relazione sulla questione alitalia

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RELAZIONE SULLA QUESTIONE ALITALIA
SITUAZIONE OPERATIVA E FINANZIARIA, PIANO D’IMPRESA, ALLEANZA, HUB.
Analisi condotta dall’Ing. Bruno Salvi, già Capo Dipartimento dell’Aviazione
Civile.
Roma, novembre 2003
La
preoccupante situazione del trasporto aereo in ambito mondiale ed europeo,
situazione che può determinare effetti devastanti nelle strutture più deboli come,
purtroppo, quelle italiane, richiede una analisi serena che, per essere efficace, deve
penetrare nei problemi dopo averne acquisito la necessaria conoscenza.
La terapia può, infatti, essere prescritta e somministrata solo dopo aver individuato
il male; se si altera questo logico processo, una terapia non solo rischia di essere
inefficace, ma può anche determinare effetti collaterali peggiorativi.
I vertici degli Organi che concorrono alla produzione del servizio di trasporto aereo,
forse indotti dalla riservatezza, che consiglia di sorvolare sui mali interni, per non
doverne, anche, evidenziare le colpe, si limitano a liquidare il problema citando solo
le cause esterne (guerre, crisi petrolifere, SARS ...) ed individuano la cura in tagli
occupazionali, o in alleanza con propri concorrenti; gli effetti indotti trasferiti sullo
Stato, sui lavoratori e sugli utenti non entrano nella indicazione della terapia.
E’ ovvio che i tagli occupazionali producono effetti positivi sui bilanci perché
riducono la spesa; se però non aumenta la produttività, riducono anche la
capacità del sistema instaurando un processo perverso che porta alla scomparsa
del sistema stesso, senza considerare le conseguenze dannose di natura
sociale.
L’alleanza produce sicuramente un effetto immagine; se però non si indicano le
condizioni per farne parte, se non si precisano i motivi per i quali l’alleanza A è
preferibile alla B, se non si evidenziano gli effetti positivi prodotti o, almeno sperati,
se non si considera che l’effetto reso da precedenti alleanze, strette con gli stessi
soggetti, sono fallite, si rischia di trasformare una alleanza in una dipendenza e di
far scomparire l’Italia dalla scena del trasporto aereo.
Non mi dilungo in una analisi generale del problema e concludo questa premessa
con una considerazione: non conosciamo i mali interni degli organi del trasporto
aereo perché non vengono indicati, non conosciamo le terapie poste in essere dai
loro Amministratori per sanarli, conosciamo solo iniziative mirate all’esterno senza
avere alcuna conoscenza della loro scelta e garanzia della loro efficacia.
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Entro
ora nell’analisi specifica della situazione del nostro vettore pubblico e della
iniziative in corso, indicate dai suoi vertici agli Organi di informazione, senza
conoscere ancora la posizione ufficiale del Governo sulla loro ammissibilità.
L’analisi è stata elaborata in Italia, senza ricorrere ad analisti inglesi od americani ai
quali è ricorsa l’Alitalia in passato ed in tempi più recenti assumendo, per altro,
spese molto rilevanti.
La situazione operativa ed economico-finanziaria del nostro vettore pubblico, che mi
accingo ad indicare, non è il frutto di soggettive previsioni pessimistiche; è quella
indicata nella relazione semestrale al 30 giugno 2003, illustrata al Consiglio di
Amministrazione del vettore, riunitosi il 12 settembre.
Invito a leggere la relazione completa, mi limito ad evidenziare alcuni elementi
precisando che il confronto è tra il primo semestre 2003 ed il primo semestre 2002:
-
primo semestre 2003: produzione ridotta dell’8%
-
risultato operativo: perdita di 266 milioni di euro contro una perdita di 63
milioni di euro nel corrispondente semestre del 2002,
-
conto economico: perdita di 315 milioni di euro rispetto a 49 milioni, con un
peggioramento di 266 milioni di euro,
-
indebitamento finanziario netto: aumentato nel primo semestre 2003 di 290
milioni di euro, attestandosi al 30 giugno 2003 a 1.198 milioni di euro,
-
forza media retribuita del Gruppo: ridotta di 479 unità
-
situazione settore intercontinentale: soprattutto nei collegamenti con l’Estremo
Oriente, si è registrata una pesante caduta del load factor pari a 9 punti, con
una perdita, in termini di produzione, dell’11,3%,
-
situazione settore internazionale: flessione del trasportato del 2,1% con una
perdita di 4,5 punti di load factor che ha interessato tutte le aree, comprese
quelle europee, “core business”, per
il Gruppo: corrispondente perdita di
produzione del 6%,
-
situazione settore nazionale: riduzione dell’offerta del 4,5% con consistente
perdita in termini di produzione dell’11,2%
Cessioni di rami di Azienda :
-
cessione a Lufthansa Technik (Lht) del 40% della officina Revisione Motori di
Fiumicino,
-
cessione alla Società Effe Luxembourg dell’80%del capitale di Eurofly S.p.A.,
-
cessione dell’80% della controllata Italiatour e della quota detenuta nella
Società France Telecom,
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-
cessione programmata di Alitalia Aerport, la controllata di Alitalia che gestisce i
servizi di handling di Fiumicino e di altri aeroporti nella quale operano circa
3000 unità di personale; per l’acquisto di quote fino al 49% sono in corsa la
Società tedesca Fraport (gestore di Francoforte), la svizzera Swissport e la
spagnola AENA, Ente di diritto pubblico articolazione del Ministro dei Trasporti,
Telecomunicazioni e Turismo che gestisce tutti gli aeroporti spagnoli tra cui
Madrid.
Il quadro che emerge dalla Relazione semestrale al 30 giugno 2003, approvato dal
C.d.A. nella riunione del 12 settembre 2003, evidenzia:
-
pesanti perdite finanziarie, anche 6 volte superiori a quelle registrate nello
stesso periodo dell’anno precedente,
-
pesanti perdite di posizione sui mercati interno, europeo ed internazionale,
concentrate, queste ultime, nell’aria asiatica ove si gioca nel prossimo futuro
l’espansione del mercato del trasporto aereo,
-
cessioni ripetute di rami di azienda,
-
riduzione del personale.
Nella stessa relazione al C.d.A., le motivazioni di questa critica situazione sono
collocate esclusivamente in fattori esogeni così riassunti: i risultati economico –
finanziari del Gruppo Alitalia nel primo semestre 2003 risentono dell’impatto di un
insieme di fattori (guerra in Iraq, SARS e l’inatteso protrarsi della congiuntura
economica negativa) che si sono accavallati alla crisi dell’11 settembre e dei
cambiamenti strutturali ormai irreversibilmente in atto nel settore del trasporto
aereo.
Viene meglio precisato che il calo dei proventi, principalmente causato da una
caduta strutturale in tutta l’industria, ha generato una perdita di redditività del
Gruppo rispetto allo scorso anno, malgrado il grande impegno dimostrato da tutti i
lavoratori del Gruppo.
