PALAZZO O MONASTERO, ISLAM O OCCIDENTE: IL COMPLESSO

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PALAZZO O MONASTERO, ISLAM O OCCIDENTE: IL COMPLESSO
PALAZZO O MONASTERO,
ISLAM O OCCIDENTE:
IL COMPLESSO MEDIOBIZANTINO
A KÜCÜKYALI (ISTANBUL)
di
ALESSANDRA RICCI*
*Dipartimento di Latinità e Medioevo,
Università degli Studi di Salerno
Old streets I loved and hated so
In the houses’s shades to walk
Inevitabile nights of return
And the city lies still as dead.
Fig. 1 – Pianta del cd. palazzo di Bryas e confronti (da EYICE 1959).
(versi di Manolis Anagnostakis)
INTRODUZIONE
I cospicui resti di epoca bizantina, conservati nel distretto di Kücükyali negli antichi sobborghi asiatici della
città di Costantinopoli, sono stati risparmiati dal rapido fenomeno di urbanizzazione della moderna Istanbul. Nello
spazio di solo qualche decennio, si è verificata una rapida
espansione della città che, ha trasformato una ampia fascia
costiera del mare di Marmara prospiciente le isole di
Prinkipo ed il suo entroterra in area oramai pienamente integrata nel tessuto della metropoli. Kücükyali (ovvero “piccolo padiglione a ridosso del mare”, nome che rappresenta
l’ultima melanconica testimonianza del recente passato dell’area), conserva a nord della Cinar Camii quelli che possono essere considerati i più cospicui resti di epoca preottomana sopravvissuti nella sponda riva asiatica della città
di Istanbul. Dal 2001 opera a Kücükyali una missione archeologica che, a seguito di una breve ricognizione avvenuta nel 1995, ha iniziato quelle che possono essere considerate come le prime indagini sistematiche dell’area. Queste, si muovono contestualmente su due linee, la prima quella
prettamente scientifica ha come obiettivo quello di chiarire
la pianta del complesso, le sue fasi cronologiche, e soprattutto l’identificazione dello stesso, mentre la seconda si prefigge di procedere con alcuni interventi mirati alla conservazione e pubblica fruizione dell’area archeologica e delle
sue immediate vicinanze. Il seguente contributo vuole, sinteticamente, presentare alcuni dei risultati più significativi
raggiunti nel corso delle due campagne di indagine.
TRA PALAZZO E MONASTERO: IDENTIFICAZIONI
PRIMA DELLE INDAGINI ARCHEOLOGICHE
Il complesso bizantino di Kücükyali rappresenta un emblematico caso per le vicende relative alle sue controverse
ed, apparentemente contrastanti, ipotesi di identificazione.
Sino alla fine degli anni ’50, una delle tendenze predominanti era quella di vedere nelle strutture superstiti quelle di
un complesso monastico, S. Michele a Satyros, edificato da
Niketas, futuro patriarca di Costantinopoli Ignazio, e figlio
dell’imperatore Michele I Rangabe (811-813) (PARGOIRE
1902 e BARSANTI 1977). Il corpo del patriarca, restituito al
monastero nell’ottobre 877 in occasione del suo decesso,
venne da allora custodito in un complesso la cui costruzione doveva essersi verosimilmente da poco conclusa. Alternativamente, i resti di Kücükyali cui emergeva dal terreno
una massiccia costruzione, probabilmente una cisterna a
pianta rettangolare del cui versante occidentale erano crollate colonne o pilastri muniti di capitelli di spoglio che sostenevano le cupolette in laterizio di copertura della stessa
e che nella parte terminale, ad oriente, presentava una grande sala dominata da una cupola in laterizio perfettamente
conservata, tali resti venivano, per l’appunto, associati con
il palazzo di Bryas (EYICE 1959 e EYICE 1959-A) (Fig. 1).
Questo complesso palatino suburbano, noto attraverso numerose fonti bizantine, venne realizzato su espressa volontà dell’imperatore Teofilo, ad imitazione di modelli islamici ammirati da alcuni suoi inviati nel corso di una missione
diplomatica a Baghdad intorno all’ 829-30. Bryas viene a
rappresentare, così concordano le fonti bizantine, il primo
complesso palatino le cui caratteristiche architettoniche e
decorative portano a Bisanzio secondo un coerente e deliberato progetto schemi architettonici e decorativi una coerente e voluta messa in opera di caratteristiche prettamente
legate alla cultura islamica.
