oratorio di san lorenzo
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ORATORIO DI SAN LORENZO Parte storica: Professore Franco Mondadori Relazione tecnica: Architetto Francesco Cappa Biografia dei Santi: don Dario Gelati Fotografie: Studio fotografico Dal Prato coordinatore e realizzatore dell’opera Andrea Dal Prato Editore Centro Culturale “San Lorenzo” Si ringraziano: Simona Canicossa Massimo Cauzzi Enzo Cavallara Franco Cigognetti Cristina Delmenico Claudio Lugoboni Cesare Monici Donatello Nocera Graziano Pelizzaro Sergio Roverselli ORATORIO DI SAN LORENZO Parte storica: Prof. Franco Mondadori Relazione tecnica: Arch. Francesco Cappa Biografia dei Santi: don Dario Gelati Fotografie: Studio fotografico Dal Prato Progetto grafico: Claudia Dal Prato Si ringraziano per la preziosa collaborazione: Simona Canicossa Massimo Cauzzi Enzo Cavallara Franco Cigognetti Cristina Delmenico Claudio Lugoboni Cesare Monici Donatello Nocera Graziano Pelizzaro Sergio Roverselli 2 ORATORIO DI SAN LORENZO Dalle origini al restauro del 1999 coordinatore e realizzatore dell'opera Andrea Dal Prato Editore Centro Culturale “San Lorenzo” - Guidizzolo, giugno 1999 3 Pubblicazione promossa nel ricordo di Franco Bombana che tanto amò la terra dove era nato e tutto quanto era pertinente alla sua storia, soprattutto l’Oratorio di San Lorenzo che riassume in sé, anche per il luogo dov’era sorto, la preistoria e la storia, la spiritualità e la fede della gente che è qui vissuta e vive. 4 San Lorenzo in Bosco. Ricordi di bambino. Ricordi di estati afose, trascorse all'ombra dei maestosi tigli che circondano la chiesetta, quasi volessero nasconderla agli occhi indiscreti dei curiosi, proteggerla dalle gesta brutali dei vandali. Fra quel fogliame ricco e verdeggiante, leggermente mosso dagli aliti del vento, là albergano i ricordi più belli: le gite festose delle scolaresche, le merende all'aperto, le corse a perdifiato che terminavano in energiche arrampicate sugli alberi e quell'inesauribile fontanella che ci aspettava per dissetarci. E, ancora, la ruota del mulino che catturava i nostri sguardi ammirati e riempiva l'aria dell'inconfondibile fruscio dell'acqua che veniva portata via. E, tutt'intorno, un senso di pace avvolgente. Ricordi che l'incedere inarrestabile del tempo e l'incuria dell'uomo hanno “sporcato”, gettando questo edificio d'impostazione romanica in uno stato di profondo abbandono. Per lunghi anni, quasi un decennio, la Chiesa di San Lorenzo è rimasta chiusa ai fedeli, ma la sua aureola di sacralità, la profonda storia e religione, la peculiarità dei suoi interni non hanno perso di valore. Poi, una manciata di uomini, mossi da un amore vero per questo luogo, ha toccato l'anima di quanti già amavano quest’angolo di Guidizzolo. Ecco, dunque, i lavori di restauro, eseguiti nel pieno rispetto dei dettami storico-artistici che hanno saputo riportare questo nostro prezioso edificio all'indimenticato splendore. San Lorenzo risorge, come l'Araba fenice. Ed ancor oggi, alla fine di quella stradina sterrata e tortuosa che vi conduce, ritrovo quella parte di me che il trascorrere degli anni non è riuscito a scalfire; avverto l'indescrivibile sensazione che nulla è cambiato, come se le lancette del tempo avessero arrestato la loro pazza corsa per concedermi, ancora una volta, di poter respirare il profumo del passato. Andrea Dal Prato 5 6 Prefazione Tra memoria e futuro Avviene nella vita delle comunità, come nelle famiglie. Il ritrovamento d’una lettera, d’una fotografia, d’un oggetto dimenticati da chissà quanti anni in fondo ad un cassetto apre gli orizzonti al ricordo, al rimpianto, alla riproposta d’un impegno forse negligentemente trascurato. Così è accaduto a Guidizzolo. Una chiesetta, abbarbicata ad antichi sassi di murazioni romane, che si eleva su di un leggero dosso nel contesto d’una vasta proprietà feudale, dalle linee architettoniche semplici, ma che tradiscono tracce di più nobile origine e che racchiude all’interno una ricca decorazione pittorica, si ripresenta oggi monumento più interessante, per l’arte, la storia, la pietà d’un popoloso paese non ricco di palazzi o di edifici notevoli, se si esclude la bella Chiesa parrocchiale e villa Rizzini. Il merito di questa rivisitazione, non certo occasionale, va ascritto ad un gruppo di cittadini particolarmente sensibili ai valori della tradizione, dell’arte, della fede. Li sentivano vibrare nel loro spirito e seppero comunicare quest’entusiasmo all'intera comunità, così da indurre l’Amministrazione civica a farsi operatrice solerte dell’acquisto, del restauro architettonico, della valorizzazione condegna del vetusto edificio. La presente pubblicazione, dovuta a varia e coordinata collaborazione, vuol presentare ai propri cittadini le linee fondamentali di tale progetto, nell’illustrare la preziosità dell’edificio nella sua storia, nella tradizione secolare d’un culto devoto, nell’importanza artistica della decorazione pittorica, nell’aperta progettualità ed il suo possibile reimpiego. Le indagini, che vorrebbero giungere ad una risposta persuasiva sulle sue origini, si arrestano, per mancanza di documenti d’archivio, a tempi recenti e si limitano a supposizioni fondate su valutazioni di carattere estetico-tipologico. Ma ciò non ha importanza. Il sacello sorge appartato nella lussureggiante corona di alberi secolari, come un minuscolo cenobio. Forse Chiesetta plebana, forse modesto Oratorio eretto dalla spontanea pietà d’un piccolo gruppo di coloni, forse tempietto votivo d’un ricco feudatario e che, nel susseguirsi dei secoli, si rende residenza d’una minuscola comunità di Eremiti, conglobata nella grande congregazione benedettina degli Olivetani, per finire come cappella funeraria di un'aristocratica famiglia. 7 Sorprendentemente la sacralità dell’edificio si è conservata nonostante l’usura del tempo, la trascuratezza degli uomini, la secolarizzazione delle rivoluzioni sociali. E ciò, credo, per lo straordinario, folto corteggio di Santi che popola le sue pareti. Ecco la Vergine Madre, ecco il giovane martire S. Lorenzo difensore dal fuoco e titolare della chiesa, S. Rocco protettore dalla peste, S. Antonio Abate patrono delle stalle e degli animali domestici, il Vescovo S. Nicola propiziatore del matrimonio onorato e S. Maria Maddalena richiamo alla penitenza ed al perdono. Su tutti si eleva il Cristo crocefisso assistito dalla Madre e dal discepolo prediletto S. Giovanni. Sono i Santi che la storia e la pietà collocano in umana partecipazione ai momenti tristi e lieti della nostra vita. Possiamo dire che qui è raccolta l’anima semplice e devota del popolo guidizzolese, aperta ad un lungo dialogo orante che vicende storiche e sociali hanno poi interrotto per mutarsi nel sommerso bisbiglio di preci mortuarie che la pietà familiare dei succeduti proprietari ha rispettosamente conservato. Potrà questo dialogo essere ripreso? I Santi ricondotti al primitivo colore e gli ignoti committenti, effigiati ai loro piedi in serena contemplazione, potranno rivedere fedeli devoti? O solo curiosi visitatori d’un silenzioso museo d'arte cristallizzata in un tempo lontano, quando il pennello del Mantegna, di Leombruno, del Costa suscitava rustiche emulazioni in questi disadorni sacri edifici d’un contado agricolo? Certo, non vi è “arte povera” quando essa parla di Dio, della Vergine, dei Santi. Arte, storia, cultura: cose tutte, non c’è che dire, bellissime, purché il primo servito resti sempre il Signore. Ecco perciò, l’auspicio che il ritorno funzionale dell'Oratorio di S. Lorenzo avvenga in linea con la sua origine e la sua tradizione. Collaterale e sussidiario alla Chiesa madre, senza dubbio, ma sacello aperto alla preghiera, alla meditazione, all’incontro con Dio e con i nostri Santi. L’incontro con Dio nella preghiera immette nelle pieghe della storia una forza misteriosa che tocca i cuori, che induce al rinnovamento e proprio per questo diventa una potente forza storica che trasforma le strutture sociali e le rende più umane, più giuste, più fraterne. Il rinnovato S. Lorenzo potrebbe far rivivere l’anima antica e devota di Guidizzolo fedele, aperta alle alte suggestioni d’un nobile passato, eredità impegnativa per un presente ancora intessuto di grazia, di bellezza, di civica operosità. Mons. Ciro Ferrari Presidente della fondazione d'Arco e del Museo Aloisiano e della Commissione diocesana per l’Arte Sacra 8 PARTE PRIMA La Storia Prof. Franco Mondadori 9 10 Cenni storici 1975 L'Oratorio di San Lorenzo immerso nella natura. L e vicende storiche documentabili risalgono alla fine del ‘400, quando arrivarono alla Chiesa di San Lorenzo i Preti Eremiti di Santa Maria di Gonzaga e fu loro affidato il servizio religioso. Ciò avvenne per interessamento del marchese Francesco Gonzaga il quale, nel 1498, confermava a don Gerolamo Redini, fondatore degli Eremiti e suo intimo amico “il castello di Guidizzolo e la Chiesa di San Lorenzo”1. Tale conferma fa supporre anche la donazione di proprietà e diritti la cui estensione ed entità non sono note o, almeno per ora, documentabili. Il verbale o relazione di una visita pastorale del 22 maggio 1566 annota la presenza di un Eremita “che ivi celebra e gode la rendita di alcuni beni stabili”. Alla fine del ‘700, a seguito della soppressione di ordini religiosi voluta sia dalle leggi austriache che da quelle napoleoniche, anche i Preti Eremiti lasciarono Guidizzolo 2 ed i conti Rizzini poterono acquistare il fondo di San Lorenzo e l’annesso 11 Disegno delle terre di ragione del sig. Federico Danieli poste nel territorio di Guidizzolo, fatto nel mese di ottobre dell’anno 1790. 1- A Gonzaga, nell'anno 1488, il marchese Francesco subì un incidente cadendo da cavallo: Girolamo Redini era al suo seguito e subito invocò l'aiuto della Vergine, di cui era dipinta l'immagine su di un muro vicino, e fece voto che, se il signore fosse sopravvissuto, avrebbe lasciato la corte per vivere da eremita in quello stesso luogo. Il marchese si salvò e saputo del voto fece edificare nel luogo la Chiesa di S. Maria. Nacque così una nuova congregazione religiosa, voluta dal Redini ed approvata da Papa Alessandro VI. La Congregazione dei Padri Eremiti di S. Maria di Gonzaga conobbe agli inizi una certa prosperità, aprendo nuove case e conventi, tra cui S. Maria a Castiglione delle Stiviere, dall'armonioso loggiato. L'Oratorio sorge su di un dosso artificiale del terreno, circondato da vegetazione. A ridosso vi è la casa colonica. Oratorio che essi si impegnavano a curare e sovvenzionare 3. Così la Chiesa divenne proprietà privata, officiata in alcune circostanze quali l’annuale festa del 10 agosto o l’anniversario dei defunti della nobile famiglia, sepolti nella cripta sotterranea. Negli anni recenti l’abbandono ed il degrado si aggravarono. Polvere, ragnatele, pareti rigate dall’acqua filtrante impediscono al visitatore di apprezzare adeguatamente sia l’architettura che le pitture e gli arredi. Il danno maggiore è imputabile al trascorrere del tempo. Ma fortunatamente l’opinione pubblica, grazie all’interessamento dell’Amministrazione Comunale e di persone private, si è fatta più sensibile ed ha ottenuto risultati concreti. Nel 1995, il Comune ha acquistato la chiesa dai signori Diana, eredi dell'estinta famiglia Rizzini. 2 - E' da precisare che la Congregazione ebbe presto un periodo di decadenza. Già nel 1577, per volere del duca Guglielmo, il convento di Gonzaga passò ai Carmelitani. Non si conosce quando esattamente i Padri Eremiti lasciarono Guidizzolo. L'officiatura della chiesa di San Lorenzo passò allora agli Olivetani cui era affidata dal 1508 la Parrocchia. 3 - Nel 1860 l'arciprete don Andrea Irma ottenne dal Vescovo Mons. Corti “l'invocata facoltà di ridonare all'esercizio del Culto divino l'Oratorio di San Lorenzo, ridotto in stato officiabile dal Nobile Signor Conte Rizzini”. 12 La cripta funeraria della famiglia Rizzini. Luigi Rizzini, che predispose la cripta nel 1808, non è sepolto a San Lorenzo, essendo morto a Mantova nel 1817. E' sepolto a San Lorenzo il nipote Geronimo, morto nel 1813. Di lui non c'è lapide. In ordine cronologico risultano sepolti in San Lorenzo, dai documenti dell'Archivio parrocchiale e come appare dalle lastre tombali: Francesco Rizzini, nel 1867; la moglie, Anna Braghi, nel 1880; la nuora, Virginia Pignatelli, nel 1886, prima moglie di Italo; Italo Rizzini, nel 1898; Ippolito d'Oliva, nel 1907; Maria Montalto, vedova di Italo, nel 1941. Le lapidi riportano solo i dati essenziali, ad eccezione di quella di Virginia Pignatelli, benefattrice del paese, che riporta la seguente epigrafe, un testo esemplare dall'ispirazione romantica: DILEGUATA IMMAGINE D'INFINITI AFFETTI VIRGINIA PIGNATELLI CONTESSA RIZZINI LO SPIRITO IMMORTALE TROPPO ANZI TEMPO RIPORTANDO AL CIELO DELL'AVANZO TERRENO CHE QUESTA PIETRA CUOPRE MONUMENTO D'INESAUSTO PIANTO ITALO CONSORTE SUO CHE LA COMPOSE IN ESSA VOLLE CUSTODE SIA PACE IN QUESTA OMBRA FIN CHE NE RISORGA IL SORRISO ANTICO ______________ 13 MARZO 1886 ______________ 13 Finestra a forma ogivale, posta in facciata. 14 Le origini L'Oratorio di San Lorenzo, detto anche San Lorenzo in Bosco perché eretto nel folto di antiche boscaglie, sorge su di un rialzo artificiale di terreno, forse sull'area di una sepolta terramara, come proverebbe il fossato che circonda l'avvallamento della collinetta. Che il luogo sia stato abitato nel periodo preistorico, finora non è stato provato. E' però vero che, a qualche centinaio di metri dal dosso, durante lavori di sterro per regolare lo scolo delle acque dei campi adiacenti, sono stati trovati reperti ora custoditi nel museo archeologico di Cavriana. La chiesetta si appoggia ad un rudere informe di ciottoli e laterizi creduto avanzo di un castello, anche perché in antichi documenti l'Oratorio è citato come “Ecclesia Sancti Laurentii in castro”. Un'ipotesi azzardata lo ritiene edificato sull'area di un tempietto di Diana. Il paesaggio intorno, meno fitto di vegetazione ad alto fusto in confronto al passato, conserva tuttavia il carattere del romitaggio che invita al raccoglimento ed alla meditazione. L'esterno La casa colonica, costruita a ridosso della chiesa, disturba l'occhio del visitatore. Astraendo da essa, l'edificio sacro si presenta in linee semplici e raccolte. La forma, a capanna, ricopre una sola navata con campaniletto pensile incorporato. 15 L'Oratorio e la casa colonica adiacente. L'Oratorio visto “dall”abside” attualmente a pianta rettangolare. Nell'ultimo intervento è emersa la sottomurazione a forma semicircolare. Un fregio comune a dentelli decora il sottogronda. Gli spioventi non troppo marcati ed il barbacane, addossato per un metro al suolo, conferiscono all'insieme una massiccia solidità. Poco sopra il portale a sesto acuto (mt. 3.20 x 1.30) tondeggia un rosoncino che il Portioli descriveva “a fiorami con cornice sostenuta da mensole sagomate in terracotta, fattura del sec. XIII”. Lo affiancano due finestrelle lobate al vertice. La porticina a sesto acuto, incavata nella parete di sinistra (mt. 2.24 x 0.86), è quasi rasente all'arco trionfale e risale al sec. XIV. Del medesimo stile sono la porta principale, le finestre di facciata e l'arco trionfale. Un altro oculo fa luce dal presbiterio, a destra del quale si apre una porticina rettangolare che comunica con la casa colonica, ma che anticamente immetteva nell'abitazione di uno o più Preti Eremiti ivi residenti. Un terzo oculo, nella parete di destra e protetto da grata lignea finemente intagliata, serviva da spiraglio ad un retrostante matroneo o comunque alle stanze del monastero. Lo spessore murario, riferito alle strutture della navata, misura cm. 50; nel presbiterio cm. 70, mentre, dal piede sino all'altezza di circa mezzo metro, si dilata alquanto per un sovrapposto rinforzo di mattoni. La sezione presbitero-absidale, quadrata, potrebbe essere successiva ad un'altra che va immaginata ad emiciclo. La modifica sarebbe avvenuta quasi certamente quando la chiesa fu sottoposta ad un “restauro molto importante”. Si 16 potrebbe definire lo stile della costruzione, nel suo complesso, come un romanico campestre che accoglie già elementi gotici, oppure definire la struttura architettonica di fondazione indubbiamente romanica con qualche rifacimento gotico, struttura che comunque appare assai manomessa. Osserva il Matteucci che “l'architettura del tempio a causa dei molti restauri si può chiamare indefinibile”. L'interno L'interno è ad un'unica navata, coperta dal tetto con capriate a vista. Un ampio arco ogivale poggiante direttamente sul pavimento, senza pilastri e senza capitelli, separa il presbiterio e l'abside dal resto della chiesa. Il pavimento in cotto è a due livelli, separati da tre lunghi gradini che vanno da una parete laterale all'altra, a circa metà navata. Il piano che parte dall'ingresso principale è a livello dell'area esterna, mentre il piano più alto ricorda le sopraelevazioni proprie dell'architettura romanica e comprende uno spazio lastronato di lapidi sulle tombe dei conti Rizzini. Le sepolture non sono corrispondenti alle lapidi, ma ristrette in una cripta sottostante ad arco 4. L'area presbiteriale non comunica direttamente con l'abside, ma è interrotta da un altare le cui murature, fornite di portali, si collegano ai muri perimetrali, ottenendo una specie di coro che tuttavia soffoca il libero respiro del vano. La lunghezza complessiva della navata è di metri 20 (metri 8 fino al piano rialzato), la larghezza è di metri 8. L'altare, in origine l'unico della Chiesa, è abbellito da un paliotto ad olio su tela rappresentante S.Lorenzo in piedi, con palma e graticola, entro una fitta decorazione floreale con due vasi e racemi alla grottesca. Il paliotto (cm. 95 x 195) risale al primo settecento, in sostituzione di un precedente paliotto in corame. Dal fondo dell'abside, entro una nicchia, domina il simulacro del Titolare: è una statua in legno policromo del sec. XV (alt. m. 1.40), la graticola in ferro battuto appartiene allo stesso periodo. La scultura è menzionata in un inventario del 1670 5. 17 4 - La cripta venne adattata a sepoltura nel 1808. 5 - Archivio Parrocchiale Guidizzolo: Carteggi antichi. Inventario dei beni del 1670. Vista dal presbiterio. In primo piano, a pavimento, s’intravedono le lapidi funerarie appartenenti alla famiglia Rizzini. Copertura a capriate scoperte. Sulla parete destra si nota l'ancona in legno scolpito, dorato e laccato, risalente ai primi del 1600. Vista dalla porta principale. Interno ad unica navata. A metà, il pavimento si alza di tre gradini, a livello dei quali si innestano i piedritti che sostengono l'arco ogivale. L'altare è affiancato da porte che chiudono la zona absidale. 