In sintesi gli analisti del nostro vettore nazionale collocano tutte la cause di una
crisi profonda all’esterno del sistema, quindi ingovernabili dall’Azienda; le situazioni
interne non sono neanche concause, ma addirittura intervengono a difesa del
Gruppo.
Questa teoria, prospettata da oltre un decennio (crisi petrolifera e Guerra del
Golfo), cade miseramente di fronte ad una semplice considerazione.
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L’anno 2001 ha dato al trasporto aereo un colpo violento, prolungatosi anche nel
2002 per l’effetto delle guerre derivanti dagli avvenimenti del suo giorno più
nefasto: l’11 settembre 2001.
Le
perdite
dei
vettori,
soprattutto
americani,
sono
state
considerevoli,
raggiungendo in questo periodo valori allarmanti, con una ripresa, anche se lenta,
nei periodi successivi.
Il vettore nazionale afferma nella propria relazione di aver subito nel primo
semestre 2003 perdite anche di 6 volte superiori nel confronto dello stesso periodo
del 2002 e ritiene che tali perdite dipendano da situazioni politiche collocate nel
2001 e 2002, quando, invece, la propria condizione operativa e finanziaria, anche
se negativa, è stata migliore di quella attuale.
Tralascio ogni commento evidenziando solo che le gravi situazioni internazionali,
vissute negli ultimi periodi con attacchi terroristici disumani, hanno inciso
sicuramente sui bilanci dei vettori creando, però, effetti molto diversi, derivanti
dallo stato di salute goduto da ogni singolo vettore; solo il confronto dei bilanci tra
vettori equivalenti (ad esempio europei) consente di verificare la situazione al loro
interno (diversa per ogni vettore), rimanendo costante per tutti la situazione
esterna in cui hanno dovuto operare; la Compagnia Iberia, ad esempio, ha chiuso
il primo semestre 2003 in termini positivi.
La situazione interna del nostro vettore, anche se non evidenziata nella relazione al
C.d.A., è nota ad analisti che l’hanno descritta fin dal 1994 quando il Ministro dei
Trasporti Publio Fiori chiese di analizzarla per correggere situazioni che, già allora,
destavano serie preoccupazioni.
E’ disponibile un documento, redatto in quel periodo per fornire al Ministro le
analisi richieste; questo documento, presentato al Direttore Generale dell’Aviazione
Civile in via riservata, non fu mai inviato al Ministro al quale fu rappresentata,
invece, una situazione completamente diversa, nella quale ricorrevano le solite
ragioni esterne al sistema per giustificarne la scarsa efficienza, tanto che il
documento pervenuto al Ministro sembrò redatto dallo stesso vettore sulla cui
situazione interna il Ministro aveva intenzione di intervenire per correggerne le
anomalie.
Nell’analisi redatta 10 anni or sono, resa nota anche alla Commissione Trasporti
all’inizio dell’anno 2002 dal dirigente che l’aveva redatta, si legge (cito alcuni
passi):
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-
“al
dissesto
finanziario
complessivo
concorrono
sicuramente
più
fattori
concomitanti tra i quali si evidenzia:
-
ridotta produttività,
-
mancanza di strategie da parte di un vettore cresciuto in regime di monopolio
che si è trovato, impreparato, ad affrontare le nuove regole della libera
concorrenza nel libero mercato,
-
costo del lavoro, per aver sottoscritto accordi sindacali tenendo conto più
dell’effetto immagine che dell’economia di gestione,
-
concessioni gratuite di viaggio emesse da Alitalia senza un criterio restrittivo,
-
ricorso continuo al sistema del leasing con società finanziarie appartenenti allo
stesso Gruppo prive, pertanto , della necessaria trasparenza,
-
prevalere di politiche impostate sulla posizione dominante e non sulla cultura del
prodotto,
-
eccessi di accentramento di processi decisionali che hanno messo fuori mercato
importantissimi settori produttivi,
-
alternante situazione del settore del trasporto aereo nel quale ogni crisi politica
e sociale, in qualsiasi parte del mondo, si ripercuote con effetti negativi: crisi
petrolifera, guerra del Golfo, Medio Oriente….”
L’analisi pose tra le concause anche “fattori esterni” ma evidenziò, in
particolare, quelli “interni” che potevano essere corretti ed affermò:
“… in ambito europeo Alitalia viene classificata come vettore regionale” e concluse:
“…che il motivo dell’analisi è quello di risanare e rafforzare l’unico vettore nazionale,
il cui decadimento si ripercuote sul trasporto aereo e sull’immagine del Paese”
precisando che “l’analisi per essere efficace deve penetrare senza reticenze nei
problemi evidenziando gli aspetti che potrebbero aver concorso allo stato di crisi
economica in cui versa il vettore” (Anno 1994).
Ho citato questa analisi, ancora attuale dopo 10 anni, per contrapporla a quella
indicata nella relazione al bilancio dei primi 6 mesi del 2003, con una situazione in
rapido peggioramento, nella quale la causa della crisi sarebbe:“il calo dei proventi
principalmente causato da ciò che si può considerare una caduta strutturale in tutta
l’industria, che ha generato una perdita di redditività del Gruppo rispetto allo scorso
anno”.
In termini più specifici:
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-
il settore intercontinentale, secondo l’analisi del vettore, “è risultato quello
maggiormente penalizzato dagli eventi geopolitici e dall’epidemia della SARS
che hanno caratterizzato il periodo” (cioè il 1° semestre 2003),
-
la caduta nel settore internazionale (soprattutto europeo) sarebbe, invece,
determinata “dalle ricadute del deteriorato quadro geopolitico che hanno
pesantemente condizionato i risultati sulle destinazioni del nord Africa e Medio
Oriente, risentendo anche del quadro di sostanziale stagnazione economica che
ha investito i paesi europei”,
-
la caduta nel settore nazionale sarebbe dovuta:” a problematiche generali di
scenario, affiancate e sovrapposte a quelle derivanti dalla persistente situazione
di overcapacity, determinata dalle consistenti immissioni di capacità operate da
concorrenti domestici, che già a partire dalla fine del primo semestre dello
scorso esercizio avevano prodotto sul mercato una accesa competizione
tariffaria ed una inusitata pressione sui coefficienti di riempimento”.
L’analisi delle cause che avrebbero inciso sui pessimi risultati nei settori
intercontinentale, internazionale e domestico nel 1° semestre 2003 non trova
alcuna conferma negli indici di traffico registrati sugli aeroporti europei nello
stesso periodo, che hanno rilevato incrementi di passeggeri; ciò dimostra che
l’Alitalia ha perduto quote di traffico in tutti i settori (intercontinentale,
internazionale e domestico), acquisite da vettori concorrenti.
