Fatto Quotidiano
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Fatto Quotidiano
Ci sono giorni difficili quando prevale la rassegnazione e viene voglia di dire è tutto inutile. Ma oggi è un bel giorno y(7HC0D7*KSTKKQ( +}!=!"!"!: www.ilfattoquotidiano.it € 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Giovedì 8 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 14 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 BERLUSCONI TORNA IMPUTATO LA CORTE NON SI È FATTA INTIMIDIRE Lui rabbioso attacca anche Napolitano GODO ALFANO GRAZIE UMBERTO di Marco Travaglio n questo momento di gioia irrefrenabile per i sinceri democratici, un pensiero di gratitudine va al vero vincitore della giornata di ieri: Umberto Bossi. Il vecchio Senatur, pur acciaccato, non tradisce mai. Da due giorni la Corte costituzionale discuteva animatamente se la legge fosse uguale per tutti o solo per qualcuno: un po' come se un convegno di matematici dibattesse su quanto fa 2+2 e qualcuno proponesse un onorevole compromesso a 3 e mezzo. Per salvare capra e cavoli, Palazzo Grazioli e Quirinale. Al Tappone e Al Fano si eran pure portati a cena due ermellini. Poi avevano sguinzagliato l'Avvocatura dello Stato, pronta a coprirsi di ridicolo pur di difendere una legge incostituzionale. Cicchitto s'era levato il cappuccio, spettinandosi i boccoli, per organizzare una marcia su Roma pro-impunito. Littorio Feltri chiamava a raccolta i lettori per una colletta ai bisognosi Fininvest. Il duo comico Pecorella & Ghedini, i Gianni e Pinotto del diritto e soprattutto del rovescio, collezionavano un'altra figura barbina sostenendo che l'Utilizzatore Finale è un “primus super pares”: il più alto fra i bassi. Mancava solo Giampi Tarantini, momentaneamente ristretto, nel collegio difensivo. Insomma il pateracchio sembrava inevitabile. Poi è entrato in scena Umberto B., che Dio lo benedica. Ha chiamato alle armi il popolo padano, compresi galli, celti, cimbri e teutoni. A quel punto anche qualche ponziopilato in ermellino s’è guardato allo specchio: “Ma porc@#§%&$£! Possibile arrivare a 90 anni di onorata carriera per farsi minacciare da uno che inneggia a Odino, brandisce fuciletti a tappo e ampolle di acqua fetida, si pulisce il culo col Tricolore e si crede Alberto da Giussano? Che diranno i nostri nipoti? Che scriveranno i libri di storia? Che ce la siamo fatta sotto e abbiamo devastato la Costituzione, rinnegando tutto quel che abbiamo studiato e insegnato per una vita, per salvare le chiappe a un puttaniere corruttore che ne ha combinate di tutti i colori e poi è andato in politica per farle pagare a noi?”. urlo di battaglia dell'Umberto, astutamente studiato a tavolino e piazzato lì nel momento del bisogno, ha fatto pendere la bilancia dalla parte giusta. Ha dato coraggio ai pavidi e li ha spinti al colpo di reni. Altro che Pd: i diversamente concordi non avevano voluto nemmeno firmare il referendum. Ma là dove non poterono i pidini, potè l'Umberto. E' lui il Gran Visir che congiura contro il premier, evocato da Calderoli. Oggi come nell'ottobre del '93, quando fu decisivo per abrogare l'autorizzazione a procedere. Castelli, Maroni e Bossi tuonarono a una voce contro l’“inaccettabile degenerazione dell’immunità parlamentare… trasformata in immotivato e ingiustificato privilegio”, con “conseguenze aberranti”, trascinandosi dietro Fini, Gasparri e La Russa che aggiunsero sdegnati: “L’uso dell’immunità è visto dai cittadini e dai giudici come uno strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia”. Nel '94 il replay, quando Bossi, sempre in tandem con Fini, costrinse il Cainano a ritirare il decreto Biondi che scarcerava corrotti e corruttori. Poi, a fine anno, gli rovesciò il governo. E ora dà un contributo decisivo a smantellare il Lodo Al Nano e a restituire il premier al suo habitat naturale: il Tribunale. Grazie, Umberto. I L’Italia che resiste di Antonio Padellaro dc rima di tutto, un grazie riconoscente ai nove giudici della Corte Costituzionale che hanno detto basta all'impunità di uno soltanto. Stabilendo una volta per sempre (speriamo) che nessuno in questo Paese può essere dichiarato, per legge, superiore alla legge. Nessuno, nemmeno il padrone più potente e il premier più arrogante. Probabilmente, la vera storia delle lusinghe, delle promesse e delle minacce che i giudici della Consulta hanno dovuto sopportare non la conosceremo mai. Mentre sulla disinvoltura di altri giudici sorpresi a cenare cordialmente insieme a colui che dovevano giudicare sappiamo già tutto. Attenzione però alle prime dichiarazioni di Berlusconi e delle sue teste di cuoio. Se il premier dice che la Corte è “di sinistra”, come i giornali, la magistratura e perfino lo stesso Napolitano, che pure il lodo Alfano ha firmato. Se aggiunge: “mi fanno un baffo”, mostrando il solito alto rispetto per le istituzioni. Se il pittbull Gasparri afferma che da oggi quella stessa Corte “non è più un organismo di garanzia ma politico”. Se Bossi chiama a raccolta la piazza ed evoca la guerra civile. Se, insomma, la destra delle teste di cuoio scatena i suoi bassi istinti, significa che giorni più aspri ci attendono. Sembra chiara l'intenzione di spaccare e dividere l'Italia più di quanto non lo sia già chiamando tutti a un referendum pro o contro Berlusconi. E non soltanto nelle urne, come sarebbe legittimo. Il timore è che il continuo straparlare di golpe e di farabutti, che le accuse di comportamenti “antinazionali” preludano a qualcosa che sta ma- P turando nella testa di qualcuno e di cui l'annunciata manifestazione “spontanea” di popolo potrebbe essere il detonatore. Non illudiamoci. La senteza della Corte ha soltanto stabilito una linea di demarcazione. Sappiamo cosa c'è di qua. l'Italia pronta a difendere la sua co- stituzione e il principio di uguaglianza. L'Italia onesta che disprezza evasori e bancarottieri. L'Italia che non si nasconde dietro gli scudi e i privilegi. L'Italia che chiama ladri i ladri. L'Italia che non si fa intimidire. L'Italia che finalmente ha detto basta. REAZIONI x Soddisfatti Pd e Italia dei Valori La destra nel panico Bossi chiama alla guerra Raffica di vertici a Palazzo Udi Luca Telese Grazioli. C’è chi invoca la piazza, chi le urne pag. 2-3-4-5-6 z BRUNETTA: “CONTRO NOI UN GOLPE” l ministro della Funzione Ilusconi Pubblica all’attacco: “Berè il leader. Ogni altra via è un golpe”. pag. 5 z CATTIVERIE Il premier: “Mi verrebbe da lasciare l'Italia”. Ma sappiamo che è uno che non cede alle tentazioni. (www.spinoza.it) L' pagina 2 Giovedì 8 ottobre 2009 Uguaglianza dei cittadini e leggi costituzionali S LA SENTENZA ono due gli articoli della Costituzione italiana per la violazione dei quali la Corte costituzionale ha bocciato ieri il Lodo Alfano. Il primo, l’articolo 3, è inserito nei principi fondamentali e recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. L’articolo 138, invece, fa parte del Titolo VI “Garanzie costituzionali” e prescrive: “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. (...)”. C’È GIÀ L’EXIT STRATEGY Pronta una legge ad personam che toglie il valore di prova alle sentenze passate in giudicato di Peter Gomez l piano B, quello che non gli farà evitare i suoi tre processi, ma almeno lo metterà al riparo dal rischio di una condanna per corruzione giudiziaria, è scattato non appena dalla Consulta è arrivata la (per lui) ferale notizia: il lodo Alfano era stato bocciato. È stato in quel momento che gli uomini di Silvio Berlusconi hanno deciso di tirare fuori dalle secche della commissione giustizia, dove era impantanata da mesi, una norma finora nascosta tra le pieghe della riforma del codice di procedura civile. Una legge ad personam, l’ennesima, che toglie il valore di prova alle sentenze già passate in giudicato. Quando sarà approvata, e c’è da giurarci che lo sarà, i tempi di centinaia di dibattimenti si allungheranno a dismisura. E tra questi c’è anche quello per la presunta mazzetta da 600.000 dollari versata dal Cavaliere per comprare la testimonianza dell’avvocato inglese David Mills. L’idea della legge nasce infatti all’indomani della decisione del tribunale di Milano di stralciare la posizione di Berlusconi da quella del suo coimputato. Eravamo nell’autunno del 2008. Il processo al premier andava sospeso a causa del Lodo e quindi il collegio aveva deciso di procedere solo contro il presunto corrotto. In febbraio Mills era stato così condannato a 4 anni I e mezzo di carcere e, a quel punto, il problema era diventato evidente. Quel giorno gli avvocati-parlamentari Niccolo Ghedini e Piero Longo si accorgono che il Lodo ha una falla. Grave. Comunque fosse finita davanti alla Consulta il processo contro il premier sarebbe prima o poi ricominciato. E il rischio che ripartisse (o si concludesse) quando ormai l’eventuale condana in cassazione del legale inglese era già diventata definitiva, sembrava altissimo. Non per niente l’appello contro il solo Mills comincerà già domani ed è prevedibile che duri pochissimo, rendendo così scontata una pronuncia della suprema corte nei primi mesi 2010. Un bel guaio per Berlusconi. Perché con le norme in vigore il giudice del processo all’imputato Berlusconi, dovrebbe solo limitarsi a stabilire se il premier ha dato o meno l’ordine di pagare Mills. Il dibattimento sarebbe insomma rapidissimo. Perché il fatto storico - cioè la mazzetta versata dalla Fininvest all’avvocato inglese sarebbe già provato dall’eventuale sentenza, o di condanna o di prescrizione, in terzo grado. La legge attuale finisce dunque per mettere il premier in un angolo. La strategia processuale di Berlusconi, infatti, non può che essere quella di sempre. Chiedere che vengano ascoltati centinaia di testimoni, domandare lunghissime nuove peri- Milano, 05 maggio 2003, Processo Sme, Silvio Berlusconi durante la sua dichiarazione spontanea (FOTO EMBLEMA) zie sulla rete di conti esteri gestiti da Mills, far saltare un’udienza dopo l’altra sollevando una serie di legittimi impedimenti parlamentari suoi o dei suoi avvocati. Insomma puntare alla prescrizione. In fondo il Cavaliere non deve non resistere molto. Un’apposita legge, la ex Cirielli, approvata dal centro-destra nel 2005, proprio quando Berlusconi scoprì di essere indagato per il caso Mills, ne ha dimezzato la lunghezza: se il processo contro di lui cominciasse settimana prossima (ma non sarà così) il premier nel giro di circa due anni la farebbe franca. Ventiquattro mesi sono un niente se la norma che toglie alle sentenze il valore di prova sarà approvata. Sono invece pochi, ma forse sufficienti per arrivare fino alla cassazione, se la legge non viene cambiata. Il futuro giudiziario e politico del premier si gioca insomma sul filo dei giorni, anzi delle ore. Berlusconi ha bisogno di tempo. E già domani, quando comincerà l’appello contro il solo Mills, la strategia diventerà evidente. L’avvocato Franco Cecconi, affiancato all’ultimo momento da Alessio Lanzi, un tempo difensore di Fedele Confalonieri e altri uomini Fininvest, chiederà il rinnovo del dibattimento e una perizia sui flussi finanziari esteri del proprio assististo. E tra le sei persone che Mills vuole portare a testimoniare c’è pure il premier. Berlusconi, che in primo grado si era rifiutato di farsi interrogare, ora dovrebbe raccontare tutti i retroscena di almeno tre incontri avuti, secondo la sentenza di condanna, con l’avvocato inglese. Faccia a faccia, avvenuti anche ad Arcore nel 1995, in cui il Cavaliere promise a Mills 10 miliardi di lire, poi versati, se solo avesse dichiarato di essere il proprietario di una serie di off shore della Fininvest, utilizzate dal Biscione per controllare - di nascosto e in violazione della legge antitrust- la tv criptata, Telepiù. In aula, insomma, sarà battaglia. E lo stesso accadrà nel processo per i cosiddetti diritti Mediaset. Qui il dibattimento era stato sospeso causa Lodo per tutti gli imputati e la prescrizione aveva falcidiato buona parte dei capi d’imputazione. Ma in ballo adesso c’è pure l’onore del premier. Difficile pensare che i media nei prossimi mesi non lo seguano con attenzione. Il rischio è che gli Italiani si rendano conto di come Berlusconi sia accusato di aver “rubato” decine e decine di milioni di euro agli azionisti di Mediaset, gonfiando a dismisura il prezzo di acquisto di film e programmi televisivi. Un po’ lo stesso reato ipotizzato contro di lui nell’indagine Mediatrade, ormai arrivata al deposito degli atti. Un procedimento in cui il capo del governo dovrà spiegare se davvero per quasi trent’anni ha avuto come socio occulto Frank Agrama, un libanese, naturalizzato americano, divenuto talmente ricco grazie all’amico da nascondere sui suoi conti svizzeri circa 100 milioni di euro. E anche questi, secondo l’accusa, erano soldi rubati. L’analisi di Lorenza Carlassare* a Costituzione ha vinto. LtieriL’articolo 3, malvolenapplicato dai gover- La Costituzione ha vinto nanti, è stato spesso in gioco anche quando si è trattato di valutare la conformità alla Carta di leggi recentissime: il lodo Alfano, sottoposto al giudizio della Corte per violazione del principio di eguaglianza di fronte alla giurisdizione che non consente privilegi per le alte cariche dello Stato, ieri è stato dichiarato illegittimo. Per lo stesso motivo il lodo Schifani era stato dichiarato illegittimo nel 2004. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”: così inizia l’articolo 3. L’eguaglianza, vessillo delle rivoluzioni settecentesche vola da un continente all’altro - dalle ex colonie inglesi d’America (1776) alla Francia (1789) - e sta ora alla base delle democrazie costituzionali di tutto il mondo. Non c’è più “per nessun individuo, privilegio, né eccezione al diritto comune di tutti i francesi” stabiliva la Costituzione del 1791: l’eguaglianza di fronte alla legge vieta sia le discriminazioni sia i privilegi. Ma è sempre vero? alore condiviso, l’eguaglianza ha percorso un difficile cammino insidiata da interessi potenti: nella stessa Francia della rivoluzione, la borghesia, arrivata al potere, non volendo dividerlo con altri, escluse subito che tutti avessero il diritto di votare. Nell’esperienza italiana l’eguaglianza perse ogni valore duran- V te il fascismo. Le violazioni furono continue. Alle discriminazioni contro i non iscritti al partito, contro le donne e i celibi, seguirono le discriminazioni drammatiche nei confronti dei cittadini di razza ebraica, sottoposti a limiti o esclusioni in tutti i settori: dai diritti politici alla scuola, dalle professioni all’attività industriale e commerciale, fino alla sfera privatissima della libertà di sposarsi. Oggi, eliminata dalle norme (da quasi tutte almeno), la diseguaglianza resiste nei fatti non essendosi realizzato il programma sociale che la seconda parte dell’art.3 prevede. Neanche il “privilegio” è morto: chi è al potere tende ancora a risuscitarlo per sé. L’articolo 3 stabilisce il principio generale di eguaglianza dei cittadini di fronte all’ordinamento, e, insieme, vieta alla legge di dar rilievo a determinate caratteristiche o situazioni: sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. La legge che, nonostante il divieto, le ponga a base di una disciplina differenziata sarà sempre illegittima, salvo che la Costituzione stessa lo consenta (come ad esempio all’articolo 6: “la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”). Quando invece non siano in gioco sesso, razza o altre situazioni elencate, il discorso è diverso. La legge non deve trattare tutti all’identico modo, ma deve tener conto delle situazioni differenti: una mi- sura a favore dei soli invalidi, ad esempio, non sarà un privilegio, e chi non è invalido non potrà pretendere di usufruirne. Vietate sono soltanto le differenze “ingiustificate”, in tutti i settori dell’ordinamento. L’ampia sfera di applicazione del principio di eguaglianza spiega perché la violazione dell’articolo 3 sia il motivo più frequente di incostituzionalità delle leggi. Di fronte all’inerzia del legislatore, spesso lunghissima e ingiustificata, il contributo della Corte costituzionale è stato determinante per eliminare norme del passato (sulle libertà, sul processo penale, sul diritto di famiglia, sull’accesso ai pubblici uffici, ecc.). 3, comma 2. Nella realtà i cittadini Ade rticolo non sono eguali e la Costituzione ne prenatto: i profondi dislivelli economici, culturali, sociali che li dividono devono essere ridotti perché si realizzi un minimo di omogeneità sociale indispensabile al funzionamento della democrazia. Nel primo comma si tutela la persona e la sua dignità - tutti i cittadini hanno “pari dignità sociale” e sono eguali davanti alla legge senza distinzione “di condizioni personali e sociali” -, nel secondo si impone allo Stato il compito di assicurare le condizioni necessarie per il pieno sviluppo della persona e per una partecipazione effettiva all’organizzazione politica, economica sociale del Paese. Si riconferma così, in nome della persona, il necessario intervento dello Stato al fine di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana “e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il secondo comma dell’articolo 3 è la base dei diritti sociali , senza i quali i diritti di libertà sono formule vuote: che cosa se ne fa della libertà di stampa un analfabeta? O chi non può comperare un giornale? L’istruzione, la salute, oltre a condizioni economiche sufficienti a rendere dignitosa la vita, sono le precondizioni della democrazia. E' però un programma da realizzare. Un programma che, a sessant'anni dall'entrata in vigore della Costituzione, non è stato ancora realizzato. Oggi anzi l'ordinamento italiano sembra aver imboccato un cammino a ritroso, verso un' ulteriore estensione delle diseguaglianze. Paiono in discussione le stesse basi ideali sulle quali poggia il nostro sistema democratico. *professore emerito di Diritto costituzionale “L’art. 3 è stato valutato anche quando si è trattato di esaminare la conformità alla Carta di leggi recenti” Giovedì 8 ottobre 2009 pagina 3 Diritti tv, Mills e Mediatrade: ecco cosa riparte S LA SENTENZA ilvio Berlusconi tornerà in aula, come imputato, almeno per tre volte. In fase di dibattimento sono il processo sulle presunte irregolarità nella compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset, che vedono imputati il premier e parte del management Fininvest, e quello in cui Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari con l’avvocato inglese David Mills. La sua posizione era stata stralciata e il processo sospeso per il Lodo Alfano. Per un terzo procedimento, quello cosiddetto Mediatrade, il pm Fabio De Pasquale ha da poco consegnato l’avviso di chiusura delle indagini che, di norma, prelude alla richiesta di rinvio a giudizio. A Roma, invece, Berlusconi è indagato per istigazione alla corruzione, per un presunto tentativo di avvicinamento, a ridosso dell’approvazione della Legge Finanziaria del 2007 del governo Prodi, di alcuni parlamentari della maggioranza di centrosinistra. Il gip Orlando Villoni, che aveva sospeso la sua pronuncia in attesa della decisione della Consulta, dovrà decidere sulla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura. Ore 18,05 suona la Consulta: incostituzionale LA CORTE STRONCA IL LODO di Antonella Mascali inque ore e mezza ieri e due ore martedì pomeriggio per sancire che il lodo Alfano è una legge incostituzionale, illegittima, un privilegio che ha coinvolto il capo dello Stato e i due presidenti delle Camere esclusivamente per garantire l'immunità a una sola persona: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l'uomo che secondo i giudici di Milano ha dato 600 mila dollari all'avvocato David Mills perché testimoniasse il falso, in suo favore, nei processi degli anni '90 Fininvest-Guardia di finanza e All Iberian. In mezzo una sfilza di leggi ad personam per garantire quantomeno la prescrizione dei reati al Premier e ai suoi amici. Ma ieri la Corte Costituzionale ha confermato un principio fondante della nostra Repubbli- C ca: l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Infatti nel dispositivo della sentenza, le cui motivazioni arriveranno soltanto tra un paio di settimane, si legge che il lodo Alfano è illegittimo perché viola l'articolo 3 della Costituzione. Inoltre viola l'articolo 138 della Carta che regola le riforme che si debbono fare per via costituzionale. Invece, il lodo Alfano è stato fatto con legge ordinaria, anche perché altrimenti non sarebbe mai passato in Parlamento. Il verdetto è stato preso a maggioranza, e secondo indiscrezioni che sono rimbalzate dalla Consulta al Parlamento, 9 giudici si sono pronunciati per la bocciatura del lodo Alfano e 6 per mantenerlo. Tra questi i giudici Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, i compagni di banchetto di Silvio Berlusconi, del ministro Alfano, del sotto segretario Gianni Letta e del presidente della commissione affari Costituzionali, Carlo Vizzini nella famosa cena del maggio scorso. Il menù sarà stato buono, ma non è bastato perché la Consulta abdicasse ai principi costituzionali. Nei giorni dello scandalo, l'estate scorsa, il presidente Francesco Amirante, aveva detto: “La Corte costituzionale nella sua collegialità deciderà come ha sempre fatto, in serenità e obiettività, le questioni sottoposte al suo giudizio”. I giudici con la sentenza di ieri hanno accolto i rilievi mossi dai giudici dei processi milanesi Mills e Mediaset-diritti Tv. Vale la pena riportare un passaggio dell'ordinanza emessa dal “collegio-Mills”, presieduto da Nicoletta Gandus, che si è appellato alla Consulta nell'ottobre dell'anno scorso: “Va in primo luogo sollevata la questione in relazione all’art. 138 della Costituzione. La norma in esame dispone l’automatica sospensione dei processi, qualunque sia il titolo ed il tempo del reato commesso, in favore del Presidente della Repubblica, del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Presidenti della Camera e del Senato, per tutta la durata del mandato conferito. La normativa sullo status dei titolari delle più alte istituzioni della Repubblica è in sé materia tipicamente costituzionale, e la ragione è evidente: tutte le disposizioni che limitano o differiscono nel tempo la loro responsabilità si pongono quali eccezioni rispetto al principio generale dell’uguaglianza di IL RETROSCENA UN SECONDO DI GELO, POI IL VOTO: NOVE “SÌ” CONTRO SEI “NO” uando il professore Franco Gallo, relatore Qsottoposto della sentenza che ha bocciato il Lodo, ha ai 14 colleghi la sua proposta c’è stato un attimo di gelo nella camera di consiglio al secondo piano del palazzo della Consulta. Al termine di una dotta dissertazione che analizzava, in punta di diritto, i vizi del Lodo Alfano, Gallo ha posto le toghe di fronte alla loro responsabilità: “l’articolo 1 della legge numero 124 del 23 luglio 2008, nota come ‘lodo Alfano’, viola il principio dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, previsto dall’articolo 3, e inoltre pretende di modificare con legge ordinaria la disciplina della responsabilità penale del presidente del consiglio, regolata da norme di rango costituzionale. Pertanto”, ha concluso il relatore, “sottopongo alla votazione dei colleghi la proposta di dichiarare illegittimo l’articolo 1 della legge per violazione degli articoli 3 e 138 della Costituzione”. Il presidente Francesco Amirante ha chiesto la votazione per alzata di mano. In sala è calato il silenzio. Si è sentito solo il fruscio solenne delle toghe di raso. Le mani alzate erano nove. Quelle basse, sei. Quelle nove mani alzate come per ergere l’ultimo muro contro lo strapotere di Silvio Berlusconi, hanno salvato la faccia all’Italia rispetto al mondo e hanno confermato, e ce n’era bisogno, che la legge è uguale per tutti. Il relatore Franco Gallo ha avuto un ruolo fondamentale in questo riscatto. Nella discussione hanno pesato la sua relazione e i pareri, contrari alla legge, di uomini che nessuno può avvertire come di parte o vicini alla magistratura politicizzata, personaggi come Sabino Cassese, Giuseppe Tesauro e Maria Rita Saulle. Que- sto poker di professori ha avuto un ruolo fondamentale nell’orientare le scelte dei colleghi. Quando un luminare come Franco Gallo sostiene che il Lodo Alfano è incostituzionale non si può liquidare la sua relazione come un attacco politico al Cavaliere senza perdere la faccia. Gallo è stato ministro tecnico del Governo Ciampi, nel 1993, ma non è un politico, è un giurista. Se Visco è l’anti-Tremonti, Gallo è il contrario di Tremonti. Da ministro delle finanze, nel 1993 con la crisi della lira e le casse dello Stato vuote, non volle condoni e, quando il suo collega professore di Sondrio prese il suo posto al ministero, nel 1994, Gallo rassegnò le dimissioni dalla Scuola Centrale Tributaria. Nel primo Governo Ciampi c’era un altro giudice costituzionale che ha pesato molto nell’influenzare la discussione contro il Lodo. Sabino Cassese occupava con ben altra dignità la postazione oggi coperta da Renato Brunetta. Come Gallo, è uomo di accademia. Laureato a 21 anni, ha insegnato a Stanford e Nantes. Conosce quattro lingue ed è considerato un padre del diritto amministrativo europeo. Sono persone come lui o come i due giudici docenti di diritto internazionale, Maria Rita Saulle e Giuseppe Tesauro, ad avere pesato. Tesauro per esempio, prima ancora di essere Garante Antitrust e oppositore della legge Gasparri, è un signore che si è laureato a 22 anni e che a 40 era già direttore dell’istituto di diritto internazionale. Uomini così, che per decenni hanno spiegato cosa è la legge ai propri allievi, non potevano far passare la vergogna del lodo Alfano. In fondo, il padre di questa vittoria, è il presidente gentiluomo che li ha nominati: Carlo Azeglio Ciampi. M.L. Angelino Alfano (FOTO ANSA) tutti i cittadini davanti alla legge previsto dall'articolo 3 della Costituzione, principio fondante di uno Stato di diritto...”