6 - La costruzione dell'Altare della Pietà è probabilmente coevo ad alcuni restauri promossi nel 1739 nella Chiesa parrocchiale, ad iniziativa dell'abate di S. Maria del Gradaro. Forse in quell'occasione venne rimossa dall'altare di S. Carlo “'ancona in legno dorato con sopra il Padre Eterno, costruita intorno al 1616 dal M.R. Padre Don Aurelio da Mantova, alla quale fabbrica concorsero molte elemosine del popolo”. Alla parete sinistra della navata sorge l'Altare della Pietà, della prima metà del '700, con uno spazio antistante delimitato da balaustra in legno. L'ancona in legno dorato con sopra il Padre Eterno proviene dalla Chiesa parrocchiale 6. L'arredo incornicia un Trionfo della Croce dipinto su muro. Sotto, una scena della Pietà, pregevole affresco rinascimentale, dove l'Addolorata col corpo esanime del Figlio tra i Santi Giovanni Evangelista e Maria Maddalena si stagliano sullo sfondo di una Gerusalemme turrita e cintata (o il pittore si è ispirato alla Guidizzolo del '500? analogo scenario sulla parete destra: lo sfondo della Crocifissione fa pensare che l'anonimo artista 18 abbia voluto liberamente rappresentare la panoramica locale). Vicino all'ingresso si trova un'arcaica acquasantiera marmorea. Notevole, ma assai deteriorata, una piccola lampada di bronzo dalle fattezze gotiche. Tra gli altri arredi sono da ricordare tre cartegloria e quattro reliquiari d’intaglio barocco ed altri quattro, a palme incrociate, di stile neoclassico. Le pitture murali Svariati riquadri a fresco decorano le pareti della Chiesa. Ecco i soggetti delle pitture, iniziando da sinistra della porta d'ingresso: Madonna col Bambino, San Sebastiano, San Bernardino da Siena con un devoto, Madonna col Bambino, Cristo che porta la Croce, la Pietà citata in precedenza, una Santa Maddalena, Santo Vescovo, piccola testa di Santo, nello sperone di muro che fa da piedritto al grande arco ogivale: S. Antonio Abate, Madonna col Bambino nell’abside. Ed ancora: Santo Vescovo, San Rocco, San Martino, San Sebastiano, Madonna col Bambino, San Rocco, San Lorenzo, San Sebastiano, San Rocco, Madonna col Bambino ed altri Santi. Gli affreschi, eseguiti negli ultimi anni del ‘400 e nella prima metà del ‘500, sono buoni, anche se non eccezionali, meritevoli d’essere conservati così come sono giunti a noi. Lungo la fascia di affreschi si possono leggere anche iscrizioni: alcune si riferiscono alle opere pittoriche con date come agosto 1506, 1505 e 1564, altre sono graffiti riguardanti notizie di cronaca, di risonanza e curiosità popolare. Una, a modo di esempio e sciogliendo le abbreviazioni, riferisce: “Addì 15 marzo 1617 il duca Ferdinando di Mantova sposò la principessa di Firenze Caterina de' Medici. Allora gran guerra a Casale con il Duca di Savoia.”7. Un’altra: “Addì 28 marzo 1569 venne la signora Duchessa di Mantova”8. Una terza informa: “Ferdinando III tolse per moglie la figlia del Duca di Guastalla addì 15 aprile 1671”9. Iscrizioni e graffiti presentano gravi difficoltà di trascrizione e d'interpretazione. 19 7 - Ferdinando, figlio di Vincenzo I, nasce nel 1589, rinuncia al cardinalato per succedere, nel 1616, come duca al defunto fratello Francesco IV. Si oppone al matrimonio del fratello più giovane Vincenzo, confinandolo a Goito come un recluso. Sposa a Firenze Caterina de' Medici, figlia del Granduca. Nessuno dei fratelli ebbe figli e ciò provocò la guerra di successione sia al ducato di Mantova che a quello del Monferrato, possedimento gonzaghesco fin dal 1532. Al Monferrato aspiravano anche i duchi di Savoia. La “gran guerra a Casale” è citata più volte anche dal Manzoni nel suo romanzo “ I promessi sposi”. 8 - La Signora Duchessa di Mantova, Eleonora d'Asburgo, figlia dell'Imperatore d'Austria Ferdinado I, aveva sposato nel 1561 il duca Guglielmo. Non sono noti i motivi della sosta a San Lorenzo. Forse era diretta o proveniva da Castiglione delle Stiviere, dove era feudatario il cugino Ferrante Gonzaga, padre di Luigi, il futuro Santo, nato l'anno prima. La visita è comunque testimonianza del legame tra i Padri Eremiti e la famiglia Gonzaga. 9 - Ferdinando Carlo Gonzaga Nevers è il decimo ed ultimo Vista dal presbiterio. Si può notare la fascia con gli affreschi che ”corre” lungo tutte le pareti. Scritta graffita sul muro alla sinistra della porta d'entrata. duca di Mantova. La moglie è Anna Isabella del ramo Gonzaga di Guastalla. Il duca Ferdinando perde il potere a causa della sua politica filofrancese ed il ducato, feudo imperiale, deposto Ferdinando per “fellonia”, scompare nel 1710 dagli stati d'Italia e viene compreso nei domini dell'Impero d'Austria. Nelle intricate vicende che segnano la fine del potere gonzaghesco, Anna Isabella si dimostra più avveduta del marito: in assenza di questi governa saggiamente il ducato. Muore il 19 novembre 1703. 20 PARTE SECONDA Relazione per il restauro Arch. Francesco Cappa 21 22 Rilievo planimetrico della chiesetta, della casa colonica e dell'area esterna, con evidenziata la piantumazione esistente. IL RESTAURO Obiettivi dell'intervento L'Amministrazione comunale si prefigge il recupero dell'Oratorio di San Lorenzo e del suo contesto ambientale. Il complesso monumentale del dodicesimo secolo, d’inestimabile valore per la comunità di Guidizzolo, è insediato su di una probabile sepolta “terramara” ed è ornato da cicli pittorici e da arredi sacri, databili tra la fine del 1400 e quella del 1600. Dopo averlo finalmente acquisito dagli eredi della Nobile Famiglia Rizzini, (l'Amministrazione comunale) intende restaurarlo e metterlo a disposizione della cittadinanza quale “museo di arte sacra”. Fruibilità attuale e potenziale Già a partire dagli inizi degli anni '50, poco dopo la sepoltura della Contessa Maria Rizzini Gazzini, l'Oratorio non è più stato riaperto alla comunità locale e, recentemente, addirittura ne sono state murate le porte esterne. L'ultimo proprietario, Ingegner Diana, per impedire il ripetersi di atti vandalici, le ha fatte tamponare, lasciando come unico collegamento l'accesso al 23 La porta laterale, murata negli anni '80. La porta d'ingresso principale, murata negli anni '80. Le porte furono murate per impedire i continui atti vandalici. presbiterio dalla contigua casa colonica. La sua collocazione, nel contesto comunale ed in quello più ampio dell'Alta Pianura Morenica del Garda, ne consentirà la massima valorizzazione, quale esempio di antico luogo di preghiera e raccoglimento. Inoltre, la vicinanza con altre analoghe realtà, disseminate nei contermini centri collinari di Cavriana, Solferino, Castiglione delle Stiviere, Volta Mantovana o nelle vicine Goito, Ceresara e Medole, ne permetteranno la piena fruizione anche a livello sovraccomunale, consentendo la creazione di un ideale circuito museale, favorito dalla presenza di una capillare rete di vie di comunicazione e di servizi agrituristici, oltre che dalla prossimità dei nodi di raccordo autostradale di Desenzano e di Peschiera del Garda. Infine, la presenza in loco di un Istituto Statale d'Arte ne promuoverà altresì l'utilizzo come centro di ricerca e di studio permanenti. Questo Ente didattico, infatti, ha tra i propri corsi propedeutici il restauro degli affreschi e degli arredi. Sorto nel 1932 come Scuola festiva di disegno, per iniziativa del Professor Alessandro Dal Prato, insigne Artista ed Accademico Virgiliano, che l'ha creata e condotta sino al 1974, nel tempo è stato trasformato prima in Scuola d'Arte applicata e poi appunto in Istituto Statale. ANALISI STORICA Notizie L'Oratorio di San Lorenzo è un piccolo complesso di aggregati architettonici che si erge isolato nella verde campagna alla periferia sud di Guidizzolo. Un tempo veniva chiamato anche San Lorenzo in Bosco, in quanto eretto nel folto di antiche boscaglie. Sorge su di un piccolo rialzo artificiale di terreno, forse sull'area di una sepolta “terramara”, come proverebbe un fossato che circonda la collinetta ed altresì il fatto che, poco distante, siano stati trovati reperti preistorici con resti di utensileria e di palafitte. 24 Storia Le vicende storiche documentate risalgono alla fine del XIV secolo quando arrivarono alla Chiesa di San Lorenzo i Preti Eremiti di Santa Maria di Gonzaga e fu loro affidato il servizio religioso. Negli anni recenti l'abbandono ed il degrado si sono aggravati portando il tutto sull'orlo del disfacimento irreversibile, ma, per fortuna, la sensibilità dei Guidizzolesi e l'interessamento dell'Amministrazione comunale si sono fatti più attenti e fattivi portando a risultati concreti: nel 1995, infatti, il Comune ha acquisito l'immobile. Il contesto paesaggistico ambientale dell'Oratorio, pur essendo trascorsi ormai sette secoli dall'insediamento ed essendo ridotto a pochi (ma stupendi) alberi, il fitto “Bosco” che per molto tempo ha denominato il luogo, sono rimasti ancor oggi un'oasi isolata, solitaria e serena così come bene la descriveva lo storico Vittorio Matteucci nella sua pubblicazione dei primi del secolo - Le chiese artistiche del Mantovano - riferendosi proprio a San Lorenzo di Guidizzolo: “la Chiesa è nel più completo abbandono... ma il bosco è sonante, il cielo è pieno di voli, l'ombra invita al riposo e alla poesia: se nei secoli lontani esistè nel luogo medesimo il tempio pagano, credo che i sacerdoti gentili vi debbano aver trascorso felicemente la vita”. Oggi, certo, come detto, il paesaggio circondario è cambiato: alla fitta selva si è sostituita la distesa della pianura arabescata dai campi coltivati e da 25 Parte del viale di accesso con boschetto. (lato nord) Durante gli scavi per le nuove opere di consolidamento delle sottomurazioni, sono stati trovati dei resti di “palafitta”. lontane cascine, ma l'atmosfera è ancora magica, surreale, al limite del metafisico e ciò tanto più invade e coinvolge con il ricordare che questo è il luogo dove sono vissuti i guidizzolesi della preistoria, come inequivocabilmente testimoniano i numerosi ed interessantissimi reperti venuti alla luce in scavi occasionali. L'insediamento preistorico, che si ritiene qui esistito, è stato ipotizzato da molti storici come una stazione palafitticola di grande rilevanza, tanto che negli anni sessanta, allorché il Soprintendente ai Beni Artistici Storici ed Architettonici di Verona, allora competente per territorio, Architetto Pietro Gazzola, nel prendere visione di quanto emerso in un ennesimo ritrovamento, ebbe a dire: “L'Oratorio di San Lorenzo con l'inesplorato terreno che lo circonda, potrebbe rivelarsi uno dei punti focali della preistoria e della storia dell'Alto Mantovano in generale e di Guidizzolo in particolare”. Nulla tuttavia è mai stato fatto di sistematico a verifica delle ipotesi avanzate; di concreto vi sono i reperti d’imponenti palafitte e rozza utensileria ritrovati ed oggi, in parte, conservati al Museo Archeologico di Cavriana, la cui datazione parrebbe farli risalire alle prime fasi della civiltà del bronzo, epoca contemporanea a quella delle stazioni palafitticole di Polada e di Solferino. Le caratteristiche geologiche e climatiche ambientali, valutabili quali componenti significative di interazione e determinazione del vissuto del com- 26 plesso artistico in oggetto, sono in generale assimilabili alla tipologia padana, anche se, nel caso della specifica ubicazione, sono riscontrabili accentuazioni delle peculiarità essendo stata la zona, in origine, una palude e risultando tuttora, in parte, una sacca rispetto all'andamento altimetrico del territorio circostante. In specifico si riscontra che, geologicamente, ai terrazzamenti superiori del suolo, staticamente stabili, si sovrappongono, in superficie, stratificazioni 27 Parte della facciata con alberi d'alto fusto che circondano l'Oratorio. Pianta dell'edificio con indicati: 1 altare maggiore 2 altare laterale 3 lapidi a ricordo dei defunti 4 lapide d’accesso alla cripta; vi è inciso lo stemma della famiglia Rizzini. 5 porte d’ingresso principale e lato nord, murate meno stabili, soprattutto alla compressione, composte da: torba, argilla, limi, sabbia, con spessoramenti diversificati da zona a zona, in quanto materiale di risulta dal fluire e rifluire delle acque di un preistorico scaricatore dei ghiacciai che a monte andavano sciogliendosi, dopo l'ultima glaciazione. Rilievi geologici confermerebbero l'esistenza nel terreno di una crenatura riconducibile ad un antichissimo paleoalveo che viaggiava nord-sud, disegnando in parte il primo tracciato della più recente Predosa e Sariola, che lambiva in luogo il versante occidentale dell'attuale dosso dell'Oratorio, paludando anche tutto il territorio circostante. Climaticamente si registra pure, nella specifica zona, un’accentuazione delle caratteristiche termoigrometriche tipiche della Padania, soprattutto 1 3 5 4 2 5 28 per quanto concerne la componente umidità e ciò, in parte, proprio per le peculiarità della conformazione e natura del suolo. Come detto infatti, la zona è in una conca e le falde freatiche risultano molto alte, tanto da produrre innumerevoli casi di fontanili naturali. Inoltre il terreno, per la sua natura spugnosa, ha grande capacità di ritenzione idrica, che lo scarso declivio del territorio non aiuta nello scolo ed al deflusso, nonostante la fitta rete di canali di bonifica. Stante questa situazione ambientale, è da rilevare che, geologicamente, il suolo di superficie era relativamente stabile, tanto che nelle costruzioni antiche locali, dove non si era potuto impiantare le strutture su strati solidi del suolo in quanto troppo profondi, si era ovviato costruendo senza fondazioni, ma allargando notevolmente lo spessore al piede delle murature, dotandole di contrafforti o di barbacane e talvolta anche palificandole. Descrizione generale La Chiesetta, pur ascrivendosi per epoca e per stile al Romanico, è certamente da ricondurre ad una tipologia edificatoria locale, caratterizzata da linee architettoniche essenziali e compattata con una tecnica costruttiva semplice e povera, dove venivano esplicate con sapienza le metodiche tradizionali e soprattutto utilizzati i materiali morenici del luogo, di facile disponibilità e soprattutto di poco costo. Le strutture, infatti, risultano eseguite in 29 Visti dall'interno: - una finestra di stile gotico. - la grata dell'oculomatroneo. Tutto è in grave stato di degrado. sassi alluvionali, facilmente reperibili nelle campagne limitrofe e frammenti di cotto, legati insieme da una malta di calce e sabbia estratta da cave del posto, usata naturale, non lavata o setacciata. Come detto, l'Oratorio si presenta oggi accorpato ad un complesso strutturale di aggregati tipologicamente e cronologicamente tra loro estranei. Sul lato Est, con l'angolo frontale, esso appoggia su di un rudere informe e, di seguito, sullo stesso lato, si addossa alla casa colonica. Poco si può dire di questo rudere, se pure diverse sono state le ipotesi, anche molto interessanti per la ricostruzione della storia del luogo; la possenza del manufatto, la tipologia costruttiva medioevale e soprattutto la dislocazione su di un'altura al limite di una palude fanno propendere per resti di un bastione fortilizio. La casa colonica, a sua volta, è un insieme composito di limitato significato artistico, del quale non è più possibile individuare il nucleo iniziale e neppure orientativamente le date d'esecuzione, perché oggetto di numerosi rimaneggiamenti. E' desumibile comunque, per logica, che una struttura di supporto funzionale esistesse contemporaneamente all'Oratorio. Passando alla descrizione della Chiesetta va premesso che anch'essa, nel tempo, ha subito numerose trasformazioni più o meno consistenti e decifrabili. L'edificio sacro, orientato con la facciata ad Ovest, esternamente presenta linee semplici e raccolte; la forma a capanna ricopre una sola navata con campaniletto pensile incorporato; un fregio a dentelli in cotto orna il sottogronda. Gli spioventi, non troppo marcati ed il barbacane, addossato per oltre un metro dal suolo, conferiscono all'insieme una massiccia solidità. La facciata presenta un alto portale a sesto acuto sovrastato da un oculo, oggi appena vetrato, ma in cui un tempo tondeggiava un rosoncino che il Portioli descriveva “a fiorami con cornice sostenuta da mensole sagomate in terra cotta, di fattura del XIII secolo”; lo affiancano due finestrelle ad arco ogivale, delle quali però è da verificare se e quanto corrispondano all'originale; pare infatti che 30 la forma ogivale medesimamente a quella del portale sia una modifica molto tarda, addirittura neogotica. Esistono sui rispettivi fianchi, all'altezza dell'arco presbiteriale, altre due piccole aperture archivoltate che mettono in comunicazione con la casa colonica l'una e con il boschetto l'altra; sulla parete di fondo si apre, speculare a quello di facciata, un secondo oculo. L'edificio oggi presenta una pianta rettangolare abbastanza allungata, ma probabilmente non è quella dell'impianto iniziale; questa, si divide in due corpi delimitati dall'arco di trionfo ogivale e si pone su due diverse altimetrie. Il presbiterio, ora rettangolare, ma un tempo probabilmente ad emiciclo con volta a catino, è appena rastremato ai lati rispetto all'aula dei fedeli ed è strutturato su di un piano rialzato di tre gradini; al medesimo livello si protrae anche alla prima parte della navata dove costituisce copertura per una cripta, anche questa con tutta probabilità non originale, o quantomeno riadattata nel tempo. II pavimento, certamente rimaneggiato più volte nei secoli, attualmente presenta una tramatura in tavelline settecentesche di cotto nella zona più alta ed in cemento nella navata. Nello spazio rialzato prospiciente l'arco di trionfo sono inserite a pavimento, giuste allineate, sette lapidi funebri epigrafate; la centrale, appena più lunga, è la più antica e commemora “Alojsius Rizzinius - MDCCCVIII”. Attiguamente, a medesima guisa, centrata nella 2 1 31 Prospetto ovest con: 1 facciata della chiesa 2 la casa adiacente con i resti di un antichissimo muro. Facciata dalla forma a capanna, con le finestre ogivali aperte in epoca tarda. Il muro in primo piano è di antichissima costruzione. zona bassa della navata, è inserita la pietra di sigillo della cripta, incisa con lo stemma della Famiglia Rizzini. Ad essa si accede attraverso una scaletta che scende in un vano centrale, rettangolare, appena archivoltato; le sepolture non corrispondono alla verticale delle lapidi soprastanti, ma sono composte in bare di legno allineate ai lati perimetrali e rialzate su sacelli. Il tetto strutturalmente di legno, nella zona navata, è costituito da capriate con orditure secondarie ed assito mentre, nella zona presbiteriale, è composto da una trave centrale, da due laterali intermedie, da travetti trasversali e tavelline in cotto; su queste orditure poggiano le tegole in coppi. Le orditure secondarie e l'assito della navata sono di recente costruzione. 32 Gli arredi immobili dell'edificio sono costituiti da vari elementi. Una semplice nicchia emiciclica a calotta emisferica, locata al centro della parete di fondo del presbiterio è destinata ad accogliere l'interessante statua lignea del Patrono San Lorenzo. L'altare maggiore, posto a pavimento al centro dello spazio presbiteriale, è raccordato alle pareti laterali da due portalini in muratura (di fattura posteriore) con due porte in legno che danno accesso ad un vano adibito a coro-sacrestia. Una predella in legno rialza il piano dell'officiante. La composizione, estremamente semplice, è costituita da una mensa e da un fondale, culminante con due gradoni per gli arredi, raccordato ai fianchi da volute modanate; il tutto è eseguito in muratura in parte rasata a marmorino, con qualche cenno di ornato dipinto a finta tarsia marmorea. Molto interessante invece, almeno per alcune componenti, è l'altare laterale della navata posto centralmente a ridosso della parete di sinistra entrando. Questo è il risultato dell'aggregazione di tre diverse componenti: il corpo mensa del tardo Settecento, eseguito ex-novo in luogo, secondo lo stile dell'epoca; la pregevolissima ancona di legno scolpita, intagliata e dorata, databile al XVII secolo; la pittura del fondale consistente in un affresco con il Compianto di Maria, parte già esistente e parte completato appositamente. Nella navata non si notano altre particolarità strutturali, ma piuttosto due curiosità: un piccolo oculo con ghiera in cotto e grata in legno traforata che, posto in alto alla parete destra dell'entrata sotto una mensolina a capanna in pietra, quasi certamente assolveva alla funzione di mettere in comunicazione la Chiesa con l'abitazione, dalla quale assistere, non visti, alle funzioni; ed ancora altro elemento singolare si rileva nella controfacciata su entrambi i lati dell'entrata dove trova collocazione una zoccolatura in muratura con risega, della quale non si conosce la funzione, ma che, vista l'altezza, potrebbe essere stata semplicemente quella di sedili, oppure la continuazione del contiguo rudere medioevale. 33 Stemma della famiglia Rizzini, inciso sulla pietra a sigillo della cripta Scavo esterno per le sottomurazioni, con vista dell'originaria fondazione a semicerchio della parte absidale. 