E’ del tutto evidente, infatti, che la crisi mondiale del trasporto aereo non è
condizione sufficiente per giustificare perdite di posizione di un vettore, né il suo
bilancio negativo; lo stato di salute del trasporto aereo, sulla quale incidono fattori
mondiali (congiunture economiche, terrorismo, crisi petrolifere, eventi bellici ...) si
misura dalle variazioni del volume mondiale di traffico passeggeri in tutti gli
aeroporti principali.
Orbene nel 2001, momento di maggiore tensione internazionale, il volume di
traffico in aeroporti americani, asiatici ed europei è aumentato: dall’8,5% di Los
Angeles al 7,3% di Tokyio al 3,5% di Madrid; si è registrata una flessione della
crescita di traffico, ma non una diminuzione e la crescita è risalita nel 2002.
Per rimanere nel settore domestico, dal bilancio al 31 dicembre 2002 della Società
di gestione dell’aeroporto di Fiumicino (A.d.R.) si apprende, in presenza di una
conservazione delle quote complessive di traffico dell’Aeroporto di Roma, che nel
2002:
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-
il vettore AZ (Alitalia) ha subito la riduzione di passeggeri internazionali extra
UE del 15,1%,
-
altri vettori hanno registrato un incremento passeggeri internazionali extra UE
del 0,9%
-
il vettore AZ:
riduzione passeggeri domestici: 8,1%
riduzione capacità offerta: 7,0%
-
altri vettori: incremento passeggeri domestici trasportati 28,8% con una
maggiore offerta di alcuni vettori nazionali in primis Air One e Volare Airlines.
Questo confronto è significativo perché l’Alitalia ha a Fiumicino la propria base e su
questa base si è registrata una sensibile riduzione della propria presenza ed un
significativo incremento di quella di vettori concorrenti: affermare pertanto, che
Alitalia cede fette di mercato non è un’ipotesi, ma una realtà.
Se non è esatta l’analisi del male può essere non efficace la terapia proposta per la
sua cura.
La terapia è contenuta nel piano industriale 2004-2006, desumibile dalla stessa
relazione semestrale al 30 giugno 2003 nel quale risultano indicati alcuni principi
corretti senza, però, indicare le condizioni per attuarli e viene confermata la
strategia del precedente piano 2002-2003.
In sintesi il Piano identifica quattro aree di interventi necessari e sufficienti per la
ripresa operativa; in particolare:
-
massima valorizzazione di Alitalia negli aeroporti milanesi,
-
network esteso a tutti i principali mercati da/per l’Italia,
-
ulteriori sviluppi dell’alleanza,
-
riduzione significativa dei costi unitari,
-
incremento della produttività delle risorse,
-
qualità del prodotto offerto,
-
miglioramento della qualità dell’operativo con il raggiungimento del più elevato
standard presente nell’industria,
-
standardizzazione delle configurazioni degli MD80 e B767,
-
coinvolgimento ed incentivazione del personale finalizzati al raggiungimento
degli obiettivi,
-
tagli occupazionali.
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E’ precisato, infine, che il Piano mira ad un significativo recupero di performance
operativa e finanziaria di Alitalia confermando gli obiettivi di redditività operativa,
precedentemente dichiarati dalla Società.
Per l’analisi della strategia proposta non è possibile soffermarci su apodittiche
dichiarazioni di principio - ad esempio aumento della produttività o recupero di
posizioni operative e finanziarie – se non vengono precisate le condizioni per
attuarli.
Desta sorpresa l’affermazione che il piano 2004-2006 conferma la strategia del
precedente piano 2002-2003 ed, in particolare, gli obiettivi di redditività, sia
operativa che finanziaria, in precedenza dichiarati.
Se i risultati finanziari ed operativi sono quelli indicati nella relazione è legittimo
ritenere che anche negli esercizi futuri non potranno emergere elementi di ripresa,
anche se dichiarati nel Piano.
Nel piano non viene studiata alcuna misura per fronteggiare il fenomeno dei vettori
low cost che sono entrati in forma massiccia nel trasporto aereo europeo
acquisendo già un mercato di 40 milioni di passeggeri in forte espansione, se si
considera che la flotta dei tre maggiori vettori arriverà tra breve a circa 500 velivoli
B737, AirBus A319 e 320.
Il fenomeno, del tutto legittimo in un settore governato dalla libera concorrenza,
non può essere censurato se la concorrenza si sviluppa nella trasparenza; deve
invece essere represso se si verificano comportamenti, registrati ad esempio a
Rimini, di Società di gestione che per acquisire collegamenti low cost, anziché
richiedere al vettore la dovuta retribuzione dei servizi resi, corrispondono al
vettore stesso somme sottraendole al proprio bilancio.
Gli accertamenti condotti dalla G.d.F. per conto della Procura Regionale della C.C.
dell’Emilia
Romagna
hanno
evidenziato
situazioni
improprie
che
gli
organi
governativi avrebbero dovuto prevenire.
Il piano presentato non si discosta di molto da quello prodotto dal vettore 10 anni
or sono sul quale chi scrive questa relazione espresse le seguenti osservazioni nel
documento presentato al Direttore Generale dell’Aviazione Civile (n° 204493 del
31.5.1994):
«Il documento denominato “Piano di risanamento” non è altro che:
-
una relazione sulla situazione del trasporto aereo nel mondo nella quale si
esalta l’attuale stato di difficoltà del settore;
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-
una serie di schede, compilate sul modello U.S.A., contenenti principi generali
per la gestione economica di una Azienda, il cui risanamento verrebbe affidato
ad una riduzione drastica degli addetti, pari al 20%.
Ritengo, invece, che il primo elemento dell’analisi, per affrontare seriamente
l’aspetto
“risanamento”,
consista
nella
verifica
dell’attuale
stato
economico
dell’Azienda che, ad avviso dello scrivente, è peggiore di quello evidenziato dalla
stampa.
Per risanare, ponendo le condizioni di poter affrontare la concorrenza dei vettori
europei ed extraeuropei ritengo, infatti, che sia necessario verificare lo stato del
vettore nazionale a parità di condizioni, con i propri concorrenti, nel rispetto delle
normative internazionali.
La situazione economica del vettore deve, pertanto, essere verificata:
-
a parità di livello dei diritti di approdo e partenza corrisposti dagli altri vettori
nei propri Paesi;
-
unificando i livelli dei diritti di approdo e partenza per voli comunitari e nazionali
come prevede la normativa europea;
-
adeguando i canoni di sosta dei velivoli ai livelli europei;
-
senza considerare la posizione di Alitalia quale azionista di maggioranza di
Aeroporti di Roma, con gli indubbi benefici economici e di immagine derivanti da
tale posizione dominante, che dovrà essere in futuro, abbandonata.
Semplici valutazioni evidenziano che dalle situazioni indicate in premessa, derivano
ai vettori nazionali (in particolare AZ ed ATI) benefici non indifferenti con
conseguenti perdite da parte dello Stato.
