Daily_News_n0._33_del_18.02.2016 - Studio Professionale Lorena

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Daily_News_n0._33_del_18.02.2016 - Studio Professionale Lorena
N.33
del 18.02.2016
Le Daily News
A cura di Matteo Pillon Storti
Fiscalità della produzione di vegetali in serra
In questo lavoro si tenterà di chiarire gli aspetti fiscali riguardanti la produzione di vegetali in
serra. Com’è noto, la normativa fiscale italiana si basa generalmente sulle risultanze della contabilità,
prendendo come reddito su cui calcolare le imposte, l’utile derivante dalla differenza fra i ricavi e costi
d’esercizio. In alcuni casi però tale regola di carattere generale non trova applicazione. Vi sono, infatti,
alcune particolari imprese sottoposte ad un regime fiscale “ad hoc”, come per esempio le imprese
marittime oppure le imprese operanti nel settore agricolo. In questo lavoro come detto, dopo aver
descritto sommariamente l’attività di produzione di vegetali in serra, si approfondiranno, relativamente
a queste imprese, gli aspetti riguardanti le imposte sui redditi e l’imposta sul valore aggiunto.
Attività di
produzione di
vegetali in serra
La tipologia di coltivazione oggetto di questo approfondimento, si basa su un preciso
strumento: la serra. Tale elemento consiste in un ambiente costruito appositamente
per ricreare le caratteristiche tipiche dell’habitat naturale dei vegetali che l’imprenditore
agricolo intende coltivare. Detto ciò è facilmente intuibile come la serra renda possibile
coltivare a prescindere dalle condizioni climatiche del luogo in cui è ubicata la struttura
stessa, visto che le condizioni climatiche ideali per le coltivazioni effettuate vengono
ricreate artificialmente all’interno della struttura.
La struttura della serra può variare, anche di molto, da esemplare ad esemplare.
Possono esserci serre in cemento o in materiali più “leggeri”, come ad esempio
alluminio, vetro, materiali plastici, legno ecc. A parte questo aspetto, la maggior parte
delle serre comunque dispone di pareti trasparenti, necessarie per far filtrare i raggi
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solari e spesso possiede un sistema di regolazione del grado di umidità interno, del
calore e della luminosità.
Esistono vari tipi di serra, dalle serre di essicazione alle serre idroponiche. Il concetto
alla base di tutte è comunque quello di poter ricreare un habitat ideale per le piante che
si intende coltivare, sia dal punto di vista del clima (grado di umidità, temperatura,
insolazione ecc) sia dal punto di vista delle qualità del terreno. Inoltre, grazie al fatto di
poter incidere sui parametri quali la temperatura ecc, diventa più facile per l’agricoltore
variare la coltivazione oppure effettuarla in periodi dell’anno in cui ciò non sarebbe
possibile.
Altro aspetto importante delle strutture serricole riguarda la possibilità di produrre “fuori
suolo”, ossia i metodi di coltivazione svolti al di fuori del suolo e che utilizzano l’acqua
come veicolo di sostanze nutritive per le piante.
Riflessi fiscali:
imposte sui
redditi
Sul tema oggetto del presente lavoro, diventa importante accennare come il codice civile
definisca l’imprenditore agricolo. Tale imprenditore, ai sensi dell’art. 2135 c.c. è colui
il quale “esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura,
allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e
per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un
ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale,
che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o
marine.” Oltre a ciò, il medesimo articolo riconosce quali agricole anche le cosiddette
“attività connesse”, ossia le “attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo,
dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla
coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette
alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse
dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le
attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di
ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”
Dopo aver visto sommariamente come la normativa civilistica definisce l’imprenditore
agricolo, vediamo come l’attività di coltivazione di vegetali, in particolare quella
esercitata in serra, sia disciplinata dal sistema tributario italiano.
