian,
riconducibile alla Fininvest,
parte la somma di 272.732.868
dollari americani (3 miliardi di
lire italiane) e va sul conto Ferrido, altro conto riconducibile
alla Fininvest. Il giorno successivo, 14 febbraio 1991, questa
somma di danaro viene accreditata sul conto Mercier, acceso
presso la Darier Hentsch di Ginevra da Cesare Previti. Pochi
giorni dopo, intorno al 25 febbraio 1991, la metà di questa
somma, pari a 1 miliardo e mezzo di lire italiane, viene dal conto di Previti accreditata sul conto Careliza di Acampora, altro
conto acceso all’estero. Da lì,
nell’ottobre 1991, una somma
pari a 425 milioni viene dal conto di Acampora ritrasmessa al
conto di Previti che, ricevuta
“Provenzano mi disse: tranquilli, Dell’Utri è il nostro contatto”
Processo Mori, il pentito Giuffrè accusa. E sulla trattativa Stato-mafia Lipari ammette: portammo il “papello” nella cassetta della posta di Ciancimino
di Giuseppe Lo Bianco
e Sandra Rizza
on Forza Italia siamo in buone
“C
mani, nel giro di 10 anni i nostri
problemi saranno risolti. Il nostro
contatto è Marcello Dell’Utri’’. Sono parole del boss Bernardo Provenzano confidate al suo braccio
destro Nino Giuffrè, e da quest’ultimo riferite ieri mattina nell’aula
bunker di Rebibbia nel processo ai
due ufficiali del Ros Mario Mori e
Mauro Obinu accusati di avere ‘coperto’ la latitanza del capomafia
corleonese. Un’accusa che si spiega, secondo i pm Antonio Ingroia e
Nino Di Matteo, nell’ambito della
trattativa tra mafia e Stato condotta
nella stagione delle stragi; i pm
hanno anche chiesto la citazione in aula dell’ex presidente dell’Antimafia Luciano Violante e del figlio
di don Vito Ciancimino,
Giovanni, testimone oculare del ‘papello’, l’elenco
di richieste che i boss presentarono allo Stato
per fermare le
stragi.
Il geometra
Lipari. Una
vicenda ancora oscura
su cui, al di là
del processo
a Mori e Obinu, la procura di Palermo continua ad indagare; i pm Ingroia e Di Matteo hanno recentemente interrogato un testimone diretto, che questa volta è un uomo
del gotha di Cosa nostra: Pino Lipari, 74 anni, l'ex geometra dell'Anas
che fu ''consigliori'' di Totò Riina
per gli appalti, e braccio destro di
Bernardo Provenzano nella stagione della ''sommersione'' mafiosa,
oggi agli arresti domiciliari per una
condanna a 16 anni. Dai suoi verbali, redatti nel 2002 e secretati dalla
Procura di Palermo, emerge un vero e proprio ‘film’ della trattativa: la
scelta del ''postino'', i dubbi su Vito
Ciancimino, definito '''u Maresciallo''; le riunioni per stilare le richieste da affidare al generale Mario Mori; la comparsa, a
sorpresa, di Giovanni
Brusca, nel ruolo di
''consulente''; la consegna, infine, del ''papello'' (poche righe
scritte a macchina, in
una busta chiusa)
nella cassetta
della
posta
nella
portineria di
via Sciuti, nel-
l'ormai storico palazzo palermitano che ospitò don Vito durante gli
anni ruggenti del ''sacco'' di Palermo. Dopo un primo tentativo di collaborare con la giustizia, sette anni
fa, Lipari, ritenuto allora inattendibile, è stato riascoltato nei giorni
scorsi dai pm e ha confermato tutte
le dichiarazioni già rese. Ecco in sintesi, cosa ha raccontato ai magistrati nel 2002.
Il “primario”. . “Nel maggio del
'92, subito dopo la strage di Capaci,
viene a trovarmi mia moglie in carcere e mi dice: ''Pino, è venuto un
figlio di Ciancimino, mi sono spaventata, stavo entrando nel portone, e lui si avvicinò con una motoretta e un casco nero in testa. Alzò la
visiera e disse: 'Signora, non si spaventi, sono io, Ciancimino'. Mia
moglie non mi seppe dire se era
Massimo o Roberto. Il ragazzo le
chiese quando avrebbe fatto il successivo colloquio con me, per rife-
L’indagine di
Palermo: il braccio
destro del boss
e lo scambio
con lo Stato
rirmi che suo padre aveva bisogno
di un appuntamento con il 'primario' e non con l' 'aiuto'. Capii di cosa
si trattava. Ciancimino voleva un
appuntamento con il 'numero uno':
con Riina e non con Provenzano.
Dissi a mia moglie di rispondere
che io non avevo contatti con il 'primario'; seppi poi che questo contatto Ciancimino lo intraprese con
altre persone”.
Il “mediatore”. “Tra il 2001 e il
2002 Provenzano mi incaricò di
contattare il dottor Nino Cinà perchè aveva bisogno di alcune prescrizioni di farmaci. Quando lo incontrai, lui mi raccontò che, in
quello stesso periodo (dopo la strage di Capaci, ndr), era andato a trovarlo il figlio di Ciancimino, dicendogli che don Vito aveva bisogno
urgente di vederlo. A questo punto,
Cinà continuò: 'Così mi recai in via
Sciuti a casa di Ciancimino, lui mi
disse che si era rivolto a me, come
ultima sponda, perchè aveva bisogno di contattare Riina, a seguito di
un incontro che aveva avuto con
Mori e De Donno'. Ciancimino gli
spiegò pure che in precedenza aveva contattato me, per questa cosa,
ma che io non potevo dargli il raccordo con Riina. Cinà gli rispose
che si sarebbe interessato. Ma si insospetti' e gli chiese: deve essere
per forza lui? Ciancimino rispose:
'Deve essere lui e basta'. Il dottore
sospettava che Ciancimino potesse
essersi prestato a favorire l'arresto
di Riina. E mi rivelò: 'Mi sono visto
con Totuccio'. Riina gli disse: vieni
tra un po' di giorni, che gli do' la risposta: era quel famoso 'papello'.
Dopo questi giorni, Cinà ritiro' il
'papello' che era stato steso da Riina, da Giovanni Brusca e da altri. E
in una busta chiusa lo depositò nella cassetta della posta, nella portineria di Ciancimino in via Sciuti.
Previa citofonata allo stesso Ciancimino, adducendo che aveva problemi di parcheggio per la sua auto. Alla fine di questo circostanziato racconto, chiesi a Cinà: 'Nino, fammi la
cortesia: mi devi dire che cosa c'era
in questo papello'... Lui rispose: 'Erano poche righe'. E me le spiegò”.
Papello “giuridico”. “Nel papello
si parlava di una modifica della legge sui pentiti; dell'eliminazione del
41 bis e dell'ergastolo; si parlava del
sequestro dei beni: di come evitare
tutte queste confische; si parlava di
rifare i processi, c'era scritto proprio così: rifare; poi di un allentamento della pressione investigativa
e di un nuovo codice penale. Cinà
mi raccontò anche che ricevette in
consegna un foglio, lo mise in una
busta, e la chiuse. Il foglio era scritto a macchina, ma non da Riina...
Chiddu manco a macchina scrive
(Quello non scrive neppure a macchina, ndr)... “.
pagina 8
Giovedì 8 ottobre 2009
Otto anni di processi
e sentenze per la mattanza
della scuola Diaz
C’
CRONACHE
è già chi vuole cambiare la
storia, come il presidente dei
senatori del Pdl Maurizio
Gasparri, secondo il quale l’assoluzione di De
Gennaro e Mortola “dimostra che per anni è
stata organizzata un’immotivata campagna di
denigrazione delle forze dell’ordine”. Oltre a
dimenticarsi del rinvio a giudizio di Colucci, che
lo stesso De Gennaro ha definito come uno dei
nove poliziotti più alti in grado in Italia, Gasparri
continua a parlare del G8 come se non ci
fossero stati otto anni di processi e sentenze.
Secondo i giudici di primo grado, l’irruzione alla
Diaz avvenne “non solo al di fuori di ogni regola
e di ogni previsione normativa, ma anche di ogni
principio di umanità e di rispetto delle persone”.
Il vicequestore Michelangelo Fournier, che vi
prese parte, la definì una “macelleria messicana”.
Almeno due persone, quella notte, rischiarono
di morire per le botte prese, compreso l’inglese
Mark Covell, ridotto in fin di vita fuori dalla
scuola, prima dell’irruzione. E le due bottiglie
molotov esibite come prove contro gli arrestati
furono portate lì dalla polizia.
LO SQUALO INNOCENTE
Assolto l’ex capo della Polizia De Gennnaro:
non ha istigato a mentire sui fatti del G8
di Mario Portanova
alvo ricorsi in appello, ‘lo
Squalo’ ha chiuso i conti
con il G8 di Genova. Almeno quelli giudiziari. Il Gup
di Genova Silvia Carpanini ha
assolto l’ex capo della polizia
Gianni De Gennaro, direttore
del Dipartimento delle Informazioni per la sicurezza,
dall’accusa di istigazione alla
falsa testimonianza. Stessa sorte per Spartaco Mortola, capo
della Digos genovese ai tempi
del G8 e oggi Questore vicario
a Torino. È stato invece rinviato a giudizio per falsa testimonianza l’ex questore della città
ligure Francesco Colucci.
Secondo i pubblici ministeri
Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, De Gennaro e
Mortola avrebbero fatto pressioni su Colucci per pilotare la
sua testimonianza al processo
contro 29 poliziotti per la sanguinosa irruzione alla scuola
Diaz, concluso il 13 novembre
2008 con 13 condanne e 16 assoluzioni. Per i pm, la manovra
doveva servire a escludere un
ruolo diretto di De Gennaro
nell’operazione condotta la
notte del 21 luglio 2001, conclusa con il ferimento di 61 dei
93 arrestati. Colucci, inoltre,
avrebbe avuto il compito di alleggerire la posizione dei più
alti vertici della polizia imputati, modificando in aula le versioni rese ai pm durante le indagini.
“Il giudice ritiene che ci siano
gli elementi per rinviare a giudizio un imputato e nello stesso tempo assolve quelli che abbiamo indicato come gli istigatori”, spiega Zucca. “Per deci-
S
L’ex Capo della Polizia Gianni De Gennaro (FOTO ANSA)
Rinviato a giudizio l’ex Questore
che si vantò di aver aiutato gli altri
imputati con la sua testimonianza
dere se ricorrere in appello
dobbiamo leggere bene le motivazioni”, che dovrebbero esser depositate entro quindici
giorni. Gli elementi d’accusa
stanno nelle intercettazioni telefoniche disposte in seguito
alla sparizione, durante il processo Diaz, delle due bottiglie
molotov portate dalla polizia
nella scuola e presentate come
prove a carico dei manifestanti
presenti (in seguito tutti pro-
sciolti). Nelle conversazioni registrate, Colucci discute con
Mortola e altri della sua deposizione in aula, fissata il 3 maggio 2007. Accenna al fatto di
averne parlato circa un’ora
“con il capo” a Roma. Cerca di
sanare una contraddizione tra
le testimonianze che lui e De
Gennaro hanno reso in istruttoria, su chi dei due ha preavvertito del blitz, il portavoce
della polizia Roberto Sgalla
(Colucci in un primo tempo
aveva indicato De Gennaro,
quest’ultimo gli aveva rinfacciato di “ricordare male”). Dopo la testimonianza in aula,
drammatica e controversa, l’ex
questore si vanta “di aver dato
una grossa mano ai colleghi imputati” e “due legnate ai pm”
confondendo le acque sulla catena di comando del blitz. In
quelle telefonate, però, la viva
voce di De Gennaro non compare mai. Un elemento che certamente ha pesato nell’assoluzione.
“Sono stupefatta”, commenta
l’avvocato Laura Tartarini, parte civile per conto di una vittima della Diaz. “Se Colucci vie-
ne rinviato a giudizio, significa
che le prove, cioè le intercettazioni, sono ritenute valide.
Ma a chi avrebbe giovato
l’eventuale falsa testimonianza
di Colucci? Al capo della polizia e ai suoi colleghi imputati”.
Sul ‘cui prodest’ si discuterà a
lungo, soprattutto se Colucci
sarà condannato. “Noi abbiamo scelto il rito abbreviato e lui
no”, ribatte Franco Coppi, legale di De Gennaro, “cosa che
comporta valutazioni diverse
da parte del giudice. La falsa testimonianza, inoltre, non presuppone l’istigazione. Colucci
potrebbe aver pensato di compiacere il capo e i colleghi di
sua iniziativa. E ricordo che dopo la famosa deposizione in aula, De Gennaro gli ha scritto
pregandolo di ripresentarsi a
chiarire tutto, nel caso avesse
detto qualcosa per compiacerlo”.
Lorenzo Guadagnucci, del Comitato Verità e giustizia per Genova, quella notte era nella
scuola e fu pestato a sangue
dalla polizia. “Sul piano giudiziario l’assoluzione di De Gennaro non mi sorprende: era un
reato difficile da dimostrare.
Poi nella storia della magistratura italiana non si ricordano
condanne a personaggi del suo
livello. Resta la sostanza, fissata
nelle intercettazioni e nelle
sentenze degli altri processi: i
vertici della polizia di Stato
hanno ostacolato le indagini
sul G8, non hanno collaborato
con la magistratura e hanno rifiutato di assumersi le loro reponsabilità. Credo che De Gennaro, come capo della polizia,
si porti dietro la responsabilità
di quella sera. Comunque”.
Messina, il Comune con un ‘buco’ da 500 milioni di euro
Il Sindaco Buzzanca e il sistema di clientele che mangia soldi pubblici lasciando la città in bancarotta
di Enrico Fierro
lza la voce Peppino Buzzanca. “Le
Arievittime
di Messina non sono di seb”. Vuole i funerali di Stato e li ottiene. Sabato lutto nazionale. E così i
morti di Giampilieri saranno finalmente onorati e riceveranno quelle
attenzioni che non hanno avuto da vivi. Quando la politica pensava ad altro. Non ai soldi da spendere per mettere in sicurezza il borgo dopo l'alluvione del 2007, ma alla gestione del
potere. Che qui è granitico, immutabile e si trasmette per eredità familiare. È finita la Prima Repubblica, sono
scomparsi i vecchi partiti, ma le grandi famiglie politiche, quelle che hanno governato ai tempi della Dc e del
Psi, dominano ancora. La città “è uno
stagno in cui non vi è alcun alito di
vento che agiti le acque”. Analisi tristissima e desolante quella del magistrato Giusto Sciacchitano. Fa da filo
conduttore del libro inchiesta Messina
capitale d'Italia di Roberto Gugliotta e
Gianfranco Pensavalli.
Qui, più che in qualsiasi altro luogo
d'Italia, la politica non ha remore nel-
la gestione del potere. Il Comune ha
un deficit di 500 milioni di euro. La
bancarotta è vicina. Eppure il sindaco
Buzzanca arricchisce il pool di avvocati a sua disposizione di altri sette legali. Da otto a quindici per una spesa
di 270.000 euro l'anno. Nell'elenco
un ex parlamentare di Forza Italia, Antonino Gazzara, Mariangela Ferrara,
cognata di Rocco Crimi, sottosegretario allo Sport, e Giulia Carrara, la sorella di Nuccio, un ex senatore di An.
Il manuale Cencelli domina e detta le
regole per la spartizione di enti, partecipate, società miste, ospedali. La
Corte dei Conti ha analizzato i bilanci
delle Aziende sanitarie siciliane del
2008. Il deficit è di 331 milioni di euro, l'azienda che si piazza al secondo
posto del grande scialo (al primo c'è
Catania) è quella di Messina: un buco
di 62 milioni. A dirigerla Salvatore Furnari, un uomo di Rocco Crimi, il potentissimo sottosegretario allo sport.
Nel cda del Vittorio Emanuele, il teatro della città, siedono Daniela Faranda, cugina del deputato Pdl Nino Germanà e Gustavo Ricevuto, fratello di
Nanni, il Presidente della Provincia.
Tutto a loro nella città di Peppino Buzzanca, una condanna sul groppone a
sei mesi per ‘peculato d'uso’ quando
era Presidente della Provincia. La storia è nota e fece ridere l'Italia. Era il
1995, Buzzanca, sposato da pochi
giorni decise di fare un regolare viaggio di nozze. Solo che si fece accompagnare dall'autista con l'auto blu dell'ente. Processato venne condannato
e dovette dimettersi. Non poteva più
fare il sindaco, né candidarsi. Nessun
problema: anche per lui il governo
Berlusconi varò una leggina, decidendo per decreto che il reato andava depenalizzato e che comunque non
rientrava tra le cause di ineleggibilità.
La politica lo sostenne, la legge pure e
i messinesi non gridarono allo scandalo. La poltrona di sindaco era nel
frattempo stata occupata dal centrosinistra con Francantonio Genovese,
un ricco imprenditore dalle nobili origini democristiane. Suo zio era Nino
Gullotti, uno dei potenti della Dc siciliana, suo padre Luigi senatore dello
scudo crociato. Ma durò poco. Nel
2006 Genovese cade, il Comune viene commissariato, pochi mesi dopo si
va al voto e Buzzanca stravince. Nel
piatto della ‘nuova’ Messina c'è una
torta ricchissima: 247 milioni per il
waterfront, 100 per il risanamento
delle aree industriali dismesse. Grandi business per le solite grandi famiglie di imprenditori e costruttori. Nel
frattempo il potere litiga sulle responsabilità per il disastro e i morti dell'alluvione: Nania contro Prestigiacomo
e Bertolaso, il sindaco contro tutti. E i
soldi per il risanamento non ci sono.