. Conseguenze? “Adesso Berlusconi dovrà fissare la data dal giudice” spiega soddisfatto Alessandro Pace, presidente dei costituzionalisti che martedì si è visto respingere la costituzione in giudizio della procura di Milano contro il Lodo Alfano. La sentenza della Corte Costituzionale è arrivata dopo una giornata in cui giornalisti italiani, russi, francesi, inglesi hanno aspettato sotto un sole rovente in piazza del Quirinale il pronunciamento. I commessi avevano l'ordine di non far sostare la stampa neppure davanti al portone della Corte che guarda la residenza del Presidente della Repubblica. Dal primo pomeriggio c'è stato anche un via vai di semplici cittadini, addirittura un motociclista si ferma in mezzo alla strada per chiedere della sentenza con più interesse che per una finale del Mondiale di calcio. Una coppia di Milano prima che arrivasse la decisione ci aveva detto: “Speriamo che boccino il lodo Alfano, per lui, per il suo futuro”. Lui è Attilio, il loro bimbo di un anno e mezzo. La signora Maria, della provincia di Imperia, dice di non poterne più di Berlusconi: “Vorrei che avesse il pudore di dimettersi, ma non credo che avrà questa dignità, sto sperando troppo”. LODO-SPIGOLA UN’ASSOLUZIONE DAVVERO SPECIALE ’assoluzione dell'on. gen. Roberto Speciale per le spigole aviotrasportate con aerei di Stato riempie il cuore di gioia. L'ex comandante della Gdf, ora deputato Pdl, era imputato per peculato dinanzi al Tribunale militare. Il pm aveva chiesto di condannarlo a 3 anni. I giudici invece l'hanno assolto. L'accusa riguardava dieci casse di pesce fresco fatto recapitare a spese dei contribuenti, a bordo di un apposito Atr42 militare, da Roma alla scuola alpina di Predazzo (Bolzano), dove il generale granturismo trascorreva un'amena settimana bianca con moglie, consuoceri e amici. “Un semplice atto di liberalità”, ha sostenuto Speciale, “nessun danno alla collettività”. Bisogna approfittarnei. Se vi trovate in alta montagna e vi viene un'irrefrenabile voglia di pesce fresco, anziché catapultarvi al mare, chiamate il centralino della Finanza, chiedete di Speciale o di qualche suo amico (ne ha lasciati parecchi, pare) e ordinate una bella cassa di spigole. Un Atr2 si librerà in volo dallo scalo di Partica di Mare e ve lo recapiterà seduta stante, pronta consegna. O no? L Anche Niccolò Ghedini non è più un uomo infallibile di Luca Telese ella grande sconfitta (di Nanche Berlusconi) si consuma una piccola grande sconfitta (la sua). Ieri si è definitivamente infranto l’ultimo mito di inespugnabilità del berlusconismo, quello di Niccolò l’invitto, Niccolò Mavalà Ghedini, ultimo baluardo. Finché ha giocato sul suo terreno - le Aule giudiziarie - Ghedini si è guadagnato lo stipendio (e il seggio). Ma aveva ragione lui a sconsigliare al premier la via del Lodo confidando in quella giudiziaria (era in conflitto di interessi e - ironia della sorte! non gli hanno creduto). Il calvario di Niccolò l’imperturbabile inizia quando il suo cliente lo costringe agli straordinari. Il leggendario “Mavalà” nasce sulla poltrona arroventata di Annozero quando Ghedini è costretto a parare l’imparabile. Si parte dall’inchiesta sulle veline Rai, e il povero Ghedini è costretto a spostare il suo impegno dai codici alle sottane. Quando scoppia il Noemi-gate, lui dà la caccia ai paparazzi. Ghedini ancora una volta tenta l’impossibile, provando a dimostrare che la Certosa (un tempoproclamata luogo di interesse per la sicurezza nazionale) è in realtà “una residenza privata”. Mitico. Ligio alla causa ci prova, con l’aiuto di un Garante che corre in soccorso, e vieta la pubblicazione delle foto sgradite. Ghedini passa l’estate a mandare fax alle redazioni di tutto il mondo. Ma lì garanti non ce nè: El Pais pubblica. Memorabile il comunicato di Ghedini: “Chiunque fa taglia incolla di quelle foto, anche a casa, è perseguibile penalmente”. Memorabili alcune massime di questo periodo (in cui nello studio legale vengono mobilitate persino le sorelle). Ad esempio sul collega che difende Zappadu: “Non è casuale che l'avvocato del fotografo sia eurodeputato Idv: una doppia veste - avvocato e parlamentare - che non si dovrebbe confondere...” (Detto da lui, è da incorniciare). Ma la frase che riscrive il vocabolario (e completa la mutazione da avvocato penalista a ad avvocato “mavalista”) è sulla D’Addario: “Ancorché fossero vere le indicazioni della ragazza, e vere non sono, il premier sarebbe l'utilizzatore finale e quindi mai penalmente punibile”. Utilizzatore finale entra nel vocabolario. Ma non nel senso che voleva Ghedini. Eppure Niccolò non molla. Inibisce, dissuade, difende fino allo stremo tutto quel che riguarda il Cavaliere, tombe etrusche comprese. pagina 4 Giovedì 8 ottobre 2009 La notizia subito on line sulla stampa internazionale L LA SENTENZA a sentenza della Consulta ha fatto in breve tempo il giro del mondo, rimbalzando sui siti dei quotidiani esteri. “L’immunità di Berlusconi è respinta”, titolava ieri sera in apertura il New York Times. “La Suprema Corte italiana priva Berlusconi dell’immunità”, si leggeva sul Times online. Titolo simile per The Guardian: “La Corte italiana stabilisce che la legge sull’immunità di Berlusconi viola la Costituzione”. “La Corte annulla l’immunità di Berlusconi”, facevano eco il Financial Time e Al Jazeera online. “La Corte annulla la legge sull’immunità che proteggeva Berlusconi”, raccontava Le Monde. “Annullata l’immunità di Berlusconi”, il francese L’Express. El Mundo spiegava: “Si riaprono due casi contro il cavaliere”. Uno degli altri quotidiani spagnoli, El Pais: “La Corte costituzionale apre la porta ai processi a carico di Berlusconi”. Liberation riporta le parole del presidente del Consiglio, che ha parlato di “sentenza politica” che non fermerà il suo governo. “A Berlusconi si è finalmente posto un freno”, il titolo più forte del tedesco Die Zeit. BERLUSCONI CONTRO IL COLLE: “LA CONSULTA È DI SINISTRA” Napolitano: “Sto dalla parte della Costituzione” E Bossi: “Se si ferma il federalismo facciamo la guerra” di Wanda Marra entenza politica”. Intorno a questa lettura, la maggioranza si compatta. Arriva dopo una giornata di estrema tensione la decisione della Consulta, che boccia il Lodo Alfano. Berlusconi aspetta quasi 2 ore per parlare, ma poi lo fa con una dichiarazione netta: “Con o senza lodo andiamo avanti, dobbiamo governare cinque anni". Poi accusa: “Una Corte Costituzionale con 11 giudici di sinistra era impossibile che approvasse tutto questo”. Se la prende anche col Capo dello Stato: “Sapete da che parte sta”. E definisce “una farsa” i processi contro di lui. Ma Napolitano lo stoppa immediatamente: “Tutti sanno da che parte sta il Presidente della Repubblica. Sta dalla parte della Costituzione, esercitando le sue funzioni con assoluta imparzialità “S L’IDV: ORA DIMISSIONI, IL PD “NESSUNO SCONTO” di Paola Zanca fallito il tentativo di Berlusconi di fugÈsteggia. gire dai processi. E l’opposizione feAntonio Di Pietro chiede le dimissioni di Berlusconi: "Spero che da oggi, alla luce della decisione della Consulta il presidente del Consiglio la smetta di fare leggi a proprio uso e consumo, si dimetta dall’incarico e vada a fare quello che da 15 anni si ostina a non voler fare: l’imputato”. Mentre il Pd si limita a esprimere soddisfazione perché la legge è di nuovo uguale per tutti. D’altra parte, l’Idv aveva già pronto il referendum per abrogare la legge salva-premier. “Anche la Corte Costituzionale ci ha dato ragione”, commentano dalla “macchina” referendaria dell´Idv, e quindi “non possiamo che essere contenti”. Va detto però che avevano fatto un lavoro certosino, “svizzero”. La corsa contro il tempo per raccogliere le cinquecentomila firme in tre mesi. La paura di sbagliare che gliene aveva fatte cercare il doppio. E poi il countdown che avrebbe potuto portare al voto la prossima primavera. Ma quel patrimonio da un milione di firme, resta: “La sentenza della Corte Costituzionale rende inutile il referendum - afferma l´Idv Leoluca Orlando ma dimostra come fosse fondata l'indignazione dei cittadini, e come le perplessità espresse sulla firma da parte del Capo dello Stato avessero oltre che un fondamento etico, anche un fondamento giuridico e costituzionale”. Ed è già pronta la prossima battaglia, quella per le dimissioni: “Noi riteniamo che il presidente Berlusconi debba trarne tutte le conseguenze - dice il capogruppo al Senato, Felice Belisario - Farebbe bene a prendere le valigie e a cambiare aria”. Usa parole ancora più esplicite il suo omologo alla Camera, Massimo Donadi: “Il Governo ora ha il dovere morale di dimettersi e il presidente del Consiglio di fare quello che qualsiasi altro italiano nelle sue condizioni dovrebbe fare: l'imputato. con maggior forza. Non mi fermeranno, continuerò a governare”, aveva chiarito ancor prima di sapere come sarebbe andata il Cavaliere. L’epilogo arriva alla fine di una giornata che si era consumata in una strana attesa. A Montecitorio le voci si erano rincorse dalla mattina: in maniera insistente si parlava di una bocciatura per “9 a 6”. Pochi e ben poco visibili i Pdl nel panico, Alfano torna con un volo low cost per un vertice notturno. Il coro: “Sentenza politica” deputati del Pdl in Transatlantico. Tanto è vero che per ben due volte la maggioranza era andata sotto su un provvedimento sull’infanzia presentato dal Ministro Carfagna: ordine di scuderia voleva che l’aula rimanesse vuota per evitare schiamazzi al momento della sentenza. Nella tarda mattinata era arrivata la chiamata alla piazza di Umberto Bossi, prima di iniziare un pranzo col Presidente della Camera, Gianfranco Fini: “Se la Consulta dovesse bocciare il LoL'Italia dei Valori chiede che si vada subito do noi potremmo entrare in funad elezioni”. Di Pietro ne approfitta per rizione solo trascinando il popospondere a chi lo accusa di avere la polelo. E il popolo lo abbiamo, sono mica facile con il Presidente Napolitano: i vecchi Galli". L’opposizione già un anno fa a piazza Navona, dice, “ci era insorta, parlando di pressiorivolgemmo al capo dello Stato per pregarne indebita sulla Corte. Ma in lo di non firmare questo scempio che il prerealtà dopo il pranzo con Fini il sidente della Repubblica, d'ora in poi, non Senatur aveva espresso quella sia così frettoloso nel firmare provvediche sembra la posizione conmenti incostituzionali e immorali”. giunta dei due: “Non voglio le Dal Pd, invece nessuna richiesta esplicita di elezioni e Fini non le vuole. Noi dimissioni. “Mi pare - dice il candidato alla vogliamo le riforme". Sarebbesegreteria Pierluigi Bersani - che la decisioro, aveva detto ancora Bossi, le ne metta un punto fermo e dica che senza elezioni regionali, in caso di una legge costituzionale Berlubocciatura del Lodo, sconi e le alte cariche sono citad assumere un valotadini come tutti gli altri e sono re politico: "Berludi Giampiero Calapà PRATO E PISA tenuti a sottoporsi a giudizio”. sconi vincerà, non si Anche per Dario Franceschini puo' perdere con un la Consulta “ha ristabilito il alleato come noi". principio dell'uguaglianza di Nell’incertezza della tutti i cittadini davanti alla leggiornata questa era ge”, mentre la capogruppo Pd sembrata una strateal Senato Anna Finocchiaro si gia preventiva: nesnche Prato introduce i ticket, ma non limita a chiedere al Premier suna ipotesi di eleper transitare dal centro con l’auto. Il “come intende conciliare i zioni anticipate, nessindaco Roberto Cenni (Pdl) vuole far pagare suoi impegni di presidente del suno si sogni di far Consiglio con quelli di impucadere il governo e un euro al giorno ai rom maggiorenni che vitato in due processi”. E ancora nessuno - neanche il vono nei campi attrezzati dal Comune. “Penso il leader dell´Udc, Casini: Cavaliere - invochi il la cifra non sia eccessiva neppure per i rom”, “Non è il giudizio universale. richiamo alle urne, spiega l’assessore Giorgio Silli. La giunta Cenni La Corte costituzionale ha perché la Lega vuole pensa anche all’istituzione di un “registro delle espresso un'opinione su di fare le riforme. Di presenze”. Nella sempre rossa Pisa, invece, il una legge e ci si deve attenere a più: la Lega è deterComune ha predisposto il “rimpatrio volontaquesta. Naturalmente, il gominante nell’unico verno che ha preso i voti degli test politico possibirio e assistito”. Rom e Sinti sono invitati a elettori deve continuare a fare le. Fini, dal canto ritornare nel loro Paese, con un incentivo il suo lavoro, a occuparsi dei suo, aveva stoppato in denaro che va da 500 a 1500 euro: viene problemi degli italiani, che le voci di nuovi gofatto firmare un contratto, in lingua romevengono prima di quelli di Berverni: “Non ho in na, senza valore giuridico, con cui il rimlusconi”. Infine una ventina di mente né grandi coapatriato dichiara che non rientrerà a Pisa militanti di Sinistra e Libertà: lizioni, né partiti con almeno per un anno. Alla faccia della libera dal momento della notizia, Montezemolo, Riccircolazione delle persone. stanno davanti a Palazzo Chigi. cardi o Letta..." Urlano Dimissioni, dimissio(ha collaborato Carlo ni”. Tecce) Il Presidente Napolitano all’inaugurazione dell’anno giudiziario (FOTO ANSA) LE OPPOSIZIONI e in uno spirito di leale collaborazione istituzionale", dice una nota del Quirinale. Mentre il Premier dà la linea, i suoi fanno quadrato: andiamo avanti, il governo è legittimato dal voto. Seppure qualcuno nei vertici che si susseguono a Palazzo Grazioli tira in ballo l’ipotesi di elezioni anticipate, la posizione ufficiale è questa. Lo dice per primo Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio: "E' una sentenza politica, ma il presidente Berlusconi, il governo e la maggioranza continueranno a governare". E a seguire sono su questa falsariga le dichiarazioni un po’ di tutti, dal ministro della Difesa, La Russa, al vicecapogruppo a Palazzo Madama, Quagliariello, dal portavoce Verdini al capogruppo alla Camera, Cicchitto. Il ministro della Giustizia Alfano, sgomento, parla di “sentenza sorprendente”. E il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, che si dichiara “vicino a Berlusconi”, arriva alla minaccia: "Se si ferma il federalismo facciamo la guerra". Dichiarazioni forti, concitate. Il Pdl è disorientato: la bocciatura totale evidentemente arriva inaspettata, soprattutto dopo la relativa calma della giornata di martedì, quando si era parlato al massimo di una bocciatura parziale. Via del Plebiscito viene transennata. Sopra Palazzo Grazioli, dove Berlusconi aveva convocato preventivamente i vertici del Pdl, volano gli elicotteri. Presenti, tra gli altri, Alfano, tornato di corsa da Madrid con un volo low cost, Umberto Bossi, Roberto Calderoli, Gianni Letta, Paolo Bonaiuti e Fabrizio Cicchitto. “Vado avanti, ancora Mettono il ticket ai rom A IL FATTO POLITICO dc Sinistra Futura di Stefano Feltri una di quelle Pcheercoincidenze temporali per i giornali berlusconiani sono sempre “ad orlogeria”, mentre la politica aspettava il verdetto della Consulta sul lodo Alfano, tra gli stucchi di palazzo Colonna, a Roma, Luca di Montezemolo presentava “Italia Futura”. L’uomo di punta di quello che doveva essere “il complotto delle élite” ribadisce per l’ennesima volta che non sta battezzando un golpe, un movimento o un partito ma un think-tank. Un pensatoio attivo nel dibattito pubblico e nella società, che promuove convegni e finanzia progetti innovativi. E gli si può anche credere, non fosse per un rapido accenno all’orizzonte temporale su cui ragiona “Italia Futura”: 5 anni, giusto il tempo di una legislatura. “Immaginiamoci l’Italia fra cinque anni, come sarà?”, si domanda Montezemolo. nche il resto della platea Acompulsa se lo chiede, mentre i Blackberry per capire se è arrivata la sentenza sul lodo. Ammettendo la buona fede di Montezemolo e che quindi per ora lui non voglia entrare in politica (anche perché è ancora presidente della Fiat), bisogna comunque tenere conto del clima. In platea c’erano tutti, dal banchiere Luigi Abete alla sindacalista della Cgil Susanna Camusso (perfino Vittorio Sgarbi) con la voglia di ragionare già su scenari post-berlusconiani. Sul palco, infatti, c’è Gianfranco Fini. «Montezemolo presenta un rapporto sulla mobilità sociale e l’Italia bloccata e qui ad ascoltarlo ci sono tutti quelli che la bloccano», celia un direttore di giornale. alle speculazioni sui Ospalleltre complotti e agli sfottò alle di Montezemolo che parla di meritocrazia contro la cooptazione (lui che fu cooptato da Gianni Agnelli), resta il dato politico: nel suo discorso il presidente della Fiat tocca una lunga lista di temi, dalla questione meridionale all’abolizione delle province fino a un’uguaglianza delle opportunità sostanziali e non solo formali per i giovani, che dimostrano come ci sia lo spazio - culturale se non politico ed elettorale - per un nuovo centro che si appropria di alcuni temi della sinistra (dimenticati dal Pd) e scoperti dalla destra berlusconiana (la lotta ai fannulloni e alla burocrazia). Se poi, dopo i cinque anni evocati da Montezemolo, il Pd sarà ancora quello di oggi, forse Italia Futura potrebbe diventare perfino la Sinistra Futura. Molto centrista, però, e quindi - spera qualcuno vincente. Giovedì 8 ottobre 2009 pagina 5 Dalle “gondolette” ai “fannulloni” ecco la Renato story di Luca Telese inistro, lei concede questa intervista a noi della “sinistra per male”? (Renato Brunetta sorride): “Ma voi non siete per male!” (Insisto) Per malissimo, direi, dal suo punto di vista. “E lei che ne sa del mio punto di vista? Non prendete soldi dallo Stato, fate lotta-dura-senza-paura, siete mille volte meglio di tanti ipocriti assistiti che campano di sussidi”. Siamo tecnicamente antiberlusconiani “E chi se ne frega! E’ libertà di opinione, ci mancherebbe”. Il ministro mi riceve nel suo ufficio. Bella stanza, tavolone immenso, un grande modellino, una Ferrari rossa. Lui spiega: “La Ferrari per me è l'Italia migliore. l'Italia che vince, l'Italia che piace”. Nel giorno della sentenza su Lodo Brunetta stupisce almeno due volte. La prima quando dice: “Quello che decide la Consulta è fisiologia del sistema democratico. L’unico giudice su chi governa sono comunque gli elettori”. La seconda quando aggiunge: “Sono stato il primo a parlare di golpe. Mi hanno dato del matto... Ora nel centrodestra si svegliano”. Secondo lei è in atto un golpe contro il centrodestra? “Oh sì. Lodo o non lodo, il tentativo di rovesciare il risultato elettorale è in atto”. Ma il ragionamento di Brunetta parte da più lontano. Quindi noi de il Fatto non dobbiamo andare a morire ammazzati? “Ma lei pensa che io sia uno stupido?”. Per nulla. Chi è la “sinistra per male” con cui ce l'ha? “Io a Cortina ho parlato un’ora e mezza: ho detto quel che penso su tante cose: la crisi, la bolla finanziaria, le dinamiche speculative, i prezzi...”. E ha puntato l'indice contro le elites parassitarie. “Certo. Se ci pensa questa parola è un ossimoro”. Più che un ossimoro è un'ingiuria. Di chi parlava? “Le elites parassitarie esistono da sempre, nascono con gli stati preunitari. Sono sacche di ceto dirigente che vive in modo assistito: nell'università, nella burocrazia, nell'industria dello spettacolo...” Lei ha attaccato “ i cineasti della rendita parassitaria”. “Oh sì! Si autodefiniscono cultura, e puntano solo a beccare soldi pubblici”. Sono la sua bestia nera? “Sono loro che ci odiano perché gli chiudiamo i rubinetti di approvvigionamento”. Tutti fannulloni comunisti? “Non è questo il discorso. Le elites, soprattutto quelle parassitarie, sono storicamente vicine ai governi. Ma adesso che si vedono in pericolo, si buttano sull'opposizione. Siamo come quei ricercatori che combattono il cancro tagliando le fonti di alimentazione alle cellule malate”. Quindi il golpe è stata una parola che le è sfuggita? “Al contrario. E' il punto di caduta di questo ragionamento: queste elites desiderano sopra ogni cosa il ritorno al passato, si incazzano con noi e sognano il golpe. Così trovano una sponda nella sinistra per male”. Lei non dice chi sono questi 'per male', così si può riferire a tutti. M L L’INTERVISTA e sue “gondolette” ormai sono diventate leggenda. Le vendeva insieme al padre, che aveva un banco ambulante di souvenir a Venezia. Renato Brunetta ne ha parlato molti anni più tardi, in una celebre intervista a Gian Antonio Stella. Socialista fin da ragazzo: cresce con Maurizio Sacconi nella corrente lombardiana del Psi. Si laurea in Scienze politiche ed economiche all'Università degli Studi di Padova, nel 1973. Lavora a Roma, presso la fondazione Brodolini. A 25 anni diventa consulente del ministero del Lavoro. Nel 1983 viene messo sotto scorta per la minacce ricevute dalle Brigate rosse. Quando nasce Forza Italia entra nel partito di Berlusconi. Si candida a sindaco contro Massimo Cacciari, BRUNETTA: “Vi spiego perchè c’è un golpe” E’ in atto contro Berlusconi. Ci sono personalità che sognano una spallata senza passare per le urne “ODIO LA GAUCHE CAVIAR!”. Il ministro Renato Brunetta visto da Manolo Fuchecchi ( “Non è vero. Ci sono tanti amministratori locali di sinistra che stimo: sindaci assessori: riformismo vero...”. E “i per male” chi sono? “Le terrazze, i radical chic, quelli che: ‘Abbiamo un banca!’. Quelli stanno sulle scatole anche a voi de il Fatto”. Lei in realtà ce l'ha con chi si oppone a Berlusconi... “No, li combatto perché difendo il governo. Ma ce l'ho con chi sogna la spallata fuori dal parlamento. E' questo che è inaccettabile”. Anche Brunetta sognava la spallata contro Prodi. “Certo! Sono andato in piazza a manifestare. Ma volevo un voto popolare. Loro vogliono un pasticcio in parlamento”. Allora mi dica i nomi di chi vuole la spallata. “Sto facendo un ragionamento, come De Mita. Dopo diciamo chi”. L'aiuto. Lei ce l'ha con D'Alema. Perché l'ha definita 'energumeno tascabile'? “Era una cattiveria razzista”. “Le élites parassitarie ci odiano, noi gli togliamo i soldi” Di cui le ha chiesto scusa.... “Solo privatamente”. E allora com'è che io lo so? (Sorriso) “Perché l'ho fatto sapere io”. Torniamo al ragionamento sul golpe. Non penserà davvero che lo facciano quelli delle terrazze? “Anche. E' una miscela che si crea: un po' di finanza, politica, establishment, editoria.... Poi arriva il catalizzatore...” Il catalizzatore finale? (Ride) “Già. Quando arriva il catalizzatore finale, il golpe è a un passo”. Lei non ci crede davvero... “Sta scherzando? E' già accaduto una volta, nel 1994, può accadere di nuovo”. Ma quale golpe? C'era un avviso di garanzia. “Che, guardacaso, fu recapitato da Il Corriere della sera”. Anche lei avrebbe pubblicato quella notizia. “No, se frutto di un reato”. Lei teme che la Corte sia un nuovo catalizzatore”? “Che ci siano una Corte e un verdetto è fisiologico. Io le dico che il pericolo esiste a prescindere da quello che decide la Consulta. E che persiste”. Lei usa la parola golpe fuori luogo: i golpe sono Pinochet e generali russi che sequestrano Gorbaciov... “Troppo facile! Io non evoco poteri occulti o servizi. La loro è perversa opposizione. Ho detto a Berlusconi: Fai due consigli dei ministri a settimana. Rispondi con le riforme”. Crede che il governo abbia buona immagine? Fate riforme senza soldi. “Non è un limite. La mia riforma della pubblica amministrazione non costa nulla. E di soldi ne fa risparmiare”. La riforma della scuola manda a casa i precari. “Ma ci salva dal fallimento”. Lei parla di merito, ma c'è il rischio che gli incentivi diventino una regalia in mano ai dirigenti pubblici. “Peggio di come è ora? Non credo. Ci sarà una Authority indipendente che valuta. Proviamo. Se sbaglio io fra due anni si capirà. Io sono certo che arriveremo al merito”. Stavano per piazzare le gabbie salariali... “Non è vero: è stata solo una battuta estiva”. Lei dice? Se n'è parlato per tutto agosto: Bossi, Berlusconi, Tremonti... “E’ un controsenso, una follia economica. L'ho sempre detto: l'unica variante è il salario di produttività”. Quindi lei si opporrebbe? “Finché ci sono io non ci saran- ma viene sconfitto. Nel 1999 diventa eurodeputato azzurro. Nel 2008 viene nominato Ministro della funzione pubblica. Nel’estate del 2008 il governo promulga il suo provvedimento più importante, il famoso “decreto anti-fannulloni”. Due mesi fa la polemica più feroce: quella contro “la sinistra per male che deve andare a morire ammazzata”. no gabbie”. Si dimetterebbe? “Con me non ci saranno”. Lei si definisce un socialista liberale. Cosa pensa quando si arresta per clandestinità un cingalese che ha denunciato un furto? “La questione non è in questi termini”. E delle escort a Palazzo Grazioli? “Nulla. Perché non sono un guardone e non mi interessano le vicende private”. Quello che voi definite gossip fa parte del golpe? “Il gossip non è nulla. E poi, chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Lei ha fatto il professore alla scuola quadri per veline. “Secondo me i guardoni e gli invidiosi invidiano Berlusconi. Il resto sono leggende romane”. Ci vuole dire che per un riformista come lei l'invidia è un merito? “Senta, questo voi non lo volete capire: Berlusconi vince da 15 anni, e ha fatto anche la fortuna di Travaglio”. Un liberale non vede una stretta nel campo dell'informazione? “La vedete solo voi. Annozero va in onda tutti i giovedì”. Peccato che l'azienda volesse chiuderlo. “Guardi, io di Santoro mi considero quasi un amico. Eravamo colleghi a Bruxelles. Ho fatto l'editorialista in un suo programma quando era a Mediaset...”