OSSERVA
Riguardo l’imposizione diretta e, in particolare, relativamente alle imposte sui
redditi, la coltivazione in serra può generare redditi agricoli, di cui all’art. 32,
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comma 2 DPR 917/86 oppure redditi d’impresa, ai sensi dell’art. 55 ss DPR
917/86. Ciò è dovuto al fatto che solo l’attività che si limita allo sfruttamento del
terreno è considerata dalla legge produttrice di reddito agrario. Se il produttore
agricolo esercita un’attività eccedente la potenzialità suddetta, la quota eccedente tale
limite sarà tassata come reddito d’impresa. Oltre a questa distinzione, restano
fondamentali, al fine del calcolo tributario, le caratteristiche del coltivatore e il
possesso o meno di un terreno da parte sua.
Presone fisiche
coltivatori in serra
Analizziamo, innanzitutto, il trattamento Irpef del coltivatore serricolo, nel caso in
cui egli sia una persona fisica e detenga il terreno su cui è installata la serra a
titolo di proprietà, altro diritto reale o affitto.
Terreni posseduti a
titolo di proprietà,
altro diritto reale,
affitto
Ai sensi dell’art. 25 DPR 917/86, i terreni producono 2 tipi di reddito:
 il reddito dominicale
 e il reddito agrario, entrambi ricompresi nella definizione di reddito fondiario.
Il primo (reddito domenicale) deriva dalla “semplice” proprietà del terreno, o di altro
diritto reale. Tale reddito è a carico del proprietario che lo deve sempre dichiarare nella
propria dichiarazione dei redditi. Il reddito dominicale è imputato anche ai soggetti che
detengono il terreno tramite altri diritti reali, quali per esempio l’enfiteusi o l’usufrutto, ai
sensi dell’art. 26 DPR 917/1986.
Il reddito agrario sorge, invece, nel momento in cui un terreno viene coltivato. Il
reddito derivante dalla coltivazione, entro certi limiti, è considerato agrario, presenta
particolari sistemi di calcolo fiscale ed è imputato al soggetto che effettivamente coltiva
il terreno.
OSSERVA
Nella tassazione dei terreni quindi viene a crearsi una specie di doppio
binario. Il proprietario sarà sempre titolare del reddito dominicale e, nel caso in cui il
terreno sia coltivato, sorgerà un reddito ulteriore, il reddito agrario, il quale sarà
imputato solitamente al coltivatore.
Una volta chiarito che al proprietario del terreno è attribuito il cosiddetto reddito
dominicale, vediamo ora come vengono tassati i coltivatori che svolgono la loro attività
su un terreno detenuto in proprietà, in base ad un altro diritto reale o tramite un
regolare contratto d’affitto.
Ai sensi dell’art. 26 DPR 917/1986, il reddito agrario deve essere imputato ai soggetti
che “possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale,
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salvo quanto stabilito dall'art. 33” il quale sul tema aggiunge “Se il terreno è dato in
affitto per uso agricolo, il reddito agrario concorre a formare il reddito complessivo
dell'affittuario, anziché quello del possessore, a partire dalla data in cui ha effetto il
contratto. Nei casi di conduzione associata, salvo il disposto dell'art. 5, il reddito agrario
concorre a formare il reddito complessivo di ciascun associato per la quota di sua
spettanza.”
Ai sensi dell’art. 32, comma 1, DPR 917/86, “il reddito agrario è costituito dalla parte del
reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di
organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività
agricole su di esso.”
Lo stesso articolo prosegue e al comma 2 stabilisce che “sono considerate attività
agricole:
a. le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;
b. l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le
attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili,
anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di
quella del terreno su cui la produzione insiste;
c. le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla
manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione,
ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla
coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, con riferimento ai
beni individuati, ogni due anni e tenuto conto dei criteri di cui al comma 1, con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro delle
politiche agricole e forestali.
OSSERVA
Dalla lettura dell’art. 32 Tuir, si può notare come, dal punto di vista fiscale, le attività
agricole si possano classificare in: attività agricole in senso stretto, previste dal punto
a) del comma 2 dell’art. 32, e attività considerate agricole quali ad esempio
l’allevamento di animali (art. 32, c.2 lett. b) Tuir), attività connesse (art. 32, c. 2, lett.
c) Tuir) a cui si possono aggiungere le coltivazioni di vegetali conto terzi (art. 33, c. 2
bis, Tuir).