La Regione ha chiesto un miliardo per
le opere più urgenti, il ministero dell'Ambiente ha stanziato solo 106 milioni, mentre dalla Ue sono in arrivo,
ma per tutte le realtà italiane, spiccoli:
50 milioni dai fondi strutturali. Messina e le sue colline fragili aspettano.
È finita la Prima
Repubblica, ma
restano i potentati che
dominano da sempre
N
’NDRANGHETA
Un fondo da 870
milioni di dollari
U
n certificato di
deposito da 870
milioni di dollari della
Credit Suisse. È quanto ha
trovato la Guardia di
Finanza a Rosarno,
piccolo comune del
calabrese, perlustrando la
macchina di due persone
ritenute vicine alle cosche
della zona. I due sono ora
denunciati per
associazione a delinquere.
MORTE A NAPOLI
Presi i killer del
musicista romeno
A
rrestati a Malaga,
dalla squadra mobile
di Napoli e dalla polizia
spagnola, i presunti killer
di Petru Birladeanu,
musicista romeno di 33
anni ucciso a Napoli il 26
maggio. Si tratta dei cugini
Maurizio e Salvatore
Forte, pregiudicati
napoletani. Il
fisarmonicista venne
ucciso da un proiettile
vagante durante una
sparatoria in cui rimase
ferito un quattordicenne.
I cugini Forte devono
rispondere di omicidio
aggravato dal vincolo
camorristico e
detenzione di armi da
guerra.
CAP ANAMUR: PROSCIOLTI
Avevano salvato
37 immigrati
S
ono stati assolti dal
tribunale di Agrigento
i tre imputati per la
vicenda della Cap
Anamur, la nave
dell’omonima
associazione umanitaria
tedesca che nel 2004 salvò
la vita a 37 immigrati, alla
deriva nel Canale di
Sicilia. Il presidente
dell’associazione Elias
Bierde, il comandante
della nave Stefan Schmdt e
il primo ufficiale Vladimir
Dachkevitce furono
accusati per questo di
favoreggiamento
dell’immigrazione
clandestina. Inoltre, la
Cap Anamur fu al centro
di un incidente
diplomatico. La nave
chiese di attraccare in
Italia dopo aver riparato il
proprio motore a Malta,
dove il Governo italiano
pretendeva che i profughi
fossero riportati. L'Italia
delegava inoltre a Berlino
la responsabilità dei
profughi. Dopo 21 giorni
alla nave venne concesso
di attraccare a Porto
Empedocle, ma all'arrivo i
tre, oggi prosciolti,
vennero arrestati.
Giovedì 8 ottobre 2009
pagina 9
Chi sono
i metalmeccanici
in piazza domani
L
TORNANO GLI OPERAI
a Fiom (Federazione impiegati
Operai Metallurgici) è il più
antico sindacato industriale
italiano. Fa capo alla Cgil e si occupa dei
lavoratori nelle imprese metalmeccaniche. Il
segretario generale, Gianni Rinaldini (in
carica dal 2002) ha annunciato uno sciopero
di 8 ore previsto per il 9 ottobre, deciso
dopo la rottura con Federmeccanica sul
rinnovo contrattuale che “recepisce il
sistema di regole fissato dall’accordo
separato del 22 gennaio senza il consenso
della Cgil e senza alcuna validazione
democratica dei lavoratori”. In più, Rinaldini
ha annunciato che la sua organizzazione
ricorrerà in Tribunale qualora
Federmeccanica, Fim e Uilm dovessero
sottoscrivere un accordo separato per il
rinnovo del contratto di categoria triennale,
così come prevede il nuovo assetto sui
contratti. “Faremo tutti gli atti del caso,
anche dal punto di vista legale”, ha
sottolineato il leader dei metalmeccanici
(che in Italia sono circa 2 milioni) della Cgil.
La replica
del
Quirinale
alle
polemiche
sullo scudo
A Colleferro
il “sequestro”
ha funzionato
di Pasquale
aro Direttore,
Cin relazione
al protrarsi di
La Alstom promette che non chiuderà, ma i dipendenti
non si fidano del tutto. E temono il trasferimento
Un operaio della Alstom di Colleferro parla dopo le proteste (FOTO ANSA)
di Valentina D’Amico
Colleferro (Roma)
na segnale positivo
l’abbiamo ottenuto.
Mentre ieri l’azienda ci dava solo nove
mesi di vita, oggi (ieri, ndr) ci
hanno promesso che si impegneranno a trovare una soluzione per evitare la chiusura”.
L’azione di forza, lo pseudo sequestro dei tre dirigenti
dell’Alstom attuato martedì
dagli operai di Colleferro, è andata a segno. Nella mattinata
di ieri, dopo un incontro, a Frascati, tra l’azienda e il Coordinamento aziendale europeo
(che riunisce i rappresentanti
sindacali dei vari stabilimenti
Alstom in Europa) “ci è stato
promesso che entro la fine
dell’anno presenteranno un
nuovo progetto industriale
che ci consenta di uscire da
“U
questo tunnel” spiega Paolo
Caviglia, Rsu Cgil. In concreto
non molto. “Insieme alla regione Lazio – dice Caviglia –
l’Alstom valuterà l’opportunità di creare un polo manutentivo per le linee regionali e le
aree metropolitane. Un polo
costituito da una parte pubblica e una privata”. La multinazionale francese metterebbe a
disposizione le maestranze.
Gli operai e gli impiegati della
Alstom per ora tirano un sospiro di sollievo. La prospettiva di
un trasferimento a Napoli o addirittura in Francia, come paventato mercoledì dall’azienda, non era allettante. L’età
media in fabbrica è di 40 anni.
“L’azienda ci tiene a dare di sé
un’immagine pulita, di vicinanza ai dipendenti e per questo che si fa avanti con queste
proposte – spiega Caviglia - ma
per noi è difficile lasciar tutto e
andar via. Un trasferimento di
questo tipo non so fino a che
punto si possa prendere in
considerazione. Ognuno di
noi ha famiglia, un mutuo contratto per comprare casa, figli
piccoli, come si può pensare
di trapiantarci oltr’alpe?”
Ma anche chi, a 57 anni, potrebbe anche andare in pensione non ci sta a mollare.
Mauro Perna, impiegato, da 30
anni responsabile del settore
elettrico, una figlia ancora a
carico, con una moglie che
non lavora, dice: “Parlano tanto di alzare il tetto dell’età pensionabile e poi, all’atto pratico, nessuno disdegna di ricorrere ai soldi di mamma Inps”
per i pre-pensionamenti. E
non si capacita, Mauro, del
perché lo stabilimento di Colleferro “che raccoglie le pro-
fessionalità di un’intera provincia che è quella di Roma e
oltre” sia stato costretto a lavorare soltanto sulla manutenzione. “Siamo nati come costruttori di treni – dice – è l’Alstom che ha deciso, già due anni fa, di concentrare il lavoro
solo sulle riparazioni perché il
mercato italiano, ci dicevano,
non permetteva di avere due
siti dedicati alla costruzione. A
Savigliano si costruisce e a Col-
LA CRISI CHE CAMBIA LA FIOM
Milano
sciopero di otto ore, domani, a
Unovonosostegno
della vertenza per il rindel contratto dei metalmeccanici: una scelta approvata all’unanimità
dal comitato centrale della Fiom-Cgil
ma che ha trovato l'opposizione degli
altri sindacati. Con lo strappo di Federmeccanica, l’associazione di categoria controparte dei sindacati, che ha
rigettato la piattaforma contrattuale.
Le questioni sul tavolo sono tante e
molto delicate perché pesanti da sopportare. Soprattutto per i lavoratori ai
quali viene chiesto un nuovo sacrificio: otto ore di sciopero a chi sta vivendo con un salario decurtato. La richiesta di scendere in piazza, infatti,
vale anche per coloro che stanno attuando presidi e mobilitazioni per
scongiurare la chiusura delle aziende.
Il settore metalmeccanico è tra i più
colpiti dalla crisi: da gennaio ad agosto
sono state autorizzate 268 milioni di
ore di cassa equivalenti a circa 20 mila
posti di lavoro a zero ore. In tempi di
crisi reale oppure usata da grandi
aziende (in particolare multinazionali) per delocalizzare, smantellare, e
chiudere siti produttivi. In concomitanza con lo sciopero le tute blu della
Cgil hanno quindi organizzato manifestazioni interregionali per permettere a tutti di partecipare. «Dentro le
aziende fuori dalla crisi» lo slogan che
campeggia sui manifesti in una Milano
che si appresta ad accogliere i lavoratori di tutto il Nord. Alle 9.30 da porta Venezia fino a piazza del Duomo,
dove interverrà Gianni Rinaldini segretario generale della Fiom. Milano,
città della lotta operaia di tante aziende e della fabbrica simbolo: la Innse.
“Lì abbiamo chiuso un grande accordo
sindacale” rimarca Maria Sciancati, 30
anni in fabbrica prima della nomina
nel 2006 a segretario generale della
Fiom Milano. Un accordo che però
non si sarebbe mai sottoscritto se gli
operai si fossero rassegnati. Invece no,
“dimostrando una fortissima coscienza politica” aggiunge Sciancati. Contro la crisi serve coesione “perché è
impensabile che in una fase drammatica per tanti lavoratori si pensi a distruggere il contratto nazionale”, dice
la Sciancati. Ma in gioco, sempre secondo il segretario della Fiom di Milano, non c'è solo la contrattazione separata quanto piuttosto l'idea, il concetto in sé, del ruolo dei lavoratori all'
interno delle fabbriche. C'è la volontà
di mutare i rapporti sociali ed è per
questo che la lotta nelle fabbriche per
il mantenimento dei posti di lavoro ha
una profonda valenza sociale oltre che
politica”. Le azioni di presidio e di occupazione in atto quindi, secondo
Sciancati, rafforzano anche il ruolo del
sindacato e la consapevolezza dei lavoratori.
Ma la Fiom di Milano, oggi, sta diven-
leferro si ripara, questo ci ripetevano continuamente”.
E proprio da Savigliano, provincia di Cuneo, arriva la notizia di un’ora di sciopero previsto per stamattina, con uscita anticipata dalla fabbrica,
“per sostenere la causa dei nostri colleghi di Colleferro, perché oggi tocca a loro, domani a
chi?” In un comunicato congiunto, le rappresentanze sindacali unitarie attaccano la
strategia industriale della Alstom
“che fa a pezzi le
nostre fabbriche e
il nostro lavoro” e
chiedono “dove
sono finiti i proclami della multinazionale francese
che ha dichiarato
grandi propositi e
acquisizioni
di
commesse per il
mercato italiano e
non” e “perché porre la pregiudiziale che le commesse
debbano arrivare da un cliente
italiano per salvare il sito di
Colleferro”.
Il punto è che in questa vertenza, come in tante altre che si
stanno consumando in giro
per l’Italia, sembra che il problema principale non sia la crisi economica-finanzia e òa pesante recessione che ne è derivata. Lo spiega in parole semplici Mauro Perna quando dice
che “la Alstom ha un sacco di
lavoro, basterebbe che ci facesse lavorare invece che dare
l’attività in appalto a ditte
esterne”. Aziende delle regioni meridionali, della Campania e del napoletano, soprattutto. Per lo più ditte individuali, in cui gli operai costano
meno, si accontentano di avere diritti sindacali “perché
quando uno ha bisogno si
adatta”. E magari sono anche
meno preparati, insinuano da
Colleferro. “Nel nostro settore
però - afferma Perna - la professionalità è importante per
essere competitivi, per garantire sicurezza. Parliamo di treni che trasportano persone”. E
quella dell’appalto a ditte
esterne è una storia vecchia,
come vecchia è la periodica
minaccia di chiusura da parte
dell’azienda. “È già successo
nel 2007”, ricorda Perna. Poi la
soluzione definitiva del problema è stata posticipata, come i manager sembrano intenzionati a fare oggi.
Alla Alstom di Cuneo
oggi si sciopera per
Colleferro: “La
prossima volta
potrebbe toccare a noi”
MANIFESTAZIONE
di Elisabetta Reguitti
Cascella*
tando diversa da come la si immagina,
perché gli operai, nel capoluogo lombardo a differenza dei vicini distretti
industriali – in forte difficoltà - di Bergamo e Brescia, stanno più dietro le
scrivanie che alla catena di montaggio. Non sono i colletti bianchi quanto
piuttosto figure sempre più specializzate che si occupano di innovazione,
sperimentazione e informatica. Il 75
per cento degli iscritti alla Fiom Milano lavora alla “parte pregiata” della
produzione. E anche loro sono investiti dalla cassa integrazione e dalle
chiusure. Nokia Siemens Network lo
dimostra: con la procedura di cassa integrazione per 350 ricercatori e tecnici progettisti. Nonostante i poli universitari d'eccellenza e i grandi progetti - sulla carta - di innovazione a Milano non si riescono a trovare le risorse da investire su qualcosa che già c'è,
che funziona ma rischia di essere cancellato. Secondo Maria Sciancati c’è
però un fatto positivo: “Tra i lavoratori
dei settori tecnologico e informatico
sta nascendo una nuova consapevolezza della necessità di un’organizzazione sindacale. Dal canto nostro l'impegno è di dare risposte adeguate alle
richieste di una contrattazione sempre più articolata. Soprattutto quando
gli interlocutori sono multinazionali
abituate a polverizzare il lavoro e delocalizzare in modo arbitrario. Per loro
non esiste mai alcuna responsabilità. A
pagare sono sempre i lavoratori”.
polemiche su asserite
“abdicazioni” da parte
del Capo dello Stato
all’esercizio del potere di
rinvio previsto dall’art.
74 della Costituzione,
vorrei rilevare che le valutazioni poste a base della promulgazione della
legge di conversione del
decreto-legge n. 103 del
2009 sono riportate
nell’ampia nota scritta
diffusa la sera di venerdì 2
ottobre.
del tutto fuorviante e
Éinvece
strumentale ricercarle
in una arbitraria
interpretazione della risposta data dal Presidente
ad un cittadino nel corso
di un incontro occasionale e fugace nelle strade di
Rionero in Vulture. Quella risposta è stata, con
ogni evidenza, dettata
dalla
preoccupazione
che persone di indubbio
sentire democratico siano indotte a chiedere al
Presidente della Repubblica di “non firmare” le
leggi nell’illusione che
egli disponga di un potere di veto.
l Capo dello stato non
Ivalore
ha mai inteso negare il
della facoltà di rinvio delle leggi, prevista
dall’art. 74 della Costituzione, ma sottolinearne le
condizioni ed i limiti - in
particolare per le leggi di
conversione di un decreto-legge, per giunta nel
caso specifico di un decreto correttivo di altro
provvedimento – trattandosi comunque di una delicata prerogativa da considerare nell’ambito della
complessiva funzione di
garanzia attribuita al Capo dello Stato dalla Costituzione, di cui vanno bilanciate tutte le possibili
modalità di esercizio.
Cordialmente.
*Consigliere del Presidente
della Repubblica per la stampa e la comunicazione
Il presidente Napolitano
pagina 10
x
RAI DI REGIME
x
TG1, LA NUOVA PRAVDA
TRA OMISSIONI
E MIRACOLI DI SILVIO
Da giugno
ad oggi,
tutte le notizie
che il primo
telegiornale
del Paese
ha taciuto
e tutte le volte
in cui è stato
beatificato
il premier
di Mario Portanova
S
ORRISI E INCHINI, strette di
mano e pacche sulle spalle, fanfare e
marcette. Frivolezze pompate, notizie farfugliate, rimestate, sopite, annebbiate, nascoste, cestinate. Il Tg1
è sempre stato “istituzionale”, ma
negli ultimi mesi il suo stile ricorda la Pravda sovietica o, per stare in campo televisivo, l’attuale
Cctv del regime cinese: passerelle della nomenclatura, cronache inoffensive, governo che fa
tanto e bene in ogni circostanza. Augusto Minzolini, ex cantore del gossip politico, è stato nominato direttore il 20 maggio, si è insediato il 9
giugno e da allora è sotto perenne accusa di servilismo nei confronti di Silvio Berlusconi e del
centrodestra.
Come si fa una Pravda in una moderna democrazia? Bisogna innanzitutto garantire un apparente
“pluralismo” nei pastoni politici, dove le “dichiarazioni” dell’uno e dell’altro politico tendono ad
annullarsi a vicenda. Poi bisogna saper confezionare i fatti a seconda dell’effetto che si vuole ottenere. Ecco alcuni esempi da manuale tratti
dall’archivio del Tg1.
15 GIUGNO, ORE 20
Il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini è
pesantemente contestata a Milano, davanti a una
selva di telecamere, durante la presentazione di un
libro sulla scuola. L’iniziativa deve essere interrotta,
tra le urla degli astanti. Al Tg1 né una parola né un
fotogramma.
16 GIUGNO, ORE 13,30
Berlusconi si è incontrato con il presidente Obama
a Washington, evento coperto in diretta la sera
prima da Porta a porta. Il Tg1 apre con questo titolo:
“Obama: ‘Berlusconi un grande amico’”. Ecco
alcuni estratti del servizio di Attilio Romita: “La
delegazione italiana si dichiara entusiasta, c’è chi
dice che tra i due sia scoppiata subito una chimica
eccellente... Obama ha accolto Berlusconi
esclamando ‘bello vederti amico mio!’. Il
presidente americano non si è risparmiato in
complimenti:
‘Berlusconi
mi
piace
personalmente’... A più riprese Obama ha
ringraziato Berlusconi...”.