. Lo spot di Videocracy non può andare in onda... “L'unica limitazione alla libertà di stampa è l'ignobile persecuzione contro Minzolini”. Per lei il Tg1 può attaccare una parte del paese? “Perché no? Lo faceva anche Curzi al Tg3. C'è una montagna di ipocrisia in questi critici. Il mondo dell'informazione è pieno di tante porcherie, che non è difficile trovarne”. Fra queste il licenziamento di Mentana ci rientra? “E’ il mercato. Ha incassato una buona liquidazione. Al suo posto mi sarei fatto licenziare dieci volte. Però non lavora più. “E' un fior di professionista. Una pausa retribuita è un rischio del mestiere”. Vauro l’ha querelata. “Bene! Adesso mi diverto”. Lei gli ha dato del razzista. “La satira non è una entità extraterritoriale. Sotto il nazismo gli ebrei venivano raffigurati con il naso adunco. Non è satira, ma propaganda”. Sta paragonando Vauro a Goebbels? “Ho detto che le sue sono vignette razziste. Adesso in tribunale ci divertiremo: ci sarà un giudice a Berlino?”. Lei però, per questo motivo non va ad Annozero. “Lei andrebbe in un ristorante in cui le sputano sul piatto? Nulla contro Santoro, ma anche nulla a che vedere con chi mi disprezza per il mio aspetto fisico. Dovrei far finta di ridere? Sono profondamente offeso. Avrò il diritto di non averci nulla a che fare?”. “Il governissimo sarebbe un colpo di Stato. Voto anticipato” Cosa pensa dei ministri pro-Fininvest sul lodo Mondadori? “Quali? Io non ne vedo”. Il ministro Bondi, per esempio a Ballarò. “Non l'ho visto. Io difendo il governo. A parte il fatto che è una sentenza di venti anni fa, e molto anomala”. Previti è stato condannato per corruzione. “Le cose sono molto complesse. In ogni caso, se mi invitano in un programma a parlare di questo non vado. Non conosco le carte”. Lei attacca i conservatori di sinistra. Chi sono? “Per esempio Bersani. Uno che in privato dice: ‘Va’ avanti’, e in pubblico mi critica”. E' giusto che lei lo riveli? “Non sono capace di essere doppio”. Per lei gli ex diessini sono tutti “comunisti”. “E come chiamarli? Nel partito socialista non li ho mai visti”. Quando dicono che Brunetta cerca il riscatto nella politica cosa pensa? “Che sono psicologismi d'accatto. Poveretti”. Lei è un populista? “Sono un riformista”. Che ha avuto sei minuti di applausi prima di parlare al congresso del Pdl “Gente che mi vuole bene, è una colpa se sono amato?”. Si è montato la testa? “No. I sondaggi dicono che sono al 58% di popolarità!”. Stoccata ai colleghi? “Macchè, siamo tutti amici”. A parte Tremonti? “E' una bella domanda”. In consiglio dei ministri chi cede il passo tra voi? “A volte io. A volte lui”. Lei parla di merito e produttività. Come ha fatto ad accettare lo scudo fiscale? “Perché non sono un ipocrita. E' un male necessario”. Con cui tornano anche i capitali della mafia. “Per me quelli non tornano”. Chi torna è tassato al 5%. Pensi a chi paga le tasse. “E' come una grazia, un'amnistia. Ora l'importante sarà usare questi fondi a fin di bene. Cosa di cui probabilmente – sorride - erano convinti anche i 26 dell’opposizione che hanno fatto passare lo Scudo”. Di Franceschini che pensa? “E chi è?”. Questo non è dileggio? “No, è una constatazione. Se mai dirà qualcosa di significativo mi farò un'idea”. E il governissimo? “Non mi piacciono gli issimi. Santissimi, intelligentissimi, governissimi...”. Come sono i suoi rapporti con Montezemolo? “...Buonissimi, grazie. Come forse lei sa, mi ha fatto i complimenti dopo il discorso di Cortina. Gli faccio tutti i miei auguri, a lui e ai suoi figli”. Anche in politica? “Senta, Montezemolo ha tutto il diritto di candidarsi. Ma in questa legislatura il mandato è andato a Berlusconi, chiaro?”. E quindi? “Ogni altra via è un golpe più o meno mascherato”. E al golpe come reagite? “Con la protesta, con la nostra gente in piazza, con la richiesta inderogabile di elezioni anticipate. Chi voglia governare, dopo Berlusconi, non può avere legittimità senza un voto popolare. Non è d'accordo anche lei?”. pagina 6 Giovedì 8 ottobre 2009 COMPLOTTI N LA SINDROME GOLPE CONTI PUBBLICI TUTTA COLPA DELLA CIA Il premier costretto a smentire le voci sui servizi segreti stranieri di Stefano Citati uando si tratta di servizi segreti, può una smentita cancellare un sospetto? Nel dubbio Berlusconi parla di “follie e quindi non si smentiscono”, “e io non sono certo abituato a a rincorrere le follie soprattutto di certa stampa. Ma quando vedo che qualcuno le raccoglie in maniera spregevole e strumentale, intervengo non solo per smentire ma per esprimere tutto il mio sdegno verso chi sostiene che avrei fatto ricorso a servizi segreti di un Paese amico ma non alleato. Una vera, assoluta follia". Traduzione possibile: non è assolutamente vero – di più, possibile - che il presidente del Consiglio abbia approfittato dei buoni rapporti, dei legami di amicizia, con il presidente russo Putin (ed ex agente segreto del Kgb ai tempi dell'Urss) per chiedergli il favore di capire se ci sia effettivamente in atto un complotto, una strategia per screditare e scaricare il suo governo. Alla guida della manovra, di questa operazione anti-italiana – secondo il retroscena di Verderami sul Corriere della Sera di martedì – ci sarebbe l'America, ovverosia un cattivo servizio che Obama sta facendo al suo alleato. Si potrebbe usare il refrain che fu un classico: è colpa della Cia. Ci crede l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che si dice “non "meravigliato" dalla notizia – divenuta un'interrogazione parlamentare da parte del senatore del Pd Luigi Zanda. L'ex capo dello Stato e ministro degli Interni negli anni Settanta fa riferimento a ricordi personali: “Durante il sequestro Moro e più in generale nella lotta contro il terrorismo rosso e nero, interno, estero e internazionale cercai d'avvalermi della collaborazione non solo dei servizi americani, britannici, francesi e tedesco-occidenta- Q li, ma anche della Spagna e della Jugoslavia di Tito”. E poi un consiglio: “Se Berlusconi me l'avesse chiesto l'avrei sconsigliato di avvalersi dell’Aise (Agenzia informazioni e Sicurezza esterna) dato che settori deviati di questa agenzia hanno complottato contro di lui. E ciò nonostante la totale protezione che a tutta questa Agenzia è con passione accordata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio che è anche Autorità delegata ai servizi”, ovvero Gianni Letta, tirato in ballo come “gran visir” traditore da parte del leghista Calderoli nei retroscena com- Si parla di una richiesta di aiuto a Mosca per capire se gli americani hanno deciso di abbandonarlo prio a Putin attraverso l'interesse per l'oleodotto South Stream contro il progetto Nabucco che aggira il territorio russo, come polemicamente ricordato dal neo ambasciatore Usa David H. Thorne. Al momento Roma è il secondo partner commerciale di Mosca, ma con il nuovo governo tedesco potrebbe presto salire al primo posto. Quella americana è una preoccupazione strategica: “Tutti i soldi dati a Putin finiscono in rifornimenti di tecnologia militare avanzata, determinando un’escalation bellica costosa e lunga da colmare. In estate il think-tank Aspen institute americano ha organizzato a Denver un dibattito sul 'Pericolo Italia'. Altro piccolo segnale: chi è andato a trovare per primo l'ambasciatore Thorne?: il presidente della Camera Gianfranco Fini, in questi ultimi tempi visto come l'unico vero oppositore del premier”, mette in fila plotteschi. Provando a mettere insieme elementi reali, può emergere l'abbozzo di un quadro che rivela l'aria che tira, il segno di questi ultimi tempi: “La ormai aperta, dichiarata opposizione degli Stati Uniti al governo italiano. A Washington sono molto preoccupati per la situazione italiana e per il modo in cui vanno le cose e addirittura furiosi fuori dagli incontri diplomatici ufficiali per il preteso ruolo di mediatore tra Usa e Russia che Berlusconi vuole mostrare di essersi ritagliato”, condensa il senatore Paolo Guzzanti. Con basi concrete, geopolitiche: l'appoggio di Berlusconi pro- Commissione Ue: procedura contro l’Italia L a Commissione europea applica i parametri di Maastricht anche nella crisi e avvia la procedura d’infrazione contro 9 Paesi che non hanno mantenuto il rapporto tra deificit e Pil al 3 per cento. Tra questi c’è l’Italia, soprattutto perché lo scostamento “non è temporaneo”. C’ERA UNA VOLTA I SERVIZI A SINISTRA el resto il Muro è caduto. E non da ieri. Nulla di cui stupirsi, quindi, se il mondo va al rovescio e il più anticomunista tra gli anticomunisti sia fraterno amico di Vlad Putin: ex Kgb, ex un mucchio di cose, soprattutto ex comunista. Nel ribaltone cosmico, ci finisce a buon diritto anche la Cia: “nemica” storica delle sinistre del globo terracqueo, è stata alibi e spettro di innumerevoli retroscena nazionali ed internazionali. Alla rinfusa: si parlò sei servizi segreti a stelle e strisce ai tempi di Craxi nella crisi di Sigonella, durante il sequestro Moro e all’ombra di Gladio. Ora si scrive che il signor B. sospetta manovre anti-nazionali ai danni della maggioranza di centrodestra. E l’allusione sarebbe proprio alla cara vecchia Cia. Saltate le marcature, perché no? Dopotutto succedono e si succedono cose assai bizzarre: la Consulta (di sinistra) dichiara illegittime le leggi, le gentili signorine parlano con i magistrati (di sinistra), a capo della maggiore potenza del mondo è stato eletto un signore abbronzato (di sinistra). Sarà mica diventata comunista anche la Cia? D Barack Obama e Silvio Berlusconi (DI) Foto Ansa ( Guzzanti. Altro che complotto dei poteri forti, quelli che non si capisce mai chi siano. Altro che golpe. La situazione è più simile a “un assedio” descrive il deputato che ha rotto con l'ex amico Berlusconi: assedio da parte di Usa e Chiesa. Il Vaticano critica fermamente, ma senza nomi, il comportamento privato dei politici; l'America usa le forme vellutate della diplomazia. “Ma c'è un punto del quale mi pare si debba tener conto: il tesoretto svizzero legato alla vicenda Frank Agrama-Paramount, le fatture gonfiate per i film Mediaset, e la sottrazione di denaro al fisco italiano e agli azionisti; se entra in gioco il Revenue service americano sono dolori: non c'è lodo Alfano o altro che tenga, un reato contro l'erario Usa non viene certo parato dalla legge italiana, mentre lo scudo fiscale può anche coprire il ritorno dei capitali dalla Svizzera”. Altro che problema interno, anche a Bruxelles si giudica Roma Lo storico leader Verde Cohn-Bendit: sono in gioco i diritti fondamentali. Critiche anche ai liberali L’ANM “Lodo Mondadori, accuse assurde” “È incredibile che esponenti politici possano parlare di "disegno eversivo" e affermare che ci sia "chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano". Lo sostiene la giunta dell’Anm a difesa della sentenza che ha condannato la Fininvest a un risarcimento di 750 milioni di euro a favore della Cir (nella foto, Segrate sede Mondadori). PARLAMENTO Sanzione per Barbato C hi contesta la mafia è cacciato dalle istituzioni, nelle quali, restano i mafiosi". "Viva don Silvio da Corleone!": è quanto ha urlato nell’Aula della Camera, Franco Barbato, il deputato Idv, cui l’ufficio di presidenza della Camera ha comminato la sanzione procedurale. INFANZIA Governo sotto due volte D ue volte sotto: il governo inciampa sul garante dell’infanzia, la cui istituzione è in discussione alla Camera. Dopo esser stato sconfitto martedì sera, ieri a farlo andare sotto è stata una votazione su una questione procedurale. FIDUCIA CONSUMATORI di Alessandro Cisilin e fotografie del leader sessantottino sono oramai remote, e a Daniel Cohn-Bendit non interessa nascondere il tempo. La conversione a politico navigato gli si addice - fin troppo, obiettano da sinistra – al punto da consegnargli alle europee di quest’anno un inaspettato trionfo elettorale, coi Verdi a rappresentare l’unico partito continentale ad aumentare i propri seggi. L’atmosfera in queste ore è però tesissima e la ragione è l’Italia. A Bruxelles rimbalzano le notizie sul Lodo Alfano e sulle minacce degli alleati del premier. Incontriamo la centrista fiamminga Annemie Neyts, presidente del Partito liberale europeo, che si dice “indignata” e richiama ai principi democratici dell’“indipendenza della magi- L stratura e dell’uguaglianza di tutti davanti alla legge”, precisando “senza distinzione alcuna”. Nei corridoi europei prevale però la prudenza, anche perché l’assemblea è già coinvolta in un’altra emergenza italiana, quella sull’informazione, e per giunta si trova costretta a subire l’assedio degli uomini del premier. Il Partito popolare europeo, facendosi portavoce del Pdl – che ne fornisce un’importante quota di deputati – con un blitz tenta di togliere dall’ordine del giorno di stamani la prevista discussione sull’anomalia mediatica in Italia. Ma ai voti perde, anche perché il mite Cohn-Bendit ritrova in aula l’antica verve e sbotta, accusando la destra di voler zittire anche l’europarlamento. La destra però forse non ha tutti torti nell’argomentare che si tratta di un “problema interno all’Italia”. “Non esiste alcun ‘problema interno’ nell’Unione europea, tantomeno quando si tratta di diritti essenziali. La libertà di informazione è nei Trattati, nella Carta europea dei diritti fondamentali, nella Convenzione del 1950 sui diritti dell’uomo. Abbiamo il dovere di occuparcene”. Il nodo-informazione e il dibat- L’Europarlamento discuterà oggi del conflitto di interesse, nonostante i tentativi di stop tito di oggi induce i suoi colleghi a tenere la bocca cucita su altre emergenze italiane, a cominciare dal Lodo Alfano. In Italia però i sostenitori del provvedimento citano proprio la legislazione del suo paese. “In Francia la sospensione dei processi è stata introdotta per il presidente della Repubblica, e anche a questo sono fermamente contrario. Figuriamoci se poi si vuol estendere l’immunità al presidente del Consiglio…”. I legali di Berlusconi però parlano di un premier “primus super pares” (la risposta è una risata) Ora però ci sono gli attacchi del governo alla Corte costituzionale che ha bocciato il Lodo e gli appelli della Lega alla piazza. “Una pericolosa situazione istituzionale emotiva”. Presto i prezzi torneranno su I l pericolo deflazione sembra evitato. Secondo lo Eurozone Economic Outlook, l’inflazione sarà dell’1% nell’ultimo trimestre del 2009 e nel primo del 2010. ALITALIA Su Malpensa non si cambia R occo Sabelli, ad della nuova Alitalia, spiega che “su Malpensa la strategia è definita: potenziaeremo le offerte a corto e medio raggio con il brand Air One”. Giovedì 8 ottobre 2009 pagina 7 PROCESSI Il Lodo Mondadori e quella verità mai ascoltata in tv questa somma di danaro, lo stesso giorno lo trasmette a favore del conto Pavoncella, intestato ad Attilio Pacifico, presso una banca di Chiasso. Appena pervenuta questa somma, Pacifico la preleva in contanti, e siamo al 16 ottobre 1991. Poi di questa somma non vi è più traccia documentale. La legge è uguale per tutti PARLA IL GIUDICE Nella primavera 2006 la rete televisiva franco-tedesca Arte ha mandato in onda il film documentario “Berlusconi, l'affaire Mondadori”, prodotto in Francia e realizzato dal regista Mosco Boucault con Gianni Barbacetto. Nel film, dedicato alla conquista della Mondadori da parte di Silvio Berlusconi e mai visto in Italia, il giudice Paolo Carfì, presidente del collegio del tribunale che nell’aprile 2003 aveva condannato in primo grado Cesare Previti e i suoi coimputati nel processo Imi-Sir/Lodo Mondadori, per la prima volta accetta di spiegare lo svolgimento di quel processo. Quella vicenda è nei giorni scorsi arrivata al suo esito finale dal punto di vista civile, con la sentenza che ordina ora alla Fininvest di pagare 750 milioni di euro alla Cir di De Benedetti, a cui è stata sottratta la Mondadori attraverso una sentenza comprata e venduta. Il giudice Carfì ebbe a subire, durante il processo, una serie infinita di ricusazioni, rimessioni, attacchi, a cui non ha mai risposto. Pubblichiamo qui, tratto dal film andato in onda in Francia e in Germania, una parte del suo racconto dello svolgimento processuale che nessuno in Italia ha potuto finora ascoltare. di Paolo Carfi l Tribunale da me presieduto ha calcolato che se la segretaria di Metta avesse dattiloscritto la sentenza che il giudice aveva scritto a mano, avrebbe avuto bisogno di non meno di cinque giorni, lavorando a tempo pieno. Aveva infatti dichiarato di essere in grado di dattiloscrivere 20, 25 pagine al giorno. Calendario alla mano, deve avere cominciato a scriverla il 18 gennaio. Quindi il giudice Metta avrebbe avuto a disposizione per scrivere 120 pagine su una vicenda estremamente complessa, solamente i giorni 15, 16 e 17 gennaio. E al Tribunale è parso praticamente impossibile, anche in considerazione del fatto che i tempi medi del I giudice Metta per depositare qualsiasi tipo di sentenza erano dai 60 ai 90 giorni. Dunque la sentenza era stata scritta prima della Camera di consiglio del 14 gennaio del 1991. E questo era un grave indizio circa la preferenza accordata a una delle parti del processo. Il giudice Metta e i soldi È risultato, dall’esame dei conti correnti del giudice Metta, che nell’arco di un anno e mezzo, dal 1990 fino alla metà del ’91, sui suoi conti correnti erano stati depositati, in contanti e in varie rate con cadenza più o meno mensile, oltre 600 milioni di lire, con versamenti che vanno dai 10-15 milioni di lire ai 60 mi- lioni di lire per volta. Nell’aprile 1992, il giudice Metta firmò un compromesso per l’acquisto di un appartamento in Roma da 900 milioni, cioè 450 mila euro attuali. Di questi 900 milioni, 150 furono pagati con soldi prelevati dal giudice dal suo conto corrente, 350 milioni erano un mutuo stipulato dal giudice con la banca, gli altri 400 milioni furono dal giudice consegnati in contanti in una valigetta. Per sette volte gli imputati hanno chiesto la ricusazione (prevista dal nostro qualora ritenga che nel corso del processo il giudice abbia compiuto atti contro di lui, oppure che non abbia dimostrato imparzialità). Per sette volte la Corte d’appello ha respinto la richiesta. Per sette volte gli imputati hanno fatto ricorso in Cassazione. Per sette volte la Cassazione ha respinto definitivamente la richiesta. Ma questo ha comportato in alcuni momenti la paralisi del processo. Inoltre nel corso del processo sono state varate anche numerose leggi che non solo avevano delle conseguenze dirette sul processo in corso, ma che hanno comportato anche il blocco del processo stesso, in alcuni casi anche per diversi mesi. La legge sulle rogatorie internazionali fu appunto approvata dal Parlamento nell’ottobre del 2001 e prevedeva che tutti i documenti arrivati dall’estero e trasmessi Paolo Carfi durante il processo. In basso, Giovanni Lipari (FOTO ANSA) dall’autorità straniera (migliaia di pagine) fossero timbrati foglio per foglio dall’autorità giudiziaria straniera. Fino ad allora invece era stata sufficiente una semplice lettera di trasmissione con cui l’autorità giudiziaria straniera confermava l’autenticità degli atti. Il problema era estremamente rilevante nel processo Imi-Sir/Lodo Mondadori perché, guarda caso, le prove principali a carico degli imputati erano rappresentate da documenti bancari provenienti dall’estero, Svizzera, Lussemburgo, Liechtenstein, Montecarlo... In base alla nuova legge, noi avremmo dovuto, immagino, affittare camion su camion per rimandare tutti questi documenti all’estero per far timbrare tutto. Conseguentemente il processo sarebbe rimasto paralizzato per mesi. I conti all’estero Pochi giorni dopo la pubblicazione della sentenza Mondadori di Metta, avvenuta il 24 gennaio 1991, si erano realizzate delle movimentazioni finanziarie estero su estero che, come dire, avevano colpito la pubbli- In conclusione, il Tribunale ha ritenuto che il quadro indiziario a carico degli imputati con riferimento al caso Lodo Mondadori fosse di particolare gravità. Il tribunale ha messo insieme tutti questi indizi: la stesura della sentenza in tempi rapidissimi e assolutamente incompatibili sia con la logica sia con le abitudini del giudice Metta; il fatto che si può ritenere che la sentenza sia stata scritta prima del 14 gennaio 1991 e fuori dai circuiti del tribunale; il fatto che neanche venti giorni dopo la pubblicazione della sentenza arrivano sul conto di Previti 3 miliardi di lire con l’itinerario che è stato descritto; il fatto che al giudice Metta compaiono improvvisamente in mano 400 milioni, utilizzati per l’acquisto della casa... Insomma, tutto questo ha fatto ritenere al Tribunale provata la responsabilità degli imputati non solo per il caso Imi-Sir, ma anche per il caso Lodo Mondadori. Devo dire che ci sono stati dei momenti in cui ho pensato veramente che l’unica cosa importante fosse non tanto la decisione che eravamo chiamati a prendere – e cioè decidere se erano colpevoli o innocenti – quanto arrivare comunque a concludere questo processo. Riuscire a portarlo malgrado tutto a conclusione, perché solamente in questo modo quella frase che campeggia alle spalle di ogni giudice nelle aule giudiziarie italiane, “La legge è uguale per tutti”, ha un senso. E credo che quella frase sia l’unica cosa che dia un senso al lavoro di un magistrato. Paolo Carfi racconta il processo in un film inedito trasmesso solo in Francia e Germania ca accusa. Mi riferisco in particolare al fatto che in data 13 febbraio 1991 dal conto All Iberian, riconducibile alla Fininvest, parte la somma di 272.732.868 dollari americani (3 miliardi di lire italiane) e va sul conto Ferrido, altro conto riconducibile alla Fininvest. Il giorno successivo, 14 febbraio 1991, questa somma di danaro viene accreditata sul conto Mercier, acceso presso la Darier Hentsch di Ginevra da Cesare Previti. Pochi giorni dopo, intorno al 25 febbraio 1991, la metà di questa somma, pari a 1 miliardo e mezzo di lire italiane, viene dal conto di Previti accreditata sul conto Careliza di Acampora, altro conto acceso all’estero. Da lì, nell’ottobre 1991, una somma pari a 425 milioni viene dal conto di Acampora ritrasmessa al conto di Previti che, ricevuta “Provenzano mi disse: tranquilli, Dell’Utri è il nostro contatto” Processo Mori, il pentito Giuffrè accusa. E sulla trattativa Stato-mafia Lipari ammette: portammo il “papello” nella cassetta della posta di Ciancimino di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza on Forza Italia siamo in buone “C mani, nel giro di 10 anni i nostri problemi saranno risolti. Il nostro contatto è Marcello Dell’Utri’’. Sono parole del boss Bernardo Provenzano confidate al suo braccio destro Nino Giuffrè, e da quest’ultimo riferite ieri mattina nell’aula bunker di Rebibbia nel processo ai due ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu accusati di avere ‘coperto’ la latitanza del capomafia corleonese. Un’accusa che si spiega, secondo i pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, nell’ambito della trattativa tra mafia e Stato condotta nella stagione delle stragi; i pm hanno anche chiesto la citazione in aula dell’ex