La questione dell’identificazione del complesso sembra giungere ad una definitiva soluzione quando, nel 1959
a seguito di nuovi rilievi sul terreno, Semavi Eyice con un
certo vigore decise di impugnare quella che potremo definire la “tesi islamica” proponendo, sulla base di legittimi
confronti tra la pianta di Kücükyali e complessi sultaniali
di epoca omayyade ed abbaside – quali ad esempio Mshatta,
Samarra, e Ukhaidir – di identificare il complesso costantinopolitano con il palazzo di Bryas. Gli elementi cardine di
tale proposta erano rappresentati da quella che appariva
essere una perfetta assonanza tra le fonti storiche e la pianta
dell’edificio. Ovvero, un complesso palatino le cui caratteristiche planimetriche, distinguendosi da quelle delle loro
controparti a Bisanzio, riflettevano o meglio riproponevano, quelle del nascente mondo islamico. Il paradigma palatino era espresso nell’impianto centralizzato del complesso, cinto da mura proprie e dominato al centro da una sala
per le udienze spesso cupolata come nel caso di Mshatta e
Kücükyali, cui si accedeva tramite un percorso cerimoniale, anch’esso centralizzato. Il tutto regolato da perfette simmetrie. La suggestione di tale sorprendente, quanto rara
concomitanza di informazioni tra le fonti storiche ed evidenze sul terreno, ha fatto si che, seppur con poche eccezioni, la “tesi islamica” abbia goduto di notevole fama e
sostegno. Va comunque ricordato che il lavoro svolto sul
campo dallo studioso turco, è consistito solo in osservazioni e documentazione delle strutture emergenti. Eyice aveva
peraltro notato che la sala cupolata aveva le caratteristiche
di una cisterna, documentandone anche il canale di adduzione idraulica ad oriente, ma questo era stato attribuito ad
una tardiva trasformazione della stessa. Inoltre, appariva
chiaro che al di sopra del settore orientale della cisterna –
ovvero sopra la sala cupolata, nella zona non interessata dai
crolli – emergevano murature di quello che poteva essere
evidentemente individuato come un secondo piano per la
cui costruzione, secondo uno schema consueto nella Costantinopoli bizantina, era stata utilizzata la cisterna come
sostruzione. Di tale impianto ne venivano documentate alcune parti per il tramite di fotografie, ma non ne compariva
traccia nella pianta del complesso, ne si riscontrava discussione nel testo dei due articoli.
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Senza entrare nel merito delle caratteristiche delle architetture palatine a Bisanzio comunque confrontabili con
l’impianto centralizzato del presunto palazzo di Bryas, o
dei possibili legami tra complessi residenziali omayyadi ed
abassidi e loro controparti tardoantiche nel Mediterraneo
orientale, argomenti questi di estremo interesse e che richiederanno una approfondita trattazione in un diverso contesto, appare comunque evidente che già al momento della
sua formulazione la tesi dell’Eyice presentava alcune incertezze. Questo non ha comunque impedito che l’identificazione con il palazzo di Bryas dei resti di Kücükyali, venisse non solo comunemente riconosciuta ma che intorno
ad essa si siano poi sviluppate una serie di elaborate interpretazioni, quali ad esempio quella di una origine islamica
dei cosiddetti giardini del paradiso (BARBER 1992).
Fig. 2 – L’area di Kücükyali vista dall’alto (2001).
RICOGNIZIONE DEL 1995
Nell’estate del 1995, grazie ad un permesso concesso
dalla Direzione Generale per i Monumenti e Musei della
Turchia, è stato possibile svolgere una prima e sommaria
ricognizione dell’area. Dagli studi dell’Eyice, peraltro limitati alla realizzazione di una planimetria relativa del complesso, l’area non era stata oggetto di ulteriori indagini sul
campo. Si intendeva, quindi, procedere ad un nuovo rilievo
delle strutture emergenti, preceduto da una approfondita
analisi delle stesse. Inoltre, si rendeva necessario uno studio delle emergenze architettoniche collocate al di sopra
della sala cupolata (RICCI 1998). Appariva evidente che una
corretta lettura di queste ultime avrebbe certamente contribuito ad un chiarimento riguardo l’identificazione del complesso.