L’art. 32, comma 2, lett. b), Tuir, com’è riportato sopra, richiama la previsione secondo
cui sono considerate agricole anche le attività oggetto del presente lavoro, ossia quelle
consistenti nella produzione di vegetali in serra. Lo stesso articolo però aggiunge una
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condizione, ossia che la superficie adibita alla produzione di vegetali non sia superiore al
doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste.
Se per esempio la serra ha una superficie pari a 3.000 metri quadri, sarà considerato
reddito agrario la coltivazione fino a 6.000 mq. L’eventuale parte eccedente è
considerata reddito d’impresa.
Da ciò ne deriva che a seconda dell’organizzazione interna della serra, il reddito
prodotto dall’attività in questione potrà essere completamente di tipo agrario, oppure
una parte del reddito prodotto sarà di tipo agrario e una parte sarà classificato come
reddito d’impresa. Se, infatti, la serra è organizzata su uno o al massimo 2 livelli,
allora l’attività serricola produrrà solo reddito agrario.
Se la serra, invece, presenta più di 2 piani, allora il reddito prodotto dall’attività del
terzo piano e oltre, sarà da considerare reddito d’impresa.
Se l’attività produrrà reddito agrario, lo stesso sarà calcolato con il metodo catastale,
mentre se l’attività genererà anche un reddito d’impresa, quest’ultimo potrà essere
calcolato con un particolare metodo forfettario.
Ai sensi dell’art. 34, comma 1, DPR 917/86, il reddito agrario è “determinato mediante
l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme
della legge catastale”. L’ammontare del reddito agrario viene stabilito per ogni singola
particella catastale, tenendo conto della tipologia di coltura effettuata sul fondo. Dato
che il calcolo catastale è di natura forfettaria, non è ammessa la detrazione delle spese
sostenute dal coltivatore (per esempio opere di scolo effettuate nel terreno). Tuttavia,
per alcune specifiche spese è contemplata una deroga al divieto in questione,
prevedendo che si possano detrarre le spese quali i censi, i canoni sugli immobili oppure
i contributi a consorzi obbligatori. Queste spese saranno detraibili dal reddito
complessivo.
Il reddito agrario indicato in catasto deve essere poi rivalutato doppiamente.
Innanzitutto, il reddito agrario iscritto in catasto subisce una prima rivalutazione nella
misura del 70% (rivalutazione base).
La rivalutazione base non viene applicata nel caso in cui il terreno sia concesso in affitto
per uso agricolo a giovani di età non superiore a 40 anni, possessori della qualifica di
Iap o coltivatore diretto. È necessario inoltre che l’affitto sia dato per un periodo non
inferiore a 5 anni, con diritto di precedenza alla scadenza.
In secondo luogo, il valore così rivalutato viene nuovamente moltiplicato per delle
percentuali che variano a seconda del periodo d’imposta e delle caratteristiche del
coltivatore. L’ulteriore rivalutazione può essere così schematizzata:
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Periodo d’imposta
Terreno posseduto da
Altri terreni
coltivatori diretti o IAP
Dal 2013 al 2014
5%
15%
2015
10%
30%
2016
7%
7%
Il metodo appena descritto è di carattere generale per quanto riguarda i redditi agrari.
Per le coltivazioni in serra ci sono alcune caratteristiche che è necessario tener presente
quando ci si trovi a dover calcolare il reddito prodotto da questi tipi di attività. Spesso
accade che i terreni sui quali sono localizzate le strutture serricole non siano accatastati
correttamente e, nei quadri di qualificazione catastale, non sono indicate le rispettive
qualità. Non è raro, infatti, che le serre siano accatastate in maniera non corretta, anche
per il fatto che spesso le strutture in questione sono spostate ogni anno. In questi casi,
per ovviare il problema, il reddito agricolo si determina applicando la tariffa d’estimo più
elevata in vigore nella provincia dov’è ubicato il terreno stesso.
Una serra occupa una superficie pari a 1.000 mq, producendo un reddito agrario
indicato in catasto pari a € 800,00. Ipotizziamo che l’attività produca, grazie ad una
serie di piani, su una superficie pari a 1.800 mq totali. Come previsto dall’art. 32,
comma 2, lett. b) Tuir fintanto che “la superficie adibita alla produzione non eccede il
doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste” il reddito prodotto è di natura
agraria e quindi il reddito totale prodotto dall’azienda agricola serricola sarà pari a
800,00 €.