presidente dell’Antimafia Luciano Violante e del figlio di don Vito Ciancimino, Giovanni, testimone oculare del ‘papello’, l’elenco di richieste che i boss presentarono allo Stato per fermare le stragi. Il geometra Lipari. Una vicenda ancora oscura su cui, al di là del processo a Mori e Obinu, la procura di Palermo continua ad indagare; i pm Ingroia e Di Matteo hanno recentemente interrogato un testimone diretto, che questa volta è un uomo del gotha di Cosa nostra: Pino Lipari, 74 anni, l'ex geometra dell'Anas che fu ''consigliori'' di Totò Riina per gli appalti, e braccio destro di Bernardo Provenzano nella stagione della ''sommersione'' mafiosa, oggi agli arresti domiciliari per una condanna a 16 anni. Dai suoi verbali, redatti nel 2002 e secretati dalla Procura di Palermo, emerge un vero e proprio ‘film’ della trattativa: la scelta del ''postino'', i dubbi su Vito Ciancimino, definito '''u Maresciallo''; le riunioni per stilare le richieste da affidare al generale Mario Mori; la comparsa, a sorpresa, di Giovanni Brusca, nel ruolo di ''consulente''; la consegna, infine, del ''papello'' (poche righe scritte a macchina, in una busta chiusa) nella cassetta della posta nella portineria di via Sciuti, nel- l'ormai storico palazzo palermitano che ospitò don Vito durante gli anni ruggenti del ''sacco'' di Palermo. Dopo un primo tentativo di collaborare con la giustizia, sette anni fa, Lipari, ritenuto allora inattendibile, è stato riascoltato nei giorni scorsi dai pm e ha confermato tutte le dichiarazioni già rese. Ecco in sintesi, cosa ha raccontato ai magistrati nel 2002. Il “primario”. . “Nel maggio del '92, subito dopo la strage di Capaci, viene a trovarmi mia moglie in carcere e mi dice: ''Pino, è venuto un figlio di Ciancimino, mi sono spaventata, stavo entrando nel portone, e lui si avvicinò con una motoretta e un casco nero in testa. Alzò la visiera e disse: 'Signora, non si spaventi, sono io, Ciancimino'. Mia moglie non mi seppe dire se era Massimo o Roberto. Il ragazzo le chiese quando avrebbe fatto il successivo colloquio con me, per rife- L’indagine di Palermo: il braccio destro del boss e lo scambio con lo Stato rirmi che suo padre aveva bisogno di un appuntamento con il 'primario' e non con l' 'aiuto'. Capii di cosa si trattava. Ciancimino voleva un appuntamento con il 'numero uno': con Riina e non con Provenzano. Dissi a mia moglie di rispondere che io non avevo contatti con il 'primario'; seppi poi che questo contatto Ciancimino lo intraprese con altre persone”. Il “mediatore”. “Tra il 2001 e il 2002 Provenzano mi incaricò di contattare il dottor Nino Cinà perchè aveva bisogno di alcune prescrizioni di farmaci. Quando lo incontrai, lui mi raccontò che, in quello stesso periodo (dopo la strage di Capaci, ndr), era andato a trovarlo il figlio di Ciancimino, dicendogli che don Vito aveva bisogno urgente di vederlo. A questo punto, Cinà continuò: 'Così mi recai in via Sciuti a casa di Ciancimino, lui mi disse che si era rivolto a me, come ultima sponda, perchè aveva bisogno di contattare Riina, a seguito di un incontro che aveva avuto con Mori e De Donno'. Ciancimino gli spiegò pure che in precedenza aveva contattato me, per questa cosa, ma che io non potevo dargli il raccordo con Riina. Cinà gli rispose che si sarebbe interessato. Ma si insospetti' e gli chiese: deve essere per forza lui? Ciancimino rispose: 'Deve essere lui e basta'. Il dottore sospettava che Ciancimino potesse essersi prestato a favorire l'arresto di Riina. E mi rivelò: 'Mi sono visto con Totuccio'. Riina gli disse: vieni tra un po' di giorni, che gli do' la risposta: era quel famoso 'papello'. Dopo questi giorni, Cinà ritiro' il 'papello' che era stato steso da Riina, da Giovanni Brusca e da altri. E in una busta chiusa lo depositò nella cassetta della posta, nella portineria di Ciancimino in via Sciuti. Previa citofonata allo stesso Ciancimino, adducendo che aveva problemi di parcheggio per la sua auto. Alla fine di questo circostanziato racconto, chiesi a Cinà: 'Nino, fammi la cortesia: mi devi dire che cosa c'era in questo papello'... Lui rispose: 'Erano poche righe'. E me le spiegò”. Papello “giuridico”. “Nel papello si parlava di una modifica della legge sui pentiti; dell'eliminazione del 41 bis e dell'ergastolo; si parlava del sequestro dei beni: di come evitare tutte queste confische; si parlava di rifare i processi, c'era scritto proprio così: rifare; poi di un allentamento della pressione investigativa e di un nuovo codice penale. Cinà mi raccontò anche che ricevette in consegna un foglio, lo mise in una busta, e la chiuse. Il foglio era scritto a macchina, ma non da Riina... Chiddu manco a macchina scrive (Quello non scrive neppure a macchina, ndr)... “. pagina 8 Giovedì 8 ottobre 2009 Otto anni di processi e sentenze per la mattanza della scuola Diaz C’ CRONACHE è già chi vuole cambiare la storia, come il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri, secondo il quale l’assoluzione di De Gennaro e Mortola “dimostra che per anni è stata organizzata un’immotivata campagna di denigrazione delle forze dell’ordine”. Oltre a dimenticarsi del rinvio a giudizio di Colucci, che lo stesso De Gennaro ha definito come uno dei nove poliziotti più alti in grado in Italia, Gasparri continua a parlare del G8 come se non ci fossero stati otto anni di processi e sentenze. Secondo i giudici di primo grado, l’irruzione alla Diaz avvenne “non solo al di fuori di ogni regola e di ogni previsione normativa, ma anche di ogni principio di umanità e di rispetto delle persone”. Il vicequestore Michelangelo Fournier, che vi prese parte, la definì una “macelleria messicana”. Almeno due persone, quella notte, rischiarono di morire per le botte prese, compreso l’inglese Mark Covell, ridotto in fin di vita fuori dalla scuola, prima dell’irruzione. E le due bottiglie molotov esibite come prove contro gli arrestati furono portate lì dalla polizia. LO SQUALO INNOCENTE Assolto l’ex capo della Polizia De Gennnaro: non ha istigato a mentire sui fatti del G8 di Mario Portanova alvo ricorsi in appello, ‘lo Squalo’ ha chiuso i conti con il G8 di Genova. Almeno quelli giudiziari. Il Gup di Genova Silvia Carpanini ha assolto l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro, direttore del Dipartimento delle Informazioni per la sicurezza, dall’accusa di istigazione alla falsa testimonianza. Stessa sorte per Spartaco Mortola, capo della Digos genovese ai tempi del G8 e oggi Questore vicario a Torino. È stato invece rinviato a giudizio per falsa testimonianza l’ex questore della città ligure Francesco Colucci. Secondo i pubblici ministeri Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, De Gennaro e Mortola avrebbero fatto pressioni su Colucci per pilotare la sua testimonianza al processo contro 29 poliziotti per la sanguinosa irruzione alla scuola Diaz, concluso il 13 novembre 2008 con 13 condanne e 16 assoluzioni. Per i pm, la manovra doveva servire a escludere un ruolo diretto di De Gennaro nell’operazione condotta la notte del 21 luglio 2001, conclusa con il ferimento di 61 dei 93 arrestati. Colucci, inoltre, avrebbe avuto il compito di alleggerire la posizione dei più alti vertici della polizia imputati, modificando in aula le versioni rese ai pm durante le indagini. “Il giudice ritiene che ci siano gli elementi per rinviare a giudizio un imputato e nello stesso tempo assolve quelli che abbiamo indicato come gli istigatori”, spiega Zucca. “Per deci- S L’ex Capo della Polizia Gianni De Gennaro (FOTO ANSA) Rinviato a giudizio l’ex Questore che si vantò di aver aiutato gli altri imputati con la sua testimonianza dere se ricorrere in appello dobbiamo leggere bene le motivazioni”, che dovrebbero esser depositate entro quindici giorni. Gli elementi d’accusa stanno nelle intercettazioni telefoniche disposte in seguito alla sparizione, durante il processo Diaz, delle due bottiglie molotov portate dalla polizia nella scuola e presentate come prove a carico dei manifestanti presenti (in seguito tutti pro- sciolti). Nelle conversazioni registrate, Colucci discute con Mortola e altri della sua deposizione in aula, fissata il 3 maggio 2007. Accenna al fatto di averne parlato circa un’ora “con il capo” a Roma. Cerca di sanare una contraddizione tra le testimonianze che lui e De Gennaro hanno reso in istruttoria, su chi dei due ha preavvertito del blitz, il portavoce della polizia Roberto Sgalla (Colucci in un primo tempo aveva indicato De Gennaro, quest’ultimo gli aveva rinfacciato di “ricordare male”). Dopo la testimonianza in aula, drammatica e controversa, l’ex questore si vanta “di aver dato una grossa mano ai colleghi imputati” e “due legnate ai pm” confondendo le acque sulla catena di comando del blitz. In quelle telefonate, però, la viva voce di De Gennaro non compare mai. Un elemento che certamente ha pesato nell’assoluzione. “Sono stupefatta”, commenta l’avvocato Laura Tartarini, parte civile per conto di una vittima della Diaz. “Se Colucci vie- ne rinviato a giudizio, significa che le prove, cioè le intercettazioni, sono ritenute valide. Ma a chi avrebbe giovato l’eventuale falsa testimonianza di Colucci? Al capo della polizia e ai suoi colleghi imputati”. Sul ‘cui prodest’ si discuterà a lungo, soprattutto se Colucci sarà condannato. “Noi abbiamo scelto il rito abbreviato e lui no”, ribatte Franco Coppi, legale di De Gennaro, “cosa che comporta valutazioni diverse da parte del giudice. La falsa testimonianza, inoltre, non presuppone l’istigazione. Colucci potrebbe aver pensato di compiacere il capo e i colleghi di sua iniziativa. E ricordo che dopo la famosa deposizione in aula, De Gennaro gli ha scritto pregandolo di ripresentarsi a chiarire tutto, nel caso avesse detto qualcosa per compiacerlo”. Lorenzo Guadagnucci, del Comitato Verità e giustizia per Genova, quella notte era nella scuola e fu pestato a sangue dalla polizia. “Sul piano giudiziario l’assoluzione di De Gennaro non mi sorprende: era un reato difficile da dimostrare. Poi nella storia della magistratura italiana non si ricordano condanne a personaggi del suo livello. Resta la sostanza, fissata nelle intercettazioni e nelle sentenze degli altri processi: i vertici della polizia di Stato hanno ostacolato le indagini sul G8, non hanno collaborato con la magistratura e hanno rifiutato di assumersi le loro reponsabilità. Credo che De Gennaro, come capo della polizia, si porti dietro la responsabilità di quella sera. Comunque”. Messina, il Comune con un ‘buco’ da 500 milioni di euro Il Sindaco Buzzanca e il sistema di clientele che mangia soldi pubblici lasciando la città in bancarotta di Enrico Fierro lza la voce Peppino Buzzanca. “Le Arievittime di Messina non sono di seb”. Vuole i funerali di Stato e li ottiene. Sabato lutto nazionale. E così i morti di Giampilieri saranno finalmente onorati e riceveranno quelle attenzioni che non hanno avuto da vivi. Quando la politica pensava ad altro. Non ai soldi da spendere per mettere in sicurezza il borgo dopo l'alluvione del 2007, ma alla gestione del potere. Che qui è granitico, immutabile e si trasmette per eredità familiare. È finita la Prima Repubblica, sono scomparsi i vecchi partiti, ma le grandi famiglie politiche, quelle che hanno governato ai tempi della Dc e del Psi, dominano ancora. La città “è uno stagno in cui non vi è alcun alito di vento che agiti le acque”. Analisi tristissima e desolante quella del magistrato Giusto Sciacchitano. Fa da filo conduttore del libro inchiesta Messina capitale d'Italia di Roberto Gugliotta e Gianfranco Pensavalli. Qui, più che in qualsiasi altro luogo d'Italia, la politica non ha remore nel- la gestione del potere. Il Comune ha un deficit di 500 milioni di euro. La bancarotta è vicina. Eppure il sindaco Buzzanca arricchisce il pool di avvocati a sua disposizione di altri sette legali. Da otto a quindici per una spesa di 270.000 euro l'anno. Nell'elenco un ex parlamentare di Forza Italia, Antonino Gazzara, Mariangela Ferrara, cognata di Rocco Crimi, sottosegretario allo Sport, e Giulia Carrara, la sorella di Nuccio, un ex senatore di An. Il manuale Cencelli domina e detta le regole per la spartizione di enti, partecipate, società miste, ospedali. La Corte dei Conti ha analizzato i bilanci delle Aziende sanitarie siciliane del 2008. Il deficit è di 331 milioni di euro, l'azienda che si piazza al secondo posto del grande scialo (al primo c'è Catania) è quella di Messina: un buco di 62 milioni. A dirigerla Salvatore Furnari, un uomo di Rocco Crimi, il potentissimo sottosegretario allo sport. Nel cda del Vittorio Emanuele, il teatro della città, siedono Daniela Faranda, cugina del deputato Pdl Nino Germanà e Gustavo Ricevuto, fratello di Nanni, il Presidente della Provincia. Tutto a loro nella città di Peppino Buzzanca, una condanna sul groppone a sei mesi per ‘peculato d'uso’ quando era Presidente della Provincia. La storia è nota e fece ridere l'Italia. Era il 1995, Buzzanca, sposato da pochi giorni decise di fare un regolare viaggio di nozze. Solo che si fece accompagnare dall'autista con l'auto blu dell'ente. Processato venne condannato e dovette dimettersi. Non poteva più fare il sindaco, né candidarsi. Nessun problema: anche per lui il governo Berlusconi varò una leggina, decidendo per decreto che il reato andava depenalizzato e che comunque non rientrava tra le cause di ineleggibilità. La politica lo sostenne, la legge pure e i messinesi non gridarono allo scandalo. La poltrona di sindaco era nel frattempo stata occupata dal centrosinistra con Francantonio Genovese, un ricco imprenditore dalle nobili origini democristiane. Suo zio era Nino Gullotti, uno dei potenti della Dc siciliana, suo padre Luigi senatore dello scudo crociato. Ma durò poco. Nel 2006 Genovese cade, il Comune viene commissariato, pochi mesi dopo si va al voto e Buzzanca stravince. Nel piatto della ‘nuova’ Messina c'è una torta ricchissima: 247 milioni per il waterfront, 100 per il risanamento delle aree industriali dismesse. Grandi business per le solite grandi famiglie di imprenditori e costruttori. Nel frattempo il potere litiga sulle responsabilità per il disastro e i morti dell'alluvione: Nania contro Prestigiacomo e Bertolaso, il sindaco contro tutti. E i soldi per il risanamento non ci sono. La Regione ha chiesto un miliardo per le opere più urgenti, il ministero dell'Ambiente ha stanziato solo 106 milioni, mentre dalla Ue sono in arrivo, ma per tutte le realtà italiane, spiccoli: 50 milioni dai fondi strutturali. Messina e le sue colline fragili aspettano. È finita la Prima Repubblica, ma restano i potentati che dominano da sempre N ’NDRANGHETA Un fondo da 870 milioni di dollari U n certificato di deposito da 870 milioni di dollari della Credit Suisse. È quanto ha trovato la Guardia di Finanza a Rosarno, piccolo comune del calabrese, perlustrando la macchina di due persone ritenute vicine alle cosche della zona. I due sono ora denunciati per associazione a delinquere. MORTE A NAPOLI Presi i killer del musicista romeno A rrestati a Malaga, dalla squadra mobile di Napoli e dalla polizia spagnola, i presunti killer di Petru Birladeanu, musicista romeno di 33 anni ucciso a Napoli il 26 maggio. Si tratta dei cugini Maurizio e Salvatore Forte, pregiudicati napoletani. Il fisarmonicista venne ucciso da un proiettile vagante durante una sparatoria in cui rimase ferito un quattordicenne. I cugini Forte devono rispondere di omicidio aggravato dal vincolo camorristico e detenzione di armi da guerra. CAP ANAMUR: PROSCIOLTI Avevano salvato 37 immigrati S ono stati assolti dal tribunale di Agrigento i tre imputati per la vicenda della Cap Anamur, la nave dell’omonima associazione umanitaria tedesca che nel 2004 salvò la vita a 37 immigrati, alla deriva nel Canale di Sicilia. Il presidente dell’associazione Elias Bierde, il comandante della nave Stefan Schmdt e il primo ufficiale Vladimir Dachkevitce furono accusati per questo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Inoltre, la Cap Anamur fu al centro di un incidente diplomatico. La nave chiese di attraccare in Italia dopo aver riparato il proprio motore a Malta, dove il Governo italiano pretendeva che i profughi fossero riportati. L'Italia delegava inoltre a Berlino la responsabilità dei profughi. Dopo 21 giorni alla nave venne concesso di attraccare a Porto Empedocle, ma all'arrivo i tre, oggi prosciolti, vennero arrestati. Giovedì 8 ottobre 2009 pagina 9 Chi sono i metalmeccanici in piazza domani L TORNANO GLI OPERAI a Fiom (Federazione impiegati Operai Metallurgici) è il più antico sindacato industriale italiano. Fa capo alla Cgil e si occupa dei lavoratori nelle imprese metalmeccaniche. Il segretario generale, Gianni Rinaldini (in carica dal 2002) ha annunciato uno sciopero di 8 ore previsto per il 9 ottobre, deciso dopo la rottura con Federmeccanica sul rinnovo contrattuale che “recepisce il sistema di regole fissato dall’accordo separato del 22 gennaio senza il consenso della Cgil e senza alcuna validazione democratica dei lavoratori”. In più, Rinaldini ha annunciato che la sua organizzazione ricorrerà in Tribunale qualora Federmeccanica, Fim e Uilm dovessero sottoscrivere un accordo separato per il rinnovo del contratto di categoria triennale, così come prevede il nuovo assetto sui contratti. “Faremo tutti gli atti del caso, anche dal punto di vista legale”, ha sottolineato il leader dei metalmeccanici (che in Italia sono circa 2 milioni) della Cgil. La replica del Quirinale alle polemiche sullo scudo A Colleferro il “sequestro” ha funzionato di Pasquale aro Direttore, Cin relazione al protrarsi di La Alstom promette che non chiuderà, ma i dipendenti non si fidano del tutto. E temono il trasferimento Un operaio della Alstom di Colleferro parla dopo le proteste (FOTO ANSA) di Valentina D’Amico Colleferro (Roma) na segnale positivo l’abbiamo ottenuto. Mentre ieri l’azienda ci dava solo nove mesi di vita, oggi (ieri, ndr) ci hanno promesso che si impegneranno a trovare una soluzione per evitare la chiusura”. L’azione di forza, lo pseudo sequestro dei tre dirigenti dell’Alstom attuato martedì dagli operai di Colleferro, è andata a segno. Nella mattinata di ieri, dopo un incontro, a Frascati, tra l’azienda e il Coordinamento aziendale europeo (che riunisce i rappresentanti sindacali dei vari stabilimenti Alstom in Europa) “ci è stato promesso che entro la fine dell’anno presenteranno un nuovo progetto industriale che ci consenta di uscire da “U questo tunnel” spiega Paolo Caviglia, Rsu Cgil. In concreto non molto. “Insieme alla regione Lazio – dice Caviglia – l’Alstom valuterà l’opportunità di creare un polo manutentivo per le linee regionali e le aree metropolitane. Un polo costituito da una parte pubblica e una privata”. La multinazionale francese metterebbe a disposizione le maestranze. Gli operai e gli impiegati della Alstom per ora tirano un sospiro di sollievo. La prospettiva di un trasferimento a Napoli o addirittura in Francia, come paventato mercoledì dall’azienda, non era allettante. L’età media in fabbrica è di 40 anni. “L’azienda ci tiene a dare di sé un’immagine pulita, di vicinanza ai dipendenti e per questo che si fa avanti con queste proposte – spiega Caviglia - ma per noi è difficile lasciar tutto e andar via. Un trasferimento di questo tipo non so fino a che punto si possa prendere in considerazione. Ognuno di noi ha famiglia, un mutuo contratto per comprare casa, figli piccoli, come si può pensare di trapiantarci oltr’alpe?” Ma anche chi, a 57 anni, potrebbe anche andare in pensione non ci sta a mollare. Mauro Perna, impiegato, da 30 anni responsabile del settore elettrico, una figlia ancora a carico, con una moglie che non lavora, dice: “Parlano tanto di alzare il tetto dell’età pensionabile e poi, all’atto pratico, nessuno disdegna di ricorrere ai soldi di mamma Inps” per i pre-pensionamenti. E non si capacita, Mauro, del perché lo stabilimento di Colleferro “che raccoglie le pro- fessionalità di un’intera provincia che è quella di Roma e oltre” sia stato costretto a lavorare soltanto sulla manutenzione. “Siamo nati come costruttori di treni – dice – è l’Alstom che ha deciso, già due anni fa, di concentrare il lavoro solo sulle riparazioni perché il mercato italiano, ci dicevano, non permetteva di avere due siti dedicati alla costruzione. A Savigliano si costruisce e a Col- LA CRISI CHE CAMBIA LA FIOM Milano sciopero di otto ore, domani, a Unovonosostegno della vertenza per il rindel contratto dei metalmeccanici: una scelta approvata all’unanimità dal comitato centrale della Fiom-Cgil ma che ha trovato l'opposizione degli altri sindacati. Con lo strappo di Federmeccanica, l’associazione di categoria controparte dei sindacati, che ha rigettato la piattaforma contrattuale. Le questioni sul tavolo sono tante e molto delicate perché pesanti da sopportare. Soprattutto per i lavoratori ai quali viene chiesto un nuovo sacrificio: otto ore di sciopero a chi sta vivendo con un salario decurtato. La richiesta di scendere in piazza, infatti, vale anche per coloro che stanno attuando presidi e mobilitazioni per scongiurare la chiusura delle aziende. Il settore metalmeccanico è tra i più colpiti dalla crisi: da gennaio ad agosto sono state autorizzate 268 milioni di ore di cassa equivalenti a circa 20 mila posti di lavoro a zero ore. In tempi di crisi reale oppure usata da grandi aziende (in particolare multinazionali) per delocalizzare, smantellare, e chiudere siti produttivi. In concomitanza con lo sciopero le tute blu della Cgil hanno quindi organizzato manifestazioni interregionali per permettere a tutti di partecipare. «Dentro le aziende fuori dalla crisi» lo slogan che campeggia sui manifesti in una Milano che si appresta ad accogliere i lavoratori di tutto il Nord. Alle 9.30 da porta Venezia fino a piazza del Duomo, dove interverrà Gianni Rinaldini segretario generale della Fiom. Milano, città della lotta operaia di tante aziende e della fabbrica simbolo: la Innse. “Lì abbiamo chiuso un grande accordo sindacale” rimarca Maria Sciancati, 30 anni in fabbrica prima della nomina nel 2006 a segretario generale della Fiom Milano. Un accordo che però non si sarebbe mai sottoscritto se gli operai si fossero rassegnati. Invece no, “dimostrando una fortissima coscienza politica” aggiunge Sciancati. Contro la crisi serve coesione “perché è impensabile che in una fase drammatica per tanti lavoratori si pensi a distruggere il contratto nazionale”, dice la Sciancati. Ma in gioco, sempre secondo il segretario della Fiom di Milano, non c'è solo la contrattazione separata quanto piuttosto l'idea, il concetto in sé, del ruolo dei lavoratori all' interno delle fabbriche. C'è la volontà di mutare i rapporti sociali ed è per questo che la lotta nelle fabbriche per il mantenimento dei posti di lavoro ha una profonda valenza sociale oltre che politica”. Le azioni di presidio e di occupazione in atto quindi, secondo Sciancati, rafforzano anche il ruolo del sindacato e la consapevolezza dei lavoratori. Ma la Fiom di Milano, oggi, sta diven- leferro si ripara, questo ci ripetevano continuamente”. E proprio da Savigliano, provincia di Cuneo, arriva la notizia di un’ora di sciopero previsto per stamattina, con uscita anticipata dalla fabbrica, “per sostenere la causa dei nostri colleghi di Colleferro, perché oggi tocca a loro, domani a chi?” In un comunicato congiunto, le rappresentanze sindacali unitarie attaccano la strategia industriale della Alstom “che fa a pezzi le nostre fabbriche e il nostro lavoro” e chiedono “dove sono finiti i proclami della multinazionale francese che ha dichiarato grandi propositi e acquisizioni di commesse per il mercato italiano e non” e “perché porre la pregiudiziale che le commesse debbano arrivare da un cliente italiano per salvare il sito di Colleferro”. Il punto è che in questa vertenza, come in tante altre che si stanno consumando in giro per l’Italia, sembra che il problema principale non sia la crisi economica-finanzia e òa pesante recessione che ne è derivata. Lo spiega in parole semplici Mauro Perna quando dice che “la Alstom ha un sacco di lavoro, basterebbe che ci facesse lavorare invece che dare l’attività in appalto a ditte esterne”. Aziende delle regioni meridionali, della Campania e del napoletano, soprattutto. Per lo più ditte individuali, in cui gli operai costano meno, si accontentano di avere diritti sindacali “perché quando uno ha bisogno si adatta”. E magari sono anche meno preparati, insinuano da Colleferro. “Nel nostro settore però - afferma Perna - la professionalità è importante per essere competitivi, per garantire sicurezza. Parliamo di treni che trasportano persone”. E quella dell’appalto a ditte esterne è una storia vecchia, come vecchia è la periodica minaccia di chiusura da parte dell’azienda. “È già successo nel 2007”, ricorda Perna. Poi la soluzione definitiva