34 In prossimità vi è anche un piccolo basamento con l'impronta di un’acquasantiera al momento non rintracciabile. La componente indubbiamente più interessante dell’Oratorio, oltre alla dislocazione nel suggestivo contesto paesaggistico, già ampiamente descritto nei cenni storici, è il consistente ciclo pittorico ad affresco che orna tutte le pareti interne dell'edificio. Degli arredi mobili, allo stato attuale, dopo tanti anni di abbandono, incuria ed anche di spogliazioni, sono rimaste poche cose, anche se è difficile dire quanto in origine ci fosse. Di molto interessante, come già accennato, è rimasta la statua lignea del Santo Patrono: scolpita in 35 Veduta dell'altare, con la statua lignea di San Lorenzo,gli arredi ed il paliotto dipinto a tempera. Il tetto a capriate in legno tuttotondo mostra ancora tracce delle antiche cromie ed è di fattura abbastanza ingenua, ma di forte espressività. Nella navata a delimitare in quadratura la zona dell'altare laterale vi è una prestante balaustra-inginocchiatoio con colonnine seriali, eseguita in legno di noce e composta da due elementi a forma di “L” contrapposti specularmente, databili al XVIII secolo. Inoltre, vi sono anche due banchi per i fedeli in legno d'abete, poveri di esecuzione e miserevolmente ridotti. CONTESTO AMBIENTALE Descrizione analitica Dalla vecchia Piazza del Mercato (ora Pezzati) si giunge all'Oratorio di San Lorenzo percorrendo il Viale intitolato ai Martiri della Libertà e, poi, una sinuosa carrareccia che, dopo aver appena toccato l'entrata di questo eremo, aggira in oriente la presunta “terramara” per arrestarsi nella corte del Mulinello. Dopo aver varcato il cancello, per quasi duecento metri si cammina in leggera salita lungo l'argine di questo innaturale rialzo, protetti da un doppio filare di svettanti tigli, prima d'immergersi, seguendo la destra, nel piccolo bosco che avvolge la Chiesa. La trama di quest’angolo verde sembra riecheggiare schemi ottocenteschi di Haussmanniana memoria; impostata su quattro filari ortogonali al viale si estende, secondo un rigido schema geometrico di cinque metri di lato, sin quasi a lambire il fossetto che ne delimita i versanti nord-occidentali. L'essenza prevalente di tiglio e la dimensione dei tronchi fanno supporre che l'impianto sia coevo a quello di Via Circonvallazione e Via IV Novembre del Capoluogo, effettuato agli inizi di questo secolo. Ben poco dell'originale è rimasto, forse solo il poderoso ed isolato gelso che fa da sentinella tra la casa colonica e la dismessa stalla. Un abete prossimo all'ingresso dell'edificio sacro e qualche altro tiglio sparso lungo il corso d'acqua “completano” l'orditura alberata. 36 L'altare laterale spoglio di tutti gli arredi e la sovrastante ancona in legno scolpito dorato e laccato. Stato conservativo e criteri d'intervento Il sottobosco è ormai inesistente e lo strato erboso che ammanta il declivio è costituito solo da essenze infestanti. Così come è accaduto alla macchia, anche buona parte degli alberi che costituivano il reticolo ortogonale è andata perduta, qualche ceppo ne rimane a memoria, i restanti, inoltre, necessitano di immediate quanto adeguate cure. L'intervento di recupero più appropriato sembra quello tendente a ricomporre lo schema perduto che, seppur lontano dall'originale, rappresenta un momento della storia del luogo; tuttavia non si esclude la possibilità di reinserire qualche albero, 37 Il viale della “barriera” che porta verso San Lorenzo. Sullo sfondo si nota il portale neoclassico. La facciata dalle severe ed armoniose linee. in modo meno rigido, per completare gli spazi lungo il fossetto. Inoltre, per garantire l'accesso alla Chiesetta è necessario creare un percorso illuminato che, staccandosi dal viale, giunga sino alla porta ogivale della navata. Il fondo in mista naturale e la finitura in ghiaietto favoriranno anche un rapido smaltimento delle acque meteoriche, contribuendo a ridurre indebiti recuperi di umidità delle murature. MASSE MURARIE, PAVIMENTAZIONI, COPERTO E SERRAMENTI Stato conservativo Dell'Oratorio di San Lorenzo, in questo momento, non si conoscono ancora le precise caratteristiche del suolo di appoggio e, per quanto esposto nelle precedenti note bibliografiche, si suppone che le fondazioni siano appena accennate. La strutturazione delle murature appare impostata poco sotto il piano campagna con piede allargato alla base, per un rinforzo esterno a barbacane, in declivio per oltre un metro d'altezza; gli spessori 38 39 Il portale neoclassico della “barriera” che delimitava la fine del paese con l'inizio delle proprietà Rizzini. Un tempo meta preferita delle passeggiate dei guidizzolesi. medi sono di circa 70 centimetri al piede e di circa 50 centimetri oltre il barbacane fino al tetto. L'orditura è composta, alla partenza, preminentemente da grossi ciottoli e massi di pietra e di marmo (botticino) più o meno squadrati, cocci di cotto e qualche mattone, stabilizzati con malta di sabbia delle locali cave moreniche usata al naturale (non setacciata o lavata) e calce spenta di fornace (idrossido di calcio); i mattoni sono più frequenti verso l'alto e nella formazione degli spigoli. I paramenti murari, non sempre ordinati, sono stati risarciti in andamento portando in superficie a rasare le medesime malte di orditura. I segni di dissesto e degrado sono consistenti. Fessurazioni prolungate e profonde si notano in particolare sulla facciata orientale e su quella occidentale, oltre che sulle pareti presbiteriali e sull'arco di trionfo ogivale che delimita questo ambito verso la navata. La presenza di tiranti in ferro piatto, evidenti sopra intonaco o segnalati da chiavi di serraggio esterne, hanno evitato infauste conseguenze. L'elevata umidità ha causato notevoli fenomeni disgreganti di salinazione e di solfatazione, nonché muffe e licheni. Questi fenomeni hanno intaccato anche la pavimentazione in laterizio del presbiterio, che risulta maggiormente aggredita in corrispondenza dei gradini. 40 Il coperto dell'aula presbiteriale appare discretamente conservato, mentre quello della navata è stato maldestramente sostituito di recente, probabilmente perché quello originale era ormai distrutto. La cornice di gronda a nord è dotata di canale in lamiera in pessime condizioni. I serramenti, a prevalente struttura lignea, sembrano in accettabile stato di conservazione; quelli vetrati hanno subito danni provocati da atti vandalici e dalle conseguenti infiltrazioni d'acqua. Criteri d'intervento Per stabilire una precisa metodologia d'intervento che porti ad un corretto recupero strutturale e ad eliminare i fenomeni di risalita capillare dell'umidità, sarà indispensabile eseguire approfondite indagini preliminari. Uno scavo perimetrale, esterno ed interno all'edificio, esteso sino al piano d’appoggio delle fondazioni ed effettuato per tratti alterni, permetterà di verificare la reale consistenza di queste ultime e, di conseguenza, le cause che hanno prodotto i pericolosi dissesti accertati nelle masse murarie. L'inserimento in punti strategici di contrafforti in muratura di ciottolo e laterizio, protratti sotto i manufatti murari, laddove la poca consistenza del terreno di appoggio lo richieda, bloccherà le spinte verso l'esterno evidenziate dalle fessurazioni. L'accurata pulizia dai residui terrosi ed il successivo rinzaffo consolidante con malta antisale delle murature restituiranno loro la necessaria stabilità; mentre, la seguente protezione con strato separatore tipo DeltaMS. e con abbondante vespaio in ciottolo, impedirà il ripetersi della risalita capillare dell'umidità, in questo aiutati anche dalla posa in opera di un marciapiede a canale di marmo, lungo l'intero perimetro esterno della Chiesetta. Nei casi in cui le cause del dissesto delle masse murarie richiedano la parziale ricostruzione delle stesse o l'occlusione degli interstizi, si potrà procedere con operazioni di cuci e scuci o d’iniezione di boiacca di calce. Lo scavo interno e la limitata estensione del presbiterio imporranno anche la preliminare totale rimozione del pavimento in cotto, ma il beneficio 41 Scavo per il consolidamento dei muri perimetrali; sono visibili le nuove sottomurazioni e la tombinatura per il drenaggio dell'acqua. che deriverà dalla conseguente formazione di un vespaio aerante compenserà ampiamente questo sacrificio. Allo stesso modo si dovrà intervenire sulla pavimentazione della navata, peraltro senza particolari cautele perché, come detto, è di calcestruzzo. Nel ripristino dei pavimenti si userà il materiale originale nel presbiterio e si poserà cotto nuovo nella navata, riproponendo in entrambi i casi il disegno attuale del primo. Il coperto dell'aula dei fedeli dovrà essere ricostruito salvaguardando le capriate originali e sostituendo le travi secondarie e l'assito da ponteggio attualmente in opera. L'operazione potrà essere effettuata utilizzando ancora manufatti di legno (travi ed assito), ovvero ribadendo l'ordito del presbiterio con travi secondarie e travetti di legno e supporto in tavelline di cotto nuove. Per evitare infiltrazioni sarà poi opportuno inserire, sotto i coppi, una barriera in carta catramata ondulata. 42 Crepe presenti sulla facciata: sul lato sinistro vicino al tetto e destro vicino ai resti delle antiche mura. Sezione verticale della parete a nord con indicato: 1 nuove sottomurazioni dei muri perimetrali 2 cripta con le tombe della famiglia Rizzini Qualora da una verifica strutturale del tetto del presbiterio emergessero carenze statiche si dovrà intervenire con metodiche poco invasive. Per proteggere le murature dallo scolo delle acque meteoriche si dovranno dotare le gronde laterali di appositi canali di raccolta. I serramenti dovranno essere restaurati ricostruendo le parti mancanti o marciscenti e sostituendo i vetri rotti. Dalle inferriate e dalle parti metalliche dovrà essere rimossa la ruggine e steso un idoneo strato protettivo. 1 2 2 43 1- Crepa interna che parte da terra 2- Scavi interni per le sottomurazioni ed il risanamento dei muri. 3-4 Crepe esterne sulla parete nord. INTONACI Stato conservativo e criteri d'intervento L'interno dell'edificio conserva ancora, in gran parte, i suoi intonaci originali che indubbiamente sono da mantenere, in quanto componenti fondamentali nella caratterizzazione materica ed estetica dell'ambiente. Sono costituiti in primo strato dalle medesime malte delle murature. Sopra detto rinzaffo è stato applicato un intonaco finale costituito da calce e sabbia selezionata, appena più fine, steso in andamento con spessoramenti disomogenei (2-6 cm.) e finito a pennello con grassello di calce diluito. Nel tempo, molti sono stati i ripristini e le ritinteggiature, soprattutto nelle zone più basse in conseguenza dell'insalubrità strutturale più volte citata. Invece, al di sopra della linea di salubrità, gli intonaci sono complessivamente stabili ed anche le sovracoloriture sono stratigraficamente ridotte. Il loro recupero dovrà soggiacere ad un piano particolareggiato da definire sulla scorta di una mappatura precisa degli esistenti e delle loro caratteristiche (originali e d'epoca); dopo di che si dovrà decidere quali mantenere e soprattutto dove e come effettuare le integrazioni. A livello operativo, dopo i fissaggi delle zone più decoese ed a rischio, saranno da asportare le intonacature cementizie di rappezzo e, di seguito, tutte le sovracoloriture. Il risanamento murale dovrà essere eseguito con accurata pulitura ed applicazione di un antisolfatante per bloccare i sali e renderli inerti. Il risarcimento delle lacune dovrà essere mirato in base al valore materico-cromatico da produrre ed alle caratteristiche di salubrità delle diverse zone ove intervenire. Così, in funzione della casistica, potranno essere utilizzati prodotti sperimentati a base di calce per riempimento delle brecce e dei volumi mancanti, con iniezioni a bassa pressione e calci specifiche per il riempimento di tasche e l'incollaggio d’ into44 1 2 3 4 45 Lo scavo per il rifacimento del pavimento. Si nota la volta in mattoni della cripta ed i teli a protezione degli affreschi. Ponteggio per ispezionare il tetto e riparare le numerose crepe presenti sui muri. Il muro presenta molti e”preoccupanti rigonfiamenti” dell'intonaco. naci scollati, nonché di malte ed intonaci con calce idraulica per zone con presenza di umidità e di degrado. La definizione dei materiali da usare e delle metodiche da attuare saranno definite ed adeguate in sede di stesura del progetto di restauro esecutivo, in relazione anche alle indicazioni fornite dalla Soprintendenza. AFFRESCHI Descrizione analitica L'Oratorio del San Lorenzo di Guidizzolo, conformemente ad altri analoghi edifici medioevali, raccoglie sulle sue pareti interne innumerevoli pitture votive che, aggregandosi nel tempo e spesso anche sovrapponendosi, costituivano dei veri e propri cicli pittorici con riscontri devozionali, storici e non raramente anche artistici. Diversi erano nei dintorni gli edifici sacri similari, ma molti sono stati demoliti, altri sono stati spogliati e soltanto pochissimi sono rimasti a testimoniare il loro tempo. Appare paradossale, ma vera risulta la constatazione che sono giunti a noi più facilmente integri gli edifici più umili e dimenticati per secoli dalla storia. L'Oratorio di San Lorenzo è uno di questi, assieme ai limitrofi e coevi della Madonna di Mezza Campagna di Cereta e quello di San Pietro in Vincoli di Massimbona, dove soltanto da poco sono venuti alla luce cicli pittorici interessantissimi e con molti riscontri con quelli di Guidizzolo. All'interno di San Lorenzo gli affreschi sono dislocati in tanti riquadri affiancati che costituiscono una fascia ininterrotta, staccata dal pavimento (cm. 80 ca.), che si protrae in altezza per non meno di 170 centimetri e si sviluppa lungo tutte le pareti della navata, compresi i piedritti dell'arco presbiteriale; altri riquadri si trovano alti sopra la prima fascia nel lato destro e sulle pareti laterali del presbiterio. I riquadri visibili sono una trentina, per un totale di mq. 45 circa di pitture, ma altri si intravedono sotto-intonaco o sotto-scialbatura. 46 47 Particolare di muro in cui si notano: due strati diversi di intonaco dipinti ed una parte di muro senza intonaco, caduto a causa dell’umidità. Difficile è stabilire l'epoca di queste pitture, alcune delle quali, pur ancora impostate su schemi medioevali, rivelano contemporaneamente anche echi delle innovazioni rinascimentali. Orientativamente si potrebbe ipotizzare un periodo comprendente gli anni che vanno dalla fine del XV secolo a quelli dell'inizio del XVII. Non esiste un ordine distributivo in successione cronologica, anche se un'analisi approfondita potrà in parte definirlo; si notano invece le differenti mani che hanno lavorato, alcune delle quali anche ricorrenti in più soggetti. Ad un primo esame, i riquadri centrali della fascia inferiore, assieme a quelli presbiteriali, appaiono i più antichi, mentre quelli della fascia superiore sono postumi. 48 E' comunque da ricordare sempre il trascinamento stilistico nel tempo che avveniva per gli operatori indigeni, attivi in zone periferiche ai centri delle fioriture stilistiche, come certamente era Guidizzolo dove sostavano generalmente solo mestieranti di passaggio, ma talvolta, anche artisti qui richiamati da qualche personalità od ordine religioso collegati al luogo. Componente storicamente importante delle pitture è data dalle iscrizioni: alcune sono originali, riportate dagli autori e riferiscono oltre che le dediche votive anche le date di esecuzione, quali: 1503; 1506; 1564. Altre graffite, direttamente sulle pitture da ignoti, riportano notizie di cronaca di risonanza e di curiosità popolare. Altre iscrizioni e graffiti presentano difficoltà di lettura e trascrizione allo stato attuale, ma certamente, una volta liberati da sporco ricoloriture e scialbature, potranno meglio essere decifrati. 49 Frammenti d’intonaco dipinto, caduti a terra e recuperati per essere utilizzati in fase di restauro. 1 6 4 5 3 6 2 7 4 3 50 Sezioni verticali delle pareti est ed ovest, con indicato: 1 porta d'ingresso principale 2 arco che divide il presbiterio dalla navata centrale 3 posizione degli affreschi 4 cripta a pag. 50 Sezioni verticali delle pareti nord e sud, con indicato: 1 3 1 oculo-matroneo 2 altare laterale ed ancona in legno 3 cripta 4 porta d’ingresso principale 5 porta d’ingresso lato nord 6 posizione degli affreschi 7 porta di collegamento con la casa colonica (nel periodo 1995-98, stante la muratura dei due ingressi esterni, era l'unica via per accedere all'Oratorio) 3 2 4 51 Introduzione alla “lettura” delle pitture murali Da una relazione del prof. Alessandro Dal Prato, chiesta nel 1990 dall'Amministrazione Comunale di Guidizzolo e già pubblicata integralmente sul n° 2 (settembre 1995) de “la Notizia” riportiamo la parte riguardante gli affreschi. ...Nell'Oratorio di San Lorenzo, come in quasi tutti gli analoghi edifici medievali, sulle pareti interne sono conservate pitture votive promossse dalla devozione dei fedeli; affreschi, affiancati l'uno all'altro senza un organico piano di svolgimento, realizzati in tempi diversi, qualche volta da artisti validi e raffinati, qualche altra da artisti un po' rozzi. Qui sono presenti gli uni e gli altri. Gli affreschi sono una ventina, ma sotto le scialbature a calce ce ne potrebbero essere altri. Difficilissimo è stabilire l'epoca di queste pitture, alcune delle quali ancora impostate su schemi medievali, che rivelano echi delle innovazioni rinascimentali. Grosso modo, si potrebbe ipotizzare un perido comprendente gli anni che vanno dalla fine del XV secolo, a quelli dell'inizio del XVII secolo. Notevoli sono le tre figure a metà della parete sinistra entrando, raffiguranti in altrettanti riquadri due Sante ed un Vescovo, di salda struttura disegnativa e di eccellente smalto cromatico. Molto vicini a questi, ma di disegno meno elegante e colori meno raffinati, si possono considerare il San Rocco ed il San Sebastiano, posti 52 nella parete a destra entrando, ed il S. Antonio Abate col fuoco nel cavo della mano, situato in alto nel muro presbiteriale. Nella zona inferiore prevalgono le figure isolate su fondo generico, mentre nella zona superiore vi sono composizioni con più figure ambientate, come ad esempio il “Cristo in Croce fra la Maddalena e San Giovanni”, sullo sfondo di una città. Interessantissimi i tre devoti offerenti, dipinti inginocchiati ai piedi dei loro Santi protettori, in altrettanti affreschi in cui sono evidenti gli sforzi per raggiungere la somiglianza; un giovanotto biondo vestito di bianco; un barbuto uomo maturo con cuffia; un giovane con capelli castano-rossicci con attillati calzoni a scacchi. Nelle pitture figurano ripetutamente i Santi Rocco e Sebastiano, la Madonna col Bambino e, inoltrte, qualche Santo non identificabile. Guidizzolo, gennaio 1990. Una sezione particolare di questo volume riguarda le pitture murali. Le note che illustrano gli affreschi, sono state eseguite nel 1979 per una ricerca condotta da un gruppo di studentesse dell'Istituto Statale d'Arte di Guidizzolo: Renata Bettega, Rosanna Corini, Francesca Righetti, Riccarda Pasotti e Susanna Zanni. 53 54 Primo affresco del ciclo votivo partendo da destra. Diviso in 4 soggetti, due Madonne in trono col Bambino, San Sebastiano e San Rocco Insieme i Santi Rocco e Sebastiano protettori della peste. Il colore è offuscato da polvere e da muffa leggera, può ritornare brillante con il restauro. 55 56 San Lorenzo. Il Santo titolare della chiesa compare una sola volta nel ciclo. La pittura graffiata ed in parte ricoperta da calce, è recuperabile. San Lorenzo. Particolare della mano che conferma la buona pigmentazione del colore. 57 58 San Francesco d'Assisi che riceve le stigmate. In secondo piano frate Leone, tema svolto da pittori celebri, da Giotto ai contemporanei. Non è sicura l'identità del Santo; potrebbe essere San Rocco dalla mano sinistra appoggiata alla coscia. 59 60 Madonna in trono col Bambino. Il colore del manto della Madonna è sempre sui toni rossi, gialli o bluastri. L'elevato costo dei lapislazzuli sfavoriva l'uso dell'azzurro. San Sebastiano. In alto una conchiglia decorativa, il fondo è raschiato, ma la figura risulta leggibile. 