lezione di francese

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lezione di francese
Senegal / XV summit dell’Organizzazione internazionale della francofonia
A Dakar i capi di stato
africani hanno perso
la poltrona di segretario
dell’organizzazione
a favore della canadese
Jean. Una carica da sempre
continentale. Intanto l’Oif
si apre a temi economici,
mentre la società civile
chiede più mobilità
nello spazio francofono
e di non trasformare
questo strumento
nell’ennesimo tentativo
egemonico di Parigi.
di LUCIANA DE MICHELE, da Dakar
LEZIONE
DI FRANCESE
L. DE MICHELE
iù di 700 giornalisti
accreditati, 23 capi di
stato, 1.200 membri di
delegazioni, circa 5mila partecipanti. Il XV summit
dell’Organizzazione internazionale della francofonia (Oif ),
che si è tenuto a Dakar il 29 e
30 novembre, ha sicuramente
ostentato grandiosità in pompa
magna. Come ha fatto, del resto, lo stesso Centro internazionale di conferenze
inaugurato per l’occasione a Diamnadio, una trentina di chilometri dalla capitale, costato circa 78 milioni di euro,
e che proprio durante il summit il preAFP / S. MOUSSA
P
Dakar (Senegal). Da sinistra: il presidente
francese François Hollande, il presidente
senegalese Macky Sall, l’ex segretario generale
dell’Oif Abdou Diouf, la nuova responsabile
dell’organizzazione, la canadese Michaëlle
Jean, e il presidente del Madagascar
Hery Rajaonarimampianina.
sidente senegalese Macky Sall ha
battezzato con il nome del segretario generale dell’Oif uscente,
nonché ex presidente senegalese,
Abdou Diouf. Tutta scenografia
o anche sostanza?
A definirlo così è stato proprio
Abdou Diouf nel suo discorso di
apertura dell’Oif, organizzazione
che raggruppa 77 paesi francofoni (di cui 20 osservatori) nei cinque continenti, ovvero il 13% della popolazione
mondiale. Questa edizione si è preannunciata un po’ speciale per il ritorno
simbolico, dopo il 1989, in terra senegalese: patria non solo di Diouf, ma anche
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L. DE MICHELE
AFP
del letterato e primo presidente Léopold
Sédar Senghor, uno dei padri fondatori
del progetto francofono. Se con Senghor
la francofonia era più legata a un concetto linguistico e culturale come strumento di identità comune di una moltitudine di popoli, è stato Diouf a dotare l’Oif
di una funzione anche politica di difesa
della democrazia e dei diritti umani.
A caratterizzare questo summit sono
stati, invece, la nuova impronta economica di cui l’organizzazione vuole dotarsi, il tema di discussione centrale dedicato ai giovani e alle donne, e l’elezione,
dopo 12 anni, del nuovo segretario. La
difficile scelta per tale incarico è ricaduta su Michaëlle Jean, canadese di origine
haitiana, ex giornalista e governatrice del
Canada, unica donna e non africana tra
gli altri quattro candidati (il mauriziano Jean Claude de l’Estrac, il congolese
Henri Lopes, l’ex presidente del Burundi
Pierre Buyoya e l’equato-guineano Agustin Nze Nfumu). La decisione ha provocato molto scontento tra alcuni capi di
stato africani e nella stampa senegalese,
che l’hanno interpretata come una violazione delle regole non scritte dell’Oif, secondo cui il segretariato spetterebbe a un
presidente africano, rappresentativo del
continente che conta più paesi membri.
Uno spazio economico. Parlano
chiaro i dati del rapporto dell’economista francese Jacques Attali sul potenziale
economico dei paesi francofoni: in tota26
le essi rappresentano il 16% del Pil
mondiale, un tasso di crescita del 7% e
il 14% delle riserve minerarie ed energetiche del pianeta. È per concretizzare
la creazione di uno spazio economico
francofono, che possa sfruttare questo
enorme potenziale e sfidare l’inglese come lingua dominante nel mondo degli
affari, che Macky Sall ha organizzato l’1
e il 2 dicembre a Dakar il primo Forum
economico della francofonia: un momento di scambio sul tema per investitori, attori delle finanze ed esponenti di
Per i promotori
del contro-summit,
«mai nel mondo un paese
si è sviluppato con la lingua
di un altro. Lavoriamo
a un progetto per
valorizzare le nostre lingue
e culture locali».
governo. A lavori conclusi, le proposte
sono molteplici: tra le altre, l’istituzione
di fondi di investimento francofoni, di
partenariati pubblico-privati, di un Istituto francofono economico e di un visto francofono che permetta la libera
circolazione di beni e persone in questo
spazio condiviso. Al margine del forum,
a muovere alcuni passi concreti è stato il
Canada, finora poco presente nel panorama degli investitori in Africa, con la
firma di accordi economici con Senegal,
Mali e Costa d’Avorio. In Senegal il governo canadese si è spinto oltre, annunciando un finanziamento di 145 milioni di dollari per sostenere il sistema
scolastico pubblico.
Giovani e donne in pole position.
«Donne e giovani nella francofonia: vettori di sviluppo e attori di pace»: questo
il tema centrale del summit di Dakar.