del problema è stata posticipata, come i manager sembrano intenzionati a fare oggi. Alla Alstom di Cuneo oggi si sciopera per Colleferro: “La prossima volta potrebbe toccare a noi” MANIFESTAZIONE di Elisabetta Reguitti Cascella* tando diversa da come la si immagina, perché gli operai, nel capoluogo lombardo a differenza dei vicini distretti industriali – in forte difficoltà - di Bergamo e Brescia, stanno più dietro le scrivanie che alla catena di montaggio. Non sono i colletti bianchi quanto piuttosto figure sempre più specializzate che si occupano di innovazione, sperimentazione e informatica. Il 75 per cento degli iscritti alla Fiom Milano lavora alla “parte pregiata” della produzione. E anche loro sono investiti dalla cassa integrazione e dalle chiusure. Nokia Siemens Network lo dimostra: con la procedura di cassa integrazione per 350 ricercatori e tecnici progettisti. Nonostante i poli universitari d'eccellenza e i grandi progetti - sulla carta - di innovazione a Milano non si riescono a trovare le risorse da investire su qualcosa che già c'è, che funziona ma rischia di essere cancellato. Secondo Maria Sciancati c’è però un fatto positivo: “Tra i lavoratori dei settori tecnologico e informatico sta nascendo una nuova consapevolezza della necessità di un’organizzazione sindacale. Dal canto nostro l'impegno è di dare risposte adeguate alle richieste di una contrattazione sempre più articolata. Soprattutto quando gli interlocutori sono multinazionali abituate a polverizzare il lavoro e delocalizzare in modo arbitrario. Per loro non esiste mai alcuna responsabilità. A pagare sono sempre i lavoratori”. polemiche su asserite “abdicazioni” da parte del Capo dello Stato all’esercizio del potere di rinvio previsto dall’art. 74 della Costituzione, vorrei rilevare che le valutazioni poste a base della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge n. 103 del 2009 sono riportate nell’ampia nota scritta diffusa la sera di venerdì 2 ottobre. del tutto fuorviante e Éinvece strumentale ricercarle in una arbitraria interpretazione della risposta data dal Presidente ad un cittadino nel corso di un incontro occasionale e fugace nelle strade di Rionero in Vulture. Quella risposta è stata, con ogni evidenza, dettata dalla preoccupazione che persone di indubbio sentire democratico siano indotte a chiedere al Presidente della Repubblica di “non firmare” le leggi nell’illusione che egli disponga di un potere di veto. l Capo dello stato non Ivalore ha mai inteso negare il della facoltà di rinvio delle leggi, prevista dall’art. 74 della Costituzione, ma sottolinearne le condizioni ed i limiti - in particolare per le leggi di conversione di un decreto-legge, per giunta nel caso specifico di un decreto correttivo di altro provvedimento – trattandosi comunque di una delicata prerogativa da considerare nell’ambito della complessiva funzione di garanzia attribuita al Capo dello Stato dalla Costituzione, di cui vanno bilanciate tutte le possibili modalità di esercizio. Cordialmente. *Consigliere del Presidente della Repubblica per la stampa e la comunicazione Il presidente Napolitano pagina 10 x RAI DI REGIME x TG1, LA NUOVA PRAVDA TRA OMISSIONI E MIRACOLI DI SILVIO Da giugno ad oggi, tutte le notizie che il primo telegiornale del Paese ha taciuto e tutte le volte in cui è stato beatificato il premier di Mario Portanova S ORRISI E INCHINI, strette di mano e pacche sulle spalle, fanfare e marcette. Frivolezze pompate, notizie farfugliate, rimestate, sopite, annebbiate, nascoste, cestinate. Il Tg1 è sempre stato “istituzionale”, ma negli ultimi mesi il suo stile ricorda la Pravda sovietica o, per stare in campo televisivo, l’attuale Cctv del regime cinese: passerelle della nomenclatura, cronache inoffensive, governo che fa tanto e bene in ogni circostanza. Augusto Minzolini, ex cantore del gossip politico, è stato nominato direttore il 20 maggio, si è insediato il 9 giugno e da allora è sotto perenne accusa di servilismo nei confronti di Silvio Berlusconi e del centrodestra. Come si fa una Pravda in una moderna democrazia? Bisogna innanzitutto garantire un apparente “pluralismo” nei pastoni politici, dove le “dichiarazioni” dell’uno e dell’altro politico tendono ad annullarsi a vicenda. Poi bisogna saper confezionare i fatti a seconda dell’effetto che si vuole ottenere. Ecco alcuni esempi da manuale tratti dall’archivio del Tg1. 15 GIUGNO, ORE 20 Il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini è pesantemente contestata a Milano, davanti a una selva di telecamere, durante la presentazione di un libro sulla scuola. L’iniziativa deve essere interrotta, tra le urla degli astanti. Al Tg1 né una parola né un fotogramma. 16 GIUGNO, ORE 13,30 Berlusconi si è incontrato con il presidente Obama a Washington, evento coperto in diretta la sera prima da Porta a porta. Il Tg1 apre con questo titolo: “Obama: ‘Berlusconi un grande amico’”. Ecco alcuni estratti del servizio di Attilio Romita: “La delegazione italiana si dichiara entusiasta, c’è chi dice che tra i due sia scoppiata subito una chimica eccellente... Obama ha accolto Berlusconi esclamando ‘bello vederti amico mio!’. Il presidente americano non si è risparmiato in complimenti: ‘Berlusconi mi piace personalmente’... A più riprese Obama ha ringraziato Berlusconi...”. 17 GIUGNO, ORE 20 Sul Corriere della Sera compaiono le prime notizie su ragazze pagate per partecipare alle feste private di Berlusconi. Dopo la riforma della finanza in Usa e l’opposizione in piazza in Iran, per una volta il premier finisce nel terzo titolo: “Inchiesta su appalti e sanità a Bari. Berlusconi: spazzatura, non mi farò condizionare”. Spazzatura che cosa? Gli appalti? La sanità? Bari? Incomprensibile. Del caso che terrà banco per tutta l’estate si comincia a parlare dopo dieci minuti abbondanti. La vicedirettrice Susanna Petruni fissa la telecamera e scandisce: “Ancora una volta si riempiono i giornali di spazzatura e di falsità, ma io non mi farò condizionare da queste aggressioni e continuerò a lavorare per il bene del paese”. Piccola pausa. “Così il presidente Berlusconi... dopo le indiscrezioni comparse sul Corriere della Sera in merito a sospetti legati a un’inchiesta della Procura di Bari. Ed è botta e risposta tra il Pdl e D’Alema...”. Parte il servizio di Gennaro Sangiuliano. Parla di “una delle tante inchieste su appalti e sanità, cose di ordinaria vita italiana... Solo che la vicenda pugliese si innesta alla scossa annunciata da Massimo D’Alema...”. Nelle intercettazioni “si parla di feste che sarebbero state organizzate a Villa Certosa e nella residenza romana del premier. Tutto da verificare, potrebbe trattarsi di millanterie, o altro. L’indagine è promossa da Giuseppe Scelsi, esponente di Magistratura Democratica. Ma a esplodere è soprattutto la polemica politica su come Massimo D’Alema sia venuto in possesso di queste informazioni...”. Soprattutto. 17 GIUGNO, ORE 20 Berlusconi sorvola in elicottero le zone terremotate d’Abruzzo. E’ in questo momento, in perfetta coincidenza con la prima notizia sul caso escort, che Berlusconi promette la consegna delle prime case entro il 15 settembre. A orologeria questa volta non è la giustizia, ma la promessa. 18 GIUGNO, ORE 13,30 Il nome di Patrizia D’Addario, la escort che ha passato almeno una notte con il premier a palazzo Grazioli, è di dominio pubblico. Sul Corriere è uscita la gaffe dell’avvocato Niccolò Ghedini su Berlusconi “utilizzatore finale” delle ragazze, che diventa un caso nel caso. “Scontro politico dopo l’inchiesta di Bari. Fini: no alla deligittimazione dell’avversario”, recita il terzo titolo di copertina. Berlusconi non è citato nemmeno di striscio. Se ne parla dopo 11 minuti e mezzo, il servizio di Alberto Matano assicura che è ormai il caso “è tutto politico”. Il vero caso di cui tutti gli altri mezzi d’informazione parlano è solo accennato come il “filone relativo alla partecipazione di ragazze a qualche festa del premier”. Il parlamentare del Pd Paolo Gentiloni dice che il presidente deve rispondere alle domande dei giornali. Quali? Lo spettatore del Tg1 non lo saprà mai. Sull’“utilizzatore finale”, silenzio totale. 18 GIUGNO, ORE 20 La storia sparisce dai titoli. La “polemica politica” è descritta in una vera e propria acrobazia semantica: “Il filone sul presunto ingaggio di ragazze per avvicinare i potenti con partecipazione a feste, comprese alcune a palazzo Grazioli e a Villa Certosa...”. La D’Addario non è mai nominata, lo farà prima il Tg5. 22 GIUGNO, ORE 20 Montano la polemiche sui silenzi del Tg1 a proposito del caso Berlusconi-escort e il direttore Minzolini appare in video. La posizione “prudente sull'ultimo gossip o pettegolezzo”, dice, è presto spiegata: “Dentro questa storia piena di allusioni, testimoni più o meno attendibili e rancori personali, non c’è ancora una notizia certa e tantomeno un’ipotesi di reato che coinvolga il premier e i suoi collaboratori”. Una volta tanto che Berlusconi non è accusato di un reato, insomma, è inutile parlarne. 24 GIUGNO, 13,30 L’Ocse ribadisce la pessima previsione sul Pil italiano del 2009: meno 5,5 per cento. Titolo: “Ocse, evitato il peggio della crisi, ma non abbassare la guardia. Tremonti: mantenuta la coesione sociale”. Nel lancio non si fa alcun accenno al dato. Il sottopancia del servizio di Dino Sorgonà dice: “L’Ocse rivede al rialzo previsioni sulla crisi”. Attacco: “Il segretario generale dell’Ocse ha espresso oggi un prudente ottimismo governatore Nichi Vendola”. Dopo un po’ il giornalista precisa “come persona informata dei fatti”. Parla di Giampaolo Tarantini, le cui intercettazioni hanno fatto emergere “un vorticoso giro di feste e ragazze”, e non accenna minimamente al legame con Berlusconi. Nella notte è andata a fuoco l’auto di una di queste, Barbara Montereale, che ha accompagnato Patrizia D’Addario a palazzo Grazioli. Fortunatamente il Tg1 ha già risolto brillantemente l’inquietante caso: “Probabilmente un avvertimento che viene dal passato burrascoso delle ragazze e non certo dalle vicende attuali”. Probabilmente sarà certamente così. 2 LUGLIO, ORE 13,30 L’Istat dice che il rapporto deficit pil nel primo trimestre 2009 è del 9,3 per cento, punta massima mai toccata dal 1999. I titoli del Tg1 parlano della tragedia ferroviaria di Viareggio, dell’approvazione del pacchetto sicurezza, del G8 dell’Aquila (manca una settimana), del via alla stagione dei saldi estivi, 20 luglio: l’Espresso pubblica l’audio di conversazioni imbarazzanti tra Berlusconi e la D’Addario. Lo scoop fa il giro del mondo, ma il Tg1 non ne fa accenno sull’evoluzione della crisi... ha rivisto in meglio le previsioni... Anche l’Italia sta attraversando un periodo di recessione molto forte, meno 5,5, nel 2010 ci sarà una lenta ripresa”. 5,5 cosa di che cosa? Mistero. 25 GIUGNO, ORE 20 La notizia principale è che Berlusconi dice “contro di me solo spazzatura... gli italiani mi vogliono così”. Così come? Gli spettatori del Tg1 non possono saperlo, visto che si parla sempre di “inchiesta di Bari” e mai di escort. Parte il servizio di Pino Scaccia su Bari, dove “è stato convocato dai magistrati il della veglia funebre di Michael Jackson. Non del dato Istat. Grande rilievo è dato al Garante della privacy, secondo il quale le intercettazioni di un’indagine giudiziaria non possono essere usate in un’altra. Un problema che evidentemente, secondo il Tg1, attanaglia i comuni cittadini più della crescita del rapporto deficit-pil gravante sulle loro spalle. Al minuto 16 e passa, il conduttore Filippo Gaudenzi informa che detto rapporto è “salito”al 9,3 per cento, ma non fa cenno al fatto che si tratti di un record, parola che nei media viene di solito abusata (caldo record, ascolti record...). Si affretta anzi a precisare che è colpa è della crisi e del fatto che il governo è prontamente intervenuto in favore della fasce deboli. Niente servizio, si passa ai saldi estivi. 6 LUGLIO, ORE 20 Al minuto 17, Tiziana Ferrario attacca a leggere senza preamboli: “Lo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile a cui oggi si assiste e il Giovedì 8 ottobre 2009 uy NESSUN ACCENNO ALLE CONTESTAZIONI AL MINISTRO GELMINI xvy LE FESTE A PALAZZO GRAZIOLI SONO SOLO UN “CASO POLITICO” xwy PIL ITALIANO A -5,5% MA L’OCSE “RIVEDE AL RIALZO LE PREVISIONI” xxy UN’ORA E 27 MINUTI LA DURATA DEL TG1 SUL G8 DE L’AQUILA x disprezzo del pudore non devono far pensare che non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati, soprattutto quando sono implicati minori. Lo ha detto il segretario della Cei monsignor Crociata a una celebrazione dedicata a santa Maria Goretti”. Punto. Fine. Il rappresentante dei vescovi italiani si riferisce alla vicenda Berlusconi-escort, come sottolineano ovviamente le agenzie di stampa alle quali anche il Tg1 si abbevera. Ma nel Tg della devota Raiuno anche il rappresentante dei vescovi italiani è di fatto censurato. 8-10 LUGLIO Il vertice G8 organizzato da Berlusconi all’Aquila ottiene una copertura epocale, con edizioni del Tg1 che sforano abbondantemente l’ora, come di solito si fa quando succede davvero qualcosa: terremoti, guerre, 11 settembre. La marcia trionfale ha la sua apoteosi il 10 luglio, quando c’è la conferenza stampa finale del premier italiano. Nell’edizione delle 13,30, il logo “L’Aquila G8” svolazza addirittura nella sigla iniziale. “Il G8 sta andando in pensione, viva il G8!”, esordisce il servizio. La giornalista che dà conto delle manifestazioni di protesta viene brutalmente interrotta dal conduttore in loco, Francesco Giorgini, appena Berlusconi comincia a parlare in conferenza stampa. Parte un monologo interminabile. L’edizione del Tg, già preceduta da uno speciale, dura un’ora e 27 minuti. anche quelli di Repubblica”. Le telecamere si soffermano sui ministri che ridono. 25 AGOSTO, ORE 20 La conduttrice parla delle tensioni tra Lega e Vaticano a proposito di immigrazione, ma parte un servizio di tutt’altro tono: “L’accordo con la Libia sull’emergenza clandestini funziona bene. E la visita di Berlusconi è utile e necessaria”. Piccola pausa. “Così il ministro Frattini...”. Il giro delle dichiarazioni politiche ammoscia ulteriormente l’attesa del servizio, invero assai vellutato, sullo scontro tra i partito di governo e gli alti gradi della Chiesa. 28 AGOSTO, ORE 13,30 Berlusconi querela Repubblica per le dieci domande. Il Tg1 riporta impeccabilmente la replica del direttore Ezio Mauro e la ferma presa di posizione del candidato leader del Pd Dario Franceschini. Ma manca qualcosa: che cosa chiedono, almeno per sommi capi, queste benedette dieci domande? Chissà. Nessun accenno neppure all’articolo del Giornale contro il direttore di Avvenire Dino Boffo, un’altra vicenda che terrà banco per settimane. 28 AGOSTO, ORE 20 Secondo il Tg1, la notizia del giorno è l’intervento di Tremonti al meeting ciellino di Rimini, ma subito Tarantini arriva dopo venti minuti, con la precisazione che le escort erano retribuite “all’insaputa” del premier. 15 SETTEMBRE Per la consegna delle prime case in Abruzzo, Porta a porta si prende la prima serata di Raiuno. I concorrenti Ballarò (Raitre) e Matrix (Canale 5) vengono cancellati dalle rispettive reti. 16 SETTEMBRE “Arriva in Italia la tendenza a coabitare con amici, colleghi e anche estranei”, annuncia il Tg delle 20. Il servizio ridanciano, con immagini accelerate tipo vecchie comiche, accenna appena alle “ragioni economiche”. Non è che gli affitti sono troppo cari, è che vivere con uno sconosciuto è trendy, come le zeppe o i jeans a vita bassa. 19 SETTEMBRE In un incontro pubblico, il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta si lascia andare a un’invettiva contro la sinistra: “Lorsignori stanno preparando un vero e proprio colpo di stato... Abbandonate al suo destino suo schifoso questa élite di merda!... La sinistra per male, che vadano pure a morire ammazzati”. Un ministro che sbrocca è una notizia importante in tutto il mondo libero, ma non al Tg1, che emenda il servizio da tutti gli insulti e spiega che Brunetta ha attaccato l’élite 20 LUGLIO, ORE 20 Il sito dell’Espresso pubblica l’audio di conversazioni imbarazzanti tra Berlusconi e la D’Addario, registrate da quest’ultima e consegnate alla magistratura. Nessun accenno nei titoli, se non un messaggio subliminale basato su una dichiarazione del presidente della Repubblica, secondo il quale bisogna “regolamentare le intercettazioni”. Il riferimento è un’altra storia, cioè alla legge da tempo in discussione in Parlamento. “E no alla concorrenza sullo scandalismo”, ammicca però l’autore del servizio Marco Frittella. E la notizia sui nastri della D’Addario, che sta facendo il giro del mondo? Non pervenuta, neanche accennata. Zero assoluto. 22 LUGLIO, ORE 20 Il Tg apre con un servizio di un minuto e 56 secondi sulla giornata di Silvio Berlusconi, tra una prima pietra e un convegno. Il sottopancia dice: “Berlusconi: crisi, il peggio è passato”. A proposito delle polemiche, il premier parla di “belle figlole” e dice: “Non sono un santo, speriamo lo capiscano In alto, la sede della Rai di viale Mazzini a Roma (FOTO EMBLEMA)) A fianco, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini con Silvio Berlusconi (FOTO ANSA) 28 agosto: Berlusconi querela Repubblica per le dieci domande. Il Tg1 riporta la replica di Ezio Mauro ma si dimentica di raccontare quali sono queste 10 domande dopo viene questa: “Berlusconi: dopo l’articolo del Giornale sul direttore di Avvenire mi dissocio”. Fino a quel momento, chi si informa soltanto attraverso il Tg1 non ha la minima idea di che cosa è successo. 9 SETTEMBRE, 13,30 Il Corriere della Sera pubblica i verbali di Tarantini, ove si parla di Massimo D’Alema, di esponenti del Pd pugliese e delle escort fornite a Berlusconi (circa 30 per 18 feste). I verbali sono ripresi da testate di tutto il mondo ma non dai titoli del Tg1, che infila una sequela di servizi sulla morte di Mike Bongiorno, avvenuta il giorno prima. Racconta poi di una polemica tra Berlusconi e il presidente della Camera Gianfranco Fini, di cui non è dato sapere i contenuti, ma poco male perché tanto compare Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi, a dire che è stato un fraintendimento. Per lo spettatore del Tg1, insomma, lo scontro tra i due leader del Pdl è un equivoco sorto su una cosa che non gli viene spiegata. Più chiaro di così... Il servizio sui verbali di “della rendita editoriale”. parassitaria finanziaria ed 27 SETTEMBRE Berlusconi chiude la festa del Pdl a Milano. Nell’edizione delle 20, il servizio di Enrico Castelli parte con una battuta del premier su Michelle Obama “abbronzata”. Ma il tono cambia presto. Un Berlusconi rabbioso e alterato urla dal palco contro “l’opposizione che inneggia a meno sei”, riferendosi ai sei parà morti a Kabul qualche giorno prima E continua: “Non accettiamo che ci sia un’opposizione di questo genere, vergogna, E Matrix scagiona il prescritto di Beatrice Borromeo L A PUNTATA di Matrix dedicata ai lodi Alfano e Mondadori, dal titolo “Tutti i lodi al pettine”, è stata memorabile. Non certo per il contraddittorio: il solito Piero Sansonetti (“Berlusconi è rispettabilissimo”) e un timido Ignazio Marino hanno chiacchierato con Maurizio Gasparri e Gaetano Pecorella, rilassati, anzi palesemente annoiati per mancanza di avversari. Memorabile invece il servizio a firma di Alessandro Banfi. Secondo la ricostruzione del giornalista, “si attribuisce a Berlusconi una colpa che il processo penale non gli ha riconosciuto. Berlusconi, anzi, è stato scagionato nel penale, e oggi un giudice decide di testa sua di ribaltare la sentenza e di mettere la Fininvest e tutti i suoi lavoratori in ginocchio”. Banfi ha detto “scagionato”, evitando con cura di usare il termine corretto: “prescritto”. Non sa o finge di non sapere che nella sentenza definitiva a carico di Previti e Metta, Berlusconi è definito “privato corruttore” e si legge che “la retribuzione del giudice corrotto è fatta nell’interesse e su incarico del corruttore”, cioè del premier. Nel servizio, il giudice Raimondo Mesiano diventa “uno che decide di testa sua”. La sentenza, immediatamente esecutiva, si trasforma nella“decisione che mette in ginocchio i lavoratori”, anche se la maxi-multa (750 milioni di euro da versare alla Cir di De Benedetti) intacca la cassaforte della famiglia Berlusconi, non certo le società quotate che la Fininvest controlla e i loro lavoratori. Banfi paragona la sentenza alla “confisca dei beni imperiali ad opera di Napoleone” (d’altronde anche Veronica Lario, riferendosi al marito, lo chiama “l’imperatore”) e spiega, in un climax di catastrofismo, che “la situazione molto ricorda le guerre tra guelfi e ghibellini che sfociarono nella distruzione di un’intera civiltà”. Emblematica la conduzione di Alessio Vinci, che sentenzia “Berlusconi è stato prosciolto!”. Quando il senatore Marino replica che in realtà il Cavaliere è andato in prescrizione, Vinci va nel panico, farfuglia, lancia un sos a Gasparri che comincia a urlare e insultare, affinchè nessuno capisca più nulla. D’altronde Mediaset non è nuova alle rivisitazioni processuali: il 21 maggio scorso, Studio Aperto ha annunciato che Berlusconi era stato assolto nel processo Mills, cosa che, grazie al lodo Alfano, non poteva accadere neanche volendo. vergogna, vergogna!”. Il povero spettatore avrebbe ragione a spaventarsi. Davvero in Italia c’è un’opposizione che dice “meno sei” di fronte ai giovani soldati uccisi? Chi avrà mai detto una mostruosità del genere? Franceschini? Bersani? Di Pietro? Il dubbio tremendo resta, perché il Tg1 passa ad altro come se nulla fosse. Per la cronaca: “-6” è una singola anonima scritta fatta con la bomboletta spray durante una manifestazione di piazza. L’indomani dovrà intervenire Napolitano e Berlusconi sarà costretto a scusarsi. Il Tg1 no. 28 SETTEMBRE, ORE 13,30 In un anno l’Inps ha liquidato 984 mila domande di disoccupazione, con un aumento del 52 per cento. In crescita del 200 per cento anche le ore cassa integrazione. Sono altre cifre record, in negativo, che il conduttore Giorgino elenca frettolosamente al sedicesimo minuto. Come se si parlasse di dati sulla vendita di mozzarella, l’approfondimento è rimandata a “Tg1 Economia”. 29 SETTEMBRE Unomattina riceve una telefonata di Berlusconi nel giorno del suo compleanno. In studio ci sono Stefano Ziantoni e la vicedirettrice Petruni. Dopo una serie di reciproci ringraziamenti, Ziantoni dice: “Noi ogni mattina siamo qui, presidente, e quindi questa è anche casa sua”. Scoppia la polemica. Il giorno dopo, il Tg1 manda in onda un piccato servizio difensivo, ma la linea difensiva lascia perplessi: il servizio mostra che l’espressione “questa è casa sua” è stata rivolta in passato anche a Bersani. 