61 62 San Martino a cavallo ed il povero. Il dipinto in molti punti è spellato, ma ben recuperabile; notiamo in particolare l'uso di terra verde di Verona. San Rocco. Riconoscibile dalla mano sinistra che indica la piaga sulla coscia; la figura del Santo manca di colore per caduta e sfregamento. 63 Santo Vescovo con libro in mano. L'umidità della parete ha rigonfiato l'intonaco e poco basterebbe per farlo cadere. Il colore è solido e ben consevato. Santa non identificabile. Dipinto molto rovinato; troviamo in prevalenza terre gialle e rosse di provenienza veronese. 64 65 Santo non identificabile. Da alcuni elementi quali il libro ed il monogramma di Cristo sul petto, lo si pensa San Bernardino da Siena. Cristo in Croce fra la Madonna e San Giovanni. Si presenta ben conservato perché posto in alto; si riscontra una ricerca dell'anatomia. 66 67 Madonna in trono col Bambino. Accanto un devoto con San Pietro; notiamo il disegno del calzare. La pradella del trono è tipica dei pittori veneti. Madonna in trono col Bambino e devoto. Dei colori usati rimangono prevalentemente il rosso ed il giallo; interessante è la testa del devoto per l'evidente ricerca di rassomiglianza. 68 69 70 Testa di Santo non identificabile. Pittura collocata su parete interna contigua alla zona absidale; da notare la sfumatura dell'incarnato del volto. Rileviamo graffita una data 1564. Sant'Antonio Abate. Nelle mani del Santo ben risolte, il fuoco ed il bastone, in basso un porcellino. Testa ben disegnata e corpo proporzionato confemano l'abilità del pittore. 71 72 Santo Vescovo. La luminosità della veste è risolta con puntini bianchi; il dipinto presenta anche delle velature. Santo Vescovo.Prima pittura orientata a nord, cornici ben risolte pittoricamente, il colore è brillante. Alcune parti coperte da calce sono recuperabili con sapiente restauro. Pastorale diventato trasparente per un ritardato intervento dell'artista. 73 Santo Vescovo. Particolare della testa ben disegnata; espressione triste. Decorazione alla base della mitra molto pesante. Santa Maddalena. Seconda pittura votiva del ciclo orientata a nord. La Santa appare con ritratto un devoto guidizzolese del XV secolo. 74 75 Santa Maddalena. Particolare ed insieme del busto. Si vede il motivo inciso del disegno di base dell'affresco. Santa Maddalena. La Santa tiene con mano eseguita grossolanamente un balsamario; tutta la parte è scrostata con raschiatura del colore. Santa Maddalena. Volto molto stilizzato e ben fatto; ricorda il modo di operare di certi pittori della scuola dei Dacemmo. 76 77 78 Santo non identificabile. Eseguito sullo schema del soggetto precedente, la lettura della parte inferiore è resa difficile dalla mancanza di colore Figura vista da vicino. Particolarmente curati il busto ed il volto. 79 80 L’inserimento dell'altare barocco ha interrotto il ciclo degli affreschi. Nella cornice lignea dorata, la Pietà con San Giovanni e Santa Maddalena. Sopra la Croce con angeli eseguiti nel secolo scorso. Cristo sulla via del calvario. Macchie di umidità, numerose e gravi crepe ostacolano l'identificazione della seconda figura; si direbbe, dal tema trattato, la Veronica. Madonna in trono col Bambino. Ultima pittura collocata sulla parete nord. Eseguita con nuovo stile, ricorda l'operare dei pittori dell'Italia centrale. E' possibile rilevare il disegno originale dai solchi dell'affresco. 81 82 Madonna in trono col Bambino. Il drappeggio molto curato e studiato ricorda i mosaici bizantini. San Bernardino da Siena con devoto. Pittura posta sotto una delle finestre ogivali; continua la teoria votiva. Il dipinto è particolarmente malorato dalle fenditure laterali e dalle superfici spellate. 83 San Bernardino da Siena con devoto. Preoccupante la crepa laterale; si notano macchie di umidità. San Sebastiano. A fianco scritte graffite; in basso, ai margini della cornice, scritta dipinta in latino, poco leggibile. 84 85 San Sebastiano. Particolare che evidenzia una crepa vicino al braccio sinistro del Santo. San Sebastiano. Scritta alla base del dipinto. 86 San Sebastiano. Ingrandimento della crepa dove si nota un grave sollevamento dell'intonaco. La scritta latina in particolare e buona parte del dipinto risultano rovinati dall'acqua piovana. San Sebastiano. Ingrandimento di parte di scritta con crepa. 87 Madonna in trono col Bambino. La testa è armoniosa, mentre mani e braccia sono sproporzionate e mal articolate. Macchie di umidità e graffi compromettono il dipinto. 88 Stato conservativo E' indubbio che il degrado di queste pitture, come di qualsiasi altra opera d'arte, è correlato al deterioramento dei materiali che lo compongono e che, a sua volta, l'alterazione di questi materiali è legata ad una serie di processi che sono in relazione, oltre che con le caratteristiche chimiche e fisiche dell'opera in questione, anche con quelle dell'ambiente in cui questa è posta. Negli affreschi di San Lorenzo, come è emerso dall'esame delle condizioni ambientali, risulta evidente che la componente che più ha inciso nel determinare il loro degrado attuale è certamente la presenza di acqua sotto le diverse forme; essa ha prima condizionato lo stato di salute delle murature e di conseguenza, per induzione, le soprastanti pitture. Altre componenti di degrado, che spesso stanno alla base della buona conservazione delle opere d'arte e degli affreschi in particolare e che qui sono negativamente presenti, sono: la non sempre corretta conduzione tecnica esecutiva originale e l'impiego di materiali non idonei, od impuri. Infatti, una precaria esecuzione iniziale, spesso significa compromissione della buona conservazione per la facile disposizione ad ogni sorta di aggressione. Anche la non corretta manutenzione comporta gravi danni alle pitture e per queste, come più volte ribadito, vi sono stati lunghi periodi di assoluto abbandono. Nell'esame specifico dello stato conservativo del ciclo pittorico dell'Oratorio di San Lorenzo, si deve premettere che si tratta di un complesso composito, stratificatosi nel tempo su di una realtà strutturale preesistente, con una sua identità originale sulla quale hanno inciso trasformazioni dovute sia al naturale apporto del vissuto che ad interventi di manutenzione od anche di vere e proprie trasformazioni. Le diverse pitture pertanto, pur originate ed accomunate all'interno del medesimo edificio, presentano caratteristiche diverse per epoca, carattere artistico, tecnico e stato conservativo. 89 E' perciò evidente che in sede di esame diagnostico e di stesura del progetto esecutivo di restauro, ciascuna opera, pur vista nel contesto di denominatori comuni, dovrà essere considerata in modo distinto per proprie peculiarità. Uno dei denominatori comuni alle pitture che ha avuto grande influenza sulla conservazione delle opere è indubbiamente la struttura muraria già ampiamente descritta in precedenza. All'interno delle zone perimetrali agli affreschi, appaiono numerosi i riporti d’intonaco riferiti probabilmente a ripristini sia per il dilatarsi delle riquadrature preparatorie, sia per il risarcimento del degrado, ma anche per alcuni riquadri di affreschi ricoperti sottointonaco. Solo dopo una corretta mappatura stratigrafica sarà possibile definire la reale situazione. Le caratteristiche tecniche esecutive degli affreschi, come detto, sono abbastanza eterogenee, anche se, riguardo alla preparazione del fondo di appoggio, le osservazioni nei pochi rilievi stratigrafici attuati fino a questo momento, sfruttando brecce esistenti, sembrano molto similari e semplici; in pratica, quasi sempre l'allestimento del “letto” per l'intonachino si riduce ad una semplice puntatura degli intonaci sottostanti per ottenere delle tacche di aggancio. Pochi sono i riquadri dove si nota la presenza di una diversa preparazione con rinzaffo ed arriccio, ad agganciare il paramento murario; quasi sempre si nota invece il mantenimento degli intonaci esistenti, questo forse per sfruttare una superficie già ben stabilizzata o, forse più semplicemente, per sbrigare speditamente il lavoro, senza però valutare che gli antichi intonaci degradati avrebbero contagiato le pitture soprastanti. Relativamente agli intonachini o veli finali, sui quali sono state stese le cromie, questi presentano tipologie diversificate per componenti e metodi applicativi; alcune sono composte da impasti di calce con sabbia, talvolta, viva di fiume e, più spesso, alluvionale di cava a granulometria più o meno fine e più o meno raffinata dai limi argillosi; raramente si riscontra nel composto anche la presenza di polvere di marmo; più spesso, questa è 90 usata come scialbatura di superficie a finire la preparazione prima della spalmata a dorso di cazzuola. Gli spessori, che vanno da un minimo di 2-3 mm. fino a 7-8, sono dati quasi sempre in unico strato, in andamento con giunture delle giornate di lavoro ben visibili; la matericità di superficie è generalmente ben lisciata, qualche volta a pennello od a dorso di cazzuola e talvolta tirata quasi a marmorino. Solo in alcuni riquadri i contorni della raffigurazione sono incisi nell'intonaco, altre volte riportati a pennello. La componente cromatica, normalmente sobria nell'affresco, per la limitata gamma di pigmenti compatibili con la tecnica, qui lo è particolarmente, essendo ridotta, in pratica, all'impiego delle terre, con esclusione di tutti i colori più pregevoli, quali gli azzurri; ciò probabilmente per il carattere povero degli interventi e la conseguente impossibilità di usare colori molto costosi, abitualmente riservati ai grandi maestri, per Committenti facoltosi. Tuttavia, oltre la presenza di terre assai belle e raffinate, si nota un verde molto luminoso. L'esecuzione tecnico-pittorica degli affreschi, in generale, è condotta su di un disegno preparatorio per lo più abbozzato direttamente sull'intonaco fresco, talvolta riportato anche a spolvero e poi graffito. Il colore è steso prevalentemente a corpo, con pennellate non sempre curate e precise nelle finiture, soprattutto nei panneggi e nei fondali; diverso, invece, per gli incarnati, quasi sempre luminosi in quanto prodotti a velature anche su fondo monocromo di terra verde, proprio come era costume nel pre-rinascimento. Alcuni affreschi sono stati eseguiti in un'unica porzione (giornata), altri invece presentano più riprese e ciò a seconda della cura e della laboriosità che richiedevano le raffigurazioni; non sempre però le giunture sono state fatte con perizia. Molte pitture, o meglio parte di esse, sono state completate fuori dal tempo del “buon fresco”, compromettendo la corretta carbonatazione e la conseguente conservazione; alcune sono state finite a tempera con legante organico. Le condizioni conservative dei dipinti, in questo 91 momento, sono molto precarie, anche se non compromesse, ma certamente in uno stato di predeperimento irreversibile; la zona più ammalorata ed a rischio è indubbiamente quella prossima alla base delle murature, in special modo nelle vicinanze della cripta. Per quanto sin qui detto, è facile ricondurre gran parte delle cause agli apporti di umidità dovuti alle caratteristiche di queste strutture. Il carattere raccogliticcio e poco selezionato dei materiali di costruzione delle murature contenenti sali, argille e residui bitumali, assieme ai nitrati confluiti dai reflui della cripta, tramite l'umidità ambientale assorbita capillarmente dal terreno, hanno costituito sub-strato fertile per l'innesco di una serie di reazioni chimiche e fisiche dagli effetti devastanti. Infatti, i sali contenuti nelle sabbie non lavate e sciolti a contatto dell'umidità sono trasmigrati con essa verso l'esterno, ricristallizzandosi in fase di asciugatura. L'aumento di volume delle efflorescenze ha prodotto un effetto dirompente e disgregante delle strutture materiche interessate da questo fenomeno che, ricreatosi in modo ripetitivo ad ogni bagna-asciuga, ha sfaldato gli intonaci sconnettendoli dai paramenti murari, provocando scatolature e tasche sottointonaco, nonché sgretolamenti sfaldandamenti e polverizzazione di superficie. All'azione di scollamento degli intonaci (non solo di basamento, ma anche affrescati), ora in grave pericolo di caduta, hanno indubbiamente contribuito le sovraintonacature di ripristino, ma anche quelle degli affreschi stessi che sono andate in ricarico degli esistenti, costituendo un corpo spessorato che, con il tempo, i tensionamenti materici e le diverse sollecitazioni statiche termo-igrometriche hanno, via via, distaccato e reso sempre più autonomo dalla struttura di appartenenza. Certamente sarebbe opportuno stabilizzare quanto prima, con ancoraggi provvisori, le zone più a rischio poiché potrebbe anche succedere che qualche ampio strato si stacchi e si frantumi a terra, dato che attualmente la crosta d’intonaci è come appesa, essendo la parte bassa ed interna 92 priva di coesione ed ancoraggi; anzi, questa, friabilizzandosi, produce materiale di risulta che confluisce in sacche che spingono il tutto all'esterno, quindi al distacco. A carico delle superfici affrescate e delle coloriture si riscontrano sfaldature e friabilizzazione d’intonaco, polverolenza ed esfoliazione di pigmenti, nonché micro-crettature ed un velo di patina biancastra in superficie; questo in particolare nella zona inferiore della fascia affrescata ed ai fianchi dell'altare laterale ed ancora negli angoli ed in prossimità della cripta; in pratica nei punti di maggior sfogo dell'umidità convogliata anche da corpi in ridosso. Nel tempo, infatti, sono stati innescati diversi processi degradanti che hanno prodotto effetti diversi nelle varie zone, talvolta con risultati contradditori. L'effetto della solfatazione, ad esempio, trasformando il legante delle pitture (carbonato di calcio), in pratica in gesso (solfato di calcio) per una reazione con acidi, ha causato il distacco della pittura nelle zone più alte dove il fenomeno era più altalenante, mentre, nelle zone dove più ha persistito, i distacchi non si sono verificati perché si sono ricreate, in associazione con altre reazioni, delle ricarbonatazioni in superficie che hanno chiuso in un sandwich le cromie originali, ammantandole in una coltre di difficile rimozione. Oltre a quanto esposto, altri gravi danni si sono perpetrati a carico delle pitture, anche irreversibili, perché hanno comportato la perdita di originale. Alcune di queste cause sono risultate congenite nelle specifiche opere, od anche di parte di esse, allorquando l'imperizia o la trascuratezza esecutiva dell'autore, lavorando “fuori tempo”, ha compromesso un'adeguata carbonatazione e l'ancoraggio dei pigmenti, esponendoli nel tempo al facile distacco. Anche la cattiva manutenzione, il pessimo uso del locale e l'abbandono hanno comportato notevoli guasti con consunzioni, dilavamenti, graffiature, scalfitture, ammantamenti di polvere, fumi, imbibizioni di olii, cere e quant'altro può derivare dall'incuria più assoluta. Pure le buone intenzioni, non supportate dalla 93 Particolare del muro con patina bianca in superficie competenza, hanno lasciato tracce deleterie, come quando, nell'intento di liberare le pitture dallo sporco, queste sono state spazzolate energicamente e lavate con acqua; indisconoscibili sono rimaste le tracce di pigmenti smossi e riportati da un affresco all'altro. Tuttavia, si può dire che, complessivamente, il ciclo pittorico dell'Oratorio di San Lorenzo, nonostante gli insulti del tempo e dell'uomo, sia giunto a noi con una sua unitarietà complessiva apprez- zabile, sia d’impianto che conservativa, non facilmente riscontrabile in analoghi complessi; inoltre, tale ciclo, pur appartenendo ad un'arte semplice e popolare, è testimone di storia e di cultura di indubbio valore che non può ritenersi di significato solo locale. Criteri d’intervento E' indubbio che i criteri d’intervento da seguire per il restauro degli affreschi debbano risultare unitari e sovrapponibili con quelli adottabili per il risanamento strutturale dell'edificio e debbano tenere conto oltre che della tipologia e dello stato conservativo acquisito dalle diverse componenti, anche della nuova destinazione alla quale il bene verrà adibito. Stante tale presupposto, l'intervento di restauro delle pitture può essere più risolutamente orientato ad un recupero di carattere prioritariamente 94 conservativo, senza accanimenti di riproposizioni estetiche artefatte del perduto, non sussistendo più esigenze devozionali o di culto. Quest'ultime, infatti, talvolta inducono a considerare l'opportunità di risarcire le lacune con un ripristino estetico ricostruttivo (seppure in vari modi differenziati) delle raffigurazioni mancanti, privilegiando la funzionalità dell'immagine sacra all'ortodossia del puro e semplice salvataggio dell'originale esistente. Nel caso specifico, trattandosi di pitture che hanno superato tali esigenze, sembra opportuno adottare dei criteri di restauro preminentemente conservativi, orientando il recupero estetico alla rimessa in luce di quanto di originale e di significativo del tempo-vita è sopraggiunto a noi, senza aggregare apporti ricostruttivi di neo-formazione che, bene o male, diverrebbero arbitrari e condizionanti. Il tipo di restauro proposto e da adottare, comunque, non dovrebbe essere neppure rigorosamente “archeologico” perché, schematizzando e ritagliando quanto rimasto, si rischierebbe di esacerbarne il carattere di reperto, frazionando l'unitarietà parziale di ogni singola opera e globale dell'intero ciclo. Nel contesto del recupero dovranno convivere in modo unitario, ma distinto, tre realtà sovrappostesi col trascorrer degli anni: l'originale rimasto, le lacune ed i segni del tempo-vita più significativi, divenuti memoria storica dell'edificio e non solo. Di questi, particolarmente interessanti e meritevoli di essere mantenuti e posti in evidenza, sono alcune porzioni di affreschi sotto scialbatura, separati da sovraintonacature e da inserti strutturali ed ancora, numerose scritte epigrafate a margine delle pitture o graffite sul tessuto pittorico stesso. A livello operativo, le tre diverse realtà sono da ricondurre a giusti valori distinti, armonizzandole ed adeguandole alle specifiche appartenenze con neutri modulati a velatura sottotono. La stabilizzazione ed il risanamento degli intonaci seguiranno e saranno condizionati, nei tempi e nelle metodiche, dagli effetti e dall'assestamento prodotti dalle medesime operazioni realizzate sulle strutture portanti. 