Il paesaggio prospiciente l’area aveva nel frattempo subito una radicale metamorfosi al punto di essere divenuto
pienamente urbanizzato (Fig. 2). Una costellazione di edifici era stata costruita lungo i tre lati del complesso, mentre
sul versante meridionale, la realizzazione di una imponente
moschea nel 1986 la Cinar Camii, aveva evidenziato il lato
sud del perimetro a pianta rettangolare all’interno del quale
era collocato il centro del complesso monumentale.
Quanto emerso a seguito della costruzione della moschea ha confermato una delle ipotesi dell’Eyice, ovvero
che il complesso costituito da cisterna ed edificio soprastante era contenuto all’interno di un grande recinto di muratura a pianta rettangolare il cui lato ovest era rappresentato dal muro della cisterna, mentre i rimanenti tre lati erano
posti ad una notevole distanza dai muri perimetrali della
cisterna. Tali interventi hanno consentito di creare una ampia piattaforma al centro della quale, in posizione dominante rispetto al paesaggio circostante, si impostava l’edificio costruito sopra la cisterna.
Il lato meridionale di tale recinto, recentemente emerso
a seguito della costruzione della moschea, è costituito da
due file parallele di elementi murari, di cui il più esterno è
rafforzato da massicci contrafforti, mentre quello più interno posto immediatamente a ridosso del precedente, è scandito da arcate sostenute da contrafforti. La muratura, come
nelle altre sezioni del recinto, appare omogenea ed è composta da bande di corsi di pietra scura di dimensioni irregolari alternate a bande di corsi di laterizio. Un ulteriore interessante dato relativo al cosiddetto recinto è emerso a seguito del sopralluogo del lato ovest, dove era stata notata
dall’Eyice una apertura che immetteva nel percorso cerimoniale del presunto palazzo di Bryas. È apparso evidente
che tale apertura non è altro che un recente sfondamento
della parete, probabilmente operato per accedere all’interno del livello inferiore del complesso. Inoltre, ad un attento
esame della struttura muraria non si sono evidenziati i rifacimenti, peraltro supposti dall’Eyice e presumibilmente relativi alla trasformazione in cisterna. La tecnica muraria
appare simile a quella del cosiddetto recinto ed entrambi
sembrano essere realizzati in un’unica istanza. Il rivesti-
Fig. 3 – Canale di adduzione della cisterna (2001).
Fig. 4 – Cupola in laterizio della cisterna (2001).
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Fig. 5 – Ricostruzione in Auto-cad della cisterna (Richard Bayliss,
Università di Newcastle, 2002).
mento di malta idraulica è ben conservato lungo diversi tratti
delle pareti interne, arriva sino allo spiccato delle superfici
curvilinee e, come in precedenza, appare coerente con la
originaria costruzione. Anche il canale di adduzione idraulica che era fornito di una vasca di decantazione posta a
qualche metro dalla terminazione, è stato costruito contestualmente alla struttura (Figg. 3, 4).
Sulla base di queste preliminari informazioni appare
evidente che ci troviamo di fronte ad un caso non desueto
nel panorama della architettura bizantina nella città di Costantinopoli, ovvero una cisterna sotterranea costruita su di
una altura al fine di facilitare il processo di raccolta dell’acqua. Su tali cisterne venivano, soprattutto dal periodo mediobizantino, realizzate contestualmente costruzioni che su
di esse poggiavano. Le cisterne, quindi, svolgevano la duplice funzione di monumentali depositi di acque nonché di
sostruzione per gli edifici sovrastanti (Fig. 5). Sebbene
l’esempio di Kücükyali possa rientrare a pieno titolo in questo genere di complessi, rimangono alcune peculiarità relative alla sua pianta. In particolare questo si presenta come
costituito da due diverse entità, rappresentate dalla porzione occidentale articolata su tre file parallele di sei colonne
o pilastri che sostenevano un totale di 24 cupolette in laterizio, ed il segmento orientale costituito da un grande spazio
centrale chiuso da una cupola anch’essa in laterizio e sostenuta da quattro massicci pilastri. Ai lati di questo spazio
centrale si sviluppano agli angoli quattro ambienti laterali
collegati tra di loro per il tramite di corridoi. La comunicazione tra questi due nuclei e, quindi il flusso d’acqua, era
assicurato da due grandi aperture ancora conservate nella
loro interezza. Si è quindi supposto che la pianta della cisterna ed i suoi elementi compositivi, siano stati determinati dal complesso che su di essa si poggiava.