Come abbiamo detto, ai sensi dell’art. 32, comma 2, DPR 917/86, nel caso in cui la
superficie adibita alla produzione serricola sia superiore ad oltre il doppio di quella del
terreno su cui la produzione insiste, il reddito “eccedente” viene classificato come
reddito d’impresa e non può essere calcolato quindi con il metodo catastale. Tale reddito
infatti viene calcolato con un particolare metodo forfettario, disciplinato dall’art. 56 bis,
comma 1, DPR 917/86.
La norma suddetta prevede che “Per le attività dirette alla produzione di vegetali
esercitate oltre il limite di cui all'articolo 32, comma 2, lettera b), il reddito relativo alla
parte eccedente concorre a formare il reddito di impresa nell'ammontare corrispondente
al reddito agrario relativo alla superficie sulla quale la produzione insiste in proporzione
alla superficie eccedente.”
Un esempio sarà sicuramente utile per capire il regime di cui all’art. 56 bis, comma 1
DPR 917/86
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Riprendendo i dati dell’esempio precedente, ipotizziamo che l’attività produca, grazie
ad una serie di piani, su una superficie pari a 3.500 mq.
Da ciò ne deriva che il reddito agrario per mq è pari a 0,80 (800/1.000). I “primi
“2.000 mq, sono produttori di reddito agrario, come previsto dall’art. 32, comma 2,
lett. b) Tuir. I restanti 1.500 mq, come previsto dall’art. 56 bis, comma 1 Tuir,
producono reddito d’impresa “nell'ammontare corrispondente al reddito agrario
relativo alla superficie sulla quale la produzione insiste in proporzione alla superficie
eccedente”, quindi 1.200 € (1.500 x 0,80).
In questo caso, l’attività produrrà i seguenti redditi:
 Reddito agrario per € 800,00;
 Reddito d’impresa per 1.200 €;
Per un reddito complessivo di € 2.000,00 €.
Ad ogni modo, il contribuente può scegliere di non aderire al regime forfettario e
calcolare il reddito eccedente con il metodo ordinario basato sulle scritture contabili. Ai
sensi dell’art. 56 bis, comma 5 Tuir, infatti al contribuente è data la “facoltà di non
avvalersi delle disposizioni di cui al presente articolo. In tal caso l'opzione o la revoca
per la determinazione del reddito nel modo normale si esercitano con le modalità
stabilite dal regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle opzioni in
materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442, e successive modificazioni.“
Terreno posseduto
in comodato
Nel caso in cui il coltivatore serricolo, imprenditore individuale, gestisca la propria
attività su un terreno posseduto grazie un contratto di comodato d’uso sarà necessario
tener presente alcune particolarità. In questo caso l’imposizione Irpef cambia, in quanto
per poter produrre redditi agrari la normativa fiscale prevede la detenzione del fondo a
titolo di proprietà, altro diritto reale o affitto. Nel caso di terreno posseduto in comodato
vi è una certa discussione all’interno della giurisprudenza, con sentenze contrastanti
(CTC 451/1985 e CTC 2922/1986). L’amministrazione finanziaria invece è più concorde
sul tema, prevedendo che il reddito agrario debba essere imputato a chi effettivamente
svolge l’attività di coltivazione, sebbene in qualità di comodatario del terreno (Ris. 2/D,
19 marzo 2003).
Società operanti
nel settore
agricolo
Un caso “particolare” riguarda le società operanti nel settore agricolo. Se infatti l’attività
di coltivazione in serra, viene svolta da una società, seguendo la regola generale, questa
produce reddito d’impresa da calcolare secondo le regole “ordinarie” (ricavi, costi,
rimanenze). Non viene quindi applicata la regola di determinazione catastale ed
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eventualmente forfettaria, del reddito prodotto. Tuttavia nel caso delle cosiddette
“società agricole” tale regola generale viene meno e il reddito prodotto viene
considerato agricolo, conseguentemente calcolato sulla base delle tariffe d’estimo. Le
società agricole possono essere le snc, sas, srl e le società cooperative a condizione che
abbiano esercitato una specifica opzione, inderogabile per i primi 3 anni. Per poter
essere definita “società agricola”, la società in questione deve indicare nella propria
denominazione sociale il termine “società agricola”. In secondo luogo deve essere
previsto come oggetto sociale esclusivo l’attività agricola, ai sensi dell’art. 2135 codice
civile.