Il solo adeguamento dei diritti di approdo e partenza alla media dei livelli europei
comporta un maggiore onere per i vettori:
-
di L. 112.660 milioni per i voli nazionali (in massima parte a carico ATI),
-
di L. 47.285 milioni per i voli internazionali (in massima parte a carico AZ).
I precedenti valori si riferiscono al 1990, quindi, valutati per difetto.
Dopo aver definito le reali situazioni dei vettori nazionali (AZ ed ATI) a parità di
condizioni con gli altri vettori esteri, con i quali sono posti in regime di concorrenza,
occorre verificare gli interventi necessari per il risanamento economico – funzionale
– operativo.
Gli interventi fondamentali appaiono almeno i seguenti:
-
revisioni delle concessioni delle linee,
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-
aumento della produttività degli addetti con particolare riferimento al personale
navigante,
-
riallineamento del costo del lavoro che, per i vettori nazionali, ha un’incidenza
superiore rispetto alla concorrenza straniera;
-
eliminazione delle spese accessorie (AZZURRA – Biglietti gratuiti – 400 invitati
negli USA in occasione del ritiro del primo MD11…);
-
recupero del rapporto prodotto/addetti attraverso il “turn over” e la “mobilità
interna”;
-
riduzione dei costi relativi a dirigenti e quadri che hanno beneficiato di
trattamenti salariali e di fine rapporto contrari a criteri di economia aziendale;
-
programmazione degli investimenti (flotta) per il reinserimento su mercati
strategici lasciati ad altri vettori;
-
accordi aziendali europei per fronteggiare, tra l’altro, la concorrenza dei vettori
USA ed orientali;
-
inserimento, in forma più massiccia, del vettore ATI nel mercato charter e
merci;
-
diversificazione delle macchine (AZ ed ATI) per servire destinazioni a domanda
variabile in modo da garantire il massimo coefficiente di occupazione dei
velivoli.
A tal riguardo i casi pregressi, Lampedusa e Pantelleria, serviti con DC9 con un
volo giornaliero anche in periodo invernale, devono essere definitivamente
eliminati.»
Ribadito
che è impossibile valutare principi posti nel piano attuale, senza
conoscerne i criteri di applicazione, l’analisi può essere resa in forma completa su
due aspetti:
-
massima valorizzazione della posizione di Alitalia negli aeroporti milanesi,
-
ulteriori sviluppi dell’alleanza, preceduti da tagli occupazionali,
aspetti che appaiono collegati perché ogni volta che si parla di alleanze di Alitalia
con altri vettori europei emerge la necessità di trasferire quote di traffico da
Fiumicino all’aeroporto di Malpensa.
Questo è già avvenuto nel 1997 quando per l’alleanza Alitalia – KLM furono poste le
seguenti condizioni:
-
trasferimento di quote di traffico da Fiumicino a Malpensa,
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-
utilizzazione dell’aeroporto di Linate per il solo collegamento ROMA – MILANO
(la c.d. navetta) escludendo altri collegamenti tra Linate e tutti gli altri aeroporti
nazionali ed europei, con particolare riferimento ad aeroporti hubs.
Furono queste condizioni che determinarono la reazione di molte compagnie
europee, esclusa la alleata KLM; reazione, sviluppata attraverso pesanti interventi
della Commissione U.E., che vide tra i più forti sostenitori i vettori AIR FRANCE (che
oggi sarebbe favorevole ad attuare criteri contestati in passato) la B.A. e la
Lufthansa, cioè i vettori che dispongono dei più forti hubs europei.
Per affrontare l’analisi è necessario porre principi fondamentali, cioè isolare alcune
invarianti.
a) La liberalizzazione del trasporto aereo in Europa ha eliminato il concetto di
hub nazionale (base del vettore di bandiera) in precedenza difeso da altri
hubs dagli accordi bilaterali che consentivano di limitare frequenze e
capacità dei collegamenti tra due hubs.
Tutti gli hubs europei, oggi, appartengono allo stesso Stato (Europa);
mancando le precedenti limitazioni ogni hub può, pertanto, prevalere su un
altro se garantisce migliori condizioni di accessibilità all’utente,
b) Hub e vettore di riferimento sono due entità inscindibili; non può esistere un
hub forte se è debole il vettore, tanto è vero che i maggiori vettori europei
(B.A., AIR FRANCE, e LUFTHANSA) si identificano con i maggiori hubs
europei (Londra, Parigi, e Francoforte).
c) Un hub per prevalere su un altro deve possedere maggiore capacità in
termini operativi, migliore economia e maggiore qualità dei servizi resi e, per
alimentarsi, deve attrarre nuovi bacini di utenza.
d) Dividere un hub nazionale (specie se non ancora affermato) in due hubs
nazionali, non significa aumentare la presenza nazionale negli hubs
europei al fine di potenziare la concorrenza nel mercato; significa, al
contrario, ridurre questa presenza fino ad eliminarla. Questo principio è
dimostrato da tutti gli Stati europei che hanno due o più aeroporti
maggiormente
rappresentativi
Barcellona - Londra
per
numero
di
passeggeri:
Madrid
e
e Manchester – Francoforte e Monaco; nessuno di
questi Stati ha mai pensato di istituire due hubs nazionali perché quello
esistente perderebbe la propria posizione nella concorrenza con gli altri hubs
europei.
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e) Quando il mercato nazionale è prossimo alla saturazione il vettore, per
incrementare la propria posizione rispetto agli altri concorrenti, deve attrarre
verso il proprio hub la domanda di altri mercati, soprattutto se l’offerta del
relativo vettore non è in grado di soddisfarla; è il caso italiano ove il
gradiente di crescita è circa pari a 2.
f) In Europa, tenuto conto della domanda complessiva di trasporto aereo
dell’U.E. allargata anche ai Paesi dell’Est, esiste lo spazio per tre vettori per i
collegamenti a lungo raggio; in questo momento i vettori più forti sono la
B.A., l’AIR FRANCE e la LUFTHANSA.
g) E’ in atto la competizione tra questi tre vettori e, per prevalere l’uno
sull’altro, è necessario che prevalga la posizione dei rispettivi hubs.
h) Le Alleanze di uno dei tre vettori più rappresentativi con altri vettori
consentono:
-
di migliorare gli operativi per fornire all’utente un servizio migliore,
-
di ridurre i costi per la presenza dei singoli vettori sugli aeroporti, per la
preparazione
del
personale
operativo,
per
la
manutenzione
delle
macchine, ...
-
di attrarre verso il proprio hub altri mercati nei quali la domanda prevale
sull’offerta.
Ne è dimostrazione il fatto che in Europa sono state costituite tre alleanze - Sky
Team, One World, Star Alliance – in ognuna delle quali è presente uno dei tre
vettori europei più forti, in concorrenza tra loro.
i) Un vettore minore deve valutare attentamente l’Alleanza in cui chiede di
entrare se non vuole che tutte le condizioni ottenute si riducano ad una sola:
trasferimento del proprio mercato naturale verso il vettore più forte presente
nell’Alleanza che, attraverso il prorpio hub, ne gestisce la mobilità.