95 E' indubbio, tuttavia, che saranno da privilegiare tecniche il più possibile poco invasive, preferendo materiali con caratteristiche simili agli originali. I rilievi diagnostici attuati fino al momento, eseguiti unicamente a vista, seppure supportati da esperienza, certo dovranno essere suffragati da opportuni rilievi tecnico-scientifici per poter formulare un progetto di restauro definitivo e dettagliato. Progetto di restauro Una volta effettuato il risanamento statico delle strutture portanti, sarà neccessario attuare una ricerca delle risalite dell'umidità da eseguire con l'ausilio della banda termica per individuare i punti di “pescaggio” ed i processi di veicolazione e diffusione, rilevando, nei tempi ritenuti opportuni, i dati di un reticolo di riferimento di 50 cm. di lato, esteso a tutte le murature. Saranno anche da effettuare preliminarmente delle analisi chimiche su di una campionatura sistematica per distribuzione e casistica tipologica, atta a verificare la presenza di sostanze inquinanti che sono state e sono alla base dei degradi. I rilevamenti delle indagini sopradescritte, opportunamente mappati, saranno da confrontare e sovrapporre con la mappatura dei degradi rilevati a vista in superficie; la comparazione dei referti permetterà una lettura diagnostica efficace della tipologia dei degradi e quindi delle metodiche di recupero da attuare. L'intervento a livello operativo sulle pitture dovrà essere protratto, dopo le operazioni di risanamento strutturali, il tempo necessario per una completa stabilizzazione degli interventi eseguiti per una graduale asciugatura dell'umidità. Uno dei primi problemi da affrontare sarà certamente quello della ricoesione degli intonaci al paramento murario; questi ultimi, già in pericolo statico, potrebbero risentire degli assestamenti della fase di asciugatura. E' questa una delle fasi più importanti che necessita di attente considerazioni sulla situazione delle opere su cui intervenire, in quanto metodiche troppo invasive potrebbero introdurre nuove forze che porrebbero a rischio gli equilibri acquisiti ed 96 oramai stabilizzati, anche se diversi da quelli originali. L'introduzione di nuovi materiali coesivi, soprattutto se costituiti da prodotti con tendenza a “filmare”, alterano l'areazione delle zone in cui divengono operativi, sconvolgendo gli equilibri anche delle zone limitrofe. Per la stabilizzazione degli intonaci decoesi dal paramento murario, uno dei sistemi che hanno dato buoni risultati è quello dei chiodi di maltina che ricollegano le due componenti senza vincolarle in modo rigido e senza caricarle di materiali estranei. L'operatività del metodo consiste nell'eseguire dei piccoli fori che con angolazioni diverse, partendo da punti già lacerati della superficie pittorica, raggiungano la struttura muraria sottostante, in detti fori viene poi inserita una piccola armatura di fibre naturali, od artificiali e quindi iniettate delle maltine di calce naturale simili alle originali, solo rinforzate con aggiunta di un minimo di resina acrilica per meglio legare ed elasticizzare i nuovi inserti. Con questo sistema si ripristina un collegamento efficace e soprattutto non si alterano gli equilibri di areazione e di carichi esistenti che potrebbero innescare altri processi di degrado. Anche nel recupero della coesione degli intonaci friabilizzati e dei pigmenti che spolverano, in particolare dove il problema è causato dalla presenza di sali cristallizzati, è opportuno intervenire con carbonato di ammonio e bario, ricreando il legante alterato con un processo già ampiamente sperimentato. Il carbonato di ammonio, infatti, trasformando i cristalli salini dei solfati, in solfato di ammonio, produce una riduzione di volume della massa in cui detti sali erano inglobati ed agevola il recupero in sede della materia in degrado; dopo di che, con l'apporto dell'idrato di bario si produce il solfato di bario: prodotto stabile, non più disponibile a perpetuare i cicli salini degli iniziali solfati. Col trascorrer del tempo, inoltre, il solfato di bario, per reazione con l'anidride carbonica dell'aria si trasforma in carbonato di bario: un consolidante 97 simile all'originale carbonato di calcio. Per le zone più umide possono essere utilizzate anche maltine di calce idraulica naturale che, all'elevata traspirabilità, uniscono la tipica capacità di consolidare pure in presenza di umidità. Nel recupero delle pitture, le operazioni di pulitura non dovranno prevedere solo l'asporto dei depositi di superficie, ma anche l'arresto delle cause che li hanno prodotti: spesso si tratta di cause elementari, ma più frequentemente di una combinazione di processi deterioranti che debbono essere focalizzati e quantificati prima di ogni intervento, attraverso analisi chimiche di campionature opportunamente individuate. Con tali indagini, tuttavia, non si dovrà analizzare in modo ossessivo ogni minimo particolare, ma piuttosto si dovranno ricavare indicazioni sui fenomeni avvenuti e su quelli in atto, per meglio mettere a punto la metodica d’arresto e di risanamento materico, di ripristino estetico e di profilassi di mantenimento. Tra le principali cause di deterioramento delle pitture in esame, si rileva, anche se in modo non eccezionalmente invasivo, la presenza di solfatazioni con gli indisconoscibili fenomeni che nel tempo si sono perpetuati in causa ed effetto sempre più serrati e devastanti. L'alveolazione, la crettatura, la friabilizzazione degli intonaci e delle cromie, nonchè l'umidità di cortina sono la risultante di un ciclo continuo che ha fatto da supporto ideale per depositi di ogni genere di sporco che, a sua volta, si è rivelato substrato perfetto per processi biologici di proliferazione di batteri, funghi, alghe e così via. Un prodotto mirato, per la pulitura di tale casistica di materia, è costituito dal carbonato di ammonio applicato mediante impacchi a mezzo di un supportante di polpa di legno con interposizione di carta giapponese. Tale metodo ha il vantaggio di consentire la rimozione di una vasta gamma di sostanze attraverso un'azione fisica, più che per reazione chimica, con notevoli vantaggi sia perché si evitano combinazioni e processi reattivi nei confronti del substrato pittorico (malta, colore, leganti), sia perché il 98 materiale da asportare viene semplicemente rigonfiato e mantenuto in sospensione dal potere assorbente del supportante, evitando che un’eccessiva fluidificazione possa portare detto sporco all'interno della porosità della pittura, offuscandola in modo irrecuperabile. La metodica dovrà essere gestita con attenzione soprattutto laddove i pigmenti delle cromie risultano particolarmente polverulenti od in degrado; in questo caso sarà da valutare anche l'opportunità di attuare un pre-fissaggio che, similmente, potrebbe essere parimenti opportuno per ambiti finiti a tempera. Le zone con depositi di cere saranno da trattare con l'ausilio di micro-getti di vapore acqueo che, emulsionando e coaugulando in superficie dette sostanze, le scorpora dal tessuto pittorico, rendendole asportabili. Non essendo presenti colori a base di rame quali l'azzurrite o la malachite, non dovrebbero esserci particolari controindicazioni all'uso del carbonato di ammonio quale pulente. L'uso invece della mista AB57, pur restando valida per le zone con presenza di efflorescenze di carbonato di calcio (trasudazioni dagli intonaci sottostanti), è da controllare rigorosamente nei tempi, in quanto la natura acida, soprattutto per la presenza del EDTA, può facilmente intaccare il residuo legante delle pitture. E' indubbio che l'azione più radicale per la neutralizzazione dei sali nelle strutture e dei conseguenti effetti sulle pitture sta, fondamentalmente e per quanto possibile, nell'isolamento delle fonti inquinanti ed ancor più nella limitazione della presenza di acqua in qualunque forma fisica, in quanto, questa è l'elemento portante e supportante dei principali fenomeni di degrado. Infatti, considerato che è impossibile eliminare tutte le contaminazioni da sali, in particolare di quelli già presenti nelle spesse murature, non asportabili con lavaggi o bloccabili con impermeabilizzazioni, poiché si produrrebbe il risultato contrario, riinnescando processi di efflorescenze e forze di spinta dall'interno all'esterno veramente deleteri; il rimedio più efficace, come detto, resta 99 quello di “congelare i sali” facendo loro mancare l'elemento dissolvente e veicolante: cioè l'acqua. Vi sono in commercio dei prodotti specifici antisale che aiutano ad “incapsulare” i sali e quindi a renderli inattivi, pur restando accorpati alle murature. Comunque, una delle metodiche per interrompere gli effetti in superficie delle salinazioni in atto e rimediare, in parte, ai danni arrecati al legante di carbonato di calcio, resta indubbiamente quello dell'impiego dell'idrossido di bario. Tale sistema d'intervento risulta utile anche nel recupero delle micro-crettature del velo di carbonato di calcio di superficie usurato e sbiancato. Il recupero plastico dell'unità di superficie dovrà essere eseguito con particolare diligenza perché, oltre che colmare le lacune (perdite, fenditure, increspature, erosioni, ecc.), assolve anche alla funzione di stabilizzare gli intonaci e di eliminare gran parte di quelle “ferite” del tessuto della pittura, attraverso le quali facilmente si potrebbero inserire, con il tempo, nuovi processi contaminanti e degradanti. I risarcimenti dovranno essere gestiti in modo diversificato per matericità e livello di superficie da raggiungere, le specifiche soluzioni da adottare dovranno essere determinate una volta assunta una precisa mappa dello stato delle opere, intese nel contesto globale dell'intero ciclo. I materiali da usare dovranno essere scelti tra quelli già presenti e cioè: idrossido di calce, sabbia, polvere di marmo, in granulometrie adatte, non trascurando di prendere in considerazione anche le malte di calce idraulica, ottime se usate opportunamente; ciò dovrebbe garantire una migliore amalgama ed assonanza con quelli originali. Come già accennato nei criteri d'intervento, obbiettivo finale dell'integrazione pittorica dovrà essere quella di contribuire a ricondurre ad un corretto rapporto quella sequenza di valori formali e pittorici alterati o perduti per le consunzioni del tempo, ripristinando la lettura unitaria ed omogenea delle opere, secondo gli originali impianti. Le integrazioni non dovranno tuttavia risultare 100 invasive degli originali e, tanto meno, produrre invenzioni formali nell'intento di colmare le lacune o nel voler cancellare, a tutti i costi, i valori che il tempo ha lasciato inciso sul tessuto pittorico e che sono divenuti ormai caratteri e testimonianze del tempo-vita. Precise finalità e limiti pertanto, dei risarcimenti pittorici dovranno essere quelli di alleggerire ed amalgamare l'impatto delle lacune nel contesto dell'originale circostante, recuperandole in modo più o meno ricostruttivo in funzione della loro tipologia materica (perdita, abrasione ecc.), delle loro caratteristiche formali (ampiezza, dislocazione, incidenza, deducibilità del perduto, ecc.). Limiti inderogabili restano comunque: la differenziazione delle integrazioni dagli originali, con possibilità di distinzione per trattazione e per distanza e l'utilizzo di pigmenti temperati con legante reversibile. Nello specifico, a livello operativo, nelle microperdite ed abrasioni limitate, si potrà intervenire con semplici velature di colore, intonate alle cromie originali, mentre, per zone con perdite totali, si potranno eseguire delle tinte neutre sottotono, sensibilizzate ai valori cromatici circostanti. Una tipologia più mirata delle reintegrazioni da attuare sarà decisa e messa a punto con il progetto esecutivo di restauro e, ancor meglio in sede operativa, confortati anche dai dati a quel tempo assunti e dalle indicazioni dei Funzionari della Soprintendenza, preposti all'alta sorveglianza dei lavori. ALTARE DELLA PIETA' Descrizione analitica A metà della navata, addossato alla parete di sinistra entrando, è locato l'altare della Pietà. Esso venne eretto nella prima metà del '700, quando l'Oratorio, dopo la partenza dei Padri Eremiti, era officiato dagli Olivetani della Chiesa parrocchiale. I Conti Rizzini vennero in possesso della Chiesetta in quanto compresa nei molti beni da essi acqui101 stati, in seguito alle soppressioni di congregazioni religiose ad opera dell'Impero d'Austria. L'idea di adibirlo a mausoleo di famiglia nacque successivamente. E' documentato che la cripta funeraria venne predisposta nel 1808 da Luigi. Non esisteva al tempo dei Padri Eremiti: non era loro consuetudine attuare sepolture di questo tipo. La eseguirono ex-novo i Rizzini. Appare certo, comunque, che l'altare settecentesco intitolato alla Pietà aveva come tema il suffragio dei defunti. La scena della Madonna con il Cristo e le Pie Donne era una raffigurazione ad affresco preesistente sulla parete, dislocata nel contesto della fascia del ciclo pittorico votivo, più antico di tre secoli, ma per l'occasione adattata con l'aggiunta, nella parte alta, sullo sfondo della Gerusalemme liberata, della raffigurazione del Trionfo della Croce; il tutto racchiuso in un’ancona ed elevata a simulacro devozionale. L'altare è composto dal basamento, articolato da un fondale a parete culminante con i gradoni di appoggio dell'edicola e da un più stretto corpo mensa dal fronte a setto poligonale appena strombato, con antistante predella. Il prospetto è ulteriormente movimentato da plastiche membrature architettoniche ed impreziosito da raffinati ornati di stucco a finta tarsia marmorea che scandiscono e rimarcano il susseguirsi delle ripartiture. Queste arabescano geometricamente tutte le superfici, accentuando la centralità della mensa. Ai fianchi, ripetuti motivi di mensole con terminali a spirale serrano e disegnano l'elegante profilo, predisponendo il basamento al raccordo con l'unità soprastante. La strutturazione è in muratura di mattoni in cotto, legati con malta di calce e sabbia, l'esecuzione è molto diligente, così come curata appare quella degli stucchi a finto intarsio marmoreo. L'elemento del retro-altare, invece, è la componente più interessante del complesso. Costituito da un'ancona in legno scolpita ed intagliata con decori policromi dorati e laccati, si innalza dai gradoni del basamento con edicola a parete, incorniciando il citato affresco. 102 E' questa un'opera veramente interessante che sembra provenisse dalla locale antica parrocchiale, dalla quale probabilmente era stata rimossa in seguito ai lavori di ampliamento. L'opera, imponente per misure (cm.220x300) ed effetto scenico, è veramente splendida per concezione e fattura; strutturalmente è costituita da un ordine architettonico con colonne a fusti decorati, capitelli corinzi e trabeazione con soprastante timpano spezzato (romanata), al centro del quale campeggia il busto di Dio Padre. Stato conservativo Come per il complesso dell'Oratorio, anche l'altare presenta problemi di conservazione del corpo in muratura, ricalcando parimenti quelli delle strutture dell'edificio, qui aggravati dal maggior potere igroscopico dei mattoni in cotto e dalle finiture a stucco in finto marmo, poco traspiranti. Gli effetti delle efflorescenze saline affiorate ed esplose in superficie risultano numerosi, soprattutto ai lati e coinvolgono, con decoesioni e sbriciolamenti, gli intonaci se non addirittura parti strutturali. L'ancona lignea ha riportato danni in prevalenza congeniti alla natura stessa dell'opera, anche se gli elementi scatenanti sono da ricondurre sempre all'insalubrità ambientale. Infatti, a differenza degli affreschi che per natura sono costituiti da un corpo matericamente armonico (struttura, intonaco, colore), quindi a reazione omogenea alle diverse sollecitazioni, l'ancona è un manufatto composito sia per assemblaggi strutturali che per aggregazione tecnica e materica, quindi a reazione differenziata nelle diverse componenti e talvolta auto-disgreganti. La struttura in essenza di frutto, probabilmente pero, è l'insieme corretto di più elementi disposti in modo da controbilanciare i movimenti naturali delle sollecitazioni esterne, come dimostra appunto la scelta di un legno in “pasta” e l'accorpamento di più componenti per strutturare i corpi più massicci con svuotamento degli interni. Anche le imprimiture di substrato preparatorio ai decori di superficie (dorature e laccature) sono 103 L'imponente ancona (sec. XVII) in legno scolpito dorato e laccato è collocata sulla parete nord e sorretta dall'altare settecentesco. È evidente la presenza degli arredi sacri ed alcuni ex-voto, in parte ora scomparsi Particolari dell'ancona scolpita in legno dorato e laccato: state applicate con cura, ottenendo un valido aggancio interponendo veli di tela, in corrispondenza delle giunture, per ammortizzare i sottostanti movimenti strutturali. Tanta cura e diligenza esecutiva poco hanno potuto di fronte alla deleteria aggressione del tempo e delle pessime condizioni ambientali. L'umidità, infatti, imbibendo i legni, li ha portati ad una serie ininterrotta di dilatazioni e restringimenti in rapporto ai ripetuti bagna-asciuga; la stessa cosa si è ripetuta per il legante di colla organica dei gessi e delle imprimiture; ma, poiché i tempi tra 1- La figura del Dio Padre, collocata al centro del timpano. 2- Capitello ligneo riccamente lavorato. 3- Parte centrale della colonna, finemente scolpita e laccata. 104 1 2 105 3 causa ed effetto su queste componenti non coincidevano, anzi divergevano, trattandosi di materiali a sensibilità e ad esposizione diverse, ne sono scaturite alterazioni degli originali equilibri, soprattutto a carico dello strato più sollecitato e debole di superficie. A carico degli ornati, i processi di degrado si sono innescati per l'azione dell'umidità sul legante che compatta i gessi delle imprimiture e le aggancia al supporto ligneo; detto legante costituito da colla di gelatina animale, quindi di natura organica, ha la peculiarità (e per questo era usata) di rigofiarsi a contatto dell'umidità, dilatandosi assieme ai suoi eccipienti (gessi, pigmenti, ecc.) ed in ciò seguendo e soprattutto ammortizzando i diversi movimenti dei legni sottostanti, garantendo così una calcolata stabilità. Qualora però il fenomeno si ripeta in modo troppo accentuato ed in tempi troppo serrati, si verificano dilatazioni e restringimenti contrapposti alle diverse profondità. In questa evenienza si attua un vero e proprio disarcionamento dei due corpi. L'intercalare della fase di asciugatura è il momento più deleterio del degrado, infatti, iniziando forzatamente dagli strati più esterni, comporta una ricompattazione della materia dilatata di superficie, sia per l'espulsione dell'umidità, sia per la riattivazione della forza di coesione della colla la quale, contrariamente a quella in profondità, forza il restringimento oltre la strutturazione originale, fino a creare, prima un'infinita ragnatela di crettature che frazionano la crosta in tante piccole isole e, successivamente, producendo il loro scollamento dal supporto, quindi l'arricciamento ed, infine, il distacco e la caduta. Con l'umidità si sono innescati, soprattutto a carico della colla di natura organica, anche attacchi di microbatteri che hanno decomposto la sostanza, con perdita di potere coesivo e conseguente lassamento e polverizzazione degli eccipienti. Tale degrado, con il tempo, si è esteso anche ai legni promuovendo marciscenze e facilitando l'azione di insetti xilofagi. Attualmente, le condizioni conservative generali 106 dell'ancona, se pur gravi, non sono compromesse, in quanto le perdite di originale sono ancora contenute e soprattutto perché, in fondo, proprio in questa situazione precaria ha acquisito una sua stabilità. Tuttavia, il momento più critico del restauro di questo manufatto sarà proprio il controllo del suo stato nel passaggio ed adeguamento dall'ambientazione termoigrometrica attuale a quella che sarà ad ambiente risanato e che purtroppo, problema nel problema, non si può conoscere a priori per anticiparne l'adattamento. Progetto di restauro Una delle primissime operazioni da eseguire nel restauro dell'Oratorio, dopo i rilievi termoigrometrici ambientali, è quello di rimuovere l'ancona dalla sua sede e, previa stabilizzazione di parti in pericolo di caduta, trasportarla in un laboratorio con camera climatizzata dove, ad iniziali condizioni climatiche della primaria sede, faccia seguito un adeguamento alle condizioni che il medesimo originale ambiente, via via, aquisirà dopo il risanamento. Ciò, chiaramente, per evitare nuovi traumi d’ambientazione in sede di ricollocazione. I lavori di restauro faranno seguito, parallelamente, alla fase di assestamento climatico e saranno orientati anche dai dati di un'indagine conoscitiva visiva e chimica dei materiali, loro condizioni e fenomeni degradanti in atto. Particolare cura si dovrà avere nel scegliere i tempi ed i modi di ricondurre in sede le crostine d'imprimitura con soprastanti cromie e dorature sollevate ed in pericolo di caduta. Per questa fase, dopo aver atteso che un giusto grado di asciugatura abbia ripristinato gli originali spazi di riscontro nel supporto delle croste rialzate, si attua un fissaggio mediante l'applicazione di colletta di gelatina animale, previa interposizione di velina giapponese che prima ferma le croste in degrado e poi le riconduce in sede. La metodica messa a punto per altri casi analoghi è sempre risultata esemplare per l'efficacia raggiunta in quanto sfrutta proprietà sinergetiche di più materiali: la colla e l'acqua di dispersione per 107 ammorbidire ed agganciare le crostine e le veline giapponesi che, restringendosi ed accorpandosi alla superficie durante l’asciugatura, ricompongono