Riflessi fiscali:
IVA
Ai fini Iva, le attività agricole, di allevamento e la pesca sono assoggettate ad una
normativa specifica. Nel settore agricolo rientrano anche le coltivazioni in serra, in
quanto si differenziano dalle coltivazioni “ordinarie” solo per la metodologia applicata e
non per l’”oggetto” dell’attività. In particolare, dal punto di vista Iva il settore agricolo e
le attività di allevamento sono regolamentante dall’art. 34 DPR 633/72. Tale articolo
disciplina tre tipi di regimi Iva, a cui gli operatori del settore agricolo possono aderire.
Tali regimi Iva sono:
Regime
dell’esonero

il regime dell’esonero, disciplinato dall’art. 34, comma 6 dpr 633/72;

il regime speciale, regolamentato dall’art. 34, comma 1 dpr 633/72;

il regime ordinario, richiamato dall’art. 34, comma 11 DPR 633/72.
Il regime dell’esonero, di cui all’art. 34 comma 6 DPR 633/72, si caratterizza per la
possibilità data ai suoi aderenti di dover sottostare ad un numero di formalità e obblighi
fiscali molto ridotto. Viene innanzitutto prevista la possibilità a disposizione del
produttore agricolo venditore dei beni di cui alla tabella A parte I, allegata al DPR
633/72, di non dover versare nulla a titolo di Iva. Inoltre, il medesimo produttore è
esonerato da gran parte, se non quasi dalla totalità, degli obblighi di natura
amministrativa/contabile previsti dalla normativa iva, quali ad esempio la registrazione
delle fatture di vendita e di acquisto, la tenuta dei registri Iva, l’effettuazione delle
liquidazioni periodiche Iva e la presentazione della dichiarazione Iva annuale.
Ai soggetti esonerati è solo stabilito di richiedere la partita Iva, come previsto dalla Ris.
Min. n. VI-13-1085/94, presentare la comunicazione delle operazioni Iva, come
precisato dalla Circ. AE n. 1/E del 15 febbraio 2013, conservare le fatture d’acquisto e le
bollette doganali ricevute e numerarle progressivamente.
Merita sottolineare che nell’iter di formazione della legge di stabilità 2016 era stata
prevista l’abrogazione del regime di cui all’art. 34, comma 6 DPR 633/72. Questa
previsione tuttavia è stata eliminata in sede di approvazione della legge stessa e quindi
ad oggi il regime suddetto è ancora in vigore.
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Vediamo ora quali sono le condizioni necessarie per poter accedere al regime
dell’esonero. Per poter aderire a tale regime è necessario:

Aver realizzato un volume d’affari nell’anno precedente non superiore a 7 mila euro.

Il volume d’affari suddetto deve essere costituito per almeno 2/3 da cessioni di
prodotti agricoli.
Il regime rimane applicato fino all’anno successivo in cui il limite di 7 mila euro viene
superato.
Un problema che deriva da questa “semplificazione”, si verifica quanto l’attività serricola
deve certificare le vendite effettuate, ad esempio nel caso in cui venda ortaggi a dei
consumatori finali piuttosto che a delle imprese alimentari o della grande distribuzione.
Quando il coltivatore in serra, aderente al regime dell’esonero, vende i propri prodotti a
soggetti privati, non è richiesta l’emissione di nessun documento Iva (fattura, ricevuta
fiscale o scontrino fiscale). Consegnerà la merce al cliente e non ci saranno altre
formalità fiscali da effettuare. Se invece la vendita viene fatta nei confronti di un cliente
titolare di partita Iva, il quale utilizzerà il prodotto acquistato nell’esercizio della propria
attività di impresa, sarà necessario che quest’ultimo soggetto emetta un particolare
documento chiamato “autofattura”. Tale documento dovrà essere soggetto ad Iva, in
due modalità. Se l’oggetto della vendita è un prodotto agricolo, allora saranno da
applicare le percentuali di compensazione, se invece si tratta di una cessione di prodotti
non agricoli, verranno applicate le aliquote Iva ordinarie
L’autofattura dovrà essere emessa in duplice esemplare e consegnata al venditore
aderente al regime dell’esonero, il quale la dovrà conservare assieme alle fatture di
acquisto e alle bollette doganali di importazione. L’acquirente che ha emesso
l’autofattura, da parte sua, dovrà registrarla nel registro degli acquisti.