Questo effetto è gia avvenuto nel 1997 quando KLM ha registrato un forte
incremento di traffico dell’aeroporto di Schipol che ha raggiunto, oggi, oltre
40 milioni di passeggeri, rimanendo Fiumicino bloccato da 5 anni a 25
milioni, mentre negli anni passati i due aeroporti erano appaiati a 20
milioni.
j) Per facilitare questo effetto risulta del tutto naturale la richiesta di KLM nella
precedente alleanza, di spostare il baricentro del mercato italiano da Roma a
Malpensa, verso il proprio hub di Schipol, di impedire collegamenti nazionali
su Linate e di abolire collegamenti aerei da Linate verso altri aeroporti
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europei, per evitare fughe di traffico dal mercato italiano verso hubs europei
concorrenti con quello di Amsterdam.
Un’alleanza, per dare effetti positivi a tutti i vettori, dovrebbe stabilire strategie
nell’interesse di tutti gli alleati, garantire la dignità di tutti i vettori alleati,
salvaguardare l’interesse degli hubs di riferimento di ogni vettore, rimanendo solo
diversa la posizione di ogni vettore nell’alleanza, riconosciuta dalla propria capacità
di trasporto derivante dalla propria flotta e consistenza economico-finanziaria.
Difficilmente queste condizioni possono essere acquisite se nel caso dell’alleanza già
conclusa tra AIR FRANCE e KLM, alla quale dovrebbe essere ammessa l’Alitalia, si
sono già verificate queste condizioni:
-
la nuova holding, che svolgerà una funzione di controllo e di indirizzo, farà capo
per l’81% agli azionisti francesi tra cui lo Stato, e per il 19% agli azionisti della
KLM; sulla poltrona più alta sarà posto Jean Cyril Spinetta, Presidente e A.d. di
Air France, Vice Presidente sarà il Presidente di KLM,
-
simbolicamente l’A.d. di Alitalia era seduto in sala e non a fianco dei suoi
omologhi di Air France e KLM, in occasione della Conferenza stampa organizzata
il 23 settembre dai due vettori alleati ad Amsterdam,
-
“i tentativi di Alitalia per entrare nell’alleanza rendono perplessi sia Air France
che KLM soprattutto in vista dei suoi risultati finanziari negli ultimi 3/4 anni che
sono ritenuti scoraggianti, come ha affermato un analista milanese che ha
voluto conservare l’anonimato” (REUTERS 30.9.2003)
-
“Alitalia farà fatica a farsi capire a Parigi ed Amsterdam, ove si mostra poca
fretta ad inserirla nel progetto di unione a tre” (idem),
-
la prudenza suggerisce ad AIR FRANCE e KLM di definire il proprio accordo,
prima di aprire un nuovo capitolo, ha dichiarato Shane Matthews, analista
dell’NCB Stockbrokers a Dublino, (fonte Liberation.fr del 30.9.2003)
-
il Ministro francese dell’Economia e delle Finanze ha indicato che l’eventuale
ingresso di Alitalia nella nuova compagnia, potrebbe avvenire a medio termine,
contribuendo così a ridurre la quotazione in borsa di Alitalia che, in fine giornata
ha perso il 5,63% (stessa fonte),
-
se l’Alitalia riesce a risalire prima di aggiungersi ad Air France e KLM, potrà
beneficiare di questa eventuale unione a tre. Poiché Air France ha solide
posizioni in Asia ed in Africa, Alitalia realizzerebbe economia rinunciando a
queste destinazioni, secondo gli analisti (stessa fonte),
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conservando l’Alitalia la base di Fiumicino, poiché AIR FRANCE e KLM
manterranno le proprie basi di Roissy e Schipol, Malpensa sarebbe un hub di
troppo nel matrimonio a tre (stessa fonte),
-
per gli analisti il test principale per la futura alleanza di Alitalia in Sky Team
consiste nel vedere se Alitalia potrà sanare la propria situazione finanziaria
avendo ancora mostrato una perdita di 315 milioni di euro nel primo
semestre 2003; nessuno dubita che la Commissione europea, attenta su
questo punto, non autorizzerà ulteriori immissioni di capitale pubblico.
Senza dover continuare, sembra evidente:
-
che l’alleanza tra KLM e AIR FRANCE è già avvenuta con la ripartizione della
presenza tra i due vettori e dei posti di alta dirigenza,
-
che i due vettori non mostrano entusiasmo nell’includere l’Alitalia, cosa che
potrebbe avvenire solo dopo la privatizzazione ed il risanamento dei propri conti
senza poter contare sui fondi pubblici,
-
che soprattutto l’Alitalia dovrebbe rinunciare a mercati come quello asiatico sui
quali si basa lo sviluppo dei vettori europei; su questo ultimo aspetto non
possiamo dimenticare che il Governo italiano, solo per il mercato cinese, ha
stimato una mobilità di 170 milioni di passeggeri annui.
Mi sembra legittimo chiedersi quali siano le basi su cui si fonda l’alleanza di Alitalia
in Sky Team e quali garanzie fornisca per uno sviluppo del nostro vettore o,
almeno, per la difesa della propria identità.
E’ altrettanto legittimo chiedersi se è stata preferita l’alleanza Sky Team dopo aver
esaminato e scartato altre possibili alleanze come Star Alliance ove, con vettori
americani ed asiatici siedono la Lufthansa e la SAS.
Ad una prima analisi questa alleanza consentirebbe:
-
di poter definire strategie operative comuni senza dover entrare in una
Compagnia multinazionale in posizione minoritaria,
-
di dover competere con il solo hub di Francoforte, anziché con due: Parigi ed
Amsterdam,
-
di attivare un corridoio europeo tra l’estremo nord e l’estremo sud (Stoccolma –
Roma) nel quale, fatta salva la legittima aspirazione di Lufthansa per
Francoforte, potrebbero essere convogliate quote di traffico verso destinazioni in
Medio Oriente, Africa ed estremo oriente a beneficio dello scalo romano,
-
l’accordo già sottoscritto da Alitalia per la cessione di quote a Lufthansa della
società di revisione motori a Fiumicino e quello possibile per la cessione a
14
airmanshiponline
Fraport (gestore di Francoforte) della Società Alitalia Airport, per i servizi di
handling a Fiumicino ed altri aeroporti, sarebbe rafforzato dall’alleanza
operativa,
-
attualmente Air One è partner di Lufthansa ed i due maggiori vettori italiani
sarebbero collocati nella stessa alleanza nella quale si ritroverebbe anche
Meridiana se, come sembra, dovesse essere acquisita da Alitalia.
Tutti questi aspetti positivi non sembrano esistenti nell’alleanza Sky Team.
