Il carretto siciliano avrà un suo museo
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Il carretto siciliano avrà un suo museo
LA PAROLA AI GRUPPI 35 Il carretto siciliano avrà un suo museo a nostra Sicilia che si è contraddistinta per le sue tradizioni popolari, cavalleresche, mafiose e religiose, è passata alla storia anche attraverso lo studio dell’arte popolaresca cioè quella dell’architettura e decorazione del Carretto Siciliano. E così sul finire dell’Ottocento e il primo Novecento ad Aci S. Antonio, piccolo borgo adagiato a confine tra il Bosco delle Aci e vari altri Comuni, si organizzarono diverse botteghe di Carradori (ideatori e costruttori del carretto) i quali grazie alla maestria, alla sapiente mano esecutrice, ai colori e ai soggetti iconografici hanno dipinto nelle varie parti del carretto, sogni, esperienze e passioni umane che hanno fatto il giro del mondo. L’uso del carretto da parte dell’uomo, come mezzo di trasporto, si perde nella notte dei tempi. E qui, alle pendici dell’Etna, ha trovato grande attenzione e cura il carretto istoriato e riccamente ornato chiamato comunemente “Carretto Siciliano”. La scuola del carretto catanese si differenzia da quella palermitana perché è più apprezzata per il suo linguaggio classico nella ricostruzione delle scene mentre quella palermitana risente molto dell’influsso bizantino. La sua costruzione avviene attraverso una lunga e diversa sequenza di artifici di artigiani, i quali inevitabilmente ognuno vi lascia la propria impronta e personalità. E così dal carradore si passa allo scultore che incide i raggi nelle due ruote, le fiancate, i mascellari, ed ogni altro particolare degno di rilievo; egli è il creatore dei personaggi, che una volta scolpiti e dipinti, restano vivi all’occhio del profano. Si passa poi al fabbro - ferraio, cui spetta il compito di costruire la “ cascia - fuso” adornandola di fiori, foglie, angeli, delfini, guerrieri, bandierine, ecc. tutti lavorati in ferro battuto. Completate le opere da parte di questi laboratori, si passa al lavoro del pittore e decoratore, che è il maestro dell’arte popolaresca, poiché con le sue pennellate fa rivivere le “ storie “ del Vecchio e Nuovo Testamento, le gesta di Orlando L “Il carretto è un’espressione prettamente isolana che racchiude una Sicilia popolare, cavalleresca, mafiosa e religiosa nei suoi costumi e nei suoi canti ed oggi Aci S. Antonio rappresenta la madre – patria della pittura del carretto siciliano” e Rinaldo, le scene tipiche degli ex – voto, le scene di intensa passionalità dell’amore di Santuzza per Turiddu tratta dalla Cavalleria Rusticana, la vita di Giuseppe Musolino, di Turiddu Giuliano e di tanti altri popolari soggetti. Questi personaggi dipinti in vari colori dalle mani sapienti dei bravi pittori – artigiani, ravvivano l’arte del carretto nel suo splendore. Completato il Carro, si passa nel laboratorio del sellaio, il quale ricama l’abito del cavallo in armonia con le scene e i colori assegnati dagli artigiani al carretto. Quest’abito è detto armigi, o bardatura o finimenti. Oggi il carretto è entrato nei salotti e nei musei, come pezzo raro di una vita contadina ormai trascorsa, legata alla terra e ai valori patriarcali, quale ricordo di un tempo che fu. La Provincia Regionale di Catania ed il suo Presidente On. le Nello Musumeci hanno voluto che questo mondo non scomparisse e che Aci S. Antonio rinomata per la sua cultura e tradizione sul carretto siciliano conservasse il mestiere che ha visto tanti suoi figli cimentarsi in questo lavoro. E così in via Vittorio Emanuele N. 120 è stato acquistato un’immobile vetusto, che si presta assai bene ad essere trasformato in Museo Permanente del Carretto Siciliano per le sue caratteristiche architettoniche, con la sua bella “carretteria”, con un vasto giardino di circa 800 mq destinato all’ambientazione di angoli e posti caratteristici. Si spera che nel più breve tempo possibile possa nascere una galleria d’arte, ricca di carretti e dei pezzi del carretto in tutta la sua composizione perché il carretto è un’orgia di colori, una scia d’oro, in cui c’è tutta la Sicilia con i suoi profumi, i suoi colori, i suoi panorami, i suoi canti e i suoi riti, con il suo odore di zagara sotto il color nero della lava. Giuseppe Cutuli consigliere CCD 36 LA PAROLA AI GRUPPI Quando si dice: "la politica è uno sport" uante volte abbiamo sentito gli amministratori della Provincia Regionale di Catania andare fieri del loro impegno per lo sport e della grande attenzione riservata alle associazioni sportive? Tante, troppe volte per non sentirsi costretti a verificare la fondatezza di tali affermazioni. Una verifica per nulla inquisitoria, che parte da un solo dato e che dimostra come le trionfalistiche affermazioni autocelebrative della Giunta abbiano una mera valenza elettoralistica e nulla di più. Facciamo un passo indietro. In sede di discussione prima e approvazione dopo, del bilancio 2001, il Consiglio Provinciale confermò, senza apportare alcuna modifica, le previsioni di spesa dell'Amministrazione. Pertanto venne stanziata, sul capitolo che consente l'organizzazione di manifestazioni sportive, la somma di 1.350.000.000, mentre sui capitoli destinati alle associazioni sportive ordinarie e a quelle che svolgono attività a favore dei portatori di handicap, furono stanziati rispettivamente 470 e 100 milioni. Nel corso dell'anno, la Giunta Provinciale, poco alla volta procedette a stornare l'intera dotazione finanziaria assegnata alle associazioni sportive, destinando quanto prelevato alla organizzazione di singole manifestazioni sportive. Si direbbe: ma com'è possibile che la Giunta tolga i soldi alle associazioni per organizzare specifici eventi sportivi? Quando si dice : "predicare bene e razzolare male". Dunque suo malgrado, l'Esecutivo, alla fine del 2001, si è visto costretto a proporre, dentro la manovra di assestamento di bilancio, una richiesta d'impinguamento dei capitoli relativi allo sport rimasti privi di copertura finanziaria. La manovra di assestamento non è passata e pertanto non risulta possibile prevedere fondi aggiuntivi per lo sport. Poiché prima o poi tutti i nodi vengono al pettine, la Giunta ha dovuto fare i conti con circa 900 richieste di associazioni sportive e centri di avviamento allo sport, che come ogni anno, ai Q sensi del regolamento approvato dal Consiglio, nel mese di febbraio hanno presentato apposita richiesta. Quale espediente attuare a questo punto, se non quello di scaricare sul Consiglio la responsabilità , reo quest'ultimo di non avere approvato la manovra d'assestamento! Presto fatto! Ora, per una volta sorvoliamo sul fatto che il Presidente e la Giunta in Consiglio dispongono di una maggioranza composta da 34 Consiglieri su 45, quindi se delle responsabilità vanno assegnate, queste di devono indirizzare esclusivamente alle forze politiche di centrodestra, che governano la Provincia Regionale di Catania. Un'Amministrazione, che si definisce sensibile alle politiche dello sport, si comporta in questo modo? Il bilancio è stato approvato ben oltre il termine per la presentazione delle istanze di contributo avanzata dalle associazioni sportive e dai centri di avviamento allo sport, quindi se le originarie previsioni di spesa si fossero rivelate inesatte, la Giunta avrebbe avuto tutto il tempo necessario per correggerle in corso d'opera, chiedendo al Consiglio di aumentare la dotazione finanziaria. Ciò non è avvenuto, poiché L'Esecutivo ha confermato le previsioni iniziali senza inoltrare alcuna richiesta aggiuntiva al Consiglio, prima dell'approvazione del bilancio. Come se non bastasse, nell'arco di pochi mesi, l'Esecutivo ha speso l'intera cifra a disposizione dello sport per realizzare pochissime manifestazioni. Due miliardi spesi in una manciata di giorni per poche, faraoniche e pseudosportive manifestazioni! Questa è la vera politica sportiva della Giunta Musumeci! Altro che supporto alle associazioni e ai centri di avviamento allo sport, e dunque a tutti coloro che con grande sacrificio e all'insegna del volontariato dedicano il loro tempo libero ad educare allo sport migliaia di giovani concittadini. Fabio Roccuzzo Capogruppo dei Democratici di Sinistra 37 Oro dell’Etna per gli artigiani della lava L a proposta di incoraggiare l’uso e la diffusione di un materiale tanto prezioso e presente nel territorio della nostra provincia come la pietra lavica, avanzata da tempo dallo scrivente ha trovato nel Progetto Lodis un ottimo sponsor. Sin dai tempi più antichi la popolazione etnea ha utilizzato la lava proveniente dalle eruzioni, realizzando sia utensili di uso quotidiano che vere e proprie opere