3 OTTOBRE Minzolini appare in video per dire che la manifestazione di Roma è stata incomprensibile e assurda, perché in Italia la libertà di stampa non corre alcun pericolo. pagina 12 Giovedì 8 ottobre 2009 Il governo Papandreou nato in tempi record G DAL MONDO eorge Papandreou ha varato in 48 ore il nuovo governo greco. Dopo la netta vittoria di domenica, già martedì il leader del partito socialista ha giurato come primo ministro e in serata aveva già la lista dei ministri dell’esecutivo. Papandreou ha conservato per sé il dicastero degli Esteri. L'ex ministro degli esteri Theodoros Pangalos è vicepremier con l’incarico di coordinare l’attività dell’esecutivo. Il ministero chiave dell’economia, sviluppo e marina mercantile va a Luka Katseli, principale autrice del suo programma economico, e quello delle finanze (prima inglobato nell’economia) al suo portavoce Giorgio Papacostantinou. Agli Interni va il segretario del Pasok, Giannis Ragusis, e alla Difesa il costituzionalista ed ex ministro della cultura Evaggelos Venizelos. Il nuovo ministero dell’Ambiente e dell’Energia, cruciale nell’annunciato piano di 'sviluppo verdè, sarà guidato Christina Birbili. L’altra donna del governo socialista, Anna Diamantopoulou, ex commissario europeo all’occupazione, va all’Istruzione. N NOBEL PER LA CHIMICA Premio agli studiosi dei ribosomi A segnato a due americani e a un israeliano il Nobel per la chimica. Venkatraman Ramakrishnan, Thomas Steitz (nella foto sotto) e Ada Yonath hanno conquistato il riconoscimento per aver mappato e quindi svelato il funzionamento dei ribosomi. Qui sopra, i comici Lakis Lazopoulos e Beppe Grillo (FOTO ANSA) In basso, Abu Mazen con Silvio Berlusconi (FOTO MASSIMO DI VITA) GRILLI DEL MONDO UNITEVI: FACCIAMO L’INTERNAZIONALE DELLA SATIRA Il comico greco Lazopoulos conduce il programma più visto in tv: “gli Altri hanno fallito, ora tocca a noi” di Michele De Gennaro Atene il Beppe Grillo greco, anche perché gli somiglia parecchio. Ma Lakis Lazopoulos, a differenza del comico genovese, riesce ancora a fare satira in tv. Tutti i martedì, da 4 anni, Al Tsantiri News registra il record assoluto di ascolti in Grecia. Il programma, in onda in prima serata su Alpha Tvl, è un ‘one-man show’ di due ore, durante le quali Lazopoulos commenta spezzoni televisivi della settimana montati un po’ come nel nostro Blob. Bersagli prediletti, i politici. Messi a nudo e alla berlina: corruzione, nepotismo, promesse disattese. Anche in Grecia il materiale non manca. Nel suo spettacolo ha sempre chiamato il neo premier Papandreu “Giorgino”, alludendo al suo status di figlio di papà in una famiglia che è una vera dinastia politica. Ora o chiama Giorgio. Un messag- È gio di fiducia alla nuova maggioranza socialista? In questo momento mi sento come un medico in ospedale nei confronti dei parenti che aspettano notizie sul congiunto malato. Devo aspettare il momento giusto per dare la diagnosi. Papandreu ha dichiarato che tra cento giorni vedremo i primi risultati. Vedremo. Fondamentale sarà la scelta dei collaboratori. Di certo la classe politica è rimasta la stessa e fino a oggi ci ha offerto unicamente una miserabile gara a chi rubava di più, alla faccia degli elettori. Negli anni ha spesso preceduto i media tradizionali svelando scandali che hanno travolto i vertici di Nuova Democrazia così come del Pasok. La satira può diventare pura informazione? Mi sono trovato a fare quello che dovrebbero fare i giornalisti. Per il caso Vatopedis (passaggio sottobanco di immobili pubblici al monastero del monte Athos con un danno per lo Stato di circa 100mila euro, ndr), da tempo i giornali avevano la documentazione per far scoppiare lo scandalo. Ma se ne sono guardati bene perché rispondono agli interessi di editori legati ai politici. Quando un monaco mi ha consegnato di persona la busta contenente le prove, assieme al mio staff ho verificato l’attendibilità della notizia e nella successiva puntata di Al Tsantiri ne ho parlato in diretta. In breve il ministro delle finanze ha presentato le dimissioni. Nessuna ritorsione contro il Berlusconi ad Abu Mazen: Israele congeli gli insediamenti are in modo che Israele fermi gli insediamenti in Cisgiordania. E contribuire a realizzare un ‘piano Marshall’ per rilanciare l’economia palestinese. La giornata italiana di Abu Mazen, partita con la visita al Quirinale, è stata positiva. Sia il Sindaco di Roma Alemanno che il premier Silvio Berlusconi hanno affermato la necessità che lo Stato israeliano congeli l’idea di nuove colonie. Sulla scia della nuova amministrazione Obama. Ma non è tutto: Berlusconi ha speso parole per lanciare un progetto economico per la Palestina. Un progetto che, nella visione del premier italiano, comprenda la creazione di un aeroporto F OLTRE LA MODA un attore satirico. Però nel vostro paese, come nel nostro, la situazione della moralità della politica è molto preoccupante. Sto seguendo con grande interesse le iniziative di Grillo. E come lui guardo con speranza alla potenza del web per svegliare le coscienze, offuscate dall’informazione-spazzatura della tv. Anche lei non esclude di cambiare mestiere? Di una cosa sono certo: se i comici sono arrivati ad avere un ruolo così delicato nella società, riparando sempre più spesso alle mancanze di giornalisti e politici, è giusto che ci provino. Anche solo facendosi garanti di una nuova corrente, di ampio respiro e fuori dalle logiche locali, che abbia l’obiettivo di scardinare un sistema politico ormai chiaramente marcio e fallimentare. Anzi, ne approfitto per rivolgere da qui un appello a Beppe Grillo: perché non ci attiviamo per creare una sorta di ‘Internazionale europea della satira’ al servizio dei cittadini? di Elisabetta Reguitti Burqa che bello! in Cisgiordania, insediamenti turistici e un collegamento tra il Mar Rosso e il Mar Morto. Il presidente dell’Anp si è detto molto soddisfatto della visita e ha voluto sottolineare, al termine del colloquio con Berlusconi, che “il capo del governo italiano è il primo a proporre un piano economico per la nostra regione”. Una necessità pressante, visto che la disoccupazione sia a Gaza che in Cisgiordania è altissima. “Serve un progetto - ha concluso Abu Mazen - che dia prosperità alla popolazione. Perciò non posso che ringraziare Berlusconi. Anche per il sostegno sia sul piano bilaterale che per l’azione nell’Ue”. Blitz dei pirati su nave francese U suo programma da parte del Governo? Nella mia carriera ho collezionato più di 40 querele. Una volta sono stato arrestato sul palco. Ma in sede di giudizio sono sempre stato assolto. In molti mi detestano: politici, imprenditori, sondaggisti. Per questo ho dato istruzioni precise al mio staff: non voglio mai essere messo al corrente di minacce, avvertimenti o provvedimenti da parte delle istituzioni che arrivano in redazione. Per tutta la settimana io lavoro al mio programma, poi il martedì attendo l’ok per andare in onda. E perciò non elogerò mai abbastanza il coraggio del nostro direttore di rete. In Italia le cose sono molto più difficili. E il suo collega Grillo, costretto ad astenersi dalla satira, ha deciso di entrare in politica presentando delle liste civiche. Se posso permettermi una battuta, vi invidio in questo senso: oggi Berlusconi è la miglior fonte d’ispirazione del pianeta, per D SOMALIA avanti alla carta di credito non c'è Cota che tenga. Abbasso al divieto del burqa se chi lo indossa dispone di petrol-euro. E, visti i chiari di luna che sta attraversando la moda, ben vengano anche questi soldi. Accade che camminando lungo via Montenapoleone, a Milano, ci si imbatta in tre donne avvolte da preziose stoffe nere. Corpo, capo e viso nascosti dietro a un raffinato tessuto intarsiato. Fresche di shopping stanno uscendo da uno dei tanti lussuosi negozi. Un uomo, alto, robusto e vestito pure lui di nero (ma con il viso scoperto) fa da guardia del corpo alle donne comminando alle loro spalle. E porta pure le borse. A pochi metri di distanza, in piazza San Babila, le forze dell'ordine e la polizia locale vigilano sulla sicurezza dei cittadini. Alcuni di loro si voltano a guardare le tre donne che proseguono il cammino. na nave militare francese, 'La Sommè’, è stata attaccata la scorsa notte dai pirati somali. Nell’attacco non ci sarebbero stati feriti. Lo hanno reso noto fonti francesi. Nell’attacco, 5 assalitori sono stati fatti prigionieri. AFGHANISTAN Civili uccisi da raid Nato R esidenti della provincia meridionale afghana di Helmand hanno accusato le forze internazionali guidate dalla Nato di aver ucciso alcuni civili e distrutto decine di negozi. Lo scrive l’agenzia di stampa afgana Pajhwok. L'incidente è avvenuto nel distretto di Kajaki e, secondo testimoni oculari afghani, militari della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza avrebbero ucciso tre civili e provocato un incendio che ha distrutto almeno 100 negozi. La provincia di Helmand, una delle più sanguinose dell’Afghanistan per la presenza di gruppi Taliban, è presidiata da truppe britanniche. IRAN-IRAQ Rilasciato gruppo di oppositori S ono stati rilasciati i 36 oppositori iraniani dei Mujaheddin del Popolo arrestati dalle autorità irachene lo scorso luglio durante una serie di sanguinosi scontri nel campo profughi di Ashraf, a Nord di Baghdad. Ricky è uno splendido apologo sull’aspirazione troppo spesso sacrificata al cambiamento (MALCOM PAGANI - IL FATTO QUOTIDIANO) Una meravigliosa metafora della diversità e della libertà (ROBERTO SILVESTRI - IL MANIFESTO) Un film che svela tutto il patrimonio fantastico nascosto nel quotidiano (MAURIZIO PORRO) Il film capolavoro del Festival di Berlino (ALBERTO CRESPI - L’UNITÀ) Vieri Razzini Cesare Petrillo presentano Un piccolo vangelo apocrifo in cui “amore” fa rima con “libertà” (ROBERTO NEPOTI - LA REPUBBLICA) Ozon è uno dei più grandi registi europei e Ricky è la perla della stagione (CIAK) Una formidabile allegoria sulla differenza, in cui ritroviamo il cinema di Lynch e Cronenberg, con in più la dolcezza e la speranza (LE FIGARO) Meraviglioso (DIE ZEIT) un film di FRANÇOIS OZON ALEXANDRA LAMY SERGI LOPEZ www.teodorafilm.com DA DOMANI AL CINEMA Teodorafilm, distribuzione cinematografica indipendente, sostiene la stampa indipendente malgrado le direttive del governo Berlusconi pagina 14 Giovedì 8 ottobre 2009 SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out L’ANTEPRIMA MOTEL WOODSTOCK: Ang Lee e quel ‘69 che cambiò il mondo Bobo Compie 30 anni il personaggio a fumetti di Staino Hoffman Testimonial delle Marche nella campagna promozionale Festival Corsicato e Alba Rorhwacher in giuria a Capalbio Nuovo disco Jovanotti sta realizzando il brano per il film di Muccino Esce domani l’ultima pellicola del regista due volte Leone d’oro: Una commedia originale su un evento che rimane nella memoria collettiva di Elisa Battistini L a giovinezza è un’invenzione recente, probabilmente già consumata. Schiacciata tra l’eterna adolescenza che arriva ai 40 anni e l’età adulta che attraversa l’intera vita, come una condanna, anche quando si è bambini. Sarà per questo che, ai nostri occhi, diventa sempre più necessario guardare alle nostre spalle, al momento più esaltante del XX secolo. Quello in cui la giovinezza ha cercato di prendere il potere. Dopo essere nata, alla fine della seconda guerra mondiale, tra i teen agers americani e inglesi appassionati di blues e jazz, tra i principianti assoluti raccontati di Colin McInness, la giovinezza è fiorita durante i sixties. In tutto l’occidente, ma soprattutto negli Stati Uniti. Dove la stagione del pacifismo, del libero amore, della psichedelia, matura nel corso del decennio. E sboccia il 14 gennaio del 1967, durante l’happening al Golden Gate Park di San Francisco. È lo ’Human be in’, una lunga giornata che raduna ragazzi desiderosi di ascoltare le band della west coast (i Jefferson Airplane, i Grateful Dead, i Quicksilver) e le parole del poeta beatnik Allen Ginsberg. Inizia quella che diventerà la Summer of love di Haight-Ashbury, il quartiere di Frisco in cui, in pochi mesi, approdarono oltre centomila persone. E che culmina a giugno con il festival di Monterey. In cui suonano i gruppi della baia, assieme a Jimi Hendix, Janis Joplin, gli Who. La musica è la bandiera della ribellione dei ventenni che si rivoltano contro i genitori, la loro vita conformista e contro la guerra in Vietnam. Dentro all’onda hippy c'è di tutto. Ci sono le comuni e c’è la 'Family' di Charles Manson, gli studenti di Berkeley, gli appassionati di Lsd. Solo una cosa unisce tutti: sono giovani. Il momento d'oro è destinato a tramontare presto. Nel 1969 c’è già l’odore della fine. Che forse ha anche una data, quella del 6 dicembre. La sera del concerto dei Rolling Stones ad Altamont, in California. Quando ci scappò il morto accoltellato e non si replicò la tre giorni d'amore e musica chiamata Woodstock. L'ultimo film di Ang Lee, Motel Woodstock (in uscita il 9 ottobre per la Bim e tratto dall'omonima autobiografia del protagonista, Elliot Tiber) racconta l’omonimo festival, il canto del cigno, il momento prima del tramonto. Lo fa concentrandosi sulla storia di un ragazzo. Come i cowboy de I segreti di Brokeback Mountain, come la spia di Lussuria (due Leoni d'Oro, ravvicinati e meritati) anche Elliot (Demetri Martin) è un giovane in bilico tra dovere e desiderio. Ma a differenza dei due precedenti film del regista, la tragedia questa volta resta fuori dallo schermo e il conflitto si risolve positivamente. Ma la malinconia serpeggia. Elliot vive a El Monaco, stato di New York, aiutando i burberi genitori nella gestione di un fatiscente motel. Ma dipinge, è pieno di aspirazioni e vorrebbe fuggire. Eppure resta lì, responsabile e inquieto, cercando di non soffocare organizzando piccoli eventi con la camera di commercio locale. Un giorno, il giovanotto dalle antenne sempre dritte scopre che la vicina località di Wallkill ha rifiutato di ospitare un festival musicale di tre giorni. Mettendo una croce sopra a un palco dove sarebbero saliti Hendix, Joplin, Who, The Band, Santana e tanti altri. Elliot non se lo fa ripetere due volte e contatta immediatamente il manager della Woodstock Ventures, Michael Lang (Jonathan Groff), proponendosi come alternativa: organizzerà la logistica dell’evento. Inconsapevolmente, Elliot mette un piede nella leggenda. E la sua vi- ta, come quella dei suoi genitori cambierà assieme alla storia del costume e della cultura del mondo intero. All’ultimo festival di Cannes, Motel Woodstock è stato poco considerato. La commedia di formazione non è certo un genere nuovo. E questa ballata folk, lieve e leggiadra, appare lontana dai temi di Ang Lee e dalla tonalità degli ultimi, splendidi film. Ma i punti in comune ci sono. Il film è una vacanza stilistica dal dramma ma nella sua leggerezza si trovano motivi pro- certo più mitizzato della storia. Eppure, reiterare la perfezione non è una possibilità reale. Questo è il tema onnipresente dell'ultimo Ang Lee: ne I segreti di Brokeback Mountain l'istante in cui sbocciava l’amore tra i protagonisti veniva replicato durante gli anni, il più possibile identico a se stesso, in una ripetizione progressivamente mor- fondi e commoventi. Anche in Motel Woodstock, Ang Lee parla dell’impossibilità di trattenere la perfezione del momento, di costruire la propria vita sull’epifania della bellezza. Il film - in cui il concerto resta sempre rigorosamente fuori campo - termina con il presagio della perdita. Quella dell’innocenza e dei grandi sogni. La fidanzata del manager Michael Lang, che per tutto il film sembra una scoppiata, dice le parole più sagge: “la prospettiva è ciò che esclude l'universo, cioè l'amore”. La prospettiva è una linearità che spinge i protagonisti all'azione. Mentre l'universo, cioè l'amore, è legato alla contemplazione e all'attimo. I personaggi del film hanno partecipato a un momento che, ancora oggi, è eternato nella memoria collettiva, al con- tuaria. In Lussuria la passione erotica viene messa in scena sempre più arditamente, e avrebbe portato al matrimonio se non fosse intervenuta la parte più inscalfibile della realtà: l'esistenza del potere. In Motel Woodstock il regista si ferma un passo prima. La speranza c'è ancora, il concerto che ha unito migliaia di persone in un unico grande corpo è appena finito. Certo, resta un paesaggio di devastazione e sporcizia. Certo, il richiamo al concerto di Altamont degli Stones, citato dal manager Lang, per gli appassionati di musica trasuda tristezza (a proposito vale la pena recupare il bellissimo documentario sull'evento, Gimme Shelter di Albert e David Maysles). Ma quando salutiamo Elliot, lo lasciamo nel pieno della libertà. Non ha La scena del primo acido del protagonista del film “Motel Woodstock” (FOTO “PUNTO E VIRGOLA”) TEATRO Il Kalashnikov secondo Saviano La bellezza come antidoto all'Inferno, luogo sociale e dell'anima dal quale è possibile sollevarsi. Parola di Roberto Saviano, professione giornalista sotto scorta. L'autore di Gomorra, ha presentato a Milano il monologo La Bellezza e l'Inferno: un testo per il teatro che anticipa i contenuti del prossimo libro e offre una dichiarazione etica ed estetica chiara: con la parola si vincono le battaglie più dure, perchè dire bene è anche ben fare. Al Teatro Studio è tutto esaurito. Roberto giunge sulla scena spoglia, il pubblico applaude per minuti. Lui gradisce, spiega che ama poter incontrare. Quindi inizia a parlare: di Iran, di Neda e Te- raneh, violentate e uccise perchè parte dell'Onda Verde; ragazze che lottavano per una vita normale, antagoniste di un regime liberticida. Saviano ricorda Kalashnikov, generale russo inventore di un'arma simbolo, amata dai camorristi come da Al Qaeda e dai macellai africani; strumento di morte usato anche a Castevolturno, rovinato dalla Camorra. Parlando di Miriam Makeba e di Ken Saro Wiwa, Saviano rammenta il disastro ecologico compiuto dalla Shell in Nigeria. Gli altri eroi, questa volta civili, sono Varlam Shalamov - 20 anni nei gulag - e Michel Petrucciani, jazzista nano che fece del suo handicap una virtù. (Valerio Venturi) più paura, ha affermato la propria omosessualità, ha trovato se stesso. Lo lasciamo ricco di aspettative, energia. Ma certamente, anche per lui, quella scoperta così vergine e innocente non tornerà mai più. La giovinezza, come luogo psichico permanente, e non solo come momento anagrafico della vita, è uno dei temi che unisce Motel Woodstock ai due Leoni d’oro. Solo - e non è poco - qui Ang Lee ha voglia di raccontare la speranza, ancora palpitante, un attimo prima che si corrompa. Per questo il film è stilisticamente gustoso e scanzonato. La freschezza che trasuda dalla macchina da presa coinvolge ed appassiona. La voglia di libertà del regista è massima. Lo si vede nella scena del primo acido di Elliot (sottolineata da quel capolavoro che è The red telephone dei Love, che a Woodstock non c'erano), in cui i colori diventano sparati e le forme sempre più piene. E lo si vede fin dall’inizio, quando Lee cita apertamente il documentario Woodstock (1970) con l’uso continuo dello schermo diviso in due. Divertente è anche l'opposizione tra le tante macchiette freak e la concretezza della vita, raccontata costantemente nel film. Dove burocrazia e soldi sono temi insistenti. Tenuti battuti proprio per insinuare il dubbio che solo la leggenda epuri la realtà dalle sue verità. E per ricordare che solo nella perfezione del momento si trova il senso della grigia macchinosità che serpeggia nelle esistenze di tutti. La musica, anche se fuori scena, è protagonista obbligata. Ed è un piacere. Perchè sentire Volunteers dei Jefferson Airplaine sui titoli di coda scalda il cuore. Del resto era inevitabile, prima o poi, fare un film su Woodstock come questo. Perchè se una cosa resta davvero di quegli anni americani è il connubio tra musica, giovinezza e ricerca di libertà. A cui guardiamo talvolta con distacco. Molto spesso con un po' di invidia. Giovedì 8 ottobre 2009 pagina 15 SECONDO TEMPO di Francesco Bonazzi e Malcom Pagani elle mani giuste. Se la vendita de La7 fosse un film, il suo titolo non potrebbe che essere quello dell’ultimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, l’autore di “Romanzo criminale”. Perchè nell’Italia di oggi nessuno meglio del finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar, storico sodale di Silvio Berlusconi, sarebbe il personaggio più adatto per tenere tra le mani il corpicino rachitico della tv della Telecom: una creatura strozzata nella culla per non disturbare il vecchio duopolio RaiMediaset, ma che se oggi finisse a Rupert Murdoch in piena guerra Raiset-Sky, potrebbe davvero fare sfracelli. Prima politici e poi, magari, perfino di share e raccolta pubblicitaria. E allora, mentre il governo e le banche giocano pesante sull’azionista Telecom, ecco che dietro le quinte si muove il fido Tarak. Già, perchè secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, il nipote dell’ex leader tunisino Bourghiba avrebbe perfino già allertato alcuni importanti “professionisti dell’informazione” per chiedere loro se prenderebbero in mano le redini manageriali e giornalistiche de La7. Nessuna conferma ufficiale, ma qualcosa si sta muovendo. Un primo segnale è arrivato il 26 settembre scorso, con la ripresa di “Ndp”, il programma di Antonello Piroso. Piroso non è soltanto il direttore della testata giornalistica, ma da un anno a questa parte ha legato le sue sorti al management aziendale, mettendo firma e reputazione sulla pesante cura dimagrante imposta da Giovanni Stella, detto “Er canaro”, capo azienda di Telecom Italia Media. Stella ha venduto l’agenzia Apcom a Luigi Abete, ha tagliato compensi e contratti alle star della rete (provocando la fuga dei vari Chiambretti e Bignardi in Raiset), ha quasi smantellato Mtv e ha ottenuto da Palazzo Chigi i contratti di solidarietà per i giornalisti de La7, dopo aver minacciato di licenziarne 25 su cento. Bene, chi ha intervistato per primo, quest’autunno, il direttore-manager Piroso? Il prode Tarak, trattato con lo stesso spazio riservato a Berlusconi da Nessma, la tv tunisina (50% Mediaset, 50% Tarak Ben Ammar) alla quale il nostro premier ha regalato un indimenticabile show su Papi Silvio e le donne. Si tratta certamente di una combinazione, ma non si può dire lo stesso di quello che invece è avvenuto giovedì scorso in Corso Italia, negli uffici di Franco Bernabè. L’ex “enfant prodige” dell’Eni N SCENARI/ TRA SKY E IL BISCIONE BEN AMMAR e la caccia a la7 Il finanziere fedelissimo del premier gioca le sue carte nella partita Tv post-Tangentopoli, ha tirato un sospiro di sollievo quando ha visto Intesa-Sanpaolo e Unicredit bocciare senza appello i Tremonti-Bond. Che c’entra con Telecom la disfida tra Passera, Profumo e Tremonti? E’ presto detto: il 28 ottobre scade il patto di sindacato di Telco, il veicolo societario con il quale le maggiori banche italiane hanno assicurato la transizione dall’era Tronchetti a quella Bernabè. Il socio spagnolo Telefonica, che ha il 42% della Telco, piace poco alla Mediobanca di Cesare Geronzi e ancor meno al governo Berlusconi. Gli altri due grandi azionisti, Intesa e Unicredit, sono invece favorevoli al mantenimento dello “status quo” e sarebbero schierati con Bernabè. Ecco perché la loro scelta di marcare un’indipendenza totale da Palazzo Chigi ha fatto felice un Bernabè che fino al giorno prima sembrava nell’angolo, con voci sempre più insistenti di un ribaltone e il nome del più malleabile Stefano Parisi che girava pericolosamente per la poltrona di amministratore delegato di Telecom (con Bernabè “promosso” presidente o direttamente messo alla porta). Ora, proprio mentre Bernabè rientra in partita, prendono corpo le ombre di Tarak Ben Tarak Ben Ammar (FOTO EMBLEMA) Ammar. La7 sarebbe una merce di scambio perfetta e una delle tante armi che ha in mano il vertice Telecom, oltre al l’avvenuto miglioramento dei conti, per resistere sul ponte di comando. La soluzione più diretta e ideale, per Silvio Berlusconi, sarebbe che Tarak si comprasse tutta Telecom Italia Media, o almeno Telecom Italia Media Broadcasting, che detiene la “ciccia” vera della casa: le tre frequenze per il digitale terrestre. Stella e Bernabè le valutano 150 milioni l’una, ne Ufficio Réclame LA TIM DELLE AVANCES di Roberto Corradi n uomo maturo e pennellato mogano entra in un’aula USembra cercando di sedurre una donna di cui teme il giudizio. una storia da Premier e invece è il nuovo spot della Tim che, per l’occasione, riesuma il solito De Sica figlio senza sollevarlo, però, dal collaudato ruolo di consultatore di testo...sterone. L’uomo è lì per sapere dall’insegnante di Latino il rendimento della prole! Fa il suo ingresso la profche si scopre essere Belen Rodriguez: parte velocissimo il tallonamento con evidenti mire espansionistiche. “Mi dia il suo numero di telefono”, esordisce lui con fare suino mentre lei, sorridendo, si schermisce per poi divagare sulla perifrastiGaffes ca lasciando ll’uomo sgomento con evocativa espressione di chiosa a cui lo spot non dà voce per evitare il trivio. Capovolgiaualcuno ha detto che non ho preso Mancini perchè mo la situazione. Se al posto del costava troppo.Mai fatto nella mia vita valutazioni Christian ci fosse stata un’attrisu questioni economiche. In realtà ho sempre avuto ce della stessa età e colorazione nella mia testa Mazzarri. Lo vedrei bene come giocatricologica e nel ruolo della Rotore di poker in un mio film. Il suo nome circola da due driguez, un aitante fanciullo suo anni, anzi mi dispiace per gli amici Garrone e Marotta coevo l’effetto non sarebbe stache proprio per un nostro interesse, hanno dovuto to lo stesso. Una donna matura alzargli lo stipendio". Aurelio De Laurentiis gaffeur alche tenta di insidiare un ragazzo la presentazione del nuovo tecnico del Napoli, Walter appena incrociato non fa rideMazzarri. La tirata sul passato dell’allievo di Ulivieri, re, in Italia. Semmai suscita biaperò, ha costretto il neo-assunto all’imbarazzata, imsimo o stupore. E alla luce di mediata rettifica. "Con la Samp, avevamo già degli acquesto, correggiamo la prececordi a livello economico e l’interesse del Napoli, non dente valutazione: è una tipica ha influito minimamente sul mio ingaggio, non sono il storia da premier, questa. L’epotipo che fa questi giochi". De Laurentiis insiste: Se vuoi pea dei papy nasce da qui. chiamo Marotta”. Risate. E’ solo la prima puntata. IMBARAZZO AL DEBUTTO DI MAZZARRI Q vorrebbero vendere almeno un paio e ne hanno un disperato bisogno perché Telecom Italia Media ha 300 milioni di debiti e 100 di patrimonio (e in Borsa capitalizza a stento 400 milioni). In questi giorni stanno trattando con vari fondi d’investimento e anche se pare che siano in vantaggio gli ex banchieri Lehman di Trilantic, il “rischio” che dietro altri gruppi interessati vi siano gli uomini dello “Squalo” Murdoch sono elevati. L’alternativa, per il