gli scollamenti. Nella fase terminale di stabilizzazione della materia, spesso risulta molto efficace la metodica del sottovuoto praticata per settori, od anche, più semplicemente, l’azione pressoria di un termocauterio. La fase della pulitura contemplerà l'asporto di ogni aggregato non di pertinenza dell'opera, fino a riportare in luce le cromie, le dorature e le laccature originali, senza però eccedere in profondità, anche per garantire omogeneità tra le zone più o meno segnate dalla consunzione del tempo-vita. Particolare attenzione sarà da riservare anche al risanamento materico e strutturale del complesso supporto, utilizzando prodotti specifici e collaudati, sia per le disinfestazioni da batteri, muffe, insetti xilofagi, che per il consolidamento delle zone inconsistenti da ricompattare con graduali e ripetute imbibizioni di resine. Le specificità dei prodotti da impiegare saranno da definire in sede di stesura del piano operativo, alla luce anche dei referti di approfondimenti visivi, chimici e di campionature. Anche le parti strutturali mancanti saranno da reintegrare per le componenti indispensabili al sostegno e stabilizzazione del complesso, mantenendole formalmente sintetiche e matericamente differenziate dagli originali. Diversamente, le parti mancanti dei modellati di piccole entità dovrebbero restare tali, come segni del tempo-vita. Il recupero estetico dei decori pittorici (dorature, laccature, cromie), invece, sono da gestire omogeneizzando le lacune con velature in sottotono ai valori di appartenenza nello stato di fatto in cui si trovano. Così, dove le cadute di crosta sono a livello del supporto ligneo, questo è da conservare a vista come valore neutro; dove invece le lacune sono a livello superiore (imprimitura bolo), pur rispettando lo stato acquisito e le specifiche peculiarità materiche e cromatiche di appartenenza, saranno da mediare con velature sottotono là dove l'impat- 108 to con gli originali soprastanti sconvolgesse il corretto ordine di valori. Le consunzioni od abrasioni dei decori di superficie, dove il supporto pittorico è però ancora originale, sono da attenuare semplicemente con velature, adeguate alle cromie di appartenenza o sensibilizzate a quelle circostanti, a seconda se trattasi di microperdita o di lacuna più ampia. Relativamente alla parte inferiore dell'altare strutturato in muratura, il restauro dovrà ripercorrere parallelamente le fasi di risanamento delle strutture perimetrali dell'Oratorio, in quanto le problematiche conservative sono identiche, anzi, forse qui aggravate per il maggior ristagno di umidità, dovuto sia alla maggior presenza di materiale altamente igroscopico (mattoni con i quali è costruito l'altare), sia per il ridosso dei due corpi (altare, muratura perimetrale) che limita notevolmente la fuoriuscita dell'umidità. In fase di restauro strutturale, sarebbe opportuno valutare la possibilità di creare sul retro dell'altare degli spazi di areazione che, smaltendo più facilmente l'umidità, ne consentirebbero un risanamento più celere ed una maggior conservazione futura. Diversamente, ogni lavoro di ripristino risulterebbe inutile nel volger di poco tempo. Com’è già stato detto, l’altare ha riportato alcune gravi perdite strutturali, dovute anche ad atti vandalici che, in un concetto di recupero, seppure conservativo, sono da risarcire in quanto menomano l'idea dell'insieme funzionale ed estetico. La ricostruzione sarà pertanto da condurre filologicamente, differenziando l'integrato dall'originale, mediante una diversa trattazione materica di superficie. Le zone con perdita delle decorazioni in stucco a finta tarsia marmorea si integreranno, risarcendo a livello, con stucco di tinta neutra sottotono. Le microperdite, invece, saranno da risarcire a mimetico, sia per la componente plastica, che per quella cromatica; per questa, tuttavia, si dovranno utilizzare coloriture di superficie ad acquerello. 109 Vista interna del presbiterio completamente spoglio. I pochi arredi rimasti sono stati spostati al fine di salvarli dall'incuria e dalle appropriazioni illecite. ALTARE MAGGIORE Descrizione analitica Situato al centro della zona presbiteriale è completamente di muratura. Non dovrebbe essere l'altare originale che probabilmente si trovava in posizione più avanzata nel presbiterio ad abside emiciclica; lo fanno supporre gli speroni nella muratura delle pareti laterali. L'altare attuale è stato eseguito plausibilmente nel XVII secolo. Di estrema semplicità formale, allo stato attuale non presenta alcun pregio oltre ad una scarna linearità ed elementari decori. Da documenti, tuttavia, emerge che esisteva un pagliotto, ad olio su tela, rappresentante S. Lorenzo in piedi, con palma e graticola, entro una fitta decorazione con due vasi e racemi alla grottesca. Questo pagliotto (cm.195x95) risaliva al primo Settecento e ne sostituiva uno precedente in corame. 110 Pagliotto dell'altare principale dipinto a tempera su tela e raffigurante il Santo titolare dell'Oratorio. Pagliotto dell'altare principale: particolare di un vaso di fiori facente parte della più ampia decorazione a motivi floreali. Stato conservativo E' completamente spoglio, manca pure di parti strutturali quali: il piano mensa ed il tabernacolo, oltre agli arredi dispersi. Progetto di restauro Riprendendo i criteri d'intervento esposti per il recupero dell'altare della Pietà qui si deve risanare la struttura e da ripristinarne i dissesti integrandone, sia pure in modo differenziato, le perdite strutturali. 111 Statua lignea di San Lorenzo, titolare dell'Oratorio. Opera molto espressiva, in origine completamente dipinta. La pessima conservazione ha determinato le attuali precarie condizioni conservative. Tale interessantissima opera è databile tra la fine del 1.500 e gli inizi del 1.600. 112 STATUA DI SAN LORENZO Descrizione analitica E' una scultura lignea che si trovava in un'alta nicchia posta nella parete di fondo del presbiterio; negli ultimi tempi, per sottrarla alle ingiurie del tempo e degli uomini è stata trasferita nella canonica parrocchiale; purtroppo però non è stata adottata alcuna precauzione di climatizzazione e, quindi, non si è in grado di stabilire se questa operazione sia stata di effettivo giovamento. Raffigura il Santo patrono dell'Oratorio, in piedi, a misura pressoché reale (cm. 140) che presenta l'attributo del martirio. E' un'opera piuttosto possente ed espressiva anche se di fattura non raffinata; in origine era decorata con cromie che purtroppo però allo stato attuale sono, in parte, perdute. Stato conservativo I danni a quest'opera, gravissimi ed irreversibili, in gran parte sono derivati dalle imbibizioni di acqua piovana che, percolando dall'oculo posto sulla verticale della nicchia, ha imbevuto i legni e le murature circostanti di acque cariche, spesso, anche di sostanze corrosive e putrescenti, inquinate da residui di fuliggini, da guano ed altro. L'effetto è stato disastroso; infatti le cromie si sono staccate in buona parte ed addirittura alcune zone della struttura lignea sono andate completamente perdute per marcitura e successiva friabilizzazione. Criteri d'intervento I criteri d'intervento da adottare ricalcano quelli esposti per il restauro dell'ancona: in questo caso, però, non si prevedono integrazioni strutturali poiché alcune parti mancanti (es. mano destra) non sono importanti e non incidono in modo rilevante sulla corretta lettura dell'insieme, ma rientrano in un concetto di segni del vissuto del manufatto. Progetto di restauro Come detto, purtroppo la statua è stata rimossa e trasportata in altra sede, senza programmarne un 113 corretto e progressivo adeguamento alla nuova climatizzazione e ciò ha aggiunto danni piuttosto gravi ai danni già esistenti. Il clima secco della nuova ambientazione ha creato un violento e repentino inaridimento degli strati periferici dell'opera, con arricciamento delle crostine di cromie superstiti, oltre a fenditure e friabilizzazione dei legni, con situazione che, via via, si è sempre più aggravata mentre l'asciugatura scendeva negli strati più profondi. Operazioni preventive, quindi, all'intervento vero e proprio riguarderanno prioritariamente il fissaggio e consolidamento delle parti strutturali e cromatiche in pericolo di caduta e la contemporanea riclimatizzazione del manufatto, secondo i dati della sede definitiva (Oratorio). Altre operazioni preliminari all'intervento riguarderanno l'esecuzione delle analisi campione relative alle caratteristiche dei materiali originali presenti, del loro stato di salute e delle aggregazioni assunte nel tempo, per mettere a punto lo specifico piano d'intervento. A livello operativo, asportati tutti gli aggregati di superficie più evidenti senza mettere a rischio la stabilità degli originali, si inizieranno le operazioni di fissaggio con velinature protettive delle cromie residue e colletta di gelatina organica, onde far riadagiare le crostine rialzate, con medesima metodica e principio sopra esposti per l'ancona. Successivamente, sarà da bonificare la struttura in legno mediante disinfestazioni e consolidamenti della materia ed in particolare dove ha perso consistenza e rischia di frantumarsi. I prodotti d’impiego meglio si potranno individuare in sede di stesura del progetto esecutivo, alla luce dei dati di analisi, di campionature e delle indicazioni della Soprintendenza. Il recupero estetico riguarderà unicamente l'adeguamento di eventuali alterazioni che possano incidere nel contesto di una corretta lettura dell'immagine. 114 ARREDI E MOBILI VARI Descrizione analitica Gli arredi mobili rimasti nell'Oratorio sono da mantenere se si vuole ricomporre un'unità storica ed estetica dell'ambiente, anche se non tutti sono di pregio artistico. I manufatti reperibili da recuperare sono: la balaustra-inginocchiatoio, in legno di noce che delimita lo spazio antistante l'altare della Pietà; due banchi per i fedeli, in legno di abete; la grata in legno traforata ed intagliata dell'oculo-matroneo; le due porte del presbiterio in larice; un'angoliera in legno di pioppo; la predella dell'altare maggiore; tre cartegloria intagliate e dorate; due reliquiari a stelo argentati; un crocefisso; tre piccoli ex-voto dipinti ad olio su tela. Criteri di intervento Tra questi manufatti non ci sono opere di rilevanza artistica particolare e neppure elementi che abbiano peculiarità significative tali da richiedere modalità di conservazione e di recupero diverse da quelle già esposte in precedenza. Balaustra-inginocchiatoio La balaustra in legno di noce, con dipinti finti intarsi geometrici, è un manufatto dimensionalmente molto consistente ed è coevo dell'altare della Pietà che cinge e delimita. E' composto da due elementi angolari lunghi complessivamente nove metri circa; è costituito da un piano inginocchiatoio e da un frontale a giorno con colonnine doriche seriali. Globalmente si presenta ancora in buono stato di conservazione, solo nelle zone a terra la materia è in disfacimento; l'usura ed i maltrattamenti hanno lasciato lacerazioni e qualche lacuna e soprattutto sporco stratificato. Necessita di risanamento e consolidamento materico, nonché di risarcimento delle parti strutturali atte a garantirne la perfetta stabilità. A livello estetico, dopo la pulitura non troppo profonda, sarà da verniciare con lacca a tampone. 115 Parte dell'altare laterale con reliquiari ed exvoto. Sullo sfondo l'affresco che raffigura Cristo sulla via del Calvario. Parte dell'altare maggiore con Crocefisso, reliquiari in legno, candelabri ed ex-voto vari. Sullo sfondo, nella nicchia, la statua lignea di San Lorenzo. 116 Uno dei banchi in legno d’abete con la scritta dell’offerente. Banchi I banchi, in legno di abete, se pure appaiono solidi, sono in verità strutturalmente dissestati dal cattivo uso, invece matericamente hanno resistito meglio agli attacchi dell'umidità. Dopo un ripristino strutturale, devono essere puliti mantenendo i nomi degli offerenti che riportano effigiati e devono essere parimenti verniciati con lacca a tampone. Porte del presbiterio Le due porte laterali all'altare maggiore sono in legno di larice; non sono molto dissestate e dopo il ripristino strutturale sono da riportare alle cromie originali. Predella dell'altare maggiore Prima di procedere al recupero della predella dell'altare maggiore, sarà opportuno verificarne lo stato materico e, nel caso emerga che è troppo fatiscente, si potrà sostituirla con una nuova, in quanto è un elemento di esclusivo servizio funzionale. Grata dell'oculo-matroneo Invece, la grata dell'oculo-matroneo, che giace divelta e dispersa in vari angoli della Chiesa, a causa di improvvidi atti vandalici è da ricomporre e ricollocare nella sua originale sede. 117 Reliquiari in legno scolpito e dorato: sono molto intaccati dall'umidità Reliquiari - candelabri - cartegloria crocefisso - ex-voto Le tre cartegloria, i due reliquiari ed il piccolo crocefisso hanno riportato gravi danni ai decori in oro, già in tempi lontani e ciò aveva indotto a ripetuti ripristini con sovracoloriture di porporina ed altro; in questo momento sembra necessario procedere preliminarmente al consolidamento ed al fissaggio dell'esistente asportando ogni aggregato, dopo di che si debbono riportare alla luce gli originali rimasti e reintegrare le lacune con neutri in adeguamento, come previsto per l'ancona. Impianti tecnologici La Chiesetta attualmente è sprovvista di qualsiasi tipo d'impianto tecnologico, ma la nuova destinazione museale e la necessità di salvaguardare le opere d'arte che vi saranno custodite richiedono che venga dotata sia d'impianto elettrico d'illuminazione, che d'impianto di climatizzazione. Le loro caratteristiche tecnico-costruttive dovranno essere fissate in sede di progettazione esecutiva, concordandole con la Soprintendenza ai Monumenti. 118 PARTE TERZA Relazione e documentazione sui lavori di restauro del 1998-99 Arch. Francesco Cappa 119 I l 26 ottobre 1998, a due secoli dall'ultimo significativo intervento realizzato dalla Famiglia Rizzini, sono iniziati i lavori di restauro dell'Oratorio di San Lorenzo. I guidizzolesi attendevano da tempo questo evento e finalmente, dopo decenni di tentativi andati a vuoto, l'Amministazione comunale ha ottenuto un primo finanziamento Regionale che consentirà il recupero strutturale della Chiesetta. Il gruppo che sta lavorando è tutto locale: dagli esperti e storici d'arte, Professori Franco Mondadori e Cesarino Monici, che hanno dato e stanno dando un indispensabile e fattivo supporto alla progettazione e direzione dei lavori, all'Impresa dei fratelli Sergio e Giancarlo Roverselli, assistiti in questa impegnativa operazione dal padre Renzo, ai Resposabili dell'Ufficio tecnico comunale, Claudio Lugoboni ed Antonio Malagutti, che seguono con me la gestione del cantiere e delle pratiche amministrative. Nel primo mese di lavoro sono state eseguite le sottofondazioni dei muri perimetrali esterni; opera assai delicata che ha fatto trascorrere alcune notti insonni sia ai Roverselli che al sottoscritto, ma indispensabile per stabilizzare l'intera massa muraria, pervasa da preoccupanti fenditure verticali che ne mettevano in pericolo la stabilità. Anche i coniugi Gennari, residenti nella contigua cascina, hanno manifestato la loro apprensione per sinistri scricchiolii notturni, ma tutto si è concluso nel migliore dei modi. Quest’operazione ha confermato che l'abside originale del luogo sacro era emiciclica, perché gli angoli del lato orientale poggiavano direttamente sugli strati superificiali del terreno vegetale. Nelle stesse condizioni era lo sperone posto sulla facciata occidendale, perciò, data la sua inutilità statica, in accordo con l'Architetto Fasser della Soprintendenza, ho deciso di rimuoverlo per ripristinare il fronte originale. Prima di richiudere gli scavi con ciottoli, le murature sono state trattate con intonaci traspiranti antisale e lungo il loro perimetro sono stati posizionati dei tubi forati di calcestruzzo, confluenti in pozzetti dello stesso materiale. Questa condotta, collegata al fossato che lambisce il promontorio sul quale si erge la Chiesetta, consente un rapido smaltimento delle acque meteoriche, ma soprattutto serve per ventilare le murature stesse che in questo modo rilasciano più velocemente l'umidità di cui sono intrise, evitando la formazione di efflorescenze saline e lo sgretolamento 120 degli intonaci affrescati. Nel gennaio 1999, dopo la pausa Natalizia, sono ripresi i lavori con la messa in sicurezza delle masse murarie, mediante l'inserimento di catene di ferro piatto e la ripresa delle fenditure. Le prime sono state collocate nella parte alta dei muri laterali della navata e del muro che separa quest'ultima dal presbiterio, per trattenere la facciata e serrare la sommità di questi elementi strutturali. Le fessure più consistenti, invece, sono state richiuse col metodo del “cuci e scuci”, rimuovendo le pietre ed i laterizi instabili per poi ricollocarli allettandoli con malta di calce naturale, incrementando il numero dei mattoni rispetto alle pietre. Durante questa operazione, sono state inserite anche delle piccole cannule di plastica attraverso le quali verrà iniettata boiacca di calce naturale per sigillare le microfessure residue. In questa fase, sono state riportate alla luce due monofore ed una finestra ed è stato rintracciato lo sguancio di una seconda apertura. Le monofore sono collocate al centro delle pareti laterali dell’abside: quella a monte corrisponde alla sagoma concava presente sulla facciata esterna di questo muro, mentre quella a valle è inserita tra i due affreschi realizzati tra il coro e la porta che collega alla cascina. La prima è stata riaperta e verrà vetrata, della seconda sono state ripristinate le cornici interne di battuta di un probabile serramento. La finestra, di dimensioni consistenti, è affiancata a quest'ultima monofora e cade nel coro; sulla strombatura inferiore destra continua la cornice che delimita la parte superiore di una riquadratura d'affresco non decifrabile. Lo sguancio della seconda apertura, invece, era allineato al lato sinistro di questa finestra e si estendeva per circa un metro al di sopra del pavimento in tavelle di cotto. Questa serie di aperture ed il loro orientamento consentono di stabilire con certezza che l'abside, in origine, era staccata dalla cascina. Inoltre, il doppio ordine di finestre fa supporre che il primo pavimento di questo ambito fosse impostato per lo meno due metri sotto l'attuale. Tale ipotesi sembra suffragata anche da un altro elemento, emerso nei successivi lavori di scavo eseguiti all'interno del luogo sacro: il muro di questo lato della navata è intonacato sino a detta quota e ciò significa che in origine esso era fuori terra, perché non risulta che le murature di fondazione venissero intonacate. 