Le indagini di superficie sulle emergenze murarie sopravvissute al di sopra della grande sala cupolata della cisterna hanno prodotto interessanti risultati ed hanno, nelle
stagioni successive, consentito di confermare quanto supposto poco sopra. Il dato di maggiore interesse relativo alla
campagna di ricerca del 1995 è quanto identificato nelle
evidenze sopra la sala cupolata. Interrate da circa 60 cm. di
terreno murature realizzate esclusivamente in laterizio e
malta sono state documentate. Si tratta di tre abisdi poligonali all’esterno, di cui quella centrale risulta essere maggiore rispetto a quelle laterali, tutte orientate ad est. Inoltre,
in corrispondenza dei pilastri della cupola della cisterna è
stato possibile individuare tracce di simili elementi nel livello superiore. Infine, sui lati nord e sud di un supposto
perimetro dell’edificio superiore che, corrispondeva approssimativamente ai limiti della cisterna, sono state individuate tracce di strutture murarie che hanno fatto supporre la
presenza di ingressi forse laterali. Sebbene gli elementi disponibili per poter ricostruire la pianta dell’edificio collocato sopra la cisterna fossero esegui e di difficile lettura, è
sembrato ragionevole supporre che doveva trattarsi di una
chiesa a pianta centralizzata, probabilmente del tipo a croce greca inscritta con cupola centrale poggiante su pilastri.
Un edificio di notevoli dimensioni il cui diametro della cupola doveva aggirarsi intorno ai 9-10 metri.
Le teorie relative alla identificazione del complesso di
Kücükyali con il complesso palatino di Bryas apparivano a
questo punto poco fondate o, quantomeno le conclusioni
raggiunte da Eyice necessitavano di una nuova interpretazione. Si trattava forse di una grande cappella palatina relativa al palazzo ma di cui non si ravvisavano tracce nelle
dettagliate fonti bizantine che di questo peculiare monumento fanno menzione. Oppure poteva trattarsi di un monumento la cui funzione doveva essere ben diversa da quella del palazzo ed all’interno del quale la chiesa rappresentava uno dei punti focali essendo quindi collocata in una
posizione prominente rispetto al resto del complesso. Ancora una volta è apparso chiaro che solo ulteriori indagini
sulle strutture residue del livello superiore avrebbero consentito di dirimere la questione. Si rendeva quindi necessaria una indagine archeologica più approfondita che, tramite
una contenuta e mirata pulizia, accompagnata dalla rimozione di alcuni settori specifici dell’humus, avrebbe consentito di delineare la pianta della presunta chiesa.
INDAGINI DEL 2001 E 2002:
Si presenta di seguito una sintesi dei principali risultati
ottenuti nel corso delle stagioni di indagine 2001, 2002 i
cui dati definitivi sono oggetto di una serie di pubblicazioni
in corso di preparazione (RICCI 2004) (Figg. 6, 7).
Le indagini a Kücükyali sono riprese nella stagione
2001 e si sono incentrate sui resti della presunta chiesa.
