Quale fu l`ultimo sogno di Federico Imperatore, prima

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Quale fu l`ultimo sogno di Federico Imperatore, prima
Quale fu l’ultimo sogno di Federico Imperatore, prima che la sua vita venisse spezzata da un
subdolo avvelenamento? E perché, nella Firenze trecentesca, misteriosi viandanti convergono per
mettere a disposizione di una sconosciuta entità il proprio altissimo sapere? E come mai tanti
superbi astronomi, matematici, filosofi, alchimisti, medici, nei dotti ritrovi fiorentini incontrano la
morte?
Il male è più semplice del bene: così l’investigatore eccellente chiamato ad indagare sull’assassino
che insanguina la sua città ne I delitti della luce.
Il detective alla sua terza e acclamata avventura è Dante Alighieri, così come lo ha immaginato da
cinque anni a questa parte il giallista Giulio Leoni, equamente appassionato di storia, di poesia, di
cose esoteriche.
Perché proprio il Sommo Poeta? la domanda, a dire il vero, andrebbe girata ai non pochi scrittori
che hanno, in tempi recenti, affidato la risoluzione di un enigma (Matthew Pearl, Nick Tosches,
Matilde Asensi). Per un italiano, va da sé, il cimento con patrio nume è più scottante, e Leoni non lo
nasconde:”Penso – ha raccontato – che il poeta riassuma in se tutti i tratti di uno straordinario
investigatore: l’intelligenza acuminata, la perspicacia, la cultura, il coraggio fisico, la sicurezza in se
stesso ai limiti dell’improntitudine, l’attenzione per le manifestazioni del male colto in ogni sua
piega più riposta. Al confronto con le virtù reali di quest’uomo, le doti fittizie di Sherlock Holmes
suscitano tenerezze”.
Come nei due romanzi precedenti, I delitti della Medusa e I delitti del mosaico, Dante è alle prese
con il proprio futuro capolavoro: e se nella seconda storia aveva trovato ispirazione per la
rappresentazione dell’ Inferno e del Purgatorio in oscuri sotterranei e spettacoli di saltimbanchi, qui
la sua fantasia è a un punto fermo, “incapace di trovare qualcosa che potesse rendere con la stessa
esattezza la condizione della beatitudine e la forma visibile dei cieli”. Due gli aiuti che riceverà: un
codice custodito dallo schiavo saraceno Amid, il rarissimo Liber scalae Machometi, che narra il
viaggio di Maometto nel regno delle ombre fino al trono divino. E, appunto, l’ambizioso e
apparentemente impossibile desiderio di Federico II di Svevia che intendeva conoscere “ l’altezza
di Dio” e che rivelerà al Poeta come rappresentarne la gloria.
Ma prima di tutto questo, Dante alla fine del suo mandato come priore di Firenze, deve trovare il
filo logico che lega delitti apparentemente privi di nesso.
Cominciando con una galea che va incomprensibilmente ad arenarsi sui canneti dell’Arno: dentro,
schiavi incatenati e lasciati a morire di sete, tre uomini avvelenati, un misterioso meccanismo
infranto.
Ma quell’agosto torrido e travagliato fa furori politici e religiosi riserva altre sorprese: perché in
città giunge una terribile reliquia, il busto vitale e parlante della vergine di Antiochia, purissima
fanciulla il corpo venne reciso dalla spada paterna per preservarne la virtù. E con lei giunge il
sedicente monaco Brindano, che esibendo la miracolosa adolescente, invita alla rivolta contro gli
infedeli.
Ma arriva anche un singolare carico di specchi di inusitate dimensioni, mentre si diffondono
sussurri su un tesoro legato a Federico e financo su un suo discendente pronto a combattere, con
l’appoggio di alcune famiglie romane, contro Papa Bonifacio.
Naturalmente non è tutto qui: e dietro opportuni tendaggi si celano inquisitori, mentre in vicoli bui
cavalieri templari professano il proprio credo in una pace tra Oriente e Occidente.
E i delitti proseguono: cade sotto due colpi mortali l’architetto dell’imperatore svevo, che progettò
un castello apparentemente insensato.
Cartigli e piantine contenenti ottagoni si ritrovano ovunque. I sapienti che tornano a inseguire la
vecchia ossessione di Federico vengono uccisi uno dopo l’altro.
Dante, diviso fra le passioni carnali, l’amicizia virile ( con Cecco Angiolieri, con l’esule Guido
Cavalcanti) e deciso a conciliare fede e religione, ingaggia dispute scientifiche e teologiche,
combatte le ricorrenti emicranie, sfugge ad agguati.
Riuscendo infine, nello stesso giorno in cui gli viene rivelato il suo futuro da fuggiasco, ad avverare
l’utopia imperiale, che la fisica avrebbe accolto secoli e secoli dopo.
Suspence e Aristotele, deduzione e Fibonacci, poesia e sangue: nella singolare miscela di Leoni, si
sovrappongono desiderio di conoscenza e ricomposizione dell’ordine caro al giallo classico.
Con la possibilità, che porta dichiaratamente l’autore a prediligere l’ambientazione storica, “di
attingere a un repertorio pressoché illimitato di fatti, situazioni e personaggi difficili da reperire
nella stretta attualità.”
Loredana Lipperini
La Repubblica, mercoledì 17 agosto 2005