121 Un ultimo, ma non meno importante particolare, apparso durante la ripresa delle fenditure, riguarda la connessione tra la muratura che separa l'abside dall'aula dei fedeli ed i lati esterni di quest'ultima: a partire dall'imposta dell'attuale arco ogivale e sino al tetto, le due pareti erano completamente isolate su entrambe i lati, la muratura archivoltata dell'abside era raccordata alle retrostanti con angoli realizzati in mattoni, come se fosse la facciata di un corpo autonomo. Lascio agli storici ogni supposizione. I lavori sono quindi proseguiti con la rimozione delle pavimentazioni, lo sbancamento del sottofondo e l'inserimento lungo le pareti perimetrali interne delle tubazioni drenanti, già descritte in precedenza ed anche in questo periodo non sono mancate significative scoperte. Prima di tutto una sicura conferma: l'attuale abside, in origine, era indubbiamente emiciclica, ne sono state rintracciate le fondazioni all'interno. Poi un’interessante sorpresa: il pavimento della navata si estendeva all'intera abside. Questa circostanza è particolarmente significativa perché permette di stabilire, con certezza, che non furono i nobili Rizzini a squadrare detto ambito: questi si limitarono a rialzare la sua pavimentazione per ricavare il presbiterio ed il coro-sacrestia retrostante l'altare maggiore. Anche quest'ultimo era precedente all'intervento dei Conti di Guidizzolo, come pure la porta di collegamento alla contigua cascina: infatti, sia il basamento del primo che i gradini del secondo si estendevano sino al pavimento sottostante. Infine, una possibile ulteriore conferma, non meno importante della precedente, alla luce delle considerazioni prima svolte sull'indipendenza dell'ambito absidale: la conformazione della cripta contenente le spoglie dei Conti Rizzini sembra convalidare definitivamente l'ipotesi che si trattasse di un corpo di fabbrica preesistente, adattato appunto a tomba di famiglia; infatti, con la rimozione del pavimento in cotto, è emerso che la calotta emisferica posta sopra le bare fu inserita all'interno di murature di ciottolo appositamente ribassate o già ribassate in precedenza. A questo punto, si tratta di stabilire quale destinazione avesse questo piccolo nucleo eretto davanti all'attuale abside. Le ipotesi formulabili sono almeno due: la prima, che si trattasse di una piccola cappella votiva, primo nucleo di un insediamento sacro evolutosi nel tempo sino a raggiungere l'attuale conformazione; la 122 seconda, che fosse il portichetto d'ingresso di una Chiesetta, corrispondente all'attuale ambito absidale. Una volta completata la posa delle tubazioni drenanti, prima di riempire i cavi con ciottoli, come all'esterno, sono state rinzaffate le murature di fondazione con intonaco antisale, dopo di che è stato creato il vespaio e gettata la caldana di sottofondo del pavimento. Costruito il nuovo piano d'appoggio, sono stati posizionati i ponteggi per il ripristino e la pulizia degli intonaci interni. Contestualmente a questa operazione, il Professor Monici ha verificato la stabilità delle parti affrescate, chiudendo le crepe ed iniettando nelle sacche di stacco boiacca di calce naturale. Dopo aver installato i ponteggi lungo le murature esterne, sono stati nuovamente sospesi i lavori in attesa di condizioni meteorologiche più consone al rifacimento della copertura; eseguita quest'ultima, si proseguirà con la rimozione degli intonaci cementizi e la loro sostituzione con malta e stabilitura di calce, il consolidamento e la pulizia delle parti stabili di questi ultimi e della cornice di gronda in mattoni. Infine, verranno ricollocati in opera i serramenti, nel frattempo restaurati e muniti di vetri soffiati. Con queste opere si chiuderà la prima parte dell'intervento programmato. Un successivo lotto di lavori comprendente: la posa degli impianti tecnologici e dei pavimenti in cotto, la sistemazione dell'area pertinenziale esterna con creazione di un percorso e di un piccolo sagrato pavimentato in marmo, il restauro degli affreschi e degli arredi sacri, permetterà di nuovo ai guidizzolesi di fruire di questo importante gioiello della storia locale. 123 Allestimento del cantiere. Interventi di consolidamento mediante opere di sottomurazione in mattoni pieni ed interventi di drenaggio, interni ed esterni, a salvaguardia della muratura perimetrale. 124 I particolari interno ed esterno del punto di raccordo con la parete del presbiterio evidenziano il completo distacco tra le due murature. 125 Il rifacimento della pavimentazione interna, mantenendo le diverse quote, consente l'inserimento nella stessa degli impianti ed il mantenimento e consolidamento della volta in mattoni della cripta funeraria. 126 Particolari e foto d'insieme degli interni mostrano le fasi d'intervento: dalle crepe preesistenti al ripristino della continuità del parametro con la tecnica del “cuci-scuci” ed alla successiva ripresa dell'intonaco. 127 Particolari di facciata: sono evidenti le condizioni di dissesto della muratura prima degli interventi di sottomurazione della stessa e le operarioni di “cuci-scuci” in corrispondenza delle profonde crepe. 128 La scrostatura dell’intonaco di facciata porta allo scoperto l’antica “tessitura” della muratura in ciottoli morenici, con il contrafforte ed il torrino campanario di mattoni in cotto. 129 130 PARTE QUARTA Presentazione degli interventi volti a sensibilizzare la cittadinanza e gli organismi preposti per un intervento finalizzato al recupero di questo importante monumento guidizzolese. 131 V ari sono stati, negli anni scorsi, i qualificati interventi e sollecitazioni volti a salvare l’Oratorio di San Lorenzo dal degrado e dall’abbandono. L'Amministrazione Comunale poi, sollecitata dalle richieste che pervenivano da più parti della cittadinanza, chiese dettagliate relazioni ad esperti, sul valore storico-artistico del "bene" e sul suo stato di conservazione. Riportiamo, di seguito, gli interventi più significativi che motivarono l'Amministarazione a deliberarne l'acquisto. Il primo concreto tentativo di acquisizione fu operato nel 1990 dall’Amministrazione Comunale; il 28 aprile 1990, tra il sindaco Ageo Gallesi ed il proprietario ing. Massimo Diana, fu sottoscritta una promessa di vendita che non poté concretizzarsi per il cambio di Amministrazione. Infatti il proprietario, nell'agosto del 1990, interruppe le trattative a seguito di un'apertura delle pietre tombali, avvenuta senza il suo consenso e, non avendo avuto risposta dal sindaco cui si era rivolto per una richiesta di scuse, decise di sospendere la vendita. Uguale sorte ebbe la deliberazione del Consiglio Comunale del 3 maggio 1991 con cui si tentò di acquistare l’Oratorio ed il terreno circostante. Non se ne fece più niente fino al 1995, quando il sindaco prof. Giovanni Zangobbi, grazie anche all’opera di intermediazione del dr. Enzo Ferrari, ottenne dal proprietario ing. Masssimo Diana la cessione dell’Oratorio di San Lorenzo per la somma simbolica di lire 1.000.000. L’atto notarile fu stipulato e finalmente il prezioso monumento era entrato a far parte del patrimonio della comunità guidizzolese. Il resto, poi, è storia recente. 132 Gazzetta di Mantova 22 maggio 1980 S erata dedicata ad un prezioso ed inconsueto lavoro che ha visto protagonisti tre gruppi di giovani appassionati d’Arte, quella di lunedì scorso al Rotary mantovano. Una serata completata, nella sala superiore del “Tre Garibaldini”, dalla proiezione di una bellissima serie di diapositive, a coronamento di una relazione tecnico-artistica del prof. Alessandro Dal Prato ed una testimonianza di esperienze, scaturite dall’aver seguito i lavori dei gruppi di ragazzi, da parte dell’ing. Amleto Cirocco. ... Ma vediamo di cosa si è trattato. Il prof. Dal Prato lo ha spiegato molto chiaramente. Due gruppi di ragazze: uno del Rotarac (Elisabetta Cirocco, Eleonora Gaioni e Monica Compagnoni) ed un altro della Scuola d’Arte di Guidizzolo (Renata Bettega, Rosanna Corini, Francesca Righetti, Riccarda Pasotti e Susanna Zanni) guidate dal prof. Dal Prato, con la collaborazione dell’ing. Cirocco, ogni sabato e domenica mattina andavano... “per pitture murali in degrado”. Con un metodo di lavoro sperimentato in altre occasioni, i gruppi fissavano i loro obiettivi d'intervento nella chiesetta di S. Lorenzo di Guidizzolo, nella Pieve di Cavriana ed in S. Sebastiano di Cavriana. Si trattava di compiere il primo passo per un futuro recupero di decine di affreschi che stanno miseramente andando in rovina per incuria. Sotto la guida del prof. Dal Prato, i due gruppi hanno incominciato a compilare, per ogni pittura, una scheda analitica e sintetica: misure, crepe, colore, qualità del colore, punto di degrado con foto dell’insieme e dei particolari. Alla fine del paziente rilevamento, messo insieme con dati ed osservazioni precise, qualsiasi restauratore, ora, sarebbe in grado di fare un preventivo e quindi recuperare all’arte un patrimonio in completo stato di abbandono. Le schede, corredate da ogni dato, sono state poi inviate alle Soprintendenze interessate, al Sindaco del comune di appartenenza ed ai proprietari del manufatto. Una specie di denuncia per chi è responsabile, fatta con garbo, competenza e tempestività. Ci sembra che dai giovani ci venga un insegnamento di efficienza e di amore per l’arte da far meditare. Inoltre, a rendere suggestivo quanto c’è da salvare, l’esecuzione di una numerosa serie di diapositive è stata affidata ad un altro gruppo di giovani: quelli del corso di fotografia del Centro di Formazione Professionale “Casa del Giovane” guidati dal loro insegnante, Andrea Dal Prato. Questi ragazzi, fotografando di notte affinché la luce verde del riflesso non alterasse i colori, hanno poi sonorizzato e registrato il commento per ciascuna diapositiva. Il che rende perfettamente completo un lavoro che può definirsi una vera “proposta di recupero” con tutte le carte in regola. Il gruppo di “fotografi” che è entrato nella 133 terza fase di questa “proposta” è composto dai seguenti ragazzi: Aldo Binosi, Loris Boldrini, Bruno Chiarini, Tiziana Cima, Antonio Lodigiani, Marco Marini, Benito Pelizzoni, Francesco Pirrazzo e Tiziana Rizzi. E’ stato appunto durante la proiezione (che dovrebbe essere conosciuta nelle scuole) che i presenti alla serata hanno potuto rendersi conto dell’efficacia di una rilevazione realizzata, oltre che con perizia e precisione, con una passione e certosina pazienza animata da spirito giovanile, pratico e puntiglioso. Bellissime diapositive di resti di affreschi del 1300 e del 1500 (suggestivi quelli di S. Lorenzo, dai tono rossi gialli e bluastri), di notizie e dati sulla loro recuperabilità hanno concluso, meritando un caloroso applauso, l’interessante serata. ...Una serata che è stata il bilancio di un’iniziativa, ma anche il punto di partenza per continuarne un'altra: quella della sensibilizzazione. Si è parlato della possibilità di riunire foto, schede, rilevamenti in una pubblicazione affinché, chi ama l’arte e la propria terra, sappia. Un atto d’accusa per chi ha peccato di omissione, ma anche un esempio di cosa possa fare la volontà, soprattutto quella dei giovani. E l’esempio, come si sa, trascina. P.Marc. Quadrante Padano Anno IV n° 2 Giugno 1983 Affreschi a Guidizzolo I n questi ultimi tempi s’è visto rifiorire l’interesse per la tecnica pittorica dell’affresco. Interesse tanto vivo e diffuso da spingere gli immancabili profittatori ad etichettare “affreschi” pitture fatte su masonite, su compensato, su tela, ecc.; mentre, come tutti sanno, l’affresco si fa unicamente dipingendo, con colori sciolti in acqua, su intonaco fresco. A questo proposito molto opportuna è stata, a Mantova, l’iniziativa del Museo Civico di Palazzo Te, presa unitamente al settore scuola-museo del Provveditorato agli Studi, di dedicare all’affresco uno dei cicli riservati alle lezioni sulle tecniche artistiche. L’affresco, si può affermare, è il genere di pittura più congeniale agli artisti italiani che l’hanno praticato da sempre, raggiungendo il vertice della perfezione. Basta ricordare la cappella degli Scrovegni, la Sistina, le Stanze vaticane, la Camera picta, ecc. A Mantova e nel mantovano di affreschi ve ne sono molti e ogni poco ne vengono scoperti di nuovi. A Guidizzolo v’è un antico Oratorio dedicato a San Lorenzo, posto su un rialzo artificiale del terreno, semicircondato da un fosso con acqua sorgiva che scaturisce dal fondo stesso. 134 Un luogo singolare, da alcuni ritenuto parte di una terramara. Infatti qualche anno fa, poco distante dal dosso sul quale sorge l’Oratorio, vennero trovati interessanti reperti archeologici, poi acquisiti dal Museo di Cavriana. Residui di una poderosa costruzione in muratura, emergenti tra la facciata ed un fianco dell’Oratorio, di sicura fondazione romanica, fanno pensare ad uno stabile apparato difensivo, antecedente al secolo XI. Qui sono certamente vissuti i guidizzolesi della preistoria. Scavi sistematici nel terreno potrebbero dare grosse sorprese. Ma che a nessuno venga voglia di scavare: per farlo ci vogliono gli esperti della competente Soprintendenza. Nell’Oratorio di S. Lorenzo, come in quasi tutti gli analoghi edifici medioevali, sulle pareti interne sono conservate pitture votive nate dalla devozione dei fedeli; affreschi, affiancati l’uno all’altro senza un organico piano di svolgimento, realizzati in tempi diversi da artisti qualche volta validi e raffinati, ma più spesso di scarsa perizia, rozzi nel disegno e nel colore. Qui sono presenti gli uni e gli altri. Gli affreschi visibili sono una ventina, ma sotto le scialbature a calce ce ne dovrebbero essere altri. Difficilissimo è stabilire l’epoca di queste pitture, alcune delle quali, ancora impostate su schemi medioevali, rivelano echi delle innovazioni rinascimentali. Grosso modo si potrebbe ipotizzare un periodo comprendente gli anni che vanno dalla fine del XV sec. a quelli dell’inizio del XVII sec. Notevoli sono le tre figure, a metà della parete sinistra entrando, raffiguranti in altrettanti riquadri: due Sante ed un Vescovo, di salda struttura disegnativa e di eccellente smalto cromatico. Molto vicini a questi, ma di disegno meno elegante e colori meno raffinati, si possono considerare il S. Rocco ed il S. Sebastiano, posti nella parete a destra entrando, ed il S. Antonio abate col fuoco nel cavo della mano, situato in alto nel muro presbiteriale. Nella zona inferiore prevalgono le figure isolate su fondo generico, mentre nella zona superiore vi sono composizioni con più figure ambientate, come, ad esempio, il “Cristo in Croce fra la Maddalena e San Giovanni”, sullo sfondo di una città. Interessantissimi i tre devoti offerenti, dipinti inginocchiati ai piedi dei loro Santi protettori in altrettanti affreschi, in cui sono evidenti gli sforzi per raggiungere la somiglianza: un giovanetto biondo vestito di bianco; un barbuto uomo maturo con cuffia; un giovane dai capelli castano-rossicci con attillati calzoni a scacchi. Nelle pitture figurano ripetutamente i Santi Rocco e Sebastiano, la Madonna col Bambino e, inoltre, qualche Santo non identificabile. Gli affreschi di questo Oratorio, non più aperto al pubblico, sono in pessime condizioni. Se non s’interviene presto si corre il rischio di perderli irrimediabilmente. 135 I proprietari abitano molto lontano. I contadini che occupano la casa colonica addossata all’Oratorio non sanno cosa fare. E sarebbe meglio che non facessero nulla, che non cercassero di pulire gli affreschi, come hanno fatto recentemente, strusciandovi sopra spugne o stracci umidi. Non sempre le buone intenzioni conseguono buoni risultati. L’Oratorio di S. Lorenzo, con l’inesplorato terreno che lo circonda, potrebbe rivelarsi uno dei punti focali della preistoria e della storia dell’Alto Mantovano in generale e di Guidizzolo in particolare. Ai privati proprietari ciò non interessa granché. Ed alla comunità guidizzolese? Un bene storico ed artistico è un bene pubblico per definizione. Se il privato che ne è proprietario non può o non vuole salvarlo e renderlo disponibile, la legge prevede il dafarsi. Ma io sono convinto che la comunità guidizzolese ed i proprietari possano raggiungere un accordo senza ricorrere alla legge. Alessandro Dal Prato Segnalazione di degrado Oggetto: Segnalazione al Comune di Guidizzolo (MN) ed alle Soprintendenze di Mantova e Brescia “Oratorio di S. Lorenzo”. Estremo degrado di Beni architettonici e di Opere mobili. Intervento conservativo urgente. P remetto di fare la segnalazione congiuntamente alla due Soprintendenze, in indirizzo (Mantova e Brescia), in considerazione della presenza nello stesso immobile di opere interessanti le competenze sia dell’una che dell’altra. Per cui l’auspicato intervento comporterà presumibilmente decisioni concordate fra le stesse. L’Oratorio in oggetto è un modesto edificio posto sopra un dosso artificiale del terreno, costruito in epoca non facilmente databile, date le molte manomissioni di cui è stato oggetto nel corso dei secoli. Fra le più evidenti, di cui è rimasta traccia: la demolizione dell’abside semicircolare sostituita con altra a pianta angolare; l’apertura di finestre archiacute nella facciata. Manomissioni operate probabilmente verso la metà del sec. XV la prima, alla fine del sec. XIX la seconda. Parte dei muri, concomitanti nell’angolo tra la facciata e quello laterale meridionale della Chiesetta, poggiano sul rudere di un grosso muro che fa pensare ad un antecedente poderoso apparato difensivo. Nelle pareti interne e nel presbiterio vi sono una ventina di pitture votive dipinte a fresco, dovute ad artisti di varia estrazione: alcuni di discreta capacità, altri, i più, assai mediocri, come erano per la maggior parte i pittori di ex-voto, operanti quasi esclusivamente nelle chiesette, negli oratori, in cappelle isolate ubicate in piena campagna 136 od in piccoli centri rurali. Pitture, queste di cui stiamo occupandoci, ascrivibili, grosso modo, ad un periodo comprendente gli anni che vanno dalla fine del XV sec. a quelli dell’inizio del XVII. Pitture di medio valore artistico, come si è detto, ma di notevole valore storico poiché esse documentano uno degli aspetti rilevanti della nostra cultura, quella che un insigne studioso, G. A. Dell’Acqua, chiamò “civiltà dell’affresco”. Per meglio comprendere il valore di Bene storico attribuibile agli affreschi dell’Oratorio di S. Lorenzo, bisogna considerare che essi fanno parte di quel complesso di opere analoghe, esistenti nella circostante zona della provincia di Mantova, comprendenti: La Pieve di Medole, la Chiesina di Mezzacampagna di Volta Mantovana, la Pieve di Cavriana, il Romitorio di S. Pietro di Redondesco, l’Oratorio dell’Annunziata di Campibonelli di Mariana, la Chiesina della Malongola di Casalromano, l’Oratorio del Camposanto di Marcaria. Ebbene, mentre i Beni architettonici artistici e storici delle sopracitate località, dopo lunghi periodi di trascuratezza, hanno trovato chi si è preso cura del loro ripristino e della loro conservazione, gli affreschi dell’Oratorio di S. Lorenzo di Guidizzolo, da più di un decennio, sono stati colpevolmente trascurati fino al degrado, degrado che potrebbe aver raggiunto le condizioni d'irreversibilità. Vi fu un momento, circa quattro anni fa, in cui sembrò felicemente risolta l’annosa vicenda. Un volantino diffuso dall’Amministrazione Comunale, datato 28 aprile 1990, dava per certa la donazione dell’edificio da parte del proprietario ed il contemporaneo acquisto di circa diciottomila metri quadrati di terreno circostante. Sennonché, nelle successive elezioni amministrative quella Amministrazione non venne riconfermata e dell’Oratorio di S. Lorenzo nessuno ne parlò. Se si esclude un successivo mio intervento presso il proprietario, che non ebbe alcun esito. E’ da allora che comincia la fase più drammatica della vita secolare dell’Oratorio. Poichè, sfortunatamente, i coloni che abitavano nei locali addossati alla Chiesetta se ne andarono, questa rimase incustodita giorno e notte. Profittando della situazione, i soliti ignoti ladri e vandali fecero più incursioni. In seguito a tali incursioni i proprietari fecero murare gli ingressi prospicienti l’esterno. Tale operazione ostacolò sì le incursioni ladresche, ma fece peggiorare le condizioni climatologiche dell’ambiente. Evidentemente nessuno aveva fatto caso ai vetri rotti delle finestre. Da quelle aperture potevano entrare, come entrarono, aria umida e nebbia impregnando di umidità gli intonaci. La mancata aerazione dal basso, indotta dalla chisura delle porte, ha favorito l’abnorme aumento di umidità che nei giorni e nelle notti di gelo diveniva ghiaccio. Com’è risaputo, l’acqua che diviene ghiaccio e lo stesso che torna ad essere acqua, aumenta e diminuisce alternativamente di volume 137 rimuovendo, nel nostro caso, i pigmenti in superficie delle pitture. Da ciò lo scolorimento degli affreschi. Un danno enorme che, volendo, si può riscontrare confrontando l’aspetto attuale di quegli affreschi con quello che gli stessi presentavano circa vent’anni fa, come risulta dalle diapositive fatte in occasione di una ricerca sui beni ambientali del luogo, fatto da un gruppo di studenti dell’Istituto statale d’Arte di Guidizzolo, del quale ero il preside titolare. Per quanto è di competenza della Soprintendenza