Per
affrontare il tema dell’Alleanza di Alitalia in Sky Team, inserita tra le strategie
del suo piano di impresa, che ha avuto vasta eco sulla stampa nazionale ed estera,
occorre prima definire la sua reale consistenza.
In Europa già operano da tempo tre Alleanze: la Star Alliance, nata nel 1997 ove è
presente tra i massimi vettori europei, la Lufthansa, l’One world nata nel 1999
(maggiore vettore europeo presente British Airways) e Sky Team, nata nel 2000
(maggiore vettore europeo AIR FRANCE) di cui fa parte l’Alitalia dal 2001; così
come, dal 1970 al 1995, aveva fatto parte del Consorzio tra vettori, denominato
ATLAS.
Gli scopi principali di queste alleanze commerciali sono stati e sono ancora:
-
operazioni in code sharing, per offrire migliore assistenza e protezione
all’utente, soprattutto nelle tratte più lunghe, potendo egli raggiungere la
destinazione finale con vettori dello stesso Gruppo e voli posti in coincidenza
operati con doppio codice,
-
ottenere la più razionale utilizzazione delle macchine, operando nelle diverse
forme di leasing,
-
possibilità per un vettore new entrant di operare inizialmente con certificazioni
e, soprattutto, con il marchio di un vettore rappresentativo; questo è avvenuto
anche in Italia ove ha operato, anche se per un breve periodo, un vettore
italiano con il marchio British Airways dell’alleanza One World.
Alleanze operative e commerciali, come quelle citate, non consentono alcuna
osservazione, rientrando nella esclusiva facoltà del vettore di decidere strategie per
rafforzare la propria presenza nel mercato e, soprattutto, perché esse mantengono
inalterata la totale autonomia decisionale di ogni vettore alleato.
Il tema da analizzare non è, pertanto, l’ingresso di Alitalia in Sky Team che
comprende anche vettori USA ed asiatici, di cui fa già parte da due anni, ma
15
airmanshiponline
l’ingresso in una holding internazionale, creata da due vettori: AIR FRANCE e KLM,
per la prima volta in Europa.
Non si conoscono le condizioni che saranno poste al vettore nazionale per entrare
nella holding, né la propria posizione nella holding stessa, anche perché è
prematuro indicarle; possiamo però ritenere che non saranno diverse da quelle
accettate da KLM con accordi già sottoscritti che troveranno definitiva attuazione
nella primavera del 2004.
La situazione, al momento, risulta la seguente.
La nuova holding di diritto francese, una vera e propria compagnia multinazionale,
quotata alla Borsa di Parigi, Amsterdam e New York, avrà sede a Parigi e sarà
presieduta dal Presidente di AIR FRANCE.
Al momento della sua definizione, farà capo per l’81% ad azionisti francesi tra cui
lo Stato e per il 19% ad azionisti della KLM.
Nella holding che svolgerà una funzione di indirizzo e controllo, opererà un
Comitato incaricato di stabilire la strategia globale dei vettori che la compongono.
Il Consiglio di Amministrazione che, per ora, controllerà solo AIR FRANCE e KLM,
sarà costituito da 11 membri francesi, 4 olandesi ed un italiano, in virtù della
partecipazione azionaria incrociata del 2%, già esistente, tra la Compagnia francese
e quella italiana.
La KLM per entrare in questa nuova holding ha dovuto accettare una riduzione del
proprio organico di 4.500 unità e cedere alla holding, al momento della sua
costituzione, il controllo del 49% delle proprie quote; il restante 51% sarebbe
detenuto per 3 anni da due fondazioni, per preservare i diritti di traffico acquisiti da
KLM per l’aeroporto di Schipol per accordi bilaterali del Governo olandese con Paesi
extra UE.
Nella primavera del 2004 la holding appena costituita, controllerebbe, pertanto, il
100% di AIR FRANCE ed il 49% di KLM.
La moratoria sulla conservazione dell’hub Amsterdam avrebbe rimosso la iniziale
posizione contraria del Governo olandese sulla fusione, temendo che potesse
risultare danneggiata la posizione del proprio hub.
Analisti olandesi mettono, comunque, in luce la difficoltà di gestire due hubs (Parigi
e Amsterdam) e lo scarso interesse di AIR FRANCE a consolidare il debito di KLM,
pari a circa 3 miliardi di euro.
La fase finale dell’operazione, che dovrebbe concludersi tra tre anni, si attuerebbe
con una offerta pubblica di scambio di AIR FRANCE nei confronti del 100% di KLM,
16
airmanshiponline
ottenendo così il controllo totale di KLM attraverso la nuova holding, di cui AIR
FRANCE detiene la maggioranza.
Al momento, nei confronti di Alitalia, il direttore generale di AIR FRANCE ha solo
espresso le condizioni per sedere al tavolo delle trattative per l’ingresso nella nuova
“Compagnia europea”:
-
privatizzazione del capitale,
-
risanamento finanziario.
Il primo punto sembra di facile soluzione, ora che il Governo italiano ha accettato di
scendere dall’attuale 62,4% ad una quota di minoranza.
La privatizzazione di Alitalia potrebbe, infatti, risultare dalla stessa operazione in
corso di definizione tra AIR FRANCE e KLM, applicando anche ad Alitalia le
condizione poste da AIR FRANCE ed accettate da KLM.
AIR FRANCE nella prima fase dell’operazione attuerà un aumento di capitale,
sembra del 15%, da cedere a KLM, ottenendo così dalle operazioni finanziarie
successive una riduzione della quota pubblica dall’attuale 56% a circa il 35%.
Qualora AIR FRANCE intenda lanciare anche nei confronti del 100% di Alitalia una
o.p.s. (come farà per KLM), offrendo in contropartita azioni della nuova holding
quotata alle Borse di Parigi, Amsterdam e New York, l’operazione renderebbe
minoritaria la quota pubblica di Alitalia, già autorizzata dal Governo italiano.
Molto più problematica risulta il rispetto dell’altra condizione - risanamento
finanziario – così come appare molto difficile ottenere, al momento dell’ingresso
nella holding, il riconoscimento di un hub italiano (Fiumicino) e praticamente
impossibile di due (Fiumicino e Malpensa), se solo si considera che il nodo “hub di
Amsterdam” ha messo in forse l’esito della trattativa tra AIR FRANCE e KLM e che la
soluzione è stata solo differita con una moratoria di 3 anni e per gli impegni assunti
dai due Governi sulla posizione di Amsterdam nei prossimi 10 anni.