17 GIUGNO, ORE 20
Sul Corriere della Sera compaiono le prime notizie
su ragazze pagate per partecipare alle feste private
di Berlusconi. Dopo la riforma della finanza in Usa
e l’opposizione in piazza in Iran, per una volta il
premier finisce nel terzo titolo: “Inchiesta su
appalti e sanità a Bari. Berlusconi: spazzatura, non
mi farò condizionare”. Spazzatura che cosa? Gli
appalti? La sanità? Bari? Incomprensibile. Del caso
che terrà banco per tutta l’estate si comincia a
parlare dopo dieci minuti abbondanti. La
vicedirettrice Susanna Petruni fissa la telecamera
e scandisce: “Ancora una volta si riempiono i
giornali di spazzatura e di falsità, ma io non mi farò
condizionare da queste aggressioni e continuerò a
lavorare per il bene del paese”. Piccola pausa.
“Così il presidente Berlusconi... dopo le
indiscrezioni comparse sul Corriere della Sera in
merito a sospetti legati a un’inchiesta della
Procura di Bari. Ed è botta e risposta tra il Pdl e
D’Alema...”.
Parte il servizio di Gennaro Sangiuliano. Parla di
“una delle tante inchieste su appalti e sanità, cose di
ordinaria vita italiana... Solo che la vicenda pugliese
si innesta alla scossa annunciata da Massimo
D’Alema...”. Nelle intercettazioni “si parla di feste
che sarebbero state organizzate a Villa Certosa e
nella residenza romana del premier. Tutto da
verificare, potrebbe trattarsi di millanterie, o altro.
L’indagine è promossa da Giuseppe Scelsi,
esponente di Magistratura Democratica. Ma a
esplodere è soprattutto la polemica politica su
come Massimo D’Alema sia venuto in possesso di
queste informazioni...”. Soprattutto.
17 GIUGNO, ORE 20
Berlusconi sorvola in elicottero le zone terremotate
d’Abruzzo. E’ in questo momento, in perfetta
coincidenza con la prima notizia sul caso escort,
che Berlusconi promette la consegna delle prime
case entro il 15 settembre. A orologeria questa volta
non è la giustizia, ma la promessa.
18 GIUGNO, ORE 13,30
Il nome di Patrizia D’Addario, la escort che ha
passato almeno una notte con il premier a palazzo
Grazioli, è di dominio pubblico. Sul Corriere è
uscita la gaffe dell’avvocato Niccolò Ghedini su
Berlusconi “utilizzatore finale” delle ragazze, che
diventa un caso nel caso. “Scontro politico dopo
l’inchiesta di Bari. Fini: no alla deligittimazione
dell’avversario”, recita il terzo titolo di copertina.
Berlusconi non è citato nemmeno di striscio. Se ne
parla dopo 11 minuti e mezzo, il servizio di Alberto
Matano assicura che è ormai il caso “è tutto
politico”. Il vero caso di cui tutti gli altri mezzi
d’informazione parlano è solo accennato come il
“filone relativo alla partecipazione di ragazze a
qualche festa del premier”. Il parlamentare del Pd
Paolo Gentiloni dice che il presidente deve
rispondere alle domande dei giornali. Quali? Lo
spettatore del Tg1 non lo saprà mai.
Sull’“utilizzatore finale”, silenzio totale.
18 GIUGNO, ORE 20
La storia sparisce dai titoli. La “polemica politica” è
descritta in una vera e propria acrobazia semantica:
“Il filone sul presunto ingaggio di ragazze per
avvicinare i potenti con partecipazione a feste,
comprese alcune a palazzo Grazioli e a Villa
Certosa...”.
La D’Addario non è mai nominata, lo farà prima il
Tg5.
22 GIUGNO, ORE 20
Montano la polemiche sui silenzi del Tg1 a
proposito del caso Berlusconi-escort e il direttore
Minzolini appare in video. La posizione “prudente
sull'ultimo gossip o pettegolezzo”, dice, è presto
spiegata: “Dentro questa storia piena di allusioni,
testimoni più o meno attendibili e rancori
personali, non c’è ancora una notizia certa e
tantomeno un’ipotesi di reato che coinvolga il
premier e i suoi collaboratori”. Una volta tanto che
Berlusconi non è accusato di un reato, insomma, è
inutile parlarne.
24 GIUGNO, 13,30
L’Ocse ribadisce la pessima previsione sul Pil
italiano del 2009: meno 5,5 per cento. Titolo:
“Ocse, evitato il peggio della crisi, ma non
abbassare la guardia. Tremonti: mantenuta la
coesione sociale”. Nel lancio non si fa alcun
accenno al dato. Il sottopancia del servizio di Dino
Sorgonà dice: “L’Ocse rivede al rialzo previsioni
sulla crisi”. Attacco: “Il segretario generale
dell’Ocse ha espresso oggi un prudente ottimismo
governatore Nichi Vendola”. Dopo un po’ il
giornalista precisa “come persona informata dei
fatti”. Parla di Giampaolo Tarantini, le cui
intercettazioni hanno fatto emergere “un vorticoso
giro di feste e ragazze”, e non accenna
minimamente al legame con Berlusconi. Nella
notte è andata a fuoco l’auto di una di queste,
Barbara Montereale, che ha accompagnato Patrizia
D’Addario a palazzo Grazioli. Fortunatamente il
Tg1 ha già risolto brillantemente l’inquietante caso:
“Probabilmente un avvertimento che viene dal
passato burrascoso delle ragazze e non certo dalle
vicende attuali”. Probabilmente sarà certamente
così.
2 LUGLIO, ORE 13,30
L’Istat dice che il rapporto deficit pil nel primo
trimestre 2009 è del 9,3 per cento, punta massima
mai toccata dal 1999. I titoli del Tg1 parlano della
tragedia ferroviaria di Viareggio, dell’approvazione
del pacchetto sicurezza, del G8 dell’Aquila (manca
una settimana), del via alla stagione dei saldi estivi,
20 luglio: l’Espresso pubblica l’audio
di conversazioni imbarazzanti tra
Berlusconi e la D’Addario. Lo scoop fa il giro
del mondo, ma il Tg1 non ne fa accenno
sull’evoluzione della crisi... ha rivisto in meglio le
previsioni... Anche l’Italia sta attraversando un
periodo di recessione molto forte, meno 5,5, nel
2010 ci sarà una lenta ripresa”. 5,5 cosa di che cosa?
Mistero.
25 GIUGNO, ORE 20
La notizia principale è che Berlusconi dice “contro
di me solo spazzatura... gli italiani mi vogliono così”.
Così come? Gli spettatori del Tg1 non possono
saperlo, visto che si parla sempre di “inchiesta di
Bari” e mai di escort. Parte il servizio di Pino Scaccia
su Bari, dove “è stato convocato dai magistrati il
della veglia funebre di Michael Jackson. Non del
dato Istat. Grande rilievo è dato al Garante della
privacy, secondo il quale le intercettazioni di
un’indagine giudiziaria non possono essere usate in
un’altra. Un problema che evidentemente,
secondo il Tg1, attanaglia i comuni cittadini più
della crescita del rapporto deficit-pil gravante sulle
loro spalle. Al minuto 16 e passa, il conduttore
Filippo Gaudenzi informa che detto rapporto è
“salito”al 9,3 per cento, ma non fa cenno al fatto che
si tratti di un record, parola che nei media viene di
solito abusata (caldo record, ascolti record...). Si
affretta anzi a precisare che è colpa è della crisi e del
fatto che il governo è prontamente intervenuto in
favore della fasce deboli. Niente servizio, si passa ai
saldi estivi.
6 LUGLIO, ORE 20
Al minuto 17, Tiziana Ferrario attacca a leggere
senza preamboli: “Lo sfoggio di un libertinaggio
gaio e irresponsabile a cui oggi si assiste e il
Giovedì 8 ottobre 2009
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NESSUN ACCENNO
ALLE CONTESTAZIONI
AL MINISTRO GELMINI
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LE FESTE A PALAZZO
GRAZIOLI SONO SOLO
UN “CASO POLITICO”
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PIL ITALIANO A -5,5%
MA L’OCSE “RIVEDE AL
RIALZO LE PREVISIONI”
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UN’ORA E 27 MINUTI
LA DURATA DEL TG1
SUL G8 DE L’AQUILA
x
disprezzo del pudore non devono far pensare che
non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di
affari privati, soprattutto quando sono implicati
minori. Lo ha detto il segretario della Cei monsignor
Crociata a una celebrazione dedicata a santa Maria
Goretti”. Punto. Fine. Il rappresentante dei vescovi
italiani si riferisce alla vicenda Berlusconi-escort,
come sottolineano ovviamente le agenzie di stampa
alle quali anche il Tg1 si abbevera. Ma nel Tg della
devota Raiuno anche il rappresentante dei vescovi
italiani è di fatto censurato.
8-10 LUGLIO
Il vertice G8 organizzato da Berlusconi all’Aquila
ottiene una copertura epocale, con edizioni del Tg1
che sforano abbondantemente l’ora, come di solito
si fa quando succede davvero qualcosa: terremoti,
guerre, 11 settembre. La marcia trionfale ha la sua
apoteosi il 10 luglio, quando c’è la conferenza
stampa finale del premier italiano. Nell’edizione
delle 13,30, il logo “L’Aquila G8” svolazza
addirittura nella sigla iniziale. “Il G8 sta andando in
pensione, viva il G8!”, esordisce il servizio. La
giornalista che dà conto delle manifestazioni di
protesta viene brutalmente interrotta dal
conduttore in loco, Francesco Giorgini, appena
Berlusconi comincia a parlare in conferenza
stampa. Parte un monologo interminabile.
L’edizione del Tg, già preceduta da uno speciale,
dura un’ora e 27 minuti.
anche quelli di Repubblica”. Le telecamere si
soffermano sui ministri che ridono.
25 AGOSTO, ORE 20
La conduttrice parla delle tensioni tra Lega e
Vaticano a proposito di immigrazione, ma parte un
servizio di tutt’altro tono: “L’accordo con la Libia
sull’emergenza clandestini funziona bene. E la visita
di Berlusconi è utile e necessaria”. Piccola pausa.
“Così il ministro Frattini...”. Il giro delle
dichiarazioni politiche ammoscia ulteriormente
l’attesa del servizio, invero assai vellutato, sullo
scontro tra i partito di governo e gli alti gradi della
Chiesa.
28 AGOSTO, ORE 13,30
Berlusconi querela Repubblica per le dieci
domande. Il Tg1 riporta impeccabilmente la
replica del direttore Ezio Mauro e la ferma presa di
posizione del candidato leader del Pd Dario
Franceschini. Ma manca qualcosa: che cosa
chiedono, almeno per sommi capi, queste
benedette dieci domande? Chissà. Nessun
accenno neppure all’articolo del Giornale contro
il direttore di Avvenire Dino Boffo, un’altra vicenda
che terrà banco per settimane.
28 AGOSTO, ORE 20
Secondo il Tg1, la notizia del giorno è l’intervento di
Tremonti al meeting ciellino di Rimini, ma subito
Tarantini arriva dopo venti minuti, con la
precisazione che le escort erano retribuite
“all’insaputa” del premier.
15 SETTEMBRE
Per la consegna delle prime case in Abruzzo, Porta
a porta si prende la prima serata di Raiuno. I
concorrenti Ballarò (Raitre) e Matrix (Canale 5)
vengono cancellati dalle rispettive reti.
16 SETTEMBRE
“Arriva in Italia la tendenza a coabitare con amici,
colleghi e anche estranei”, annuncia il Tg delle 20. Il
servizio ridanciano, con immagini accelerate tipo
vecchie comiche, accenna appena alle “ragioni
economiche”. Non è che gli affitti sono troppo cari,
è che vivere con uno sconosciuto è trendy, come le
zeppe o i jeans a vita bassa.
19 SETTEMBRE
In un incontro pubblico, il ministro della Pubblica
amministrazione Renato Brunetta si lascia andare a
un’invettiva contro la sinistra: “Lorsignori stanno
preparando un vero e proprio colpo di stato...
Abbandonate al suo destino suo schifoso questa
élite di merda!... La sinistra per male, che vadano
pure a morire ammazzati”. Un ministro che sbrocca
è una notizia importante in tutto il mondo libero,
ma non al Tg1, che emenda il servizio da tutti gli
insulti e spiega che Brunetta ha attaccato l’élite
20 LUGLIO, ORE 20
Il sito dell’Espresso pubblica l’audio di
conversazioni imbarazzanti tra Berlusconi e la
D’Addario, registrate da quest’ultima e consegnate
alla magistratura. Nessun accenno nei titoli, se non
un messaggio subliminale basato su una
dichiarazione del presidente della Repubblica,
secondo il quale bisogna “regolamentare le
intercettazioni”. Il riferimento è un’altra storia, cioè
alla legge da tempo in discussione in Parlamento. “E
no alla concorrenza sullo scandalismo”, ammicca
però l’autore del servizio Marco Frittella. E la notizia
sui nastri della D’Addario, che sta facendo il giro del
mondo? Non pervenuta, neanche accennata. Zero
assoluto.
22 LUGLIO, ORE 20
Il Tg apre con un servizio di un minuto e 56 secondi
sulla giornata di Silvio Berlusconi, tra una prima
pietra e un convegno. Il sottopancia dice:
“Berlusconi: crisi, il peggio è passato”. A proposito
delle polemiche, il premier parla di “belle figlole” e
dice: “Non sono un santo, speriamo lo capiscano
In alto, la sede della Rai di viale
Mazzini a Roma (FOTO EMBLEMA))
A fianco, il direttore del Tg1
Augusto Minzolini con Silvio
Berlusconi (FOTO ANSA)
28 agosto: Berlusconi querela Repubblica
per le dieci domande. Il Tg1 riporta
la replica di Ezio Mauro ma si dimentica
di raccontare quali sono queste 10 domande
dopo viene questa: “Berlusconi: dopo l’articolo del
Giornale sul direttore di Avvenire mi dissocio”. Fino
a quel momento, chi si informa soltanto attraverso il
Tg1 non ha la minima idea di che cosa è successo.
9 SETTEMBRE, 13,30
Il Corriere della Sera pubblica i verbali di Tarantini,
ove si parla di Massimo D’Alema, di esponenti del
Pd pugliese e delle escort fornite a Berlusconi (circa
30 per 18 feste). I verbali sono ripresi da testate di
tutto il mondo ma non dai titoli del Tg1, che infila
una sequela di servizi sulla morte di Mike
Bongiorno, avvenuta il giorno prima. Racconta poi
di una polemica tra Berlusconi e il presidente della
Camera Gianfranco Fini, di cui non è dato sapere i
contenuti, ma poco male perché tanto compare
Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi, a dire che
è stato un fraintendimento. Per lo spettatore del
Tg1, insomma, lo scontro tra i due leader del Pdl è
un equivoco sorto su una cosa che non gli viene
spiegata. Più chiaro di così... Il servizio sui verbali di
“della rendita
editoriale”.
parassitaria
finanziaria
ed
27 SETTEMBRE
Berlusconi chiude la festa del Pdl a Milano.
Nell’edizione delle 20, il servizio di Enrico Castelli
parte con una battuta del premier su Michelle
Obama “abbronzata”. Ma il tono cambia presto. Un
Berlusconi rabbioso e alterato urla dal palco contro
“l’opposizione che inneggia a meno sei”,
riferendosi ai sei parà morti a Kabul qualche giorno
prima E continua: “Non accettiamo che ci sia
un’opposizione di questo genere, vergogna,
E Matrix
scagiona
il prescritto
di Beatrice Borromeo
L
A PUNTATA di Matrix dedicata ai
lodi Alfano e Mondadori, dal titolo
“Tutti i lodi al pettine”, è stata memorabile. Non certo per il contraddittorio: il solito Piero Sansonetti
(“Berlusconi è rispettabilissimo”) e un timido
Ignazio Marino hanno chiacchierato con
Maurizio Gasparri e Gaetano Pecorella, rilassati, anzi palesemente annoiati per mancanza
di avversari. Memorabile invece il servizio a
firma di Alessandro Banfi. Secondo la ricostruzione del giornalista, “si attribuisce a Berlusconi una colpa che il processo penale non
gli ha riconosciuto. Berlusconi, anzi, è stato
scagionato nel penale, e oggi un giudice decide di testa sua di ribaltare la sentenza e di
mettere la Fininvest e tutti i suoi lavoratori in
ginocchio”. Banfi ha detto “scagionato”, evitando con cura di usare il termine corretto:
“prescritto”. Non sa o finge di non sapere che
nella sentenza definitiva a carico di Previti e
Metta, Berlusconi è definito “privato corruttore” e si legge che “la retribuzione del giudice corrotto è fatta nell’interesse e su incarico del corruttore”, cioè del premier. Nel servizio, il giudice Raimondo Mesiano diventa
“uno che decide di testa sua”. La sentenza,
immediatamente esecutiva, si trasforma nella“decisione che mette in ginocchio i lavoratori”, anche se la maxi-multa (750 milioni di
euro da versare alla Cir di De Benedetti) intacca la cassaforte della famiglia Berlusconi,
non certo le società quotate che la Fininvest
controlla e i loro lavoratori. Banfi paragona la
sentenza alla “confisca dei beni imperiali ad
opera di Napoleone” (d’altronde anche Veronica Lario, riferendosi al marito, lo chiama
“l’imperatore”) e spiega, in un climax di catastrofismo, che “la situazione molto ricorda
le guerre tra guelfi e ghibellini che sfociarono
nella distruzione di un’intera civiltà”. Emblematica la conduzione di Alessio Vinci, che
sentenzia “Berlusconi è stato prosciolto!”.