ai Beni artistici e storici, segnalo in particolare la presenza di un'ancona poggiante sopra un altare ed addossata alla retrostante parete. Ancona della quale è rimasta la sola incorniciatura architettonica, scolpita nel legno, in parte tinteggiata a tempera verniciata e, in parte, dorata a foglia. Il dipinto che essa conteneva risulta scomparso da tempo immemorabile. Ma se dal valore dell’incorniciatura è lecito risalire al valore del dipinto che essa racchiudeva, non è azzardato pensare che tale dipinto fosse di notevole valore. Valore che probabilmente ne ha causato l’alienazione od il furto. L’ancona è costituita di due semicolonne sagomate al tornio, frastagliate a scalpello con motivi vegetali e capitello corinzio. Colonne reggenti la trabeazione, suddivisa in: architrave, fregio con testa d’angelo alata e arfodelo stilizzato, cornice ricca di modanature e di piccole mensole. Sopra la trabeazione il timpano spezzato con, nello spazio vuoto, la figura a mezzo busto dell’Eterno Padre. L’insieme misura metri 2,60 x 1,80 circa. La Chiesetta era dotata di suppellettili di un certo pregio. E’ sperabile che siano state messe al sicuro prima delle incursioni vandaliche. A chiusura, segnalo un fatto positivo: il sindaco di Guidizzolo, geom. Bruno Mari, mi ha dichiarato che l’Amministrazione è disposta a concorrere, per quanto può essere di sua competenza, al restauro dell’Oratorio di S. Lorenzo. Questo è il momento d'intervenire per salvare il salvabile. Guidizzolo, 14 febbraio 1994 L’Ispettore onorario Prof. Alessandro Dal Prato 138 PARTE QUINTA La vita dei Santi don Dario Gelati 139 San Lorenzo 10 agosto diacono e martire (morto nel 258) Immagine: Bruciato vivo, la leggenda dice su di una graticola che egli tiene di solito in mano. U n antico documento del 354, la Depositio martyrum, ricorda fra gli altri Santi anche il popolare diacono della Chiesa di Roma, sepolto il 10 agosto presso l’Ager Veranus (l’attuale cimitero grande di Roma) sulla via Tiburtina: lì vi è ora la basilica in suo onore. La sua figura, già nel IV secolo, appare aureolata di leggenda. Arrestato assieme a Papa Sisto II, Lorenzo non sarebbe stato subito ucciso (perché i persecutori speravano di strappargli i beni della comunità cristiana), ma bruciato vivo alcuni giorni più tardi, dopo che egli aveva dichiarato di non possedere altre ricchezze che i poveri affidati a lui dalla Chiesa. La sua festa era di precetto fino al secolo scorso e gli elementi della liturgia della vigilia e del giorno sono presenti nei più antichi Sacramentari. L’esempio di Lorenzo, caduto in terra come grano pronto per la semina, ha portato frutti abbondanti, suscitando una schiera di generosi giovani a servizio della Chiesa e dei poveri. “Questi è il diacono San Lorenzo, che diede la sua vita per la Chiesa: egli meritò la corona del martirio, per raggiungere in letizia il Signore Gesù Cristo”. (Antifona d'inizio della liturgia del 10 agosto) San Sebastiano 20 gennaio martire (inizio secolo IV) Immagine: Legato ad un albero, con il corpo trafitto di frecce. S oldato imperiale di Narbona (Gallia) o di Milano (secondo Sant’Ambrogio) subì il martirio a Roma in testimonianza della sua fede in Cristo ai tempi di Diocleziano. L’ininterrotto culto popolare mostra il luogo della sepoltura nel cimitero della via Appia antica ad catacumbas (avvallamento), le Catacombe di san Sebastiano. La liturgia di Roma gli riservò sempre un posto di privilegio. L’iconografia lo ritrae nel martirio, bersagliato da frecce. Per le sue piaghe fu invocato protettore degli appestati. 140 Santa Maria Maddalena 22 luglio (secolo I) Immagine: Elegante signora ben vestita, con un vaso di unguento in mano (con il quale intendeva ungere il corpo di Gesù morto). M aria, oriunda di Magdala, in Galilea, si pose al servizio di Gesù dopo essere stata da lui guarita (Lc. 8,2). Partecipò alla sepoltura del corpo del Signore e fu la prima a riconoscere il Risorto (Gv. 20,11-18). Non vi sono che indizi assai tenui per identificarla con la peccatrice perdonata da Gesù in casa del fariseo (Lc 7,36-50), o con Maria sorella di Lazzaro e di Marta. La Chiesa orientale le ha sempre considerate e venerate distinte. La nuova liturgia delle ore ed eucaristica è tutta orientata a mostrare Maria di Magdala quale prima fortunata testimone della risurrezione di Cristo ai fratelli, inviata a loro da Cristo stesso (Gv 20,2.11-18). “Il Signore disse a Maria Maddalena: va' dai miei fratelli, e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Gv 20,17 (Antifona d'inizio della liturgia del 27 luglio) Sant’Antonio Abate 17 gennaio (251/252-357) Immagine: Vecchio monaco barbuto, appoggiato ad un bastone a forma di T (la Tau greca - per Theòs = Dio), con una campanella per spaventare i demoni ed un maialino ai suoi piedi. Patrono degli animali domestici. S e vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dona ai poveri... poi vieni e seguimi (Mt 19,21). Questo invito di Gesù ascoltato a poco più di vent’anni, fu per Antonio il segno della vocazione alla vita religiosa. Si ritirò come eremita nell’Alto Egitto. Presto, però, sentì i pericoli che in tale solitudine incombono su chi non vi è preparato; per questo si fece iniziatore di una forma monastica nella quale la vita comune, la preghiera, la guida di un superiore e la carità fraterna sono mezzi di santificazione più sicuri che non certe pratiche austere della vita eremitica. Collaborò con sant’Atanasio contro l’arianesimo. Il suo influsso religioso perdura ancora nel monachesimo orientale. La vita religiosa è nata come testimonianza dell’unione dei cuori e dell’esigenza di autenticità dell’ideale evangelico. Ogni comunità che celebra l’Eucarestia riconsidera questi valori nella loro fonte: Cristo, costituito “offerta viva” al Padre, rinnega se stesso e diviene “pane condiviso” per la vita del mondo. 141 San Pietro 29 giugno (secolo I) Immagine: Le chiavi del regno dei cieli (come promessa da Gesù nel fondare su di lui la sua Chiesa) ed in alcuni casi un gallo (che cantò dopo che Pietro per tre volte aveva negato di conoscere Gesù). S imone era un pescatore di Betsaida (Lc 5,3; Gv 1,44) che si era più tardi stabilito a Cafarnao (Mc 1,21.29). Il fratello Andrea lo introduce al seguito di Gesù (Gv 1,42), ma probabilmente Simone era stato preparato a questo incontro da Giovanni Battista. Il Cristo gli cambia nome e lo chiama “Pietra” (Mt 16,17-19; Gv 21,1517) per realizzare nella sua persona il tema della pietra fondamentale. Simon Pietro è uno dei primi testimoni che vede la tomba vuota (Gv 20,6) ed ha una speciale apparizione di Gesù risorto (Lc 24,34). Dopo l’Ascensione, egli prende la direzione della comunità cristiana (At 1,15; 15,7), enuncia le linee programmatiche della Buona Novella e, per diretto intervento dello Spirito Santo, è il primo a prendere coscienza della necessità di aprire la Chiesa ai pagani (At 10-11). Questa missione spirituale non lo libera dalla condizione umana, né dalle deficienze del suo temperamento (cf, ad es.: Mt 14,30; Gv 13,6; 18,10). Paolo non esita a contraddirlo nella famosa discussione di Antiochia (At 15; Gal 2,11-14), per invitarlo a liberarsi dalle pratiche ebraiche. Pare infatti che, su questo punto, Pietro abbia tardato ad aprire lo spirito e che egli tendesse a considerare i cristiani di origine pagana come una comunità inferiore a quella dei cristiani di origine ebraica (At 6,1-2). Quando viene a Roma, Pietro diviene l’apostolo di tutti. Allora egli compie pienamente la sua missione di “pietra angolare”, riunendo in un solo “edificio” i Giudei ed i pagani e suggella questa missione con il suo sangue. (Messale dell'Assemblea cristiana, festivo) San Francesco D’Assisi 4 ottobre patrono d’Italia (1182-1226) Immagine: Abito marrone, cintura di corda bianca con nodi, stigmate, giglio e crocifisso, anche uccelli od animali. Patrono degli animali. C onvertitosi a Cristo da una giovinezza gaudente e spensierata, Francesco prende alla lettera le parole del Vangelo e fa della sua vita un'imitazione di Gesù povero e tutto proteso a compiere la volontà del Padre. In una conformazione e trasformazione 142 tale che “da Cristo prese l’ultimo sigillo”, come dice Dante (Paradiso, 11, v. 107): “portare le stigmate della Passione nel suo corpo” (cf Gal 6,17). Francesco si allontana dall’antica e tradizionale concezione della vita monastica. Egli crea una “fraternità”: i grandi ordini francescani che da lui hanno origine - Minori, Conventuali, Cappuccini trovano in Francesco più che una regola, uno stile di vita. La forma di santità vissuta da Francesco si è diffusa nel mondo attraverso il Terz’Ordine ed unisce tutti coloro che pongono lo spirito al di sopra della lettera e l’amore prima della giustizia. La sua azione missionaria, la predicazione evangelica di pace e bene sono andate al cuore dei popoli e delle classi sociali spesso in lotta fra loro. Pochi uomini hanno avuto tanto influsso nella società del loro tempo ed oltre, come Francesco. La sua visione ottimistica della creazione, espressa nel Cantico di frate sole, il suo amore per “madonna Povertà”, il suo spirito evangelico intrinsecamente e dinamicamente innovatore e riformatore, in piena adesione alla Chiesa, sono messaggi vivi per il mondo attuale. “Francesco, uomo di Dio, lasciò la sua casa e la sua eredità, si fece piccolo e povero: e il Signore lo prese al suo servizio”. (Antifona d'inizio della liturgia del 4 ottobre) San Martino di Tours 11 novembre vescovo (317-397) Immagine: A cavallo mentre dà metà del suo mantello ad un povero mendicante. F iglio di un tribuno romano, Martino nacque in Pannonia (Ungheria) e si arruolò giovanissimo nell’esercito imperiale. Abbandonata la milizia, dopo aver ricevuto il battesimo, si recò in Gallia per divenire discepolo di Sant’Ilario di Poitiers. Condusse vita eremitica nell’isola Gallinara (Alassio), poi, per consiglio di Ilario, fondò a Ligugé (Vienne, Poiton) il primo monastero di tutto l’Occidente. Di lì mandò i suoi monaci all’opera missionaria in tutto il paese. Nel 373 venne scelto come Vescovo di Tours. Contemporaneo di Sant’Ambrogio, ne emulò lo zelo, divenendo uno dei fondatori della Chiesa della Gallia. Eresse il monastero di Marmoutier in cui preparava i giovani al sacerdozio, un primo vero seminario che diede molti Vescovi alla nazione. Peregrinava di villaggio in villaggio, svolgendo un efficace apostolato fra pastori e contadini, creando parrocchie rurali: il centro della vita economica si spostava allora dalle città alle campagne. Operò ad eliminare il pagane- 143 simo ed a stabilire la pace religiosa turbata da errori. Fu uno dei primi Santi non martiri ad essere onorato nella liturgia. Il suo culto fu ed è ancora diffusissimo: decine e decine di comuni in Italia portano il suo nome. San Bernardino da Siena 20 maggio sacerdote (1380-1444) Immagine: Monaco francescano con il monogramma di Gesù: IHS. B ernardino Albizzéschi nacque a Massa Marittima (allora territorio di Siena) ed acquistò precocemente una buona formazione classica, filosofica, giuridica e teologica. Molto pio, a 22 anni si fece francescano. La sua predicazione divenne sempre più incisiva. Flagellava il malcostume, le esorbitanze dei principi e dei potenti, le mode sconce, l’avarizia. Era pieno di arguzia ed otteneva grandi successi. Dal 1417 infiammò gli animi quando ebbe la trovata di raffigurare il nome di Gesù - IHS (iniziali del nome in greco) - circondato da raggi, su tavolette e su di un gonfalone dal quale si faceva precedere e che teneva presso il pulpito. Con una predicazione piena di “agganci psicologici”, diffuse questo simbolo in tutta l’Italia (ancor oggi brilla sulla facciata del palazzo comunale di Siena), facendo rifiorire fede e pietà. Accusato da teologi e calunniato da curiali, fu difeso da Papa Eugenio IV che raccomandò la sua predicazione. Morì a L’Aquila, dove è sepolto in uno splendido tempio. E’ il patrono dei pubblicisti italiani. San Giovanni 27 dicembre apostolo ed evangelista (secolo I) Immagine: Giovane imberbe con i capelli chiari, vicino a Gesù all'Ultima Cena, od ai piedi della Croce con Maria, Madre di Gesù; come evangelista è rappresentato da un’aquila, per la maestà ed ispirazione con le quali scrive. A Giovanni noi dobbiamo il Gesù più intimo, quello che più profondamente si manifesta figlio di Dio fatto uomo. Nato da Zebedeo, ricco pescatore di Betsaida (Mc 1,20; Mt 4,18-22; Gv 1,44) e da Salomè, una delle donne che si posero al servizio di Gesù 144 e dei suoi apostoli, Giovanni fu probabilmente educato, come il fratello Giacomo, nell’ambiente della setta degli zeloti, come mostra la vivacità delle sue repliche (Mc3,17; Lc 9,53-56). Essendo discepolo di Giovanni Battista (Gv 1,35-41), fu indirizzato a Cristo dal suo maestro. Diventato discepolo di Gesù, Giovanni fu presto uno dei membri più attivi del gruppo ed uno di quelli ai quali il Signore affidò il più gran numero d’incarichi e confidò i segreti più intimi (Mt 17,1-8; Mc 13,3; Lc 22,8; Gv 13,23; Mt 26,37; Gv 19,26; 20,3). Partecipò al concilio di Gerusalemme e, al termine di una lunga vita apostolica, fu esiliato nell’isola di Patmos, al tempo di Domiziano. Giovanni ha posto al centro del suo Vangelo la manifestazione di Dio al mondo nella persona del Cristo: Gesù è il figlio di Dio ed esso si presenta per mezzo dei suoi grandi “Io sono” e di una molteplice manifestazione concreta. A questa manifestazione Giovanni dà il nome di “testimonianza” o di “missione”. Essa consiste essenzialmente in una serie di “segni” della “gloria” di Dio; il più importante di questi “segni” è compiuto “nell’ora” della glorificazione di Cristo nel mistero pasquale. Questi segni si perpetuano nella vita della Chiesa e nei sacramenti della presenza del Signore. Le lettere di Giovanni prolungano l’insegnamento del suo vangelo: Dio che è “Amore e Luce”, gli impegni cristiani derivanti dalla carità e le precauzioni contro il peccato sono i temi principali. L’Apocalisse è essenzialmente una meditazione sul significato della storia, redatta secondo un genere letterario molto usato nel mondo ebraico e destinata a fortificare la fede dei cristiani provata dalle persecuzioni: Cristo ha già vinto il mondo e Satana; coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo, parteciperanno pure al suo trionfo. San Rocco 16 agosto Montpellier 1350 - Angera 1378-1379 Immagine: Giovane pellegrino, con il bastone in mano, la coscia scoperta rivela la piaga della peste, il fedele cagnolino (spesso con un pane in bocca) ai suoi piedi. F igura storica, San Rocco è vittima sfortunata di biografi incompetenti. Gli Acta breviora, sinceri, ma composti malamente e la Vita S.Rochi (1478) di Francesco Diedo, veneziano, più completa, ma cronologicamente impossibile e di dubbio valore, sono considerati oggi le migliori biografie di San Rocco. Rocco era figlio di un ricco mercante provenzale e di madre lombarda. Nel 1367, quando Rocco aveva circa 17 anni, Papa Urbano V visitò Montpellier. Poiché i genitori erano già morti, Rocco decise di andare a Roma come pel145 legrino. Divenne noto per il suo amore della povertà e per la sua carità verso gli ammalati. Da queste attività discende il suo dono di guarire che incominciò ad esercitare dapprima ad Acquapendente e più tardi a Cesena. A Roma guarì il Cardinal Anglic, fratello del Papa. Lasciò Roma nel 1371 per andare a Rimini, Novara e Piacenza ove rimase per un certo tempo a causa di una malattia. Fu arrestato ad Angera, sul lago Maggiore, verso il 1374 ed ivi imprigionato sotto accusa di spionaggio. Morì là dopo la riunione con lo zio materno. Fu onorato più tardi (dal 1410 circa) a Montpellier per la sua fama di taumaturgo. Il suo culto in Italia è associato alla fine della peste a Ferrara, gennaio 1439, attribuita alla sua intercessione. Le reliquie furono portate a Venezia nel 1485 ove fu eretto il suo santuario più importante. E' dubbio che San Rocco fosse membro di qualche terz'ordine religioso. Se di fatto era terziario, sembra più probabile che fosse membro del Terz'Ordine di S. Domenico. Santa Veronica 12 luglio (secolo I) Immagine: Rappresentata con il “velo della Veronica - vera icona del volto di Cristo”. V eronica, dal greco Beronica, è il nome dato anticamente ad una donna variamente identificata nella leggenda con persone, menzionate nel Nuovo Testamento, quali: la moglie di Zaccheo, Marta di Betania, la figlia della Cananea, una principessa di Edessa o la moglie di uno sconosciuto ufficiale gallo-romano. Il nome è connesso con un'immagine del volto di Cristo che si diceva esser stata portata a Roma. Il nome fu usato per l'immagine stessa che fu detta “la Veronica”, grazie al cambiamento da vera icona a veronica. L'origine dell'immagine è variamente spiegata nelle leggende: impressa da Gesù stesso come favore alla donna che desiderava averla come conforto quando Egli era altrove; impressa durante l'agonia di sangue al Getsemani, o su di un panno di una donna che asciugò il volto di Gesù sulla via del Calvario. Tuttavia il nome di Santa Veronica non si trova in nessuno dei primi martirologi e nemmeno nel presente Martirologio Romano. S. Carlo Borromeo (15381584), a suo tempo, soppresse festa, Messa ed Ufficio per il Rito Ambrosiano. 146 FONTI DOCUMENTARIE Archivio di Stato di Mantova Archivio Diocesano di Mantova Archivio Parrocchiale di Guidizzolo Atti della visita pastorale del Vescovo Bollani alla Diocesi di Brescia (a cura di P. Guerrini, ed. Ancora 1940) Paul Kevin Meagher, OP, Cambridge, Inghilterra, Editore di Teologia Morale della "Nuova Enciclopedia Cattolica" dell'Università Cattolica d’America, Washington. Jacques Cambell, OFM, Membro della Commissione Liturgica, Pontificio Ateneo Antoniano, Roma. Messale dell'Assemblea cristiana, feriale e festivo, Centro Catechistico Salesiano Archivio di stato - Archivio Portioli busta 8 - 8bis Scritti di: Professor Alessandro Dal Prato, Professor Franco Mondadori, Architetto Pietro Gazzola LETTERATURA Grande illustrazione del Lombardo Veneto (a cura di C. Cantù, Milano 1859) Dizionario corografico dell’Italia -Vallari Milano 1878 A. Portioli: Le chiese dipinte del mantovano. V. Matteucci: Le chiese artistiche del Mantovano, 1902. A. Dal Prato: in “Gazzetta di Mantova”, 1/3/1977 R. Guazza: Mantova attraverso i secoli - ed. Gam 1966 G. Coniglio: I Gonzaga - Dall'Oglio ed. 1967 R. Brunelli: Diocesi di Mantova - La Scuola editrice 1986 A. Dal Prato: in Quadrante Padano anno IV n° 2 - 1983 P. Pelati: in “Gazzetta di Mantova”, 16/10/1981 147 INDICE Prefazione PARTE PRIMA La Storia Le origini L'esterno L'interno Le pitture murali SECONDA PARTE IL RESTAURO Obiettivi dell'intervento Fruibilità attuale e potenziale ANALISI STORICA Notizie Storia Descrizione generale CONTESTO AMBIENTALE Descrizione analitica Stato conservativo e criteri d'intervento Criteri d'intervento INTONACI Stato conservativo e criteri d'intervento AFFRESCHI Descrizione analitica Stato conservativo Criteri di intervento Progetto di restauro ALTARE DELLA PIETA' Descrizione analitica Stato conservativo Progetto di restauro ALTARE MAGGIORE Descrizione analitica Stato conservativo Progetto di restauro ARREDI E MOBILI VARI Descrizione analitica Criteri di intervento Stato conservativo e progetto di restauro Banchi Porte del presbiterio Predella dell'altare maggiore Grata dell'oculo-matroneo Reliquiari - candelabri - cartegloria - crocefisso - ex-voto Impianti tecnologici STATUA DI SAN LORENZO Descrizione analitica Stato conservativo Criteri d'intervento Progetto di restauro PARTE QUINTA Relazione e documentazione sui lavori di restauro del 1998-99 PARTE TERZA Gazzetta di Mantova 22 maggio 1980 Quadrante Padano Anno IV n° 2 Giugno 1983. Affreschi a Guidizzolo. Segnalazione al Comune di Guidizzolo (MN) e alle Soprintendenze di Mantova e Brescia PARTE QUARTA Presentazione vita dei santi San Lorenzo Santa Maria Maddalena Sant’Antonio abate San Pietro San Francesco D’Assisi San Bernardino da Siena San Sebastiano San Giovanni San Rocco Santa Veronica 148 Finito di stampare nel mese di giugno 1999 da GVM Tipolitografia di Volta Mantovana (MN)