Grazie alla pulizia dalla vegetazione ed ad una mirata rimozione dello strato superficiale di humus è stato possibile
definire le caratteristiche planimetriche dell’edificio (RICCI
2002). Si tratta di una chiesa il cui impianto architettonico
a croce greca inscritta presenta alcune peculiarità. All’abside centrale sono collegati due ambienti laterali a pianta rettangolare, presumibilmente prothesis e diakonikon, che lasciano quindi isolate le absidi laterali per le quali si potrebbe supporre una funzione di cappelle private. Nel corso della
pulizia della zona absidale sono state rinvenute numerose
tessere in pasta vitrea a testimonianza di un possibile rivestimento musivo parietale in questa zona dell’edificio. Inoltre, la muratura esterna delle tre absidi presentava chiare
tracce di rivestimento ad intonaco sul quale sono state notate tracce di pigmentazione dai colori nero e rosso. Questo
interessante dato indica che in antico, della superficie esterna
dell’edificio non si intendeva mostrarne la tessitura muraria, piuttosto che questa era la base sulla quale veniva lisciato uno spesso strato di intonaco dipinto che costituiva
la vera facciata decorativa della chiesa.
Tre dei quattro pilastri relativi alla cupola sono stati
identificati a conferma di quanto ipotizzato nella stagione
1995 ovvero che, la pianta della chiesa ha determinato le
caratteristiche architettoniche della sottostante cisterna. In
particolare la grande sala cupolata della cisterna era stata
realizzata al fine di poter sostenere la più imponente cupola
della chiesa. Si tratta, in conclusione, di due cupole l’una
sopra l’altra raccordate da due gruppi di quattro massicci
pilastri. In prossimità del pilastro USM 72 – nord-ovest –
nel corso della pulizia superficiale effettuata nella stagione
2002 è stato rinvenuto, non in contesto stratigrafico, un frammento di cornice marmorea scolpita (Figg. 8, 9). La cornice
è relativa ad un angolo e doveva verosimilmente essere collocata a marcare l’inizio dello spiccato delle superfici curvilinee sopra il pilastro stesso. Presenta una decorazione a
rilievo a palmette alternate con un motivo a croce dal doppio riquadro. La resa plastica del motivo a palmetta è estremamente morbida e si confronta sia per stile, iconografia e
dimensioni con un frammento rinvenuto nel corso dei re-
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Fig. 6 – Pianta del complesso (A. LAWERANCE e A. BELGIN, 2001 e 2002).
Fig. 8 – Cornice di marmo (2002)
Fig. 7 – La cisterna e la chiesa viste dall’alto (2001)
stauri della chiesa nord, chiesa della Vergine, del monastero di Costantino Lips a Costantinopoli (attualmente Fenari
Isa Camii) (MACRIDY 1964). Di questo edificio abbiamo
una data di dedicazione attendibile che può essere collocata tra il 908 ed il 909 AD. Questo ed altri frammenti scultorei, la maggior parte dei quali ascrivibili allo stesso periodo
sulla base di pertinenti confronti, costituiscono un primo e
plausibile elemento cronologico.
Altro elemento di datazione è rappresentato dalla organizzazione architettonica degli accessi laterali della chiesa,
che possono essere denominati come protira nord e sud.
Nel corso della stagione 2001 è stato possibile procedere
alla pulizia di superficie di quello nord le cui evidenze murarie meglio emergevano dal terreno. I suoi angoli sono
definiti da due semi-colonne di laterizio tra le quali si inserisce un piccolo elemento triangolare anch’esso in laterizio
(Fig. 10). Questa particolare articolazione architettonica tro-
Fig. 9 – Cornice di marmo dalla chiesa nord, monastero di Costantino Lips (da: MACRIDY 1964)
va riscontro nella città di Costantinopoli ed in particolare
nella chiesa del Myrelaion (attualmente Bodrum Camii).
Le indagini condotte dallo Striker hanno confermato che
l’edificio venne costruito ad opera dell’usurpatore al trono
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Fig. 10 – Dettaglio del protiro nord (2001)
Romanos I Lecapenos, incoronato imperatore nel dicembre
del 920 e, deposto da suo figlio nel 944 AD (STRIKER 1981).
La chiesa monastica, con funzioni sepolcrali, è stata completata entro il 944.
