Sequestrati dallo Stato
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Sequestrati dallo Stato
Bimbi strappati ai genitori, internati, perché figli illegittimi o nomadi: vite spezzate dallo Stato. Emergono i primi dieci casi in Ticino. Intanto il governo dà luce verde alla nuova legge 2 L’approfondimento sabato 3 ottobre 2015 federale in consultazione: vuole risarcire migliaia di vittime di collocamenti forzati. Il Ticino chiede più tempo per allestire decine (se non centinaia) di dossier. LA CIFRA Vittime di misure coercitive in Svizzera tutt’ora in vita 20’000 Sequestrati dallo Stato CHI SONO LE VITTIME di Simonetta Caratti Decine di migliaia di innocenti strappati ai genitori e sequestrati dallo Stato: imprigionati, sterilizzati, piazzati a forza in istituti. La loro unica colpa era essere ‘illegittimi’, figli di madri sole, povere, vedove o di etnia nomade. A decidere non era un tribunale, ma un giudice di pace, il sindaco, il notaio, il prete. Questo avveniva in Svizzera fino al 1981. Anche in Ticino, come testimoniano i casi che emergono (vedi sotto), lo Stato ha rubato tante infanzie. Siamo all’inizio di una doverosa ricostruzione storica, verso chi (si stima in 20mila) soffre ancora per quelle violenze. Una pagina dolorosa della Svizzera, dove alcuni Cantoni e Città si sono scusati (non il Ticino!) e stanno elaborando vissuti che pesano come macigni; altri Cantoni nicchiano, sentendosi un’oasi felice in un mare di melma. Qualcosa si muove ora in Ticino, dove una decina di vittime ha chiesto aiuto al Cantone. E il governo ha appena dato luce verde (con qualche riserva) all’avamprogetto di legge federale sulle misure coercitive a scopo assistenziale e i collocamenti extrafamiliari prima del 1981 (Lmcce). Gli obiettivi: riconoscere e riparare i torti inflitti, salvaguardare i documenti e disciplinare la consultazione degli atti da parte delle vittime. La consultazione è finita il 30 settembre. Il governo ticinese a Berna: ‘Trattare in sei mesi decine e decine (se non centinaia) di dossier non è realizzabile’ Ventuno articoli, 300 milioni di franchi per la ricerca e per risarcire le vittime. Chi sono, lo definisce in 8 categorie l’articolo 2 del progetto di legge: vittime di abusi, adozioni sotto pressione, castrazione, sterilizzazione, sperimentazione di farmaci, stigmatizzazione sociale... Definizioni troppo vaghe, secondo il governo ticinese, che evidenzia inoltre “la difficoltà di poter determinare quali collocamenti presso strutture o terzi fossero ingiustificati e quali persone oggetto di tali misure siano da reputarsi vittime ai sensi della Lmcce”. Detto in parole ∑ Collocamenti extrafamiliari Bambini affidati a privati (spesso contadini) o a istituti chiusi, perché figli di genitori poveri, orfani o illegittimi: erano spesso vittime di violenze e abusi. Noti casi di collocati sottoposti a esperimenti farmaceutici (fino al 1950) ∑ Internamenti amministrativi Giovani messi a tempo indeterminato dalle autorità in istituti chiusi. Misure disposte senza processo né possibilità di ricorso: bastava che qualcuno cambiasse lavoro di frequente o che una donna nubile restasse incinta (fino al 1981) ∑ Violazione dei diritti riproduttivi Sterilizzazioni e aborti forzati per motivi economici e di igiene sociale (fino agli anni 70) 300 MILIONI il fondo proposto dal governo svizzero per indennizzare le 20mila vittime di misure coercitive 1’300 RICHIESTE DI SUSSIDIO AL FONDO DI AIUTO IMMEDIATO: 727 EVASE 600 ACCOLTE 127 RESPINTE versati fino ad ora alle vittime in Svizzera Dormitorio e refettorio Von Mentlen di un tempo semplici: difficile ricostruire i fatti, perché i dossier sono sparsi negli archivi dei comuni e tanta carta è andata distrutta. Troppo pochi, lamenta ancora il Ticino, i sei mesi di tempo (definiti nell’articolo 5) dall’entrata in vigore della legge per chi domanda un contributo di solidarietà. L’Esecutivo ticinese propone due anni, ci vorrebbe più tempo per ricostruire un caso scavando tra gli archivi di uffici cantonali, comunali e di istituti. “La prospettiva di dover trattare in sei mesi decine e decine (se non centinaia) di dossier appare estremamente onerosa e difficilmente realizzabile” scrive il governo LA TESTIMONIANZA 4,6 MILIONI (LE FOTO SOTTO SUL TEMA SONO DI R.NEUHAUS, G. FLURI STIFTUNG E P. SENN, MUSEO DELLE BELLE ARTI BERNA) all’Ufficio federale di giustizia, in due paginette, firmate dal presidente Gobbi. Ma di internamenti forzati, il governo ticinese discusse già nel gennaio 2013, quando bocciò (su consiglio del Dipartimento di Gobbi) il progetto preliminare del Nazionale (in consultazione) sull’iniziativa (di Rechsteiner) per la riabilitazione delle persone internate su decisione amministrativa. Solo