padrone di Mediaset e di Palazzo Chigi, è sperare che Tarak si compri in Borsa l’intera baracca televisiva di Telecom, ma anche qui se si scatena la guerra dell’Opa (sarebbe obbligatoria, perché Telecom ne controlla il 60%) sarebbero dolori. In entrambi gli scenari, il ruolo di Tarak finirebbe sotto i riflettori della Consob, perché il finanziere è anche vicepresidente di Telecom e consigliere di Mediobanca. Immaginate con quale terzietà la Telecom sarebbe chiamata a fissare il giusto prezzo trattando con una parte così strettamente “correlata”, per usare il termine civilistico. Per questa ragione, ecco che la soluzione che a Piazza Affari danno per più probabile (il titolo si sta muovendo parecchio da una settimana) è quella del “mini-spezzatino”. Le frequenze verrebbero cedute al maggior prezzo possibile con la sola garanzia, da parte di Bernabè, che non finiscano a gente che poi le gira a Murdoch, e Tarak rileverebbe per pochi soldi solo La7. Certo, da un punto di vista strettamente finanziario, per Tarak non sarebbe un grande affare comprare una tv che ha sempre perso centinaia di milioni perché tutti i suoi azionisti hanno sempre deciso che non debba puntare ad avere più del 3% di share. Ma Palazzo Chigi non può premere su Telecom perché riduca i debiti e magari si liberi di Telefonica, e poi impedirle di far cassa con Telecom Italia Media. Quanto alla remunerazione di Tarak, basta ricordarsi la storia di SportItalia e delle frequenze di Telepiù, strapagate per risolvere un problema di Antitrust al Biscione al momento della nascita di Sky. Anche quello sembrava un non-senso economico, per lui, ma dopo qualche anno rivendette una frequenza a Mediaset e fu ripagato ampiamente del “disturbo”. Quello del rapporto tra La7 e Mediaset è l’altro grande no- Risse VENDITTI VS CALOPRE STI di quasi due Ufelicenanniconcerto anni fa. Una frase insu un pezzo di Italia: “Perchè Dio ha fatto la Calabria?” pronunciata durante un’esibizione da uno dei cantautori italiani più noti e longevi. Nel mare agitato delle polemiche, Antonello Venditti nuota senza fatica. Uno, due, tre tentativi. La voce alterata, i concetti affilati: “E’ un dissidio montato ad arte, anzi, stramontato. In quell’occasione ho dedicato ‘Stella’, una canzone-preghiera, a una terra che amo moltissimo ma che è disagiata per problemi che pregiudicano la serenità che invece la regione merita”. Venditti è irritato. La situazione non migliora, quando gli riportiamo le dichiarazioni del regista autoctono Mimmo Calopresti, indignato con lui, fino a giudicare “razzista” l’arringa di Venditti e frutto di “ignoranza”, il ragionamento. “Calopresti chi?” è la chiosa. Quando a metà pomeriggio, il regista risponde al telefono, l’acrimonia è scemata. “Alimentare uno scontro con Venditti è l’ultimo dei miei interessi. Non ho visto il video ma le frasi che mi hanno riportato fedelmente, feriscono. Rappresentano i più vieti luoghi comuni sulla mia terra, considerazioni che speravo di non ascoltare mai più”. Per ora è tutto, Qui Houston, a voi Italia. (M.P.) do della faccenda. Lo scorso anno, quando Stella cominciò a far la voce grossa sui tagli, il contratto pubblicitario con la Cairo Pubblicità era in scadenza e l’ex segretario di Berlusconi tirava sul prezzo del minimo garantito. Dopo qualche passaggio a Palazzo Grazioli e dintorni, si chiuse di nuovo a 120 milioni l’anno, ma il mix fu così ripartito: 114 milioni Cairo e 6 milioni Mediaset. La prova lampante del mega-inciucio è il clamoroso incidente accaduto il 24 marzo a una convention interna di Telecom, dove mentre Stella illustrava il contratto passò una slide che riportava quei “6 milioni Mediaset”. Non a caso, in questi giorni La7 è invasa dagli spot dei Mediaset Premium che sono la prova di quel buffo modo di far tornare i budget pubblicitari in tempi di crisi. Ultimo indizio che la vendita è vicina viene dalla grana dei dirigenti in esubero. In queste ore il “duro” Stella sta chiudendo con straordinaria generosità qualunque grana che potrebbe avere risvolti legali, in modo da non far scherzi al compratore. Che si presume amico. O amico degli amici. L’AMICIZIA E GLI AFFARI TRA SILVIO E TARAK abib Bourghiba, ex presiHdecolonizzazione dente tunisino, eroe della e zio di Tarak Ben Ammar, amava l’Italia. Quando rammentava l’esilio a Roma, non poteva fare a meno di ricordare i caffè di Piazza Esedra. Anche i luoghi hanno la loro importanza. Il nipote, intimo di Berlusconi fin dai tempi di Tele +, conobbe Silvio ad Hammamet. Nel 1984: “In spiaggia, con Craxi. Portai modelle e attrici stupende. Silvio le ammirò, eccome”. Affinità elettive che hanno spinto i due al rafforzamento di un sodalizio mediterraneo che da allora, non ha più conosciuto sosta. In princìpio fu Quinta Communications, creata nel ‘90, presieduta da Ben Ammar e coproduttrice di molte opere della Lux Vide. Il rapportò tra i due si alimentò col tempo. Ponti e aiuti reciproci che agevolarono ricchi affari, tra cui la munifica partecipazione in Mediaset, (poi ritirata nel 2003) del principe saudita Al Waleed Bin Talal. Tarak controlla anche il 51% di D-Free, l’offerta del digitale terrestre che ospita al suo interno le reti Mediaset. Lo stesso Ben Ammar, si rese protagonista dell’acquisto di Sportitalia, con il singolare contributo operativo di Angelo Codignoni, l’inventore dei club di Forza Italia. L’ultimo capolavoro, con l’esclusione di Baarìa di Giuseppe Tornatore, girato negli studi tunisini di Ben Ammar è Nessma tv. Un ponte, nelle intenzioni gridate, tra Maghreb moderato, Libia ed Europa. Un network visto da oltre 100 milioni di persone e ricapitalizzato nel 2008, dalla strana coppia, fino a un considerevole 50% finale. Ma Tarek è ormai anche il portale attraverso cui il premier è nel salotto buono di Mediobanca, visto che è stato proprio lui a gestire, insieme a Geronzi, l’ingresso di Marina Berlusconi in piazzetta Cuccia. (F.B. e M.P.) pagina 16 Giovedì 8 ottobre 2009 SECONDO TEMPO + IL PEGGIO DELLA DIRETTA TELE COMANDO TG PAPI La Spectre non si fida di Paolo Ojetti g1 T Attesa, una giornata di attesa che è passata attraverso tutti i mezzi di informazione e, in particolare, nel Tg1. Bisogna essere sinceri: avendo la Corte cancellato il Lodo Alfano perché illegittimo, tutti coloro che a Saxa Rubra devono qualcosa a Berlusconi si stanno guardando attorno, valutando quanto ancora possa durare questo governo e la legislatura. Già circolano i soliti distinguo (io berlusconiano? Ma scherziamo, sono sempre stato critico). A questo punto le conseguenze della decisione della Corte (che, rammentiamo, è inappellabile) sono vistose, ma il Tg1 non le ha affrontate in maniera esaustiva: che farà Berlusconi? Si ritaglierà un decreto ad personam in cui, magari, tutti gli italiani il cui cognome comincia per Ber e finisce per sconi non sono perseguibili, processabili, indagabili, imputabili? Si attendeva un altro editoriale di Minzolini, ma questa volta il direttore ha taciuto. Il Tg1 ha dato spazio ad altre smentite di Berlusconi dopo una rivelazione di Repubblica: Non ho chiesto aiuto a servizi segreti stranieri. Ne siamo certi: parla troppo, la Spectre non si fida. g2 T Palma d’oro al Tg2 per sor- domuti delle 18,12 di ieri pomeriggio. Maria Concetta Mattei, prima al traguardo e consapevole di avere per le mani una notizia esplosiva e, quindi, molto attenta, ha scandito: “Arriva adesso la notizia che il Lodo Alfano è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale”. Emozionante. Questo, per la cronaca. I Tg2 successivi hanno poi gradatamente sviscerato quanto accaduto con i cronisti politici di turno: Frullani e Ghelfi. Frullani ha tenuto a scandire: “Lodo illegittimo perché viola l’articolo 3 della Costituzione, dove siamo tutti uguali di fronte alla legge”. g3 T Diciamolo. Il Tg3 ha mantenuto l’aplomb, ma rideva sotto i baffi. Nonostante le difese di ufficio e le minacce di ricorso alla piazza, Berlusconi appare oggi, improvvisamente, come un’anatra zoppa e le reazioni a sua difesa sono scomposte. Il Tg3 registra quella di Bonaiuti (continueremo a governare, la sentenza è politica), quella di Bossi (non ci piegheremo, se cade il governo e si ferma il federalismo, sarà la guerra) e tutte quelle di coloro che erano andati a pranzo certi che la Corte avrebbe dato una mano a Berlusconi. Passa anche una dichiarazione di Bersani, che immagina un Berlusconi cucinato, bollito e mangiato dai suoi. Allo scontro frontale si sostituisce la politica della sponda, del fiume e del cadavere che transita. Per coincidenza (veramente?) proprio ieri Montezemolo ha presentato il suo movimento?. di Nanni La famiglia mangia il medico Delbecchi paterne a confronto Fdallaigure nel family day proposto fiction del martedì sera. Su Canale 5 sono giunte all’apogeo le gesta trucibalde di Tonio Fortebracci, il picciotto che non deve chiedere mai, nell’ultima puntata di L’onore e il rispetto; su Raiuno è invece traslocata armi e bagagli la tribù del Medico in famiglia Lele Martini, alias Giulio Scarpati; una famiglia così allargata che si è sentito in dovere di prenderne le distanze perfino Lino Banfi, austero custode della tradizione fin dai tempi in cui girava La soldatessa alle grandi manovre e L’insegnante viene a casa con Edwige Fenech. L’allargamento c’è; ma il sospetto è che, assai più della crisi della famiglia, c’entri quella dell’ispirazione degli sceneggiatori. I quali, non paghi dei cinque figli assegnati d’ufficio al separato Giulio Scarpati, continuano ad affastellare le puntate di nipoti, nonni, cognati, matrigne, amici d’infanzia con realtivo parentado al seguito, più un cavallo e due pesci rossi che si chiamano Bouvard e Pécuchet. Nomi questi ultimi assai azzeccati, vista la quantità industriale di luoghi comuni ripas- sati in chiave disneyana. C’è stato perfino un terno secco prima vinto, e poi perduto da nonno Libero grazie al morto che parla (mentre anche Eduardo De Filippo, probabilmente, si dava da fare nella tomba). E se fervono i preparativi per il Natale nell’enorme Mulino bianco che è diventato la villetta dei Martini, in compenso è quasi sparito ogni riferimento ospedaliero. Il dottor Lele non esercita più; però ha fatto breccia su due giovani e belle pretendenti in lotta tra loro. Una gestisce una cioccolateria; l’altra, a sua volta dottoressa, si abbevera ai suoi consigli paterni. Quale delle due la spunterà? C’è da non dormirci la notte. Un medico in famiglia è imperniato sul doppio eroismo di Scarpati (come attore e come personaggio) e sui siparietti stile Sandra e Raimondo tra Milena Vukotic e Lino Banfi; niente fa più Mulino bianco di un nonno con l’accento pugliese. Così la famiglia si è mangiata il medico; eppure gli spunti dati dalla realtà ospedaliera non mancherebbero; e quelli sì che sarebbero di una certa Un’icona dei “favolosi” anni ‘70 e di tanti film cult, l’attrice tunisina, oggi produttrice, Edwige Fenech originalità. Ma la fiction di casa nostra, lo sappiamo, non ha molta simpatia per il mondo esterno; preferisce bunkerizzarsi in casa e chiudere la porta a doppia mandata. L’abisso che la separa dalla fiction made in Usa si vede a meraviglia nel confronto tra il medico più amato dagli italiani e il medico più amato nel resto del mondo, il dottor House. Emblema di questi tempi tetri e nevrotici, dove è ignota perfino l’influenza, House è un’incarnazione della lotta contro il male di stampo melvilliano, l’ospedale è la sua baleniera, ed è l’eroe più solo della storia della tv. Lele Martini, al contrario, ci trasporta su una nuvoletta rosa fatta di marzapane e orecchiette alle cime di rapa; è il personaggio più buonista a memoria di telespettatore dopo Topo Gigio e la sua spola tra test di gravidanza, asili nido e colpi di fulmine gronda un rassicurante, zuccheroso provincialismo. Povero Lele: non va più in ospedale ma è quasi impossibile sradicarlo dalla cucina. Farà carriera lo stesso, ma a modo suo. Non certo nella ricerca (dove peraltro non ci sono i fondi). Però gli è appena arrivata la grande notizia: anche lui diventerà nonno. Giovedì 8 ottobre 2009 pagina 17 SECONDO TEMPO MONDO Tutti spiati per sette anni utto spiati. Dal 2001 fino Tnostri all'inizio del 2008. Tutti i dati su Internet schedati: messaggi di posta elettronica, chat, password – comprese quelle del conto in banca. Ma non solo. Anche le navigazioni, tutti le cronologie dei siti visitati, persino le ricerche sui motori di ricerca. I maggiori gestori telefonici italiani, Telecom, Vodafone, H3G, Wind, dal 2001 e al 2008 hanno conservato in archivi digitali i dati di tutti gli italiani che utilizzano Internet. É stato Vittorio Zambardino su Repubblica.it a darne notizia riportando le dichiarzioni di Cosimo Commella dirigente dell’authority: “Il pretesto - le parole del dirigente - era che bisognava tenersi pronti per rispondere alle richieste dell'autorità giudiziaria. Ma raccogliere dati personali in quel modo e con quella rozzezza espone gli stessi investigatori ad errori e valutazioni sbagliate”. Questa incredibile schedatura è terminata il 24 gennaio 2008 con un provvedimento del Garante della Privacy Francesco Pizzetti. Ma la notizia è venuta fuori solo ieri, in un seminario a Roma presso la sede dell'autorità alla quale presenziavano anche Pizzeti e Stefano Rodotà, l'ex presidente dell'authority. L'ingegnere Cosimo Commella ha aggiunto: “Non mi spiego perché il nostro provvedimento del 2008 che mise fine a quella situazione fu sostanzialmente ignorato dai giornali”. Ed effettivamente si trovano numerosi lanci di agenzia del periodo. Ma rimangono vari dubbi e un interrogativo fondamentale: le informazioni sono state distrutte? Il funzionario dice “che non ha motivo di ritenere che non lo siano state”. Una risposta non sufficiente. Aspettiamo dei chiarimenti ufficiali dal Garante per la Privacy. WEB di Federico è UN SENSO A QUESTA MELA UNA NUOVA CAMPAGNA DI BERSANI Mello è IL LODO ALFANO SU FACEBOOK IL TAM TAM È IMMEDIATO Facebook subito scatenato per la bocciatura del Lodo Alfano. Si respira un clima di euforia tra i profili pubblici. “Tutti alle 21.00 sotto la statua del Nettuno a festeggiare” scrive un utente di Bologna. Un altro utente pubblica un video di pochi secondi che diventa subito virale : “E vai, ma vieni” urla con le braccia al cielo, e parte il coro. Aggiorna il profilo anche il sindaco di Bari Michele Emiliano che pubblica il suo video di una sua ospitata di ieri e aggiunge: “ l'aveva detto, ieri, a Rai2, che il lodo Alfano non era costituzionale...”. Effettivamente video “canta”. “Penso che il consenso sia come una mela attaccata al ramo: viene giù quando c'è un cestino nuovo che la prende su”. Questa frase di Bersani a Ballarò è diventata una vera e propria campagna su bersanisegretario.it: “Cogli la mela insieme a Bersani, manda una tua foto con la mela”. Nel sito ci sono già una ventina di bersaniani immortalati con il frutto. Si tratta di collaboratori del candidato, ma si attendono anche le adesioni dei sostenitori. Per trovare, tutti insieme, un senso a questa... mela. DAGOSPIA BRUNETTA OLIMPICO L'idea di ospitare le Olimpiadi eccita il cervello del napoleonico Renato Brunetta che non vede l'ora di mandare a casa Massimo Cacciari e di fare il sindaco sulla Laguna. Il rutilante ministro che è diventato il microfono armato di papi-Silvio, si rende conto della fragilità di Venezia e sul "Corriere della Sera" dichiara la sua noia per una guerra di campanile che dovrebbe essere risolta spalmando le Olimpiadi tra Roma e la città che lo ha visto crescere (soprattutto nel potere). Accanto a lui si eccita anche il Governatore Galan per il quale cavalcare la battaglia dei Giochi vuol dire mettere un punto fermo sul rinnovo del suo mandato alle prossime regionali. In questo clima di euforia il padovano Galan ha rinunciato ad accompagnare a New York la folta delegazione di veneti che in questi giorni promuove la regione nella Grande Mela. Senza badare a spese la delegazione ha organizzato un incontro con il sindaco Bloomberg e un grande Gala per sabato sera al Waldorf Astoria. Un utente esulta su Facebook, il lettore Kindle, la mela di Bersani, Sarx88 per Dagospia GRILLO DOCET 70.000 NEGOZI SENZA SCUDO FISCALE I negozianti devono pretendere l'uguaglianza fiscale di fronte alla legge. Se i grandi evasori pagano il 5% per lo Scudo Fiscale, anche il commercio al dettaglio deve avere un'aliquota massima del 5%. Altrimenti, come dice Mavalà Ghedini, la legge è uguale per tutti, ma l'applicazione è diversa. Macellai, cartolai, fruttivendoli, droghieri, pizzicagnoli e panettieri allineate le vostre tasse dei negozi a quelle sui capitali mafiosi. Seguite il consiglio di un mio amico di Reggio Emilia: "Hai parlato di sciopero fiscale. Beh senti questa. Me ne parlava un amico un'ora fa. Sua moglie commerciante con negozio a Parma è incazzatissima per lo scudo fiscale. Entra una signora telerimbambita ed inizia la manfrina: "Ma ha visto che scandalo Annozero? Devono chiudere quella trasmissione, comunisti, assassini, povero Silvio...bla,bla"... Lei ascolta non dice niente ed alla fine dopo che la cliente ha pagato le dice: "Signora oggi ho deciso. Non le faccio lo scontrino dal momento che tanto 300 miliardi di euro di evasione fiscale Berlusconi li ha condonati. Quindi ora anche io lo faccio. Che ne dice?" La cliente telerimbambita è rimasta inebetita... è andata in tilt non sapeva che dire... ed è uscita con la coda tra le gambe dicendo: "Eh si, forse ha ragione...". E se organizzassimo la diffusione di una protesta di questo genere. Commercianti è URANIO IMPOVERITO: che aderiscono MUORE UN BIMBO DI 30 GIORNI e mettono il LA DENUNCIA DI VITTIMEURANIO.COM cartello: Arriva dal blog vittimeuranio.com una "Oggi non faccio lo denuncia choc. Un militare che ha prestato scontrino contro lo servizio per oltre sei anni in Sardegna, scudo fiscale che denuncia la morte del figlio di appena 30 è ARRIVA KINDLE condona 300 miliari giorni per un tumore. IL LETTORE ELETTRONICO di euro di evasione”. Nella lettera al blog il militare scrive che il PER LIBRI E QUOTIDIANI bimbo era nato con un neuroblastoma a un Arriva anche in Italia Kindle, rene . Il decesso del bambino è avvenuto il lettore elettronico di libri, alcuni anni fa, ma il padre si è rivolto solo ora giornali e riviste. Costerà circa 200 euro ed è al blog. ”Un bellissimo bimbo - spiega - avuto già prenotabile sul sito di Amazon: le consegne dopo che io ho operato per lungo tempo nel inizieranno il 19 ottobre. Kindle assicura una Poligono sperimentale di Salto di Quirra e copertura 3G gratuita che permette di scaricare ho partecipato a tre missioni in Kosovo. Mio un libro acquistato, in meno di un minuto. Per figlio é morto subito dopo l’operazione di ora sono disponibili 200.000 libri e 85 testate di asportazione del neuroblastoma". tutto il mondo (tra gli italiani per ora solo il Ma non è questa l’unica denuncia raccolta Corriere della Sera e La Stampa). In rete c’è dal blog. Un ragazzo di Cagliari di 31 anni ha molta curiosità su comodità e “usabilità” del scoperto di avere un linfoma di Hodgkin lettore elettronico. Sul numero di luglio di dopo aver prestato servizio, tra il 1999 e il Wired Italia, il giornalista Christian Rocca 2000, nel poligono di Teulada, in Sardegna (camilloblog.it) ne ha scritto bene: “Le parole dov’era impegnato a raccogliere bossoli che appaiono sullo schermo sembrano stampate dopo le esercitazioni senza nemmeno un su carta reale e l’impressione è di leggere una guanto di protezione. pagina di un vero libro”. feedback$ è ANTEFATTO.IT Commenti al post: La legge è uguale anche per lui E' anche merito vostro se finalmente qualcuno ha osato dire no a Mr. B. Spero che inizi una nuova era. Ma chi ora avrà il coraggio di fare un po’ di pulizia ??? La Lega propone l'arresto per il burqua, ma siamo un paese fondamentalista ?? Fuori i buffoni e i lacchè di corte, aria nuova ci vuole... Cosa suggerite ?? W ITALIA e il FATTO libero !!! Cerchiamo un Obama italiano per una nuova ecologia e nuovi "partiti"! (Claudio) Godo come un bambino con un barattolo da un chilo di nutella. Che bella serata, non vedo l'ora di vedere Fede e Minzolini e Gasparri (bisognerà spiegargli cosa è successo, ma alla fine capirà ...) e Vespa. Hahahahahaaaaaaaaa che bella serataaaaaaaa Voglio Porta a Porta subitooooooooooooooooooooo (Stefano) Che sia l'Alba di una rinascita! Finalmente un vero Miracolo Italiano! (Iacopo) E davvero una grande sensazione sapere che siamo in molti ad essere felici quando la giustizia trionfa. E’ altrettanto bello che esista un giornale libero, liberisssimo, come il vostro! Grazie ciao (Camelia) Che fosse incostituzionale l'aveva capito anche il mio gatto. Che violasse l'art. 3 lo avevano ammesso ieri perfino gli avvocati di Mr. B (geniali, praticamente hanno detto che sì, viola l'art. 3 ma è giusto così). Nonostante il mio gatto e gli avvocati di Mr. B, ben 6 giudici costituzionali (laureati in giurisprudenza, suppongo) hanno votato a favore del lodo. In malafede, spero. (Paolo) SIIIIIIIIIIIIII! Tornando a casa in bicicletta mi veniva da cantare "han bocciato il lodo alfano, han bocciato il lodo alfanooo" mi sembrava che tutti intorno a me parlassero della stessa cosa:) (Michela) E' la miglior notizia politica che ricevo da anni! E ora ci vogliono le dimissioni per il Berlusca e Napolitano! (/Angy) Ho le lacrime agli occhi. VIVA L'ITALIA, REPUBBLICA NATA DALLA LOTTA AL FASCISMO E FONDATA SUI VALORI DEL LAVORO E DELL' UGUAGLIANZA. (Andrea) Ho atteso con trepidazione tutto il pomeriggio, poi mio marito entra in casa con una V di vittoria dopo un minuto dalla bocciatura: ho pensato a tutti quelli che la Costituzione l'hanno creata e voluta. Sono emozionata, eppure provo tristezza nel pensare che siamo arrivati a questo, fare gli scongiuri perchè almeno il senso della costituzione regga di fronte a Re Mida Silvio.Oggi finalmente un pò di giustizia! Grazie!!! (Micol) AHAHAHAHAHAHAHAH (risata liberatoria mista a isteria). Ride bene chi ride ultimo!!!! (Emanuele) pagina 18 Giovedì 8 ottobre 2009 SECONDO TEMPO PIAZZA GRANDE Il mulino bianco e il mulino nero di Luigi Zoja etica si allontana, lascia il posto a statistiche. In Italia, del resto, non è mai stata particolarmente vicina. Negli Stati Uniti una delle rubriche più popolari del New York Times Magazine rimane The Ethicist di Randy Cohen. I protestanti si confessano direttamente con Dio. Per non parlare dei rabbini, che spesso litigano coll’Onnipotente. Insomma, altrove i problemi morali sono problemi delle coscienze. La tradizione cattolica, invece, li delega a una istituzione esterna, la Chiesa. Così, in Italia la parola “etica” abita più nei testi di filosofia che nella esperienza quotidiana. Ma anche queste differenze stanno sfumando rapidamente. Con la globalizzazione modelli e valori non vengono da Roma, ma dalla California. Non è vero che il sacro sia scomparso con la morte di Dio, proclamata da Nietzsche nel XIX secolo. Durante il XX secolo, però, è stato proiettato più vicino: non più verticalmente, nel lontano cielo, ma come ho provato ad argomentare, orizzontalmente, sulle masse (coi nazionalismi e i socialismi). E’ solo con la svolta del millennio che la proiezione fuori dal soggetto scompare davvero: il sacro ci rimane dentro e ci ingorga; divinità è ormai l’individuo, e ciò che nel suo rito si celebra. In pochi decenni siamo stati tutti convertiti. Siamo post-cattolici e post-protestanti, neo-consumisti. Persino post-confuciani. Nel solo 2007, la sola Nokia ha venduto, nella sola Cina, oltre 70 milioni di cellulari: che evidentemente sono più urgenti della copertura sanitaria per chi non può pagare (rinviata al 2020, dopo quasi tre generazioni di comunismo). L’Asia adora l’acquisto. Anche l’America Latina. Nel Messico si consumano 635 Coca Cola per persona all’anno. Dalla dieta scompaiono le vitamine. Dalle strade chi spreme frutta. Dalle campagne i frutteti e gli impieghi degli umili. Arrivano zucchero e obesità. La bibita ha un costo molto minore L’ La mancanza di discorso sul male è il nuovo male: ecco perché l’etica si allontana e lascia il posto alle statistiche di un succo fresco, ma è venduta a un prezzo molto maggiore, per pubblicità, confezione e forte guadagno. L’informazione (nuova Annunciazione del nuovo Culto) che comunica questo record mondiale vuole essere tecnica, moralmente neutra. Ma il fatto ha permesso al presidente della Coca Cola messicana (V. Fox) di diventare anche presidente del paese, inaugurando le presidenze post-ideologiche e neo-aziendali. Emulando un paese dove si arriva alla presidenza dalla televisione, se il consumatore ne beve con avidità messicana. E’ neutrale il Dsm, che classifica i disturbi mentali del mondo? Esso demoralizza, in ogni senso, la sofferenza psichica: finge sia problema tecnico e non mo- LA STECCA di INDRO l Per almeno impedire