Le dichiarazioni rilasciate dai vertici Alitalia e da rappresentanti del Governo, “di far
crescere entrambi gli hubs italiani” non possono risultare attendibili perché la
trattativa non è neanche iniziata e, se si concludesse con un’altra moratoria per 3
anni per gli stessi motivi addotti per Amsterdam, tra tre anni, dopo la fusione a due
o a tre dei vettori, sarà il Comitato della holding l’unico Organo deputato a definire
le strategie globali. In questo Comitato, a maggioranza AIR FRANCE, l’Alitalia potrà
possedere anche la quota auspicata del 30% ed ammettendo per assurdo anche di
poter trovare l’appoggio del 19% già riconosciuto a KLM nella holding, sarebbe,
comunque, costretta a subire le scelte; nessuna interferenza sarebbe, possibile da
17
airmanshiponline
parte governativa, in materia di strategie operative e commerciali di un vettore
multinazionale privato.
La stampa europea ha commentato l’accordo AIR FRANCE – KLM in questi termini:
-
DIE WELT “annuncia la nascita della maggiore compagnia europea ed evidenzia
le inquietudini nei Paesi Bassi su un dominio francese”,
-
DE TELEGRAF dichiara “KLM non deve servire da mucca da latte per AIR
FRANCE, compagnia con basso rendimento” si preoccupa per le ripercussioni
occupazionali in KLM,
-
TIMES: Russel Hotten prevede un futuro oscuro per KLM; l’assorbimento puro e
semplice da parte di AIR FRANCE ed afferma: “Attendo con vivo interesse di
vedere come KLM potrà difendersi per non perdere la propria identità olandese”.
Questo è il quadro nel quale si decide il futuro della nostra presenza nel trasporto
aereo, sia del vettore che dell’aeroporto di riferimento.
Se si sono preoccupati della sorte futura di KLM gli analisti olandesi che dispongono
di un vettore con macchine in proprietà e non in leasing, che occupa il quarto posto
nella graduatoria mondiale come traffico passeggeri internazionali, contro il 15°
occupato dall’Alitalia, che dispone di un hub molto più rappresentativo di quello
italiano, non vedo perché non dovremmo preoccuparci anche noi, invece di
assumere come benefici anche quelli che potrebbero risultare costi.
Quando si parla di accordi i punti principali che occorre chiarire sono, almeno, i
seguenti:
-
in base a quali valutazioni è stata definita la scelta nell’alleanza Sky Team,
voluta da Alitalia senza ricevere espressioni di entusiasmo da parte di AIR
FRANCE e KLM,
-
quale sarebbe la partecipazione di Alitalia nella nuova holding se si considera
che, attualmente, l’81% appartiene ad AIR FRANCE ed il restante alla KLM,
-
quali cariche sarebbero riservate ad Alitalia se si considera che quelle più
prestigiose sono state già assegnate,
-
quali condizioni e limitazioni di traffico potrebbero essere stabilite da AIR
FRANCE per entrare nella holding se si considera che la difesa del mercato in
estremo oriente, riservato per sé da AIR FRANCE, appare molto penalizzante,
-
quale potrebbe essere il ruolo dei due aeroporti di Fiumicino e Malpensa
che sarà stabilito dal Comitato direttivo della holding, senza alcuna possibilità di
intervento del governo italiano,
18
airmanshiponline
-
come intende l’Alitalia sanare la propria critica situazione finanziaria, condizione
necessaria posta da AIR FRANCE a KLM per poter entrare nella holding, se si
considera che non sarebbero ammessi dall’U.E. finanziamenti pubblici,
-
quale sarebbe l’entità reale della riduzione di personale Alitalia e quali sedi
dovranno subire il maggiore peso, se si considera che KLM dovrà disporre la
riduzione di 4.500 unità,
-
quale ruolo potrebbe essere assegnato
al vettore
italiano
nella
nuova
Compagnia multinazionale di cui farà parte, se si considera:
-
che l’Alitalia ha già dismesso collegamenti con l’Estremo Oriente, con
l’Australia e con l’Africa,
-
che la flotta degli altri vettori alleati, oltre alla maggiore consistenza, è più
idonea per collegamenti intercontinentali,
-
che la massiccia presenza di vettori low cost nel mercato interno europeo,
con una flotta di prossima costituzione di 490 velivoli B737, AirBus 319 e
320 (per i soli tre vettori più rappresentativi Ryanair, Easy Jet e Jet Blu) e
40 milioni di passeggeri trasportati, lascia pochi spazi futuri ad un vettore
“storico”
che,
come
tutti
gli
altri
europei,
dovrebbe
cercarli
nei
collegamenti a lungo raggio, già in parte dismessi, e verso mercati
emergenti (ad es. Cina) che il leader dell’Alleanza vorrebbe porre sotto il
suo controllo.
19
airmanshiponline
Strategie alternative proposte
L’analisi
soluzioni
compiuta delle strategie in atto da parte del vettore non evidenzia
per
migliorare
la
propria
condizione
economico-finanziaria
e
per
riconquistare una migliore posizione operativa; al contrario, mostra effetti negativi
certi e rischi potenziali sulla stessa conservazione dell’identità del maggior vettore
italiano.
Del resto le conseguenze che emergono dall’analisi sono contenute nelle premesse
che debbono essere cambiate.
Se la premessa rimane: privatizzazione e risanamento economico entro aprile 2004
per poter entrare nella holding, da ciò deriva:
-
che la privatizzazione deve attuarsi nella condizione di massima debolezza del
vettore,
-
che il risanamento deve attuarsi con una massiccia riduzione dei livelli
occupazionali (molto superiore alla 2000 unità lavorative previste); unica
condizione che permette di ottenere benefici economici in tempi così brevi.
La
strategia
alternativa
proposta
deve
abbandonare
queste
premesse
per
eliminarne gli effetti perché:
-
privatizzare un vettore aereo nel momento del suo minimo storico significa
svenderlo senza condizioni,
-
ridurre l’occupazioni significa, non solo trasferire oneri dal vettore allo Stato,
ma anche attivare reazioni sociali che producono ulteriori oneri passivi sul
vettore da risanare e su tutta l’economia del trasporto aereo.
Gli effetti prodotti dalle condizioni poste da Air France, per entrare nella holding
costituita con KLM, decadrebbero se l’Alitalia rinunciasse ad entrare nella nuova
holding, tenuto anche conto che gli altri Alleati non chiedono a gran voce il suo
ingresso, ma sembrano tollerarlo come quello di un parente povero, attratti dal
mercato italiano che, oggi rappresenta il solo valore concreto nell’universo del
traffico aereo nazionale.
L’Alitalia, però, non può rimanere isolata quando tutti gli altri vettori europei fanno
parte di alleanze operative e commerciali con altri grandi vettori americani ed
asiatici, perché l’isolamento non produrrebbe effetti positivi.