Quando il senatore Marino replica che in realtà il Cavaliere è andato in prescrizione, Vinci
va nel panico, farfuglia, lancia un sos a Gasparri che comincia a urlare e insultare, affinchè nessuno capisca più nulla. D’altronde
Mediaset non è nuova alle rivisitazioni processuali: il 21 maggio scorso, Studio Aperto
ha annunciato che Berlusconi era stato assolto nel processo Mills, cosa che, grazie al lodo
Alfano, non poteva accadere neanche volendo.
vergogna, vergogna!”.
Il povero spettatore avrebbe ragione a spaventarsi.
Davvero in Italia c’è un’opposizione che dice
“meno sei” di fronte ai giovani soldati uccisi? Chi
avrà mai detto una mostruosità del genere?
Franceschini? Bersani? Di Pietro? Il dubbio
tremendo resta, perché il Tg1 passa ad altro come se
nulla fosse. Per la cronaca: “-6” è una singola
anonima scritta fatta con la bomboletta spray
durante una manifestazione di piazza. L’indomani
dovrà intervenire Napolitano e Berlusconi sarà
costretto a scusarsi. Il Tg1 no.
28 SETTEMBRE, ORE 13,30
In un anno l’Inps ha liquidato 984 mila domande di
disoccupazione, con un aumento del 52 per cento.
In crescita del 200 per cento anche le ore cassa
integrazione. Sono altre cifre record, in negativo,
che il conduttore Giorgino elenca frettolosamente
al sedicesimo minuto. Come se si parlasse di dati
sulla vendita di mozzarella, l’approfondimento è
rimandata a “Tg1 Economia”.
29 SETTEMBRE
Unomattina riceve una telefonata di Berlusconi nel
giorno del suo compleanno. In studio ci sono
Stefano Ziantoni e la vicedirettrice Petruni. Dopo
una serie di reciproci ringraziamenti, Ziantoni dice:
“Noi ogni mattina siamo qui, presidente, e quindi
questa è anche casa sua”. Scoppia la polemica. Il
giorno dopo, il Tg1 manda in onda un piccato
servizio difensivo, ma la linea difensiva lascia
perplessi: il servizio mostra che l’espressione
“questa è casa sua” è stata rivolta in passato anche a
Bersani.
3 OTTOBRE
Minzolini appare in video per dire che la
manifestazione di Roma è stata incomprensibile e
assurda, perché in Italia la libertà di stampa non
corre alcun pericolo.
pagina 12
Giovedì 8 ottobre 2009
Il governo
Papandreou nato
in tempi record
G
DAL MONDO
eorge Papandreou ha varato in 48
ore il nuovo governo greco. Dopo
la netta vittoria di domenica, già
martedì il leader del partito socialista ha giurato
come primo ministro e in serata aveva già la lista
dei ministri dell’esecutivo. Papandreou ha
conservato per sé il dicastero degli Esteri. L'ex
ministro degli esteri Theodoros Pangalos è
vicepremier con l’incarico di coordinare l’attività
dell’esecutivo. Il ministero chiave dell’economia,
sviluppo e marina mercantile va a Luka Katseli,
principale autrice del suo programma
economico, e quello delle finanze (prima
inglobato nell’economia) al suo portavoce
Giorgio Papacostantinou.
Agli Interni va il segretario del Pasok, Giannis
Ragusis, e alla Difesa il costituzionalista ed ex
ministro della cultura Evaggelos Venizelos.
Il nuovo ministero dell’Ambiente e dell’Energia,
cruciale nell’annunciato piano di 'sviluppo verdè,
sarà guidato Christina Birbili. L’altra donna del
governo socialista, Anna Diamantopoulou, ex
commissario europeo all’occupazione, va
all’Istruzione.
N
NOBEL PER LA CHIMICA
Premio agli studiosi
dei ribosomi
A
segnato a due
americani e a un
israeliano il Nobel per la
chimica. Venkatraman
Ramakrishnan, Thomas
Steitz (nella foto sotto) e
Ada Yonath hanno
conquistato il
riconoscimento per aver
mappato e quindi svelato
il funzionamento dei
ribosomi.
Qui sopra, i comici Lakis Lazopoulos e Beppe Grillo (FOTO ANSA) In basso, Abu Mazen con Silvio Berlusconi (FOTO MASSIMO DI VITA)
GRILLI DEL MONDO UNITEVI: FACCIAMO
L’INTERNAZIONALE
DELLA
SATIRA
Il comico greco Lazopoulos conduce il programma più
visto in tv: “gli Altri hanno fallito, ora tocca a noi”
di Michele De Gennaro
Atene
il Beppe Grillo greco, anche perché gli somiglia parecchio. Ma Lakis Lazopoulos, a differenza del comico genovese, riesce ancora a
fare satira in tv. Tutti i martedì,
da 4 anni, Al Tsantiri News registra
il record assoluto di ascolti in
Grecia. Il programma, in onda
in prima serata su Alpha Tvl, è
un ‘one-man show’ di due ore,
durante le quali Lazopoulos
commenta spezzoni televisivi
della settimana montati un po’
come nel nostro Blob. Bersagli
prediletti, i politici. Messi a nudo e alla berlina: corruzione, nepotismo, promesse disattese.
Anche in Grecia il materiale non
manca.
Nel suo spettacolo ha sempre chiamato il neo premier
Papandreu “Giorgino”, alludendo al suo status di figlio di
papà in una famiglia che è una
vera dinastia politica. Ora o
chiama Giorgio. Un messag-
È
gio di fiducia alla nuova maggioranza socialista?
In questo momento mi sento
come un medico in ospedale
nei confronti dei parenti che
aspettano notizie sul congiunto
malato. Devo aspettare il momento giusto per dare la diagnosi. Papandreu ha dichiarato che
tra cento giorni vedremo i primi
risultati. Vedremo. Fondamentale sarà la scelta dei collaboratori. Di certo la classe politica è
rimasta la stessa e fino a oggi ci
ha offerto unicamente una miserabile gara a chi rubava di più,
alla faccia degli elettori.
Negli anni ha spesso preceduto i media tradizionali svelando scandali che hanno travolto i vertici di Nuova Democrazia così come del Pasok. La satira può diventare
pura informazione?
Mi sono trovato a fare quello che
dovrebbero fare i giornalisti.
Per il caso Vatopedis (passaggio
sottobanco di immobili pubblici al monastero del monte Athos
con un danno per lo Stato di circa 100mila euro, ndr), da tempo
i giornali avevano la documentazione per far scoppiare lo
scandalo. Ma se ne sono guardati bene perché rispondono agli
interessi di editori legati ai politici. Quando un monaco mi ha
consegnato di persona la busta
contenente le prove, assieme al
mio staff ho verificato l’attendibilità della notizia e nella successiva puntata di Al Tsantiri ne
ho parlato in diretta. In breve il
ministro delle finanze ha presentato le dimissioni.
Nessuna ritorsione contro il
Berlusconi
ad Abu
Mazen:
Israele
congeli gli
insediamenti
are in modo che Israele fermi gli insediamenti in Cisgiordania. E contribuire a realizzare un ‘piano Marshall’ per rilanciare
l’economia palestinese. La giornata italiana di
Abu Mazen, partita con la visita al Quirinale, è
stata positiva. Sia il Sindaco di Roma Alemanno che il premier Silvio Berlusconi hanno affermato la necessità che lo Stato israeliano
congeli l’idea di nuove colonie. Sulla scia della nuova amministrazione Obama. Ma non è
tutto: Berlusconi ha speso parole per lanciare
un progetto economico per la Palestina. Un
progetto che, nella visione del premier italiano, comprenda la creazione di un aeroporto
F
OLTRE LA MODA
un attore satirico. Però nel vostro paese, come nel nostro, la
situazione della moralità della
politica è molto preoccupante.
Sto seguendo con grande interesse le iniziative di Grillo. E come lui guardo con speranza alla
potenza del web per svegliare le
coscienze, offuscate dall’informazione-spazzatura della tv.
Anche lei non esclude di
cambiare mestiere?
Di una cosa sono certo: se i comici sono arrivati ad avere un
ruolo così delicato nella società,
riparando sempre più spesso alle mancanze di giornalisti e politici, è giusto che ci provino.
Anche solo facendosi garanti di
una nuova corrente, di ampio
respiro e fuori dalle logiche locali, che abbia l’obiettivo di
scardinare un sistema politico
ormai chiaramente marcio e fallimentare. Anzi, ne approfitto
per rivolgere da qui un appello a
Beppe Grillo: perché non ci attiviamo per creare una sorta di
‘Internazionale europea della
satira’ al servizio dei cittadini?
di Elisabetta Reguitti
Burqa
che bello!
in Cisgiordania, insediamenti turistici e un collegamento tra il Mar Rosso e il Mar Morto. Il
presidente dell’Anp si è detto molto soddisfatto della visita e ha voluto sottolineare, al termine del colloquio con Berlusconi, che “il capo del governo italiano è il primo a proporre
un piano economico per la nostra regione”.
Una necessità pressante, visto che la disoccupazione sia a Gaza che in Cisgiordania è altissima. “Serve un progetto - ha concluso Abu Mazen - che dia prosperità alla popolazione. Perciò non posso che ringraziare Berlusconi. Anche per il sostegno sia sul piano bilaterale che
per l’azione nell’Ue”.
Blitz dei pirati
su nave francese
U
suo programma da parte del
Governo?
Nella mia carriera ho collezionato più di 40 querele. Una volta
sono stato arrestato sul palco.
Ma in sede di giudizio sono sempre stato assolto. In molti mi detestano: politici, imprenditori,
sondaggisti. Per questo ho dato
istruzioni precise al mio staff:
non voglio mai essere messo al
corrente di minacce, avvertimenti o provvedimenti da parte
delle istituzioni che arrivano in
redazione. Per tutta la settimana
io lavoro al mio programma, poi
il martedì attendo l’ok per andare in onda. E perciò non elogerò
mai abbastanza il coraggio del
nostro direttore di rete.
In Italia le cose sono molto
più difficili. E il suo collega
Grillo, costretto ad astenersi
dalla satira, ha deciso di entrare in politica presentando
delle liste civiche.
Se posso permettermi una battuta, vi invidio in questo senso:
oggi Berlusconi è la miglior fonte d’ispirazione del pianeta, per
D
SOMALIA
avanti alla carta di credito non c'è Cota
che tenga. Abbasso al divieto del burqa se
chi lo indossa dispone di petrol-euro. E, visti i
chiari di luna che sta attraversando la moda, ben
vengano anche questi soldi. Accade che camminando lungo via Montenapoleone, a Milano, ci si
imbatta in tre donne avvolte da preziose stoffe nere. Corpo, capo e viso nascosti dietro a un raffinato tessuto intarsiato. Fresche di shopping stanno uscendo da uno dei tanti lussuosi negozi. Un
uomo, alto, robusto e vestito pure lui di nero
(ma con il viso scoperto) fa da guardia del corpo alle donne comminando alle loro spalle. E
porta pure le borse. A pochi metri di distanza,
in piazza San Babila, le forze dell'ordine e la
polizia locale vigilano sulla sicurezza dei cittadini. Alcuni di loro si voltano a guardare le
tre donne che proseguono il cammino.
na nave militare
francese, 'La
Sommè’, è stata
attaccata la scorsa notte
dai pirati somali.
Nell’attacco non ci
sarebbero stati feriti. Lo
hanno reso noto fonti
francesi. Nell’attacco, 5
assalitori sono stati
fatti prigionieri.
AFGHANISTAN
Civili uccisi
da raid Nato
R
esidenti della
provincia
meridionale afghana di
Helmand hanno
accusato le forze
internazionali guidate
dalla Nato di aver
ucciso alcuni civili e
distrutto decine di
negozi. Lo scrive
l’agenzia di stampa
afgana Pajhwok.
L'incidente è avvenuto
nel distretto di Kajaki e,
secondo testimoni
oculari afghani,
militari della Forza
internazionale di
assistenza alla
sicurezza avrebbero
ucciso tre civili e
provocato un incendio
che ha distrutto almeno
100 negozi. La
provincia di Helmand,
una delle più
sanguinose
dell’Afghanistan per la
presenza di gruppi
Taliban, è presidiata da
truppe britanniche.
IRAN-IRAQ
Rilasciato gruppo
di oppositori
S
ono stati rilasciati i
36 oppositori
iraniani dei
Mujaheddin del Popolo
arrestati dalle autorità
irachene lo scorso
luglio durante una serie
di sanguinosi scontri
nel campo profughi di
Ashraf, a Nord di
Baghdad.
Ricky è uno splendido apologo sull’aspirazione troppo spesso
sacrificata al cambiamento (MALCOM PAGANI - IL FATTO QUOTIDIANO)
Una meravigliosa metafora della diversità e della libertà
(ROBERTO SILVESTRI - IL MANIFESTO)
Un film che svela tutto il patrimonio fantastico nascosto
nel quotidiano
(MAURIZIO PORRO)
Il film capolavoro del Festival di Berlino
(ALBERTO CRESPI - L’UNITÀ)
Vieri Razzini
Cesare Petrillo
presentano
Un piccolo vangelo apocrifo in cui “amore” fa rima con
“libertà”
(ROBERTO NEPOTI - LA REPUBBLICA)
Ozon è uno dei più grandi registi europei e Ricky è la
perla della stagione
(CIAK)
Una formidabile allegoria sulla differenza, in cui ritroviamo
il cinema di Lynch e Cronenberg, con in più la dolcezza
e la speranza
(LE FIGARO)
Meraviglioso
(DIE ZEIT)
un film di
FRANÇOIS OZON
ALEXANDRA LAMY
SERGI LOPEZ
www.teodorafilm.com
DA DOMANI AL CINEMA
Teodorafilm, distribuzione cinematografica indipendente, sostiene la stampa indipendente malgrado le direttive del governo Berlusconi
pagina 14
Giovedì 8 ottobre 2009
SECONDOTEMPO
SPETTACOLI,SPORT,IDEE
in & out
L’ANTEPRIMA
MOTEL WOODSTOCK:
Ang Lee e quel ‘69
che cambiò il mondo
Bobo
Compie
30 anni il
personaggio
a fumetti
di Staino
Hoffman
Testimonial
delle Marche
nella
campagna
promozionale
Festival
Corsicato
e Alba
Rorhwacher
in giuria a
Capalbio
Nuovo disco
Jovanotti sta
realizzando
il brano
per il film
di Muccino
Esce domani l’ultima pellicola del
regista due volte Leone d’oro:
Una commedia originale su un evento che rimane nella memoria collettiva
di Elisa Battistini
L
a giovinezza è un’invenzione recente, probabilmente già consumata. Schiacciata tra l’eterna
adolescenza che arriva ai 40 anni e l’età adulta che attraversa
l’intera vita, come una condanna, anche quando si è bambini.
Sarà per questo che, ai nostri occhi, diventa sempre più necessario guardare alle nostre spalle,
al momento più esaltante del
XX secolo. Quello in cui la giovinezza ha cercato di prendere
il potere.
Dopo essere nata, alla fine della
seconda guerra mondiale, tra i
teen agers americani e inglesi
appassionati di blues e jazz, tra i
principianti assoluti raccontati
di Colin McInness, la giovinezza
è fiorita durante i sixties. In tutto l’occidente, ma soprattutto
negli Stati Uniti. Dove la stagione del pacifismo, del libero
amore, della psichedelia, matura nel corso del decennio. E
sboccia il 14 gennaio del 1967,
durante l’happening al Golden
Gate Park di San Francisco. È lo
’Human be in’, una lunga giornata che raduna ragazzi desiderosi di ascoltare le band della
west coast (i Jefferson Airplane,
i Grateful Dead, i Quicksilver) e
le parole del poeta beatnik Allen
Ginsberg. Inizia quella che diventerà la Summer of love di
Haight-Ashbury, il quartiere di
Frisco in cui, in pochi mesi, approdarono oltre centomila persone. E che culmina a giugno
con il festival di Monterey. In cui
suonano i gruppi della baia, assieme a Jimi Hendix, Janis Joplin, gli Who. La musica è la bandiera della ribellione dei ventenni che si rivoltano contro i genitori, la loro vita conformista e
contro la guerra in Vietnam.
Dentro all’onda hippy c'è di tutto. Ci sono le comuni e c’è la 'Family' di Charles Manson, gli studenti di Berkeley, gli appassionati di Lsd. Solo una cosa unisce
tutti: sono giovani. Il momento
d'oro è destinato a tramontare
presto. Nel 1969 c’è già l’odore
della fine. Che forse ha anche
una data, quella del 6 dicembre.
La sera del concerto dei Rolling
Stones ad Altamont, in California. Quando ci scappò il morto
accoltellato e non si replicò la
tre giorni d'amore e musica
chiamata Woodstock.
L'ultimo film di Ang Lee, Motel
Woodstock (in uscita il 9 ottobre
per la Bim e tratto dall'omonima
autobiografia del protagonista,
Elliot Tiber) racconta l’omonimo festival, il canto del cigno, il
momento prima del tramonto.