architettoniche come balconi, finestre e portali di notevole bellezza. Basta dare uno sguardo ai luoghi caratteristici delle nostre zone per notare che essi costituiscono un ricco e inestimabile patrimonio del barocco suggestivo. Il progetto “Oro dell’Etna” si prefigge come obiettivo la nascita di una scuola artigianale della pietra lavica che si occupi della formazione dei giovani artigiani, e dia loro la possibilità di apprendere i metodi e le tecniche di lavorazioni artistica della pietra, nonché tutte le tecniche di design e la formazione di personale competente e specializzato nel restauro delle opere di cui la nostra zone è ricca. Ciò deve portare allo sviluppo e all’impiego di manodopera nel settore, favorendo lincremento di un artigianato antico che altrimenti scomparirebbe. L’Etna costituisce uno dei luoghi più suggestivi della nostra terra, un modello di paesaggio che dà al territorio circostante un’identità ben precisa. La popolazione etnea, con la stessa lava proveniente dalle numerose eruzioni, ha realizzato fin dai tempi più antichi, oggetti ed opere architettoniche, quasi fossero una prosecuzione dell’ambiente naturale esistente. Anche le case, le strade e le piazze di città e paesi, che terremoti ed eruzioni avevano distrutto ed ingoiato, sono state rimesse in piedi ed arredate utilizzando la lava come massima scaramanzia. Dopo il terremoto del 1693 in tutto il territorio si riprese ad edificare secondo schemi fastosi e appariscenti, uniti spesso ad interventi decorativi dell’artigianato locale. Era il periodo dell’esuberante fantasia dei “ Maestri di muro”, degli intagliatori che con le loro opere testimoniavano la volontà di rinascita delle città: “Lapidum incisores “ e “ Fabrorum murariorum “ accostavano materiali lapidei di diversa natura insieme a tecniche costruttive e versatilità decorativa. Con tale operazione si arrivava ad un equilibrio formale alquanto sapiente ottenuto tra tessuto urbano ed elementi architetto- “Occorre sviluppare la formazione e l’impegno di quadri e di manodopera, invitare le industrie edilizie ad adattarsi alle nuove necessità e a favorire lo sviluppo di un artigianato che minaccia di scomparire” nici, in una sorta di gerarchia di linguaggio. Balconi, finestre e soprattutto portali, elementi strutturali caratterizzanti il linguaggio espressivo dell’architettura dei luoghi, anche se nati per assolvere a necessità funzionali diventano espressione dell’incontro tra un procedimento controllato dalla invenzione e dalla fantasia, in armonia con regole scientifiche e virtuosismi decorativi. I Mascheroni diventano ora gocciolatoi per lo scolo delle acque piovane, adesso sostegni dei piani orizzontali di affaccio. La decorazione diventa elemento plastico di supporto alla struttura, rendendola dinamica in un insieme di forme “vive”. Bugne, chiavi di arco, stipiti, mensole, diventano i segni iconologici ricorrenti nei quali si innestano la tradizione ed il linguaggio architettonico. Si ha testimonianza dell’opera di mani diverse e uniche che ci hanno lasciato segni carichi di impercettibili influenze, pura fantasia e straordinario rigore. A questo proposito basti ricordare l’opera di “ Lapidum Incisores” come Lario e Giovanni Arcidiacono, Antonio Mangano, i d’Amico e i Lizzio, questi ultimi indicati come maestri di fabbrica. Tutti questi artisti operavano soprattutto nella zona di Acireale. Un punto d’incontro straordinario tra pietra e ceramica è offerto dall’attività di Barbaro Messina, decano della decorazione, che realizza tavoli sui quali applica uno strato d’argilla che viene ceramizzata e decorata con vari motivi. Messina trasmette i suoi segreti ai giovani apprendisti della sua bottega. E non è il solo che alterna la produzione all’insegnamento per garantire il futuro di una cultura millenaria. Quindi uno degli obiettivi primari da raggiungere è la fondazione di una “scuola” che si occupi della formazione dei giovani artigiani, insegnando loro i metodi e le varie tecniche di lavorazione artistica della pietre, nonché tutte le tecniche di design. In seguito ad un’attenta analisi si è pensato di scegliere Acireale come possibile centro per la nascita di questa “Scuola”. Passeggiando lungo i principali percorsi cittadini assistiamo ad un vero e proprio “trionfo della pietra”. Martino Orazio Ferro Consigliere di Forza Italia