Sebbene, la pianta dell’edificio presenti caratteristiche
planimetriche non riscontrabili nella città di Costantinopoli e
sulle quali le ricerche in corso intendono fare luce, è possibile concludere in via preliminare che questo importante complesso religioso sia stato realizzato tra il volgere del IX e gli
inizi del X secolo. Inoltre, le indagini svolte hanno altresì
messo in dubbio l’identificazione del complesso con il palazzo di Bryas la cui data di costruzione, peraltro, non può
essere spinta oltre il quarto decennio del IX secolo. Sembra a
questo punto opportuno riconsiderare l’antica identificazione del sito con il monastero di Satyros costruito dal futuro
patriarca Ignazio nella seconda metà del IX secolo. Solo ulteriori indagini potranno chiarire questo emblematico caso
di lettura dell’evidenza del terreno nella capitale bizantina.
RINGRAZIAMENTI
La breve missione del 1995 è stata finanziata dal Dipartimento di Arte ed Archeologia dell’Università di Princeton (Stati
Uniti). Il commissario governativo era il Sig. Süleyiman Eskalen,
del Museo della S. Sofia ad Istanbul. Ha partecipato Richard
Bayliss dell’ Università di Newcastle (Regno Unito).
La missione del 2001 è stata finanziata dal Ministero degli
Affari Esteri e Fiat-Tofas, Istanbul. Contributi sono stati offerti anche
dagli I.M.I. (Liceo Italiano, Istanbul) ed Alitalia, Istanbul. Il commissario governativo era il Sig. Ersin Atakal del Museo Archeologico di Smirne. Hanno partecipato: Paolo Bono (Università degli
Studi “La Sapienza”, Roma); Dario Ciminale, Marco Di Lieto, Alessandro D’Alessio, Maria Rocco (Scuola di Specializzazione in Archeologia, Università degli Studi della Basilicata, Matera); Aimee
Lawrance (Università di Newcastle, Regno Unito); Carla Melle
(Università degli Studi di Lecce); Maria Adele Celli (John Cabot
University, Roma); Mehmet Bermek (I.M.I., Istanbul).
La missione del 2002 è stata finanziata dal Ministero degli
Affari Esteri e Fiat-Tofas, Istanbul. Contributi sono stati offerti
anche dagli I.M.I. (Liceo Italiano, Istanbul), Alitalia, e Comune
di Maltepe (Grande Municipalità di Istanbul). Sostegno è stato
generosamente messo a disposizione dal Dipartimento di Latinità
e Medioevo, Università degli Studi di Salerno. Il commissario
governativo era la Sig. Nil Kocak della Direzione Generale per i
Musei e Monumenti della Turchia, Ankara. Hanno partecipato:
Dario Ciminale; Alessandro D’ Alessio (Università degli Studi
“La Sapienza”, Roma); Maria Cristina Carile (Università degli
Studi di Bologna); Carla Melle (Università degli Studi di Lecce);
Raffaella Concilio, Filomena De Martino, Grazia Luongo, (Università degli Studi di Salerno); Maria Rocco (Scuola di Specializzazione in Archeologia, Università degli Studi della Basilicata,
Matera); Ayse Belgin, Arzu Özsavasci, Ayse Salzman-Kaya;
Mehmet Bermek, Sinan Beseli, Derya Engin, Günbike Dilman
(I.M.I., Istanbul).
Oltre a ringraziare le Istituzioni che hanno sostenuto il progetto si vogliono qui ricordare: Dipartimento di Latinità e Medioevo,
Università degli Studi di Salerno ed in particolare Maria Galante e
Paolo Peduto. Per i continui scambi di idee: Slobodan Cúrcic, Robert
Ousterhout, James Crow, Scott Redford, Gioia Bertelli, Marina Falla
Castelfranchi, Maria Andaloro, Francesco D’Andria. Si vuole inoltre ricordare il programma di sensibilizzazione al patrimonio culturale che, parallelamente alle missioni del 2001 e 2002, è stato condotto con un gruppo di allievi di nazionalità turca degli I.M.I. (Liceo Italiano, Istanbul). Si ringrazia la coordinatrice del progetto
Patrizia Costa e la Direttrice Didattica dell’Istituto, Valeria
Jacobellis. Inoltre, si ringrazia il Consolato Generale d’Italia ed il
Console Generale Luciano Pezzotti insieme a Giovanni Minutolo
per il sostegno offerto alla missione 2002.
BIBLIOGRAFIA
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