Lo fa concentrandosi sulla storia di un ragazzo. Come i cowboy de I segreti di Brokeback
Mountain, come la spia di Lussuria
(due Leoni d'Oro, ravvicinati e
meritati) anche Elliot (Demetri
Martin) è un giovane in bilico tra
dovere e desiderio. Ma a differenza dei due precedenti film
del regista, la tragedia questa
volta resta fuori dallo schermo e
il conflitto si risolve positivamente. Ma la malinconia serpeggia. Elliot vive a El Monaco,
stato di New York, aiutando i
burberi genitori nella gestione
di un fatiscente motel. Ma dipinge, è pieno di aspirazioni e vorrebbe fuggire. Eppure resta lì,
responsabile e inquieto, cercando di non soffocare organizzando piccoli eventi con la camera
di commercio locale. Un giorno, il giovanotto dalle antenne
sempre dritte scopre che la vicina località di Wallkill ha rifiutato di ospitare un festival musicale di tre giorni. Mettendo
una croce sopra a un palco dove
sarebbero saliti Hendix, Joplin,
Who, The Band, Santana e tanti
altri. Elliot non se lo fa ripetere
due volte e contatta immediatamente il manager della Woodstock Ventures, Michael Lang
(Jonathan Groff), proponendosi come alternativa: organizzerà
la logistica dell’evento. Inconsapevolmente, Elliot mette un
piede nella leggenda. E la sua vi-
ta, come quella dei suoi genitori
cambierà assieme alla storia del
costume e della cultura del
mondo intero.
All’ultimo festival di Cannes,
Motel Woodstock è stato poco
considerato. La commedia di
formazione non è certo un genere nuovo. E questa ballata
folk, lieve e leggiadra, appare
lontana dai temi di Ang Lee e dalla tonalità degli ultimi, splendidi
film. Ma i punti in comune ci sono. Il film è una vacanza stilistica dal dramma ma nella sua leggerezza si trovano motivi pro-
certo più mitizzato della storia.
Eppure, reiterare la perfezione
non è una possibilità reale. Questo è il tema onnipresente dell'ultimo Ang Lee: ne I segreti di
Brokeback Mountain l'istante in
cui sbocciava l’amore tra i protagonisti veniva replicato durante gli anni, il più possibile
identico a se stesso, in una ripetizione progressivamente mor-
fondi e commoventi. Anche in
Motel Woodstock, Ang Lee parla
dell’impossibilità di trattenere
la perfezione del momento, di
costruire la propria vita sull’epifania della bellezza. Il film - in cui
il concerto resta sempre rigorosamente fuori campo - termina
con il presagio della perdita.
Quella dell’innocenza e dei
grandi sogni. La fidanzata del
manager Michael Lang, che per
tutto il film sembra una scoppiata, dice le parole più sagge: “la
prospettiva è ciò che esclude
l'universo, cioè l'amore”. La
prospettiva è una linearità che
spinge i protagonisti all'azione.
Mentre l'universo, cioè l'amore,
è legato alla contemplazione e
all'attimo. I personaggi del film
hanno partecipato a un momento che, ancora oggi, è eternato
nella memoria collettiva, al con-
tuaria. In Lussuria la passione
erotica viene messa in scena
sempre più arditamente, e
avrebbe portato al matrimonio
se non fosse intervenuta la parte
più inscalfibile della realtà: l'esistenza del potere. In Motel
Woodstock il regista si ferma un
passo prima. La speranza c'è ancora, il concerto che ha unito
migliaia di persone in un unico
grande corpo è appena finito.
Certo, resta un paesaggio di devastazione e sporcizia. Certo, il
richiamo al concerto di Altamont degli Stones, citato dal
manager Lang, per gli appassionati di musica trasuda tristezza
(a proposito vale la pena recupare il bellissimo documentario
sull'evento, Gimme Shelter di Albert e David Maysles). Ma quando salutiamo Elliot, lo lasciamo
nel pieno della libertà. Non ha
La scena del primo acido del
protagonista del film
“Motel Woodstock” (FOTO “PUNTO E VIRGOLA”)
TEATRO Il Kalashnikov
secondo Saviano
La bellezza come antidoto all'Inferno, luogo sociale e dell'anima dal quale è possibile
sollevarsi. Parola di Roberto
Saviano, professione giornalista sotto scorta. L'autore di
Gomorra, ha presentato a Milano il monologo La Bellezza e
l'Inferno: un testo per il teatro
che anticipa i contenuti del
prossimo libro e offre una dichiarazione etica ed estetica
chiara: con la parola si vincono le battaglie più dure, perchè dire bene è anche ben fare. Al Teatro Studio è tutto
esaurito. Roberto giunge sulla scena spoglia, il pubblico
applaude per minuti. Lui gradisce, spiega che ama poter
incontrare. Quindi inizia a
parlare: di Iran, di Neda e Te-
raneh, violentate e uccise perchè parte dell'Onda Verde; ragazze che lottavano per una
vita normale, antagoniste di
un regime liberticida. Saviano
ricorda Kalashnikov, generale
russo inventore di un'arma
simbolo, amata dai camorristi
come da Al Qaeda e dai macellai africani; strumento di
morte usato anche a Castevolturno, rovinato dalla Camorra. Parlando di Miriam Makeba e di Ken Saro Wiwa, Saviano rammenta il disastro ecologico compiuto dalla Shell in
Nigeria. Gli altri eroi, questa
volta civili, sono Varlam Shalamov - 20 anni nei gulag - e
Michel Petrucciani, jazzista
nano che fece del suo handicap una virtù. (Valerio Venturi)
più paura, ha affermato la propria omosessualità, ha trovato
se stesso. Lo lasciamo ricco di
aspettative, energia. Ma certamente, anche per lui, quella scoperta così vergine e innocente
non tornerà mai più.
La giovinezza, come luogo psichico permanente, e non solo
come momento anagrafico della vita, è uno dei temi che unisce
Motel Woodstock ai due Leoni
d’oro. Solo - e non è poco - qui
Ang Lee ha voglia di raccontare
la speranza, ancora palpitante,
un attimo prima che si corrompa. Per questo il film
è stilisticamente gustoso e scanzonato.
La freschezza che trasuda dalla macchina
da presa coinvolge
ed appassiona. La voglia di libertà del regista è massima. Lo si
vede nella scena del
primo acido di Elliot
(sottolineata da quel
capolavoro che è The
red telephone dei Love, che a Woodstock
non c'erano), in cui i
colori diventano sparati e le forme sempre più piene. E lo si
vede fin dall’inizio,
quando Lee cita
apertamente il documentario Woodstock
(1970) con l’uso continuo dello schermo
diviso in due. Divertente è anche l'opposizione tra le tante
macchiette freak e la
concretezza della vita, raccontata costantemente
nel
film. Dove burocrazia e soldi sono temi insistenti. Tenuti battuti
proprio per insinuare il dubbio
che solo la leggenda epuri la
realtà dalle sue verità. E per ricordare che solo nella perfezione del momento si trova il senso
della grigia macchinosità che
serpeggia nelle esistenze di tutti.
La musica, anche se fuori scena,
è protagonista obbligata. Ed è
un piacere. Perchè sentire Volunteers dei Jefferson Airplaine sui
titoli di coda scalda il cuore. Del
resto era inevitabile, prima o
poi, fare un film su Woodstock
come questo. Perchè se una cosa resta davvero di quegli anni
americani è il connubio tra musica, giovinezza e ricerca di libertà. A cui guardiamo talvolta
con distacco. Molto spesso con
un po' di invidia.
Giovedì 8 ottobre 2009
pagina 15
SECONDO TEMPO
di Francesco
Bonazzi e
Malcom Pagani
elle mani giuste. Se la
vendita de La7 fosse un
film, il suo titolo non
potrebbe che essere
quello dell’ultimo romanzo di
Giancarlo De Cataldo, l’autore di “Romanzo criminale”.
Perchè nell’Italia di oggi nessuno meglio del finanziere
franco-tunisino Tarak Ben
Ammar, storico sodale di Silvio Berlusconi, sarebbe il personaggio più adatto per tenere tra le mani il corpicino rachitico della tv della Telecom:
una creatura strozzata nella
culla per non disturbare il
vecchio duopolio RaiMediaset, ma che se oggi finisse a
Rupert Murdoch in piena
guerra Raiset-Sky, potrebbe
davvero fare sfracelli. Prima
politici e poi, magari, perfino
di share e raccolta pubblicitaria.
E allora, mentre il governo e le
banche giocano pesante
sull’azionista Telecom, ecco
che dietro le quinte si muove
il fido Tarak. Già, perchè secondo quanto risulta al Fatto
Quotidiano, il nipote dell’ex
leader tunisino Bourghiba
avrebbe perfino già allertato
alcuni importanti “professionisti dell’informazione” per
chiedere loro se prenderebbero in mano le redini manageriali e giornalistiche de La7.
Nessuna conferma ufficiale,
ma qualcosa si sta muovendo.
Un primo segnale è arrivato il
26 settembre scorso, con la
ripresa di “Ndp”, il programma di Antonello Piroso. Piroso non è soltanto il direttore
della testata giornalistica, ma
da un anno a questa parte ha
legato le sue sorti al management aziendale, mettendo firma e reputazione sulla pesante cura dimagrante imposta
da Giovanni Stella, detto “Er
canaro”, capo azienda di Telecom Italia Media. Stella ha
venduto l’agenzia Apcom a
Luigi Abete, ha tagliato compensi e contratti alle star della
rete (provocando la fuga dei
vari Chiambretti e Bignardi in
Raiset), ha quasi smantellato
Mtv e ha ottenuto da Palazzo
Chigi i contratti di solidarietà
per i giornalisti de La7, dopo
aver minacciato di licenziarne 25 su cento.
Bene, chi ha intervistato per
primo, quest’autunno, il direttore-manager Piroso? Il
prode Tarak, trattato con lo
stesso spazio riservato a Berlusconi da Nessma, la tv tunisina (50% Mediaset, 50% Tarak Ben Ammar) alla quale il
nostro premier ha regalato un
indimenticabile show su Papi
Silvio e le donne.
Si tratta certamente di una
combinazione, ma non si può
dire lo stesso di quello che invece è avvenuto giovedì scorso in Corso Italia, negli uffici
di Franco Bernabè.
L’ex “enfant prodige” dell’Eni
N
SCENARI/ TRA SKY E IL BISCIONE
BEN AMMAR
e la caccia a la7
Il finanziere fedelissimo del premier
gioca le sue carte nella partita Tv
post-Tangentopoli, ha tirato
un sospiro di sollievo quando
ha visto Intesa-Sanpaolo e
Unicredit bocciare senza appello i Tremonti-Bond. Che
c’entra con Telecom la disfida
tra Passera, Profumo e Tremonti? E’ presto detto: il 28
ottobre scade il patto di sindacato di Telco, il veicolo societario con il quale le maggiori banche italiane hanno
assicurato la transizione
dall’era Tronchetti a quella
Bernabè.
Il socio spagnolo Telefonica,
che ha il 42% della Telco, piace poco alla Mediobanca di
Cesare Geronzi e ancor meno
al governo Berlusconi. Gli altri due grandi azionisti, Intesa
e Unicredit, sono invece favorevoli al mantenimento dello
“status quo” e sarebbero
schierati con Bernabè.
Ecco perché la loro scelta di
marcare un’indipendenza totale da Palazzo Chigi ha fatto
felice un Bernabè che fino al
giorno
prima
sembrava
nell’angolo, con voci sempre
più insistenti di un ribaltone e
il nome del più malleabile Stefano Parisi che girava pericolosamente per la poltrona di
amministratore delegato di
Telecom (con Bernabè “promosso” presidente o direttamente messo alla porta).
Ora, proprio mentre Bernabè
rientra in partita, prendono
corpo le ombre di Tarak Ben
Tarak Ben Ammar (FOTO EMBLEMA)
Ammar. La7 sarebbe una merce di scambio perfetta e una
delle tante armi che ha in mano il vertice Telecom, oltre al
l’avvenuto miglioramento dei
conti, per resistere sul ponte
di comando.
La soluzione più diretta e
ideale, per Silvio Berlusconi,
sarebbe che Tarak si comprasse tutta Telecom Italia Media,
o almeno Telecom Italia Media Broadcasting, che detiene
la “ciccia” vera della casa: le
tre frequenze per il digitale
terrestre. Stella e Bernabè le
valutano 150 milioni l’una, ne
Ufficio Réclame
LA TIM DELLE AVANCES
di Roberto Corradi
n uomo maturo e pennellato mogano entra in un’aula
USembra
cercando di sedurre una donna di cui teme il giudizio.
una storia da Premier e invece è il nuovo spot della
Tim che, per l’occasione, riesuma il solito De Sica figlio
senza sollevarlo, però, dal collaudato ruolo di consultatore
di testo...sterone. L’uomo è lì per sapere dall’insegnante di
Latino il rendimento della prole! Fa il suo ingresso la profche si scopre essere Belen Rodriguez: parte velocissimo il
tallonamento con evidenti mire espansionistiche. “Mi dia il
suo numero di telefono”, esordisce lui con fare suino mentre
lei, sorridendo, si schermisce
per poi divagare sulla perifrastiGaffes
ca lasciando ll’uomo sgomento
con evocativa espressione di
chiosa a cui lo spot non dà voce
per evitare il trivio. Capovolgiaualcuno ha detto che non ho preso Mancini perchè
mo la situazione. Se al posto del
costava troppo.Mai fatto nella mia vita valutazioni
Christian ci fosse stata un’attrisu questioni economiche. In realtà ho sempre avuto
ce della stessa età e colorazione
nella mia testa Mazzarri. Lo vedrei bene come giocatricologica e nel ruolo della Rotore di poker in un mio film. Il suo nome circola da due
driguez, un aitante fanciullo suo
anni, anzi mi dispiace per gli amici Garrone e Marotta
coevo l’effetto non sarebbe stache proprio per un nostro interesse, hanno dovuto
to lo stesso. Una donna matura
alzargli lo stipendio". Aurelio De Laurentiis gaffeur alche tenta di insidiare un ragazzo
la presentazione del nuovo tecnico del Napoli, Walter
appena incrociato non fa rideMazzarri. La tirata sul passato dell’allievo di Ulivieri,
re, in Italia. Semmai suscita biaperò, ha costretto il neo-assunto all’imbarazzata, imsimo o stupore. E alla luce di
mediata rettifica. "Con la Samp, avevamo già degli acquesto, correggiamo la prececordi a livello economico e l’interesse del Napoli, non
dente valutazione: è una tipica
ha influito minimamente sul mio ingaggio, non sono il
storia da premier, questa. L’epotipo che fa questi giochi". De Laurentiis insiste: Se vuoi
pea dei papy nasce da qui.
chiamo Marotta”. Risate. E’ solo la prima puntata.
IMBARAZZO AL DEBUTTO DI MAZZARRI
Q
vorrebbero vendere almeno
un paio e ne hanno un disperato bisogno perché Telecom
Italia Media ha 300 milioni di
debiti e 100 di patrimonio (e
in Borsa capitalizza a stento
400 milioni).
In questi giorni stanno trattando con vari fondi d’investimento e anche se pare che
siano in vantaggio gli ex banchieri Lehman di Trilantic, il
“rischio” che dietro altri gruppi interessati vi siano gli uomini dello “Squalo” Murdoch
sono elevati. L’alternativa,
per il padrone di Mediaset e di
Palazzo Chigi, è sperare che
Tarak si compri in Borsa l’intera baracca televisiva di Telecom, ma anche qui se si scatena la guerra dell’Opa (sarebbe obbligatoria, perché Telecom ne controlla il 60%) sarebbero dolori.
In entrambi gli scenari, il ruolo di Tarak finirebbe sotto i
riflettori della Consob, perché il finanziere è anche vicepresidente di Telecom e
consigliere di Mediobanca.
Immaginate con quale terzietà la Telecom sarebbe chiamata a fissare il giusto prezzo
trattando con una parte così
strettamente “correlata”, per
usare il termine civilistico.
Per questa ragione, ecco che
la soluzione che a Piazza Affari danno per più probabile
(il titolo si sta muovendo parecchio da una settimana) è
quella del “mini-spezzatino”.
Le frequenze verrebbero cedute al maggior prezzo possibile con la sola garanzia, da
parte di Bernabè, che non finiscano a gente che poi le gira
a Murdoch, e Tarak rileverebbe per pochi soldi solo La7.
Certo, da un punto di vista
strettamente finanziario, per
Tarak non sarebbe un grande
affare comprare una tv che ha
sempre perso centinaia di milioni perché tutti i suoi azionisti hanno sempre deciso
che non debba puntare ad
avere più del 3% di share. Ma
Palazzo Chigi non può premere su Telecom perché riduca i
debiti e magari si liberi di Telefonica, e poi impedirle di far
cassa con Telecom Italia Media. Quanto alla remunerazione di Tarak, basta ricordarsi la
storia di SportItalia e delle frequenze di Telepiù, strapagate
per risolvere un problema di
Antitrust al Biscione al momento della nascita di Sky. Anche quello sembrava un
non-senso economico, per
lui, ma dopo qualche anno rivendette una frequenza a Mediaset e fu ripagato ampiamente del “disturbo”.
Quello del rapporto tra La7 e
Mediaset è l’altro grande no-
Risse
VENDITTI VS
CALOPRE STI
di quasi due
Ufelicenanniconcerto
anni fa. Una frase insu un pezzo di Italia:
“Perchè Dio ha fatto la Calabria?” pronunciata durante un’esibizione da uno dei
cantautori italiani più noti e
longevi. Nel mare agitato
delle polemiche, Antonello
Venditti nuota senza fatica.
Uno, due, tre tentativi. La
voce alterata, i concetti affilati: “E’ un dissidio montato ad arte, anzi, stramontato. In quell’occasione ho
dedicato ‘Stella’, una canzone-preghiera, a una terra
che amo moltissimo ma che
è disagiata per problemi
che pregiudicano la serenità che invece la regione merita”. Venditti è irritato. La
situazione non migliora,
quando gli riportiamo le dichiarazioni del regista autoctono Mimmo Calopresti, indignato con lui, fino a
giudicare “razzista” l’arringa di Venditti e frutto di
“ignoranza”, il ragionamento. “Calopresti chi?” è la
chiosa. Quando a metà pomeriggio, il regista risponde al telefono, l’acrimonia è
scemata. “Alimentare uno
scontro con Venditti è l’ultimo dei miei interessi. Non
ho visto il video ma le frasi
che mi hanno riportato fedelmente, feriscono. Rappresentano i più vieti luoghi comuni sulla mia terra,
considerazioni che speravo
di non ascoltare mai più”.