che Palazzo Chigi o addirittura il Quirinale possano diventare appannaggio di qualche avanzo di galera (senza nessuna allusione, per carità, al Cavaliere), non c’è, di sicuro, che un modo: abolire la galera. Sempre per parlare, si capisce, per celia, come nella nostra lingua conviene fare quando si cerca di dire delle cose serie» Corriere della sera, 19 giugno 2001 Ah, se fosse rimasto Prodi di Rodolfo Brancoli uanto ha pesato l’avvicinarsi della sentenza nel processo Mills sullo scioglimento anticipato delle camere nel 2008? Molto, anzi moltissimo, se si parte da un dato incontrovertibile: con la prosecuzione della legislatura, non importa se con il governo Prodi o con il governo Marini, non ci sarebbe stato nessun lodo Alfano e Berlusconi sarebbe stato condannato assieme all’avvocato inglese. Stando all’opposizione, o anche garantendo l’appoggio a un governo istituzionale, non ci sarebbe stata salvezza. Infatti il tentativo affidato da Napolitano al sen.Marini venne bocciato, aprendo la strada alle elezioni. Q Perciò, partendo da quel dato di fatto, e dalla fretta con cui a vittoria avvenuta governo e maggioranza votarono il lodo, si può tentare una rilettura delle vicende che portarono allo scioglimento del Parlamento e alle elezioni nella primavera del 2008. Berlusconi, appunto, aveva fretta. Lui e i suoi avvocati sapevano che la sentenza si avvicinava. Nella frenetica ricerca della “spallata” che attraversò tutto il 2007 non c’era solo una legittima sete di rivincita. Bisognava che le camere fossero sciolte a gennaio, che si votasse in primavera, che – scontando la vittoria – il governo si insediasse entro maggio, che il lodo venisse approvato prima dell’estate. E prima della sentenza. Ma la strategia delle spallate, rale, trasformandola in patologia. Solo l’omosessualità, costituitasi in gruppo di pressione, è riuscita a farsi cancellare dal Dsm. I depressi, i suicidi, continuano a vergognarsi di esserlo e a venir stigmatizzati. Non si mobilitano come gruppo, introiettano l’esclusione decisa dalla società del successo. Ne traggono altro motivo per sentirsi, loro, responsabili: per deprimersi e uccidersi. Anche quando ad avviare il loro crollo è stata, ad esempio, la perdita del lavoro, evento di cui sono non causa ma vittime. Non esistono etiche separate dalla quotidianità. Ci sono idee strane anche sulla psicoanalisi. Molti credono sia una tecnica, moralmente neutra. Invece, è una moderna edizione del comandamento “non mentire”. In forma psicologica: “non mentire, non solo agli altri, ma anche a te stesso”. Esser consapevoli è ben altro che tecnica. E’ responsabilità interiore e personale: seguendo la distinzione fatta fra religioni, capiamo perché la psicoanalisi sia nata in ambienti protestanti ed ebraici, non cattolici. Consapevolezza è ben più della semplice conoscenza, della stessa cultura: Hitler (possedeva 16.000 volumi personali) e Stalin (20.000) erano lettori avidi e, a loro modo, colti. Ma non conoscevano il male. Ogni punto di vista conosce gli altri punti, ma non se stesso. E’ il male epocale, non il bene, a decidere le sorti del male. Credete che Hitler sia stato sconfitto dagli alleati eroici e giusti? Avete visto troppi film di Hollywood. Hitler è stato annientato dalla sua onnipotenza, che era una cosa sola col male. Hitler perseguitava già ebrei e zingari, e marciava verso il genocidio: ma nessuno gli mosse guerra per questo. Quando era ormai padrone dell’Europa, dichiarò guerra anche all’Unione Sovietica, poi agli Stati Uniti: cioè alla geografia, che, più onnipotente di lui, si vendicò. ben educati, che torturano un coetaneo non più per ideologia, ma per scacciare la noia, quasi con indifferenza. O guerre civili come quella colombiana: i governativi stanno sconfiggendo i rivoluzionari delle Farc. Ma sono diventati dipendenti dal loro stesso populismo mediatico: ogni mese devono esibire (in un circolo perverso che già rovinò gli americani in Vietnam) camionate di guerriglieri uccisi. E quando ne mancano? Quando mancano, si procurano i “falsos positivos”. Con un annuncio di lavoro fanno accorrere dei poveracci. Li falciano a mitragliate, li vestono da guerriglieri, li presentano ai mass media. Fanno numero, spettacolo. I mezzi di comunicazione non parlano del male: i “nemici” vinti non sono dei morti, sono dei successi. Agli schermi si chiede intrattenimento: anche con il sangue, ma senza il male. Così, accendiamo ogni giorno la televisione o il computer. Gli sconvolgenti dati sull’inquinamento e sul Coefficiente di Gini (incremento della distanza tra ricchi e poveri) sono il nuovo territorio morale, che potrebbe ancora risvegliare indignazione: sarebbero visibili da tutti con un click, ma la maggior parte di noi non usa internet per scopi simili. Questa mancanza di discorso sul male è il nuovo male. Esser circondati dal mulino bianco degli oggetti istituisce il mulino nero dell’anima. Umberto Bossi (FOTO EMBLEMA) e Stalin, però, odiavaHvitàitler no. Nel nostro secolo, la noè il massacro post-emotivo. Gruppi di ragazzi, spesso Con la prosecuzione della legislatura nel 2008 non ci sarebbe stato nessun lodo Alfano e Berlusconi sarebbe stato condannato con Mills malgrado uno shopping furioso al Senato e raccomandazioni di divette per far felice qualche senatore, non stava portando risultati. L’ultimo tentativo venne fatto il 15 novembre, sulla Finanziaria. Berlusconi era così sicuro di farcela, che aveva fatto organizzare per il 17 e 18 dei gazebo in tutta Italia per raccogliere firme sotto una petizione per andare subito a elezioni. Fallita anche quell’ennesima spallata, si trovò in un angolo, abbandonato anche da alcuni dei suoi alleati. Rilanciò con l’annuncio, dal predellino di un auto per farsi vedere, che Forza Italia si sa- rebbe sciolta in un nuovo partito “per raccogliere tutti i moderati in una sola formazione”. Ma non bastava certo per raggiungere il suo obbiettivo. Per sua fortuna scattò in parallelo il “soccorso rosso”. E qui le date sono importanti. Il 9 novembre 2007 Veltroni aveva incontrato Bertinotti per illustrargli la sua proposta di legge, che prevedeva il proporzionale senza premi di coalizione. E lì prese corpo quella “separazione consensuale” che verrà ufficializzata a camere sciolte, i due condividendo l’intenzione di sciogliere l’Unione e correre ciascuno per proprio conto. L’11 novembre la proposta di legge diventa pubblica. Il 30 novembre Veltroni incontra Berlusconi, proclamando la fine dell’antiberlusconismo, definendo ”importante e utile” l’apertura di Berlusconi al dialogo sulla legge elettorale, e affermando di aver verificato una “convergenza sula necessità di tornare al sistema proporzionale”. E Berlusconi conferma che su quella proposta ci sono “francamente buone probabilità di trovare una inte- nordisti É di Gianni Barbacetto BARBAROSSA E “QUEL CRETINO” B arbarossa? Non dimentichiamo com’è nato. E finalmente i Padani hanno la loro fiction. Ce l’hanno i carabinieri, la polizia, la guardia di finanza, la guardia costiera, i nonni, i napoletani, le amiche di Papi, i santi, i ciclisti, i salesiani, gli ex democristiani... Adesso è arrivato anche il “Barbarossa”, presentato in pompa magna a Milano con contorno di politici e imprenditori accorsi a rendere omaggio ai Barbari che hanno ormai conquistato Roma. Dapprima hanno pensato all’essenziale, e cioè alle poltrone romane da occupare voraci dopo aver tanto criticato l’occupazione partitocratica. Ora, satolli, possono pensare anche all’immaginario. Sì, perché ogni regime per consolidarsi ha bisogno di inventarsi una tradizione, un passato, un campionario di miti. La Lega, dopo aver provato con ampolle d’acqua del Po e druidi celtici, adesso sfodera lo spadone di Alberto da Giussano, in un cupo fumetto kolossal-splatter messo insieme dal buon Renzo Martinelli e girato in Romania, per risparmiare sulla produzione impiegando come manodopera (parola di Martinelli) «lo zingarume romeno». Un’opera di regime fatta per compiacere il Bossi che appare anche in qualche scena. L’ha tanto voluto, questo “Barbarossa”. È stata la politica a pretenderlo, a esigerlo, a commissionarlo. Vale la pena di ricordare, a questo proposito, l’irresistibile telefonata tra Berlusconi e il direttore di Raifiction Agostino Saccà: i due non parlavano soltanto delle ragazze di Papi da piazzare in Rai. No, Silvio ricordava al flessibile dirigente del servizio pubblico che doveva fare anche un piacere al Bossi e alla sua “soldatessa” nel cda Rai, Giovanna Bianchi Clerici. Silvio: «Senti, io avevo bisogno di vederti... Perché c'è Bossi che mi sta facendo una testa tanto... con questo cavolo di... fiction... di Barbarossa... Puoi chiamare la loro soldatessa che hanno dentro il consiglio... dicendogli testualmente che io t'ho chiamato... che tu mi hai dato garanzia che è a posto». Agostino: «La chiamo subito, presidente». Silvio: «Chiamala, perché ieri sera... a cena con lei e con Bossi, Bossi mi ha detto: ma insomma, di qui, di là...». Agostino: «Allora diciamola tutta, Presidente... Il signor regista ha fatto un errore madornale perché un mese fa ha dato un'intervista alla Padania, dicendo che era tutto a posto perché aveva parlato col Senatur... Il giorno dopo, il Corriere scrive... che Saccà fa quello che gli chiede la politica...». Silvio: «Chi è il regista?». Agostino: «Il regista è Martinelli, che è un bravo regista, però è uno stupido, un ingenuo, un cretino proprio... Un cretino, mi ha messo in una condizione molto difficile, perché mi ha scritto un articolo sul Corriere della sera e poi, non contento, Aldo Grasso sul Magazine del Corriere della sera scrive: il potente Saccà fa quello che gli dice Berlusconi e basta... Che poi non è vero, lei non mi ha chiesto mai... Lei è l'unica persona che non mi ha chiesto mai niente... Voglio dire...». Silvio: «Io qualche volta di donne... E ti chiedo... perché...». Agostino: «Sì, ma mai...». Silvio: «...per sollevare il morale del capo...». (Risate) Ecco. Quando manderanno in onda il “Barbarossa”, dovrebbero farlo precedere dalla registrazione di questa telefonata. Così, tanto per ricordare come nasce un capolavoro. sa”. Il 4 dicembre, in una intervista a Repubblica, Bertinotti liquida l’Unione e paragona Prodi a “un poeta morente”. Berlusconi invece è un'altra cosa, gli appare uno statista pensoso delle sorti delle istituzioni. Dice nella stessa intervista: “Penso abbia preso atto della crisi del sistema e della crisi del centrodestra. Dunque, se rileggo le sue mosse, considero attendibile che anche lui, stavolta, cerchi un accordo per rinnovare il quadro politico istituzionale”. Siamo a gennaio 2008. Il 16 Mastella, indagato, si dimette da ministro ma garantisce l’appoggio esterno dell’Udeur. Numericamente non cambia niente. Il 19, in un discorso a Orvieto Veltroni annuncia però che si è “a un passo” dall’intesa sulla legge elettorale e che comunque “quale che sia il sistema elettorale, la prossima volta alle urne il Pd si presenterà con le sue liste”. Cioè da solo. Un commentatore definisce quell’annuncio “l’autospallata” del centrosinistra. Capito il messaggio, il 21 L’Udeur esce dalla maggioranza. E’ la crisi, e Prodi cade al Senato il 24 gennaio. Tempo tre minuti e Bettini, anche lui affermando che “eravamo a un passo dall’accordo” sulla nuova legge elettorale, si appella a Berlusconi perché accetti un governo a termine per le riforme. Per le riforme, ma anche per spostare al 2009, assieme alle europee, l’appuntamento elettorale in modo da prendere le distanza dalla fallimentare esperienza dell’Unione e dar tempo al Pd di rafforzarsi. Ci si era bizzarramente autoconvinti che Berlusconi avrebbe fatto cioè l’interesse degli altri anziché, logicamente, il proprio. E infatti tolse subito ogni illusione, dichiarando al Tg5: “Chiederemo al Capo dello Stato le elezioni, sperando che possano tenersi al più presto. Ci opporremo a eventuali manovre di Palazzo”. L’incarico a Marini nacque morto, e le camere vennero sciolte. Tanto peggio per chi si era fidato. Vinte, come era prevedibile, le elezioni, il 26 giugno 2008 il consiglio dei ministri approvò il lodo Alfano, che divenne legge il 27 luglio. Giovedì 8 ottobre 2009 pagina 19 SECONDO TEMPO MAIL Lo Stato indecente ci lascia morire Vi scrivo perché, dopo tanti tentavi, non sono riuscito ad avere nulla per mia madre, che ha bisogno di assistenza a domicilio. In tutti i giri per gli sportelli comunali e per le circoscrizioni ho sempre ricevuto risposte negative. Ho 48 anni e per assistere a mia madre ho dovuto perdere il lavoro. Sono disoccupato perché non potevo lasciare mia madre senza alcuna assistenza. In comune mi hanno detto che non dovevo credere alla pubblicità sugli aiuti agli anziani, perchè non c’è personale, non ci sono i soldi: queste risposte le ho ricevute dovunque mi sono recato. Che Paese è questo? Lo fanno passare per moderno, che aiuta i deboli e gli anziani, mentre la realtà è che ci lascia soli. Abbiamo anche ricevuto lo sfratto e dovete dirmi come posso fare, essendo disoccupato ,vivendo di pensione di mia madre, ad arrivare alla fine del mese. Come posso fare? Il governo deve sapere come vivono le persone povere. In più, mi hanno consigliato di rivolgermi a uno studio legale per questa pratica dello sfratto. Ma come posso permettermelo? Non ho entrate. Ecco alcune delle patologie di mia madre: diabete, cardiopatia, sindrome da immobilizzazione cronica, anemia etc etc. Ho scritto ad BOX A DOMANDA RISPONDO MESSINA, COLPA DI BERLUSCONI? Furio Colombo 7 aro Colombo, i politici adesso dicono del disastro di Messina: “l’avevamo previsto”, e dentro di me continua a morire qualcosa. E’ come rivivere un eterno deja-vu, toccando con mano, da cittadino comune, la gigantesca occasione sprecata dal mio Paese in un quarantennio di promesse tradite, opportunità mancate, ripetizione continua della medesima, delittuosa superficialità. Danilo Dolci scrisse che la burocrazia uccide più del terremoto. Nella tragedia di Messina, sono certo, l’immobilismo ha pesato più di qualche temporale. Recentemente troppi eventi atmosferici e fenomeni naturali producono morti. Siamo destinati ad affondare nelle nostre contraddizioni? Marcello C CIÒ CHEè accaduto a Messina è purtroppo una tragica replica. E se la domanda è: accadrà di nuovo? Purtroppo la risposta è sì. Dipenderà soltanto dalla condizioni meteorologiche, fatto tanto evidente quanto squallido. Ci mette fra le aree più desolate del mondo. Non tutto il terzo mondo, ma la parte del terzo mondo senza governo e senza controlli. E’ giusto dare a Berlusconi e ai suoi valorosi custodi dell’ambiente italiano tutta la responsabilità che si meritano. Ma non La vignetta possiamo falsificare la storia italiana del dopo guerra. Giustamente il lettore ricorda Danilo Dolci,con cui ho collaborato a raccogliere fondi in America negli Anni Sessanta. E qui viene la parte di riflessione che non possiamo evitare. Danilo Dolci, e la sua gente volontaria che avrebbe voluto proteggere beni fondamentali e comune come la terra e l’acqua in Sicilia , era considerato un nemico dei governi locali, da quelli nazionali e da ogni altra autorità italiana. Veniva a cercare ( e trovava) aiuto in America perché in Italia di aiuto ne riceveva ben poco, piccoli frammenti di borghesia e per il resto disinteresse anche politico. E disprezzo. Dunque anche prima di Berlusconi, gli agenti del malaffare dello ambiente italiano, malato gravissimo, sono due: cattivi governi o, al meglio, governi assenti, tutti. E una opinione pubblica totalmente indifferente con poca voglia di denunciare e nessuna voglia di essere chiamata in causa. E’ meglio ricordarcene mentre cola il fango sulla periferia di Messina. La vere ragioni ( a parte il tronfio, inutile , offensivo annuncio del ponte) sono persino più gravi di Berlusconi. Siamo noi, paese estraneo e indifferente a se stesso, ciascuno con un suo progetto privato. Gli altri se la vedano da soli con i temporali. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 [email protected] quella legge, che senso ha dire che il presidente del consiglio lo nomina il Presidente?e poi,non dovrebbe deciderlo la costituzione se è super o inter, e non una legge qualunque? Lele L’operazione trasparenza vale solo per noi Alemanno ma, non ha risposto. Volete lasciarci morire? Antonio Trapani Minacce a Ruotolo, i giornalisti sono soli Ho paura per le sorti di questo Paese. Il sistema che hanno messo in piedi i nostri politici si basa sui ricatti, sulle menzogne, sul coprirsi a vicenda. Eccola tornata, la Casta. Ricordo di aver sentito una frase memorabile del presidente emerito Francesco Cossiga: “In Italia, per fare carriera nella politica, bisogna essere ricattabili”. L’intervistatore gli chiese: “Che dice, presidente ? Intende che non bisogna essere ricattabili, vero?”, ed ecco arrivare, nella risposta, la verità: “No, bisogna esserlo. Se non lo sei, ti temono. Non ti lasceranno mai scalare le vette. Non sarai mai nessuno. Tutti sono ricattabili”. E così fu. la restrizione degli spazi di libertà (e di onestà) è spaventosa. Non c’è più indipendenza, quan- do c’è la si riconosce al volo: le poche menti libere sono costantemente attaccate, con violenza, con ferocia. Sono massacrate. Ho saputo che il giornalista Sandro Ruotolo è stato minacciato di morte. Lo stesso Michele Santoro ha ricevuto parecchi avvertimenti nella sua vita, oltre agli attacchi frontali. I giornalisti perbene vengono seguiti, spiati, tormentati, minacciati e a volte aggrediti. E nessuno si ribella. Caterina Se Berlusconi è sopra la legge Scusate l’ignoranza (giuridica), volevo fare una domanda: in che modo la legge elettorale eleva il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al di sopra delle leggi? Non ho votato Berlusconi, anche perchè non ho votato Pdl. Poi, se è "primus super pares"(...il mio latino è un po' arrugginito, ma non mi convince molto come frase...)grazie a Sono un Dirigente Medico ospedaliero che lavora solo in Ospedale, libera professione compresa. Nell'ambito dell' "operazione trasparenza" del prof. Brunetta sono stato costretto a pubblicare il mio curriculum on-line , cosa che ho fatto volentieri. Non ho invece affatto gradito di dover pubblicare on-line anche la mia busta paga lorda. Essendo un dipendente a stipendio, cosa ci può essere di poco "trasparente" nella mia busta paga? E perchè pubblicarla lorda quando me ne trattengono quasi la metà in tasse alla fonte? Inoltre è utile divulgare notizie che potrebbere interessare anche a malintenzionati? Ma quello che proprio non mi va giù è che, in contemporanea con questa "trasparenza" imposta ai pubblici dipendenti, lo stesso governo di cui fa parte il ministro Brunetta emani il cosidetto scudo fiscale, tutelando i malfattori con l'anonimato! Non le sembra che ci sia qualcosa di poco "trasparente" in tutto ciò? Enrico Siamo tutti Franco Conte, disoccupati e senza speranze Ho letto la lettera del signor Franco Conte che avete pubblicato sul tema della disperazione IL FATTO QUOTIDIANO via Orazio n. 10 - 00193 Roma [email protected] da mancanza di lavoro e prospettive. Mi permetto di intervenire. Purtroppo, e lo so anche per esperienza diretta, il problema di Franco è comune a moltissime persone, pur non avendo rilevanza sociale. In Italia esiste un dramma taciuto e nascosto, quello delle persone intorno ai 40-45 anni che perdono il lavoro e non vengono più ripresi in considerazione dalle aziende, diventando “troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per la pensione”. In questa situazione l’Istat stima che ci siano quasi un milione di persone e la maggior parte di queste non ha diritto a nessun ammortizzatore sociale. Noi siamo l’unico paese europeo che insieme alla Grecia non prevede nessuna forma di reddito per chi, dall’oggi al domani, perso il lavoro, si ritrova con moglie e figli e un mutuo da pagare. Secondo l’ultimo rapporto di monitoraggio del ministero del Lavoro, gli ammortizzatori sociali coprono solo il 31% dei disoccupati, con sussidi di varia natura. Gli altri devono arrangiarsi. Questo dramma deve venire alla luce. Stefano Giusti Colleferro, il Tg1 e la scomparsa dei fatti Buongiorno, voglio sottolineare la grave assenza della copertura del Tg1 riguardo alla manifestazione svoltasi ieri presso l'Alstom di Colleferro. Certo, non è la prima volta che il Tg1 buca una notizia (mi riferisco ovviamente alla mancata messa in onda dello scandalo delle prostitute a palazzo Grazioli, se non per smentire una notizia, mai data!). Questa volta però tutti gli altri organi di informazione nazionali hanno dato la notizia, e anche numerossimi telegiornali europei e non solo (quelli francesi, tedeschi, spagnoli, americani, Cileni, ecc.). Il Tg1, il principale te- IL FATTO di ieri8 Ottobre 1786 Sono molte le ragioni che indussero Goethe, nel 1786, a intraprendere il suo viaggio in Italia, straordinaria esperienza culturale e sentimentale , diventata saggio, romanzo,diario autobiografico solo trent’anni dopo, con la prima stesura del 1816. Innamorato dell’Italia,della sua lingua, della sua arte,del suo paesaggio, Goethe, insofferente per gli incarichi affidatigli dal duca Karl August e in pieno disagio esistenziale, parte in gran segreto da Weimar verso “il paese dove fioriscono i limoni”,luogo predestinato per quella che chiamerà la sua “Wiedergebur t”, la rinascita. Dei due anni di avventure itineranti in terra italica, resteranno passaggi memorabili, turbamenti estetici, suggestioni pre-romantiche che ancor oggi ci affascinano. Come quelle su Venezia alla quale, in un appunto dell’8 ottobre 1786 Goethe dedica questo tenero frammento “…quando, attraversando la laguna nel fulgore del sole, vidi spiccare sui profili delle gondole l’agile guizzo variopinto dei gondolieri…vidi il più bello, il più vivo quadro di scuola veneziana…tutto era come dipinto chiaro su chiaro e l’onda schiumosa e gli scintillii che vi balenavano erano gli indispensabili tocchi di rifinitura”. Giovanna Gabrielli L’abbonato del giorno GUIA CARLOMAGNO Guia ha 25 anni, dopo la laurea triennale in scienze internazionali si è iscritta a giurisprudenza. Abita a Rovigo, dove Il Fatto non dovrebbe arrivare ma “in realtà ho scoperto che in alcune edicole si trova”. Ci racconta che “ho sempre letto Repubblica, è quindi con stupore che ho scoperto di non sentirne la mancanza. Finalmente non sono più costretta a sorbirmi articoli fatti solo di dichiarazioni di politici”. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it Diritto di Replica Michele Santoro, la Costituzione e la terzietà Caro Luca Telese, nell’inter vista che mi hai fatto ieri, hai rispettato il senso delle mie parole ma le hai riferite con una imprecisione. Poiché tanto più dure sono le nostre polemiche tanto più abbiamo il dovere di essere precisi, in merito alla composizione dell’Agcom mi corre l’obbligo di una puntualizzazione. Nelle biografie dei nove membri che compongono l’Agcom se ne contano sei caratterizzate da militanza politica. Tre sono stati sottosegretari di Governo e parlamentari, due sono ex parlamentari, uno ex assessore e sindaco. Il presidente, poi, è stato capo di Gabinetto in vari ministeri: Bilancio, Mezzogiorno, Sanità eccetera eccetera. Sempre per la precisione vorrei aggiungere che la Costituzione impone il principio di terzietà per le Autorità amministrative, quale appunto è l’Authority per le Garanzie nelle Comunicazioni (che non è un organo giudiziario). Michele Santoro legiornale del servizio pubblico italiano, si distingue nell'essere l'unico a non riportare la notizia nell'edizione delle 20.00. Tale scelta ci danneggia sia come dipendenti della suddetta azienda, che come utenti del servizio pubblico. La chiusura del sito di Colleferro implica che centinaia di famiglie saranno in grossa difficoltà e che il tessuto industriale della zona s’impoverirà, nonchè la perdita di tutto il know-how accumulato in 70 anni di attività. Questa scelta editoriale, risulta particolarmente inappropriata. La famiglia Doris primo azionista Massimo Greco Roberto Scippa A seguito della notizia apparsi ieri sul “Fatto Quotidiano” a pagina 8, vi informo che il primo azionista di Mediolanum è la famiglia Doris con il 40,9%. Il 29% di cui parlate è la quota riportata dal sito della Consob e fa riferimento alla sola persona di Ennio Doris il quale, dal 1982, guida e gestisce direttamente tutta l’operatività del Gruppo. Il gruppo Fininvest con quasi il 36% è il secondo azionista. Distinti saluti, Direttore responsabile Antonio Padellaro Caporedattore Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez Progetto grafico Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Orazio n°10 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 e-mail: [email protected] sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. 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