I soggetti che presentano le caratteristiche richieste per l’accesso al regime dell’esonero,
rientrano nel regime stesso in maniera automatica, visto che il regime dell’esonero è il
loro regime naturale. Tuttavia questi soggetti possono, tramite l’esercizio dell’opzione,
aderire al regime speciale Iva per l’agricoltura, di cui all’art. 34 comma 1 DPR 633/72.
L’opzione è vincolante per i primi 3 anni e può essere rinnovata di anno in anno
Regime speciale
Un altro regime Iva riguardante l’agricoltura è il cosiddetto regime speciale, di cui all’art.
34 comma 1, 2, 4 e 5 DPR 633/72. Per rientrare in tale regime è necessario il rispetto di
due requisiti: il requisito oggettivo e il requisito soggettivo. Il requisito oggettivo
consiste nel fatto che l’attività esercitata dall’aderente al regime stesso deve
concretizzarsi nella cessione di prodotti compresi nella tabella A, parte I, allegata al DPR
633/72. In questa tabella vengono indicati tutti i prodotti agricoli e ittici che possono
godere del regime speciale Iva; a titolo di esempio sono ricompresi gli asini e i bufali, i
conigli e il burro, i legumi da granelle e le scorze di agrumi, le spezie e i cereali ecc ecc.
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Il requisito soggettivo invece consiste nel fatto che il contribuente, per poter accedere al
regime speciale, deve essere un produttore agricolo, ossia ricompreso fra i soggetti che
svolgono le seguenti attività: coltivazione del fondo e selvicoltura, allevamento di
animali, attività connesse, pesca.
L’accesso a questo regime quindi non è subordinato, come spesso accade, al
raggiungimento o al non superamento di determinati volumi d’affari, né è precluso a
determinate forme societarie.
Il regime speciale si caratterizza per il fatto che gli acquisti effettuati dal produttore
agricolo in serra, scontano una detrazione forfettaria basata su percentuali stabilite dalla
legge. Non ha quindi importanza la reale Iva pagata sugli acquisti, visto che quest’ultima
risulta essere indetraibile, ma diventerà importante la percentuale stabilita dalla legge
per lo specifico prodotto venduto e l’ammontare delle cessioni effettuate.
Queste particolari percentuali sono chiamate “percentuali di compensazione” e sono
stabilite nel DM 12/5/92, DM 30/12/97, DM 23/12/2005.
Sulle cessioni di prodotti agricoli invece, secondo le regole del regime speciale, vanno
applicate le ordinarie aliquote Iva.
Nel caso si aderisca al regime speciale non è possibile richiedere il rimborso del credito
Iva, salvo nel caso di esportazioni e/o di cessioni intracomunitarie.
I produttori agricoli che aderiscono a questo regime sono tenuti a tutti gli obblighi
previsti per i contribuenti rientranti nel regime ordinario Iva. Tuttavia, sono esonerati
dall’obbligo di emettere scontrino fiscale o ricevuta fiscale nel caso in cui effettuino una
cessione nei confronti di consumatori finali.
Il regime speciale è il regime naturale per gli imprenditori agricoli, salvo che abbiano le
caratteristiche per aderire al regime dell’esonero. I produttori agricoli comunque
possono optare per l’applicazione al regime ordinario Iva.
Regime ordinario
Infine, si ricorda che, ai sensi dell’art. 34 comma 11 DPR 633/72, il produttore agricolo
può decidere di non aderire al regime speciale. In tal caso egli può optare per il regime
ordinario. Se effettua tale scelta, il produttore agricolo è vincolato alla stessa per almeno
3 anni e sarà soggetto alle disposizioni “ordinarie” Iva.
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