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Il digitale cresce in azienda? Più
social network che big data
Creativi per gli artigiani
Le aziende con la crisi
L’80% dei manager si dice a proprio agio nell’utilizzo degli strumenti
digitali e il 60% usa i social media per far crescere il business. Il 30%
però ignora cosa siano e a che servano i big data, il 30% non si sente
competente. I dati della ricerca “Le@d 3.0 Academy”, condotta da
Fondazione Istud intervistando 421 manager di Italia, Regno Unito,
Francia, Germania, Polonia e Portogallo
“Necessario essere informati” Le
pensioni e gli italiani
Tutte le interviste
di AMBRA NOTARI
29 agosto 2016
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Di fronte al continuo cambiamento in atto, soprattutto per le figure manageriali,
mai come oggi risulta strategico un approfondimento di analisi e ricerca sulle
competenze chiave che serviranno per governare questo flusso. Da qui, la
ricerca. Cosa è emerso? Un manager su tre non utilizza i big data per prendere
decisioni, anticipare trend, o analizzare i rischi collegati ai propri progetti perché
non in grado o perché non ne percepisce la rilevanza nei propri ambiti di lavoro.
Quattro su dieci si sentono non perfettamente a proprio agio nell’uso di strumenti
digitali per la risoluzione di conflitti. Più del 30% dei manager che hanno risposto
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Come si tengono insieme i dati di
crisi e disoccupazione e gli 800
mila posti di lavoro vacanti nel
nostro Continente per carenza di
competenze digitali (dati della
Commissione europea)? Ce lo
spiega la ricerca sui manager del
progetto Le@d 3.0 Academy,
condotta da Fondazione Istud con
la collaborazione di multinazionali,
università, business school,
corporate universities (scuole di
formazione interne alle aziende),
network di formazione, piccole e
medie imprese europee. Finanziata dal programma Erasmus Plus della
Commissione europea, tra luglio e dicembre 2015 ha coinvolto 421 manager
(52% uomini e 48% donne) di tutte le funzioni aziendali di Italia, Gran Bretagna,
Francia, Germania, Polonia, Portogallo.
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dichiara un gap di competenza nella gestione dei propri network interni ed
esterni attraverso i canali digitali. D’altra parte 8 su 10 si sentono a proprio agio
nell’utilizzo della vasta gamma di strumenti digitali a disposizione oggi e oltre il
60% degli interpellati dice di essere in grado di usare social media e social
network in maniera efficace per accrescere il proprio business.
La fiducia digitale. Sei sono i macro gruppi di competenze strategiche di
leadership manageriale emerse dallo studio: le competenze digitali di base,
quelle di e-communication (comunicazione digitale), di e-teamworking (lavoro di
squadra digitale), di e-entrepreneurship (managerialità digitale), di e-innovation
(innovazione digitale), di e-reputation (reputazione digitale) e di e-lifelonglearning (apprendimento permanente digitale). Un dato interessante è quello
relativo alla costruzione della fiducia digitale (e-trust). Nell’era della sharing
economy, materia prima dei nuovi mercati della condivisione è il trust, la fiducia,
che diventa un obiettivo e una risorsa da gestire in tutte le funzioni aziendali e a
tutti i livelli del lavoro. Se prima la costruzione di reputazione e fiducia con clienti
e consumatori era di competenza stretta degli uffici marketing e comunicazione,
oggi invece, con il digitale, questo diventa un elemento pervasivo che ricade su
tutta l’organizzazione, dall’amministratore delegato, alle risorse umane, ai diversi
profili che lavorano in azienda. La ricerca mette in luce come il 37% dei manager
manifesti un gap di competenze in questa area e il 22% di questi esprima un
bisogno di formazione nell’area dell’e-trust.
digitale social network Big Data
© Riproduzione riservata
29 agosto 2016
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La collaborazione tra accademia e industria. Marcella Caramazza, Direttore
Generale Fondazione Istud porta qualche buona pratica: Coursera, per esempio,
piattaforma online pensata per la formazione a distanza che punta a coinvolgere
un numero sempre più elevato di persone, consentendo loro di fare corsi
specifici, purché in possesso di un computer (ma anche tablet e smartphone
vanno bene) e di una connessione a internet. Ci si può connettere da qualsiasi
posto a qualsiasi ora, gratis. Oppure i corsi online di business school e delle
grandi università come Stanford che “dimostrano che la disponibilità di una
grande varietà di risorse didattiche online, aperte a tutti e fruibili digitalmente,
offre grandi vantaggi e benefici per i formatori così come per gli studenti e i
manager. Queste esperienze pilota stanno totalmente cambiando lo scenario
dell’ apprendimento e della formazione e da esse nascono nuovi modelli di
business. Oggi, come mai prima, accademia e industria devono essere aperte a
innovare e devono lavorare insieme per sviluppare piattaforme di formazione
digitali, aperte e accessibili a livello europeo: occorre creare e diffondere nuovi
modelli formativi, fare sinergia di competenze ed esperienze, dar vita a una
offerta attuale e di qualità”. 110232
I gap dichiarati ma non colmati. Un ulteriore ambito dello studio riguarda la
percezione degli effettivi bisogni di formazione tra i manager in area digitale.
Registrati i gap di competenza tra i decisori delle aziende europee, tra le voci
verso le quali questi avvertono il maggior bisogno di attività formative mirate si
evidenziano i big data per la presa di decisioni (priorità formativa per il 12%), e
l’utilizzo dei social network e social media a scopi di business (priorità per il 9%).
La necessità di formazione, insomma, è riscontrata, ma ancora limitata: si
potrebbe dire che molti avvertono i gap di competenza, ma sono ancora pochi
quelli che si attrezzano veramente per colmarli. “Probabilmente – commenta la
Fondazione – perché possano nascere nuovi innovation hub e piccole Silicon
Valley in salsa europea, una maggiore presa di responsabilità in area digitale
della classe dirigente continentale sarebbe auspicabile”.