Da queste considerazioni deriva la proposta alternativa per Alitalia:
a) evitare la privatizzazione del vettore in questa situazione di massima debolezza,
20
airmanshiponline
b) rinviare, pertanto, l’ingresso nella nuova holding AIR FRANCE – KLM che, al
momento avverrebbe in condizione di dipendenza nei confronti del vettore
dominante sia per l’Alitalia che per il suo aeroporto di riferimento,
c) mantenere la propria attuale posizione in Sky Team ove si trova da due anni,
senza entrare nella nuova Compagnia costituita da Air France KLM, facendo così
cadere le condizioni poste: privatizzazione e risanamento con gli inevitabili tagli
occupazionali,
d) avviare il risanamento da attuare nel tempo necessario (sicuramente superiore
a 5 mesi posti da Air France), riducendo prima le spese correnti di gestione,
senza ridurre i livelli occupazionali,
e) solo dopo aver raggiunto un sano assetto economico-finanziario l’Alitalia potrà
chiedere di entrare in una holding, l’attuale Air France-KLM, o altra eventuale
futura, con pari dignità dei suoi alleati e con la possibilità di difendere e
rafforzare il proprio mercato ed il suo aeroporto di riferimento.
Alitalia nello stato in cui si trova dovrebbe scegliere l’Alleanza commerciale in cui
collocarsi, confermando quella attuale, o chiedere di entrare nella Star Alliance che,
per le ragioni espresse nell’analisi, sembra preferibile, soprattutto perché l’hub del
vettore italiano dovrebbe competere con il solo hub di Francoforte e non con due
(Parigi ed Amsterdam).
L’aspetto fondamentale di questa proposta alternativa individua nella riduzione delle
spese correnti di gestione il mezzo principale per raggiungere il risanamento
economico, senza ridurre i livelli occupazionali, cioè si basa su un piano industriale
totalmente diverso.
La riduzione delle spese di gestione non deve partire dai lavoratori, ma dai vertici
dell’Azienda che hanno contribuito a crearne le condizioni; questo significa:
-
che i membri del C.d.A. da 15 (oltre il Presidente ed A.d.) dovrebbero essere
fortemente ridotti; non risulta questa una riduzione funzionale perché il
precedente assetto del C.d.A. comprendeva 8 membri ex IRI ed uno del
Ministero del Tesoro, tutti in rappresentanza dello stesso azionista,
-
che la retribuzione dei vertici della Società dovrebbe essere drasticamente
ridotta, se si considera l’enorme divario esistente rispetto a quella di dirigenti
apicali della Pubblica Amministrazione; in caso di non accettazione è sufficiente
procedere alla sostituzione,
-
che occorre eliminare liquidazioni miliardarie in precedenza corrisposte con i
continui avvicendamenti dei vertici,
21
airmanshiponline
-
che occorre istituire una tariffa per usufruire dei servizi riservati a soci di Clubs
dell’Alitalia, i cui ingenti costi di gestione ricadono nelle tariffe aeree,
-
che occorre eliminare drasticamente gli incarichi esterni ed i contratti di
consulenza lautamente retribuiti, responsabilizzando dirigenti e quadri nella
produzione;
questa
misura,
non
solo
riduce
fortemente
la
spesa,
ma
contribuisce all’incremento della produttività indicato nel piano di impresa del
vettore. Per comprendere l’entità di questa manovra occorre ricordare che in
passato l’Alitalia richiese ad analisti inglesi uno studio di risanamento (mai
avvenuto) con un costo di molti miliardi di lire, garantendo anche l’uso di una
villa a Roma, ed ottenne la demotivazione di propri dirigenti aventi cultura non
inferiore a quella dei colleghi incaricati dello studio; non si conosce la spesa
sostenuta per i consulenti americani;
-
che occorre un taglio netto delle facilitazioni di viaggio normalmente rilasciate
dal vettore per alcune categorie di utenti, nonché una riduzione delle
facilitazioni per il proprio personale,
-
che occorre il controllo di nuove assunzioni, limitate alla copertura di esigenze in
settori produttivi, evitando, come recentemente avvenuto, di rinforzare aree già
sufficientemente presidiate, ad esempio, relazioni esterne,
-
che occorre mantenere la Soc. Alitalia Airport per la autoproduzione dei servizi a
terra ai voli Alitalia; una Società di handling, se gestita con criteri di
economicità, non può essere passiva come è dimostrato dalla presenza di
numerose Società equivalenti, tra cui la EAS che opera per AIR ONE. L’Alitalia
che intende cedere questa Società, in cui operano 3000 addetti, a Gruppi
europei concorrenti dovrebbe chiarire quanto è costata la sua costituzione ed a
quali condizioni l’acquirente la renderà attiva,
-
che occorre che ogni settore dell’Alitalia evidenzi le spese del proprio badget che
risultano improduttive, per essere tagliate, escluse quelle aventi collegamento
diretto
o
indiretto
con
la
sicurezza
del
volo
(manutenzione
velivoli,
addestramento…).
Al progetto di risanamento interno devono contribuire anche le forze sociali, le
gestioni degli aeroporti, la S.p.A. di assistenza al volo ed il governo.
Le forze sociali, per eliminare lo spettro di un massiccio licenziamento, dovrebbero
accettare il principio di siglare il prossimo contratto di lavoro evitando agitazioni e
richieste economiche non consentite dall’attuale situazione; la posizione delle forze
sociali non potrebbe non considerare precedenti tagli retribuitivi ai livelli apicali.
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airmanshiponline
Gli aeroporti, che dispongono di condizioni economiche molto più favorevoli del
vettore, dovrebbero, ad esempio, eliminare le royalties come quella sul carburante,
a beneficio di tutti i vettori operanti nell’aeroporto, tassa riportata anche nei
documenti dell’Istituto del trasporto aereo di Parigi (Ed. 97/1) che segnala che a
Fiumicino sul rifornimento carburante di un B747-400 grava un onere percepito dal
gestore di 5.120 ECU (circa EURO) mentre la tassa è nulla a Londra e Francoforte.
L’ENAV con l’ammodernamento dei propri impianti e la razionalizzazione dei propri
servizi dovrebbe evitare le lunghe attese in volo all’atterraggio, o a terra al decollo,
eliminando così al vettore spese ingenti che, non solo alterano il proprio bilancio,
ma mortificano anche la propria immagine.
Il Governo garante del rispetto delle regole, dovrebbe assumere la regia di questa
operazione di riassetto economico del vettore nazionale di cui è ancora azionista di
maggioranza, nominando un garante per il buon fine dell’operazione.
Ritengo che l’economia complessiva derivante da interventi interni al vettore, mirati
ad eliminare spese improduttive, indicati solo in parte, per evidenziarne la
collocazione, con il supporto di quelli esterni, sia paragonabile all’economia
risultante dalla riduzione dei livelli occupazionali.
La riduzione dei livelli occupazionali, per altro, se non venisse accompagnata da
interventi interni, determinerebbe anche una riduzione di produzione contribuendo
così a peggiorare lo stato del vettore come è già avvenuto con analoghi
provvedimenti attuati nel passato.
Dopo il risanamento del vettore, il Governo potrebbe anche cedere a privati la
maggioranza delle quote possedute ed il vettore sarebbe nelle condizioni di entrare
in una holding a pari dignità con i suoi alleati.
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