Per ora è tutto, Qui Houston, a voi Italia. (M.P.)
do della faccenda. Lo scorso
anno, quando Stella cominciò
a far la voce grossa sui tagli, il
contratto pubblicitario con la
Cairo Pubblicità era in scadenza e l’ex segretario di Berlusconi tirava sul prezzo del
minimo garantito.
Dopo qualche passaggio a Palazzo Grazioli e dintorni, si
chiuse di nuovo a 120 milioni
l’anno, ma il mix fu così ripartito: 114 milioni Cairo e 6
milioni Mediaset.
La prova lampante del mega-inciucio è il clamoroso incidente accaduto il 24 marzo
a una convention interna di
Telecom, dove mentre Stella
illustrava il contratto passò
una slide che riportava quei
“6 milioni Mediaset”. Non a
caso, in questi giorni La7 è invasa dagli spot dei Mediaset
Premium che sono la prova di
quel buffo modo di far tornare i budget pubblicitari in
tempi di crisi.
Ultimo indizio che la vendita
è vicina viene dalla grana dei
dirigenti in esubero. In queste ore il “duro” Stella sta
chiudendo con straordinaria
generosità qualunque grana
che potrebbe avere risvolti legali, in modo da non far scherzi al compratore. Che si presume amico. O amico degli
amici.
L’AMICIZIA E GLI
AFFARI TRA
SILVIO E TARAK
abib Bourghiba, ex presiHdecolonizzazione
dente tunisino, eroe della
e zio di Tarak Ben Ammar, amava l’Italia.
Quando rammentava l’esilio a
Roma, non poteva fare a meno
di ricordare i caffè di Piazza
Esedra. Anche i luoghi hanno
la loro importanza. Il nipote,
intimo di Berlusconi fin dai
tempi di Tele +, conobbe Silvio
ad Hammamet. Nel 1984: “In
spiaggia, con Craxi. Portai modelle e attrici stupende. Silvio
le ammirò, eccome”. Affinità
elettive che hanno spinto i due
al rafforzamento di un sodalizio mediterraneo che da allora,
non ha più conosciuto sosta.
In princìpio fu Quinta Communications, creata nel ‘90, presieduta da Ben Ammar e coproduttrice di molte opere della
Lux Vide. Il rapportò tra i due si
alimentò col tempo. Ponti e
aiuti reciproci che agevolarono ricchi affari, tra cui la munifica partecipazione in Mediaset, (poi ritirata nel 2003)
del principe saudita Al
Waleed Bin Talal. Tarak
controlla anche il 51% di
D-Free, l’offerta del digitale terrestre che ospita al
suo interno le reti Mediaset. Lo stesso Ben Ammar,
si rese protagonista
dell’acquisto di Sportitalia, con il singolare contributo operativo di Angelo
Codignoni, l’inventore
dei club di Forza Italia.
L’ultimo capolavoro, con
l’esclusione di Baarìa di
Giuseppe Tornatore, girato negli studi tunisini di
Ben Ammar è Nessma tv.
Un ponte, nelle intenzioni
gridate, tra Maghreb moderato, Libia ed Europa.
Un network visto da oltre
100 milioni di persone e
ricapitalizzato nel 2008,
dalla strana coppia, fino a
un considerevole 50% finale. Ma Tarek è ormai anche il portale attraverso
cui il premier è nel salotto
buono di Mediobanca, visto che è stato proprio lui
a gestire, insieme a Geronzi, l’ingresso di Marina
Berlusconi in piazzetta
Cuccia. (F.B. e M.P.)
pagina 16
Giovedì 8 ottobre 2009
SECONDO TEMPO
+
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
TELE COMANDO
TG PAPI
La Spectre
non si fida
di Paolo Ojetti
g1
T
Attesa, una giornata di attesa che è passata attraverso tutti i mezzi di informazione e, in particolare, nel Tg1. Bisogna essere sinceri: avendo la Corte cancellato il Lodo Alfano perché illegittimo, tutti coloro che a Saxa Rubra devono
qualcosa a Berlusconi si stanno guardando attorno, valutando quanto ancora possa durare
questo governo e la legislatura. Già circolano i
soliti distinguo (io berlusconiano? Ma scherziamo, sono sempre stato critico). A questo punto
le conseguenze della decisione della Corte
(che, rammentiamo, è inappellabile) sono vistose, ma il Tg1 non le ha affrontate in maniera
esaustiva: che farà Berlusconi? Si ritaglierà un
decreto ad personam in cui, magari, tutti gli italiani il cui cognome comincia per Ber e finisce
per sconi non sono perseguibili, processabili,
indagabili, imputabili? Si attendeva un altro editoriale di Minzolini, ma questa volta il direttore
ha taciuto. Il Tg1 ha dato spazio ad altre smentite di Berlusconi dopo una rivelazione di Repubblica: Non ho chiesto aiuto a servizi segreti
stranieri. Ne siamo certi: parla troppo, la Spectre non si fida.
g2
T
Palma d’oro al Tg2 per sor-
domuti delle 18,12 di ieri
pomeriggio. Maria Concetta Mattei, prima al traguardo e consapevole di avere
per le mani una notizia
esplosiva e, quindi, molto
attenta, ha scandito: “Arriva adesso la notizia che il
Lodo Alfano è stato dichiarato illegittimo dalla Corte
Costituzionale”. Emozionante. Questo, per la
cronaca. I Tg2 successivi hanno poi gradatamente sviscerato quanto accaduto con i cronisti politici di turno: Frullani e Ghelfi. Frullani ha
tenuto a scandire: “Lodo illegittimo perché viola l’articolo 3 della Costituzione, dove siamo
tutti uguali di fronte alla legge”.
g3
T
Diciamolo. Il Tg3 ha mantenuto l’aplomb, ma
rideva sotto i baffi. Nonostante le difese di ufficio e le minacce di ricorso alla piazza, Berlusconi appare oggi, improvvisamente, come
un’anatra zoppa e le reazioni a sua difesa sono
scomposte. Il Tg3 registra quella di Bonaiuti
(continueremo a governare, la sentenza è politica), quella di Bossi (non ci piegheremo, se
cade il governo e si ferma il federalismo, sarà la
guerra) e tutte quelle di coloro che erano andati
a pranzo certi che la Corte avrebbe dato una
mano a Berlusconi. Passa anche una dichiarazione di Bersani, che immagina un Berlusconi
cucinato, bollito e mangiato dai suoi. Allo scontro frontale si sostituisce la politica della sponda, del fiume e del cadavere che transita. Per
coincidenza (veramente?) proprio ieri Montezemolo ha presentato il suo movimento?.
di Nanni
La famiglia
mangia il medico
Delbecchi
paterne a confronto
Fdallaigure
nel family day proposto
fiction del martedì sera.
Su Canale 5 sono giunte
all’apogeo le gesta trucibalde
di Tonio Fortebracci, il picciotto che non deve chiedere
mai, nell’ultima puntata di
L’onore e il rispetto; su Raiuno è invece traslocata armi e
bagagli la tribù del Medico in
famiglia Lele Martini, alias
Giulio Scarpati; una famiglia
così allargata che si è sentito
in dovere di prenderne le distanze perfino Lino Banfi, austero custode della tradizione
fin dai tempi in cui girava La
soldatessa alle grandi manovre e
L’insegnante viene a casa con Edwige Fenech. L’allargamento
c’è; ma il sospetto è che, assai
più della crisi della famiglia,
c’entri quella dell’ispirazione
degli sceneggiatori. I quali,
non paghi dei cinque figli assegnati d’ufficio al separato
Giulio Scarpati, continuano
ad affastellare le puntate di nipoti, nonni, cognati, matrigne, amici d’infanzia con realtivo parentado al seguito, più
un cavallo e due pesci rossi
che si chiamano Bouvard e
Pécuchet.
Nomi questi ultimi assai azzeccati, vista la quantità industriale di luoghi comuni ripas-
sati in chiave disneyana. C’è
stato perfino un terno secco
prima vinto, e poi perduto da
nonno Libero grazie al morto
che parla (mentre anche
Eduardo De Filippo, probabilmente, si dava da fare nella
tomba). E se fervono i preparativi per il Natale nell’enorme Mulino bianco che è diventato la villetta dei Martini,
in compenso è quasi sparito
ogni riferimento ospedaliero.
Il dottor Lele non esercita più;
però ha fatto breccia su due
giovani e belle pretendenti in
lotta tra loro. Una gestisce
una cioccolateria; l’altra, a
sua volta dottoressa, si abbevera ai suoi consigli paterni.
Quale delle due la spunterà?
C’è da non dormirci la notte.
Un medico in famiglia è imperniato sul doppio eroismo
di Scarpati (come attore e come personaggio) e sui siparietti stile Sandra e Raimondo
tra Milena Vukotic e Lino Banfi; niente fa più Mulino bianco
di un nonno con l’accento pugliese.
Così la famiglia si è mangiata il
medico; eppure gli spunti dati dalla realtà ospedaliera non
mancherebbero; e quelli sì
che sarebbero di una certa
Un’icona dei “favolosi” anni ‘70 e
di tanti film cult, l’attrice tunisina,
oggi produttrice, Edwige Fenech
originalità. Ma la fiction di casa nostra, lo sappiamo, non ha
molta simpatia per il mondo
esterno; preferisce bunkerizzarsi in casa e chiudere la porta a doppia mandata. L’abisso
che la separa dalla fiction made in Usa si vede a meraviglia
nel confronto tra il medico
più amato dagli italiani e il medico più amato nel resto del
mondo, il dottor House.
Emblema di questi tempi tetri
e nevrotici, dove è ignota perfino l’influenza, House è
un’incarnazione della lotta
contro il male di stampo melvilliano, l’ospedale è la sua baleniera, ed è l’eroe più solo
della storia della tv. Lele Martini, al contrario, ci trasporta
su una nuvoletta rosa fatta di
marzapane e orecchiette alle
cime di rapa; è il personaggio
più buonista a memoria di telespettatore dopo Topo Gigio
e la sua spola tra test di gravidanza, asili nido e colpi di
fulmine gronda un rassicurante, zuccheroso provincialismo. Povero Lele: non va più
in ospedale ma è quasi impossibile sradicarlo dalla cucina.
Farà carriera lo stesso, ma a
modo suo. Non certo nella ricerca (dove peraltro non ci
sono i fondi). Però gli è appena arrivata la grande notizia: anche lui diventerà nonno.
Giovedì 8 ottobre 2009
pagina 17
SECONDO TEMPO
MONDO
Tutti spiati
per sette anni
utto spiati. Dal 2001 fino
Tnostri
all'inizio del 2008. Tutti i
dati su Internet schedati: messaggi di posta elettronica, chat, password –
comprese quelle del conto in
banca. Ma non solo. Anche le
navigazioni, tutti le cronologie dei siti visitati, persino le
ricerche sui motori di ricerca.
I maggiori gestori telefonici
italiani, Telecom, Vodafone,
H3G, Wind, dal 2001 e al 2008
hanno conservato in archivi
digitali i dati di tutti gli italiani
che utilizzano Internet. É stato Vittorio Zambardino su Repubblica.it a darne notizia riportando le dichiarzioni di
Cosimo Commella dirigente
dell’authority: “Il pretesto - le
parole del dirigente - era che
bisognava tenersi pronti per
rispondere alle richieste dell'autorità giudiziaria. Ma raccogliere dati personali in quel
modo e con quella rozzezza
espone gli stessi investigatori
ad errori e valutazioni sbagliate”.
Questa incredibile schedatura è terminata il 24 gennaio
2008 con un provvedimento
del Garante della Privacy
Francesco Pizzetti. Ma la notizia è venuta fuori solo ieri, in
un seminario a Roma presso
la sede dell'autorità alla quale
presenziavano anche Pizzeti
e Stefano Rodotà, l'ex presidente dell'authority. L'ingegnere Cosimo Commella ha
aggiunto: “Non mi spiego
perché il nostro provvedimento del 2008
che mise fine a
quella situazione fu
sostanzialmente
ignorato dai giornali”. Ed effettivamente si trovano
numerosi lanci di
agenzia del periodo.
Ma rimangono vari
dubbi e un interrogativo fondamentale: le informazioni
sono state distrutte? Il funzionario
dice “che non ha
motivo di ritenere
che non lo siano
state”.
Una risposta non sufficiente.
Aspettiamo dei chiarimenti
ufficiali dal Garante per la Privacy.
WEB
di Federico
è UN SENSO A QUESTA MELA
UNA NUOVA CAMPAGNA DI BERSANI
Mello
è IL LODO ALFANO SU FACEBOOK
IL TAM TAM È IMMEDIATO
Facebook subito scatenato per la bocciatura
del Lodo Alfano. Si respira un clima di euforia
tra i profili pubblici. “Tutti alle 21.00 sotto la
statua del Nettuno a festeggiare” scrive un
utente di Bologna. Un altro utente pubblica
un video di pochi secondi che diventa subito
virale : “E vai, ma vieni” urla con le braccia al
cielo, e parte il coro. Aggiorna il profilo anche
il sindaco di Bari Michele Emiliano che
pubblica il suo video di una sua ospitata di ieri
e aggiunge: “ l'aveva detto, ieri, a Rai2, che il
lodo Alfano non era costituzionale...”.
Effettivamente video “canta”.
“Penso che il consenso sia come una mela
attaccata al ramo: viene giù quando c'è un cestino
nuovo che la prende su”. Questa frase di Bersani
a Ballarò è diventata una vera e propria campagna
su bersanisegretario.it: “Cogli la mela insieme a
Bersani, manda una tua foto con la mela”. Nel
sito ci sono già una ventina di bersaniani
immortalati con il frutto. Si tratta di
collaboratori del candidato, ma si attendono
anche le adesioni dei sostenitori. Per trovare,
tutti insieme, un senso a questa... mela.
DAGOSPIA
BRUNETTA OLIMPICO
L'idea di ospitare le
Olimpiadi eccita il cervello
del napoleonico Renato
Brunetta che non vede
l'ora di mandare a casa
Massimo Cacciari e di fare
il sindaco sulla Laguna. Il
rutilante ministro che è diventato il microfono armato di
papi-Silvio, si rende conto della fragilità di Venezia e sul
"Corriere della Sera" dichiara la sua noia per una guerra di
campanile che dovrebbe essere risolta spalmando le Olimpiadi
tra Roma e la città che lo ha visto crescere (soprattutto nel
potere). Accanto a lui si eccita anche il Governatore Galan per il
quale cavalcare la battaglia dei Giochi vuol dire mettere un punto
fermo sul rinnovo del suo mandato alle prossime regionali.
In questo clima di euforia il padovano Galan ha rinunciato ad
accompagnare a New York la folta delegazione di veneti che in
questi giorni promuove la regione nella Grande Mela. Senza
badare a spese la delegazione ha organizzato un incontro con il
sindaco Bloomberg e un grande Gala per sabato sera al Waldorf
Astoria.
Un utente esulta su Facebook,
il lettore Kindle, la mela di Bersani,
Sarx88 per Dagospia
GRILLO DOCET
70.000 NEGOZI SENZA
SCUDO FISCALE
I negozianti devono
pretendere
l'uguaglianza fiscale
di fronte alla legge.
Se i grandi evasori pagano
il 5% per lo Scudo Fiscale, anche il
commercio al dettaglio deve avere un'aliquota
massima del 5%. Altrimenti, come dice Mavalà
Ghedini, la legge è uguale per tutti, ma l'applicazione
è diversa. Macellai, cartolai, fruttivendoli, droghieri,
pizzicagnoli e panettieri allineate le vostre tasse dei
negozi a quelle sui capitali mafiosi. Seguite il consiglio
di un mio amico di Reggio Emilia:
"Hai parlato di sciopero fiscale. Beh senti questa. Me
ne parlava un amico un'ora fa. Sua moglie
commerciante con negozio a Parma è incazzatissima
per lo scudo fiscale. Entra una signora telerimbambita
ed inizia la manfrina: "Ma ha visto che scandalo
Annozero? Devono chiudere quella
trasmissione, comunisti, assassini, povero
Silvio...bla,bla"... Lei ascolta non dice niente ed
alla fine dopo che la cliente ha pagato le dice:
"Signora oggi ho deciso. Non le faccio lo
scontrino dal momento che tanto 300 miliardi
di euro di evasione fiscale Berlusconi li ha
condonati. Quindi ora anche io lo faccio. Che ne
dice?" La cliente telerimbambita è rimasta
inebetita... è andata in tilt non sapeva che dire... ed
è uscita con la coda tra le gambe dicendo: "Eh si,
forse ha ragione...".
E se organizzassimo la diffusione di una protesta di
questo genere.
Commercianti
è URANIO IMPOVERITO:
che aderiscono
MUORE UN BIMBO DI 30 GIORNI
e mettono il
LA DENUNCIA DI VITTIMEURANIO.COM
cartello:
Arriva dal blog vittimeuranio.com una
"Oggi non faccio lo
denuncia choc. Un militare che ha prestato
scontrino contro lo
servizio per oltre sei anni in Sardegna,
scudo fiscale che
denuncia la morte del figlio di appena 30
è ARRIVA KINDLE
condona 300 miliari
giorni per un tumore.
IL LETTORE ELETTRONICO
di euro di evasione”.
