Arianna Soldini
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Arianna Soldini
SCAMBIO CULTURALE CON LA CINA – Arianna Soldini Durante le vacanze di Pasqua si è svolta la seconda e ultima parte del nostro scambio culturale col liceo di Hangzhou. Devo ammettere che i giorni prima della partenza ero piuttosto agitata, in un modo però che combinava assieme paura ed entusiasmo in un sentimento di avventura. Già, perché soltanto la presenza della paura ci assicura che andremo incontro a qualcosa di nuovo e di diverso da noi; finalmente questo qualcosa si presentava, pronto a interrompere la solita routine: a scuoterci e a mostrarci l’inaspettato, ridandoci un po’ del prezioso stupore infantile. Sapevo che non si trattava solo di attraversare tutta l’Asia, ma anche di attraversare tutta una serie di distanze culturali. Nonostante il viaggio sia durato dieci ore, la mia mente è arrivata in Cina soltanto quattro giorni dopo, ossia quando le famiglie ci hanno ospitato ad Hangzhou. Lì, quando ho dovuto passare due giorni sola con la famiglia, ho capito che mi trovavo dall’altra parte del mondo. L’impatto è stato forte, forse anche perché il primo giorno di convivenza era Pasqua. Sapevo benissimo che per loro non aveva significato questa parola, ma per me vuol dire ancora andare a messa con i miei genitori, mio padre che prepara il capretto per pranzo e il ricordo della caccia alle uova nel giardino della nonna assieme ai miei cuginetti. Infatti, la sera prima di dormire ho tirato fuori dalla valigia un coniglietto di cioccolato e da sola ho cominciato a mangiarlo e intanto realizzavo come un gesto così insulso per altri, fosse per me così importante. Mi sono resa conto di quanto sia attaccata alle mie tradizioni e legata a un Dio in cui non so nemmeno se credere. Non mi sentivo però l’unica straniera in quella casa; la mia compagna sembrava essere più sperduta di me in casa propria; mi sono accorta che un comunissimo discorso poteva metterla in difficoltà più di un complesso problema matematico. Questo soprattutto davanti a domande più delicate, come ad esempio: “Come mai qui non si può usare Google o Facebook?”. Come se fossimo arrivate alle colonne d’Ercole, Tracy si bloccava. Un'altra caratteristica che ho notato in lei e nei suoi genitori è la tranquillità; sembrava che il loro mondo, nonostante il duro lavoro e la competitività scolastica, girasse con la metà della velocità rispetto al nostro e che, proprio questo, gli lasciasse il tempo di sorridere con sincerità e di porgere attenzioni, ciò che la nostra frenesia sembra spesso proibirci. La parte più ricca di questo scambio si trovava lì, nell’opportunità di apertura all’altro e nel contatto diretto con persone che vivono in condizioni completamente diverse e con idee che in pochi giorni riesci solo vagamente a intuire.