Bertoli aveva capito il dramma In quella seduta di governo solo il ministro Bertoli, secondo nostre fonti, si di- stanziò dalla decisione ricordando ai colleghi che una legge era necessaria, parlò di ‘autorità che abusavano delle proprie competenze’ e rammentò ai ministri (Borradori, Sadis, Beltraminelli, Gobbi) che ‘riparare moralmente a questa prassi scandalosa perpetrata fino al 1981 dalla nostre autorità è il minimo che si possa pretendere’. Bertoli era solo, in un cantone dove una lunga ombra continua a coprire questa scandalosa pagina di storia. Centocinquanta libri, ricerche, film, ma il Ticino che decide continua a pensare che sia un problema degli altri. ∑ Adozioni forzate Neonati dati in adozione contro la volontà di madri nubili, minorenni, povere, ‘colpevoli’ di condurre una vita dissoluta o con un marito ‘ozioso’ (fino agli anni 70) ∑ Nomadi Oltre 600 bimbi nomadi strappati ai genitori per essere sedentarizzati con la forza dall’Opera di assistenza privata ‘bambini della strada’, coadiuvata dalle autorità (1926-1973) FONTE: DELEGATO PER LE VITTIME DI MISURE COERCITIVE L’AUTORITÀ TICINESE CANTONI E INDIRIZZI ∑ Chi si è scusato Nessun Cantone può chiamarsi fuori. I Cantoni Berna, Lucerna, Friborgo, Turgovia, Glarona hanno presentato da tempo le scuse ufficiali alle vittime. Come lo ha fatto la ministra Sommaruga, nell’aprile 2013, a nome del governo elvetico. Già nel 1999, le autorità grigionesi avevano chiesto scusa ai nomadi Jenisch ricordando che gran parte dei bimbi tolti ai genitori ‘furono sottoposti a perizie psichiatriche e poi internati in cliniche’. Internato a Pura: ‘Ero un illegittimo’ Le prime dieci vittime in Ticino Un senso di vergogna gli ha impedito di parlare per anni. Oggi Sergio Devecchi è in pensione, pedagogista, ha presieduto la Società svizzera di pedagogia sociale, sempre celando il suo passato di ‘illegittimo’ cresciuto in orfanotrofio tra Ticino e Grigioni. Nato nel 1947 a Lugano, resta con sua madre un paio di giorni: «Sono un figlio illegittimo, strappato a mia madre per ordine delle autorità, sostenute dalla Chiesa. A Lugano, quelli come me, dovevano sparire». All’oscuro della madre, viene portato all’istituto ‘Dio aiuta’ di Pura, dove resta fino all’età di 11 anni. «Si pregava e lavorava finché era buio. C’era poco da mangiare». Una vita dura, segnata anche da abusi sessuali. «Il primo è stato a Pura, avevo 9 anni. Ne sono seguiti altri nei Grigioni da parte di educatori. Li ho denunciati al direttore, ma mi sono preso una sberla». A 12 anni viene spostato al Von Mentlen di Bellinzona. «Nessuno mi ha detto perché. Ero come un pacco». Scappa, viene fermato dalla polizia: «Gli agenti mi davano la cioccolata, sono i ricordi più belli del Ticino». Viene spostato all’istituto ‘Dio aiuta’ a Zizers, nei Grigioni: lo rinchiudono in una stanza senza vestiti, per togliergli la voglia di scappare. «Mi hanno rubato l’infanzia. Violenze e abusi erano quotidiani, vivevi nel terrore». Dallo scorso anno, le autorità cantonali e comunali hanno l’obbligo di aiutare le vittime nella rielaborazione della propria storia. Vittime che prima del 2014 dovevano spesso peregrinare da un Comune all’altro, da un archivio all’altro, trovandosi davanti anche qualche porta chiusa. Ora hanno un alleato nel Cantone, dove i servizi di riferimento sono gli archivi cantonali e i Delegati per l’aiuto alle vittime di reati. Devono aiutare le vittime a districarsi negli archivi di Comuni, Cantone o istituti, aiutarle a trovare i documenti che provano la loro storia. Tutti sono tenuti, per legge, alla massima trasparenza. «Stiamo gestendo una decina scarsa di casi, uno nuovo è proprio appena arrivato. Facciamo le ricerche, aiutiamo i Comuni piccoli a farle, mentre quelli più grandi, come Lugano o Locarno, hanno i loro addetti. La collaborazione è buona». «Il destino di una persona veniva deciso da varie istanze amministrative o enti, ma spesso i collocamenti amministrativi venivano decisi dalle autorità comunali. In alcuni casi troviamo dossier corposi, in altri casi il materiale è andato distrutto», spiega Marco Poncioni, direttore dell’archivio di Stato del Canton Ticino. ∑ L’analisi storica I Cantoni di Lucerna e Turgovia stanno facendo una ricostruzione storica di quanto avvenuto; la Città di Berna sta scandagliando gli archivi per ricostruire i fatti ∑ A chi rivolgersi in Ticino Due punti di contatto definiti da Berna: il delegato per l’aiuto alle vittime (Cristina Finzi, 091 814 75 02) e l’archivio di Stato a Bellinzona. Chi ha problemi o reclami può rivolgersi al Delegato per le vittime di misure coercitive a scopo assistenziale Luzius Mader a Berna (079 671 05 91): è anche vicedirettore dell’Ufficio federale di giustizia