Nella lettera al blog il militare scrive che il
PER LIBRI E QUOTIDIANI
bimbo era nato con un neuroblastoma a un
Arriva anche in Italia Kindle,
rene . Il decesso del bambino è avvenuto
il lettore elettronico di libri,
alcuni anni fa, ma il padre si è rivolto solo ora
giornali e riviste. Costerà circa 200 euro ed è
al blog. ”Un bellissimo bimbo - spiega - avuto
già prenotabile sul sito di Amazon: le consegne
dopo che io ho operato per lungo tempo nel
inizieranno il 19 ottobre. Kindle assicura una
Poligono sperimentale di Salto di Quirra e
copertura 3G gratuita che permette di scaricare
ho partecipato a tre missioni in Kosovo. Mio
un libro acquistato, in meno di un minuto. Per
figlio é morto subito dopo l’operazione di
ora sono disponibili 200.000 libri e 85 testate di
asportazione del neuroblastoma".
tutto il mondo (tra gli italiani per ora solo il
Ma non è questa l’unica denuncia raccolta
Corriere della Sera e La Stampa). In rete c’è
dal blog. Un ragazzo di Cagliari di 31 anni ha
molta curiosità su comodità e “usabilità” del
scoperto di avere un linfoma di Hodgkin
lettore elettronico. Sul numero di luglio di
dopo aver prestato servizio, tra il 1999 e il
Wired Italia, il giornalista Christian Rocca
2000, nel poligono di Teulada, in Sardegna
(camilloblog.it) ne ha scritto bene: “Le parole
dov’era impegnato a raccogliere bossoli
che appaiono sullo schermo sembrano stampate
dopo le esercitazioni senza nemmeno un
su carta reale e l’impressione è di leggere una
guanto di protezione.
pagina di un vero libro”.
feedback$
è ANTEFATTO.IT
Commenti al post: La
legge è uguale anche per
lui
E' anche merito vostro se
finalmente qualcuno ha osato
dire no a Mr. B. Spero che inizi
una nuova era. Ma chi ora avrà
il coraggio di fare un po’ di
pulizia ??? La Lega propone
l'arresto per il burqua, ma
siamo un paese
fondamentalista ?? Fuori i
buffoni e i lacchè di corte, aria
nuova ci vuole...
Cosa suggerite ?? W ITALIA e il
FATTO libero !!!
Cerchiamo un Obama italiano
per una nuova ecologia e nuovi
"partiti"!
(Claudio)
Godo come un bambino con
un barattolo da un chilo di
nutella. Che bella serata, non
vedo l'ora di vedere Fede e
Minzolini e Gasparri (bisognerà
spiegargli cosa è successo, ma
alla fine capirà ...) e Vespa.
Hahahahahaaaaaaaaa che bella
serataaaaaaaa
Voglio Porta a Porta
subitooooooooooooooooooooo
(Stefano)
Che sia l'Alba di una rinascita!
Finalmente un vero Miracolo
Italiano!
(Iacopo)
E davvero una grande
sensazione sapere che siamo in
molti ad essere felici quando la
giustizia trionfa. E’ altrettanto
bello che esista un giornale
libero, liberisssimo, come il
vostro! Grazie ciao
(Camelia)
Che fosse incostituzionale
l'aveva capito anche il mio
gatto. Che violasse l'art. 3 lo
avevano ammesso ieri perfino
gli avvocati di Mr. B (geniali,
praticamente hanno detto che
sì, viola l'art. 3 ma è giusto
così). Nonostante il mio gatto
e gli avvocati di Mr. B, ben 6
giudici costituzionali (laureati
in giurisprudenza, suppongo)
hanno votato a favore del lodo.
In malafede, spero.
(Paolo)
SIIIIIIIIIIIIII! Tornando a casa in
bicicletta mi veniva da cantare
"han bocciato il lodo alfano,
han bocciato il lodo alfanooo"
mi sembrava che tutti intorno a
me parlassero della stessa
cosa:)
(Michela)
E' la miglior notizia politica che
ricevo da anni! E ora ci
vogliono le dimissioni per il
Berlusca e Napolitano!
(/Angy)
Ho le lacrime agli occhi.
VIVA L'ITALIA, REPUBBLICA
NATA DALLA LOTTA AL
FASCISMO E FONDATA SUI
VALORI DEL LAVORO E
DELL' UGUAGLIANZA.
(Andrea)
Ho atteso con trepidazione
tutto il pomeriggio, poi mio
marito entra in casa con una V
di vittoria dopo un minuto dalla
bocciatura: ho pensato a tutti
quelli che la Costituzione
l'hanno creata e voluta. Sono
emozionata, eppure provo
tristezza nel pensare che siamo
arrivati a questo, fare gli
scongiuri perchè almeno il
senso della costituzione regga
di fronte a Re Mida Silvio.Oggi
finalmente un pò di giustizia!
Grazie!!!
(Micol)
AHAHAHAHAHAHAHAH
(risata liberatoria mista a
isteria). Ride bene chi ride
ultimo!!!!
(Emanuele)
pagina 18
Giovedì 8 ottobre 2009
SECONDO TEMPO
PIAZZA GRANDE
Il mulino bianco e il mulino nero
di Luigi Zoja
etica si allontana, lascia il
posto a statistiche. In Italia, del resto, non è mai
stata particolarmente vicina. Negli Stati Uniti una delle
rubriche più popolari del New
York Times Magazine rimane The
Ethicist di Randy Cohen. I protestanti si confessano direttamente con Dio. Per non parlare
dei rabbini, che spesso litigano
coll’Onnipotente. Insomma,
altrove i problemi morali sono
problemi delle coscienze. La
tradizione cattolica, invece, li
delega a una istituzione esterna, la Chiesa. Così, in Italia la parola “etica” abita più nei testi di
filosofia che nella esperienza
quotidiana.
Ma anche queste differenze
stanno sfumando rapidamente.
Con la globalizzazione modelli
e valori non vengono da Roma,
ma dalla California. Non è vero
che il sacro sia scomparso con
la morte di Dio, proclamata da
Nietzsche nel XIX secolo. Durante il XX secolo, però, è stato
proiettato più vicino: non più
verticalmente, nel lontano cielo, ma come ho provato ad argomentare, orizzontalmente,
sulle masse (coi nazionalismi e i
socialismi). E’ solo con la svolta
del millennio che la proiezione
fuori dal soggetto scompare
davvero: il sacro ci rimane dentro e ci ingorga; divinità è ormai
l’individuo, e ciò che nel suo rito si celebra. In pochi decenni
siamo stati tutti convertiti.
Siamo post-cattolici e post-protestanti, neo-consumisti. Persino post-confuciani. Nel solo
2007, la sola Nokia ha venduto,
nella sola Cina, oltre 70 milioni
di cellulari: che evidentemente
sono più urgenti della copertura sanitaria per chi non può pagare (rinviata al 2020, dopo
quasi tre generazioni di comunismo). L’Asia adora l’acquisto.
Anche l’America Latina. Nel
Messico si consumano 635 Coca Cola per persona all’anno.
Dalla dieta scompaiono le vitamine. Dalle strade chi spreme
frutta. Dalle campagne i frutteti
e gli impieghi degli umili. Arrivano zucchero e obesità. La bibita ha un costo molto minore
L’
La mancanza
di discorso
sul male è il nuovo
male: ecco
perché l’etica
si allontana
e lascia
il posto
alle statistiche
di un succo fresco, ma è venduta a un prezzo molto maggiore,
per pubblicità, confezione e
forte guadagno. L’informazione (nuova Annunciazione del
nuovo Culto) che comunica
questo record mondiale vuole
essere tecnica, moralmente
neutra. Ma il fatto ha permesso
al presidente della Coca Cola
messicana (V. Fox) di diventare
anche presidente del paese,
inaugurando le presidenze post-ideologiche e neo-aziendali.
Emulando un paese dove si arriva alla presidenza dalla televisione, se il consumatore ne beve con avidità messicana.
E’ neutrale il Dsm, che classifica
i disturbi mentali del mondo?
Esso demoralizza, in ogni senso, la sofferenza psichica: finge
sia problema tecnico e non mo-
LA STECCA di INDRO l
Per almeno impedire che
Palazzo Chigi o addirittura il
Quirinale possano
diventare appannaggio di
qualche avanzo di galera
(senza nessuna allusione,
per carità, al Cavaliere),
non c’è, di sicuro, che un
modo: abolire la galera.
Sempre per parlare, si
capisce, per celia, come
nella nostra lingua
conviene fare
quando si cerca di
dire delle cose
serie»
Corriere della sera,
19 giugno 2001
Ah, se fosse
rimasto Prodi
di Rodolfo Brancoli
uanto ha pesato l’avvicinarsi della sentenza nel
processo Mills sullo scioglimento anticipato delle
camere nel 2008? Molto, anzi
moltissimo, se si parte da un dato incontrovertibile: con la prosecuzione della legislatura, non
importa se con il governo Prodi
o con il governo Marini, non ci
sarebbe stato nessun lodo Alfano e Berlusconi sarebbe stato
condannato assieme all’avvocato inglese. Stando all’opposizione, o anche garantendo l’appoggio a un governo istituzionale,
non ci sarebbe stata salvezza. Infatti il tentativo affidato da Napolitano al sen.Marini venne
bocciato, aprendo la strada alle
elezioni.
Q
Perciò, partendo da quel dato di
fatto, e dalla fretta con cui a vittoria avvenuta governo e maggioranza votarono il lodo, si può
tentare una rilettura delle vicende che portarono allo scioglimento del Parlamento e alle elezioni nella primavera del 2008.
Berlusconi, appunto, aveva fretta. Lui e i suoi avvocati sapevano
che la sentenza si avvicinava.
Nella frenetica ricerca della
“spallata” che attraversò tutto il
2007 non c’era solo una legittima sete di rivincita. Bisognava
che le camere fossero sciolte a
gennaio, che si votasse in primavera, che – scontando la vittoria
– il governo si insediasse entro
maggio, che il lodo venisse approvato prima dell’estate. E prima della sentenza.
Ma la strategia delle spallate,
rale, trasformandola in patologia. Solo l’omosessualità, costituitasi in gruppo di pressione, è
riuscita a farsi cancellare dal
Dsm. I depressi, i suicidi, continuano a vergognarsi di esserlo
e a venir stigmatizzati. Non si
mobilitano come gruppo, introiettano l’esclusione decisa
dalla società del successo. Ne
traggono altro motivo per sentirsi, loro, responsabili: per deprimersi e uccidersi. Anche
quando ad avviare il loro crollo
è stata, ad esempio, la perdita
del lavoro, evento di cui sono
non causa ma vittime. Non esistono etiche separate dalla quotidianità. Ci sono idee strane anche sulla psicoanalisi. Molti credono sia una tecnica, moralmente neutra. Invece, è una
moderna edizione del comandamento “non mentire”. In forma psicologica: “non mentire,
non solo agli altri, ma anche a te
stesso”. Esser consapevoli è
ben altro che tecnica. E’ responsabilità interiore e personale: seguendo la distinzione
fatta fra religioni, capiamo perché la psicoanalisi sia nata in
ambienti protestanti ed ebraici,
non cattolici. Consapevolezza
è ben più della semplice conoscenza, della stessa cultura: Hitler (possedeva 16.000 volumi
personali) e Stalin (20.000) erano lettori avidi e, a loro modo,
colti. Ma non conoscevano il
male. Ogni punto di vista conosce gli altri punti, ma non se
stesso. E’ il male epocale, non il
bene, a decidere le sorti del male. Credete che Hitler sia stato
sconfitto dagli alleati eroici e
giusti? Avete visto troppi film di
Hollywood. Hitler è stato annientato dalla sua onnipotenza,
che era una cosa sola col male.
Hitler perseguitava già ebrei e
zingari, e marciava verso il genocidio: ma nessuno gli mosse
guerra per questo. Quando era
ormai padrone dell’Europa, dichiarò guerra anche all’Unione
Sovietica, poi agli Stati Uniti:
cioè alla geografia, che, più onnipotente di lui, si vendicò.
ben educati, che torturano un
coetaneo non più per ideologia, ma per scacciare la noia,
quasi con indifferenza. O guerre civili come quella colombiana: i governativi stanno sconfiggendo i rivoluzionari delle Farc.
Ma sono diventati dipendenti
dal loro stesso populismo mediatico: ogni mese devono esibire (in un circolo perverso che
già rovinò gli americani in Vietnam) camionate di guerriglieri
uccisi. E quando ne mancano?
Quando mancano, si procurano i “falsos positivos”. Con un
annuncio di lavoro fanno accorrere dei poveracci. Li falciano a
mitragliate, li vestono da guerriglieri, li presentano ai mass
media. Fanno numero, spettacolo. I mezzi di comunicazione
non parlano del male: i “nemici” vinti non sono dei morti, sono dei successi. Agli schermi si
chiede intrattenimento: anche
con il sangue, ma senza il male.
Così, accendiamo ogni giorno
la televisione o il computer. Gli
sconvolgenti dati sull’inquinamento e sul Coefficiente di Gini
(incremento della distanza tra
ricchi e poveri) sono il nuovo
territorio morale, che potrebbe
ancora risvegliare indignazione: sarebbero visibili da tutti
con un click, ma la maggior parte di noi non usa internet per
scopi simili.
Questa mancanza di discorso
sul male è il
nuovo male.
Esser circondati dal mulino bianco degli oggetti istituisce il mulino
nero dell’anima.
Umberto
Bossi
(FOTO
EMBLEMA)
e Stalin, però, odiavaHvitàitler
no. Nel nostro secolo, la noè il massacro post-emotivo. Gruppi di ragazzi, spesso
Con la prosecuzione
della legislatura
nel 2008
non ci sarebbe stato
nessun lodo Alfano
e Berlusconi sarebbe
stato condannato
con Mills
malgrado uno shopping furioso
al Senato e raccomandazioni di
divette per far felice qualche senatore, non stava portando risultati. L’ultimo tentativo venne
fatto il 15 novembre, sulla Finanziaria. Berlusconi era così sicuro di farcela, che aveva fatto
organizzare per il 17 e 18 dei gazebo in tutta Italia per raccogliere firme sotto una petizione per
andare subito a elezioni. Fallita
anche quell’ennesima spallata,
si trovò in un angolo, abbandonato anche da alcuni dei suoi alleati. Rilanciò con l’annuncio,
dal predellino di un auto per farsi vedere, che Forza Italia si sa-
rebbe sciolta in un nuovo partito “per raccogliere tutti i moderati in una sola formazione”.
Ma non bastava certo per raggiungere il suo obbiettivo.
Per sua fortuna scattò in parallelo il “soccorso rosso”. E qui le
date sono importanti. Il 9 novembre 2007 Veltroni aveva incontrato Bertinotti per illustrargli la sua proposta di legge, che
prevedeva il proporzionale senza premi di coalizione. E lì prese
corpo quella “separazione consensuale” che verrà ufficializzata a camere sciolte, i due condividendo l’intenzione di sciogliere l’Unione e correre ciascuno per proprio conto. L’11 novembre la proposta di legge diventa pubblica. Il 30 novembre
Veltroni incontra Berlusconi,
proclamando la fine dell’antiberlusconismo, definendo ”importante e utile” l’apertura di
Berlusconi al dialogo sulla legge
elettorale, e affermando di aver
verificato una “convergenza sula necessità di tornare al sistema
proporzionale”. E Berlusconi
conferma che su quella proposta ci sono “francamente buone
probabilità di trovare una inte-
nordisti
É
di Gianni Barbacetto
BARBAROSSA
E “QUEL CRETINO”
B
arbarossa? Non dimentichiamo com’è nato. E finalmente i
Padani hanno la loro fiction. Ce l’hanno i carabinieri, la
polizia, la guardia di finanza, la guardia costiera, i nonni, i
napoletani, le amiche di Papi, i santi, i ciclisti, i salesiani, gli ex
democristiani... Adesso è arrivato anche il “Barbarossa”,
presentato in pompa magna a Milano con contorno di politici
e imprenditori accorsi a rendere omaggio ai Barbari che hanno
ormai conquistato Roma. Dapprima hanno pensato
all’essenziale, e cioè alle poltrone romane da occupare voraci
dopo aver tanto criticato l’occupazione partitocratica. Ora,
satolli, possono pensare anche all’immaginario. Sì, perché ogni
regime per consolidarsi ha bisogno di inventarsi una tradizione,
un passato, un campionario di miti. La Lega, dopo aver provato
con ampolle d’acqua del Po e druidi celtici, adesso sfodera lo
spadone di Alberto da Giussano, in un cupo fumetto
kolossal-splatter messo insieme dal buon Renzo Martinelli e
girato in Romania, per risparmiare sulla produzione
impiegando come manodopera (parola di Martinelli) «lo
zingarume romeno». Un’opera di regime fatta per compiacere
il Bossi che appare anche in qualche scena. L’ha tanto voluto,
questo “Barbarossa”. È stata la politica a pretenderlo, a
esigerlo, a commissionarlo. Vale la pena di ricordare, a questo
proposito, l’irresistibile telefonata tra Berlusconi e il direttore
di Raifiction Agostino Saccà: i due non parlavano soltanto delle
ragazze di Papi da piazzare in Rai.
No, Silvio ricordava al flessibile dirigente del servizio
pubblico che doveva fare anche un piacere al Bossi e alla sua
“soldatessa” nel cda Rai, Giovanna Bianchi Clerici. Silvio:
«Senti, io avevo bisogno di vederti... Perché c'è Bossi che mi
sta facendo una testa tanto... con questo cavolo di... fiction...
di Barbarossa... Puoi chiamare la loro soldatessa che hanno
dentro il consiglio... dicendogli testualmente che io t'ho
chiamato... che tu mi hai dato garanzia che è a posto».