Dopo aver dibattuto su questioni inerenti il cambiamento climatico (in preparazione alla 21ª conferenza della
Convenzione Onu sul tema, che si terrà
a Parigi nel 2015), lo sviluppo sostenibile, la sicurezza e la pace in un contesto
minacciato da terrorismo ed ebola, i capi di stato hanno in effetti affrontato la
discussione sulle politiche giovanili e di
genere. Il documento sottoposto ai presidenti dalla Conferenza ministeriale
francofona (Cmf ), svoltasi a Dakar due
giorni prima del vertice, ha preso in
considerazione anche le raccomandazioni elaborate dalle piattaforme della
società civile: «L’accesso all’insegnamento primario e il rafforzamento
dell’insegnamento secondario, la salute,
lo sradicamento della violenza e i diritti
alla proprietà delle donne (...) sono stati
identificati come i punti saldi di sviluppo», afferma Kafui Adjamagbo-Johnson, durante la nona Conferenza delle
organizzazioni internazionali non governative tenuta alla vigilia dell’evento.
L. DE MICHELE
La francofonia
in cifre
77 paesi dell’Oif, di cui 20
osservatori e 3 associati (Qatar,
Ghana, Cipro).
Le risposte elaborate nel vertice a tali
preoccupazioni sono scritte nero su
bianco nella Dichiarazione di Dakar, in
cui l’Oif si impegna, attraverso il potenziamento dei suoi programmi interni
(come quelli in appoggio all’imprenditoria giovanile della Confejes – Conferenza dei ministri della gioventù e dello
sport della francofonia – e degli operatori Oif come l’Agenzia universitaria
della francofonia) e il partenariato con
altre organizzazioni internazionali, a
promuovere l’educazione, la formazione professionale e l’accesso al mercato
del lavoro di queste due fasce deboli, a
lottare contro la discriminazione di genere, a rendere effettivo il Piano di azione francofono 2013 contro le violenze
esercitate sulle donne, a elaborare programmi di prevenzione dell’aids e di
sostegno alla salute infantile, ad appoggiare la transizione verso una copertura
pubblica sanitaria nei paesi dove ancora
non è garantita.
Francofonia di popoli o di stati?
Durante la settimana precedente il vertice si sono succeduti innumerevoli iniziative organizzate dai diversi operatori
dell’Oif, dalle istituzioni o ancora dalla
società civile cosiddetta francofona, confederata per ambiti di intervento, che si
è riunita sotto i tendoni del Villaggio
della francofonia allestiti al Gran Teatro
di Dakar. Tuttavia, un’altra fetta della
società civile si è resa portavoce di gran
parte di quei 111 milioni di africani che
l’Oif conta come francofoni, che in realtà parla poco o per niente il francese,
non ne condivide la cultura o anzi interpreta la francofonia come uno strumento di neocolonialismo. «L’idea di grandezza della Francia è un’ossessione, che
vuole riportare in auge dopo la decolonizzazione con dispositivi
fantocci come la francofonia, di cui si serve per
estendere la sua influenza
a livello internazionale.
Noi africani dobbiamo
sbarazzarci di questa eredità coloniale. Mai nel mondo un paese si è sviluppato
con la lingua di un altro.
Oggi stiamo lavorando a
un progetto per valorizzare le nostre lingue e culture locali», afferma Daouda
Gueye, membro del Comitato del contro-summit
di Dakar. Tra chi aderisce allo spazio
francofono, la lotta si porta avanti
dall’interno: «La questione della diversità culturale e linguistica dev’essere più
visibile nella francofonia. Alcuni sforzi si
stanno sperimentando con programmi
di bilinguismo di francese e lingue locali
nelle scuole africane. Ma non basta. Se la
francofonia vuol essere uno strumento
di cooperazione culturale bisogna favorire la mobilità nello spazio francofono,
non si può chiedere ai popoli una logica
Potenziale economico
16% del Pil mondiale
20% degli scambi commerciali
11% degli scambi culturali.
L. DE MICHELE
Dakar. Manifestazione folkloristica durante i lavori del meeting.
Nella pagina a fianco, da sinistra: la sala stampa del summit;
il nuovo Centro internazionale delle conferenze intitolato a Abdou Diouf.
Francofoni
Francese: 5ª lingua più parlata
al mondo (dopo il mandarino,
l’inglese, lo spagnolo e l’arabohindi). La sola, con l’inglese, a
essere parlata nei 5 continenti,
la 2ª lingua più praticata nell’Ue
(12%, contro l’inglese al 38%), la
4ª lingua su Internet, 3ª lingua
d’affari, 2ª lingua appresa con
125 milioni di studenti e 900 mila
insegnanti.
274 milioni di francofoni nel
mondo, di cui 54,7% africani
Entro il 2060 si prevedono 767
milioni di francofoni.
di métissage (meticciato) culturale e poi
chiudere le frontiere», spiega Seydou
Ndiaye, membro del Consorzio delle
ong senegalesi (Congad).
Sembra, insomma, che nella realtà
delle cose tanto resti da fare affinché la
francofonia risulti, o almeno convinca
di essere, una “francofonia dei popoli”,
come Macky Sall l’ha definita durante
l’evento, e non degli stati. Sempre che
lo voglia o possa davvero. Intanto, l’appuntamento è al prossimo vertice in
Q
Madagascar nel 2016.
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