Agostino: «La chiamo subito, presidente».
Silvio: «Chiamala, perché ieri sera... a cena con lei e con
Bossi, Bossi mi ha detto: ma insomma, di qui, di là...».
Agostino: «Allora diciamola tutta, Presidente... Il signor
regista ha fatto un errore madornale perché un mese fa ha
dato un'intervista alla Padania, dicendo che era tutto a
posto perché aveva parlato col Senatur... Il giorno dopo, il
Corriere scrive... che Saccà fa quello che gli chiede la
politica...».
Silvio: «Chi è il regista?».
Agostino: «Il regista è Martinelli, che è un bravo regista,
però è uno stupido, un ingenuo, un cretino proprio... Un
cretino, mi ha messo in una condizione molto difficile,
perché mi ha scritto un articolo sul Corriere della sera e
poi, non contento, Aldo Grasso sul Magazine del Corriere
della sera scrive: il potente Saccà fa quello che gli dice
Berlusconi e basta... Che poi non è vero, lei non mi ha
chiesto mai... Lei è l'unica persona che non mi ha chiesto
mai niente... Voglio dire...».
Silvio: «Io qualche volta di donne... E ti chiedo...
perché...».
Agostino: «Sì, ma mai...».
Silvio: «...per sollevare il morale del
capo...». (Risate)
Ecco.
Quando manderanno in onda il
“Barbarossa”, dovrebbero farlo
precedere dalla registrazione di
questa telefonata.
Così, tanto per ricordare come
nasce un capolavoro.
sa”.
Il 4 dicembre, in una intervista a
Repubblica, Bertinotti liquida
l’Unione e paragona Prodi a “un
poeta morente”. Berlusconi invece è un'altra cosa, gli appare
uno statista pensoso delle sorti
delle istituzioni. Dice nella stessa intervista: “Penso abbia preso atto della crisi del sistema e
della crisi del centrodestra.
Dunque, se rileggo le sue mosse, considero attendibile che
anche lui, stavolta, cerchi un accordo per rinnovare il quadro
politico istituzionale”. Siamo a
gennaio 2008. Il 16 Mastella, indagato, si dimette da ministro
ma garantisce l’appoggio esterno dell’Udeur. Numericamente
non cambia niente. Il 19, in un
discorso a Orvieto Veltroni annuncia però che si è “a un passo” dall’intesa sulla legge elettorale e che comunque “quale che
sia il sistema elettorale, la prossima volta alle urne il Pd si presenterà con le sue liste”. Cioè da
solo. Un commentatore definisce quell’annuncio “l’autospallata” del centrosinistra. Capito il
messaggio, il 21 L’Udeur esce
dalla maggioranza. E’ la crisi, e
Prodi cade al Senato il 24 gennaio. Tempo tre minuti e Bettini, anche lui affermando che
“eravamo a un passo dall’accordo” sulla nuova legge elettorale,
si appella a Berlusconi perché
accetti un governo a termine
per le riforme.
Per le riforme, ma anche per
spostare al 2009, assieme alle
europee, l’appuntamento elettorale in modo da prendere le distanza dalla fallimentare esperienza dell’Unione e dar tempo
al Pd di rafforzarsi. Ci si era bizzarramente autoconvinti che
Berlusconi avrebbe fatto cioè
l’interesse degli altri anziché, logicamente, il proprio. E infatti
tolse subito ogni illusione, dichiarando al Tg5: “Chiederemo
al Capo dello Stato le elezioni,
sperando che possano tenersi al
più presto. Ci opporremo a
eventuali manovre di Palazzo”.
L’incarico a Marini nacque morto, e le camere vennero sciolte.
Tanto peggio per chi si era fidato. Vinte, come era prevedibile,
le elezioni, il 26 giugno 2008 il
consiglio dei ministri approvò il
lodo Alfano, che divenne legge
il 27 luglio.
Giovedì 8 ottobre 2009
pagina 19
SECONDO TEMPO
MAIL
Lo Stato indecente
ci lascia morire
Vi scrivo perché, dopo tanti tentavi, non sono riuscito ad avere
nulla per mia madre, che ha bisogno di assistenza a domicilio.
In tutti i giri per gli sportelli comunali e per le circoscrizioni ho
sempre ricevuto risposte negative.
Ho 48 anni e per assistere a mia
madre ho dovuto perdere il lavoro. Sono disoccupato perché
non potevo lasciare mia madre
senza alcuna assistenza.
In comune mi hanno detto che
non dovevo credere alla pubblicità sugli aiuti agli anziani, perchè non c’è personale, non ci
sono i soldi: queste risposte le
ho ricevute dovunque mi sono
recato. Che Paese è questo? Lo
fanno passare per moderno,
che aiuta i deboli e gli anziani,
mentre la realtà è che ci lascia
soli.
Abbiamo anche ricevuto lo
sfratto e dovete dirmi come
posso fare, essendo disoccupato ,vivendo di pensione di mia
madre, ad arrivare alla fine del
mese. Come posso fare? Il governo deve sapere come vivono
le persone povere. In più, mi
hanno consigliato di rivolgermi
a uno studio legale per questa
pratica dello sfratto. Ma come
posso permettermelo?
Non ho entrate. Ecco alcune
delle patologie di mia madre:
diabete, cardiopatia, sindrome
da immobilizzazione cronica,
anemia etc etc. Ho scritto ad
BOX
A DOMANDA RISPONDO
MESSINA,
COLPA DI BERLUSCONI?
Furio Colombo
7
aro Colombo, i politici adesso
dicono del disastro di Messina:
“l’avevamo previsto”, e dentro di
me continua a morire qualcosa. E’
come rivivere un eterno deja-vu,
toccando con mano, da cittadino
comune, la gigantesca occasione
sprecata dal mio Paese in un
quarantennio di promesse tradite,
opportunità mancate, ripetizione
continua della medesima,
delittuosa superficialità. Danilo
Dolci scrisse che la burocrazia
uccide più del terremoto. Nella
tragedia di Messina, sono certo,
l’immobilismo ha pesato più di
qualche temporale. Recentemente
troppi eventi atmosferici e
fenomeni naturali producono
morti. Siamo destinati ad affondare
nelle nostre contraddizioni?
Marcello
C
CIÒ CHEè accaduto a Messina è
purtroppo una tragica replica. E se la
domanda è: accadrà di nuovo? Purtroppo
la risposta è sì. Dipenderà soltanto dalla
condizioni meteorologiche, fatto tanto
evidente quanto squallido. Ci mette fra le
aree più desolate del mondo. Non tutto il
terzo mondo, ma la parte del terzo
mondo senza governo e senza controlli. E’
giusto dare a Berlusconi e ai suoi valorosi
custodi dell’ambiente italiano tutta la
responsabilità che si meritano. Ma non
La vignetta
possiamo falsificare la storia italiana del
dopo guerra. Giustamente il lettore ricorda
Danilo Dolci,con cui ho collaborato a
raccogliere fondi in America negli Anni
Sessanta. E qui viene la parte di riflessione
che non possiamo evitare. Danilo Dolci, e
la sua gente volontaria che avrebbe voluto
proteggere beni fondamentali e comune
come la terra e l’acqua in Sicilia , era
considerato un nemico dei governi locali,
da quelli nazionali e da ogni altra autorità
italiana. Veniva a cercare ( e trovava) aiuto
in America perché in Italia di aiuto ne
riceveva ben poco, piccoli frammenti di
borghesia e per il resto disinteresse anche
politico. E disprezzo. Dunque anche prima
di Berlusconi, gli agenti del malaffare dello
ambiente italiano, malato gravissimo, sono
due: cattivi governi o, al meglio, governi
assenti, tutti. E una opinione pubblica
totalmente indifferente con poca voglia di
denunciare e nessuna voglia di essere
chiamata in causa. E’ meglio ricordarcene
mentre cola il fango sulla periferia di
Messina. La vere ragioni ( a parte il
tronfio, inutile , offensivo annuncio del
ponte) sono persino più gravi di
Berlusconi. Siamo noi, paese estraneo e
indifferente a se stesso, ciascuno con un
suo progetto privato. Gli altri se la vedano
da soli con i temporali.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Orazio n. 10
[email protected]
quella legge, che senso ha dire
che il presidente del consiglio lo
nomina il Presidente?e poi,non
dovrebbe deciderlo la costituzione se è super o inter, e non
una legge qualunque?
Lele
L’operazione trasparenza
vale solo per noi
Alemanno ma, non ha risposto.
Volete lasciarci morire?
Antonio Trapani
Minacce a Ruotolo,
i giornalisti sono soli
Ho paura per le sorti di questo
Paese. Il sistema che hanno
messo in piedi i nostri politici si
basa sui ricatti, sulle menzogne,
sul coprirsi a vicenda. Eccola
tornata, la Casta. Ricordo di
aver sentito una frase memorabile del presidente emerito
Francesco Cossiga: “In Italia,
per fare carriera nella politica,
bisogna essere ricattabili”. L’intervistatore gli chiese: “Che dice, presidente ? Intende che non
bisogna essere ricattabili, vero?”, ed ecco arrivare, nella risposta, la verità: “No, bisogna
esserlo. Se non lo sei, ti temono.
Non ti lasceranno mai scalare le
vette. Non sarai mai nessuno.
Tutti sono ricattabili”. E così fu.
la restrizione degli spazi di libertà (e di onestà) è spaventosa.
Non c’è più indipendenza, quan-
do c’è la si riconosce al volo: le
poche menti libere sono costantemente attaccate, con violenza, con ferocia. Sono massacrate. Ho saputo che il giornalista Sandro Ruotolo è stato minacciato di morte. Lo stesso Michele Santoro ha ricevuto parecchi avvertimenti nella sua vita, oltre agli attacchi frontali. I
giornalisti perbene vengono seguiti, spiati, tormentati, minacciati e a volte aggrediti. E nessuno si ribella.
Caterina
Se Berlusconi
è sopra la legge
Scusate l’ignoranza (giuridica),
volevo fare una domanda: in che
modo la legge elettorale eleva il
presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi al di sopra delle leggi? Non ho votato Berlusconi,
anche perchè non ho votato Pdl.
Poi, se è "primus super pares"(...il mio latino è un po' arrugginito, ma non mi convince
molto come frase...)grazie a
Sono un Dirigente Medico
ospedaliero che lavora solo in
Ospedale, libera professione
compresa. Nell'ambito dell'
"operazione trasparenza" del
prof. Brunetta sono stato costretto a pubblicare il mio curriculum on-line , cosa che ho
fatto volentieri. Non ho invece
affatto gradito di dover pubblicare on-line anche la mia busta
paga lorda. Essendo un dipendente a stipendio, cosa ci può
essere di poco "trasparente"
nella mia busta paga? E perchè
pubblicarla lorda quando me ne
trattengono quasi la metà in tasse alla fonte? Inoltre è utile divulgare notizie che potrebbere
interessare anche a malintenzionati? Ma quello che proprio
non mi va giù è che, in contemporanea con questa "trasparenza" imposta ai pubblici dipendenti, lo stesso governo di cui fa
parte il ministro Brunetta emani
il cosidetto scudo fiscale, tutelando i malfattori con l'anonimato! Non le sembra che ci sia
qualcosa di poco "trasparente"
in tutto ciò?
Enrico
Siamo tutti Franco Conte,
disoccupati e senza speranze
Ho letto la lettera del signor
Franco Conte che avete pubblicato sul tema della disperazione
IL FATTO QUOTIDIANO
via Orazio n. 10 - 00193 Roma
[email protected]
da mancanza di lavoro e prospettive. Mi permetto di intervenire. Purtroppo, e lo so anche
per esperienza diretta, il problema di Franco è comune a moltissime persone, pur non avendo rilevanza sociale. In Italia esiste un dramma taciuto e nascosto, quello delle persone intorno ai 40-45 anni che perdono il
lavoro e non vengono più ripresi
in considerazione dalle aziende,
diventando “troppo vecchi per
lavorare e troppo giovani per la
pensione”. In questa situazione
l’Istat stima che ci siano quasi un
milione di persone e la maggior
parte di queste non ha diritto a
nessun ammortizzatore sociale.
Noi siamo l’unico paese europeo che insieme alla Grecia non
prevede nessuna forma di reddito per chi, dall’oggi al domani,
perso il lavoro, si ritrova con
moglie e figli e un mutuo da pagare. Secondo l’ultimo rapporto di monitoraggio del ministero del Lavoro, gli ammortizzatori sociali coprono solo il 31%
dei disoccupati, con sussidi di
varia natura. Gli altri devono arrangiarsi. Questo dramma deve
venire alla luce.
Stefano Giusti
Colleferro, il Tg1
e la scomparsa dei fatti
Buongiorno, voglio sottolineare la grave assenza della copertura del Tg1 riguardo alla manifestazione svoltasi ieri presso
l'Alstom di Colleferro. Certo,
non è la prima volta che il Tg1
buca una notizia (mi riferisco
ovviamente alla mancata messa
in onda dello scandalo delle
prostitute a palazzo Grazioli,
se non per smentire una notizia, mai data!). Questa volta
però tutti gli altri organi di informazione nazionali hanno
dato la notizia, e anche numerossimi telegiornali europei e
non solo (quelli francesi, tedeschi, spagnoli, americani, Cileni, ecc.). Il Tg1, il principale te-
IL FATTO di ieri8 Ottobre 1786
Sono molte le ragioni che indussero Goethe, nel 1786, a
intraprendere il suo viaggio in Italia, straordinaria
esperienza culturale e sentimentale , diventata saggio,
romanzo,diario autobiografico solo trent’anni dopo, con la
prima stesura del 1816. Innamorato dell’Italia,della sua
lingua, della sua arte,del suo paesaggio, Goethe,
insofferente per gli incarichi affidatigli dal duca Karl
August e in pieno disagio esistenziale, parte in gran
segreto da Weimar verso “il paese dove fioriscono i
limoni”,luogo predestinato per quella che chiamerà la sua
“Wiedergebur t”, la rinascita. Dei due anni di avventure
itineranti in terra italica, resteranno passaggi memorabili,
turbamenti estetici, suggestioni pre-romantiche che ancor
oggi ci affascinano. Come quelle su Venezia alla quale, in
un appunto dell’8 ottobre 1786 Goethe dedica questo
tenero frammento “…quando, attraversando la laguna nel
fulgore del sole, vidi spiccare sui profili delle gondole l’agile
guizzo variopinto dei gondolieri…vidi il più bello, il più vivo
quadro di scuola veneziana…tutto era come dipinto chiaro
su chiaro e l’onda schiumosa e gli scintillii che vi
balenavano erano gli indispensabili tocchi di rifinitura”.
Giovanna Gabrielli
L’abbonato
del giorno
GUIA CARLOMAGNO
Guia ha 25 anni, dopo la
laurea triennale in scienze
internazionali si è iscritta a
giurisprudenza. Abita a
Rovigo, dove Il Fatto non
dovrebbe arrivare ma “in
realtà ho scoperto che in
alcune edicole si trova”. Ci
racconta che “ho sempre
letto Repubblica, è quindi
con stupore che ho
scoperto di non sentirne la
mancanza. Finalmente non
sono più
costretta
a
sorbirmi
articoli
fatti solo
di
dichiarazioni
di politici”.
Raccontati e manda una foto a:
abbonatodelgiorno@
ilfattoquotidiano.it
Diritto di Replica
Michele Santoro,
la Costituzione e la terzietà
Caro Luca Telese, nell’inter vista che mi hai fatto ieri, hai
rispettato il senso delle mie
parole ma le hai riferite con
una imprecisione. Poiché tanto più dure sono le nostre polemiche tanto più abbiamo il
dovere di essere precisi, in
merito alla composizione
dell’Agcom mi corre l’obbligo
di una puntualizzazione. Nelle
biografie dei nove membri che
compongono l’Agcom se ne
contano sei caratterizzate da
militanza politica. Tre sono
stati sottosegretari di Governo e parlamentari, due sono
ex parlamentari, uno ex assessore e sindaco. Il presidente,
poi, è stato capo di Gabinetto
in vari ministeri: Bilancio, Mezzogiorno, Sanità eccetera eccetera. Sempre per la precisione vorrei aggiungere che la
Costituzione impone il principio di terzietà per le Autorità
amministrative, quale appunto
è l’Authority per le Garanzie
nelle Comunicazioni (che non
è un organo giudiziario).
Michele Santoro
legiornale del servizio pubblico
italiano, si distingue nell'essere
l'unico a non riportare la notizia nell'edizione delle 20.00.
Tale scelta ci danneggia sia come dipendenti della suddetta
azienda, che come utenti del
servizio pubblico. La chiusura
del sito di Colleferro implica
che centinaia di famiglie saranno in grossa difficoltà e che il
tessuto industriale della zona
s’impoverirà, nonchè la perdita
di tutto il know-how accumulato in 70 anni di attività. Questa scelta editoriale, risulta
particolarmente inappropriata.
La famiglia Doris
primo azionista
Massimo Greco
Roberto Scippa
A seguito della notizia apparsi
ieri sul “Fatto Quotidiano” a
pagina 8, vi informo che il primo azionista di Mediolanum è
la famiglia Doris con il 40,9%.
Il 29% di cui parlate è la quota
riportata dal sito della Consob e fa riferimento alla sola
persona di Ennio Doris il quale, dal 1982, guida e gestisce
direttamente tutta l’operatività del Gruppo. Il gruppo Fininvest con quasi il 36% è il
secondo azionista. Distinti
saluti,
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